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diario
spirituale di meditazione, cronache e commenti di Odorico Bergamaschi
sabato 5 dicembre 2009
Due
Haiku per il mio Sumit
Sumit,
Sumit, bimbo mio
cuore della mia vita,
Sumit, mio Sumit!
miei spenti occhi di sole,
mia stessa morte.
Pubblicato da odorico a 16.08
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IN MEMORIA DI DON ANDREA SANTORO
E' don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso in Trabzon, il " prete romano" di cui parlano i
brani seguenti della pagina di cronaca che scrissi a Dyarbakir
il 16 luglio del 2003, agli inizi del viaggio che dal Kurdistan turco,
attraverso la Georgia, mi avrebbe condotto in Armenia ed in Iran. Vi racconto
come ebbi modo di incontrarlo alcuni giorni prima in
Urfa, nella Casa di Abramo che vi aveva fondato.
Come la domenica scorsa ho appreso la notizia, il pensiero è corso immediatamente
a lui, pur ignorando ancora l'identità della vittima, poco prima che nei
filmati dei servizi televisivi mi turbasse di rivederlo, nella sua alta
figura dal nobile profilo fine, in cui avvertii vibrare trepidante la
tensione del suo spirito di missione permanentemente attivo, animato dal
fervore dell'apertura al dialogo di chi intende lasciarsi permeare da ogni
ragione possibile del proprio interlocutore.
Nonostante tutte le limitazioni all'esercizio del sacerdozio che egli subiva in Turchia, non stentava a credere che l'Islam in
Siria o in Libano fosse invece la religione tollerante che gli accreditavo.
Dell'Islam, il solo limite di cui si venne al più rincrescendo, è che comunque non riuscisse ancora a fare a meno del supporto
del potere politico.
Ma la camicia di forza imposta all'esercizio della fede cristiana dal
laicismo dello stato turco, sembrava averla assunta per conformarsi ancora
più rigorosamente ai propri dettami, che facendosi ancora più rigorosamente
laici, ancora più decontaminati dalle scoria del
potere, gli imponevano di attestare la verità del cristianesimo in virtù
della sola testimonianza resa dalla propria condotta e dal proprio operato
solidale con la gente turca.
Forse la Turchia costituiva per questo la sua terra d'elezione, perché più di altri Paesi poteva elevarlo ad affidarsi a tali forme
precipue di evangelizzazione.
Lascio ai lacerti della mia cronaca, la riesumazione dei momenti più
emozionali del nostro incontro.
Nel tempo, ciò che nel ricordo è rimasto più
ricorrente di quanto egli mi disse, fu il suo interrogativo, sul seguito del
mio viaggio in Iran, dove difficilmente mi sarei ritrovato in ambienti
cristiani:
" E puoi stare una domenica senza la Messa'?"
Anche questo contribuisce a spiegare perché in quelle pagine supponga che
fosse per un diniego della volontà divina, che non lo dovessi rivedere il
giorno avanti,.
Ora credo che la motivazione di questa mia supposizione stesse nel fatto che
la mia poca fede si sentiva del tutto impari alla sua, se tuttora debbo chiedere
a Dio di concedermi la fede di cui non dispongo, e che avessi ritegno di
figurarne al cospetto, sentendomene immeritevole, quasi che vi ricomparissi
abusandone sotto mentite spoglie.
(Scritto il 16 luglio 2002 in Dyarbakir)
Solo per l' insistenza
con la quale alcuni artigiani e negozianti locali hanno seguitato a battere
alla porta d' accesso, ho avuto adito alla microcomunità
cattolica della casa d'Abramo, al tempo stesso in cui sono venuto a
conoscenza della sua esistenza in Urfa.
Quegli uomini hanno voluto guidarmici quando ho
detto loro di che nazionalità fossi, allorché mi hanno interpellato per avere
notato che intendevo addentrarmi nella vicina moschea.
Un prete romano, insieme con il diacono rumeno che l'anno scorso avevo già incontrato in Trebisonda, ne compongono l'esiguo
cenacolo, tra le mura della casa dismessa che erano
intenti a riscialbare , perché divenga una sede
d'incontro con degli altri credenti nelle religioni abramiche
E' così che oggi si rigenera in Urfa l'antica Edessa, quale crogiuolo di fedi nella loro ibridazione
reciproca, per cui la città pullulò un tempo di eresie, e (allorchè) l'aramaico vi fu la
lingua delle iscrizioni dei culti lunari, quanto della prima trascrizione
lapidea della adesione alla fede in Cristo fuori di Palestina .
..................................................
L' indomani, ch'era domenica, mi sono aggirato invano per ritrovare la
sede della casa d' Abramo, nel dedalo di vicoli in cui ci si addentra come si
lasciano le arterie moderne della città.
Si era fatto troppo tardi, oramai, per la Messa a cui il prete romano mi
aveva esortato a partecipare, -a quell'ora si stava
terminando di celebrarla, se non si era già conclusa,
nella chiesa sotterranea in cui egli aveva trasformato lo scantinato della
casa di Abramo, trasmutando in altare una rientranza nel muro.
Era dunque Volontà dei cieli che non potessi- o
non dovessi -partecipare al compiersi del rito, nella celeste navatella, ove la sera avanti quel prete mi aveva
affidato a Dio perché vigilasse ed ispirasse il mio viaggio, Egli fosse la
mia ombra diurna tutelare, la mia luce nella notte.
(Salmo 120
Il Signore è il tuo custode,
Il Signore è come ombra che ti copre
e sta alla tua destra ,
Di giorno non ti colpirà il Sole,
né la Luna di notte.
Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Egli veglierà su di te,
quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.)
La fiammella della mia trepida fede tremava e vacillava intanto come una
menzogna, di fronte all' intensità fervente che ne
ispirava le parole.
.
Pubblicato da odorico a 12.18
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domenica 6 dicembre 2009
Quando, tramutando la
mia amicizia per Kailash nella partecipazione come
un membro alla sua famiglia, ho iniziato a concepire che volevo incarnarmi
nella realtà indiana, non immaginavo quanto mi sarebbe diventato realmente
possibile, ed a che prezzo, che ne sarei diventato partecipe nel suo senso
più teologico a imitazione di Cristo, fino a patire
come il Padre, nella perdita del Figlio, il sacrificio divino del dolore
umano più grande.
Quando ho inteso fare miei i valori e la vita familiare, purificandovi il mio
eros in filìa ed agapè
fraterna, nell'essere sempre di più solo (puro) amore, solo la mia paura
poteva anticiparmene l'olocausto richiesto, la precipitazione nell' abisso di dolore della morte di Sumit.
La Luce del Suo Volto...
Io e Kallu avevamo riposto nella paternità
condivisa della sua figliolanza meravigliosa il nostro futuro, il nostro
lascito terreno, vi avevamo impegnato ogni cosa, Kailash,
benchè in povertà estrema, assicurando la
continuazione di ogni vita concepita nel grembo di Vimala,
ed in cambio , quale esito della nostra donazione delle nostre vite per dare
più vita, abbiamo ricevuto dalle Sue mani con la morte di Sumit
la nostra stessa morte.
Nessun ariete si è impigliato tra i rami, a sostituire il sacrificio del
nostro piccolo Iddio, così bello e incantevole, al punto che chiedevo la sua
benedizione ridente, come se Sumit fosse un avatar di Lord Krishna.
