La Vita anteriore

 

E' avvenuto  nella libreria ove saltuariamente s'incontrano, lui e l'anziano professore ebreo di cui è amico da tempo,  allorché, quella sera di dicembre, costui  stava parlandogli dell'estensione dell'antico ghetto, e gli ha palesato che  gli insediamenti ebraici, in città, dopo la dominazione napoleonica , e quindi al rientro degli austriaci, si erano venuti ampliando oltre i limiti del ghetto in cui  egli presupponeva che consistessero,   sino a sospingersi all'altezza del Rio.

" Viveva in quei palazzi Esterina Rebecchi, l'amica più cara di mia madre ..."

  E' stato allora, nel riaffiorare improvviso, che un' emozione sottaciuta lo ha sconvolto.

" Zia Ester...", ha intimamente mormorato trasalendo, intanto che seguitava a conversare come sempre con il professore erudito, chiedendogli delle vicende dei cabalisti della scuola di Safed.

Non si era dunque sbagliato,  si ripeteva estraniato,  ad ostinarsi a non volersi credere in errore , quando l'estate innanzi, prima di partire per il suo secondo viaggio in Israele, nell' aggirarsi ove in prossimità del centro supponeva che fossero  situate un tempo le vie e le dimore ebraiche, era là che si era fissato ad indugiare, come catalizzato  dalla vista al sole di quell'alta veranda affacciata sul Rio, dell'altana e  delle  logge ove ora la vita taceva, i rampicanti che ne gremivano la calda pietra del cortile interno,  sino alle dirute statue del giardino

Quando poi aveva cercato di saperne di più, il palazzo era risultato la sede di una galleria d'arte e di una delle tante finanziarie  moltiplicatesi in città, che vi aveva aperto da poco un suo studio di consulenza, come egli aveva appurato addentrandosi nel Palazzo per una via interna.

E non vi abitava più nessuno.

Zia Ester ora la  rammentava più nitidamente, che intenta al cucito non si stancava di rimproverarlo melanconicamente , pur con tutto il suo garbo, del suo lasciarsi vivere sprecando  ogni talento, che vanificasse la sua avita ricchezza nell'ozio estenuato che le sue fortune gli consentivano , per lasciarsi morire piuttosto che tentare di vivere.

Ora ricordava il  salotto di noce, le spesse trine delle tende che filtravano ed attenuavano la luce, il piano alla cui tastiera egli aveva smesso di suonarle gli ultimi componimenti per la preghiera rituale  del maestro Norsa, 

 E quando era ritornato in via Massarenti, si era rammentato delle sere di nebbia in cui si era stretto a ridosso di questo o quel portale, temendo che l'oscuro passante  gli recasse ciò che la legiferazione aveva tramutato in unanime offesa. .

 Nello spiovere notturno della luce dei fanali,  come l'angosciava, inappellabile, ogni portale di cui non poteva più appellarsi ai battenti,  spentesi le illuminazioni dei negozi e delle insegne delle vie circostanti,  già animate,  cui  quei  palazzi umidi e alti si susseguivano  intorno, raccogliendo in se una vita cui non aveva più accesso...

Ed oltre i vicoli che deferivano al centro, rivede ora l' orinatoio fetido dei vagabondi, demolito da chissà quanto tempo, il sottoportico a ridosso della piazza della Basilica solenne, ove aveva guardato a lungo in questa o quella bottega di oreficeria, per l'anello della sorella che andava sposa.

Quella Basilica era stato voluta dai Principi umanistidella sua città, ma ai suoi  raffinati archi e timpani, rinascimentali, nella vita di allora volgeva uno  sguardo  divenutole  distante, riguardandone fregi e lesene,  in racemi e acanti,  come una magnificenza che non poteva più costituire la sua tradizione  d'appartenenza.

Era stato che cosa, e quando? che gli aveva fatto capire che la differenza originaria, da che ne era divenuto appieno consapevole, solo per il fatto  che l'avvertiva e che in sé la rifletteva, oramai lo stigmatizzava  come una dannazione eterna,  che era bastato che si  fosse in lui insinuata indelebile la supposizione  che chi gli era di fronte, pur tacendo  l'uno all' altro la cosa, potesse essere divenuto ben  conscio della sua origine,  perché  egli non avesse potuto più avere  fra gli altri che  un'esistenza esteriore...

