Su di se bambino |
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. Quando
tra le altre fotografie che all'interno della scatola di dolciumi
stavano alla rinfusa, sua madre gli
ha porto quella che ha prescelto di lui piccolino, a sette, otto anni,
più precisamente non ricorda, un sommovimento lo ha riscosso: fra i
campi, come al suo osservatore di allora, forse suo padre dietro
l'apparecchio, in quella immagine gli è sorridente il più amorevole
bambino, il suo sorriso soffuso di una delicatezza dolcissima, gli occhi
confidenti nella amabile grazia di una vita ancora in boccio. Dio
mio, questo ero io? Sono io forse ancora lui? Si chiede attonito per lo
sgomento, al punto che per evitare che sua madre colga il suo
turbamento, le riesuma le proprie mutazioni successive, quali sono
rimaste impresse in altre fotografie. Ma
in quella immagine che sembra di un tempo che è fuori dei tempi, egli
appare ancora un intatto bambino, tant'è la felicità che gli arride
nello sguardo; mentre poi, ne fa parola a sua madre, le immagini
immalinconite accusano le esperienze della vita che era venuto già
facendo, quello, che le tace, che di insanabile gli era venuto
accadendo. Ma
può essere vero, si chiede perplesso, che quel faccino di una
impertinente dolcezza, così delicatamente sfumata, allora ignorasse
ancora il dolore e l'offesa? Allora...
ma di quel Tempo che ne ricorda, per davvero?- Ne è vero ricordo, o
trasfigurazione postuma, il sentimento vago che ne risale come
dall’immemorabile era di un arcano passato, in lampi di sensazioni
indelebili quanto indefinite? Sono, che trapelano, tracce sparse di
memorie sopite e profonde, scaglie balenanti di solatii pomeriggi
solitari, o di cuori di giorni che sulle orme di altri, erano ebbri di
estasi per greti palustri, istanti perenni in cui definitivamente, una
volta per sempre, si apriva il suo sguardo all' esistenza. Fittizio
o veridico che sia, ma è nel ricordo che ne persiste, nell'
atteggiamento verso la vita che ne risale, che quel bambino in lui è
ancora superstite, è in tale memoria che egli ne è la stranita
sopravvivenza adulta, se benché la sua corporeità sia divenuta altra
in ogni suo atomo e molecola, pur qualcosa di quel bambino sopravvive
ancora in lui, a immemorabili distanze di epoche e tempi. Ma nel ricordo che
in lui riemerge da quella vaga sua infanzia, a dispetto di quell'
immagine di bambino trasognante di felicità,
sopravanzano sconsolate lacrime e acuite
ferite, di cui egli, nella sua infelicità permanente, è il
custode unico che ne sopravvive. Per averlo appreso quando non ancora
andava a scuola, -
ne ha certa memoria,
- già sapeva del peccato originale, della propria morte che si sarebbe
verificata un inevitabile giorno, chissà quanto lontano, oltre il verde
dell' erba fresca della vita; l' estasi del giocare nel cui umidore
fragrante, è il ricordo confuso di ciò ch'era altrimenti la sua
interminabile felicità mattutina e
pomeridiana, in quegli anni, ancora senza tempo, di un eterno
trascorrere di pomeriggi e mattini, di estati brucianti e di algidi
inverni; non fosse stato che facendolo urlare di paura e dolore, già
avevo visto suo padre fare piangere sua madre a pugni e schiaffi, e si
era avvertito un peso noioso per sua sorella e le sue amiche, i
pomeriggi senza fine in cui avrebbe voluto unirsi a loro nei giochi, lui
che non poteva immaginare, e tanto meno credere, che non ci si potesse
volere bene e per sempre in famiglia e in paese. Eppure,(
quando) già che tormento, di cui non si capacitava il perché, in lui
era l'angustia di essere soprannominato e trattato ridicolmente da
compagni e da adulti, vittima del loro ostinato dileggio, il che
intristiva un suo senso della vita già afflitte, nella luce dei giorni,
dal timor di Dio inculcatogli dai preti e dalle donne di chiesa; pur se
il fulgore dei campi di grano nei maggi solatii, od il biancore
abbagliante della neve nell'algore invernale, esaltavano tutta la sua
piccola anima. E
doveva già essere accaduto qualche estate prima, ne è certo, che in
quegli occhi di confidente innocenza divertita, senza alcun senso alcuno
di perversione, al mare si fossero impresse affascinanti le figure di
giovani corpi,
Ma
in quel sembiante ridente non ne trapelava
nulla, appare solo la felicità di vivere una vita che sta
