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Viaggio
in Armenia
9
agosto 2001 Il
giorno avanti l'altro ieri, era la grazia ionica del tempio di Garni che
contemplavo superstite sulla voragine di un canyon armeno, [1]
mentre ieri erano le vestigia della fortezza di Amberd e della mirabile
sua chiesa d'altura, l’apparizione preservatami dai dirupi convergenti
e tutelari di altri due torrenti[2],(al
termine dell’ escursione con Manouk e i suoi giovani assistenti
informatici, dell’ approdo rocambolesco al cui residence universitario
dirò più oltre).
Nelle
sale d' esposizione del Matenadaran, l' altro ieri, i testi miniati di
astronomi, di medici, di poeti e filosofi e teologi armeni,
testimoniavano quanto invece, di mirabile, è
il tramite umano che nel Caucaso ha potuto sottrarre anche
all'orda più atroce, e in tale arca è potuto pervenire fino ai nostri
giorni.[3] Nel
monastero di Geghard, oltre Garni mi si è poi disvelato in quali nidi
le popolazioni armene medioevali cercassero scampo, al riparo dei
blocchi di pietra della sua cattedrale tra chiese rupestri, celle dei
monaci, tombe di principi incavate anch'esse nelle rocce. Si
accedeva dal fianco laterale del gavit alle loro oscure cappelle, oltre
i leoni che nella roccia scolpita da cui si aveva adito alla più
eminente delle cappelle funerarie, emergevano dall'ombra del tempo
concatenati ad una aquila. Soltanto
il tremolio delle candele, un forame delle volte, comunicava la luce
all' arcano di pietra, nel recesso sepolcrale più interno, di croci
geminanti da croci. Nel
silenzio non stillavano che le gocce della fonte sacra dell' altra
cappella, finché non si è udito un canto di invisibili religiosi
officianti, e la resurrezione si è compiuta, ogni divenire intercorso
nei secoli si è vanificato, anime e anime erano ancora a quegli altari
raccolte in preghiera.
.
nella
capitale non avrei trovato i Musei anticipatamente chiusi, con un
intero vuoto pomeridiano che non ho saputo altrimenti come colmare,
che facendo di nuovo ritorno ad Echmiadzin. Solo
così ho avuto l' occasione di salvarvi dal loro destino le due
bianche colombe ingabbiate sulla soglia di Aya Gayanè, non che i due
piccioni che a sera stavano ancora esposti nella stessa piazzuola non
che nella stessa gabbia della volta
precedente, per la gioia, poi in Zvartnots, di vederli volare
liberi in alto nel cielo dell' Ararat. Come
la volta precedente una delle colombe ha preceduto le altre,
librandosi su di uno dei tetti delle aziende agricole di Zvartnots,
fino ai cui frutteti ho dovuto inoltrarmi fra i campi,
poiché nel sito archeologico stazionavano in parata i reparti
militari. E
l'altra colomba, ed i piccioni, stavolta non m'hanno lasciato che il
tempo del souvenir di una foto fugace , per unirsi istantaneamente in
volo ad altre colombe e ad altri piccioni, sempre più invisibili in
alto nei liberi cieli.
Ma
Ripensandoci,
mi è sorto il dubbio che le prime due colombe, che ho rilevato in Aya
Gayanè, non fossero avviate allo stesso destino sacrificale dei
piccioni. Gli
auspici che hanno tratto per me i loro custodi, qualora alle due
creature avessi riassicurato la libertà, stando a quello che il loro
tono consentiva di intendere, lasciavano supporre che fossero state lì
sistemate perché anch'io, benché secondo il rito armeno, potessi
fare “azat buzat”, - come nel racconto " Gli uccelli tornano
a volare", di Yashar Kemal, si dice che in Istanbul accadesse in
un tempo spirituale, che non è più, sul sagrato dei luoghi di culto
di ogni religione convenuta, di moschee, di sinagoghe, delle basiliche
cristiane adibite ai culti . "
Sii libero e aspettami sulle soglie del Paradiso", la formula
all'atto della liberazione, nel gioire dando gioia agli esseri alati. Ma
è venuto meno anche ogni tempo supplementare per riconfortarmi nel
ristorantino ameno , ora in marcia per Erevan, verso Vanadzor e i
monasteri di Haghbat, di Odzun e Sanahin. 15
agosto 2001 Devo
oggi dunque lasciare così l' Armenia, da Vanadzor o Ierovanakan, che
sia, di rientro in Erevan per essere già domani a Varzia, dopo un
esito talmente esiguo della mia escursione nel Lori? Non
ho raggiunto che il monastero pur meraviglioso di Haghbat, dei tanti
della verde regione, un triste fallimento il tentativo di raggiungere
in giornata anche quelli di Odzun e di Sanahin. Ho
atteso oltre un'ora che dalla stazione degli autobus ai piedi
dell'erta che reca ad Haghbat partisse l'autobus che mi si assicurava
che mi avrebbe recato fino a Odzun, mentre per me la corsa è finita
di lì a qualche chilometro nel grande borgo del fondovalle, dove per
pervenire a destinazione avrei dovuto attenderne ancora un altro che
non si è minimamente materializzato. Prima
infuriato, poi rassegnato, non mi è restato che avviarmi verso la
sovrastante stazione per il rientro
in treno a Vanadzor. Almeno
avessi potuto rivedervi dal finestrino la bellezza luminosa e
scrosciante d'acque delle verdi vallate del Lori, che nel mattino
avevo potuto solo intravedere in autobus, tra il sentore di stalla
della gente sovrastipata e la fresca fragranza
dei pomodori, e d'altri ortaggi, che in scatole e cassette e
sacchi i valligiani recavano appresso. Oltre
due ore, all' impiedi, per
percorrere non più di 50 chilometri, anche per le continue soste cui
obbligavano i problemi di pressione e di respirazione di una vecchia
che boccheggiava a un finestrino. Ma
al rientro, dai vetri opachi e sporchi del treno non ho potuto che
intravedere che i soli profili dei rilievi tra i quali il treno
procedeva incassato, come negli scompartimenti si stava incassati
sotto i ripiani ribassati per i bagagli e le cuccette, in un treno che
si era affollato sempre di più di gente con un 'infinitudine di
sacchi e fagotti, di cassette e secchi e secchielli, ricolmi di
mirtilli e altri frutti di bosco, al punto che era raro vedere uomo o
donna o ragazzo che non ne recasse in città dei contenitori
strapieni. Poi,
nella Vanadzor serale senza più luce pubblica nelle vie, ho avuto la
grama idea di volere andare a vedere la fabbrica di colla dei tempi
sovietici. Un
uomo del quartiere si è offerto di accompagnarmi per visitare
l'intero kombinat chimico, così quella che intendeva essere solo una
mia sortita in perlustrazione è divenuta una peregrinazione sfinente
intorno alle mure di cinta delle ferrugginose rovine industriali
cadenti, e degli impianti in funzione della fabbrica enorme, senza che
volessi saperne di avvalermi
della facoltà di violare i divieti d'accesso che l'uomo mi assicurava
d'intesa con i vigilantes, né sapessi come porre termine all'
afflizione tormentosa di quella disponibilità eccessiva, se non con
la scortesia più impietosa e scostante dell' egoismo turistico. Eppure
Haghbat non valeva di per se l'intera escursione? Per
la suggestione del sito monastico tra case del villaggio d'altura, e
per quanto della vita spirituale che un tempo vi era trascorsa,
riesumavano le integre vestigia di chiese e gavit e cappelle, del
campanile leggiadro e della
biblioteca e del refettorio, delle tombe appartate dei signori del
luogo?