" E'  anche solo il  pensare che tu sia come noi, pur se sei  diverso, che tu ti sia a noi assimilato in ogni tuo modo di fare e di essere, anche se la tua origine è un'altra, che per me fa di te  una realtà che adesso mi turba... "

Quale voce gli giunge , così parlandogli, mentre guarda oltre i vetri tra le torri gentilizie della sua città, e sente l'orologio della piazza battere un'ora lancinante.

E' un volto di amica caduto nel vuoto, intanto che lui avverte, ineludibilmente, che colei si compiace del proprio finto tormento nell'abbandonarlo...

Non erano necessarie le nuove leggi razziali, perché intendesse tutta la vanità della caduta napoleonica delle mura del ghetto...

Così era  divenuto inutilmente ricco e versatile, voglioso solo di ritrarsi nell'ombra e in un canto ...

Già la famiglia, con le sue fortune agrarie, gli aveva trasmesso l' eredità mentale di un consolidato scetticismo.

Solo da bambino era stato nella scola, sgomento della solennità arcana con cui raggiunto il numero per la preghiera, i grandi si appellavano  al tremendo nel nome di Adonai...

Riaffiora ora l'immagine dell'arca, dei rotoli esposti e cautamente riposti, dello sciamare della gente sempre più poca al di fuori della sinagoga.... 

e basta nel sospingersi oltre la città,  a settentrione, che dietro l' ostello medioevale scorga le mura del cimitero israelita e la stella di Davide, all'ingresso, per rivederle e ricordarle, nel gesto del velo, le donne della comunità che riprendevano la via della città dopo i funerali  del padre...

Furono ritardati per giorni, nel disagio del lezzo, giacché egli morto alla vigilia del dì ch'era interdetto alla sepoltura.

 Quel pomeriggio incombeva  un cielo dibattuto dal vento in  refoli freddi, pulverulenti,   le foglie vi turbinavano nei vortici di una costernazione tetra,  sui suoi passi di ritorno in una sterminata solitudine vuota, talmente vi si sentiva inane  a soccorrere e ad essere soccorso,  angosciato al trapasso di lasciti, e di incombenze paterne, che si sapeva del tutto inetto ad ereditare...

Era il 1939, quell'anno di sventure, e lui non resse l'onere del capofamiglia, così alienò ai congiunti ogni bene e si sottrasse infine anche a se stesso, confinandosi in fondo alla scala a chiocciola, nello stanzino più in disparte, tra le cose vecchie ed ammassate della casa.

Ma fu in tal modo che sopravvisse  a se stesso ed alla guerra, la cui catastrofe per lui non fu che quel rumore di passi sottostanti, l'aprirsi di colpo della porta sulle sue occhiaie attonite, che apparvero alla milizia ormai vuote di senno, ...poi le grida, soffocate,  dei vecchi della comunità radunati nel cortile dell'ospizio accanto-  in lui sopravvive ora più che mai il ricordo di tutto, tale fu l'infamia che seguitò a verminare dentro di lui, dentro a ciò che di lui restava colpevolmente vivo, così come i tarli erodevano  i libri ed ogni mobile intorno.

Sopravvisse alla guerra ancora vari anni, nel dolore circostante di chi era scampato ed accudiva la sua miseria.

Sono essi che emanano l'alone ancora confuso, da cui stentano a emergere, di quei volti sofferenti che su di lui avverte soccorrevoli e chini.    

Chissà quanto avevano compreso, quei cari, che si era coatto all' impotenza, per tutta una vita, al solo scopo  che la piaga della sua ferita si incistidasse in un referto insanabile, pur di giustificare così a se stesso, e consentirsi, tutto l'orrore ed il sollievo di non divenire mai un uomo, la sottrazione e l'elusione mediante le quali eppure aveva retto allo schianto, alla cui catastrofe un'intera stirpe ed i forti erano invece periti...

