La
vista del paesaggio tra Yeghegnadzor e Sisian , per meravigliose che
fossero le praterie smaglianti di fiori, da cui si discendeva in una valle
orlata da un lago, dopo avere lasciato i torrenti ed i rigogliosi
fondovalle del Vayots Dzor per le convalli d'altura del Syunik,
improvvisamente mi si è oscurata, come mi sono resoconto che l'uomo
che mi aveva dato un passaggio si stava tramutando in un brigante di
strada.
All'arrivo
a Goris purtroppo non disponevo più che di banconote di grosso
taglio, e l'importo strabiliante che sono stato costretto a concedergli lo
ha reso più ancora vorace.
Pretendo
ancora di più, benchè con il figlioletto fosse diretto più oltre fino a
Meghri, è ritornato sui suoi passi come un lupo famelico, egli che in
precedenza non aveva preteso alcun soldo da un passaggio intermedio
concesso ad una masre ed al suo ragazzo, ma io non ho prestato alcun
ascolto alle sue pretese, giù a dirotto, con lo zaino in spalla, per la
interminabile strada disselciata, disseminata di buche, che con
l'animo infranto dall' angoscia e in affanno mi ha condotto fin dove,
quanto mai stremato, mi è apparso l'hotel Goris. un vero hotel "
Kraza", a denominarlo in Russo
Un
edificio in sintonia con la stanza squalliduccia che mi è stata
riservata, per la quale mi è stato chiesto decisamente di più del
prevedibile, più di quanto comunque spettasse al suo degrado ammalorato.
L'amaro
del disgusto erano comunque tale e tanto, che ho rifiutato nel tardo
pomeriggio di andare in taxi al monastero di Tatev, vanificando la sola e
unica ragione per la quale mi ritrovavo a Goris, -quando l'autista
convocato dalle donne dell'hotel e materializzatosi sulle sue soglie
nonostante il mio diniego, ha insistito a chiedermi l'esborso di altro
8.000 dihram.
Troppi,
comunque, per la mie disponibilità residua, in tutti i sensi, benchè
si trattasse pur sempre di oltre settanta chilometri di tragitto.
Così
ho tentato la presunta insanità di volermi avviare a piedi per un
passaggio fino a Tatev, ritornando sino all' ingresso di Goris, fino
al ponte ch'è all' imboccatura della sua vallata,
da
dove mi sono riavviato sulla via che riconduceva a Sisian, lungo la quale
avevo visto in precedenza la freccia che indicava la deviazione verso
Tatev.
Ho
dovuto invece mestamente ripiegare sulla vista delle escrescenze
cappadociche che mi si si sono profilate lungo il percorso,
divagare nelle chiacchiere con alcuni Karabagiani che erano in sosta a una
locanda al margine della strada, sulla via del ritorno a Stephanakert.
Sulla
soglia dell' hotel cui sono riapprodato sfinito, mi sono immusonito e
rifiutato a lungo di entrare, mi ispirava piuttosto la vista di una
mucca cui era bastato un cenno di voce, perché si fosse riavviata da sola
alla sua stalla all' interno di una casa lungo una via urbana nelle
vicinanze.
Gli
uomini che di fronte al suo ingresso stavano ammassando del fieno, mi
hanno fatto vedere dove ella stesse con un'altra mucca da latte, l'una
vorace, l'altra inappetente, in una stanza accanto al garage dov'era stato
predisposto provvisoriamente il fieno raccolto, che uno dei due uomini
provvedeva a pressare in un cassonetto prima di avviarlo di sopra.
La
scala a lato del garage conduceva infatti al fienile sovrastante
alla casa, una dimora a assai che le donne si sono compiaciute di
mostrarmi.
Ma
che amarezza persistente il rientro l'indomani a Erevan nella
rinuncia definitiva a Tatev, quando mi sono ritrovato a considerare in
stanza i frantumi della giornata .
Del
veleno del male basta davvero anche una sola goccia, a mortificare tutta
la bellezza di ogni cosa circostante
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