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Tra le spire del nostro stesso serpente
Al telefono oggi era confortante come la mente di Kailash seguiti a volgere
al sereno, mentre mi inteneriva e inquietava quale
fede la rischiarasse.
In giornata si era recato di lunedì al tempio di
Shiva, e per altre cinque lunedì vi si recherà ancora, perché ha appreso che
durante questo mese sarà Egli il dio tuttofare, mentre Vishnu e la sua
famiglia divina se ne stanno in riposo, e Brahma giace in quiescenza.
“Now Shiva is like the general manager of the world, He has power for every
good, “ a Lui la pralaya, dissolvere tutto come è già in suo potere,
provvedere al futuro come Vishnu, “ give life” come Brahma,.
Che non manchi ogni lunedì di fare ritorno al tempio del Dio, mi
raccomandavo, e che renda sereni i nostri giorni il pensiero della vita bella
che assicuriamo ai nostri bambini, la cui felicità ora ci chiede così poche
rupie…
Intanto la sua mente, di così eccezionale memoria, riandava a Deogarh, al suo
tempio mirabile, all’ immagine scultorea straordinaria , che vi è in rilievo,
di Vishnu disteso sulle spire del serpente Ananta, sull’oceano del niente
primordiale in cui l’ulteriore Universo è andato dissolto.
Ma ecco Laxmi che gli solletica un piede, un nuovo mondo nel Dio ha di nuovo origine, e la sua scaturigine è il fiore di loto
che ha vita dal suo ombelico, “ With Brahma inside” ricordava benissimo
l’amico, ” e sopra di nuovo tutti gli dei”
“ Certo , Kailash, prima degli altri Shiva e Parvati sul loro Nandi
(gibbuto)…”
“ E ti ricordi, quando rimpiangevo di essere stato di ritorno in Batheswar
senza essere risalito al tempio che ne precede l' ingresso, e tu mi dicesti
che non ne valeva la pena, perché all interno non c’erano che delle immagini
di soli sardulas? Controllai poi le fotografie, ed il tuo ricordo era
perfettamente esatto…
“ Cerco di salvare la mia mente… “
Parlando di Aurangabad, alcuni giorni fa, ha saputo
dirmi il nome stesso dell'hotel dov’eravamo stati oramai sette, otto anni or
sono.
Bum bum , tuoni nella notte, e di pomeriggio, quando
poi “ not one drop”, non una goccia che fosse caduta, ad alleviare una calura
che non si fa monsonica.
Ma in mattinata l'amico era stato il conducente di
una coppia indiana ai templi jain, e al Duladeo, mentre essi non avevano
voluto sospingersi fino al Chhatarbuja, né inteso saperne di raggiungere i templi
Vamana e Javari, per l’insostenibilità, per loro stessi, del dissesto
stradale da affrontare per pervenirvi.
Duecento rupie, il ricavo, di cui non mi ha detto
che perché gliel’ho chiesto. Una stilla, ma quanto benefica, nell’arsura
economica da cui riaverci per concepire ancora un futuro, come sulle spire
del nostro stesso serpente.
10 agosto 2015
Sul nuovo fonte
battesimale in Sant'Andrea in Mantova
Credo che la gran questione se il fonte battesimale s’ha o non s’ha da fare nella Concattedrale di Mantova,
sia riducibile al quanto mai semplice interrogativo: “E se s’ha da fare, ma
perché mai proprio in Sant’Andrea?” Il che induce a chiedere in sovrappiù:
“Forse, che il battesimo è più battesimale se officiato in un luogo di culto
ch’è artistico ed antico? Forse che vi è più sacramentale, forse che fa più
passare dalla morte alla vita spirituale, se ad impartirvelo è l’Eccellenza
consona di un Vescovo? Di sicuro vi è che alla bella faccia del codice canonico
del 1983, se in un Sant’Andrea il battesimo è somministrato in tutta la sua
solennità preconciliare da un’ Eccellenza
Reverendissima ad un catecumeno adulto, che so, alla superba altezza di un
altro Magdi Cristiano Allam, nella maestà austera di una così augusta e
fotogenica basilica, un così gran bel battesimo che sia esibito nel suo
transetto, e prima e poi protratto lungo l’intera navata, può lusingare le
aspettative che nel nostro bel Sant’Andrea si possa in tal modo celebrare in
pompa magna, e per la sola vana gloria mondana, magnificandolo da un
nuovissimo ambone marmoreo intrusivo, uno di quei trionfi cui la Bella Immortal da
un po’ di tempo non è poi che sia così tanto avvezza, o che se ne bei,
all’insegna di un “va mo là, laici islamofili”, che suona oggi alquanto
controcorrente rispetto agli stessi santissimi detti, dello stesso Papa
Francesco, che “ Dio non è cattolico”, un asserto liberatorio finalmente
espresso da un Santo Padre, che fa il paio con quanto ebbe già a dire il
Mahatma Gandhi, quanto al fatto che di sicuro “ Dio non ha religione”. Prego,
si abbia dunque un briciolo di fede nella reviviscenza del sacro e del bello
anche in quanto è un tempio moderno e vi è un rito non necessariamente
officiato da Vescovi, e si lasci Sant’Andrea ai fin troppi martoriamenti che
la devozione ha già fatto subire nel tempo al gran monumento albertiano
Apparso sulla Gazzetta di Mantova
il 10 agosto 2015
nota architettonica ulteriore
sui templi di Khajuraho
I templi laksmana e vishvanata , dentro il loro
canone pancharata alla cui prescrittività rinviano i tempietti pancharata- in
stile pratihara dell ordinamento panchayatana, e la scansione delle
proiezioni delle pareti del santuario interno volte al deambulatrorio, esse
pure pancharatha, - potevano far corrispondere al badhra centrale centrale l
intera proiezione di un balcone, solo ridimensionando i pratirathas intermedi
a due upabhadras o proiezioni laterali dello stesso balcone, da esso distinte
, ma non separate, una soluzione non infrazionistica, certo, ma più consona a
un tempio tri-rathas, come attesta il tempio ( coevo? )Pachali
Marghat .) ad esempio, di Khardwaha . Presumibilmente era un limite
costruttivo di compromesso, più che una condizione semplificatoria assunta
come ideale, nel'edificazione di templi più grandiosi della media dei coevi,
in quanto i templi futuri di Khajuraho diminuiranno di mole
, ma implementeranno le loro proiezioni pur in dimensioni più ridotte.
E sempre Kadwaha ci può attestare che la riduzione che si persegue nel tempo
non consta del numero delle proiezioni, ma delle loro edificazioni edicolari
in guise templari, riservando chhadya e udgamas ,o
toranas, alla sola inabitazione sulle proiezioni, da focalizzare, delle
statue delle divinità sulle quali doveva essere concentrata la meditazione
orante, quelle dei badhras e delle kapili del'antarala E' da supporre che
l'impasse così rilevata fosse data da un vincolo paradigmatico da
trascendere, solo superando il quale si accedeva alla soluzione
architettonica ideale. Tale vincolo paradigmatico era dato dal modello-modulo
pancharatha, ed infatti sarà con l'assunzione del
modello septaratha, nel khandarya, con tre proiezioni centrali del sikhara
che trovano la loro corrispondenza nelle articolazioni del balcone-bhadra
centrale, due laterali e due terminali per pratirrathas e karnas separate e
distinte, che il tempio eletto a tipo esemplare della capitale religiosa dei
Chandella troverà la sua attuazione perfetta.
15 agosto 2015
Haiku per un'anima cara 1
E s’io ti penso,
sei tu in me di ritorno
perch’io ti viva
Haiku per un'anima cara 2
E' nascondino
il gioco che riprendi
in cui riappari
Haiku
per un'anima cara 3
Che di te, a papà?
Digli che mia è la voce
che vi riamora
Haiku per un' Anima cara 4
E in un istante
riapparivi ridente
e tu sei morto
Haiku per un'anima cara, 5
( A me l'Anima cara)
“La mia gioia morta
tanto l’ amò il tuo strazio
che di te or vive”.
(Variante )
“La mia gioia morta
tanto l’ amò il tuo strazio
che ora te ardo”.
Haiku per un' Anima cara 6
Ed ora, tu che
fosti senza parole
sei alato al fianco
18-19 agosto 2015
Qui canta un assolo l’estate
Qui l’estate canta un assolo
che non incanta i sensi morenti,
trasuda, in svago e piacere, una replica che
non dilacera strappi,
le voci sociali, se le ascolti,
salmodiando
dei derelitti dei mari
quale sia il gusto dei pesci che se
ne nutricano,
eppure non c’e vita che anche qui non vada
parlando, gridando, piangendo d’amore,
di cui tremi a che puoi fare ritorno,
(ma è) quella la torba che alimenta la fiamma,
l’ardere che là ti è dato (che ti
consuma )
(del fuoco sacro )del torbido di spasimo
ed odio,
andato del tutto e qui rimasto,
Tayata om gate gate
parasamgate
con il cuore che sa ancora abbracciare (di tutto)
se già si fa più che al
di là di carne e di
sangue
nelle visioni d’eterno di morte rovine,
dove la linfa di volute di foglie,
l’imbeccarsi d’uccelli in cui si è mutata la pietra,
ne sono il canto della tua migrazione
(ne sono il canto dei nuovi cieli, e
terre,
cui in corso da tempo è
la tua migrazione ,)
( e dunque ) verso l India,
(andrai) ancora salpando,
a voi ancora, vive e morte anime amate,
ove a te siano i resti (negletti )di
purana mandir
"monuments of unageing intellect,”.
in loro perpetuandoti il ciclo,
la pioggia, stillandoti fresca,
all' inumidita soglia che Shiva
sorveglia,
SINOPIE
Qui
canta un assolo l’estate
Che non incanta i sensi morenti,
in svago e piacere , e ancora l’agone,
inscenando una replica senza
rimpianti che non strappa /lascia/rimpianti, cui non cede il rimpianto,
che non trova rimpianti,
se ascolti trapelare voci sociali
salmodiando il coro dei mostri,
sui derelitti, intorno ai derelitti
quale sia il quale sia gusto della
carne dei pesci che se ne cibano,
eppure non c’e vita che anche qui non vada
Parlando,
gridando, piangendo d’amore,
in ipermercati vuoti, sotto i portici.
da un capo all’altro del telefono,
di cui tu sai che può attenderti se torni,
di cui sai tremi/ a che puoi fare
ritorno,
...........................................
Qui
canta un assolo l’estate
Che non incanta i sensi morenti,
in svago e piacere , e ancora l’agone,
inscenando una replica senza
rimpianti che non strappa /lascia/rimpianti, cui non cede il rimpianto,
che non trova rimpianti,
se ascolti trapelare voci sociali
salmodiando il coro dei mostri,
sui derelitti, intorno ai derelitti
quale sia il quale sia gusto
della carne dei pesci che se ne cibano,
eppure non c’e vita che anche qui non vada
Parlando,
gridando, piangendo d’amore,
in ipermercati vuoti, sotto i portici.
da un capo all’altro del telefono,
di cui tu sai che può attenderti se torni,
di cui sai tremi/ a che puoi fare
ritorno,
...........................................................
21- 22
agosto 2015
Qui canta un assolo l’estate
Che non incanta i sensi morenti,
in svago e piacere , e ancora l’eccitato agone, eccitato,
trasuda inscenando una replica senza rimpianti che non strappa
/lascia/rimpianti, cui non cede il rimpianto, che non lacera strappi strappa
( trova)rimpianti,
2 se le ascolti trapelare, le voci sociali,
1 salmodiando il coro dei mostri
sui derelitti, intorno ai derelitti dei mari,
quale sia il di quale sia il gusto (della carne) dei pesci che se ne cibano,
che gusto abbia la carne dei pesci che se ne cibano, nutricano
eppure non c’e vita che anche qui non vada
Parlando, gridando, piangendo d’amore,
in ipermercati vuoti, sotto i portici.
da un capo all’altro del telefono,
di cui tu sai che può attenderti se torni,
di cui sai tremi/ a che puoi fare ritorno,
se lo scongiuri che le comperi con i tuoi denari il sari
che la sua follia le diceva di stracciarsi quale tuo atto di accusa,
e dell uno, dell’altro, di Chandu, di Mohammad, ti sai il pericolo distante,
la triste novella di come egli sia ritornato venuto di lontano,
e li abbia svezzati, cresciuti, corrotti e poi uccisi
e dopo che li ha svezzati, cresciuti, li ha corrotti e poi uccisi ,
ma è questa la torba che alimenta la fiamma,
l’ardere che ti è dato che ti consuma d’amore,
già andato, e qui ancora rimasto
nell’ incarnarsi e lo scarnificarsi di cui divampare
di cui divampare a visioni d’eterno,
del fuoco sacro del torbido di spasimo ed odio,
oh, andato, andato,
andato del tutto e qui rimasto,
Tayata om gate gate parasamgate.
con il cuore che di tutto sa ancora abbracciare
perché è già al di la di carne nervi e di sangue
nelle visioni d’eterno di morte rovine,
dove la linfa di volute foglie, l’imbeccarsi d’uccelli in cui si è mutata la
pietra,
ne sono il canto dei nuovi cieli e delle terre cui la migrazione è da tempo
iniziata,
e dunque sailing to india verso l india, andrai ancora salpando,
a voi ancora, vive e morte anime amate,
ove a te siano i resti negletti di purana mandir
monuments of unageing intellect,”.
vita, nascita e morte,
nello loro carni perpetuandoti il ciclo,
la pioggia stillandoti fresca di guazzo
all inumidita soglia che Shiva sorveglia,
,
e dunque sailing to india verso l india, vada tu ancora salpando,
a voi ancora, vive e morte anime amate,
negletto e finitimo
ai resti negletti, di purana mandir, salpando a
quanto voi ai vostri resti negletti , purana mandir, di
monuments of unageing intellect,”.
……………………………………………………….
………………………………………………………
22 agosto 2015
Otto bigliettini di Gino Baratta a commento di mie poesie d'un tempo.