Sentendone una più viva pena, nel cimitero ebraico ha cercato, di lapide in lapide, i loro resti tra gli avelli di famiglia od i tumuli  traspostivi dalla provincia, ed ogni volto caro infine  è riaffiorato in un fiotto di lacrime, il sembiante del dottore di famiglia, delle zie di Bozzolo, della mamma nella sua bellezza così nobile e triste, vi ha ritrovato il fratello morto prematuramente, la sorella  tanto  sventuratamente sfiorita a Milano in ogni sua esaltazione giovanile, via via che si era imborghesita, e fatta sempre più avida e acre, nella sicurezze agiate di un matrimonio contratto fuori della sua gente...

Care vite ed affetti di un'altra esistenza, caro volto già amato di mamma, grembo di povere ossa in cui già si slanciò abbandonandosi, prima di essere di nuovo bambino, in identici trasporti, tra le braccia della sua anziana madre ancora viva, quanto amata anche lei riamandolo, dell'intensità dell'affetto che crede di riceverne un contraccambio  ch'è esclusivo,  poveri resti di chi gli fu già fratello o sorella prima degli  attuali , persuasi anch'essi, come le sue madri,  di incarnare nei suoi confronti le vicissitudini uniche ed irripetibili dei loro vincoli ,  nell' accudirne una diversità nuovamente così risentita e sofferente.

In un canto del cimitero li ha ravvisati sepolti, e dimenticati, prima che accanto in un'effige anonima e insignificante,  figurasse il suo volto sulla sua tomba, e vedesse incisi di sotto l'anno e il giorno e il mese della sua morte,   il giorno e il mese e l'anno del suo possibile concepimento nella sua attuale vita...               

Anche in questo giorno di questa sua vita, come nel triste pomeriggio  che il suo padre israelita fu sepolto , ritrovandosi al di fuori del cimitero, per il rientro in città, nel riprendere solitario la stessa via costeggiata dai filari dei pioppi,  fin che svoltata la curva, di lì a poco, oltre il lago di mezzo l'intera città si distende a lui di fronte,  nel suo profilo di palazzi e di torri e di chiese e di tetti,  che costituiscono  le emergenze superstiti di un suo passato remoto di capitale.

  La distesa del lago smuore  appresso in cheti flutti di acque cineree prima che fra le antiche pietre, oltre il castello, egli si rinvenga rinserrato tra le vestigia  di una edificazione artistica che per lui cessarono di essere, e non sono più,  le forme sublimatrici  delle sue vicissitudini in nobiltà ideali.

Anche ora, come nella sua vita anteriore, vivendovi nell'attesa che infine finisca la luce del giorno, e l'animo smetta ancora  di agitarsi  vanamente di spettri.

Finché si persuade che non c'è alcuna opportunità di fuori, dell'inutilità di ogni ulteriore incontro e discorso.

Che di nuovo non gli resta, nella sua vita ulteriore, che la solitudine di musiche e pagine.

Eccola, qual' è adesso la sua piena cittadinanza, ora che fa rientro in un suo appartamento perpetuamente solitario, in una città che fu d'arte, ed ora è d'opulenza, ove non v' è pietra anche sotto l'artistico ammanto, che non trasudi tutto il fango terroso del tramando  dei padri, ove egli non ha altri ricordi dei  giorni trascorsivi, in questa sua vita, oltre il tempo di lavoro e di sudato studio, che non sia di sacchi della spesa da riempire e di immondizie da scaricare, che di sguardi da evitare e di parole da non sentire, di incontri da mancare o da ridurre alla formalità di uno scambio,  quando il massimo in cui può confidare, se si disvela, è che il delirio e il sogno o l'evasione, la stravaganza o l' anormale, per l'altro non siano che un suo cedimento da cui si riabbia al più presto.

E la sua vita vi è dunque rinata povera, e fuori del ghetto, per respirare altrimenti tutta l'inutilità dell'aria aperta,

Tra coloro in cui non v'è più eco  o barbaglio o sogno di assoluta rivolta.

"Quando invero, piuttosto, così agitando in battiti d'ali il nostro flaccidume,  noi più di coloro che disdegniamo, siamo ( si è) il topo che impreca contro una  gabbia da cui non sa liberarsi, in cui sempre di più si rintana  pur di evitare l'aperto, e in noi l'anima, che rinasce libera, è il flutto che torna a battere contro lo scoglio rimpiangendo l'Oceano, la sventurata che non cerca più l'ora d'aria, e lo svincolo,  che per rinserrarsi in un calco sempre più ferreo, nel  conforto di quale che sia l'impronta che le dia una forma, foss'anche il riutilizzo di ogni riavanzo, non fosse che il vano repulisti da ogni lanugine o pelucco.   