All'
aggirarsi ancora tra le tacite esistenze di un tempo remoto, dietro
l'abside nel percorso all' esterno interrato, sotto le arcate che si
appuntellavano ai declivi sovrastanti, tra i katchar e
cappelle-annesse alla chiesa- e lastre sepolcrali pavimentali,-
l'adito, all' angolo di svolta, alla biblioteca per le meditazioni del
culto, prima di uscire alla piena luce di cui si accaloravano l'abside
e la cuspide della cappella alla Vergine.
E
prima ancora, che nel corso della storia, in Haghbat le funzioni
religiose decadesse per quelle economiche, e nel Basso Medioevo
refettori, e biblioteche, divenissero colmi granai e frantoi per
l'olio di colza dei signori locali.
Note paesaggistiche
Da
Erevan a Vanadzor, al tempo stesso in cui si valica il passo dall' una
all' altra regione, al giallo delle stoppie delle valli e convalli
dell'Aragats subentra il verde delle dorsali montuose della regione di
Lori, a prerannuncio delle pendici boscose che furono già georgiane
della valle di Alaverdi, si
infoltano coltivi di girasoli e di cavoli, già intorno ad Aparan,
prima che in Spitak compaiano le distese dei baraccamenti e
delle casipole nuove dei terremotati,e poi nel fondovalle di Vanadzor i relitti industriali e le
fabbriche superstiti del socialismo sovietico, la rugginosità
slabbrata degli altiforni e delle ciminiere dismesse, delle alte torri
di avvistamento degli impianti. Da
Erevan a Giumry avrei ritrovato l'Armenia disossata sino alla pietra,
l' aridità stenta dei suoi declivi spogli, troppo magra anche per farsi diffuso pascolo- la miseria ecomomico-sociale di un
capitalismo senza fabbriche e lavoro.
. Cronaca postuma dell’ accaduto del 17 agosto 2001, Per
mia buona sorte non era ancora finito il mio viaggio in Armenia, con
il rientro alcuni giorni or sono E'
come se la Sua Volontà, quel giorno, abbia condotto allo stolido
fallimento ogni mio piano, perchè così soltanto nel Matenadaran
avrei potuto reincontrare Sasha, nella fulgida bellezza affabile
della sua intelligenza e della sua giovinezza fisica, dopo che
l'avevo lasciato con la sua compagna alla Santa Trinità di Kazbegi, e
non altrimenti avrei potuto ritrovarlo di nuovo, dopo che credevamo di
esserci salutati per sempre nel Matenadaran[8], Ci saremmo invece recati insieme
in Astarak, nel solito albergo dove io solo avrei dormito di nuovo.
Egli ha invece dovuto lasciarlo per trascorrere all’ esterno la
notte in tenda. Così deve fare, se con i mezzi di cui dispone vuole
raggiungere l’India attraverso l’ Iran e il Pakistan . Già
nella sala d' ingresso del Matenadaran, Nella
sala espositiva dei manoscritti, poi è stato lui che mi ha
riconosciuto per primo: ............... (Variante
conclusiva per la prima pagina di Viaggio nella Turchia Armena) Stavo
ancora scrivendo le righe precedenti, stamane non più in Armenia ma
in Georgia, oramai in procinto
di lasciarla per la vicina Turchia, quando sento bussare con
insistenza alla porta della mia stanza d'hotel in Akalththshike.)
(E
quanto segue è la continuazione del racconto dei fatti che ho
trascritto nella Turchia armena,
ultimandolo oltre Cesme lungo la rotta verso l’ Italia.) Mentre
nel Matenadaran passavamo da un manoscritto all' altro, discorrendone
fra noi in francese, intanto che io gli illustravo la" scrittura
di ferro" di alcuni esemplari, e lui me ne mostrava le mutazioni
seguenti in versioni più semplificate,
che splendore mi si è irradiato nella sua inesausta apertura al
dialogo nei miei confronti, allo schiudersi del suo sorriso all'
ulteriore interrogativo del suo interlocutore. Ma
da Petersbourg, egli che è studente di sociologia, attraverso la
Bielorussia e l'Ucraina, non era giunto in Armenia ed in Georgia solo
per visitarne le chiese ed i Musei, intendeva soprattutto venirne a
conoscere la realtà della vita delle popolazioni, valendosi del fatto
che georgiani ed armeni parlavano correntemente la sua lingua. Le
attuali limitazioni penose gravavano talmente per gli uni e per gli
altri, a suo dire, perché non vi erano abituati nel regime sovietico,
quando la Georgia era la più ricca delle Repubbliche, e gli armeni
erano i mercanti dell' Unione, al punto che
li si ritrovava in ogni città russa. In
questo mi era difficile potergli credere, gli ho detto in tutta
sincerità, mentre ci si pregava di parlare più piano perchè nel
Matenadaran si girava un documentario, ed una giovane ragazza stava
facendo da guida ed illustrami stato
possibile che in un passato prossimo si vivesse molto meglio nel
Caucaso, quando le strade, gli edifici pubblici e condominiali,
impianti industriali e infrastrutture, Dovevo
pensare, mi ha chiarito, che le cose di questo modo possono essere
concepite di breve o di media o di lunga
durata, e che
nell' Unione sovietica si costruiva ogni cosa con del materiale
scadente perché era destinata a durare per poco. "
Si scivolava in superficie..." . Ed
ora armeni, e georgiani, si trovavano a dovere utilizzare a lungo
termine edifici e strutture fatiscenti, quei loro edifici condominiali
così "délabrés", come avevo ben potuto vedere intorno. Certo,
corrispondevano al vero gli stipendi miserrimi di cui mi era stato
detto, una famiglia di quattro persone, mediamente, dispone in Armenia
di 5 dollari al mese per ciascun componente. Ma
gli era stato mostrato, facendo i conti, come in Armenia fosse
possibile sopravvivere e soddisfare i propri bisogni pur in tali
termini estremi. Si
è detto anche dello sfruttamento catastrofico delle acque del lago di
Sevan, della situazione ancora precaria dei terremotati delle regioni
Nord-Orientali dell'Amenia, intorno a Spitak, delle riserve
della valle dell' Ararat che non divenivano risorse, delle ricadute
nel Caucaso dell' eredità
sovietica di un' industria militare al collasso, delle divisioni dei
traffici illeciti- auto, droga, clandestini e Natashe- fra le varie
mafie georgiana o armena o tartara... Nelle
vicinanze le lago di Sevan Sacha aveva visitato i Molokane, la setta
russa ereticale, cosi nominata in quanto durante la Quaresima faceva
del latte il proprio solo nutrimento,- a simbolo che la loro dottrina
era il latte spirituale di cui parla Paolo nella prima lettera ai
Corinzi,3, 2- Vi
erano stati confinati da Caterina di Russia, e del tempo del proprio
esilio conservavano ancora le fogge vestimentarie. Da
un mese Sacha era in viaggio, traverso
la Bielorussia e l'Ucraina era giunto fino a Kazbegi dove l'avevo
incontrato, allora era ancora insieme con la sua compagna, si erano
separati in Georgia e da solo era venuto in Armenia, da dove proseguirà
per la Persia e per il Pakistan e l'India. L'indomani
stesso si sarebbe recato presso l'Ambasciata iraniana per ritirarvi il
visto di transito. Ed
io se in giornata intendevo ancora visitare ambo i piani delle sale
dei pittori armeni nella Galleria Nazionale, dovevo congedarmi ora da
lui. Prima
della mia partenza preventivata nel tardo pomeriggio per la Georgia. Ci
siamo così lasciati solo salutandoci. Da
allora, il piano residuo dell' intera giornata è parso inclinarsi