Ora, nella nostra notte, mentre intorno sferza l'incomprensione od il
dileggio, meno abbiamo lacrime per piangere più sentiamo dolore, più parliamo di chi ci è rimasto e più evochiamo il vuoto del
nostro amore di bambino nel cuore morto delle nostre vite.
Cercavo ieri sera di confortare Kailash alla luce
della crescita umana che palesa Aiay,
con gli interrogativi e gli atteggiamenti che assume " Tu hai in lui ora
un piccolo uomo", gli dicevo, e così gli tramavo lo strazio di chi non
lo sarebbe mai diventato, nel suo splendore, il suo ulteriore piccolo uomo.
Anche il mio prossimo viaggio in India, di cui discorriamo ogni volta, gli
evoca lo strazio che ieri sera mi veniva dicendo, ricordandomi che" a
giorni tu ci sarai in India, ma lui non c' è più.. E
quando ti penso ricordo le sue lotte, i suoi giochi, con te, le sue
"marna", le sberle che ti dava..."
Pubblicato da odorico a 14.26 0
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lunedì 14 dicembre 2009
" I'm powerful man, now, sono un uomo potente, ora"
"Non sei tu Kallu, Kallu
Kailash Sen, il mio caro amico?
" Si, sono io, Kallu Kailash
Sen, un uomo forte ora"
Con stupito sgomento mi sono chiesto da quale prova tremenda potessero uscire
quelle sue parole, all' alba della sua prima notte
di rientro, solo con i suoi bambini più grandi, nella casa desolata dalla
mancanza di Sumit, mi sono chiesto da quali risvegli
notturni , nel cuore della tenebra del suo dolore, fosse emersa la forza che
mi ostentava.
" Ora so, che quello che mi resta è pur sempre di più di quanto ho
perduto...", mi diceca appuntellandosi
a tali parole, quando alcuni giorni avanti " Ho perduto ogni cosa"
tornava a ripetermi disperato.
" Vai a scuola, e vedrai che i tuoi studenti ora ti rispetteranno",
aveva ora l'audacia di prevedermi, quasi che tutto il suo dolore si fosse
commutato in un contatto illuminante col divino, in una com-presenza certa.
"Ho sofferto e ho pianto nel vedere e nel toccare i suoi abiti, le sue
scarpe, ma sono riuscito a sopportare tutto.".
Vimala l'aveva lasciato solo nel sostenere la
prova, incapace di reggere tale prova del rientro, timorosa che la morte di Sumit fosse dovuto a un jantar mantar, a un malocchio che avrebbe potuto ricadere anche
sul piccolo Chandu che accudiva in disparte.
No, non un jantar mantar,come gli ha smentito un pandit - era d'accordo in
questo Kailash, ma la volontà di Dio gli ha tolto Sumit, qualcosa che i tanti dottori da cui è andato, ai
quali ha chiesto, non sono riusciti a spiegargli, di quanto è accaduto e ha
infranto tutto, mentre come immumerevoli altre
volte era ad un internet center .
La sera dello stesso sabato l'avrei ritrovato in Chattarpur
con i suoi due bambini più grandi, dapprima sull
'autobus che lo recava con Purti ed Aiay a duna festa di matrimonio familiare, poi nello
stesso hotel dove io avevo dormito con i suoi due bambini la notte che è nato
Chandu.
La vista dei bambini festanti l' aveva indotto ad affrettarvi il rientro dal
party.
Poi non l ho più udito sino a stamane,
il cellulare aveva scaricato le sue batterie, e nel villaggio, in cui ha
fatto rientro, è mancata l'energia elettrica per poterlo riattivare.
Ciò che ha temuto il mio cuore in angoscia, la nuova disgrazia certa che
sembrava preannunciarmi tale prolungato distacco, solo al riudirne la voce si
è istantaneamente dissolto.
Ora che è libero, inizi ad acquistare il bambu per
il nostro ristorante, l' ho nuovamente pregato: il si, si, che ripete il
proprietario tutto preso dalle elezioni in corso nel suo villaggio, si
trasformerebbe in un pre-contratto effettivo.
E se Vimala non se la sente di mettere piede nella
casa di Khajuraho, può alloggiare in una dimora
vicina con Chandu, in quella del fratello di Kailash, Manoj, o di una sua
amica, si prenda a cuore le sorti del bambino, che ha bisogno di un ambiente
più salubre di quello del villaggio di origine di Kailash.
E a Kailash, sempre in nome delle sorti di Chandu, secondo quanto mi ha detto di prezioso mia madre,
ho raccomandato di prendersi più a cuore anche le sorti di Vimala, dalla cui salute dipende la salute del bimbo,
tramite il latte che gli somministra in cui si trasforma il suo sangue.
Domenica prossima anche lui e Vimala , mi ha assicurato Kailash, si
recheranno nel Christian hospital per farsi
visitare.
Resta incombente, per Kallu, il
timore delle "injections" che gli è
invincibile.
Ma è come la puntura di un insetto...- ho alluso scherzando
" Ma it s bigger..." la siringa, che il
pungiglione di un insetto.
Parlando della mia prossima venuta in India, abbiamo trovato il modo di
scherzare anche sulle ubiquità, in internet, di Lalitpur,
Deoghar, e Udayapur, dove
ci recheremo in un breve viaggio, di come Deoghar del
Dashavatar temple,
assommando i tratti delle varie Deoghar dell'India,
figurasse tra le montagne di Lalitpur e nella
provincia di Gwalior, al contempo che nel Jarkand e in prossimità dell Orissa, e Lalitpur vi risultasse l' incantevole città che avevamo
visitato nel Nepal e lo scalo ferroviario in cui eravamo transitati tra Bhopal e Jhansi, come Udayapur sia situata nel Rajasthan
e nel Madhya Pradesh...
Cosi' Sumit, caro Sumit, parlavo col papà di tutto quanto potesse svagarci,
ma eri tu che tornavi sempre tra noi, nelle nostre parole, nei nostri
pensieri, meravigliosa creatura mia, col tuo incantevole sorriso invitante,
la tua infinita voglia di giocare e di avventurarti nel mondo con noi. Sumit, Sumit,Sumit!
Con che infinita nostalgia, con quanto affetto tornando a pensarti e a
ricordarti, mio amore di bambino,
Pubblicato da odorico a 14.25 0
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domenica 20 dicembre 2009
Con la morte nel cuore, dalle tenebre della casa
del villaggio in cui ancora sostano Kallu e i suoi
cari, in attesa che Vimala
si senta di fare ritorno nel loro più confortevole alloggio in Khajuraho, nel cuore della notte sentivo risvegliarsi e
nel pianto tossire Chandu, esposto a un'India dove
fa sempre più freddo, come già avevo sentito tossire Sumit,
gli ultimi suoi giorni di vita....
E Kailash mi veniva pregando di finire di
telefonargli, perchè la luce del cellulare gli serviva per ritrovare lo
sciroppo da dare al bambino.
Ha capito poi fino in fondo, in ciò che venivo
squarciando, le ragioni per le quali sono tornato a telefonargli e a
scongiurarlo di obbligare Vimala al rientro, quale
che sia il dolore che le costa ritrovarsi tra quelle mura,. la stessa Vimala, cuore cieco e
buio di madre, della quale avevo visto tra le lacrime trapelare i lineamenti
nel volto di Maria, quando remissivamente lascia
ogni cosa a lei cara all'0Annuncio dell'Angelo che la fa errante in Egitto,
con la sua sacra famiglia, nel Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini che la scorsa mattina avevo visto con una mia
classe.