Crescendovi e  Stentando come l'erba matta che ancora resiste, ove increpa l'asfalto e l'intonaco si sgretola a rivelare la pietra.

 

Mantova, 14 ottobre 1994. ( riveduto nel mese di dicembre del 2003)

        

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La Vita anteriore

 

 

E' avvenuto  nella libreria ove saltuariamente s'incontrano, lui e l'anziano professore ebreo di cui è amico da tempo,  allorché costui  stava parlandogli dell'estensione dell'antico ghetto, e gli ha palesato che  gli insediamenti ebraici, in città, dopo la dominazione napoleonica , e quindi al rientro degli austriaci, si erano venuti ampliando oltre i limiti in cui  egli presupponeva che consistessero,   sino a sospingersi all'altezza del Rio.

" Viveva in quei palazzi Esterina Rebecchi, l'amica più cara di mia madre ..."

  E' stato allora, nel riaffiorare improvviso, che un' emozione sottaciuta lo ha sconvolto.

" Zia Ester...", ha mormorato tra se, intanto che seguitava a chiedere all'altro delle vicende dei cabalisti della scuola di Safed.

Non si era dunque sbagliato,  si ripeteva estraniato,   i  battiti dopo il trasalimento che tumultuavano- ad ostinarsi a non volersi credere in errore , quando l'estate innanzi prima di partire per Israele, nell' aggirarsi ove in prossimità del centro supponeva che fossero  situate un tempo le vie e le dimore ebraiche, era là che si era fissato ad indugiare, come catalizzato  dalla vista al sole di quell'alta veranda affacciata sul Rio, dell'altana e  delle  logge ove ora la vita taceva, i rampicanti che ne gremivano la calda pietra del cortile interno sino al giardino di dirute (accantonate) statue.

Quando poi aveva cercato di saperne di più, il palazzo era risultato la sede di una galleria d'arte e di una delle tante finanziarie  moltiplicatesi in città, che vi aveva aperto da poco un suo studio di consulenza, come egli aveva accertato addentrandosi nel Palazzo per una via interna.

E non vi abitava più nessuno.

Zia Ester ora la  rammentava più nitidamente, che intenta al cucito non si stancava di rimproverarlo melanconicamente , pur con tutto il suo garbo, del suo lasciarsi vivere sprecando  ogni talento, che vanificasse la sua avita ricchezza nell'ozio estenuato che le sue fortune gli consentivano , per lasciarsi morire piuttosto che tentare di vivere.

Ora ricordava il  salotto di noce, le spesse trine delle tende che filtravano e attenuavano la luce, il piano alla cui tastiera egli aveva smesso di suonarle gli ultimi componimenti per la preghiera rituale che erano stati composti dal maestro Norsa, di cui riaccarezzava il dorso  velato di polvere.

 E quando era ritornato in via Massarenti, si era ricordato dellle sere di nebbia in cui si era stretto a ridosso di questo o quel portale, temendo che l'oscuro passante  gli recasse ciò che la legiferazione aveva tramutato in unanime offesa. .

Come l'angosciava, inappellabile, nello spiovere notturno della luce dei fanali, ogni portale di cui non poteva più afferrarsi ai battenti,  spentesi le illuminazioni dei negozi delle vie circostanti,  già gremite di vita, cui  quei  palazzi umidi e alti si susseguivano  intorno, che raccoglievano una vita cui non aveva più accesso...

Ed oltre i vicoli che deferivano al centro, rivede ora l' orinatoio fetido dei vagabondi, demolito da tempo, il sottoportico a ridosso della piazza del la Basilica solenne, ove aveva guardato a lungo in questa o quella bottega di oreficeria, per l'anello della sorella che andava sposa.