solo verso lo scacco e il fallimento: nell' ora e poco più che mi era
rimasta, prima della chiusura pomeridiana, non ho fatto in tempo che a
rivedere le tele di Hakob Hovnatanian, di Aivazovsky, di Sureniants,
che a intravedere la sola grandezza del pittore ch’ è l’autore
del ritratto del musicista Komitas. E
quando sono stato alla stazione Kylikya dove avevo lasciato i bagagli,
e mi credevo già prossimo a partire per l'impronunciabile
Akaltshicke, sulla via georgiana di Batumi, soltanto al momento di
fare il biglietto ho capito quanto vanamente il bigliettaio già aveva
cercato di farmi intendere in mattinata, che solo l'indomani ci
sarebbe stato un autobus in partenza per il Saketi e l'Achara. Nemmeno
alle autolinee turche risultava che vi fosse un autobus in serata per
Tiblisi. Potevo,
volendo e potendo, dividere le spese del taxi per la capitale
georgiana con un'addetta della compagnia,la quale doveva recarvisi in
serata presso l'Ambasciata georgiana. Ma
la diffidenza scontrosa che la donna mi ha riservato, mi ha dissuaso
dal riproporre un'offerta che già lei così palesemente aveva fatto
decadere. Non
mi restava che riavviarmi bagagli in spalla verso Astarak, il suo
hotel omonimo, rinviando all' indomani la partenza per la Georgia. Almeno
potevo l'indomani, depositati di nuovo i bagagli all' autostazione,
vedermi anche il museo di Paradzanov, a Erevan, ultimare la
rivisitazione dei pittori armeni nella Galleria nazionale. Ciononostante
ad amareggiarmi, più di ogni contrattempo insorto, più di quanto
potessi già felicitarmi di avere invece ritrovato Sacha, era che se Mi
venivo così chiedendo che
cosa l' Altissimo mi riservasse con il fallimento di ogni mio scopo,
quando attraversata la Lusavoritch stret, verso l'autobus che dall'
altro lato della strada era in partenza per Astarak, risollevandomi
dall'onere a cui soggiacevo dello zaino per salire sul predellino,
dall' angolo di fronte vedo Sacha che sopraggiunge nello stesso
istante, per prendere anch'egli lo stesso autobus... Ci
salutiamo felici che la casualità, o la provvidenzialità, abbiano
voluto che le nostre esistenze non si lasciassero per sempre. E'
un torrente irruento il nostro discorrere sull' autobus, quanto gli
sono piaciuti i collages e gli assemblaggi di Paradzanov, nel museo
dedicato al cineasta da cui era reduce, lo sa che Astarak è la
località ove Mandel'stam ha soggiornato a lungo nel suo viaggio in
Armenia? Al
punto che le ha dedicato due magnifici frammenti del libro
che
ne ha desunto? Mandel'stam
lo predilige a ogni altro poeta del Novecento, ah, il Caucaso,
miraggio e terra d'esilio di che grandi poeti e scrittori russi,
Puskin, Lermontov... Certo,
quando in Kazbegi ci eravamo lasciati su alla Tsminda Sameba, avevo
cercato conforto della perdita che ritenevo irreparabile delle mie
foto di viaggio, leggendo tra le montagne di Kazbegi le pagine stesse
in cui Lermontov le aveva descritte, ripercorrendo in "
Un eroe del nostro tempo" la Georgian Military Highway. "
Je suis un émotif",ho ironizzato, se non
l'aveva ancora capito, quando in prossimità di Astarak ero
inquieto di non averla ancora ravvisata
nelle vedute circostanti. all'
hotel io soltanto ho preso sistemazione, egli si recato in Astarak,
l'ho capito allora soltanto, perché poteva impiantarvi la tenda in
una località campestre poco lontano da Erevan, dalla donna ch'era
alla reception gli è stato comunque consentito di depositare i
bagagli nella mia tenda, finché non fossimo rientrati a un'ora più
tarda. Data
l'ora legale che in Armenia è particolarmente inoltrata, eravamo
ancora in tempo perché potessi ambire ad illustrargli le chiese di
Astarak che conoscevo,. Quando
ci siamo ritrovati al cospetto della divina grazia della Karmravor,
non abbiamo dovuto dolerci che qualche distante di averla ritrovata
chiusa, la custode era nei pressi ed è sopraggiunta ad aprirci. Ero
ancora toccato di quanto tra me e lei era intercorso il giorno avanti,
quando la mia offerta di 1500 dhram
che avevo fatto a una bambina del vicinato per un disegno ad
acquerello della chiesetta, l' aveva lasciata sbigottita. Era
il suo guadagno di custode per un'intera settimana... Fosse
stata almeno sua figlia... Che
sguardo rabbioso ha indirizzato alla
graziosetta che non si levava di torno... Con
un'amarezza stomacata di dentro, che si è alleviata solo quando ho
riparato offrendole mille dhram per un ipotetico restauro della
chiesa, che prontamente lei ha accettato. Sasha
si è con lei intrattenuto lungamente conversando in russo,
usandole l'amabile grazia che in lui era naturalezza. Per
il suo tramite ho potuto venire a sapere dalla donna dei particolari
della chiesa che in precedenza aveva cercato invano di farmi sapere,
come una pietra suggellava della polvere che si riteneva terrasanta
gerosolomitana, con la quale si cospargeva il capo per trarne
beneficio.
C'era
un'altra chiesa nei pressi, oltre la
Karmravor e la
Tziranavor, che già conoscevo, alla quale ci poteva recare,
imparentata alle altre due dal
nome desunto da un colore. Come la Karmravor era la chiesa rossa e la
Tziranavor la chiesa arancio, il suo nome, la Spitakavor,
E
con il nome desunto da un colore, una leggenda le imparentava, che la
donna ha cominciato a raccontare a Sasha.
Purtroppo ne sapevo già la fine, come egli a sua volta ha
cominciato a tradurmela. Narrava
di tre ragazze, una bianca, o nera, una arancione e una rosa,
innamorate tutte e tre dello stesso uomo. Ora
avvenne che per fare felice la terza, le prime due si siano
sacrificate, scagliandosi nel fondo del burrone scavato dal fiume
sottostante: al che la terza non accettò di essere felice, al prezzo
della vita delle sue rivali, e a sua volta
si precipitò nella
voragine. E alle tre ragazze corrispondevano ora le tre Chiese. Siamo
risaliti e la donna ci ha lasciato presso la sua casa. Di
quanto gli aveva detto in russo
della sua vita, Sasha mi ha confidato che in passato era una
infermiera, poi il suo lavoro era risultato superfluo, poiché non lo
si poteva più retribuire. In
vita sua non aveva visto che Astarak, Erevan e Sevan. Se-van,
ossia il lago nero, il lago del rimpianto della Grande Armenia perduta
nella piccola Armenia ch'era la patria rimasta. Sasha
l' ho poi condotto per la Astarak che più mi piaceva, com'era
piaciuta tanto a Mandel'stam, l' Astarak delle acque scroscianti ai
margini della strada lungo i pendii, delle case immerse nel folto di
giardini-frutteti, delle fronde che ne traboccavano, dei tralci di
vite tracimanti nelle vie che percorrevamo senza una meta mentre si
faceva sera. "ah,
ce qu'ils ruissellent...", gli ho mormorato, estasiato dalle
acque che cantavano intorno tra il folto del verde. Quando
mi ero congedato dalla custode della Karmravor, le avevo porto e
stretto la mano, indotto a tanta affabilità anche dallo sguardo
smisuratamente confidente della donna, dal pudore fiero e sofferto
della sua indigenza. Avevo agito per il meglio?, gli ho chiesto. In
Armenia non usa affatto dare la mano a una donna, mi ha sconfessato,