1
E’ bastato giorni or sono che mettessi mano alle mie antiche carte che tengo
in un bauletto ch’è appena poco oltre l’ingresso della mia libreria, sotto il
reliquario, tra altre scatole di reperti di viaggio, dei pochi cimeli che mi
restano del mio caro Sumit, per ritrovare raccolti in una busta che mi aveva
recato una missiva di Jean Starobinskij, sparsi al suo interno tra le altre
buste di alcune lettere di Claudio Magris, ( “Caro Bergamaschi, grazie,
custodirò molto volentieri il suo manoscritto nella bottiglia. Tante care
cose”), i bigliettini che Gino Baratta mi trasmetteva sul fare delle lezioni,
quando oltre trent’anni or sono fummo colleghi nello stesso Istituto
scolastico, con su scritto il suo commento ai miei
testi poetici che gli facevo vedere. Otto in tutto, non di più, su ritagli d’occasione, ma scritti con una grafia fine quanto
l’acutezza e l attenzione prestatami, quale da nessun altro avrei più
ricevuto.
In alcuni di essi era contenuta l’analisi di un
semplice testo, preso in esame in se stesso, in altri Gino aveva inserito la
disamina anatomica del mio componimento nella visione che si veniva facendo
del decorso intertestuale della mia produzione poetica, per farmi presente
quanto, secondo i suoi orientamenti critici, vi significasse o meno un
avanzamento espressivo,.
Di tali "pizzini",vorrei pubblicarne inizialmente uno inerente una
mia sola poesia, di cui allego il testo testo, per non complicarne la
decifrazione con l’illustrazione di rinvii e rimandi Sta esso scritto sul
retro dell’incarico conferito al sig. Prof. Baratta di
supplire il prof. Sarzi Braga, in data 9 novembre 1983. Addì 8
novembre 1983.
E’ a commento di un mio componimento che ricorre nella edizione
in rete della mia raccolta Acanti ed asfodeli , ma di cui il mio spirito
critico ha poi accolto che vi figurasse solo se vi compariva quale una delle
Esercitazioni che fanno seguito ai suoi componimenti essenziali, all’atto di
un loro restauro selettivo del 1998.
In tale suo referto, più che recensione, attraverso una figura emblematica
del componimento, l’”astrale bilancia”, Gino colse nella forma discorsiva
implicita del componimento, l’interrogativo, la trama esistenziale che vi
venivo esprimendo, e seppe individuare in Montale l autore di riferimento .
Borges ora mi sembra di aggiungere, e Quevedo cui Gino rinvia con il suo
cenno alle mie “agudezas”, insieme con la constatazione che c’è troppa
lucidità discernente nelle parole costernate di allora, perché esprimessero
davvero un discorso di tenebra. Nella versione originaria come ne La casa dei doganieri c’era un “addipana” cui fa e
riferimento Gino, che ora ho corretto in sdipana
Quale vera Maat può soppesarti
Quale vera Maat può soppesarti
la coppa a propendere dell'astrale bilancia,
se questa tua cieca carne che dilacera e rantola,
o inerte il suo pugno di polvere.
Al volgere del fuso
gli occhi che ti tramano inesausti
con gli incubi i sogni,
certe solo la pena e le ansietà dell'ansito,
nessuna condanna inappellabile,
la tua carcerazione che così continua.
Il filo che si sdipana e ti conduce
e chi può rivelarti
se volge ad un'uscita celeste o a delle fetide fauci,
chi ti riconduce il ritorno della vela che vapora.
Così la tenebra ci fa complici del nostro destino,
e ci si inanella alla catena ininterrotta
o la si spezza e si soggioga.
E Giasone che tradisce Medea per lui fratricida,
e Teseo Arianna che fu sua complice anch'ella
contro il suo sangue,
saranno i gloriosi vincitori che fluttua la marea perenne.
Gino ne scrisse:
“Mi pare centrale l emblema : astrale bilancia. L’oscillazione
delle domande, o, in ogni caso, un aut-aut che si pone quale indugio mi
paiono precorsi da astrale bilancia. L’uscita celeste o il volgere
alle fetide fauci ( con l interrogativo) stanno,
incerti, sull’astrale bilancia.
Se un filo si addipana, non è per certezze o risposte; anzi, per consegnarsi
alle contraddizioni del fato, per introdurre all’ambiguità di un rapporto:
Giasone-Medea; Teseo-Arianna.
Complessivamente la struttura e le agudezas mi riportano
a Montale: Soprattutto l ‘implicante interlocutorio: tua, ti.”
Un secondo bigliettino tra me
e Gino Baratta
Il referto seguente è forse il primo dei bigliettini che Gino ha scritto a
commento di una mia poesia. E' questa la ragione principale della brevità
delle note che vi si rintracciano, che non si spiega con una sua elusione di
come il componimento non gli fosse particolarmente piaciuto, in quanto lo
avrebbe poi prescelto a che figurasse in testa ad in
una mia terna rappresentativa, in una antologia poetica di cui fuegli il
curatore, La doppia dimenticanza, Poeti della sesta generazione Forli, Forum/
quinta Generazione, 1983). Altre mie poesie non furono più pubblicate.
Nel testo poetico Gino Baratta individua alla perfezione l’immaginario che lo
ha ispirato, percependo come forme naturali e artificiali, le une vanamente
ad intrecciarsi in amore alla guisa di quelle floreali in ferro battuto, vi
siano le figurazioni del mondo artistico del liberty, uno stile che non era
allora , agli inizi degli anno Ottanta, solo un
fatto di gusto, magari rétro, ma il mondo delle forme di un universo
culturale immenso: la Vienna,
di Trakl , di Hofmannstahl o Rilke, di Klimt o di Schiele, come allora ce la
incantavano la critica filosofica e letteraria di Magris e di Cacciari.
Negli altri due testi che Gino avrebbe prescelto per quella raccolta, di cui
non serbo traccia o memoria di biglietti, Gino avrebbe rinvenuto tra di noi
delle ulteriori affinità elettive al loro improntarsi maniacale al
manierismo, secondo una comune vocazione, anti-classicista. che aveva delle similarità con la crisis della negatività
del moderno di cui il liberty a sua volta era cifra e sigla.
Benchè a dispetto degli studi di critica d'arte dell'Arcangeli
l' espressionismo padano fosse pensato come univocamente estroverso,
macheronico-ariosteo, l'indagine critica antecedente dell'opera in prosa del
marchesino pittore De Pisis aveva immunizzato Gino da ogni visione
unilateralmente giovale dello spirito padano, sicchè rinvenirvi il mio
saturnismo non era stata per lui sorprendente.
Così, ora delle circostanze in cui Gino si trasse con me fugacemente in
disparte dai suoi accoliti, ne ricordo una in cui si appuntò sul tormentio di
cui le mani dei corpi di Schiele erano espressione, un’altra in cui vagheggiò
che ci potessimo ritirare come il Pontormo , per
nostre alchimie verbali simili a quelle sue pittoriche, in una casa che
avesse “ piuttosto cera di casamento da uomo fantastico e solitario che di
ben considerata abitura,” secondo le parole di un biografo del gran pittore
fiorentino accennate da Longhi, - un involversi e un internarsi di cui aveva
già riesumato un ricorso ulteriore, in Scritti sull’arte, quanto alle manie
del marchesino de Pisis nella sua Ferrara pentagona o nella sua stanza
ottagona in Parigi
E tu ora svena ogni tuo spasimo
E tu ora svena ogni tuo spasimo
fra le ritorte foglie che ti laminò un artefice,
la ferrea trama riforgiandoti
di cancelli invano a schiudersi,
ora che le stagioni si susseguono, pur sempre,
e delirio
è ancora accoglierne il richiamo,
tra i freddi palmiti
verso dimore d'ombra
affetti e palpiti stillanti,
a corpi e mani, se ripulluliamo,
quale vano tormento
a noi morti l'intrecciarci.
( 1982-83)
Commento di Gino Baratta
“Mani- ritorte foglie- laminare-artefice
L’intrecciarsi è anticipato da –trama- ma è verbo che rende trasparente l
intera costruzione dei versi
Uno spazio recintato da floreale ferro battuto”
Le altre due poesie apparse insieme con la precedente nell’antologia La
doppia dimenticanza
Al frinire dei sistri delle cicale
Al frinire dei sistri delle cicale
non andare se tumultua il sangue,
il cielo è immane una canicola di piombo.
Per chi la Vergine
s'intorbida stravolta
le occasioni sorgono già morte.
A lamine profetiche d’argento
che attendi ancora il vento,
per la pianura,
che vi spiri a sommuoverti un futuro?
Più non stormiscono, nell'estuo,
tacite le fronde pitiche,
terreo lo sguardo
le Sibille intorte.
Così a decretarti,
nel desiderio senza più speranze,
tutto di nuovo, sempre così.
(1982-83)
Al chiarirsi di derive di zaffiro
Al chiarirsi di derive di zaffiro
s'invermigliano di sangue le asterie fluttuanti,
nell'opale disciolto di cieli di Siria
mutili acanti promanano agli astri
dei cancri solari cavitati nei vortici,
quando nel riorbitare delle sfere armillari,
a lunazioni più rapide
precipiti immani,
Mercurioveneri chiaroveggenti
ingeminiamo ovoidi abomini ( aborti) postumi,
- nei peripli di terrore
se la celata è levata a mirare un sogno
a parare l'oltraggio che ci ritorce
il seme di cuori che già si sfaglia.
(1983)
3 settembre 2015
Un terzo
bigliettino di Gino Baratta
Un terzo
bigliettino di Gino Baratta
Questo bigliettino è l unico di quelli
rimastimi che riguarda un racconto, “ La festa nuziale”, che con “ La
fiera di paese” ed “ Il giardino pubblico” compone una sorta di trittico
iniziatico della mia narrativa.
Gino ne ebbe a rilevare innanzitutto lo stile
espressionistico, che egli ricollegò a Gianfranco Contini, mi è
difficile tuttora intendere se citandolo quale critico diagnostico o
quale autore per me esemplare, nell'esercizio appunto di una scrittura
espressionistica
In realtà con
Gadda e Longhi al vertice di una Trimurti del mio Super-Io, tra gli
autori in prosa del Novecento italiano Contini, era ed è tuttora il mio nume
tutelare letterario,,ma ne indossavo i panni mentali
solo quando io stesso assumevo le vesti di critico.
Gino ritenne
invece che la forma linguistica della mia prosa narrativa risalisse agli anni
trenta, a Delfini o a Landolfi, mentre rinvenne una reminiscenza di Attilio Bertolucci nella ricorrenza di
"arca" entro il sintagma “ arca immane di quanta gente”.
Ora io direi che Gino si rifece esattamente agli scrittori nel
cui calco letterario mi muovevo, solo che nel racconto la voce narrante
in prima persona era l ‘Io di un poeta colto e marginale, che avvertiva
goffa la ricercatezza della sua diversità in seno al popolo rustico dei
suoi compaesani, di cui purtuttavia ,in un empito populistico
intensamente sabiano, avrebbe vorrebbe essere parte sino a confondersi
fisiologicamente con la sua natura plebea, il che al termine gli è consentito
felicemente solo dall’ebbrezza del vino, quando l'ha vinta sulla sua
lucidità critica divaricatrice. E di quei tempi
l'Io letterario la cui assimilazione ( che facendomi io sua
voce), poteva propiziare la mia immedesimazione espressiva con tale
personaggio, tra i due citati da Gino era solo quello di Delfini,
mentre nella letteratura straniera per me aveva assunto tale
evocatività il grande Robert Walser.
Tommaso
Landolfi fu certo voce di scrittore per me determinante,
ma la facevo mia quando avevo da impersonare altre identità letterarie,
più elegantemente attillate, e meno atticciate, che non quella di
un poeta balzano agli occhi del mondo, allorché, ad esempio, mi
attempavo in un signore urbano d’altri tempi, cerebrale nella sua
sentimentalità.
Nel seguito
delle annotazioni l’interesse di Gino era quindi calamitato dai modi di tale
scrittura espressionistica, dal senso del ricorso in essa
dello esclamativo: segnava forse la temperatura di uno slancio
effettivamente esuberante, o comunque quella più febbrile di un farsi
forza, entro un andamento musicale-narrativo del racconto che era
per lui costituito da un preludio di incoraggiamento, un primo
movimento in crescendo e da un ulteriore in diminuendo,in
corrispondenza con il decorso dello spirito d’adesione alla festa del poeta,
al venir meno del quale scemavano gli stessi esclamativi. Di tale involversi
della vitalità festosa del poeta, per effetto delle variazioni in una
tonalità negativa delle fluttuazioni stesse della sua consapevolezza
riflessiva, per Gino era emblematico che
accanto a un Viva Bacco, mozartiano, al poeta fosse irrefrenabile
l'erompere in un Viva Bachtin, che era una cifra dell'ostentazione per
lui irrinunciabile del proprio addottoramento, a certificazione, invece con
ciò, più di una insicurezza quanto al proprio proprio valore che
di una rassicurazione in merito. Ed in sintonia Gino registrava , a compimento di nota, il trasformarsi del melodramma
del movimento in crescendo nel melodrammatico della riflessività “ del
noster poeta" ch'era al suo cospetto alla consegna del biglietto.
Peccato, era allora il mio cruccio, che per la sua avversione per il
melodramma quanto per il mondo dello sport, Gino non potesse avvertirvi di
quante citazioni volessi dilettarvi il gusto del
melomane, con quell'" Ecco l Ebe che versa", ad esempio, che nella
sua bislaccheria la mia memoria canora aveva desunto dalla stessa Traviata. (Gastone E tu dunque non apri più bocca? (ad Alfredo) Marchese È a madama che scuoterlo tocca... (a
Violetta) Violetta Sarò l'Ebe che versa).
Espressionismo
( Contini)
Anni
trenta- da Delfini a Landolfi-area da Bertolucci
La
cifra in esclamativo cresce e cala = segna una temperatura? Prima (il
protagonista) ha bisogno di un incoraggia-mento – poi cresce su di sé e
quindi cala sempre su di sé
Il
melodramma avvia al melodrammatico della riflessione del noster poeta.