Stamane, quando è stato lui a richiamarmi, così mi
ha detto, a suggello dell impegno che hanno assunto
di essere di ritorno domani in Khajuraho, Vimala e Chandu, che da lei
prende ancora il latte, al seguito di Kailash, con Purti, ed Aiay,
"Chandu sta tossendo, come tossiva Sumit"
Ed io per due volte, le prime volte da che " è avvenuto ciò che è
avvenuto a Sumit", gliel'ho
nominato, ma per sbaglio, in luogo di Chandu.
Ma Kailash è sembrato accogliere l'errore come il
caro segno di quanto anch'io il nostro angioletto lo abbia sempre nel cuore.
Mi sono avventurato in tali tenebre perché lui stesso me lo ha consentito,
con la forza della lucidità che il dolore ieri notte sembrava imprimere nelle
sue parole, quando evocava tutti i disagi e i rischi cui rimangono sottoposti
i suoi bambini nel villaggio in cui si sono ritirati, costretti, Purti ed Ajay, a bagnarsi e a
lavarsi nel freddo presso le acque del suo specchio d'acqua, nel freddo a
fare i loro bisogni nei campi, a disporre soltanto di acqua
fredda di pozzo, a recarsi e a fare rientro da scuola per decine di
chilometri in motocicletta od in tuctu.
Lo stesso prosciugato dolore era la lama di gelo delle parole con cui Kailash mi ha fatto intendere che è
andato oltre la forma più acuta di sofferenza, oltre la prostrazione
per il rientro da cui Vimala non è ancora in grado
di rimettersi.
" I primi due giorni ho sofferto, ma poi mi sono ripreso. E stato così anche per Aiay, una
volta che ha riportato la bicicletta in casa, ed è tornato alle cose di
sempre..."
Il rientro nel mio paradiso perduto, che mi sgomenta a giorni di affrontare a
mia volta.
Pubblicato da odorico a 13.05
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Tra me e don Ulisse Bresciani
Caro don Ulisse, sono Odorico, il professor Bergamaschi.
Le scrivo per chiederle se può leggere quanto ho
scritto dal 15 novembre scorso nel mio blog,
all indirizzo
http://www.odoricoamico.blogspot.com/
per orientarmi, e darmi dei consigli su come posso aiutare il mio amico
indiano che ha perduto il suo bambino, stretto come me nella morsa di un
lutto che non sa tollerare l'accaduto.
" Ho perduto ogni cosa " stasera il mio amico piangeva al telefono.
Entrambi soffriamo inoltre che non si rispetti o non
si consideri il nostro dolore.
Tra due settimane sarò in India, come avevamo già organizzato, e lui ripone
nel mio arrivo ogni aspettativa di conforto.
Infinite care cose, caro don Ulisse, con la semplice
richiesta di una preghiera per le nostre povere anime.
Odorico Bergamaschi
In Risposta
Caro Odorico,
ho letto e partecipato quanto lei ha scritto con profondità e acuto senso di
un dolore immenso e partecipato. Probabilmente la difficoltà maggiore
nell'affrontare un'esperienza di accompagnamento per
un caso di lutto così drammatico risiede nella differenza di cultura. La cultura
non è riconducibile solo al mondo delle idee e ai riferimenti mentali, ma
incarna una sensibilità alla quale non ci è
possibile avvicinarci per comprensione intellettiva e/o affettiva. Forse
l'unica strada è quella di "stare accanto", di "esserci",
in modalità inerme. Spero che la sua sensibilità sappia
superare tutte queste distanze, anzi ne sono sicuro. L'accompagno con
la mia modesta preghiera, d. Ulisse
Caro don Ulisse,
La ringrazio immensamente della sua risposta, cosi avvertita delle difficoltà
del mio cimento nell'accompagnare con amore compartecipe il lutto del mio
amico indiano. La sua certezza che ce la farò e la
confidenza nella sua preghiera si sono rivelate a loro volta un suo
accompagnamento preziosissimo del mio sforzo.
Oggi il mio caro amico mi ha telefonato come è
rientrato alle nove di sera da un pellegrinaggio diurno nel tempio di Hanumah, il Monkey God, presso il quale ha trascorso l' intera giornata per
fortificarsi nel suo dolore.
Purtroppo la difesa in cui ancora deve trovare un sostegno è il potere di
dimenticare.. E tra una settimana dovrò condividere
a mia volta la permanenza in una casa di dolore in cui il mio amico ha appena
cominciato il rientro, mentre sua moglie non ne è ancora capace.
Confidando nel Suo soccorso e concorso
con gratitudine
Odorico
Tra me e Valentino
Caro Valentino,
sono Odorico.
Come potresti avere appreso leggendo il mio blog,
dovrei essere in India, a giorni.
Sarà difficile trovare il tempo per venire a Sarnat,
dal Progetto Alice, anche se limiterò i miei viaggi ad una circospezione di
due località poco distanti da Khajuraho, Deoghar e Udayapur.
Dovrò evitare il frantumarsi in due gruppi della mia amata famiglia, che Vimala si separi con Chandu da Kailash e dai due bambini più grandi, dovrò ricomporne il
rientro, e riavviare Kallu al lavoro, nel
ristorante di cui deve farsi gestore...
Puoi seguirmi a distanza nel blog e mediante le mail.
Prega che trovi così la forza di riavvivare ciò che
si è schiantato con la fine del nostro amato Sumit.
Love
Odorico.
Ciao. Ti mando la lettera aperta scritta dai nostri chakma
tornati alla scuola di Bodhgaya. Se puoi, passa
parola...Sono certo che riuscirai a ricucire gli
strappi causati dal karma dei tuoi amici e tuo. La vita scorre in India, come
l'acqua del Gange. Lenta, porta via il marcio, le cose
brutte, i rifiuti delle citta' e quelli della
nostra mente. Un bagno, e i peccati vengono
lavati. Con i peccati anche la memoria viene pulita.
Memoria di un bimbo che non c'e' piu', ma vive,
appunto, identificato con tutto cio' che e' bello e sacro di questo Paese. Il bimbo era bello. Lo
ritroverete in ogni tempio, in ogni sorriso, in ogni fiore, in ogni
bastoncino di incenso profumato offerto a Dio. Perche' queste sono le cose "belle" dell'India.Forse il tuo amico capira'. Vedere il figlio nella bellezza del creato, nella Luce della
mente pura. Scoprire che questa Luce brilla, da
sempre, nel profondo del nostro cuore. Li'
c'e' la bellezza, l'amore, la pace. Li' puo' ritrovare
suo figlio.E tornare a sorridere.Love
Valentino
Pubblicato
da odorico a 04.40
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Natale 2009
“Che gioia sarebbe essere qui
ad Helsinki in attesa del volo per Delhi, se questo
fosse ancora il mondo di Sumit. Penso, e sento
invece con disperazione, che al mio arrivo a Khajuraho
non ci sarà più egli ad attendermi, .per giocare, e fare festa insieme, come anticipavamo in
sogno io e Kailash,- Ed io non voglio più vivere in
un mondo di cui non fa più parte il mio amato bambino “
Sull'aereo tra Helsinki e Delhi, poi l'indomani, la vigilia di Natale, nella
cattedrale del Sacro Cuore della capitale indiana, più volte ho ripetuto a me
stesso il canto di Zaccaria, come fu riacquistata da lui la Parola," E tu , bambino, sarai chiamato profeta
dell'Altissimo, .. .Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci
visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno
nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via
della pace".... Ma il nostro bambino ci aveva
preceduto davanti al Signore, con lui era precipitato nelle tenebre, e nella
morte, lo splendore dei giorni ch'era lo spettacolo della sua gioia vivente,
e di fronte al fuoco che nel rito della Vigilia di Natale, sul sagrato della
cattedrale ardeva gli sterpi nel braciere ardente, rivelando la Croce con la
loro consunzione, la mia preghiera era che il fuoco che di Sumit aveva divorato le carni, fosse il fuoco medesimo
nella cui rigenerazione potessimo noi ritrovarlo.