lo vieta il tradizionalismo maschile Mi
ha sconcertato quanto mi diceva. Nei
miei riguardi non erano state forse sempre delle donne ad assumere
l'iniziativa di aiutarmi, avvalendosi dell' esercizio di una propria
autorevolezza indiscussa? Non
era forse stato così per Stella Bogossian, per la professoressa di
canto di Vanadzor, quando mi ha tratto dall' impasse dell'
interminabile attesa che partisse un autobus per Erevan, che solo
quando avesse riempito di passeggeri tutti i posti vuoti si sarebbe
mosso chissà quando ? Solamente
gli ho confidato, per la mia esperienza, quanto per le donne qui possa
essere incredibile un uomo che pianga. In
Russia, mi ha sorriso, l'uomo russo ha dovuto piangere tutte le sue
lacrime nell'ultimo secolo. Gli
armeni, a differenza dei georgiani, ma suo dire amano ancora i russi. C'è
un riavvicinamento in atto tra Armenia e Russia, sempre più armeni
tornano a farsi presenti nelle grandi città russe, in Pietroburgo
come a Rostov. Ma
nello stile di vita degli Armeni non aveva ravvisato la piacevolezza
di quello georgiano, tutto volto all' esterno, più estroflesso. Era
ben vero che i popoli caucasici sono nazionalistici, ma quello armeno
lo è più esasperatamente di ogni altro. Non
immaginavo, quanto soffrano della mancanza di un mare. Quanto
disprezzino anche i soli vicini che hanno, i georgiani. Li
considerano della gente ch'è soltanto interessata, pronta a vendersi
a chiunque, iraniani o turchi che siano i loro acquirenti. Potevamo
intanto trovare un sito dove sostare, gli ho chiesto? La sera era
calata e volevo parlargli avendolo avanti nel suo bellissimo sguardo,
dovevo pur trovare di che mangiare, mi era difficile adattarmi alla
sua alimentazione ch'era quale quella di un uccello dei campi. Ad
uno spaccio, cui si è fermato, per pochi dirham ha chiesto quanti
pomodori poteva prendere, l'anziana signora gli ha lasciato prenderne
quanti ne voleva. Mi
ha detto che esibire un importo minimo, di 50 dihram, ad esempio, e
domandare quanto si può acquistare con tale modica cifra, è uno dei
due modi per acquistare il più possibile nel Caucaso. L'altro
di cui mi ha detto, se ben ricordo, è di prelevare del prodotto e
chiedere se per esso può bastare il poco che si offre. Divagando
ancora siamo pervenuti ad un locale al fondo del paese, degli uomini
sostavano a chiacchierare all' aperto, che ci hanno invitato a restare
con loro. Quando
ho preso un melone da un cumulo e ne ho chiesto l'importo, per
pagarlo, è stato offerto per cena ad entrambi. Uno
degli uomini ci ha posto un piatto di fronte, un altro ne sgusciava e
porgeva a entrambi una fetta, sostituendola con un'altra come
l'avevamo divorata. Alle
mie spalle d' improvviso uno di loro ha fatto
scoppiare un mortaretto, " un Ceceno", ha gridato ridendo,
una sortita che Sasha ha giustificato come una "blague" al
mio ritegno freddo. Nei
loro discorsi c'era l'interesse a sapere perché fossi venuto in
Armenia, a denunciare tutta la loro
miseria. Solo
che un armeno metta da parte o reperisca qualche migliaio di dollari,
e vende la casa e cerca all' estero fortuna. Perdendo
così la casa, non si temeva di porre fine anche a ogni possibilità
di fare ritorno, di fare
rientro se finiva male? Ci
si affida alla sorte, mi hanno fatto sapere tramite Sasha, quando la
realtà presente non offre più niente. L'
Armenia non è che un sasso da cui ricavare nutrimento. E
parlavano, chiedevano, ed io guardavo ed ammiravo ed invidiavo Sasha
per come si moveva e stava naturalmente tra loro, senza alcuna mia
ispidità ombrosa e scontrosa, le mie pene o difficoltà palesi. Alla
loro domanda tra le altre se credessi in Dio, ho detto di sì,
particolarmente/ soprattutto in
quel giorno, lì ed ora, perché mi aveva/ era stato dato da Lui /
il modo di incontrare Sasha. Egli
ne ha sorriso nel tradurlo a loro, mentr'io cercavo di far comprendere
ch'era occorso l'incredibile a farci incontrare, come
per ben due volte ci eravamo ritrovati dopo che ci eravamo
lasciati, solo perché ogni cosa che avevo in mente di fare era finita
male. In
hotel, quando in stanza ci siamo scambiati gli ultimi discorsi, sul
cinema russo, su Sokurov, sulla sua visione, a dire di Sasha,
dell' autodegradazione del potere quando si fa tirannide, in Hitler,
Lenin o Eltsin, gli ho mostrato l'edizioncina italiana del Viaggio in
Armenia di Mendel'stam, della quale ha memorizzato i dati
bibliografici per reperire l'opera in russo al suo rientro in
Pietroburgo. E
si è messo a leggere in italiano le pagine del testo, sbalordendomi per come non sbagliasse un accento,
l'intonazione. E'
che sapeva lo spagnolo, è la ragione che ha supposto. Ma
la donna addetta all'hotel non voleva saperne che restasse ancora in
stanza. Sasha
doveva sbrigarsi ad andare via. Stesse
pur certo che gli avrei scritto ai suoi indirizzi in e-mail, che vi
avrebbe ricevuto i miei ipertesti. Ed
io stessi pur certo che egli a sua volta avrebbe contraccambiato,
(nelle nostre comunicazioni) che il nostro discorso sarebbe
continuato, dall' una all'altra delle nostre città sorte sul fango. In
uno dei miei testi visualizzabili in rete , sul ponte di San Giorgio
che era a Nord della mia città e che ora non esiste più , avrebbe
potuto vedere com' essa era in un giorno del 1460, nella sua
rappresentazione nel dipinto della morte della Vergine di Andrea
Mantegna. Mantegna,
ha soggiunto, gli riesumava alcunché di "morbide", nella
raffigurazione del corpo morto. Davvero?
Per Mantegna, gli ho illustrato, ,ciò che è storia si fa archeologia
naturale, ciò che è natura storia vivente, le forme mineralizzano
le carni dei corpi e cristallizzano il fuoco nei marmi, secondo
lo spirito alchemico della scuola pittorica della vicina Ferrara. Anche
le ferite della carne si fanno suture e strappi di un tessuto
immortale... c'era
alcunché di nebuloso nella mia mente che in merito non riuscivo a
focalizzare, intanto che l'addetta all' hotel seguitava a insistere
alla nostra porta. Doveva
andare a tutti i costi con ogni sua, benché fuori sguisciassero
lampi, si addensasse del maltempo in arrivo. "Il
s'agit d'une femme vraiment impitoyable" ho sospirato con Sasha
facendolo sorridere. Come
la carta, sempre la morte, che solleva Carmen tra Mercedes e
Frasquita. Poi,
lasciatici in una stretta di mano sulle soglie dell'hotel, nel dirci
quanto ci avesse felicitati l'uno l'incontro con l'altro, in stanza ho
raccolto la mia solitudine nella prosecuzione del mio discorso mentale
con lui, intorno al limbo confuso in cui mi avevo lasciato il suo
discorso sulla "morbosità" del Mantegna. Finché
nella notte in cui lui se ne era andato a dormire in tenda fuori
di Astarak, la mia nebulosa mantegnesca si è chiarificata: "morbide"
il Mantegna immortalante le forme spirate del Cristo morto, o
l'artista, di lui emulo, attraverso la cui opera Sasha se ne
ricordava? Con lo stesso sguardo con il quale lo avevano visto gli
occhi di Dostoevskji: Holbein il giovane, del Cristo cadavere che
talmente aveva impressionato con il principe Miskin il suo autore.