Compare
Bachtin-in metacoscienza ( - se porco- la plastica- le
bibite- più che vino)
3
settembre 2015
Each
man kills the thing he loves" riscrittura
Di un quarto bigliettino di Gino a
commento di una mia poesia ( e di uno ulteriore)
La mia paura di
espormi in ciò che reputavo il meglio di quanto
scrivevo, perché un giudizio critico negativo non mi stroncasse nei limiti
palesatisi per me insormontabili in quanto li denunciavano ancor più
spietatamente i miei raggiungimenti più alti, nei loro esiti di conseguenza
mancati, mi indusse a consegnare a Gino dei componimento quale quello che
segue, che inesorabilmente avrei poi declassato ad Esercitazione. Gino vi
ravviso acutamente una novità nella sospensione che vi accade del tempo, di
un tempo che era in realtà il tempo della desolazione di una vita dei sensi e
intellettiva caduta nell’inedia perché senza speranza, quando un’apparizione , una riesumazione di trascorse esperienze la rieccita,
ne risveglia la brama. In effetti la perimetrazione
dell’ammattonato è una cattura dell’istante, come intese benissimo Gino, in
quanto ne finisce subito irretito nell’ordinarietà mortificante della
quotidianità, Ciò che quindi si itera in modulazione di frequenza , di cui
chiede Gino il chiarimento, con il ristabilimento del principio di realtà e
la desistenza, che ne consegue, che induce la mente a quieta rassegnazione (
“ il ritorno del feedback”), è il destino che si prefigura all’assecondamento
del richiamo, l’uccisione possessiva dell’anima amata ( l“ each man kills the
thing he loves" di Wilde- Fassbinder), che ha il suo corrispettivo nella
gelosia assassina di due personaggi d’opera come Otello ed il don José della
Carmen.
Di ciò che suscitò l’immaginazione di questo testo poetico, mi soccorre solo
il ricordo della psicologia archetipica di Hillman e di Images di Altmann.
Sullo sfondo Montale, of course, e i suoi correlati oggettivi della
desistenza a vivere.
Il cielo che gravita converso in acqua
Il cielo che gravita converso in acqua.
Nelle tenebre, insostenibile,
il calice in frantumi
sopra la tavola. Entro un intarsio nelle Menti
la figura ad irricomporsi dell'Unicorno,
il gioco della chiave oramai smarrito
nella successione vana dei tentativi.
Soffermatasi la pioggia,
quando è un'irruzione nel verde
tra l'umido che gocciola.
Entro la gola
un grido rabido che sale...
Alla favilla
riscaturendo dall'ombra a perimetrare lo sguardo
il grigio scalfito degli ammattonati.
Finch'é il ritorno del feed-back.
Sulla modulazione di frequenza inalterata
Otello chiede a Desdemona un altro bacio ancora.
E se rimoduli
è don José che riassassina Carmen adorata.
Il
commento di Gino Baratta
“ Scopro una novità nella sospensione del tempo. O meglio, nell incombenza di un attimo. Di un attimo che
mi pare tu voglia dilatare, espandere, anche se la perimetrazione ne assicura allo sguardo la cattura.Dentro l’attimo,
dentro una sua immobilità irrompe e trascorre un volo? E
la sua iterazione in modulazione di frequenza? E di
nuovo: se si rimodula?"
Da un altro
bigliettino o pizzino risulta che ebbi a consegnare
a Gino una seconda stesura del testo poetico, il cui ampliamento solo in
parte si è conservato nella versione definitiva , o comprendeva immagini che
ricorrono nel suo testo che ho or su allegato, ma che non aveva fatto ancora
la loro comparsa nella .redazione del testo cui si
rifaceva la nota di Gino antecedente. Egli vi riscontrò una
ulteriore componente parnassiana, oltre a quella liberty , già
attestata , per il ricorso a un immaginario mitico intessuto di
menti, unicorni, decani di cui si persero poi le tracce.La sospensione del
tempo , già rilevata da Gino nella più breve
versione precedente del componimento, nella sua redazione più vasta del
componimento finiva per corrispondere a un movimento "verso il
pacato,verso il silenzio" concluso dal punto
A tale versione più estesa avevo allegato un mio componimento breve, una mia
" briciola", come gli avevo detto e gli era rimasto impresso, che
forse corrisponde, non ne sono sicuro, a uno dei testi che allego,. In esso Gino credette di ravvisare il procedere della mia
intuizione poetica: " da un baleno, già in se concluso, far emergere una
situazione più esplicita, più arricchita, dunque
Più non infierire
Più non infierire
nel cuore d'altri.
Che i tuoi giorni
almeno siano cenere
d'insfiorati petali di rose.
Nell'ora che si eterna in te la stasi
Nell'ora che si eterna in te la stasi
v'é chi riferve di un'attesa,
v'è chi gode di un suo angelo
nell'ora che in te ricade la rinuncia.
E mentre tanta inedia torna ad infrangerti ( spezzarti) (stremarti),
vi è chi in suo godimento o in una preghiera a un
dio
teme una morte che tu solo brami.
E' ogni bellezza solo il principio di ogni tormento
E' ogni bellezza solo il principio di ogni tormento,
il deserto il termine di ogni brama.
Un petalo ( di rosa) il residuo bene.
E tu non gualcirla, incauta,
la sua delicatezza che ti sospira.
Nella nebbia è un sogno di che trepidi
Nella nebbia è un sogno di che
trepidi.
Se già credulo lo miri,
tu solo lo disfiora
di morte quel tremulo incanto.
Eppure ti ho richiamato, mio delicato essere,
Eppure ti ho richiamato, mio delicato
essere,
nel vuoto illimite del mio solo amore.
Che un angelo segni ora il termine
che mi è invalicabile.
Crepitando nella mia estinzione
fiamma che di te divampi solitaria,
se luce non splende ch'entrambi riarda.
Già nell'attimo, astanti,
Già nell'attimo, astanti,
che tremanti ci si porge,
già sgomenti ci ritrae
nei più delicati sguardi
il tremendo che palpita.
Così a te solo assisto
in me dissolto a desiderarti inerte.
1983
Il bigliettino
di Gino
Nell'ampliamento della redazione trovo la conferma del movimento già notato
nei primi versi tuoi: dall'alto verso il pacato,
verso il silenzio che coincide col punto. Grazie all'ampliamento non solo si
accentua la componente liberty, ma il tutto, mi
pare, assume cifre vagamente parnassiane. Certe figure, precedentemente
implicite, sono affiorate: le Menti, l'Unicorno, soprattutto i Decani.
Preferirei. " tra l'umido che sgocciola" a "tra l umido che
sgronda". sgronda è assai connotato, mi sembra
&&&
Quella che tu chiami briciola, io la leggo come germe, pieno di presupposti,
di premonizioni, ma mi pare, se ho capito bene, che sia il tuo modo di
lavorare: da un baleno già in se conchiuso, far emergere una situazione più
esplicita, più arricchita, dunque.
4
ottobre 2015
Un altro pizzino di Gino per
una mia poesia del 1983
Il biglietto di Gino è dato dalla metà di una carta d’invito
all’inaugurazione di un’esposizione che si tenne nel Padiglione di Arte Contemporanea di Milano tra il 20 ottobre ed i
primi di novembre del 1983, quando sindaco di Milano era Carlo Tognoli. Con una
penna d’inchiostro vi scrisse il commento più penetrante e di più alto
apprezzamento delle relazioni di congruenza in un mio componimento tra la
forma metrico-sintattica e quella dei significati, nel loro bilanciamento
strutturale L’assenza di ogni suo riferimento ai
contenuti semantici del testo in esame, e le revisioni apportate in seguito
alla sua scansione in versi, non mi hanno impedito di identificarlo, grazie
al ricordo che avevo della sua consegna, in virtù dell’apprezzamento di tale
poesia, per la sua decifrabilità, che mi espresse Sosi, la moglie di Gino, e
per il riferimento nel commento di Gino a tre versi di citazione che vi fanno
da perno, che sono la voce di Elena di Troia di fronte al rispecchiarsi nella
sua sfiorita bellezza- Liberty-mitteleuropeo l’immaginario del testo, con
echi pascoliani
Autunno che disfiora
Autunno, che disfiora,
brume che sfumano i deliri e le eclissi,
il vanire di che fu incanto
ora al tramonto degli incendi,
eppure al suo scempio
ad uno specchio
la sua voce di un tempo
a trasalirvi:
" E come già io potei,
dagli uomini,
essere rapita per due volte..."
Nel velame d'anime
nei parchi
erme che persistono solitarie, nero in un abito di
smog
fra un cadere fragile di foglie
in destini d'ombre sempreverdi
gli impeccabili espianti.
Autunno che disfiora
Autunno, che
disfiora,
brume che sfumano
i deliri e le eclissi,
il vanire
di che fu incanto
ora al tramonto degli incendi,
eppure al suo scempio ad uno specchio
la sua voce di un tempo
a trasalirvi:
" E come già io potei,
dagli uomini,
essere rapita per due volte..."
Nel velame d'anime
nei parchi
erme che persistono solitarie,
nero in un abito di smog
fra un cadere fragile di foglie;
in destini d'ombre sempreverdi
gli impeccabili espianti.
Il
commento di Gino Baratta
Mi sembra che sia assai ben bilanciata
strutturalmente: nella successione si hanno quattro blocchi di versi: quattro
versi di referenza, di semanticità esplicita. Quindi quattro che costituiscono castone, emblema. Tre di
“citazione” da rammemorazione: quasi un perno. Ancora tre
versi che fanno da pendant ai primi; infine, due versi: emblema.
Il movimento è di alternanza: da una semanticità
esplicita ad una più ambigua e meno dichiarata. La dove la semanticità è più
manifesta i versi chiudono; al contrario, dove il
senso è alluso, o comunque, interrogativo, il verso apre. Alternanza anche a
questo livello.
Rispetto alle cose ultimissime che mi hai passato, “questa” mi sembra più
risolta, proprio in relazione ad una minore densità, o, in rapporto, ad una densità meglio distribuita da parola a parola, da parte a
parte
fine settembre -4 ottobre 2015
Un sesto pizzino di Gino per
una mia poesia
Anche il componimento
poetico su cui verte tale pizzino, è tra quelli che trasmisi a Gino che con una eccessiva spietatezza ho poi retrocesso a Esercitazione
. In esso, come egli colse acutamente, l uso dei
gerundi e dei participi connota un esistere desertico impietrito ed
inerziale, assestatosi a remota distanza dagli accadimenti nel tempo, di cui
pervengono solo i suoni attutiti e i resti atroci di un' inesausta violenza.
Egli ben rilevò, sempre focalizzando le forme e i modi verbali, il prevalere
con l'uso " forte" di essere del presente inattivo di chi si limita ad assistere, giacchè anche ogni incanto
gli si leva già morto nell infinità cosmica del tempo. Delle allitterazioni
ed assonanze che arricchiscono il testo, rilevò a
nome di tutte le altre quelle iniziali, in un testo poetico che le fa
evocative di ogni suggestione immaginabile possibile di un immaginario
arabico-islamico. Tra le voci poetiche ispiratrici, Borges e Montale ( gli
ultimi versi)
Oltre
le sirti e i golfi lapidici
Oltre le sirti e i golfi lapidici
ove non è più brezza di vita,
che il mare abbrivii,
ombre d'ombre siamo fra antiche pietraie. Al limitare
ove arde un deserto infinito
nella luce totale. E la notte
é un'ombra nuda sotto le stelle.
Gli esodi e le transumanze
risolcando lontane
carovaniere. Non più la vita nel vento che le voci remote
di ladri di tombe e d'assassini,
le sole serpi
che fischiando s'annidano
in orbite vuote;
ancora torcentisi, implacate,
due mani mozze
gettate di corsa.
Ogni notte
la falce della Luna in un cielo di zaffiro
vi risorge nel silenzio d'inerti forme.
E il giorno é turbine
d'arida sabbia. Se cessa,
ove equorei brillano solo i fatati miraggi
di colombe e farfalle tra minareti.
In tanta rena di vane visioni
eppure persistono le spore dischiuse.
Mentre il vento che reca le voci di fonti
è il vortice che fa polvere gli astri.
Commento di Gino
Baratta
Se sono versi lontani, vi trovo premesse che avranno
risposte in seguito. Anzitutto nell’uso verbale del
gerundio o del participio: risolcando” “ fischiando”, “torcentesi”,
“implacate”. Mi sembra che proprio queste modalità del verbo abbiano
più rilievo rispetto ad altre più narrative: “arde”,
“risorge”, “brillano”, ecc. Così sono già presenti certe allitterazioni e
consonanze- Prendo solo l inizio. “oltre le sirti”, “brezza..abbrivii”.
Così mi sembrano valide certe presenze improvvise ed inattese
Due mani mozze
gettate di corsaù
L'uso del verbo essere in senso forte “ove più non è” “si è” “ il vortice è
della morte degli astri”, un tale uso mi sembra segnare la cifra o il
procedimento di uno sguardo che assiste, che rileva e non commenta e descrive
mai. Questo mi sembra importante.
4 ottobre 2015
Un ultimo pizzino di Gino
Baratta su alcuni dei primi miei testi poetici
Questa nota mi è molto cara perché in essa Gino
formulò un giudizio critico quanto mai negativo sulle cose che gli avevo
trasmesso, senza alcun sconto ma con estrema delicatezza. Il riguardo usatomi
gli fu facilitato dal fatto che le ultime poesie che gli avevo
trasmesso erano tra le mie prime composizioni poetiche ed il suo giudizio
negativo potè farlo coincidere con il mio stesso superamento poetico dei
limiti che presentavano quelle poesie. Mi ha intenerito e divertito con
quanta avvertita finezza abbia evitato di dirmi in tutta semplicità che
quelle “ prime o più lontane cose” erano banalmente scontate, dicendo invece
“ come vi fosse compromessa ogni attesa”.
Di esse quale lettore attentissimo pur di riscontri
deludenti, salvava sola la natura inventiva delle modalità verbali, mentre di
un’ovvietà senza possibilità di ricorso in appello gli risultavano le forme
nominali, iscrivibili al più ovvio cascame poetico (“ la serie
labbra-stelle-Amore-Notte”).
Si trattava degli esordi ancora neo-romantici di una mia produzione poetica
che anche nei raggiungimenti recenti che più gli piacevano restava per lui
viziata- secondo i suoi indirizzi critici tendenziali- da un autobiografismo
che la incentrava troppo sull io, come accusavano le forme pronominali.
Limitavano fortunatamente tale esorbitanza o
ipertrofia egoica, secondo altri suoi rilievi formulatimi in altri pizzini,o
di persona le forme verbali indefinite che ero venuto privilegiando su quelle
finite più narrative– secondo il modello di Gottfried Benn.