" L indomani, in Chhattarpur, quando vi ho
raggiunto con l’amico Kailash, Ajay
e Purti, i nostri bambini più grandi, e poi la
mamma e la nonna insieme con Chandu, nell'ospedale
cristiano in cui il nostro ultimo nato era in osservazione, e non ho
ritrovato più tra loro Sumit, nel risollevare il
corpo di Chandu e nel sentire, in quell'abbraccio, il calore trepidante ch'era stato quello
delle stesse sue carni che non avrei mai più portato al mio petto, il dolore
si è sciolto in un pianto della stessa dolcezza straziante del lume dell'
inverno indiano che ci intiepidiva.
Con il mio ritorno, avveniva lo stesso rientro di tutta la famiglia per la
prima volta, dopo la morte di Sumit, nella casa di Khajuraho dove era avvenuta la sua fine disgrazia, e dove tutto ce lo
ricordava, evocandone il
sopraggiungere ad ogni istante
da una altra stanza, l’apparire dal battente della porta aperta che pareva sempre annunciarne ad ogni
istante la venuta. Con il cuore che
batteva trepidante, insieme a Kailash e ad Ajay mi sono precipitato verso il sonno nella stanza dei
giochi incantevoli con il nostro bambino, dove credevo che il dolore avrebbe
toccato il suo acme, dove sembrava invece che la sua
presenza tutelare lo sedasse, per configurarvi un'oasi protetta di quiete
serena.
Delle copie delle mie guide lasciatevi quest'estate, sfogliavo le
pagine che recavano le immagini meravigliose delle località in cui eravamo
stati io e Kailash, e scorrendole, fossero di Leh o del Tamil Nadu, le illustrazioni dei palazzi di Orcha
e Datia o dei templi di Pattadakal,
o scene di devozione hindu lungo i ghat di Varanasi, si schiudeva
da esse il sogno di una felicità che per entrambi non sarà più possibile, un
paradiso perduto di cui non avevamo saputo godere l'infinita bellezza, prima
che la sventura calasse sulla sua radiosità.
L' indomani, insieme a Poorti ed Ajay la visita della dabha,
della locanda che avrebbe dovuto costituire il secondo gradino dell'ascesa di
Kailash e della sua intera famiglia verso il
benessere, si rivelava l'estrema desolazione di ogni
mia velleità di poter progettare per loro una vita migliore, lo sconforto di
essere entrato come una maledizione nella loro esistenza. - al piccolo Sumit,
come a suo padre, durante gli ultimi suoi giorni di vita infliggendo quell' infimo
ritrovo di vite perdute.Vi avevo forzato Kailash in un inutile tentativo, per perseguire il quale
forse egli aveva trascurato la salute del nostro bambino fino a causarne il
decesso. E’ quanto la coscienza mi addebita ancora, benché il giorno seguente
avessi potuto constatare che non ero vero quanto supponevo, quando Kailash mi ha mostrato la prescrizione medica di un
illustre specialista, per quello che aveva diagnosticato un comune
raffreddore.
Di quella dabha quanto vi era da modificare e da
rifare a nostre spese, dal tetto al giardino ai tralicci parietali di bambù,
vi mancavano anche bagno e lavabo, mentre nulla riscoprivo
di attraente nella posizione della locanda, di cui non più che qualche
luminaria segnalava l’ubicazione, proprio a ridosso di un capannone
agricolo. Il proprietario, che vi
diguazzava nell'alcool, si nascondeva dietro il più infido assenso ad ogni
nostra richiesta. Vi era in contatto telefonico con altri candidati locali
del Congress Party di cui è un esponente, -
concorrevano alla carica di sindaco per cui egli
avrebbe voluto ma non poteva competere nel suo villaggio, da che per sorteggio elettorale vi era stata
destinata ad un dalit, mentr'egli è un brahmino,
e nell’alcool cercava di sopire il dolore di tale frustrazione delle sue ambizioni. Ma
io mi ostinavo a volerci credere e a volere indurre a credervi Kailash, che vi si aggirava straziato del ricordo
dell'ultimo sabato pomeriggio che vi aveva trascorso con il nostro sventurato
bambino,con la macchina fotografica seguitavo a
scattare immagini lusinghevoli di quell’ambiente
desolato di gente ancor più desolata, le anime randagie di un cuoco e di un
inserviente che vi avevano un riparo di fortuna nella loro solitudine
terminale, insistendo a ricercare che cosa potessi apportarvi ed innovarvi,
consentendo pur anche, mio malgrado, che Kailash vi
depositasse, come se fosse un pegno, le statue del Presepe che gli avevo
recato.
Sembrava che della serietà delle mie intenzioni avessi persuaso lo stesso
proprietario, e
che lo avessi convinto dei miei propositi fattivi al punto che rinunciava ad
una riunione del suo partito per accompagnarmi insieme a Kailash
nella tenuta oltre il fiume Betwa dell ex Maraja di Panna, ove il
mio amico avrebbe prescelto i fusti di bambù da tagliare per recintare la
locanda.
Ma al rientro crollava tutto di schianto, quando io e Kailash
e Purti ed Aiay ci sedevamo per pranzare nel tardo pomeriggio, e due turisti
si rifiutavano di seguire il loro autista nella sosta presso la dabha, talmente ripugnava loro mettervi a piede.
Io manifestavo al proprietario, certo, la perseveranza a parole nei miei
intenti, ma per bocca di Kailash gli palesavo che
in definitiva poco o nulla gradivamo, che tutto
sarebbe stato da modificare perchè la locanda potesse aspirare ad un qualche
successo, inclusi il servizio deplorevole, e lo stesso cibo che ci era stato
imbandito. Ed egli, in pronta replica, per quelle insipide pietanze ci
presentava il più salato e rincarato dei conti..
Eppure, anche dopo che Kailash aveva sollevato per
questo le sue rimostranze, e che ci erano state porte le scuse più formali e
vilmente deferenti, entrambi abbiamo seguitato a comportarci come se ancora
sussistesse la trattativa, anzi, finivamo la giornata presso una riserva di
bambù del villaggio del mio amico, ove assicuravamo per il ristorante il
taglio dei fusti, ad un prezzo assai più conveniente di quello pattuito dal
proprietario con l' esponente del maraja di Panna.
