Visitando la mostra di Carrà
Fatte le debite considerazioni sulle sue facoltà d'acquisto, nella
splendida giornata di sole quindi egli esce dalla boutique del centro,
dirigendosi in fretta alla sede della mostra di Carrà.
Ha un intero pomeriggio davanti, e terminata la visita può fare ritorno
alla boutique, qualora intenda ancora effettuarvi un acquisto.
Già all'ingresso della mostra, si informa sul prezzo del catalogo,
chiede se gli sia possibile pagartlo con un assegno, per non dovere altrimenti,
dati i contanti, scegliere tra un capo voluttuario e libri d'arte, tra effimero
e valori perenni...
Le riprovazioni insistite del suo censore interiore, che lo istiga
all'acquisto comunque di un catalogo, le viene intanto rintuzzando considerando
che il catalogo è disponibile anche presso il proprio libraio nella sua città
di provincia, mentre un capo di vestiario, beh, (quella) è un'occasione da
cogliere prima che la concorrenza l'involi.
No, gli risponde intanto l'addetto, non è possibile acquistare il catalogo
comunque con un assegno, poichè egli non è della metropoli, e dunque, non è il
caso di concludere, egli non offre le garanzie del caso.
Nè è il caso già d'entrare. Il solo caffe consumato in Stazione
centrale non basta di certa a mantenere viva la concentrazione sui quadri, così
ridiscende, entra in un fast food, consuma e fugge già nell'androne di nuovo.
Ma non basta, anche i suoi bisogni fisici minimi sono
improcrastinabili, ed egli si informa in merito presso i custodi, traversa le
sale di corsa sino alla toilette, vi urina e si riassetta, accomodando allo
specchio la pochette e il nodo della cravatta; poi ridispone nelle tasche i
portafogli per non provocare gonfiori o tiramenti di giacca inestetici
nell'aplomb.
Al che delle monete fuoriescono e rotolano rovinosamente a terra,
dandogli modo di imprecare all'incomodo di riestrarre quante volte, nel corso
della vita pratica, miriadi di sudice monete occorrenti e riavute di resto...
E quanti disagi ancora e tuttora per lui, una buona volta iniziata la
visita.
Solo poche sale offrono posti a sedere o punti di sosta. Eppoi vi è il
traino della borsa con i libri d'arte consultabili, vi sono i foglietti degli
appunti e la penna da tenere fra le dita con i ritagli di articoli e il testo
sacro del Longhi da impalmare, auff, che continuo tormento, il trascendere la
fisiologia al seguito del corpo per la spiritualità dell'arte!
E che astenia stremante, l'intenzionarsi, opera per opera, a
riaccentrarsi con l'intelligenza sensibile nella loro visione.
Vuole iniziare comunque ad annotare diligentemente appunti, intanto che
cerca di individuare i precorrimenti del vero modo di formare di Carrà, se vi
siano le sue eventuali anticipazioni su Boccioni.
Ma è già alla fase futurista, che di lui l'ancora invitto Narciso (or)
si rispecchia, intento a rimirarsi, nei baleni dei vetri opachi dei quadri,
mentre i colori della " Donna con assenzio" non gli riflettono che il
melange, che vi rinviene, di una pochette possibile per la sua Jacket.
Il suo cervello è ora un turbillon di cravatte e papillons, dal cui
solletichio si riprende stordito di lì a qualche minuto solo faticosamente,
chiedendosi più volte, per forzarsi all'0analisi, in che cosa mai consista, nei
dipinti, la differenza tra massa e volume cui alludono i pannelli.
" Ah, sì, la massa è la densità, la concentrazioine plastica"
si schiarisce allora, riformulando così a se stesso la spiegazione delle
ragioni per le quali la luce non si irradia dai buchi neri, come ha letto
l'altro ieri sull'inserto di Scienze del giornale,
intanto che i valori plastici che più lo emozionano, al momento, li
intravede inguainati nei pants di un visitor straniero, traguardato nel suo
aggirarsi nella fuga delle sale.
Svaria di opera in opera ancora un poco, finchè la sfiducia nel suo
grado di comprensione non lo sconforta, amaramente, ed egli si abbandona alla
deriva dei quadri, lasciandovisi trascorrere tra metafisica e realismo magico,
al che soltanto, alfine sedotta, nella sua contemplazione la loro fascinazione
infine s'invera.
Ciò che più ne ammira è l'ostentazione che manifestano della povertà
del vero, la riduzione allo stremo di colori e forme, quella strenua privazione
dei fasti ch'è in natura e infanzia, il senso del mistero che ne emana
dall'assenza e dal vuoto incombente.