Ciò che comunque apprezzava ed avvalorava di tale mio percorso poetico era il
prosciugamento della mia prima effusività sentimentale in un linguaggio
poetico più asciutto e nitido, ,più rarefatto e cristallino, per effetto
della stessa mia ricercatezza impreziosente manieristica, nelle sue forme pur
liberty o parnassiane ( Nerval).
Ma al Parnaso, in uno dei nostri ultimi incontri, avvenuto al ristorante
Bagatto, quando la sua malattia cerebrale in corso ne era già venuta
spegnendo la mente, si richiamò altrimenti per dirmi dei suoi timori, non
ricordo più quanto giustificati, che mi stessi involvendo nel classicismo.
Fissata già la luna ha l'ancora
Fissata già la
luna ha l'ancora
nel cielo immoto dell'estate,
pallida guida
notturna
al corso in terra
degli amanti.
Infinite
nel chiaro
ora si consumano le stelle,
gli astri
ardenti brame.
( variante: Gli astri ardenti
quali brame.)
Ma il vento,
dalla terra,
più non reca sciabordio di vita
a quest'animalità che
sanguina lontano.
(Vana l'attesa)
Remota s'inabissa nella tacita notte
senza tregua la mia pena.
Che possono più
mormorare, d'inconsunto,
Che possono più
mormorare, d'inconsunto,
le (mie) nostre labbra esangui sotto le stelle?
Se nient'altro
che l'Inferno è certo se si ama,
o altrimenti è il Tutto
vano splendere.
Che nessun amato può riamarci
se non incrudelendo sulle labbra
del nostro Amore.
Invano a noi supplice
la sua Domanda,
poi che solo Chi non esiste
può a lui dare senza chiedergli.
Più nient'altro, d'inconsunto,
invano esalando le (mie) labbra sotto le stelle,
lieve adombrami nel Nulla,
tu o Notte delle Notti.
.
Di mezzodì
Di mezzodì,
nel campo di San Giovanni e Paolo,
imperscrutandomi silente, cheta trascorre
alle sue cure intenta, ravvivata
l'eterna gente,
tra obliati avelli
agili bimbi giocano a palla
schizzando
lievi d'intralcio
nell'animato intreccio;
oltre il Cavallo, altri loro
corpicini snelli
s'inerpicano in gioco
nel canto spento
di un lampione e di un alberello,
dirimpetto,
nel rio diffusa,
tremola assorta
la mia quieta morte.
Il Commento di Gino Baratta
Dalla prima alla più recente: complessivamente mi sembra predominante
la dimensione autobiografica, cioè una declinazione
pronominale che presiede, quale cifra, ad una sintassi distesa e chiara. Preferisco- ma è impressione di tendenza- versi tuoi più
secchi, più asciutti, dove anche il lessico è più emancipato dall’ io.
Mi pare che qui- in queste prime o più lontane cose- sia
compromessa ogni attesa: la “ notte” non può essere che “ tacita”, “ gli
“astri ardenti” non possono presentarsi che “come brame”, col supporto
addirittura del “ come”; “ luna …pallida
Mi sembrano funzionare invece certe modalità verbali: “ “imperscrutandomi
silente”, “s’inerpicano in gioco”. Ma anche in
questa ( Venezia, aprile 74) tu parli di “ la mia quieta morte”. Anche nell ultima (delle quattro) mi pare sussistano gli
elementi messi in evidenza. Se per un verso è documentata una qualità suggestiva del verbo- “incrudelendo”, “ lievi adombrami
nel Nulla”, “ d’inconsunto”, per altro verso la serie
labbra-stelle-Amore-Notte( o notte delle Notti) mi riporta dentro l’area o
un’area neoromantica.
Insomma, più severamente dominate, più taglienti e lucenti mi paiono le “
cose” prime che mi hai passato, quelle, cioè, che
stai scrivendo.
D’altra parte- quanto dico può essere banale, visto che ci sei giunto
autonomamente senza il mio “aiuto ( dito?) didattico
4 ottobre 2015
Sempre sul fonte battesimale in Sant'Andrea
( lettera non pubblicata)
E' ben lungi
dal vero la nostra Diocesi, se pensa che la questione emersa
quanto al fonte battesimale in San Andrea,
resti quella dei suo costi e della sua disarmonia intrusiva, non spiegandosi
pertanto tale e tanta levata di scudi. Ci si chiede ora
infatti, nelle voci di protesta, se per la nostra Curia Vescovile
il popolo di Dio sia l'intera umanità, di noi tutti quanti,
per cui Sant'Andrea, quale suo luogo di culto, teologicamente, prima ancora che per
volontà dell'Unesco, è patrimonio appieno dell'umanità intera, o se per
il nostro Vescovado, a quanto pare, si abbia dignità di figli del
Padre, che egli intende portare salvezza, solamente se si è
cattolico apostolico romani , e come tali allineati alle disposizioni
del proprio Vescovo, prima ancora che obbedienti a ciò che detta
lo Spirito nella propria coscienza. Se è così va di per sé che la casa del Padre, quando consiste nelle sue Chiese,
sia dei cristiani quali soli suoi figli, mentre ogni altra persona che
le frequenti o visiti ne è al più un ospite, e che i luoghi di culto,
come nel caso di Sant'Andrea, siano geloso patrimonio della sola Curia, di
cui assolutisticamente può disporre come meglio
crede, secondo quanto pensa lo stesso sovrintendente Stolfi
Ed ecco dunque, che nel nostro caso, per celebrare, (
trionfalisticamente?), la conversione battesimale di chi non è
altrimenti che un infedele , secondo gli intenti svelati dalle
comunicazioni diocesane alla Gazzetta del 6 agosto scorso, ( " Serve per
inserire nella Comunità cristiana individui provenienti da altre religioni,
soprattutto il sabato santo"), si elude con un silenzio imperterrito la
volontà degli stessi cattolici propri fedeli, i quali non sono mai
stati chiamati di fatto in causa per discuterne, e diventa bene che
decida l'imperio vescovile, passando al di sopra di tutto,
sopra il rispetto dello spirito con cui è stata ideato da Leon Battista
Alberti il Sant’Andrea, che resta Basilica”d’autore” a tutti gli effetti,
nonostante le modificazioni plurisecolari che l’hanno assurta a
concattedrale, sopra il riguardo per la nostra sensibilità di moderni e
post moderni, che ad esempio troviamo insostenibili i criteri, d’altri tempi,
che fecero affrescare disgraziatamente Sant’Andrea nel Settecento, e
cosa più grave di tutte, si resta incuranti, e nemmeno ci si pone il
problema, di quale sia la valenza che avrebbe presso altre fedi e credenze,
non meno radicate di quella cattolica, la conclamazione solenne con un battesimo
in Sant'Andrea durante una veglia pasquale, di una risonanza mediatica pari
alla grandiosità delle volte, della conversione al cattolicesimo di un
proprio ex correligionario, che è clamorosa apostasia per l’islam, passibile
della stessa condanna a morte, per i sikh una rottura che ingenera l'
esclusione di chi l’ha praticata da ogni relazione nel proprio mondo
comunitario d’origine, tanto per rifarmi alle due comunità religiose non
cristiane, di altri figli di Dio, più presenti nel territorio. E quanto allo spirito precipuamente
cristiano dell’opera , due note terminali. 1) Il
Vangelo non invita forse, architettonicamente, a versare vino nuovo in otri nuovi? 2) E sono così sicuri coloro che vorrebbero la
cerimonia battesimale in Sant’Andrea per farla decorrere sotto gli affreschi
dell’acqua di vita eterna che reca Gesù alla Samaritana, di non prendere
una svista solenne quanto al sublime messaggio dell'episodio
evangelico? Credere infatti che l’acqua viva che Gesù ha da dare alla
Samaritana come a ciascuno di noi, la quale in chi la beve si rivelerà
“sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna», sia quella
battesimale di una fede confessionale autentica che ci purga da un'altra
ripudiata come falsa, significa esattamente, secondo le parole inequivocabili
di Gesù, che si è tuttora di coloro per i quali non è ancora giunto il
momento in cui il Padre sarà adorato né sul monte Garizim dei
Samaritani né nella Gerusalemme ebraica, che si è ancora di quanti sanno
pregarlo solo in una sede specifica di uno specifico culto, ad esclusione e a
disdegno di ogni altro, ossia che non si è ancora i veri adoratori che egli
cerca, coloro cioè che adoreranno il Padre per quello che è, in spirito
e verità, senza che sia più indispensabile per questo un particolare sito del
sacro, od un determinato rito liturgico o sacramentale.” Perché
Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e Verità”,
semplicemente e assolutamente.
Odorico
Bergamaschi, ex insegnante ora in quiescenza
Versione antecedente
Credo che nel
suo intervento apparso sulla Gazzetta di Mantova del 2 settembre , Gabriele Gabrieli abbia ben illuminato il senso reale
della questione della vasca battesimale da collocare in Sant’Andrea, per il
tramite della sua rievocazione dell’essenziale di ciò che ebbe a dire l’Abbè
Pierre all’inaugurazione della basilica di Saint-Joseph a Montreal , quando
sostenne che onorare Dio è piuttosto riparare catapecchie che rendere
monumentali le chiese, oltre i quattro muri e i tetti che bastano, e che più
che lo stesso rito eucaristico valgono le opere di misericordia. E’ una
prassi spirituale propria delle fedi del nostro tempo, - di cui premetto che
non condivido il pauperismo architettonico, se non per quanto attiene ogni
chiesa futura, - che con le parole del teologo Ramon Panikkar può definirsi
la secolarizzazione del sacro, in quanto estende l’esercizio della fede e
della stessa vita sacramentale oltre le mura dei luoghi di culto e l’ambito
delle liturgie che in esse si esercitano, per farsi,
i fedeli, cooperatori del divino grazie alla glorificazione della realtà di
ogni giorno con opere di bene In tal senso mi chiedevo su queste colonne già
ai tempi del sisma delle nostre Basse, se la nostra Curia sarebbe riuscita a
spezzare il pane e versare il vino sugli altari come sui tavoli domestici e
di lavoro, a pregare attraverso
la preghiera come attraverso il dispendio di forza lavoro e d’amore solidale,
evitando di curarsi delle anime che stavano nelle chiese più di quelle
rimaste impaurite nelle tende o che erano già al lavoro nei campi, più delle
macerie dei propri luoghi di culto che di quelle di capannoni e fienili e
case.
In tal senso
è altresì ben chiaro ora che cosa sia venuto
significando la vasca battesimale in Sant’Andrea e perché abbia sollevato
tale scompiglio nella fede esplicita od implicita di tanti nostri
concittadini, e ce lo aiuta a comprendere meglio l’altro pregevolissimo
articolo, in materia, apparso lo stesso giorno sulla Gazzetta grazie a Carlo
Prandi, Vi si rammenta come sull’argomento non si sia più levata alcuna voce
della Commissione diocesana per i beni diocesani ecclesiastici, dopo il
documento emesso il 6 agosto scorso, e di tale silenzio cui la Curia si è attenuta, in
luogo di un dibattito reale, si asserisce che è l’attestazione che il
vescovado ha riservato il potere reale di decidere al solo personale addetto
al sacro in separata sede curiale rispetto ai fedeli, una separazione in
separata sede, che è lo statuto della Chiesa che meglio le consente di
imporre urbe et orbi ( la valenza della sacralità del)le proprie ragioni
dogmatiche e liturgiche, operando in un verso ed un senso che sono
esattamente l’opposto dell’incarnarsi nel mondo per umanizzarlo quali
semplici uomini tra gli uomini, resi però tali dalla sequela di Cristo, della
secolarizzazione del sacro che ho evocato . Se la Curia si è invece ancor
più irrigidita, cosi, nella ecclesializzazione
clericale del sacro, che spesso si rivela la facilitazione più intrigante
della sacralizzazione dell empio , non ci si facciano beate illusioni su
quanto può riservare la sua immissione in internet che ora sbandiera: l’
incontro con il mondo sarà infatti solo un incontro con il pubblico per
spiegare l immodificabilità dogmatica delle decisioni e degli orientamenti
già assunti, in nome di superiori questioni pastorali che non è ancora dato
di sapere.
Ma
nell’attesa di conoscere quali siano tali superiori
questioni, può darci qualche ragguaglio il documento delle comunicazioni
diocesane 6 agosto, apparso sulla Gazzetta, da cui si desume che come
già ben prefiguravo nel mio precedente intervento, i catecumeni per il quale
si intende approntare la vasca battesimale in Sant’Andrea sono i convertiti
di altre religioni, ( "
Serve per inserire nella Comunità cristiana individui provenienti da altre
religioni, soprattutto il sabato santo"), che in Sant’Andrea si vorrebbe che
ricevessero il battesimo, perché li si svolge- e perché mai non altrove?- la Veglia Pasquale,
e lì il corteo battesimale lo si potrebbe far passare sotto gli affreschi
dell incontro sublime di Gesù con la Samaritana, che appunto il battesimo
confessionale prefigurerebbe, a esaltazione del suo senso spirituale.( "
La persona poi riceve lo Spirito Santo con il battesimo e si incammina verso
l'altare, che simboleggia l eucarestia, passando sotto agli affreschi
raffiguranti il battesimo di Gesù e l incontro con la Samaritana,
posizionati sui due pilastri di sostegno della cupola tra i quali dovrebbe
essere collocata la vasca".)
In realtà la
celebrazione in tal senso del battesimo di conversione farebbe della stessa
sua somministrazione sacramentale la premessa al passaggio, sotto la
scena dell episodi,o della messa in atto dello
stravolgimento del suo senso spirituale...
Credere infatti che l’acqua viva che Gesù ha da dare alla
Samaritana come a ciascuno di noi, e che in chi la beve si rivelerà "
sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna", sia quella
battesimale di una fede confessionale autentica che ci purga da un'altra
ripudiata come falsa, significa esattamente secondo il passo cruciale dell
episodio evangelico che si è ancora di coloro per i quali non è ancora giunto
il momento in cui né sul monte Garizim dei Samaritani né nella Gerusalemme
ebraica sarà adorato il Padre, in un luogo di culto di una fede ad esclusione
di ogni altra, che non si è ancora i veri adoratori che egli cerca, coloro
che adoreranno il Padre per quello che è, non altrimenti che in spirito e
verità, senza che sia più indispensabile per questo un particolare luogo del
sacro , od un determinato rito liturgico o sacramentale.”! Perché Dio è
spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e Verità”,
semplicemente e assolutamente.