Tra i fuochi del villaggio natale del mio amico, al cui divampare dai ciocchi
di legno o dai pani di sterco ci si riscaldava nel freddo invernale,
raggiungevamo la casa dei suoi genitori, eravamo quindi di ritorno a sera
inoltrata in Khajuraho, ove nulla, tra quelle care
stanze, mi rimetteva dal sentirmici il più immane
portatore del male, l' infestatore della vita di Kailash
e della sua povera famiglia, nella sua presunzione delirante di farla felice,
mentr’ero invece colui che vi aveva funestato, con e loro sorti, l'esistenza
e gli ultimi giorni del nostro bambino. No, non sarebbe morto, , se non avessi distolto Kailash
dalla cura della sua salute, perché si dannasse l'anima per lo squallido
miraggio di quella locanda. incalzato dalla mia
cieca insistenza al telefono, che mi si rivelava quanto fosse stata
presuntuosamente sorda ad ogni sua legittima perplessità,ad ogni suo più
ragionevole dubbio, per la mia intima persuasione, a migliaia di chilometri
di distanza fisica e ad un'infinità di leghe di lontananza mentale dalla sua
dignità, che il mio amico insistesse a parassitare
il mio aiuto, anziché darsi veramente da fare per non averne più bisogno in
futuro…
Eppure quante volte avevo potuto accertare al telefono che era convenuto a
quella dabha, “ with the tuctuc to take report”, a ore diurne e notturne, nei giorni feriali e
festivi, col sole, sotto la pioggia, a verificare, con i suoi occhi, di primo
mattino, nel pomeriggio avanzato, o alle ore più tarde della sera e prima di
mezzanotte, se vi si recassero o vi sostassero avventori o clienti di
transito, se a notte fonda vi stazionassero camion, lungo l'arteria stradale
di grande traffico tra Chhattarpur e Panna, o di
domenica vi affluisse gente dal vicino villaggio per la cena del giorno di
festa prima di ritornare al lavoro dei campi o dei negozi, quante volte ve
l'avevo ritrovato per telefono, che vi indugiava appostato da ore, sentendo
nelle cuffie il rombo dei camion che transitavano senza arrestarsi.
L' indomani, il rinvenimento delle prescrizioni di medicine per Sumit, formulate del più rinomato pediatra del
circondario, che mi testimoniava quanto Kailash era
stato sollecito a prendersi cura del nostro povero bambino, serviva a
quietare questo rovello del mio strazio, che ogni circostanza quotidiana sollecitava
alle lacrime: le bizze dei cagnolini del proprietario di casa, ch'erano stati un giorno i compagni di gioco del nostro
piccolino, l'accorrere a frotte dei bambini del vicinato senza che mai egli
vi apparisse mischiato, l'angolo di ogni di casa da cui l'attendevo
sopraggiungere senza che fosse più possibile, i vicoli deserti della sua
presenza, fino all'albero del pipal fra i tempietti
hindu e la tank in secca,
sotto la cui ombra non avrei più potuto sentirlo trepidare, o volgersi
curioso, tra le mie braccia, a un uccello che tra le foglie si levasse in
volo
Quando sopraggiungeva il giovane insegnante privato di Ajay,
e ci ritrovavamo a discorrere in disparte sul terrazzo assolato, coglievo
l'occasione per chiedergli sulle circostanze della morte di Sumit, quello che non avevo l'animo di chiedere a Kailash.
" E’ stato bruciato dopo la sua morte?"
Si, mi confermava tra le mie lacrime, mentre
mi appariva il dissolversi nel fuoco della meraviglia incantevole del
suo corpo adorato. E a suo avviso, per quanto ne
sapeva, come se ne spiegava la morte improvvisa?
Erano state tante le congetture dei medici che gli erano state riferite, le
voci che si erano sparse. - lui era altrove quando è
avvenuta la morte, mi parlava di improbabile " ensufilia",
mentre la sua opinione, secondo il dire di molti, era che il bambino fosse
stato avvelenato.
" Quel che è certo è che qualcuno ha visto una persona dieci minuti
prima dargli da mangiare qualcosa. E dieci minuti
dopo è morto soffocato. Questo è tutto"
Ero più incredulo che sgomento.
" Ma chi poteva volere la morte del bambino?
" Il padre è molto odiato"
" Kailash? Come può essere odiato? E ' un uomo
povero, non ha nulla, è senza potere."
" Si tratta di odi di casta..."
Ma il sopraggiungere di Kailash, che dal tono di
voce alta tenuto dal giovane maestro, nonostante le mie esortazioni a che
parlasse sottovoce, aveva compreso di che cosa stavamo parlando, stroncava
ogni seguito al nostro discorso.
Se volevo proprio sapere come fosse morto il nostro bambino, mi avrebbe condotto
da ogni medico da cui lo aveva inutilmente portato, quando giaceva già morto
tra le sue braccia, in Khajuraho, Rajnagar, Chattarpur, ma quel giovane maestro, ch'era altrove quando era
avvenuto il decesso, che non aveva assistito a quanto era successo, non aveva
titolo di parlarmene, secondo le sole dicerie che aveva raccolto.
Non so quanto l’irritazione che Kailash esprimeva
nei confronti del maestro di Ajay,
fosse determinata da una sua avversione per costui , o se egli non
stesse volgendo contro di lui una sua
contrarietà che si era originata nei miei riguardi, ma quel giovane
insegnante, nel seguitare a fronteggiarlo a voce alta, insensibile o
inavveduto di come stesse esasperando il dolore del mio amico, su di sé stava
così focalizzando il furore di entrambi..
" Se volete, potete parlare al mio amico italiano di Poorti
e di Ajay, ma vi impedisco di parlargli ancora dei
miei altri bambini!"
Kailash scendeva dal terrazzo e ne risaliva in
lacrime, con il te ed il latte che ci
imbandiva, lo serviva anche a un vicino della sua stessa casta di barbiere,
ch'era intanto sopraggiunto, indurendo la sua agitazione nelle contrazioni
del dolore che lo squarciava
" Ho perso ogni cosa perdendo il mio bambino. Era il mio re, il mio leone..." .
Io lo abbracciavo con tutto l'amore di cui ero capace, ed egli mi confidava
tutto quanto era in lui intervenuto, in reazione al senso di
atrocità del proprio destino e di
quello del proprio bambino, per il cui tramite era come se i suoi dei
avessero oltraggiato e dileggiato nei
modi più feroci ogni devozione e aspirazione paterna.
In realtà, in quel nostro
sventurato bambino, dal corpo vigoroso e che nulla temeva,
- sadu, bufali , o traffico,- egli aveva confidato
che fosse riposto il riscatto dei suoi
giorni, della sua esistenza sociale votata a fallimento e miseria, e a poco
più di due anni di vita se l’era ritrovato cadavere tra le braccia. “ Non
poteva la morte portarmi via invece Ajay”, aveva mormorato
già il giorno stesso della sventura, “ Ajay , in
cui era un controsenso confidare, il bellissimo Ajay,
così piccolo ed incapace e ed inerme, che stenta ad apprendere e a saper fare
alcunché.
" Ma ora Sumit è la mia forza, in me, che mi
parla."
"Lo so, Kallu, che non lo abbiamo perduto. E ora è più grande di te e di me".
Il mio amico ha alluso allora a cinque divinità con cui è in contatto, che lo
aiutano e gli appaiono in sogno.