Quella Basilica era stato voluta da coloro che un tempo furono i Principi della sua città, ma ai suoi  magnifici suoi archi e timpani, rinascimentali, esprimevano l'intersecarsi  di un'arte , cui nella vita di allora volgeva uno  sguardo  divenutole  distante, riguardandone fregi e lesene,  in racemi e acanti,  come una magnificenza che non poteva più costituire la sua tradizione  d'appartenenza.

Era stato che cosa, e quando? che gli aveva fatto capire che la differenza originaria di cui aveva acquisita appieno la consapevolezza, solo per il fatto  che l'avvertiva e che in sé la rifletteva, oramai lo stigmatizzava  come una dannazione eterna,  era bastato averne assunto coscienza , o anche il solo sapere che chi gli era di fronte, pur tacendo  l'uno all' altro la cosa, poteva esserne divenuto ben  consapevole,  perché di fuori egli non avesse potuto più avere  fra gli altri che  un'esistenza esteriore...

" E' il fatto anche solo di sapere che tu sia come noi, pur se sei  diverso, che tu ti sia a noi assimilato in ogni tuo modo di fare e di essere, anche se la tua origine è un'altra, che per me fa di te  una realtà che adesso mi turba... che mi sgomenta e rende un'accettazione problematica ora la nostra amicizia, ora che lo so perchè tu me l'hai detto dopo che ho visto ... Quando prima..."

Quale voce gli giunge , così parlandogli, mentre guarda oltre i vetri tra le torri gentilizie della sua città, sente l'orologio della piazza battere un'ora lancinante.

E' un volto di amica caduto nel vuoto, intanto che lui avverte, ineludibilmente, che colei si compiace del proprio finto tormento nell'abbandonarlo...

Non erano necessarie le nuove leggi razziali, perché intendesse tutta la vanità della caduta napoleonica delle mura del ghetto...

Così era  divenuto inutilmente ricco e versatile, voglioso solo di ritrarsi nell'ombra e in un canto ...

Già la famiglia, con le sue fortune agrarie, gli aveva trasmesso l' eredità mentale di un consolidato scetticismo.

Solo da bambino era stato nella scola, sgomento della solennità arcana con cui raggiunto il numero per la preghiera, i grandi si appellavano  al tremendo nel nome di Adonai...

Riaffiora ora l'immagine dell'arca, dei rotoli esposti e cautamente riposti, dello sciamare della gente sempre più poca fuori della sinagoga.... 

e basta nel sospingersi fuori città, che dietro l' ostello medioevale scorga le mura del cimitero e la stella di Davide, all'ingresso, per rivederle e ricordarle, nel gesto del velo, le donne della comunità che riprendevano la via della città dopo i funerali  del padre...

Furono ritardati per giorni, nel disagio del lezzo, giacché egli morto alla vigilia del dì ch'era interdetto alla sepoltura.

 Quel pomeriggio incombeva  un cielo dibattuto dal vento in  refoli freddi, pulverulenti,   le foglie vi turbinavano nei vortici di una costernazione tetra,  sui suoi passi ch'erano di ritorno in una sterminata solitudine vuota. 

Vi si sentiva inane  a soccorrere e ad essere soccorso, angosciato al trapasso di lasciti, e di incombenze paterne, che si sapeva del tutto inetto ad ereditare...

Era il 1939, quell'anno di sventure, e lui non resse l'onere del capofamiglia, così alienò ai congiunti ogni bene e si sottrasse infine anche a se stesso, confinandosi in fondo alla scala a chiocciola, nello stanzino in disparte, tra le cose vecchie ed ammassate della casa.

Ma fu in tal modo che sopravvisse  a se stesso ed alla guerra, che per lui non fu che quel rumore di passi sottostanti, l'aprirsi di colpo della porta sulle sue occhiaie attonite, che apparvero alla milizia ormai vuote di senno, ...poi le grida soffocate ed i vecchi radunati e sottratti nel cortile dell'ospizio di sotto-  sopravvive ora più che mai il ricordo di tutto, tale fu l'infamia che seguitò a verminare dentro a ciò che di lui restava colpevolmente vivo, così come i tarli erodevano intorno i libri ed ogni mobile.

Sopravvisse alla guerra ancora vari anni, nel dolore circostante di chi era scampato ed accudiva la sua miseria, essi emanando l'alone ancora confuso, da cui stentano a emergere, di quei volti sofferenti che su di lui avverte soccorrevoli e chini.    