Ma ancor più,
ciò che seguita a lasciarmi esterrefatto in tale perseveranza di intenti battesimali in Sant’Andrea di catecumeni
convertitisi, e’ l’avventatezza, che finora in nessuno degli interventi si è
palesata, della pervicacia di voler celebrare con la massima risonanza
mediatica il trionfalismo di un evento che conclamando l’avvenuta conversione
al cristianesimo di un islamico, un hindu, o un sikh, solo per fare alcuni
esempi concreti, presso le Comunità religiose d’origine del catecumeno è la
proclamazione aperta di un’avvenuta Apostasia di cui l’ apostata si glorifica
per giunta,
una
colpa gravissima per l islam, che può costare una condanna a morte, o
una sorta di scomunica.inappellabile, che vita natural durante negherà al
battezzato di potere avere di nuovo qualsiasi contatto con familiari e
conoscenti della sua comunità originaria , né c’è da illudersi che presso
Comunità quali quella dei sikh egli possa poi fare certamente rientro in seno
alla sua stessa famiglia. Detto altrimenti, c’e da temere per il battezzato,
anche in contesti religiosi non islamici, che
nessuno voglia o possa più avere niente a che fare con lui del suo mondo
d’origine. A questi “ inconvenienti”, chiedo, ci hanno forse mai pensato
almeno una volta i proponenti della istituzione del
rito battesimale dei catecumeni in Santì’Andrea?
17 settembre 2015
LETTERa
a FRANCESCO SIRAVO
Mantova, 22 settembre 2015
Gentile Siravo,
sono il ricercatore e scrittore, residente ora temporaneamente per lo più in
India , con il quale lei ha interloquito sabato l’altro, in Mantova, dopo la
conferenza su Architetture fragili per il festivaletteratura.
Dove vivo ora prevalentemente in India, a Khajuraho, vengo rapportando la mia
passione per la civiltà indiana all’aiuto che reco ai miei congiunti
d’adozione, il mio amico Kailash Sen, la moglie e i tre figli
superstiti, facendomi tutt’uno con le loro sorti e condizioni di vita.
Abbiamo così aperto un centro culturale e di viaggi che consente di visitare
tutti i monumenti e i siti delle località archeologiche circostanti del
Madhya ed Uttar Pradesh,raccordandoli in itinerari
magnifici che abbiamo sperimentato direttamente e di cui in reports,
documenti di viaggio e testi di analisi formale che descrivono i vari
monumenti dettagliatamente, personalmente ho via via tradotto le
conoscenze acquisite in forme sempre più approfondite.
Sarò di ritorno a Khajuraho fra un mese, e mi ci assocerò ad un giovane del
luogo, per cercare di attivare l'INTACH, una organizzazione
non governativa che persegue il salvataggio del patrimonio ereditario
culturale e naturalistico dell’India, in un micro-progetto di rigenerazione
del contesto ambientale in cui sono situati in Khajuraho i templi hindu
Javari- un gioiellino- e Vamana. Intorno ai loro giardini la bella distesa
verdeggiante in cui gli animali sono liberi di pascolare, è utilizzata come
discarica fetida di rivoli di scolo dalla popolazione del villaggio
contiguo della Old Khajuraho, benché l’accomuni ai
templi la più rigida e tradizionale fede brahmanica,
Di ritorno in Delhi presso l’Intach, vedrò di accertare quanto i progetti di intervento
nei contesti urbani monumentali di tale organizzazione siano affini a quelli
dell’Aga Khan Trust for Culture per cui lei opera ancora, di cui le chiedo se
può trasmettermi in rete materiale e testi, in inglese ed in italiano.
Il patrimonio monumentale islamico di cui le parlo
in breve perché riguarda la sua attività fondamentale di architetto ed
urbanista, è diffuso in India sino almeno ad Hyderabad, per tipologie
regionali e varianti dinastiche, ed io ho conoscenza soprattutto di quello
disseminato in Delhi. Esso vi è presente in enclaves islamiche di genti
apparentemente più sedentarie di quelle delle altre aree della
megacity, od in contesti sociali misti per
religione di appartenenza, oppure in quartieri di popolazione precipuamente
hindu. Questi ultimi, più rimodernati, corrispondono per lo più ad
antichi villaggi inglobati dal sovrapporsi dell’ estendersi
della nuova Delhi sugli insediamenti delle precedenti città storiche(
Jahanpanah, Siri, Sher Shah Sur city o Purana Qila, etc..)
Per me di particolare fascino sono i luoghi di culto misti, indo-islamici,
quali Sultan Garhi, e Firoz Shah Kotla. Come le ho anticipato durante il
nostro incontro, tranne che nelle enclaves islamiche,-
di Old Delhi, Nizamuddin, Chiragh Delhi, e forse in quella di Merhauli, cui
non ho fatto ritorno-, si è radicalizzata l’estraneità reciproca tra le
moschee od i gumbad, da un lato, che sono stati monumentalizzati e che non
costituiscono più luoghi di culto, e dall'altro il quartiere circostante che
gravita loro intorno in un pressing sempre più incombente, vuoi perché
l’ammodernamento in corrispondenza del ripopolamento del quartiere non si è
integrato con il restauro dei monumenti, vuoi perché al risanamento del
quartiere hanno corrisposto la fatiscenza ed il degrado di moschee e tombe
che ne sono state attorniate o finanche
compenetrate. Sono in sé la monumentalizzazione dell’edificio religioso e la
sua alienazione da ogni funzione e culto, che nonostante la sua collocazione in ampi parchi, od in siti archeologici pur
anche magnifici, di sosta e di transito della popolazione locale, si prestano
ad una frequentazione che quando non è l’amoreggiamento di coppie, o la sosta
di gruppi familiari od amicali, il più delle volte ne è un vilipendio, anche
ad opera di chi appare un musulmano dalle sue fogge vestiarie: vi ci si
apparta per il gioco delle carte con scommesse
in denaro, per scolarsi alcolici delle cui bottiglie restano i cocci sparsi
intorno,
urinandovi quel che si è bevuto, o per altre evacuazioni fisiologiche o lo
spidocchiarsi. E le coppie si addentrano nei mihrab
come incorniciatura ideale delle loro fotografie.
Dai casamenti intorno alle moschee, rifiuti di ogni
sorta nei fossati ad esse circostanti.
Ma nemmeno l’esercizio del culto preserva dal degrado tutto ciò che di antico è circostante i santuari nei vari dargah. In
Nizamuddin, ad esempio, i pellegrini bivaccano sugli avelli dei moghul
situati presso le tombe dei sufi venerati.
Questo è quanto qui le ho riferito perché può interessarla, che mi è parso di
rilevare durante le mie varie rivisitazioni in Delhi di moschee e tombe ed edifici palatini, per individuarvi i percorsi di
itinerari misti di arte islamica antica e architettura moderna, facendo
ricorso alle linee metropolitane oltre che agli autorickshaw ( sono i miei
metro-tours, di cui le allego un esempio. Qualora me lo chieda, le darò
accesso ad altri innumerevoli miei files ed ai miei siti)
E’ ora mia intenzione ultimare nei prossimi due anni la mia opera in
Khajuraho e nel Madhya Pradesh settentrionale, per poi riprenderla più
approfonditamente, in altri epicentri, lungo altri itinerari di altre aree monumentali dell’ India, sempre che mi
soccorrano forze e risorse, così come mi anima l’assillo di poter assicurare
un futuro alla mia famiglia d’adozione.
Può farmi sapere, in risposta, qualcosa di lei e
della sua attuale attività?
Grazie comunque sia, della cortesia che già mi ha riservato.
Cordialmente
Odorico Bergamaschi
One identification for Mister Dipak
1
On Sun, 20 Sep 2015 09:28:47 +0530 Dipak Bagchi wrote
Hi :
How are you all doing. I am doing fine.
I like your help in identifying one temple located in the UNESCO World
Heritage Site in Khajuraho, namely the Western Group of Temples. I have attached a photo with this
email. What is the name of this temple?
Thank you.
Dipak Bagchi
2
Subject: identification temple
Dear Kailash, my best friend,
can you ask to the archaelogical authorities of khajuraho the name of the
Bundela temple near the Vaisvanatha mandir, that you can see in the attached
picture? Can they tell you if it has been built by the maharaja Pratap Singh?
Thanks.
Odorico
3
my dear
the name of the temple is pratapeshwar, it has been buillt by maharaja pratap
singh chattarpur state .
year of 1840
same time of maqbara
4
Mantua 21
september 2015
Dear Mr Dipak ,
We are well also, being pleased to receive good news about You.
I m living in Italy,
now, Kailash and his Family in Khajuraho. For this reason, only
thanks to my great Friend Kailash it has been possible to satisfy your demand
about the name of the temple situated in the western Group, but more recent
than all the other temples of the complex.
In my books, in Italy,
there is written nothing about it.
The name of the graceful temple,-according on what our excellent Kailash
wrote me - is Pratapeshwar, and it has been built by the maharaja of
Chhatrasal Pratap Singh at the same time of the building of his maqbara , just opposite, in 1840. The temple is in Bundela
indo-islamic style, consist of two mandapas, - surmounted by islamic dome,
with two chattris, and by pyramidal phamsana with central niche-, and
subsequently of the garbagriha-sanctum and the sikhara, with chattris at the
corners and central curvilinear bengaldar.
Bengaldars over a niche and between two laterals ones are present on all the
walls, excepted the entrance, - instead of projections with gods and demigods
or apsaras, as in the old hindu temples - and islamic brackets and merlons
interpose between walls and roofs.
The same sikhara and phamsana are only sequences of tiers, not sets of
smaller miniature replicas of themselves, as in the purana hindu mandir, and
the crowning elements with reversed lotus and multiplex finial are more
Islamic than Hindu .
With our best wishes
Odorico & Kailash
5
Dear Odorico:
Thank you very much for the detailed description of the Pratapeswar Temple,
which could only come from you and Kailash.
I saw this temple from a distance and missed to check it out.
Thanks for your help again.
How is your mother and relatives? When are you going back to India?
I have no plan to go there in the near future.
Dipak Bagchi
Dipak
Sent from my iPhone
6
Dear Dipak, my mother is well, like my relatives. Your concern is very kind.
I m going back to India
before Deepawali. God bless us, Kailash and our family.
Odorico Bergamaschi
20- 21-22
settembre 2015
UN ARDUO
RITORNO
Sul finire
del pomeriggio Mohammad aveva appena finito di parlarmi
esplosivo di vita, che la voce di Kailash è subentrata al
telefono affranta di angoscia., Le sue parole si succedevano con
debole voce, in frammenti di discorsi, per dirmi che teme che si
ripetano al mio ritorno i drammi degli ultimi giorni della mia
permanenza trascorsa. Mi manifestava confusamente il suo bisogno di disporre di più denaro, per sentirsi sicuro, del “
big amount” per intraprendere nuove attività, di cui gli avevo
detto che forse avrei dovuto anticipare la trasmissione sul suo conto
corrente prima della mia partenza per l India, per le difficoltà insorte nel
poter compiere la stessa operazione dall India con la banca multicanale, un
ammontare che mi assicurava che sarebbe rimasto da lui intoccato, che ne
avrebbe fatto uso solo con me, e al tempo stesso intervallava il
discorso con il timore di ripetere le condotte sconvolgenti della sua
gelosia, che ne subentrassero di nuovo gli attacchi, ad ogni mio
rimanere di nuovo con Mohammad lontano da lui, interferendo
ancora tra le nostre telefonate per intercettarne i discorsi, molestando il
ragazzo con chiamate inquisitorie, e l’altro di cui io solo e Mohammad
potevamo avere conservato memoria.
La sua
mestizia era gravida della consapevolezza di quanto ciò che aveva compiuto e
di cui si ricordava era inescusabile,. era afflitta dal timore, che insinuava in me stesso,
che la sua mente diventi folle (impazzisca) di nuovo, come allora
precludendogli il sonno e l’appetito di cibo, tra vociferazioni divenute
incubi e allucinazioni notturne.
Ho cercato di
dirgli come stanno le cose, che non ho mai
smesso di amarlo come il mio amico più caro, che tutto è rimasto in me
ugualmente intenso e profondo, per quanto siamo mutati nel corso degli
anni, ma che egli non può darmi l’allegria che mi recano Chandu, e gli
altri bambini, la presenza e la frequentazione di Mohammad, ( il conforto che reca alla mia
vecchiaia, dalle sue angosce, l'avvertire che la nostra ilarità è amore
reciproco, una rinata allegria che Kailashe mi aveva imputato con scherno
come il mio rendermi ridicoloVariante ) il conforto e il sollievo dalle sue
angosce che ne traeva la mia vecchiaia, che mi aveva imputato con
scherno come il mio rendermi ridicolo).
“ Kailash,
tutto mi costa sempre più fatica, mi è sempre più difficile lo stesso
camminare, non puoi impedirmi di non sentire più il peso degli anni quando sono felice con Mohammad o
Chandu”, ricusandogli di dirgli, che benché io e Mohammad ci amiamo l un
l’altro, mai , se non in qualche tormentata carezza, avevo mancato di
rispetto agli anni del ragazzo ed al suo essere caro, e quanto il destino
del ragazzo non possa più essere che il mio stesso destino.
Ho fatto
piuttosto l esempio della differenza tra l’ascolto
di un notiziario e di un programma di svago, per fargli intendere che non è
perché trovo la gioia più con Mohammad, od intrattenendomi con Chandu, che
lui per me sia di meno di loro.
Per
cercare quanto potevo di quietarne i timori, l’ho assicurato che avrei
avuto più riguardo per tali suoi sentimenti, di cui allora,
pesantemente frustrandoli, mi era stato difficile intenderne la gravità
ed il dolore, talmente anaffettivo egli si
mostrava con me, riservandomi la stessa trascuratezza che mi
addebitava nei suoi riguardi, quando si lamentava che non lo ricercassi al
telefono e non mi curassi più di lui come prima, da che Mohammad era diventato
intromissivo nella mia stessa stanza , così come non riuscivo
allora a fargli prendere atto della natura dei suoi furori, se quanto più ne
era in preda egli negava finanche con sdegno di provarli proprio
per gelosia, ed ogni precauzione era risultatati vana, che ci
anche Ajay quando mi allontanavo con Mohamad, che con Kailash
avessi viaggiato quanto più a lungo possibile nel Rajasthan, e mi fossi
intrattenuto in Delhi prima di lasciare l ‘India, mentre ora a distanza
nello spazio e nel tempo, ne aveva consapevolezza e gliene pesava l’angoscia.