Poi, mi ha rievocato le circostanze, di cui mi ricordavo benissimo, in cui il
suo Sè era divenuto l'istanza
sovrapersonale in cui ora egli si ricomponeva,
ritrovando la quiete e la calma esteriori, finanche la luce del sorriso, e mi
ha riesumato pertanto le circostanze della notte tremenda in cui aveva fatto
ritorno con Ajay per la prima volta in quella casa,
e da cui era uscito ritrovandosi "a powerful
man", come al telefono mi aveva comunicato il mattino seguente in stato
di trance.
Cronache Indiane In
India in un tragico inverno Seconda parte
Quella sera io e Kailash saremmo
partiti verso Chhattarpur con Poorti
ed Ajay, per raggiungere via Tikamghar,
Lalitpur, le località storico-archeologiche di Chanderi, Deoghar, Udayapur, ai confini tra il Madhya
e l’Uttar Pradesh.
Ora la meraviglia di mattini e tramonti, tra nebbie e brume evaporanti,
fascina d'incanto le memorie di quei siti, ma in essi abbiamo seguitato
continuamente a sanguinare strazio, ed io sono stato capace di farvi finanche
a brandelli le resistenze al dolore che Kailash
aveva arginato in sé, precipitandolo in un fine d'anno allucinante.
Non ricordo se sia stato nell'hotel con vista sul forte di Tikanghar, o se sia avvenuto la
nostra prima notte in Chanderi, che Kailash per l'unica volta ha voluto parlarmi delle
circostanze della morte di Sumit.
Nessun dottore ha saputo spiegargli perché si sia verificata la morte
improvvisa del bimbo di fronte a Vimala, rimanendo
strozzato nel suo respiro, dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
No, nessuno, che sia sospettabile, lo aveva avvicinato negli ultimi frangenti
della sua esistenza.
Dava credito piuttosto al timore che il respiro gli fosse mancato perché, da
un'altra vita, lo aveva serrato alla gola la mano di una vicina di casa morta
ancora giovane, alcuni mesi fà,
una defunta islamica che sarebbe ancora disperata e bramosa di vendicarsi sui
vivi per essere morta precocemente.
In ogni casa del vicinato si era verificata una disgrazia.
Ciò che lo aveva più sorpreso, nel cadavere del suo bambino, era quanto fosse diventato cianotico nella sua carnagione.
Ma tutto voleva e poteva credere il dolore del suo amore, che il Suo bambino sia in lui, più
grande di lui, o che la sua reincarnazione
sia già avvenuta, altrimenti
che il suo spirito ora sia
quello dello stesso Chandu.
" Sorride come lui..."
E' stato di ritorno dal fulgore del tempio shivaita
di Udayapur, che approssimandoci a Bina, all'avventurarci
in taxi dentro la giungla che infestano banditi, la sera del plenilunio di
Capodanno ho trascinato Kailash nel mio baratro
mentale.
Non sentivo, nel mio cieco agitarmi egocentrico, quanto dilaceravo la
dolcezza della sua tenerezza conciliante di amico,
nell'evocargli l'apertura gioiosa di Sumit nei miei
riguardi, pronto egli a seguirmi in ogni dove ed a giocare in ogni modo che
inventavo con lui, ogni volta che mi lamentavo di quanto invece si
infastidisse Poorti, anche soltanto a dovermi stare
vicino? Non avvertivo quale schianto interiore dovesse
arginare, quando nella giungla mi rassicurava che erano i suoi spiriti
tutelari, che era la stessa presenza interiore di Sumit,
che gli garantivano che nessun brigante o nessuna forza dell'ordine avrebbero
arrestato o violato la nostra vettura?
Erano le stesse entità che gli avevano assicurato che in India nulla avrei
perduto o mi sarebbe stato sottratto, fino al termine del viaggio, ed al cui
manifestarsi sentiva il corpo raffreddarsi.
Ad angosciarmi, nel mio stato, bastava l’idea che nessuna fotografia ci avesse fissato
insieme, delle tante che da me erano state scattate in Chanderi,
Deoghar, Udayapur, mentre
la memoria si appigliava alle fotografie in cui era visualizzato il nostro
bambino, per salvarne vivo il ricordo che si affievoliva, il solo chiedermi
perchè fosse potuto accadere, intanto che ritornavano ad assillarmi i solo
fantasmi vividi degli incubi della mia
vita invivibile di insegnante cui avrei fatto
ritorno al mio rientro dal viaggio,
vanificando che fossi lì in India
con lui, e i nostri cari bambini “ I m not
more here, I m already in
Italy, now”, mormoravo
stravolto al rientro nel ristorante di Lalitpur,
ingoiando senza cortesia reale quanto Kailash aveva
ordinato per la nostra povera cena di fine d'Anno, intanto che il mio ego
ferito da Poorti, come dai miei studenti che si
accampavano oltraggiosi nella mia mente stravolta, seguitava ad averlo di
fronte vulnerabile e dolce e a ferirlo a morte.
Si reiteravano, risalendo le scale, le messe in scena della mia
alterazione mentale, finchè non ritornavo in stanza
e di fronte a lui rivoltavo su Poorti la coperta
del letto, in cui poc'anzi
si era sottratta anche al mio augurio di " Happy New Year":
Era contro lui stesso ch'era diretto il mio atto, contro di lui che nulla
faceva, come padre, perchè per gelosia, o non sapevo quale altro motivo, Poorti non fosse con me come una scimmia intrattabile.
Era al contempo un atto di disperazione sottaciuta nei figli rimastici, alla
vista di come lo stesso Ajay vagolasse
tra templi e palazzi, e boschi e grotte sacre presso i corsi d'acqua, senza
che apparentemente nulla lo incantasse o interessasse, si tramutasse in
stimolo per la sua mente disabile, mentre Sumit
come si faceva intento, solo che sentisse il canto di un uccello fra le
fronde di un pipal...
Solo le grida di Kailash e la mia volontà di
scusarmi mi rinsavivano e mi riconducevano indietro,
ad assistere in stanza a quanto si stesse sbranando, e a come tutto avrebbe
fatto a brandelli, per il dolore che riesplodeva
urlante di avere perso Sumit.
Povere le sue parole, che nulla dicevano del suo strazio immenso " I ve lost
more than money, life is
more than money", povere le sue sembianze, che
lo rendevano imbarazzante
nell'espressione di un dolore infinito.
Facesse della mia indegnità ciò che meglio credeva, imploravo
ai suoi piedi, rimettevo la mia amicizia al suo volere, nel trattenerlo fra
le mie braccia per contenerne la distruttività.
Placarsi, come a poco a poco avveniva, mentre i bambini lasciavano in lacrime
la stanza, era nel mio amico l' uscire allora dalle
spoglie del povero Kailash Sen, e farsi a me freddo
e superiore e distante.
" In certi momenti posso mancare di qualsiasi rispetto e diventare
capace di tutto".
Ma non ero io che avevo colpa, ora mi diceva, lasciandomi attonito, la
responsabilità era sua, se la sua mente era esplosa, ciò che succedeva stava
accadendo perchè egli non si era purificato, non aveva fatto alcuna doccia, o
bagno, nel giorno di sabato sacro ad Hanumah.
Mi domandava di scendere alla reception a chiedere
incenso, mentre con mio terrore sgomento, si rinchiudeva nel bagno per fare
la doccia.
Quando risalivo, ottenuto l'incenso dal compassionevole anziano che vi era
addetto, aveva indosso il solo asciugamano come un lungi, e stava già
predisponendosi per la puja, per la quale
richiedeva a un inserviente accorso un'ambrata
bevanda- Il giorno seguente avrei accertato ch’era della birra che ristagnava
in un boccale, di cui a suo dire il dio era voglioso.
