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In  Agra

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26 luglio 2005

Debbo dire infinitamente grazie al mio amico Claudio il Mago ( di Oz), per avere fatto a me ricorso per girare il mondo. ("Anche oggi ho girato il mondo con i tuoi occhi e le  tue gambe. Un giorno quando potrò userò le mie. Ciao" ) 

Ma per quanto mi sta capitando, e sto combinando, l'ho preavvisato  che oggi, più che mai, potrà rivisitarlo attraverso la mia bestialità e le avversità che se me prendono gioco. In Agra, dato che la mia vecchia fotocamera non funziona più, /forse vi è entrata dell' acqua di una bottiglia, mentre la tenevo a tracolla, od ho usato delle pile inadatte nichel-metal hydride, che ne so |-  ho acquistato un'altra fotocamera , per la modica cifra di 227 dollari, pur di fotografare il Taj Majal  in un giorno benedetto dalla pioggia nel grigiore più afoso. Poi, per ricostituire i miei fondi finanziari disponibili, io che credevo di avere chissà che difficoltà nel prelevare al bancomat , mi sono fatto aiutare dal poliziotto di guardia, e mi sono così ritrovato in un sol colpo con 20.000 rupie, ( 500 dollari, al cambio), anziché le 2.000 che intendevo acquisire. Eppure avevo intravisto lo zero di troppo. "Vorrà dire -ho seguitato a scrivergli- che adesso avrò solo il problema di come spendere e disfarmi dei dollari rimastimi. In compenso  per le strade si sono fatte frequenti le vacche, splendide e irremovibili., mentre le mosche seguitano ad essere i convitati onnipresenti. Ma il vero flagello in Agra, che è una orrenda città di straordinaria rilevanza monumentale , sono i conducenti di taxi e di risciò Ti si infittiscono intorno, intimidendosi a vicenda, e seguitano a insisterti accanto, nei tuoi percorsi, per portarti a spasso tutto il giorno oltre la destinazione richiesta,. E' difficile, in tali circostanze, ricordarsi quanta miseria li induce a pedalare ogni giorno per trasportare in ciclo- riscio anche quattro culone di signorastre indiane in una sola tornata. Odorico. ( Ma che mi lamento a quel che apprendo che e successo in Sharm el ShaiK!) -  A presto Odorico.

Quando sono arrivato in Agra, tre giorni or sono, a sera inoltrata, era un velario che  trasudava umidità in nebbia .

Che nel cortile dell'hotel dove ho alloggiato vi fossero vezzeggiati due grossi cani domestici, era già un indicatore rilevante che ero fuoriuscito dal mondo islamico,  ove il cane è un animale impuro che insozza la preghiera di chi coesiste con lui, e che mi ritrovavo in una città integralmente induista.

All' esterno, nel buio notturno, le vacche erano le signore incontrastate delle strade.

In effetti avevo già superato in Matura, Vrindavan, il regno  indiscusso o di lord Krishna, ed ero  oramai  pervenuto dove il predominio nella fede Gli è conteso da Shiva.

 Il  dì seguente, quando solo nel tardo pomeriggio è cessata la pioggia, ed è subentrata una schiarita,  ho destinato la giornata restante alla visita del Forte Rosso.

E' il più bello dei tre Forti rossi Moghul, nell' integrazione che vi è raggiunta più che in Lahore, o in Delhi, tra l'esercizio della funzione difensiva militare e di quella palatina,  tra le mansioni pubbliche e le dimensioni private, pur se non si realizzano nella profondità di campo paradisiaca della loro immersione - in Delhi- nella distesa dei char bagh.

Dalla torre ottagonale, delle residenze private, vi ho visto per la prima volta il Taj Mahal, cosi, come  ShahJahan l'aveva potuto solo seguitare a intravedere, condannatovi a finire i suoi giorni dalla spietatezza di Aurangzeb,P1010243.JPG (434261 byte)  chissà quante volte auspicando solo il sorgere del giorno  in cui vi si sarebbe ritrovato finalmente congiunto con l'amata Mumtaz,  la gioia eterna del  meraviglioso scrigno di marmo.

