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No problem, don't be worry, I m happy, even if
I m suffering", ribadivo a K. , "perchè ho tentato di
realizzare portato a termine
tutto ciò che volevo," nel mio sforzo in Ellora vanificato
dalle vertigini, di vedere il
tempio di Kailash dall' alto della voragine creata dal suo
scavo-
Tu sei felice solo quando crei dei problemi, mi replicava un
contrariato K., intanto che mi aiutava a scendere dalla sommità del
dirupo, tra le cascatelle che irroravano e rendevano sdrucciolevole
il percorso, in cui mi affannavo a posizionare i piedi senza
riuscire ad evitare che il
dislivello eccessivo mi causasse una fitta atroce, se sforzavo il ginocchio
artrosico nell'appoggio dell'arto.
Colto dalla vertigine, mi era stato
impossibile avvicinarmi al bordo, che strapiomba nella voragine, del monolite
templare che simboleggia magnificamente il monte di Shiva,
e mi ero aggrappato
atterrito agli spuntoni interni delle rocce , implorando l'amico di
desistere dal procedere oltre, dallo sporgersi nel vuoto che mi
terrorizzava: quando, fino a qualche minuto avanti, ero stato
inesorabile nel sollecitarlo anche a quell'ultimo sforzo, per sentirmi
appagato, benché oramai fosse l 'ora di chiusura, e quell' ultimo
sforzo avesse tutte le parvenze di un tentativo velleitario e vano, - una
volta raggiunta nuovamente Ellora nel tardo pomeriggio, per visitare
la più bella delle grotte jain, e il residuo tempio hindu, il
ventinove, dopo che in precedenza avevamo visitato in Aurangabad la
tomba della consorte di Aurangzeb, e le grotte sovrastanti dalle sculture
straordinarie.
" Avevamo già visto il tempio dall'
interno, avevamo visto già tutto, mi rimproverava K., perchè salire
su?"
Aveva ragione, pienamente. Un
intero giorno vi avevamo trascorso, sopraffatti dalla smisuratezza e dall'incanto del tempio sublime, del silenzio e dell' ombra stillante di pioggia delle
sue gallerie nella roccia, degli elefanti allineati alle sue fondamenta .
E vi eravamo rimasti immersi nell 'umidore monsonico di un'India
perenne, che si addensava nell 'oscurità gremita di mithuna
del colonnato della sala del mandapa,
una tenebra che preludeva al grembo
cosmico del garbaghiha, la cella interiore in cui infine appariva il
limgam di Shiva, la scaturigine del monte sacro templare, l'origine stessa
di
tutto, che un pujari lustrava nel suo ergersi sul decorso
sottostante del rivolo d'acqua della yona.
La sera in albergo, ad Aurangabad,
K avrebbe ripreso il suo deplorarmi.
" My friend, se tu sei felice, io
sono felice, ma se tu sei infelice anch'io sono infelice. Un'altra volta
puoi andare avanti da solo. Io ho i miei
principi, come hindu".
Era questo, dunque, il senso del
ritornello hindu sugli affetti condivisi tra gli amici?
La mattina seguente, a colazione,
così mi spiegavo con lui:
" k, se tu sei infelice e anche io
lo sono , la stessa infelicità di entrambi diventa un bene, se per questo ti aiuto: non lo è se per questo ti
abbandono. Lasci sola la tua bambina perchè piange? Ti ho lasciato solo
quando ti ho visto triste? Quando pensi ai tuoi bambini , e cominci a
bere perchè non puoi dare a loro un futuro? Quando nelle tue e-mail mi
scrivi ogni volta I m fine, here, io non credo sempre che sia
vero. Quando ho accettato di aiutarti, sapevo che io avrei avuto da
soffrire.. quanto non avrei sofferto seguitando a vivere da solo. K, la
tua famiglia è oramai la mia famiglia. Se non ti aiuto più tu finirai
più in basso, nella tua povertà precedente.. ."
Non gli ho detto che anche se io gli
dispiacessi, anche se in lui non ci fosse più amicizia per me, seguiterei
ad aiutarlo comunque.
"K, noi possiamo soffrire ed essere
ugualmente felici. Ieri io ho realizzato tutto quanto potevo. Se tu
per lavoro lasciassi la tua famiglia, soffriresti perchè sei lontano da loro, ma
saresti felice perchè daresti a loro di che vivere."
" Adesso intendo il senso delle tue
parole", mi ha detto chinando il capo.
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