" Se tu vuoi, gli dicevo l' indomani, nel lasciare la stanza dell’Aryan hotel di Lalitpur, puoi
fare di me quello che meglio credi, ma quello che è accaduto è successo
perchè soffriamo entrambi per le stesse ragioni, ed allo stesso modo"
Eppure sono stati giorni di splendore nel
dolore, quelli in viaggio con Kailash, Purti ed Ajay, alla vista nella
notte, in Chanderi, dei carri della processione
islamica, che avanzavano nelle vie come sfavillanti dimore celesti, o nello
scorrere del pomeriggio radioso sulle anse del fiume Betwa,
tra i declivi boscosi in cui si stagliavano le pareti a picco di grotte e
rilievi rupestri di Deoghar.
Dalle nebbie del primo mattino ne sono emerse, nella
stessa Deoghar, le incantevoli sculture gupta del Tempio visnuita delle
dieci incarnazioni del dio, ove gli individui celestiali ostentavano la più
splendida sovrannaturalità dei loro corpi
spirituali, nella più naturalistica assunzione di pose e gesti, in Udayapur
il fulgore sivaita del tempio Nilikantesvara, le innumerevoli
vestigia, in Chanderi, di porte fortificazioni e
moschee e palazzi, sugli specchi delle acque o in solitaria imponenza, quale
il Koshak Mahal, nello
stile afgano delle edificazioni di Mandu.
Nello strazio della vita che
continuava il suo interminabile spettacolo, la più viva luminosità solare
tornava a splendere dolente sull' integrità
ritrovata della nostra amicizia, lungo la via del rientro a Khajuraho tramite Tikamghar, Lalitpur. In una vivezza di una crudeltà insostenibile,
da che ne è scomparsa la gioia di esserci del nostro
Sumit,
L’ultima sera, al rientro dal
ristorante in cui avevo offerto la cena finale, a seguito del denaro che era
andato distrutto o che era andato speso senza costrutto, a Kailash gliene lasciavo ancora perché si riavviasse al
sostentamento di sé, e dei propri cari, con i proventi del latte prodotto da
una bufala che avremmo acquistato con la sua bufalina,
- se ne sarebbe presa cura suo padre, nella stalla che possiede nel suo
villaggio,- e lui accoglieva l ‘aiuto intascandolo come se gli fosse naturalmente
dovuto, come se fosse naturale che insieme con il mio denaro, per lui e la
sua famiglia stessi perdendo la mente e la vita...
Nel letto di quella che rimarrà per sempre la mia stanza, per nostra fortuna
non è stato che un vaneggiamento che si è acquietato nel sonno, l’impulso che
in me è insorto di fuggire nella notte da quella casa per recarmi in hotel
con le valigie già fatte, abbandonando per sempre al suo destino, in quella
dimora, la miseria di Kailash e della sua famiglia
fallimentare, e farmi dal giorno seguente solo turista tra i turisti, che
solo veda e senta senza più amare e soffrire..., Ero pur consapevole che
avrei così inflitto la ferita più letale, nel suo dolore immenso, a chi mi
aveva riconfermato come un membro della sua famiglia distrutta, benchè lo avessi devastato senza umano riguardo. Noi due
eravamo oramai " one only body", un solo corpo
anche a infinita distanza, mi ha ripetuto teneramente, a raffronto di ciò che
ci univa non sarebbero stato che poco più che carta, quand'anche fossero
state stampate, le nostre immagini digitali che rimpiangevo di non avere
impresso…
" E' un dono di Dio la famiglia indiana che assisti", mi ha
ricordato un confessore al mio rientro, ridandomi la vista con gli occhi del
suo cuore profetico.
E' donandomi ad essa fino alla consunzione dei miei
giorni, che io potrò declinare il nome che per me è stato prescelto in terno,
senza che mi sembri l' abominio di un nome di oltraggio, come quando risuona
inaudito nel ludibrio e nel chiasso delle classi in cui insegno, o nella scrittura
vana della mia parola.
Anche per Kailash si è fatto insostenibile il nome che
porta, il suo nome che ci lega e che per lui hanno scelto i suoi dei, da che
vi avverte che ha assunto il
significato che egli non avrà più niente di niente, che con la
morte del nostro bambino egli ha perso
ogni cosa, se dopo la sua scomparsa qualsiasi cosa per lui non potrà significare
più niente
" Non ho niente, se non i miei auguri da farti" salutandomi come ci
lasciamo lasciati.
(Quando mi parla in tal senso, gli taccio che la nostra vera
miseria è che disponevamo di un tesoro immenso ed esso è andato perduto, il
bene irrecuperabile della nostra integrità familiare, di cui ignoravamo o
sprecavamo (tutto) il pregio mentre lo possedevamo.
Ciò che soltanto vale ora la pena di dirgli, è che perchè non ha niente (che)
è vicino agli dei, ( che) è tutt'uno con me nel suo grande valore (di uomo) .
Cronache
Indiane
Seconda
parte
Quella
sera io e Kailash saremmo partiti per Chhattarpur con Purti ed Aiay, per
raggiungere via Tikamghar, Lalitpur, le località storico-archeologiche di
Chanderi, Deoghar, Udayapur, nel Madhya e Uttar Pradesh.
Ora
la meraviglia di mattini e tramonti, tra nebbie e brume evaporanti, fascina
d'incanto le memorie di quei siti, ma in essi abbiamo seguitato continuamente
a sanguinare strazio, ed io sono stato capace di farvi finanche a brandelli
le resistenze al dolore che Kailash aveva arginato in sé, precipitandolo in
un fine d'anno terrificante.
Non
ricordo se sia stato nell'hotel con vista sul forte di Tikanghar, o se sia
avvenuto la nostra prima notte in Chanderi, che Kailash per l'unica volta ha
voluto parlarmi delle circostanze della morte di Sumit.
Nessun
dottore ha saputo spiegargli come sia successa la sua morte improvvisa di
fronte a Vimala, rimanendo strozzato nel suo respiro, dopo aver bevuto un
sorso d'acqua.
No,
nessuno, sospettabile, lo aveva avvicinato negli ultimi frangenti della sua
vita.
Dava
credito piuttosto al timore che il respiro gli fosse mancato perchè da
un'altra vita lo aveva serrato alla gola la mano di una vicina di casa morta
ancora giovane, alcuni mesi fà, una defunta islamica ancora disperata e
bramosa di vendicarsi sui vivi per essere morta precocemente.
In
ogni casa del vicinato si era verificata una disgrazia.
Ciò
che lo aveva più sorpreso, nel cadavere del suo bambino, era quanto fosse
diventato blu, cianotico nella sua carnagione.
Ma
tutto voleva e poteva credere il dolore del suo amore, che ora il Suo bambino
era in lui, più grande di lui, o che la sua reincarnazione fosse già
avvenuta, che il suo spirito ora fosse quello dello stesso Chandu.
"
Sorride come lui..."
E'
stato di ritorno dal fulgore del tempio shivaita di Udayapur, che
approssimandoci a Bina, nell'avventurarci sul taxi nella giungla che
infestano banditi, la sera del plenilunio di Capodanno ho trascinato Kailash
nel mio baratro mentale.