“ Kailash,
eri così freddo con me, come potevo pensare che ne soffrissi così tanto…”, sapendo io la verità delle cose, sobillando
la sua mente l’ insinuazione più inconsistente
Era in effetti la sua natura possessiva la prima radice, il
suo sentirsi temersi abbandonato e perduto come ogni
volta che io manifesti interesse o piacere per altri, e allora il suo
svilirmi brutale a cosa che non può concepire che sua, mentre così ingenera
proprio il solo stato di cose per cui possa perdermi insieme con il mio
aiuto.
Come ben
sapeva anche allora, sovrabbondando con mOhammad di
attenzioni e riguardi , quanto più la sua gelosia lo odiava e temeva
come il suo giovane antagonista muslim.
Ed ora che
arduo un ritorno, che solo l onesta schiusa del suo
cuore così nobile e grande può consentirmi di nuovo.
Un arduo ritorno abstract
Un arduo
ritorno
( il testo originario, per la natura dei suoi argomenti, ha subito omissioni
e tagli)
Sul finire del pomeriggio Mohammad aveva appena finito di parlarmi esplosivo
di vita, che la voce di Kailash è subentrata al telefono
affranta di angoscia., Le sue parole si succedevano con debole voce,
in frammenti di discorsi, per dirmi che teme che si ripetano al mio ritorno i
drammi degli ultimi giorni della mia permanenza trascorsa. Mi manifestava
confusamente il suo bisogno di disporre di più
denaro, per sentirsi sicuro, del “ big amount” per intraprendere nuove
attività, di cui gli avevo detto che forse avrei dovuto anticipare la
trasmissione sul suo conto corrente prima della mia partenza per l India, per
le difficoltà insorte nel poter compiere la stessa operazione dall India con
la banca multicanale, un ammontare che mi assicurava che sarebbe rimasto da
lui intoccato, che ne avrebbe fatto uso solo con me, mentre al tempo stesso
intervallava l discorso con il timore di ripetere le condotte sconvolgenti
della sua gelosia, che ne subentrassero di nuovo gli attacchi…………………………………….
La sua mestizia era gravida della consapevolezza di quanto ciò che aveva
compiuto e di cui si ricordava era senza attenuanti , l'affliggeva il timore
dell’apprensione, che insinuava in me stesso, che la sua mente diventi folle
di nuovo, come allora precludendogli il sonno e l’appetito di cibo, tra
vociferazioni divenute incubi e allucinazioni notturne.
Ho cercato di dirgli come stanno le cose, che non ho mai smesso di amarlo
come chi mi è più caro al mondo, che tutto è in me ugualmente intenso e
profondo, per quanto siamo mutati nel corso degli anni, ma che egli non può
darmi l’allegria che mi recano Chandu, e gli altri bambini, quella presenza e
frequentazione, che così di sollievo è alla mia vecchiaia, alle sue angosce,
nell'avvertire che mutuo amore reciproco è la nostra ilarità, una rinata
allegria che Kailash mi aveva rigettato in faccia con scherno come il mio
rendermi ridicolo,
“ Kailash, tutto mi costa sempre più fatica, mi è sempre più difficile lo
stesso camminare, non puoi negarmi di non sentire più il peso degli anni
quando sono felice in sua compagnia, o con il nostro Chandu”,…………………….. .
Ho fatto l esempio della differenza tra l’ascolto di un notiziario e di un
programma di svago, per fargli intendere che non è perché trovo la gioia con
altri, che lui per me sia di meno di loro.
Per cercare quanto potevo di quietarne i timori, l’ho assicurato che avrei
avuto più riguardo per tali suoi sentimenti, di cui allora, pesantemente
frustrandoli, mi era stato difficile intenderne la gravità ed il dolore,
talmente anaffettivo egli si mostrava con me, riservandomi la stessa
trascuratezza che mi addebitava nei suoi riguardi, quando si lamentava che
non lo ricercassi al telefono e non mi curassi più di lui come accadeva
prima, così come non riuscivo allora a fargli prendere atto della natura dei
suoi furori, se quanto più ne era in preda egli
negava finanche con sdegno di provarli proprio per gelosia, ed ogni
precauzione era risultatati vana, che ci fosse anche Ajay quando mi
allontanavo con l’ oggetto di tale sua gelosia, che con Kailash avessi
viaggiato quanto più a lungo possibile nel Rajasthan, e mi fossi intrattenuto
in Delhi prima di lasciare l ‘India, mentre ora a distanza nello spazio e nel
tempo, ne aveva consapevolezza e gliene pesava l’angoscia
“ Kailash, eri così freddo con me, come potevo pensare che ne soffrissi così
tanto…”, sapendo io la verità delle cose, sobillando la sua mente l’
insinuazione più inconsistente
Era in effetti la sua natura possessiva la prima radice, il suo sentirsi
abbandonato e perduto come io manifesti interesse o piacere per altri, e
subentra allora il suo svilirmi brutale a cosa che non può concepire che sua,
a mente succube di chiunque l'alletti, mentre così ingenera proprio il solo
stato di cose per cui possa perdermi insieme con il mio aiuto.
Come ben sapeva anche allora, sovrabbondando con l’oggetto della sua gelosia di attenzioni e di riguardi , quanto più la sua gelosia lo
odiava e temeva..
Ed ora, che arduo ritorno, che solo l onesta schiusa del suo cuore così
nobile e grande può consentirmi di nuovo.
23-24 settembre 2015
Quando per Mohammad
s'avveri il giorno
Mohammad al telefono è ora uno scatto alla risposta di vitalità gioiosa, dopo
essere stato, per settimane, la lamentazione sconsolata
dell’accanimento della malasorte su chi già è così sventurato, per una
continua debilitazione fisica, ripetuti svenimenti, a seguito del cibo scarso
di cui poteva nutrirsi in casa, cadute e ferite da taglio e morsi animali,
infezioni e contagi dei più virulenti, e che ingiuste punizioni scolastiche
ed addebiti e furti, il più sofferto dei quali quello della sua bicicletta,
dal ragazzo lasciata incustodita per il tempo in cui la febbre lo teneva
assopito in casa, al punto da dirmi di volerla fare finita, nei suoi trepidi
anni, con una sua vita di povero senza speranze.
Ma è più forte di tutto la sua capacità di passare
oltre e di rigenerarsi, oltre la vista stessa in Kanpur, nella sua infanzia,
di cinque omicidi e il suo successivo indurimento, il che non gli ha evitato
di cadere in lacrime, quel pomeriggio di una domenica del giugno scorso,
quando Kailash e la sua famiglia ci si sono indemoniati contro senza
risparmiarlo.
Ora è da settimane che quando ci parliamo, ci scambiamo teneri detti di innamorati, quali le parole ardenti che intercorsero
tra Pietro Giordani e il suo Leopardi.
“ Mi manchi tanto, mi ha detto agli inizi del mese, ieri notte ho pianto
pensando a te. Mio padre mi ha visto e mi ha chiesto perché piangessi, ed io
glie l ho detto ch'era perchè mi manchi . Che
possiamo farci se ci amiamo l un l’altro..."
“ Ah, niente, -gli ho detto in risposta- Dobbiamo accettarlo!”. Ed egli si è messo a ridere in assenso.
Ora tutto sembra per lui procedere a pieno regime, non c’è vela avversa che
non si dispieghi, non fosse per il velo che è calato opacizzandone la gioia,
come gli ho chiesto della fanciulla della quale è, o
si crede, innamorato.
Lei, bellissima, di una casta più alta, gli dice che
vuole morire se deve perderlo, che solo se può rivederlo si riconcilia con il
cibo, mentre lui gioca con gli affetti della giovinetta prima di contraccambiarli,
vedendosi a distanza e potendosi parlare solo per telefono. Ma a smorzare la
sua gioia è il suo timore che il padre non acconsenta alle loro nozze, tra
cinque anni quando i suoi studi saranno finiti.
“ Ma voi siete muslim. Perché tuo padre deve accettare gli obblighi di casta
e non li lascia agli hindu."
“ In india tutti obbediscono alle caste . Mio padre
mi ha già detto che a suo tempo deciderà lui chi è
la ragazza che devo sposare. E se non la accetterò,
non mi riconoscerà più come figlio. e mi obbligherà
ad andarmene senza lasciarmi niente. Faranno lo stesso anche la mamma e la
nonna”
“ Anche tua mamma e tua nonna che ti amano tanto?”
“ No, la mamma sono sicuro che accetterà la mia scelta, lei sta sempre dalla
mia parte. E la nonna farà poi come lei”
Si frapponevano intanto almeno cinque anni, e in cinque anni, lo confortavo,
può essere cambiata la volontà di un padre.
Con cautela estrema, avrei esercitato i miei buoni uffici, avrei tentato di
fare tutto il possibile perché ciò avvenisse.
Suo padre che non aveva da lasciargli che una catapecchia in svendita, eppure
si immaginava dunque di diseredarlo e di ripudiarlo,
se non si lasciava ammogliare come pretendeva lui.
Ma Mohammad aveva più ancora di che preoccuparsi, perchè non aveva tenuto nel debito conto che non aveva modo di
sposarsi se non avesse trovato un lavoro, dato che io che sono il solo che
intenda aiutarlo, non posso farmi carico anche della sua futura famiglia,
quanto di quella di Ajay, rendendo possibile il loro matrimonio con l'assunzione
delle spese. delle cerimonie nuziali. Se poi era pur
anche combinato…ed era lo sgozzamento di ogni
amore…. Su di me sentivo intanto gravare, lo stesso,l
destino di entrambi i ragazzi, anch’io, come Mohammad, dilazionando
l’angoscia nei tempi lunghi davanti, giorno dopo giorno, così consegnandomi a
quando le regole del gioco avranno già avuto partita vinta.
24 settembre 2015
Seconda
Lettera ad un'indologa
Mantova 24 settembre 2015
Gentile **
sono Odorico Bergamaschi, e già le scrissi
a
primavera da Khajuraho , riferendole di me e dei miei intenti in
India, ed inoltrandole due miei testi allegati. Nel frattempo, al
rientro in Italia, qui a Mantova, ho terminato il report del mio
viaggio a marzo nel distretto di Shivpuri, che per me ha comportato la
descrizione dettagliata di non meno di una ventina di templi, quelli
Pratihara di Sesai, Terahi, Mahua, Indor, Keldar, quelli Kachchhapagatha di
Surwaya, Terahi e Kadwaha, questi ultimi per lo più riconducibili, insieme
con i loro mathas, alla setta shivaita- tantrica?- dei Mattamayura, come il
tempio meraviglioso che avevo già visitato nel villaggio di Chandrei, al
confine estremo del distretto di Sidhi.
Tali testi necessitano di ulteriori revisioni
formali, ma credo che solo lo scritto sul tempio shivaita di Terahi, e forse
anche quello sul tempio mirabile di Indor, richiedano un approfondimento
anche di raffronti e di analisi, in quanto il loro sikhara si presta ad
essere ulteriormente considerato nei termini in cui Adam Hardy ne ha desunto
la
morfogenesi.
Si è così stabilita come una sorta di osmosi amorosa tra me e tali templi e
tempietti, dei quali spero di essere stato in grado di commutare in
sinteticità descrittiva l'unità compositiva, grazie al ricorso
imprescindibile alla loro tipologia triratha o pancharatha,- cui mi ha
relativamente sorpreso che nel suo volume "The temple architecture of
India", Adam Hardy non faccia mai riferimento. Per me è stato di viva
soddisfazione svolgerne anticipatamente l'analisi con la terminologia e la
metodologia che ho finora conseguito, e solo a posteriori
raffrontarla con la schedatura più sommaria di Krishna Deva,
o con
la descrizione più esaustiva di R.T. Trivedi, constatando quanto fossi
felicemente ingrado di correre da solo, eccettuata qualche incertezza
nell'identificazione iconografia di alcuni gruppi statuari.
Al grado cui sono giunto della mia interiorizzazione spirituale ed estetica
dei templi hindu, ritengo che una loro descrizione sia appagante se nelle
replicazioni frattali dei loro elementi, di cui l'edicolarità è solo un
aspetto, ne coglie l'unità architettonica di cui dicevo, che evita che la
loro profusione emanativa si manifesti come dispersiva.
Al mio rientro in India, tra un mese, intendo ultimare la descrizione dei
templi Jain Adinatha e Gantha, in Khajuraho, e mettere a fuoco, in uno
scritto breve, le ragioni del passaggio dalle forme architettoniche
del tempio Lakshmana a quelle davvero perfette del tempio Kandariya,
così come credo di averne colto la determinazione, nella necessità non solo
formale di far corrispondere il numero dei latas del sikhara e quello dei
rathas effettivi del jangha, in presenza di un bhadra che aveva raggiunto
l'estensione di una finestra-balcone.
Farò inoltre un sopralluogo ulteriore nei vari siti
di templi Chandellas esterni a Khajuraho, edificazioni religiose che gli
storici dell’arte,
nei vari testi critici che ho finora indagato, mi sembra si siano limitati a
citare senza decifrare quanto i templi di Khajuraho si rifacciano ad esse o
ne divergano.
Intendo, così rivisitandoli, aggiornarne l ’analisi
che già ne ho svolto in forme ancora acerbe, in un generale avanzamento di
grado del livello
interpretativo di tutti i testi che finora ho prodotto sui templi
del Madhya Pradesh, per quanto possono consentirmelo un affinamento degli
strumenti critici ed un’acquisizione più piena delle tipologie di Adam Hardy.
Ajaygarh e Kalinjar poi, con cui cimentarmi di nuovo, senza disporre di altro
supporto effettivo, quanto ai templi che vi sussistono, che tre scarne righe
di testo di Krishna Deva, e i templi
Kalachuri, con i quali terminerebbe l'opera .