Fine del
testo riveduto e corretto Appunti
di trascrizione dai Diari Nel
quaderno Georgia,2 Il
paesaggio dell' Armenia Le
basiliche di Astarak, Aparan Santa
Mariné La
chiesa tra Mastara e Ereruk Nel
quaderno turco ( okul defterj) L'
incontro con Sasha Sintesi
dell' ascesa all' Aragats- esordio Nel
Quaderno Armenia,A Mughni Aparan Nel
quaderno Armenia, B 17
agosto, Astarak
[1]
Variante Il
giorno avanti l'altro ieri, il 6 agosto, era della grazia ionica del
tempio di Garni, che contemplavo il sopraelevarsi superstite sulla
voragine di un canyon armeno,
[2] Variante il fantasma che mi è apparso preservarsi tra i dirupi convergenti e tutelari di due torrenti [3] Variante erano le testimonianze mirabili che l'orda non è riuscita a impedire che sopravvivessero, e che in tale arca siano potute pervenire fino ai nostri giorni. [4]
(
Altra Versione . Ma in esso ho
trovato ben di più di quanto temevo che così mi si sfumasse
irraggiungibile, la più cara accoglienza, non solo vitto ed
alloggio, la compagnia e le guide più auspicabili verso Amberd e
l'Aragats. Dopo di che ripartirò domani, per Talin, Mastara, Ereruk.) [5]
.................. Sono tre i giovani studenti informatici che con me procedono al seguito di Manuk, e tutti e tre sono particolarmente belli. Al gruppo si è unito anche un ragazzino dalla precoce intelligenza, che la passione per l' informatica ha affiatato a loro. [6]Variante: gli dico battendogli la mano sulla cara spalla [7]
Astarak
13 agosto 2001
E stato qui in
Astarak che tutto ha avuto
inizio, o che nulla di
quanto è stato avrebbe potuto succedere, all' interminabile sosta
in attesa dell'Icarus per Talin, Gyumri, in cui credevo che il mio
viaggio in Armenia si fosse definitivamente arenato. Già
lo sconforto veniva prevalendo, benché insieme con l'alloggio
presso il convito universitario al di là di Byurakan, solo da poche
ore avessi
Ma è stato mio merito persistere nel mio intento, anche
quando sembrava solo un'ostinazione cieca, e credere in una Sua
provvidenza, quando solo pochi minuti prima che arrivasse per
davvero l'oramai inarrivabile Icarus, ho desistito dall' atto
rinunciatario di salire piuttosto sul pullman che era sopraggiunto
per la vicina Agsk, con il giovane uomo e la ragazza francesi che si
erano Quanto
mai dovevo seguitare Dovevo
forse andare a Talin? dal gruppo di chi sostava in attesa Lei si è
allora fatta avanti, a chiedermi, una donna sfiorita dagli anni nel
suo bel ruvido volto, facendomi intendere che vi era ugualmente
diretta, facendomi segno che mi ponessi al suo seguito. Come
le ho manifestato che oltre a Talin volevo recarmi a Mastara, a
Ereruk, mi ha fatto capire che aveva già inteso il senso e
l'interesse del mio viaggio. Ero
un archeologo? Lei era una storica, e conosceva il modo come farmici
arrivare. Se
non parlavo il russo, tanto meno l'armeno, lei sapeva un po' di
tedesco, che l'avrebbe aiutata a capire il mio inglese. Quando
eccolo finalmente l' Icarus, che sopraggiunge, su cui salgo con lei
in coda a tutti gli altri. Ma
dove eravamo, dove dopo un'ora circa di viaggio mi ha detto che
dovevamo scendere? Non poteva essere certamente Talin un così
piccolo, anonimo villaggio, di un' Armenia inariditasi fino allo
stremo di una gialla pietraia. Ma
lei, a cenni e a gesti, non ammetteva altro che mi ponessi al suo
seguito, con i miei bagagli. E
Vi
era già la giovane sposa di uno dei suoi figli con un neonato
piagnucoloso in grembo,
che da uno dei sofà mi si è levata incontro a salutarmi, prima che
una vecchia, la suocera, sopravvenisse dall' esterno, precedendo
delle donne del vicinato, delle bambine, un'inserviente che si è
posta al mio servizio, in virtù dell' evidente ascendente che la
donna, Stella, Astark, come mi ha detto di chiamarsi, doveva
esercitare in quel villaggio. Era
stato il suo sposo, " meine man", l' uomo di cui mi
mostrava l'immagine con la barba di quand'era un civile, il volto
sbarbato nella posa della fotografia ufficiale di quando aveva
assunto la divisa militare, combattendo e morendo nel Nagorni
Karabak. Dei
fiori ne contornavano l'immagine in un quadro, il berretto militare
stava sul televisore sottostante. Suo
marito era stato un archeologo, prima di partire per il fronte, come
mi dicevano non solo le sue parole, ma altresì mi attestavano i
libri e i cimeli di cui erano stipate le teche della stanza. Era
stato in contatto con gli insegnanti e gli archeologi più
prestigiosi delle università tedesche dell' ex-Germania orientali,
con alcuni di loro aveva condotto i suoi scavi nel territorio
circostante, era diventato un intellettuale illustre ed emerito
presso le più eminenti autorità armene di un passato prossimo
politico, come mi illustravano le tante fotografie che lei mi
dispiegava, in cui era possibile vederlo con gli uni o con gli
altri, sui luoghi di scavo o ad una premiazione, all' inaugurazione
del monumento al Garibaldi armeno. Sono
stato distolto da quelle immagini per essere condotto all'
esterno, dove in veranda mi hanno fatto accomodare su di una sedia Dello
yogurth, un'insalata di verdura, al rientro sono state le pietanze
che mi hanno rifocillato, tra un bicchierino e l'altro di cognac
armeno. Poi,
prima o poi, ci saremmo mossi per Talin , Mastara, Ereruk. Per
questo occorreva che potesse mettermi a disposizione una macchina,
contribuendo con 20 dollari alle spese per la benzina.
