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In Armenia, nel 2002

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Ashtarak, 27 luglio 2002

 

Oltre 12 ore di autobus, da Tbilisi ad Ashtarak,  dalle 9,30 del mattino alle 10 di sera di ieri, lungo un percorso che in Georgia si è tramutato in una viottola di montagna che singolarmente ancora asfaltata s' insinuava tra i boschi.

 Ne sortiva e si inerpicava in radure in altura,  ove tra i più remoti casolari alpestri arrivavano a destinazione dei passeggeri georgiani, per poi reimmergersi nei boschi e  ridiscendere a costeggiare torrenti prima di risalire ancora più in alto, senza che riuscisse immaginabile come ,e quando, quel tragitto recasse e pervenisse ad una frontiera.

    Si è fatta interminabile la sosta alle barriere armene, prima che in Armenia ci si riaddentrasse tra pendii boscosi, e che la discesa a valle, verso  Stefanavan, avvenisse tra praterie pregne dell' acqua della pioggia caduta a dirotto, lungo una strada in cui il tormentio diventava come, e quando, potessero cessare i crateri in cui l'orizzonte stradale seguitava a franare, nella sua parvenza che a distanza seguitava a riapparire liscia.

Finché riconoscevo in lontananza le ricostruzioni di  Spitak, mi ritrovavo nella sua piazza ancora inabitata, lungo le meravigliose dorsali e i fondovalle di una ininterrotta prateria fragrante di erbe e di fiori,  viola e gialli,  in chiazze di colore di una diffusione infinita per i pendii, e valicato il passo riappariva l'Aragats, dove la  prateria sommitale cedeva alle rocce ed alle nevi.

    I villaggi che si susseguivano nel tramonto  mi rammemoravano, incantandomi, le stesse scene di vita che un anno fa, alle stessa altitudine, e a una medesima latitudine,  al di là delle frontiere chiuse avevo visto animare in Turchia i villaggi a nord di Horasan,... mandrie bovine invadenti le strade erano ricondotte ai recinti da pascoli dilaganti d'acque, mentre già stazionavano gli armenti di ovini dentro le palizzate, bastavano invece i  cortili per le poche pecore domestiche,  che vi giacevano tra i panni stesi che avevano raccolto l'acqua, per le oche e le anitre bastavano i guazzi d'acquitrini, in cui l'acqua della pioggia aveva fuso fango e sterco.

Altro sterco giaceva cumulato in pani, tra i casolari spioventi nei tetti di lamiera, mentre ove il fondo del terreno era rimasto compatto alle periferie, tra le prode s'inerpicavano delle mucche sciolte, dei bambini intenti nel giuoco del pallone.

Fra i prati si prifilavano invece più remote, come nella Turchia di Kars, le tante casipole che ora dalla infinitudine floreale circostante, assicuravano il ritorno nell' alveare delle api per il miele.

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Paesaggio armeno, sul far della sera, con l'Ararat sullo sfondo

    Ma che tristezza/ scoramento l'arrivo in Ashtarak, nello stesso hotel, quando dopo avervi dovuto fare di nuovo i conti con la stessa anziana donna con la quale era impossibile non litigare, come già l'anno scorso, -a proposito di quanto le dovevo in dollari, anziché in draham,  e averle dovuto concedere la fiducia che mi negava del tutto, lasciando che si trattenesse con il passaporto 20 dollari invece dei 10 che le spettavano,- mi sono ritrovato nella stessa stanza dove mi ero lasciato con Sasha, divenuta così avvilente nella sua mancanza/ in assenza di lui.

 

E per le vie senza luce di Ashtarak, ho fatto ritorno idiota ed affamato  in cerca di cibo.  

 

     

 

 

28 luglio, domenica

 

Ieri è stato invece un giorno santificato, benedetto dalla luce del Sole: nella signora Gohar Alexanian, nell' ingegnere iraniano cristiano che ha messo a mia disposizione e che mi ha fornito ogni assistenza per l'ottenimento del visto del suo Paese, ho  ricevuto un 'accoglienza ed un aiuto che hanno trasceso ogni mia felice aspettativa immaginabile.