Sopraggiunge nel mentre una scolaresca numerosa e chiassosa, ma più
ancora altisonante, a infastidirlo, è il clamore del duca e mentore della loro
schiera, l'accento della Padania emiliana più
crassa fra le sue labbia, donde interrogazioni nel vuoto, volte agli
allievi, declamansi (s'articolano) a rintuonare le sale della supponenza del
tizio.
" Chi, in Parigi, prima di Carrà?"
" Chagall?" "No, ragazzi!..."
E come colui si autoascolta, poi, nel parlare di De Chirico e di
Nietzsche, di simbolismo e di
fenomenologia all'azzardo, i suoi allievi discioltisi disfatti..."
" E lasciali guardare od annoiarsi..." gli sale nell'anima un
mormorio a zittirlo.
Ma nel commentare poi il " Pino", gli pare che colui si
faccia più descrittivo e pertinente, in particolare allorchè sollecita la sua
schiera sparsa a raffrontare la mera costruttività dei colori opachi di Carrà,
con il colorismo scenico brillante di De Chirico, finchè il suo tono tuonante,
dopo un'invettiva piccola e gratuita a persistere tenaci in un compito, anzichè
desistere nel consumismo " acmè i paniner", sorta di movimento
giovanilistico, di fine secolo, immedesimante la propria superiorità
assoluta nella propria volgarità di
massa assolutamente alla moda, (in ciò felicemente (brutalisticamente) incolta
razzista e benestante), si accora " ex abrupto" in un imprevisto
giudizio finale deluso, sull'opera omnia di Carrà:
" Perchè, ragazzi, visitando già in precedenza la mostra, mi sono
reso conto che nella sua opera mancava qualcosa di essenziale, qualcosa che ho
scoperto essere lo stesso colore.
E gli manca questa qualità (essenziale) sapete il perche? Perchè egli è
troppo mentale, troppo... Così i suoi toni sono spenti, morti, opachi come il
color malva di questa spiaggia, una sporca spiaggia..."
E la sua voce ora rantola, pur sempre tonando a che tutti l'intendano.
Il nostro artista e
amatore d'arte, furente, non sa come contenersi oltre, nel suo sprezzo, per
quella critica vitaiola così cartapecoreccia, così lambruschevole e ficaiola e
e... panprosciuttesca, nel suo conio d'origine che ben vi riconosce.
Quando un'altra voce, la sua nella strozza, piana e ferma sempre più
irresistibile, in sua vece sale nel gruppo da un altro insegnante, che l'intona
ad esprimere il più inequivocabile e reciso dissenso:
" A mio sommesso giudizio sta invece a noi di fronte un'opera
grandissima. Il colore vi è spento, certo, ma per esprimere al termine della
meditazione pittorica l'identità in ogni istante di vita e di morte. E in tale
nudità spoglia di forme e di impasti, è il silenzio cosmico che respira
profondo."
E tanto sopravanza ad assicurargli il consenso grato del Nostro sino
alle lacrime.
" Il silenzio cosmico, si, d'accordo- è allora il ripiegamento
difensivo dello scolarca tonituonante, ma non se vi risuona ciò che sta sotto,
sotto...", come viene recitando con la voce più affossata possibile,
mentre con il piede anco percuote la grigia moquette
"Che cosa? Che cosa?
- chiedono i giovani che non hanno ancora inteso a che alluda il suo
basso continuo.
" La mo ...rte" colui
ultima grottesco, agli occhi del Nostro con il fare, sempre più istrionesco, di
chi dilata in farsa la propria disfatta.
E lo lascia così intento a contenere sul campo i termini della propria
disfatta, la scolaresca erratica dintorno in uno stato di sbando di cui si
compiace.
"Sono al limite..."
" Anch'io... giusto al punto di estrema fusione".
E non perde tuttavia l'occasione di svilire, indirettamente. quella
maestria d'enfasi vitale al loro cospetto; se vede questo o quell'allievo
intento ad osservare singoli quadri, avvicinandoglisi per sussurrarrne i più
superlativi elogi ammirativi.
" Quel giovialoide... ricusarmi l'intimo connubio tra l'arte e
l'impotenza e la morte..."
Nell'animo pure si esalta, che in virtù dell'altro insegnante, prestare
ascolto non sia solo l'intendere il vaniloquiare del senso comune e dei media.
Nel mentre, proseguendo la visita, si fa malleabile a chiedersi come si
manifestino nei quadri ulteriori, il comporsi di "fenomenologia
mentale" e di "fenomenolgia emotiva", secondo quanto i pannelli
pianamente illustrano al visitatore comune, o di "realismo magico" e
"mitico" e "sintetico", come differenziano dell'artista il fare pittorico con perentorietà
indiscutibile, sottoponendosi ancora allo sforzo di ricercare in quali mai
fasi, e momenti, risultino nettamente distinguibili, in che toni e impasti e
cubature e masse e volumi diversi...di forme etcetera etcetera.