Chissà se avevano compreso, quei cari, che si era coatto all' impotenza, per tutta la vita, al solo scopo  che la piaga della sua ferita si incistidasse in un referto insanabile, per giustificare così a se stesso, e consentirsi, tutto l'orrore ed il sollievo di non divenire mai un uomo, la sottrazione e l'elusione mediante le quali eppure aveva retto allo schianto, alla cui catastrofe un'intera stirpe residua ed i forti erano invece periti...

Sentendone più viva pena, ha cercato, di lapide in lapide, i loro resti tra gli avelli di famiglia od i tumuli  traspostivi dalla provincia, ed ogni volto caro infine  è riaffiorato in un fiotto di lacrime, il dottore di famiglia, le zie di Bozzolo, la mamma nella sua bellezza così nobile e triste, il fratello morto prematuramente, la sorella  tanto  sventuratamente sfiorita a Milano in ogni sua esaltazione giovanile, via via che si era imborghesitai nella sicurezze agiate di un matrimonio contratto fuori della sua gente...

Care vite ed affetti di un'altra esistenza, caro volto già amato di mamma, grembo di povere ossa in cui già si slanciò abbandonandosi, prima di essere di nuovo bambino, in uguali trasporti, tra le braccia della sua anziana madre ancora viva, quanto amata anche lei riamandolo, dell'intensità dell' affetto che è certo di riceverne un contraccambio  ch'è  esclusivo,  poveri resti di chi gli fu già fratello e sorella prima degli  attuali , persuasi loro  tutti anch'essi come le sue madri, naturalmente, di incarnare nei suoi confronti le vicissitudini uniche ed irripetibili dei loro vincoli , e che dunque fossero e siano l'unica sua sorella maggiore e l'unico fratello di lui più giovane, nell' accudirne una diversità nuovamente così risentita e sofferente.

In un canto del cimitero li ha ravvisati sepolti , e dimenticati, prima che accanto in un'effige anonima e insignificante,  figurasse il suo volto sulla sua tomba, l'anno e il giorno della sua morte, l'anno e il giorno della sua nascita nella sua attuale vita...               

(Care vite e affetti di un'altra esistenza, caro volto già amato di mamma, grembo di povere ossa scheletrito in cui già si slanciò

e conobbe l'effusione e l'abbandono, prima di essere di nuovo bambino (infante (bimbo) di nuovo), in uguali identici medesimi trasporti, tra le braccia della sua anziana madre altrove ancor viva che ancora è in vita vive distante, quanto amata anche lei riamandolo, infinitamente amata e a lui votata, dell'intensità dell' affetto di un affetto che è certo ritiene di riceverne un amore bene ch'è per sè esclusivo, qual'è quello da cui sia riamata la propria  credendosi da lui riamata come la sua unica madre, poveri resti di chi gli fu già fratello e sorella prima degli attuali viventi, persuasi credendo naturalmente come le sue madri, naturalmente gli uni e gli altri, di incarnare nei suoi rispetti confronti l'uno per l'altro le vicissitudini uniche e irripetibili dei loro vincoli del sangue, e che dunque fossero e di essere l'unica sua sorella maggiore e l'unico fratello più giovane, minore, che dovessero accudirne con affetto patirne la diversità tanto risentita e sofferente, che ha ravvisati sepolti e dimenticati, prima che accanto in un'effige anonima e insignificante, non figurasse il suo volto sulla sua tomba, l'anno e il giorno della sua morte, l'anno e il giorno della sua nascita nella sua attuale vita...)              

Dalla figlia di uno dei fittavoli, di cui colui che fu già suo padre, nella sua vita ebraica, era il proprietario dei fondi che conduceva aveva la proprietà dei fondi assenteista...

Anche ora, in questo giorno della sua vita attuale, come nel triste pomeriggio  che il suo padre ebreo fu sepolto alla morte del padre antecedente, si ritrova al di fuori del cimitero, per il rientro, a  riprendere solitario la via costeggiata dai filari dei pioppi, fin che svoltata la curva, di lì a un breve tratto, l'intera città si distende a lui di fronte magica, oltre il lago di mezzo, nel suo profilo di palazzi e di torri e di chiese e di tetti,  le emergenze di un suo passato di capitale.