Accordatici all' istante, Stella è passata a mostrarmi i
libri devozionali del padre di suo marito, una sua fotografia di
combattente nell' esercito ottomano. Era
originario della regione di Van, dell' Armenia turca come lei
seguitava a ripetermi, ogni volta che localizzavo in Turchia una
città od un edificio religioso di cui mi mostrava le immagini. Le
ho chiesto che ne fosse stato della sua famiglia, a seguito del
genocidio del 1915. Degli
uomini del suo parentado, mi ha trascritto i dati su un foglio, 65
erano stati sterminati, solo due erano scampati. Il
mio pensiero è corso alla giovane, allegra e cordiale, che in
mattinata mi si era seduta accanto sull' autobus da
Byurakan per Erevan: nel terremoto dell'89, mi ha confidato, solo
poco prima che scendessi, aveva perduto entrambi i genitori. Ed
ho ripensato alla anziana donna che insegna l' Italiano all'
Università di Erevan: sua madre era l'unica che fosse
sopravvissuta, della sua famiglia, di cui aveva assistito allo
sterminio quando i suoi fratelli le erano stati uccisi sotto gli
occhi. "
E' meglio che tu muoia, piuttosto che tu soffra ancora,- a sua madre
bambina aveva detto l'uomo che la veniva colpendo con il calcio del
fucile, credendo di averla uccisa quando aveva smesso di infierire. Ma
nelle parole, nel tono di voce di Stella, non c'era alcun indulgere
nell' ostilità acrimoniosa espressa dalla vecchia professoressa,
alcunché delle sue parole di disgusto per la gente turca. "
Un popolo orribile, orribile," a suo dire. Eppure
se la madre della professoressa aveva potuto riparare in Bulgaria,
dove lei era nata, se era scampata alla furia che era allora passata
di casa in casa dove vivevano armeni, era avvenuto grazie a dei
vicini turchi che l'aveva travestita con gli abiti delle loro
figlie. Nelle
parole di Stella non esistevano invece che i fatti, che le realtà
del passato e del presente di cui mi esibiva i termini e le cifre:
la Grande Armenia di cui mi mostrava l'estensione perduta su dei
libri vetusti, le sue dodici capitali sino all' attuale Erevan, il
secolo esatto a cui risaliva ogni chiesa armena di cui appariva
l'immagine nei libri che mi sfogliava davanti. Quei
volumi erano il lascito della passione e dell' attività
archeologica del marito. Di
lui, " mein man", come mi diceva, mi rammemorava gli scavi
a cui aveva partecipato, allorché ci imbattevamo nelle immagini dei
siti archeologici che aveva contribuito a portare alla luce. Così
libri ed opuscoli si accumulavano sul tavolo, venivano riposti, a un
bicchierino di cognac ne seguiva un altro, più di un'ora era
passata, senza che vedessi prendere corpo quanto mi aveva
ripromesso, e dato per certo, circa la mia escursione a iniziare da
Talin, scrivendone i termini come di ogni altro discorso su un
tovagliolo di carta, in caratteri che difficoltosamente
evolvevano dall' armeno o dal cirillico in quelli occidentali. Guardavo
già sconfortato i fiori del giardino, le piante di altee, le
galline che venivano alla finestra del soggiorno guardando dentro,
cominciava a pesarmi la generosità ospitale della donna, tanto più
quanto seguitava a venirmi elargita, senza che vedessi
concretizzarsi ciò per cui mi era stata ripromessa. Con
una cortesia che mentalmente era oramai assente salutavo l'ingresso
in stanza dei suoi figli, Ashtots, un bell' uomo giovane, non fosse
stato per il suo aspetto incolto, proprio di chi è incurante e
inconsapevole della propria avvenenza, Vartan , in divisa
e in servizio militare di luogotenente, i cui marcati
lineamenti mi erano
estranei. Credevo
a tal punto che ogni termine di tempo possibile per quel giorno
fosse stato già superato, quando Stella, nel fare nuovamente
rientro in soggiorno da una delle sue uscite momentanee, mi ha fatto
segno che si poteva partire. Sul
retro della sua casa ci siamo avviati verso l'auto che stava
sopraggiungendo di un vicino, la persona che finalmente era Non
avevo considerato che in virtù dell' ora solare che vige in
Armenia, anche dopo le sette di sera era possibile iniziare a
intraprendere un'escursione, Eravamo
ancora in attesa dell' auto in manovra, sullo sterrato, quando
Stella si è volta intorno, mi ha indicato l' intero villaggio, le
montagne circostanti Ci
siamo fermati al forte Zakaryas, prima di Talin, dove suo marito
aveva sovrinteso gli scavi, una prominenza difensiva originata dalla
erosione di due corsi d'acqua confluenti, come i siti di Garni, di
Amberd. Talin
era un'uniformità desolante di casamenti e caserme nel volgere al
tramonto di quel pomeriggio dilagante di sole, dopo il tempo
incerto, qualche po' di pioggia, ancora uffici, reparti
ambulatoriali, finché, oltre un cimitero, nello slargo si è
stagliata grandiosa la sua cattedrale, accanto la più piccola
chiesa di *. Nell'
interno deserto della cattedrale, a cielo aperto, l'oculo del cielo
dilatava d'azzurro il
suo tamburo sbrecciato. Non
poteva forse bastare, la sua vastità in cui ci aggiravamo, Non
era così, l'auto ripartiva per un sito fortificato poco distante da
Talin, nella campagna circostante, dove sorgeva tra delle fattorie e
i loro letamai, che ne racchiudevano la vasta cinta di mura e di
torri superstiti. Nelle
articolazioni superstiti non c'era cuneo prominente che non
precludesse più all'esterno a una torre involvente, mi confermava
il giro intorno alle mura, e tanto poteva bastarmi di rilevare,
nell' ora del tramonto che arrossava le pietre fortificate,- ma
Vartan e Ashtots insistevano mio malgrado perché salissi a vedere
ciò che v'era dove si erano arrischiati ad arrampicarsi, saltando
con agilità oltre un vuoto sottostante, dall' uno all' altro dei
pietrami franati di due muri adiacenti. La
loro determinazione era ahimè pari alla mia renitenza pavida, sicché
sopraggiungevano da un casolare vicino con una scala di legno, sulla
quale non potevo più esimermi dal salire. Naturalmente
non c'era alcunché da vedere alla sommità di quelle rovine, se non
in lontananza, al limitare dell'orizzonte, una piccola antica
chiesa che segnalavo ai due fratelli. Restava
l'assillo di come vincere la paura che mi atterriva, quando rivedevo
in verticale la scala lungo la quale dovevo discendere. Nè
l'uno nè l'altro dei fratelli trovava motivo di sorriderne, Vartan
provvedeva piuttosto a sistemare la scala di traverso, sorreggendo
con la sua presa la mia mano mentre ne discendevo Stella
stava intanto intrattenendosi con una donna più anziana di un
casolare limitrofo, doveva esserle assai familiare, la vecchia, se
costei cercava le sue parole di conforto per un dolore che in lei
era inconsolabile. Era
una sua cugina, mi è stato detto in macchina, che aveva perduto un
figlio quarantenne un anno fa. Quando
lasciavamo il sito fortificato la sera era già incombente, ma la
vettura, procedendo per i campi, anziché al rientro si avviava a
raggiungervi una meta ulteriore: la chiesetta stessa che avevo visto
all' orizzonte, per il solo fatto che avessi detto che mi aveva
incantato la sua umile parvenza fra i campi. Benché
fosse già così tardi, era ancora aperta quando vi siamo giunti e
siamo scesi all' altezza della sua radura. Nel
suo semplice interno lucevano inconsunte delle candele accese,
sfavillavano ancora le immagini devozionali, con di fronte dei fiori
di campo e delle bende votive. Al
loro cospetto, tutti quanti, mi hanno preceduto segnandosi e
sostando in raccoglimento. Siamo
rientrati che la sera era oramai precipitata nel buio. Stella
aveva predisposto che fosse pronta la cena, che fosse già allestito per me un letto nella stanza di sopra,
tra le cui coltri mi sono addormentato come lei si è congedata con
poche e brusche parole. Il
giorno seguente, con mia sorpresa, Stella non sarebbe stata della
compagnia che mi avrebbe condotto a Mastara, a Ereruk. Vartan
era il sovrintendente del viaggio, di cui non
ho tardato molto a capire che conosceva a malapena solo la
strada, il taxi driver era stavolta un ragazzo del villaggio dal
volto inameno, del quale io soltanto, quando mi è stato presentato
nel suo impaccio evidente, non ho riso che fosse stato chiamato a
tale compito. Anche
Ashtots era parte della comitiva. All'
esterno della casa, Stella mi ha mostrato le due vetture della
famiglia che erano divenute inservibili al compito, perché, a
quanto mi diceva, erano divenute entrambe "Kaputt" E'
stato agevole il tratto di strada fino a Mastara, alla sua grandiosa
chiesa tra le fattorie della città di provincia. A
rendermene animato il percorso era solo l'atteggiamento divertito di
ironia beffarda del giovane alla guida della vettura, cui i due
fratelli mi rincresceva che non riuscissero a sottrarsi.