Gentile *, posso descriverle, in
una lettera ulteriore, l' attuale situazione calamitosa, in cui mi ritrovo ad
operare, dei beni culturali nel Madhya Pradesh?
Cordialmente
Odorico Bergamaschi
Sempre sul fonte battesimale in Sant'Andrea
(Gazzetta di Mantova
del 2 ottobre 2015)
A tal punto
della controversia sul nuovo fonte battesimale che si vuole erigere in uno
dei transetti di Sant’Andrea, credo che l’
unica risoluzione del Vescovado che possa a tutti gli effetti essere
cattolica, ossia secondo Santa Romana Chiesa ed ecumenica, consista
nell'attenersi realmente a quanto realmente prescrive la Nota pastorale della CEI
sull'adeguamento delle Chiese secondo la riforma liturgica, che
quanto a fonte e a battistero, raccomanda la valorizzazione
e l'accettazione di quelli esistenti, e più ancora precisamente,
"in una chiesa a navata unica con cappelle laterali", come
Sant'Andrea, richiede che il fonte "sia
collocato in una di tali cappelle, sufficientemente ampia, posta nei pressi
dell'entrata, senza altra destinazione" . "In ogni caso la scelta
di un nuovo luogo per il battistero venga compiuta
in armonia con la destinazione delle diverse parti della chiesa e dell'ambiente
nel suo complesso". Ma in nessun caso si dice nella Nota che si possano utilizzare per il battesimo altre parti del tempio
che l'atrio e la porta, la navata e l'ambone e il presbiterio, al quale vanno
riservati i soli riti di conclusione, mai si fa riferimento ai
transetti. In particolare vi si raccomanda estremo riguardo per la
comunicazione spaziale e acustica con l'assemblea riunita, che la
" stravaganza liturgica" , a tal punto,
della dislocazione della vasca in un transetto tende a pregiudicare.Vi
è una sola obiezione di
cui avverto la resistenza alla indicazioni della
stessa CEI, se mi attengo alle ragioni di fondo per cui si vuole installare
un futuro fonte in quel transetto di Sant’Andrea , date dal fatto che è
così possibile farvi decorrere la cerimonia sotto gli affreschi
dell’acqua di vita eterna che reca Gesù alla Samaritana, se sto alle
comunicazioni diocesane alla Gazzetta del 6 agosto scorso. Al che la mia viva
replica è che tale processione sarebbe un travisamento solenne del messaggio
dell'episodio evangelico. Credere infatti che
l’acqua viva che Gesù ha da dare alla Samaritana come a ciascuno di noi, la
quale in chi la beve si rivelerà “sorgente di acqua che zampilla per la vita
eterna», sia quella battesimale di una fede confessionale autentica che
ci purga da un'altra ripudiata come falsa, significa esattamente, secondo le
parole inequivocabili di Gesù, che si è tuttora di coloro per i quali non è
ancora giunto il momento in cui il Padre sarà adorato né sul monte Garizim
dei Samaritani né nella Gerusalemme ebraica, che si è ancora di quanti sanno
pregarlo solo in una sede specifica di uno specifico culto, ad esclusione ed
a disdegno di ogni altro, ovverosia che non si è ancora i veri adoratori che
egli cerca, coloro cioè che adoreranno il Padre per quello che è, in
spirito e verità, senza che sia più indispensabile per questo un particolare
sito del sacro, od un determinato rito liturgico o sacramentale.” Perché Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono
adorarlo in Spirito e Verità”, semplicemente e assolutamente.
Odorico
Bergamaschi, ex insegnante ora in quiescenza
Lettera a Maurizio
Mantova, 30 settembre 2015
Caro Maurizio, più di due settimane fa
mi hai ritrovato perché ero rimasto intrattenuto da
Livia, dopo
essere venuto al Museo Archeologico sulle identificazioni proposte
di alcuni dei personaggi affrescati nella Camera Picta dal dottor
Nosari. Mi sono poi defilato per evitare le tracimazioni del mio
narcisismo. Avessi interloquito avrei evocato questi miei versi di
allora “ Oh, se in gruccione io fossi/ verso l India
in volo o
l’Africa lontana/…”
Poi, a distanza, è sopraggiunta nella
mia memoria l’eco delle parole di Benjamin, quanto a Kafka, che
tutto in questi era rimasto immerso nell’aria di villaggio, aria di
indivenuto e di indecomposto. L’aria del villaggio come di ciò che
della vita resta da smuovere.
Mi ha fatto davvero piacere che
attraverso te, Annalisa, poi gli altri, il mio rientro in Italia sia
stato un rientro nelle mie origini. Per me è un ritorno a care
memorie, anche perché su quelle terribili è calata una nebbia che
avvolge oramai quasi tutto, come nel gigante sepolto di Ishiguro,
che
per snobismo di essere del giro letterario internazionale mi sono
messo a leggere. Solo che mi è ancora dato di poter fare ritorno al mio
passato, ed a quanto mia madre mi raccontava del suo più ancora remoto, più
nella ruralità indiana che se tornassi a
San Giacomo, o in un San Giovanni, dove pare, per colei che è allora
intervenuta,
che non si possano più leggere che e-book, certo anche per me
indispensabili per non portarmi appresso una libreria
intercontinentale, ma anche perché i libri attuali che leggo per lo
più non valgono il cartaceo. E sinceramente a me piace di più la mia vita
in India, esservi confinato dalle ristrettezze economiche nel
villaggio del mio amico, eppure potervi comunque
tessere una rete di
rapporti con quanti vi vengono da ogni parte del mondo, restando con
loro poi in contatto, come con Katerina di Mosca, ex ballerina
magnifica stroncata dall incidente che l' ha resa claudicante, ora
maestra di ballo e studiosa delle lettere di Giovanni, la signora
Shelley che da Perth ci ha interpellati sul mistero di un cenotafio
islamico che aveva ritrovato nel nostro sito in rete.
Quanto a ciò che ci siamo detti alcuni
giorni prima, anima il mio nichilismo la volontà di uscire da un
sottosuolo che dura oltre mezzo secolo, per far pervenire alla luce
le mie creature scritte, le mie investigazioni in India, dando con
ciò di che vivere bene ai miei bambini e ai miei congiunti indiani.
E' slancio verso una vita contemplativa
di pienezza, in cui il distacco è in ragione di una partecipazione più
comprensiva ed intensa alla
realtà. Nella spiritualità indiana sarebbe tantrismo.
(Nella mia ricerca mentale resto fermo
a quanto ti dissi altre volte, intendo metafisicamente solo in
termini platonici, e quanto al pensiero ed al reale, mi rifaccio
ancora al non
dualismo di Raimon Panikkar, il non essere due senza per questo
essere uno, in cui ravviso la stessa struttura bipolare di complementari che
sussistono l’uno
indissolubilmente dall'altro, non dualistica e non monistica, che per
Giovanni Reale è soggiacente
al pensare dei Greci- il che,
tradotto cristianamente, è la trinitarietà più che il monoteismo,
il Cristo del credo calcedoniano, da cui discende che l errore è
separare ciò che è in unità, confondere ciò che va distinto).
In tale mia esistenza incarnata la vera disperazione, in
cui non vorrei incorresse pure la tua, sarebbe di pervenire al
principio di realtà che amare finisce nel nulla. Credo che per
scongiurarlo, ardentemente, cristianamente, sperando per amore così di
vincere la morte, si debba
evitare di fare dell’altro che amiamo il fuoco del nostro destino,
e che le nostre vite in comune debbano essere subordinate alla
necessità di un disegno superiore condiviso.
L' indirizzo, infine, di cui ti avevo
parlato, del sito in cui puoi ritrovare un’ottima rassegna stampa è
www. Finesettimana.org
la cui password è la seguente: unitatisredintegratio
L'accesso funziona di sicuro se il
motore di ricerca è Mozilla.
Stammi bene, anche per me.
Odorico
5 ottobre 2015
From: odorico
bergamaschi
Sent: Thursday, August 13, 2015 2:37 AM
To: luiginadebiasi@libero.it
Subject: contatti rinnovati
Mantova,13 agosto 2015;
Cara Luigina
sono Odorico
Come stai? E Valentino? E
quanto alle scuole del progetto Alice?
;Io sto bene, come i miei congiunti in Italia, e la
mia famiglia indiana.
Restano terribili da sostenere i crolli mentali del mio amico, che la
settimana scorsa mi ha suggerito di scriverti, quando( come in India è
sconforto generale), si dispera di non ;riuscire con
le sue forze a racimolare un reddito per i nostri bambini Ma essi fanno una
vita ;assai bella, ed a questo lo invito a guardare. Khajuraho è divenuta una
meravigliosa località n cui è sempre terribile restare, infrastrutture
disastrate- le strade in particolare-, ;incoscienza
e invidia e gelosia
distruttiva generali, un Paese solo per lapkas, gli >accalappiatori di
turisti che vi giungono allo stato brado, come mi diceva oggi al telefono un
;ragazzo islamico che cerco di aiutare anche perchè rechi aiuto al figlio del
mio amico, già adolescente. Ed io vi realizzo con i
miei viaggi, studi di
itinerari e scritti archeologici vari, un'attività finanche eccelsa ma senza
fortuna. I pochi, pochissimi viaggiatori che contattiamo, - i turisti sono
sempre più indiani-, ne godono e ci consentono tuttavia di
vivere esperienze memorabili.
Con vivo affetto
Odorico.
On Fri, 14 Aug 2015 01:55:45 +0530 "Luigina De
Biasi" luiginadebiasi@libero.it> wroteFrom: Luigina De Biasi
Sent: Thursday, August 13, 2015 10:22 PM
To: odorico bergamaschi
Subject: Re: contatti rinnovati
Ciao Odorico.
Non ci sentivamo da parecchio! Sto abbastanza bene, nonostante il caldo di
queste settimane. In questo periodo sono abbastanza presa da tanti lavori in
casa ed in campagna .
A maggio e giugno sono stata a Parigi per un corso di formazione: è andato
bene. A settembre riprenderò.
Valentino scrive poco, penso sia piuttosto stanco.
Sicuramente anche il
caldo , l’ umidità...contribuiscono ad appesantire
la situazione.
A Sarnath è stato costruito un nuovo edificio che ospiterà le classi
dei grandi. Le aule dovevano avere le misure prescritte dal governo, per
essere
regolari. I costi , rispetto al primo preventivo,
sono lievitati, per cui i
soldi non bastano mai.
Mi fa piacere sentire che stai bene , come pure la
tua famiglia in Italia e
quella in India.
Mi scrivi dello stato psicologico del tuo amico, piuttosto depresso, mi
pare di capire.
Come può essere così sconfortato se tu sei presente per alcuni mesi l’ anno
e sempre disponibile ad aiutare?
Hai fatto bene a farlo riflettere sul fatto che i suoi bambini fanno una
bella vita e sono decisamente fortunati rispetto a molti altri loro coetanei
Credo che , volte, diamo per scontate molte opportunità, e non ce ne
rendiamo conto. Ma se venissero a mancare...allora
sì che ce ne
accorgiamo!
Quello che scrivi di Khajuraho mi pare rifletta un po’ tante altre città
indiane e mi rendo conto di quanto sia difficile riuscire a lavorare
serenamente.
Secondo me , la tua famiglia indiana , di cui ti
senti responsabile, è
molto fortunata ad averti parte di essa.
Quando pensi di tornare in India?
Ti auguro una buona estate, un abbraccio,
Luigina
From: odorico bergamaschi
Sent: Tuesday, September 29, 2015 9:16 PM
To: luiginadebiasi@libero.it
Subject: Re: contatti rinnovati
Cara Luigina,
spero che tu possa confermarmi le notizie confortanti dell'ultima mail,sul
conto tuo e di Valentino, per quanto tu l'abbia riscontrato affaticato.
Tutto va bene quanto a me ed ai miei cari in India ed in Italia.
In risposta al tuo quesito su quando faccia ritorno
a Khajuraho, possa ora dirti che anche se dispongo già del visto d'impiego
credo di recarmici un po più tardi del solito, ai primi di novembre, prima
comunque della ricorrenza di Deepawali l'11 novembre.
In precedenza potrò incontrarmi in Milano con l
indologa Cinzia Pieruccini, docente
universitaria, che si è mostrata assai interessata alla mia attività ed alla
mia ricerca.
Magari sulla via del Nepal potremo rivederci in Sarnath.
In realtà mi sono appesantito in questi ultimi tempi, insieme con il
passare degli anni
accuso sempre di più l'artrosi, e la mia mobilità ne risente dolorosamente.
Con affetto
Odorico
(P. S. Quanto al Progetto Alice restano invariate le mie posizioni, che non
sono certo
quelle di un eretico, ma di chi avrebbe voluto che si attenesse a quanto professa di
limitarsi a sostenere).
Date: Thu, 01 Oct 2015 01:45:54 IST
Ciao Odorico.
Mi ha fatto piacere ricevere tue notizie.
Sto abbastanza bene, un po’ troppo presa dalle sempre tante cose da fare, ma
non posso lamentarmi.
Se ti senti appesantito, forse dovresti essere un
po’ attento alla dieta e fare più movimento: una bella passeggiata ogni
mattina! Sicuramente ti rimetterai in sesto, a volte basta poco.
Spero sarà interessante il tuo incontro con l’ indologa
a Milano e che venga apprezzato il tuo lavoro di ricerca.
Perché non scrivi due righe a Valentino? Penso gli farebbe piacere, basta non entrare in certi
argomenti.