In precedenza, la dimora  di Jahangir mi aveva confermato che gli edifici più suggestivi dei moghul non sono le loro realizzazioni più  alte, ove l'arte irano-timuride sussume sotto le proprie virtù formali ogni antecedente induistico, ma le loro opere ove prevale l'ibridazione e la reciproca  fecondazione indo-islamica, come è avvenuto nella concertazione della residenza di Jahangir, P1010008.JPG (401154 byte) ove aggettano jaroka, svettano  chattri, la carpenteria induista ha traslato nella pietra di capitelli e mensole il suo intaglio ligneo, P1010002.JPG (268126 byte)mentre risuonano ascendenze timuridi nell' arcano interno dei cortili, così similari a quelli dei palazzi dei Khanati d'Asia, come sopravvissero soprattutto a Kiva 

Il giorno seguente, il Taj Mahal.

Oltre il trafficatissimo ponte,  solo sul far della sera vi ho raggiunto in rickscio la tomba di  Itimad -ud-Daula, ossia Mirza Ghyas Beg, " pilastro dello Stato" e gran vizir di Jahangir, che ne sposò la figlia, luce della sua vita e dei suoi occhi, Nur Jahan.P1010123.JPG (423196 byte)

Le ascendenze iraniane vi  si schiudono e vi si celebrano in tarsie mirabili di intrighi geometrici e di vasi floreali , 

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la cui offerta rituale si ripete nelle affrescature dei panelli interiori, P1010102.JPG (420491 byte) ove guizzi di volatili, le spoglie congiunte di pesci, P1010114.JPG (433995 byte)

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avvivano e ammortano di animalità terrena la penombra celeste degli interni, filtrata di luce dalle jahli tramate in un'orditura persiana.

Raggiungevo in autobus Fatehpur Sikri il giorno seguente.

Rifiutavo di salire alla città ideale di Akbar tra i cumuli soggiacenti di rifiuti, mi dilungavo per le viottole cittadine  che mi conducevano ai piedi della grande moschea: un portale immenso vi dava accesso,la Buland Darwaza,  lungo l'erta impervia che ne rende ancora più incombente la sezione ottagonale dell' iwan sovrastanteP1010132.JPG (437872 byte).

Ma la sua imponenza non basta a se stessa, e si fa preziosa di un ricercato ornato geometrico, dei chattri  che ne illeggiadriscono le sommità.

 

All' interno della vasta corte di preghiera, si imponeva abbagliante lo splendido candore del sepolcreto  marmoreo del santo Salim Chisti, particolarmente capzioso nelle mensole serpentiformi che ne reggono l'atrio bengali, P1010138.JPG (194210 byte) di una trama finissima nelle trine dei pannelli di marmo traforati, P1010134.jpg (335977 byte) che rendeva coloro che addentro vi erano  prospicienti invisibili all' esterno,  che trapelava invece in ogni forma fisica di edifici o persone.

Uno scroscio a dirotto mi costringeva a cercare riparo lungo la sala oblunga della moschea, intanto che per i bambini era l'occasione di una  festa dell' acqua nel grande cortile tramutatosi in un grande catino in  cui si inzuppavano d'acqua, in una piscina di pozze in cui si tuffavano.P1010147.JPG (439785 byte)

Confidavo che il custode avesse posto al riparo le scarpe, ch' ero stato costretto a lasciargli in consegna all' esterno della Buland Darwaza. Avevo invece modo di inveire contro la sua pretesa di avere in cambio un'elemosina, quando me le riconsegnava inzuppate fradice. 

 

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Con i piedi in ammollo al loro interno,  raggiungevo la città ideale del magnifico Akbar: in un silenzio fuori del tempo, pensiline, sporti, corti, padiglioni, vi celebravano nella pietra la fusione arcana dell' ancestralità centroasiatica e dell'indoislam,P1010152.JPG (433300 byte)la ricusazione implicita dell'aulicità di corte iraniana, per accamparvi per sempre nella pietra gli attendamenti mobili  dell' orda- come gli Ilqanidi già sublimarono la yurta nella moschea del Venerdì di Isphahan, -e conferirvi residenza mirabile a mogli, concubine e dame di corte, P1010154.JPG (442568 byte) dentro le tradizioni in cui Akbar voleva immerso l'islam nel continente indiano.

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Il mausoleo di Akbar

 

 

 

 

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