  La distesa del lago smuore  appresso in cheti flutti di acque cineree prima che fra le sue antiche pietre, oltre il castello, lo rinserrino le forme di una edificazione artistica che per lui cessarono di essere, e non sono più,  sublimatrici  delle sue vicissitudini in nobiltà ideali.

Anche ora, come nella vita allora, come inizia ad aggirarvisi, all'interno, attento per via a non compromettersi elusivo a uno sguardo di troppo, nella sua rispettabilità sociale da preservare, a cercare di non udire che si dica alle sue spalle, vivendovi nell'attesa ogni domenica che infine finisca la luce del giorno, e l'animo smetta inutilmente di agitarsi ancora del desiderio di spettri.

Finchè si persuade che non c'è alcuna opportunità di fuori, niente, fuorchè l'indifferenza che intimidisce al riserbo, a ogni elevazione che non sia acquisizione materiale

dell'inutilità di ogni ulteriore incontro e discorso.

Che di nuovo non gli resta, nella sua vita ulteriore, che la solitudine di musiche e pagine.

Di rivedere, in videocassetta, con gli ultimi di Wenders o Altman, i film che allora smise di vedere concertati in sala.

Eccola, qual' è adesso la sua piena cittadinanza, ora che fa rientro in un suo appartamento perpetuamente solitario, in una città che fu d'arte, ed ora è d'opulenza,    ove non v' è pietra anche sotto l'artistico ammanto, che non trasudi tutto il fango terroso del tramando  dei padri, ove egli non ha altri ricordi dei  giorni trascorsivi, in questa sua vita, oltre il tempo di lavoro e di sudato studio, che non sia di sacchi della spesa da riempire e di immondizie da scaricare, che di sguardi da evitare e di parole da non sentire, di incontri da mancare o da ridurre alla formalità di uno scambio,  quando il massimo in cui può confidare fare affidamento, se si palesa disvela, è che il delirio e il sogno o l'evasione, la stravaganza o l' anormale, per l'altro non siano di male che un cedimento da cui si riabbia al più presto.

tanto le sue pietre, anche sotto l'ammanto artistico,  trasudano il fango terroso della zolla di cui sono l'impasto, l'inettitudine della sua gente ad essere più altro che normale e tranquilla, che praticità di fatto e materialità del rendiconto, assenza di fronzoli e venire al dunque degli affari e del sesso, e per la quale al più, quando non sia efferatamente normale e tranquilla, brutalmente normale e tranquilla, civilmente brutale e efferata,  ordinariamente indifferente o atavicamente offensiva,.

E la sua vita vi è dunque rinata povera, e fuori del ghetto, per respirare altrimenti tutta l'inutilità dell'aria aperta, di non essere più ebreo ma cittadino ordinario, ella caduta dei muri e della titolazione dell'antica piazzetta alla Concordia finchè si abbia a perpetuare di nuovo lo stigma e a rinascere diversi nella città perenne nell'eterna città della gente comune ordinaria e tranquilla.

Tra coloro in cui non v'è più eco  o barbaglio o sogno di assoluta rivolta.

"Quando invero, piuttosto, così agitando in battiti d'ali il nostro flaccidume,  noi più che ogni altro che di coloro che disdegnamo, si è  il topo che impreca contro una  gabbia da cui non sa liberarsi pur di evitare l'aperto, e in noi l'anima, che rinasce libera, è allora il flutto che torna a ribattere contro lo scoglio rimpiangendo l'Oceano, la sventurata che non cerca più l'ora d'aria, e lo svincolo,  che per rinserrarsi in un calco sempre più ferreo, nel  conforto di quale che sia l'impronta che le dia una forma, foss' anche il riutilizzo di ogni riavanzo, non fosse che il vano repulisti da ogni lanuggine o pelucco.   

Crescendovi e stentando come l'erba matta che ancora resiste, ove increpa l'asfalto e l'intonaco si sgretola a rivelare la pietra. " 

 

Mantova, 14 ottobre 1994. ( riveduto nel mese di gennaio del 2004)

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