/Dalla
note, questi appunti presi su dei fogli volanti sulla chiesa di
Mastara: un tetraconco a pianta centrale volto in poliedri, con
incisioni intermedie triangolari, dei pentaedri le absidi, un
ottaedro il tamburo, i pentaedri absidali contrappuntati da dei
salienti(?) sporgenti in corrispondenza delle trombe, il che animava
la grevità altrimenti compatta delle masse murarie, raccolte
intorno alla grande cupola radiante in una luminosità uniformemente
diffusa all' interno-due finestre per ogni tromba, una per abside,
otto nel tamburo/. I
due fratelli, e l' improvvisato Segnandosi,
e accendendo candele, nella luminosità interna in cui si dilatava
la cupola. E' Ashtots che ho ritrovato di loro con me al piano
superiore, mentre il giovane taxista indugiava nel vano sottostante,
a intonarvi un canto liturgico per verificarne l'acustica. Ma
lasciata Mastara per Ereruk, quella sua devozionalità infantile,
senza parole, primordiale e intensa come la durezza Non
mi era più incomprensibile l' armeno in cui si esprimeva, battendo
le mani sugli indicatori del cruscotto, anche se facevo finta di non
intendere niente di alcunché. E
quando si è dato il passaggio a un militare, sono riprese le loro
battute ridanciane sul mio conto, sulla loro missione, ma ad una
sosta, in un villaggio, anche costui mi è venuto incontro, e da un
albero che sporgeva dal giardino della casa dell' uomo al quale
avevano chiesto di bere, ha colto dei frutti e me li ha porto. Il
militare è sceso al villaggio successivo e noi abbiamo seguitato
ancora a lungo, di villaggio in villaggio tra la vastità dei
pascoli riarsi, gialli di stoppie, interrotti dalle mandrie nel via
vai alla pastura, agli abbeveratoi, e sono apparse le postazioni di
frontiera, i binari ferroviari di confine, il profilo
della chiesa di Ereruk discosto dal villaggio. La
splendida basilica, nella sua mole in
disparte, ad una prima visione mi è apparsa l' evocazione delle parti mancanti di quella siriaca di Qalb
Lozeh, Già
nel precedente villaggio ci eravamo riforniti del cibo per pranzare
all' aperto, che io avevo voluto pagare anche per loro, ma mancava
ancora il pane, e per procurarselo Vartan e il giovane ch'era il
conducente si sono allontanati in macchina verso Ereruk. Abbiamo
pranzato all' ombra della chiesa al loro rientro. Tra
noi si è allora manifestata una tale allegria festosa, c'era uno
stare così bene insieme, che solo l'affiatamento raggiunto può
consentire. Nella
calura divampante li ho poi lasciati, intenti alla siesta, per
aggirarmi nella bellezza abbagliante delle rovine superstiti, in
altra pietra di taglio di quella delle basiliche siriache
nordoccidentali, fra le quali da quella di Qalb Lozeh, in
particolare, si è presunto che gli artefici abbiano desunto il
modello dell' edificio, in un
tufo ocra che vi era variegato pittoricamente con il nero basalto. Al
limitare della prateria che si stremava all' incontro con cielo e
monti, i blocchi che ne furono addizionati conformavano una mole che
si sopraelevava su una scalinata d'accesso templare, a internare più
ancora in se, nelle proprie torri frontali, i protiri, e le absidi,
che invece in Qalb Lozeh emergono volumetricamente. Li
in Ereruk le absidi figuravano infatti racchiuse nell'alta parete di
fondo, i protiri entro la prospicienza delle colonne scomparse di
due logge esterne, che si suppone fossero riservate a chi era ancora
penitente, di cui erano un avamposto frontale le due torri laterali
della facciata. Concludeva
le logge esterne un'abside, un loro pregio risolutivo di cui invece
non erano state nobilitate le navatelle laterali. L'interno
splendido, infatti, come in Qalb Lozeh poneva termine alle navatelle
in due sale adiacenti al catino dell' abside della navata, mentre nel ricordo che avevo del sito siriaco, appariva molto
più alto e profondo nella sua solennità a cielo aperto, le arcate
non erano ribassate, come nella chiesa del Jebel al'Ala, entro un
ritmo di pilastri più frequenti reiterato in un ordine superiore,
navate e navatelle dovevano essere state slanciate fin verso l'alto,
voltato a botte, stando ai salienti che ne rilevavano le differenze
in ampiezza ed in altezza. Il
tufo che ne era la materia, ugualmente accalorata, si veniva intanto
accendendo di un colore uniformemente più fosco di quello del
chiaro calcare del Jebel siriaco, solo che
il sole si disvelasse da una delle nubi ch'erano di transito,
ma non appariva così
finemente intagliato, come in Qalb Lozeh, le modanature a forma di
omega e i nastri delle finestre non ne ripetevano la continuità
dinamica di bande, e le dentellature ad esse interne non ne avevano
la bellezza d'intaglio, in Qalb Lozeh crepitante di luce fino a
vibrarne all' acme. Ma
per i miei giovani accompagnatori, quelle nude vestigia superstiti,
spoglie a cielo aperto di ogni funzione religiosa o devozionale, non
significavano niente che potesse indurli ad attendermi più di
tanto, oltre l'ulteriore battuta e sigaretta. E
per lungo che fosse ancora il pomeriggio davanti, nelle loro parole
che mi sollecitavano a risalire in macchina dalle rovine e gli
sterpi, incombeva la coincidenza con il sopraggiungere dell' Icarus
da Giumry diretto a Erevan, cui mi avrebbe riportato, al rientro nel
loro villaggio. Ma
lasciata Ereruk, per una più agevole via di rientro a Talin, che
stretta al cuore, nella mia felicità in disparte, Ashtots, Vartan,
l'altro giovane, vederli sempre più euforici e sfrenati, senza più
alcuna riserva nei miei confronti, vedere come il compito che si
errano assunti nei miei riguardi, si era tramutato per loro nell'
occasione di un' indimenticabile giornata, che con poco più di
venti dollari non solo avevo consentito a me stesso di visitare le
chiese di Talin, Mastara, Ereruk, avevo fatto anche la loro felicità
di giovani uomini. Al
punto che Vartan mi ha stretto la mano, le mie dita tra le sue, ed
in un empito ho capito che mi ha detto in armeno: "
E questa lo sai cos'è? E' amicizia". Al
nostro rientro, quando mancava ancora poco più di un'ora al
passaggio dell' Icarus per Astarak, Erevan,
Stella era già pronta ad attenderci. Aveva
preparato anche una cena, che doveva rifocillarmi prima del tragitto
verso la capitale armena. Ma
per appetitosa che fosse, io l'ho lasciata largamente nel piatto,
impedito dalla commozione che veniva sopravanzando. Abbiamo
seguitato a sfogliare libri, a chiederci e fornirci informazioni
sull'arte e la civiltà degli armeni. Lei ha voluto vedere la mia
guida, farmi ripetere le parole italiane che corrispondevano a
quelle armene che vi figuravano. In
strada, mentre mi accompagnava all' autobus, insieme con Vartan, ho
cercato di distogliere altrove il viso, quando le lacrime sono
divenute un pianto incontenibile. Come
se ne è resa conto, è parsa stupefatta. Che
cosa accusavano le mie lacrime? Ho
scosso il capo e ho volto lo sguardo alla strada disastrata, al
villaggio intorno. Non
mi ha taciuto di avere compreso ogni cosa invece Vartan, toccandosi
il cuore, stringendomi le mani. Restandomi
vicino anche alla fermata. Se
volevo fare rientro e restare da loro anche quella sera, per partire
l'indomani, non c'era alcun problema. Ma
il mio diniego è stato irremovibile, mentre il pianto venivo raffrenandolo. Stella
l'ho rivista ancora una volta. E' apparsa a distanza, su di
un'autovettura, da cui è scesa per raccomandarsi al figlio senza
volgermi uno sguardo. Con
gli altri congiunti e i vicini che l'accompagnavano, ritornava sulla
tomba del marito anche quel sabato. Verso
Astarak, ho ripensato a quanto sia dura in Armenia la vita, da
inaridire anche le ragioni del pianto. &&&&&*****&&&&&&*******&&&&&&&&&&&&&&&&&&***********************
Talin
Ereruk. Appunti La
meravigliosa cattedrale di Talin, il suo tamburo poliedro che sfora
nel cielo, raccogliendo nella sua sfera celeste le ampie volte delle
conche absidali e della grandiosità basilicale delle sue navate. La
chiesa accanto della Vergine era invece ritratta entro la sua croce Era
ridotta alla sua croce l'ulteriore chiesetta pievana di Kristapor,
triconca, unicamente (
così come nella chiesetta di Amberd quattro sacrestie laterali
compivano l'inserto della croce in un quadrato). Ma
nonostante l'ora tarda, il luogo appartato, quando ne abbiamo
schiuso le porte era ancora fervente della devozione di ........................ La
basilica di Ereruk Già
in prossimità della frontiera turca, eccco che come tra i campi
infuocati di stoppie e i binari della ferrovia da Erevan a Giumri,
presso il villaggio omonimo la basilica di Ereruk mi si è profilata
nella sua mole in disparte,
ad una prima visione mi è apparsa Ma
quand'anche vi fosse stato ripreso questo o quell' altro modello
siriaco basilicale I
blocchi che ne vennero addizionati conformavano Le
absidi in Ereruk furono racchiuse nell'alta parete di fondo, i
protiri entro la prospicienza delle colonne scomparse di Concludeva
le logge esterne un'abside, un pregio risolutivo di cui non erano
state nobilitate le navatelle laterali. L'interno
splendido, infatti, come in Qalb Lozeh terminava le navatelle in due
sale adiacenti al catino dell' abside della navata, Il
tufo che ne era la materia, ugualmente accalorata, Solo
le croci delle arcate delle absidi, fra fregi di foglie, nella loro
pietra ne erano fulgide P.S.