davanti interminabilmente luminosa, come è rigoglioso il tripudio
circostante dei campi. "
Mio Dio, -si sconforta all' immagine,- ed io che ne ho fatto di quel
caro bambino? Nonostante tutto, vi è volto ad un sogno duraturo quant'è
infinita la vita; questa mia vita di mortificazione e di solo fallimento
,.... intanto che così si deplora, discorre con la madre dell' abitino
cresimale che indossa in una fotografia devozionale, raccolto con la
sorella in una posa edificante di preghiera, entro una nicchia sorvolata
da uno Spirito Santo... "
Me miserabile, che cosa gli ho mai consentito di divenire, e di vivere,
di quello che di meraviglioso sognava allora? Che ne è più stato di
lui in me stesso? Io,io ne ho fatto solo un abietto repellente nella
mia, nella sua vita sessuale, e l'ho lasciato discendere negli abissi più
atroci della disperazione gelosa, perché la mia impotenza inerme lo
consegnasse solo, e vilipeso, a patire l'abuso e l'abbandono, io suo
carceriere e torturatore, che non gli ha risparmiato l'incrudelimento
contro ogni più sacro legame, neanche l'inferno ributtante degli
stupefacenti, pur che non si riaffacciasse più al dolore conseguente
della consapevolezza, io, io che poi ho cercato di porre termine
anzitempo ai suoi giorni diletti....io che non sono stato in grado di
dargli un solo amico, o una famiglia... Poi, per anni e
anni, caro piccolo delicatissimamente ridente, ammarandoti nelle secche
inerti di mie lunazioni depresse, arrendendoti alla mia incapacità di
farmi e di farti valere, quando venivo illudendomi che da ogni tua
perdita di qualsiasi affetto Ed
io che non ti ho consentito di affermarti e non ti sono valso a niente,
ti ho solo lasciato subire tutte le invalidazioni umilianti che tu già
allora pativi per la tua prodigiosità a scuola, o per i modi effeminati
che venivi assimilando, sicché di te ho fatto un invalido sociale, un
inetto a ogni necessità meccanica, che nemmeno è capace di saper
condurre alcun veicolo su cui avventurarsi, o di utilizzare utensili che
di te facciano almeno un uomo pratico..." E mentre si
affligge di averlo talmente mortificato e infelicitato, di esserne il
fallimento, lì presente, si chiede che ancora, sia di vivo, di quell'
essere bambino che gli sorride immutevolmente nell' effige. E in che
rapporto rimanga con esso, mentre mostra a sua madre quell' altra
immagine di sè pubescente, con ancora i calzoni corti, che fu scattata
nel corso di una tediosa gita con un suo zio e la sua fidanzata, una
fotografia che gli fa ricordare, sia pure indeterminatamente, l'odio che
durante tutto il tragitto coloro esternarono verso la sua natura
adolescenziale di cui non capivano i modi restii, il riserbo effeminato
ch' era recluso nella religione e nello studio dei libri. "
Come posso dirmi ch'io sono ancora lui? Non è vero, piuttosto, che egli
è l'essere scomparso ch'io ero da bambino? Dal quale sono mutato
innumerevoli volte, quante sono le volte che mi sono ricambiato nella
mia costituzione fisica o nella mia interiorità, o quante sono le
epoche che ho vissuto e che sono intercorse, degli innumerevoli esseri
storici che sono stato... Oh, tu eri davvero un grande bambino,- lo
suscita a dire quel volto che gli arride incantato,- ed io, sebbene sia
un altro, eppure ho ancora vagamente i tuoi lineamenti, e la mia vita,
ininterrotta, conserva sia pure confusamente i tuoi dolori e le tue
sensazioni felici, vede ancora ciò che vedevano i tuoi occhi, ancora si
ricorda di certi tuoi eventi, come se io ne fossi e in quanto ne sono il
solo custode testimoniale,
incredibilmente qui, e ancora vivo, vivo della tua morte, caro
scomparso... Son'io, per quanto sia un altro, che conservo ancora la tua denominazione e la tua identità sociale, come se io fossi te ancora vivo, a quanto suppone, od ebbe a supporre, ogni altro che ti conobbe, mia madre, la stessa tua madre, mio padre tuo padre defunto, volgendomi ora a te, in me presente e scomparso, che nella tua immagine ancora mi parli, e che me bambino carissimo, tuttora mi chiedi che mai ho fatto dei tuoi giorni, dei tuoi sogni e del tuo "vago avvenir che in mente avevi".... dal tuo sfondo continuando a pregarmi, gentile e ridente, di non perdermi più, di non perderti mai più... mIa eterna anima Bambina".
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