    Ha trovato appieno riscontro, quanto di superlativo di Lei avevano scritto dei pellegrini della mia stessa Città, nell' Album dei commenti raccolti sull'attività della propria agenzia che Gohar Alexanian mi ha mostrato, insieme con i numeri che le erano stati inviati del nostro settimanale diocesano in cui si raccontava quell' esperienza di viaggio:

12/20 marzo (2001):

Venuti senza sapere bene che cosa avremmo incontrato, quale mondo sconosciuto avremmo perlustrato, tra quali genti avremmo trascorso alcuni giorni, ce ne andiamo arricchiti della Storia armena fatta di drammi e di rinascite, allietati da testimonianze religiose uniche al mondo, sorpresi da una natura amara e tuttavia ricca di doni che consentono la vita.

Soprattutto In particolare grati e come mobilitati dal  particolare calore ospitale della gente armena che abbiamo incontrato nella Prana tour, attraverso un medico di un consultorio, un teologo, un vescovo disponibile, addirittura esponenti dei mass media locali.

Anche noi ci porteremo in cuore la maestosità dell' Ararat: simbolo stupendo  di un popolo come questo, che ha la base quasi sempre in balia della nebbiosità,ma oltre la nebbia! La vetta si staglia bianca, potente e forte da qualunque parte ci si muove e stimola a "tener duro", e ricominciare da capo.

Attorno all' Ararat, o meglio insieme a lui ci rimangono in cuore le centinaia di croci fiorite che testimoniano il carattere di un credo cristiano sconosciuto da noi.

Ha avuto ragione Gorki nel dichiarare che Sevan deve essere proprio " un lembo di cielo ben caduto in terra". Lo meritate proprio.

Gli italiani di Mantova e Firenze

Rita Protti Tosi  Fabio Zacchè    

    Poi, l'uomo cui mi sono rivolto in una gioielleria per chiedergli quale marsukta recasse nei pressi della chiesa di Avan, mi ha preso per mano e non mi ha lasciato fin che non è stato certo che dal vero e proprio dibattito che è insorto nella galleria in cui si allineavano i banchi ed i negozi di gioielleria ,non fosse sortito e non mi fosse stato fornito per iscritto il consiglio giusto, su come e dove prendere la marsukta, e su come e dove indicare al conducente di farmi scendere per l'enigmatica chiesa.

    Tra i gineprai che ne fronteggiavano le rovine mi sarei ritrovato come Charlot nelle sue comiche, con una scarpa ginnica che mi si è aperta, scollandosi, senza consentirmi più di procedere che come un pinguino, ed è stato solo grazie all'intervento di una ragazzina e della sua sorellina che vi hanno applicato della colla che sono andate a prendere dal nonno che risuola le scarpe, che il fondo ha aderito alla tomaia ed ho potuto riavviarmi.

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 La basilica di Avan,  in Erevan, facciata con protiro

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Interno della basilica di Avan, da cui si può rilevare l'alternanza delle conche absidali e delle celle che preludono alle sagrestie d'angolo.

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La basilica di Avan , con le due fanciulle che mi hanno recato soccorso

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Alcuni ragazzi all' ingresso della basilica di Avan

In Avan risalendo alla stessa matrice armena della chiesa georgiana dell' Atenis Sionis, la cui visita aveva ultimato il mio viaggio in Georgia due giorni avanti.

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La Chiesa di Atenis Sionis in Georgia presso Gori

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Di nuovo, a raffronto, l'interno della Basilica di Avan

Riscrittura:

Nella sua muratura massiccia si era articolata l'origine della forma architettonica di cui in Atenis Sionis avevo ritrovato due giorni avanti gli esiti georgiani: la chiesa centrica con il florilegio di quattro conche, precedute da protiri, intervallate all' interno da sagrestie angolari, delle camere circolari voltate a cupola cui preludevano delle celle di immissione. , attraverso delle celle d'immissione  che in Avan preludevano ancora a delle camere circolari voltate a cupola.     

La luce che mi ha poi benedetto ( Siracide, 32) è la luis dell' harev in cui ha brillato la meravigliosa bambina Ruzan, nella notte stellata di Ashtarak, mentre mi sillabava in armeno la preziosità dei termini essenziali di ogni cosa fondamentale, di cui riscoprivo l'incanto sotto il pergolato della soglia della sua povera casa, la lusin che sul desco sparecchiato splendeva tra le astèr di che notte lucente.  

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Ruzan ed i suoi fratellini, uno dei giorni seguenti il nostro incontro

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La Karmravor di Ashtarak

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La Karmravor di Ashtarak

 

 

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