Ti auguro un buon rientro in India, a risentirci,
Luigina
Lettere
a Marinella
-------- Messaggio originale
--------Da: odorico bergamaschi Data:25/09/2015
02:07
Cara Marinella, sono Odorico. Come stai? E i tuoi
familiari? Procedono bene il tuo lavoro e le tue attività?E che puoi dirmi
del tuo viaggio a piedi fino a Santiago di Compostela?Dal 9 luglio sono in
Italia, dove, tra le altre cose, dopo avere terminato provvisoriamente di
scrivere di templi e di viaggi, con esiti a tutt'oggi
nulli cerco di instaurare dei contatti che giovino alla mia attività in
India. Oggi ho ritirato dal corriere il passaporto con il mio nuovo visto di
lavoro, ma resterò in Italia ancora un mese, e forse più, per potere fare
visita ancora altre volte a mia madre, che vive a Modena, vedermi ancora
alcune mostre e finire di tentarle tutte.I miei familiari indiani stanno e
vivono bene, i bambini a scuola sono davvero bravi, e trascorrono felicemente
la loro infanzia e prima adolescenza, mentre il mio amico Kailash ha più
mesta consapevolezza della natura possessiva del suo timore di perdermi, che drammi così tristi ha inscenato alla fine
dell'ultima mia permanenza in India.Studi, scrittura e ricerca così intanto
continuano.A risentirci e rivederci ciao Odorico
carissimo, grOn Fri, 25 Sep 2015 22:58:19 +0530
Marinella ; wrote
Carissimo che Piacere avere tue notizie io sto bene anche se un poco stanca.il mio
cammino a Santiago è andato bene anche se avrei preferito essere più
pellegrino e meno turista ma non ero sola e ho dovuto mediare. Fino a quando
sei qui? Io spero di poter venire in India ma non ho
sicurezza ci sono troppe variabili vedremo...ti lascio fatti sentire Gazie
per aver risposto. Appena mi è possibile rispondo anch'io. Sono felice per te
che alla fine del mese te ne torni in india, anzi ti invidio
un pochino vorrei essere anche io in quel magico paese..... Tieniti in
contatto poichè se decido di venire sarà intorno alla fine dell'anno e avrei
piacere a rivederti ma anche usufruire della tua agenzia grazie e bacioni
alla tua famiglia fai buon viaggio. marinella
Ogg: Re: R: news
----Messaggio originale---- Da: bapuculturaltours@rediffmail.com Data:
29/09/2015 21.19 A: Ogg: Re: R: news
Cara Marinella,
resterò in Italia fino ai primi di novembre e raggiungerò i miei cari in
India per la festa
di Deepawali. Nel frattempo farò quanto mi è possibile e ricercherò i
contatti di cui possa
giovarsi la mia attività in India e il sostegno a chi vi ho
caro. Odorico
Date: Sat, 03 Oct 2015 12:48:47
IST
carissimo, grazie per aver risposto. Appena mi è possibile rispondo anch'io.
Sono felice per te che alla fine del mese te ne torni in india, anzi ti invidio un pochino vorrei essere anche io in quel
magico paese..... Tieniti in contatto poichè se decido di venire sarà intorno
alla fine dell'anno e avrei piacere a rivederti ma anche usufruire della tua
agenzia grazie e bacioni alla tua famiglia fai buon viaggio. marinella
Tutto
in tutti
Sto vivendo il mio tempo come se la globalizzazione
fosse l epoca in cui l’interconnessione di tutto con
tutto si fa manifestazione del Suo essere l’Essere che è tutto in tutte le
cose, e vi si attuasse l’avvento della secolarizzazione del sacro nel farsi
ogni uomo e l’intera natura Suo tempio vivente, ogni processo di
umanizzazione sacramentalità e transustanziazione eucaristica, esplicita od
implicita che sia la fede di chi da e riceve più pienezza di vita perché
nutre speranza, ovverosia come il tempo in cui è la modernità universale, non
già come in Nietzsche l’arcaico arcano reimposto da un’aristocrazia
ultraveggente, che consentirà che Lo si adori in spirito e verità,
assolutamente, e semplicemente, né più sul monte Garizim né più nel tempio di
Gerusalemme, neti… neti, , al tempo stesso in cui e sul monte Garizim e nel
tempio di Gerusalemme, o in ogni altro luogo di culto , ( e.. e…,e.. ), ci si
prostrerà al dio in ogni rituale che non sia più di violenza del sacro contro
la vita.
primi di ottobre del 2015
6&&&
Una mia antica lettera polemica sul sacro a William
Dalrymple
Dear William Dalrymple.
I d like to explain you by mail
what because of my fragility or delicacy I wasn’t able to explain you in Mantua .
The nine lives of your
magnificent book subtitled A search of the sacred in modern India. , in
their experience of sacred in fact aren’t modern lives of modern persons,
because these experiences are ending or going in crisis on contact with the
modernity
In my opinion Nine lives is a
search in modern India
of the traditional sacred, that isn’t the only real sacred
, as if didn’t exist a modern sacred.
In my opinion of searcher of
God, if the divine reality is, indivisible, all in all the things, ( see Saint Paul
or the Vedanta), we cannot reduce the sacred to the religious, according to
Dietrich Bonhoffer. who was aiming at a not
religious Christianity –, the sacred is the heart of the modernity and of his
technology also. Gurgaon also is his ( of the sacred) phenomenal reality, not
only Tarapith, not only the realities that are different from the modernity,
or that pre-exist or outlive to it, can manifest the sacred . The modernity,
for example, can help the believer to dematerialize and spiritualize God, to
think God as Energy, out of the space and of the time, by its abstract
imagery, or because it ( the modernity) connects in shorter or real time(s)
what is far in the world and phenomena of different ages, the modernity can
facilitate to cross the “ noche oscura” of the end of the same religious
sensibility and imagination, and to worship more and more God in Spirit and
Verity ( John, 4, 23-24).
The real mystical experience
consequently is to live the fullness and the height of the life, in Kenduli
like in the yellow or blue lines of the metro of Delhi .
The following page of Raimon
Panikkar, that I tried to translate, can explain you better my point of view
about your search of the sacred in modern India .
Raimon Panikkar said:
“ I think that the
sacred isn’t in contrast with the secularity. The secular, that is : the secularity, the century, the world, the
worldliness, to stay in this world, all the earthly structures of the
reality, nothing is different from the sacred. The sacred is different from
the profane, “ profanum”, “in front of the temple”,
but the secular can be so sacred as anything, and the crucial challenge of
our time is to discover the sacred in what until now we thought secular. All
is sacred: the marriage, the love, the body, the politics also,- not the Erastianism, the Sacred Roman Empire ,
obviously - because the sacred is the soul of all the human activities.”
“ India is a secular State”, not lay, but
secular, because the Indian
State must take care of
the things of the world”.
Raffaele
Luise Raimon Panikkar, Profeta del dopodomani, Edizioni Paoline 2011, pg.145
P. S.
And according with Panikkar, in
my opinion the Nine lives are the other side of us, not the stranger.
Thanks you, again, for
everything
And What about Mantua , now? Come back, please, come back for the
festivaletteratura at your next book.
Odorico
Bergamaschi
odoricob@yahoo.it
Contro
l'islamofobia
Ho sotto gli occhi, in facebook, le perorazioni per salvare dall impiccagione
Mohammad Ali Taheri , in Iran, e dalla decapitazione
e dalla crocifissione il ventunenne Ali al Nimr in Arabia Saudita, colpevoli
soltanto di avere idee non conformi a quelle dei loro regimi. Ciononostante,
per quanto mi induce a credere la mia vita attuale
in Italia ed India, penso che l islamofobia sia il cancro mentale dell'
umanità contemporanea,che nelle nostre contrade si manifesta nella
assimilazione all'Isis ed al suo orrore di oltre un miliardo e mezzo di
musulmani, alle prese ogni giorno, come noi tutti, innanzitutto con la
sofferenza del vivere e del tirare avanti. Un accecamento
che è l'ottundimento di una politica che presume di vedere più acutamente
delle ragioni del cuore, mentre dietro l'orda che avanza, il monolite nero
integralista, non sa intravedere quanto gli islamici siano tra loro
sanguinosamente divisi, e su questo esercitare la presa. Di fronte
alle ragioni che ci induriscono contro l islam, come
induriscono contro di noi , o gli uni contro gli altri, i settari delle
fazioni dell islam tra di loro in conflitto, credo che il compito massimo di
chi esercita una guida spirituale, lasciando pure a Cesare l'onere delle
armi, sia oggi di convertire i propri, di fedeli, alle ragioni di
misericordia della propria religione, e così , quanto ai nostri cattolici ,
di ricondurre i propri diocesani al senso ed al fare operoso coerente delle
parabole dell'amore di Gesù , prima di ogni altra quella del buon samaritano,
anziché perseguire, e celebrare liturgicamente, l'apostasia dei fedeli di
altre religioni, incuranti di che pericolo può comportare per tali nuovi
proseliti l'esito battesimale di tali trionfi, che agli occhi di molti dei
loro ex correligionari non rappresentano che delle scorribande di lupi nei
loro armenti. In tal senso quanto sarebbero
auspicabili, più che nuovi fonti battesimali, incontri di fede tra vescovi- o
prelati- e imam e guru sikh, o rabbini, intorno alle ragioni della
misericordia delle rispettive religioni, che aprano più ancora i cuori e le
menti
fine settembre 2015
Delle ladies che sono state
come delle sorelle per Kailash
L’enfasi del " very good" con cui Kailash ha accolto la bella
notizia che a fine anno forse ritroveremo a
Khajuraho l’amica Marinella , e che ella intende fare ricorso alla nostra
agenzia per il suo viaggio ulteriore , mi preannunciava che aveva da dirmi a
sua volta delle cose liete.
Ma non era a proposito dei turisti cinesi che in
mattinata sul suo tuk tuk avevano raggiunto l hotel Harmony, quei veri madar
chor che lo avevano poi lasciato attendere a lungo, giù all’entrata, prima di
smentirsi e di dirgli che ai templi ci sarebbero andati a piedi, che non
avevano più bisogno del suo autorickshaw.
Ad averlo reso talmente contento erano state in seguito le signore filippine,
più che trentenni , che per una company lavorano da
lungo tempo in Dubai, le quali avevano accettato i suoi servigi per recarsi
in visita ai templi, e che con lui erano state poi così care e amichevoli,
divertendosi e divertendolo tanto. “ Sono state davvero delle sorelle per me”
Aveva facilitato la loro comunicazione il fatto che conoscessero l hindi, grazie ad una signora del Madhya Pradesh che a
loro l’aveva insegnato nel Dubai da cui provenivano, con l’ hindi
trasmettendo loro la conoscenza della cucina indiana. Con esse
aveva parlato, mi diceva in una felice rinfusa, degli usi dello sterco di
bufalo, del sesamo, delle piante del nim e del mahua. Che
cosa ne faceva quella donna che avevano intravisto nei campi, dello sterco di
cui aveva riempito un secchio che aveva trasportato sulla testa? Kailash mi
riassumeva in breve come gliene avesse sintetizzato
gli usi possibili, quale combustile per riscaldare, oppure in cucina per la
cottura dei cibi, a fungere da fumigante repellente di mosquitos. Del sesamo,
il tilli, come avevano avuto modo di parlarne? Possibile che ce ne fosse
ancora nei campi? Infatti gli avevano chiesto di
tale pianta perché ne avevano visto un raccolto steso a seccare, oggi ch’era
una delle calde giornate successive ai piovaschi, il cui inconveniente è che
facilitano il ripresentarsi a nugoli degli scarafaggi, quei madar chor, che
neanche la ricorrenza appena trascorsa del genetliaco di Gandhi aveva evitato
che ne avessero assunto il nome nelle parole del mio amico, per il suo cranio
rasato che ne evocava la lucentezza del dorso. Quanto ai mahua, appena
l’amico mi aveva fatto il nome di Jatakara, il villaggio ch’è
sulla via per il tempio Chaturbuja, mi era stato facile supporre che ne
avevano parlato al dispiegarsi del meraviglioso intrico di rami ritorti di un
loro bosco, prima dell’ entrata del villaggio provenendovi da Khajuraho.
Del nim ha decantato loro come lo si usi per ottenerne olio, anche di di
sapone, per le mirabilie curative, delle infezioni del corpo, delle sue
foglie verdi macinate, ( making pisna), o della stessa sua skin wood, come in
inglese ne ha denominato la corteccia. Al lasciarlo, quelle donne
meravigliose gli avevano pur dato 150 rupie di mancia, ed egli, commosso dal
loro gentile rispetto, dalla dolcezza dei loro modi di amiche,
se le era ingraziate richiedendo solo le 100 rupie della tariffa normale per
l indomani, quando si recheranno in stazione alla volta di Orchha; solo che
così egli aveva imbufalito il manager del loro hotel, che avrebbe voluto che
richiedesse almeno il doppio se non il triplo per spartirselo insieme. Urgeva
intanto che uscissi, per trasmettergli con Western Union
il denaro che è venuto per lui scarseggiando, ed eravamo già ai saluti, che
l’allegria dell’amico rendeva una festa, non fosse sopraggiunto, a
rabbuiarla, il senso che così, per l’amato Kailash, si chiudeva un bel giorno
che si era strappato alla sventura da me così spesso addolorata di una sua
vita stroncata.
2-5 ottobre 2014
Zero
zero
“E
con il tuk tuk today , Kailash?”
“Zero”(
ziro alla pronuncia sua blesa)
“Zero
kamai? Niente guadagno? No problem Kailash, no
problem, my dear…Eh, zero zero , yesterday and
today, like the atta”, come la farina bianca di cui in questi giorni ne ha
comperato un quintale.
Né ha avuto
modo di discorrere con dei turisti. Solo i soliti uomini del posto, chi si è
ritrovato intorno dove staziona di fronte al museo.
Erano
arrivati turisti stranieri, anche degli italiani con Mistral, ma tutti quanti
regolarmente monopolizzati in gruppi su dei pullman. Non mi restava che
snocciolargli di nuovo i miei intenti al rientro, tra l’altro di sperimentare
con Ajay e Mohammad, insieme a qualche eventuale insegnante volenteroso,
brevi camminate , assistite dal tuk tuk, fino ai più
vicini piccoli villaggi circostanti, di Chitrai, Bamnora,. Beni Gangi, che
fossero di esplorazione della flora e della fauna ,
della natura geologica e dei coltivi del paesaggio agreste. Ma con il mio
conforto, la mia vicinanza e il mio sostegno ogni giorno da cosi lontano,
sentivo che l’amico sarebbe rientrato in famiglia senza afflizione,
tranquillizzato anche dal fatto che Chandu non accusi più la febbre di
stanotte, per cui stamattina è rientrata da scuola
su consiglio della maestra,.. Ed io potevo dirmi consolato dalla certezza di
avere strappato un altro giorno senza acuirsi di amarezze e dispiaceri, alla
sua disperazione di vivere da allora una nostra vita distrutta. Con una mente
che non sia sconvolta dalle mie stesse patologie di cui l
ho reso infetto.
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