“Dimmi, Farhang,
“Dimmi, Farhang,
perché nei tuoi abhrang ricorre
così tanto l’acqua?”
noi siamo immagini riflesse,
nell’ acqua alberi, monti,
sono già immateriali?
“ Perché l’ acqua è libera,
e se sgorga si spande intorno,
dappertutto,
e libero mi appare
il pesce che vi nuota
e che vi ha a che fare”.
Così mi dicevi intanto
che io recidevo il filo,
appunto perché i nostri giorni,
le nostre parole,
già cessando noi di vivere insieme,
avessero anche meno peso che l’acqua,
e intanto che così
tu eri per essere
il mio Paradiso perduto nelle Sue
Mani.
Come un acquerello, una poesia,
finiscono prima di un colore,
di una parola di troppo.
Ma ora nelle vie dello sporco
traffico,
Khané-e-dustam Koj’ast?
con i tuoi cari, le sue care stanze,
la casa del mio Amico ora dov’è?
Agosto, primi di Settembre del 2003.