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rondoncino

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 26 maggio 2003

Che ne è ora di te, sei forse ancora vivo, come dispero, presso l'unità sanitaria dove ti ho abbandonato in più indifferenti ed esperte mani? Se non mi fossi espropriato della tua sorte, di condividerla con te fino al tuo ultimo respiro nella mia mano, al tuo residuo alito caldo nel mio palmo, ti avrei consegnato alla tua fine senza scampo tra le mie mura domestiche, io non potevo più fare altro che assisterti nella tua morte, da che hai smesso di cibarti del tutto dal mio stecco.

Povero rondoncino mirabile, dal bellissimo serico piumaggio di ogni screziatura di nero, che non potrà mai servirti ad alcun allettamento, povero esserino affranto, dopo l'ultimo tuo tentativo caduto sul fondo della gabbia di arrampicarti per le sue sbarre, - tutto il giorno hi ritentato l'impresa debilitando le tue ultime forze-quando nel mio seno ti sei abbandonato nel sonno alla tua fine, cercando nel mio calore un compenso al freddo che ti ghermiva, al venir meno della vista e dell' uso prensile delle zampine, e tra le mie lacrime il tuo artiglio sempre più inane si è stretto al mio mignolo, per non lasciarci mai più, oltre questa vita nell' eternità.

O Dio, ha gridato la mia pena, ti offro la mia castità, purché un angioletto in lui dal suo seno, ed il suo spirito in un'altra vita si ricongiunga al mio...

Che pena, tale tuo cedimento, animaletto caro, se penso che quando oltre il giardino nel pomeriggio a stento hai raggiunto il selciato, ciò che ancora cercavi, dibattendo vanamente le ali, era di riconquistare il volo allo stremo crescente delle tue stente forze!

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