Nel solo suo reperto fotografico di cui dispongo, la basilica di
Aparan/Koshag, libera da involucri di colonnati esterni, nei suoi
protiri aggettanti e nelle sue finestre sottolineate da cornici ad
omega, assai più della basilica di Ereruk appare similare a Qalb
Lozeh. Sarenjah?
tra Mastara e Ereruk. Le
absidi si esprimono ( si traducono) in tetraedri con inserti di
salienti( ?) d'angolo, in assenza di trombe, che soggiacciono
all'ottaedro ad ombrella del tamburo con rozze colonne tortili. L'interno
è l'incontro tetraconco dei quattro bracci della croce, e presenta
due aperture di luce nelle absidi laterali, da cui si entra,
rispetto al solo vano di luce dell' ingresso originario, ora
tamponato, e dell' abside con bema che fronteggia. Vi
è una sola stanza, di lato all' abside del bema rialzato. Assai
pregevole è la croce di vita nel portale d'accesso.
Mastara E'
una Basilica tetraconca volta in poliedri, il tamburo ottaedro,
pentaedre le absidi, con incisioni triangolari nel tamburo La
sua articolazione massiva risulta però irregolarizzata dalle due
stanze poste accanto all' abside di fondo- Tale
irregolarità è forse significativa della preminenza della liturgia
rispetto alla assolutezza richiesta dagli equilibri volumetrici. Ma
almeno una sacrestia, anche nella più piccola chiesa armena,
risulta iscritta nella sua croce greca, ad essa si deve pur far
posto nella pianta circolare.
Sarà
Hripsimè, la soluzione del problema di come riassorbire nella
pianta centrale a cupola, che viene contraddistinguendo e
differenziando le forme architettoniche della chiesa armena da
quella di Bisanzio, le
sacrestie laterali richieste dalle celebrazioni liturgiche,
raccordandone gli accessi. Gayanè-Hripsime. Lo
slancio verso l'alto del giro della cupola della Gayanè è
compresso dalle volte a botte delle arcate laterali, mentre in
Hripsimè si allarga in una vastità circolare di più luminoso
respiro, in virtù dell' inserto delle nicchie d'angolo tra
una volta e l'altra delle arcate laterali.
*
La coessenzialità di ornamentazione pittorica, o scultorea,
e di architettura nelle chiese georgiane.)
Talin
Ereruk. Appunti La
meravigliosa cattedrale di Talin, il suo tamburo poliedro che sfora
nel cielo, raccogliendo nella sua sfera celeste le ampie volte delle
conche absidali e della grandiosità basilicale delle sue navate. La
chiesa accanto della Vergine era invece ritratta entro la sua croce Era
ridotta alla sua croce l'ulteriore chiesetta pievana di Kristapor,
triconca, unicamente (
così come nella chiesetta di Amberd quattro sacrestie laterali
compivano l'inserto della croce in un quadrato). Ma
nonostante l'ora tarda, il luogo appartato, quando ne abbiamo
schiuso le porte era ancora fervente della devozione di ........................ La
basilica di Ereruk Già
in prossimità della frontiera turca, eccco che come tra i campi
infuocati di stoppie e i binari della ferrovia da Erevan a Giumri,
presso il villaggio omonimo la basilica di Ereruk mi si è profilata
nella sua mole in disparte,
ad una prima visione mi è apparsa Ma
quand'anche vi fosse stato ripreso questo o quell' altro modello
siriaco basilicale I
blocchi che ne vennero addizionati conformavano Le
absidi in Ereruk furono racchiuse nell'alta parete di fondo, i
protiri entro la prospicienza delle colonne scomparse di Concludeva
le logge esterne un'abside, un pregio risolutivo di cui non erano
state nobilitate le navatelle laterali. L'interno
splendido, infatti, come in Qalb Lozeh terminava le navatelle in due
sale adiacenti al catino dell' abside della navata, Il
tufo che ne era la materia, ugualmente accalorata, Solo
le croci delle arcate delle absidi, fra fregi di foglie, nella loro
pietra ne erano fulgide P.S.
Nel solo suo reperto fotografico di cui dispongo, la basilica di
Aparan/Koshag, libera da involucri di colonnati esterni, nei suoi
protiri aggettanti e nelle sue finestre sottolineate da cornici ad
omega, assai più della basilica di Ereruk appare similare a Qalb
Lozeh. Sarenjah?
tra Mastara e Ereruk. Le
absidi si esprimono ( si traducono) in tetraedri con inserti di
salienti( ?) d'angolo, in assenza di trombe, che soggiacciono
alll'ottaedro ad ombrella del tamburo con rozze colonne tortili. L'interno
è l'incontro tetraconco dei quattro bracci della croce, e presenta
due aperture di luce nelle absidi laterali, da cui si entra,
rispetto al solo vano di luce dell' ingresso originario, ora
tamponato, e dell' abside con bema che fronteggia. Vi
è una sola stanza, di lato all' abside del bema rialzato. Assai
pregevole è la croce di vita nel portale d'accesso.
Mastara E'
una Basilica tetraconca volta in poliedri, il tamburo ottaedro,
pentaedre le absidi, con incisioni triangolari nel tamburo La
sua articolazione massiva risulta però irregolarizzata dalle due
stanze poste accanto all' abside di fondo- Tale
irregolarità è forse significativa della preminenza della liturgia
rispetto alla assolutezza richiesta dagli equilibri volumetrici. Ma
almeno una sacrestia, anche nella più piccola chiesa armena,
risulta iscritta nella sua croce greca, ad essa si deve pur far
posto nella pianta circolare.
Sarà
Hripsimè, la soluzione del problema di come riassorbire nella
pianta centrale a cupola, che viene contraddistinguendo e
differenziando le forme architettoniche della chiesa armena da
quella di Bisanzio, le
sacrestie laterali richieste dalle celebrazioni liturgiche,
raccordandone gli accessi. Gayanè-Hripsime. Lo
slancio verso l'alto del giro della cupola della Gayanè è
compresso dalle volte a botte delle arcate laterali, mentre in
Hripsimè si allarga in una vastità circolare di più luminoso
respiro, in virtù dell' inserto delle nicchie d'angolo tra
una volta e l'altra delle arcate laterali.
* La coessenzialità di ornamentazione pittorica, o scultorea, e di architettura nelle chiese georgiane.) [8]
Ci saremmo invece recati insieme in Astarak, nel solito albergo dove
io solo avrei dormito di nuovo. Egli ha invece dovuto lasciarlo per
trascorrere all’ esterno la notte in tenda. Così deve fare, se
con i mezzi di cui dispone vuole raggiungere l’India attraverso
l’ Iran e il Pakistan .
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