Non
sentivo, nel mio agitarmi egocentrico?quanto dilaceravo la sua dolcezza, la
sua tenerezza conciliante di amico, nell'evocargli l'apertura gioiosa di
Sumit nei miei riguardi, pronto a seguirmi in ogni dove e a giocare in ogni
modo che inventavo con lui ,ogni volta che mi lamentavo di quanto si
infastidisse Purti, anche soltanto a dovermi stare vicino? Non avvertivo
quale schianto interiore dovesse arginare, quando nella giungla mi
rassicurava che i suoi spiriti tutelari, la stessa presenza interiore di
Sumit, gli garantivano che nessun brigante o nessuna forza dell'ordine
avrebbero arrestato o violato la nostra vettura?
Erano
le stesse entità che gli avevano assicurato che in India nulla avrei perduto
o mi sarebbe stato sottratto, fino al 5 gennaio, al cui manifestarsi sentiva
il corpo raffreddarsi.
Ma
nel mio stato angosciato, all'idea che nessuna foto ci avesse fissato
insieme, delle tante da me scattate in Chanderi, Deoghar, Udayapur, così come
nelle foto era fissata nella mia memoria indelebilmente la memoria del nostro
bambino, del perchè fosse potuto accadere, mentre i soli fantasmi che
ritornavano erano i miei incubi scolastici, che vanificavano che fossi in
India li con lui, e i nostri cari bambini “ I m not more here, I m already in
Italy, now”, mormoravo stravolto al rientro nel ristorante di Lalitpur,
ingoiando per pura cortesia quanto aveva ordinato per la nostra cena di fine
d'Anno, intanto che il mio ego ferito da Purti, come dai miei studenti
evocati, seguitava ad averlo di fronte vulnerabile e dolce e a ferirlo a
morte.
Seguitavano
le messe in scena della mia alterazione mentale, finchè non ritornavo in
stanza e di fronte a lui rivoltavo su Purti la coperta ,in cui poc'anzi, si
era sottratta anche al mio augurio di " Happy New Year".
Solo
le sue grida e la mia volontà di scusarmi mi rinsavivano e mi riconducevano
indietro, ad assistere in stanza a quanto si stesse sbranando, e tutto
avrebbe fatto a brandelli, per il dolore che riesplodeva urlante di avere
perso Sumit.
Povere
le sue parole, che nulla dicevano del suo dolore" I ve lost more than
money, life is more than money", povere le sue sembianze, che lo
rendevano ridicolo nell'espressione di un dolore infinito.
Facesse
della mia indegnità ciò che meglio credeva, imploravo ai suoi piedi,
rimettevo la mia amicizia al suo volere, nel trattenerlo fra le mie braccia
per contenerne la distruttività.
Placarsi,
come a poco a poco avveniva, mentre i bambini lasciavano in lacrime la
stanza, era nel mio amico l' uscire dalle spoglie del povero Kailash Sen, e
farsi a me freddo e superiore e distante.
"
In certi momenti posso mancare di qualsiasi rispetto e diventare capace di
tutto".
Ma
non ero io che avevo colpa, ora mi diceva, la responsabilità era sua, se la
sua mente era esplosa, ciò che succedeva stava accadendo perchè egli non si
era purificato, non aveva fatto alcuna doccia, o bagno, nel giorno di sabato
sacro ad Hanumah.
Mi
domandava di scendere alla reception a chiedere incenso, mentre con mio
terrore sgomento, si rinchiudeva nel bagno per fare la doccia.
Quando
risalivo, ottenuto l'incenso dal compassionevole anziano che vi era addetto,
aveva indosso il solo asciugamano come un lungi, e stava già predisponendosi
per la puja, per la quale richiedeva a un inserviente accorso un'ambrata
bevanda, che il giorno seguente accertavo essere della birra che ristagnava
in un boccale, di cui a suo dire il dio era voglioso.
"
Se tu vuoi, gli dicevo l' indomani, nel lasciare la stanza dell Aryan hotel
di Lalitpur, puoi fare di me quello che meglio credi, ma quello che accaduto
è successo perchè soffriamo entrambi per le stesse ragioni, e allo stesso
modo"
Eppure
sono stati giorni di splendore nel dolore, quelli in viaggio con Kailash,
Purti ed Ajay, alla vista nella notte, in Chanderi, dei carri della
processione islamica, in forme hindu,avanzanti nelle vie come sfavillanti
dimore celesti, o nello scorrere del pomeriggio radioso sulle anse del fiume
Betwa, tra i declivi boscosi in cui si stagliavano le pareti a picco di
grotte e rilievi rupestri di Deoghar.
Dalle
nebbie del primo mattino ne sono emerse, nella stessa Deoghar, le incantevoli
sculture gupta .del Tempio visnuita delle dieci incarnazioni del dio, ove gli
individui celesti ali ostentavano la più splendida sovrannaturalità dei loro
corpi spirituali, nella più naturalistica ( e vivida )assunzione di pose e
gesti,
in
Udayapur il fulgore sivaita del tempio Nilikantesvara ,
le
innumerevoli vestigia, in Chanderi, di porte fortificazioni e moschee e
palazzi, sugli specchi delle acque o in solitaria imponenza, quale il Koshak
Mahal, nello stile afgano delle edificazioni di Mandu.
Nello
strazio della vita che continuava interminabile nel suo spettacolo, senza
alcuna nostra gioia di farne ancora parte, da che ne è scomparsa .la gioia di
esserci del nostro Sumit, la più viva luminosità solare splendeva poi dolente
sull' integrità ritrovata della nostra amicizia, lungo la via del rientro a
Khajuraho, tramite Tikamghar, Lalitpur.
Ma
Purti, ancora Purti, ricusando alle stazioni degli autobus che la tenessi per
mano, per consentire a Kailash di allontanarsi per urinare, quella sera
stessa avrebbe provocato di nuovo la mia pusillanimità e l'esacerbazione di
me e Kailash, Purti, sempre Purti, anche l'ultima sera, rifiutando la mano
che le porgevo,verso casa, al rientro dal ristorante in cui avevo offerto la
cena finale, avrebbe provocato il precipitare della situazione verso il più
pauroso crinale, dopo che Kailash non mi aveva nemmeno ringraziato per tutto
il denaro che gli avevo appena lasciato, a seguito di quello che era andato
distrutto o che era andato speso senza costrutto. Glielo lasciavo perché si
riavviasse con i proventi del latte prodotto da una bufala per la sua
bufalina,- di cui si prenderà cura suo padre, nella stalla che possiede nel
suo villaggio,-e lui accoglieva l aiuto come se gli fosse naturalmente
dovuto, come se fosse naturale che insieme con il mio denaro, per lui e la
sua famiglia stessi perdendo la mente e la vita...
Nel
letto di quella che rimarrà per sempre la mia sola stanza, per nostra fortuna
è rimasto solo un vaneggiamento che si è acquietato nel sonno, l intento che
in me è insorto di abbandonare quella casa per recarmi in hotel con le
valigie già fatte, abbandonando per sempre al suo destino, in quella dimora,
la miseria di Kailash e della sua famiglia fallimentare, e farmi dal giorno
seguente solo turista tra i turisti, che solo veda e senta senza più amare e
soffrire...
Nel
suo dolore immenso, ero consapevole che avrei così inflitto la ferita più
letale, a chi mi aveva riconfermato un membro della sua famiglia distrutta,
benché solo poco sere prima lo avessi devastato senza umano riguardo, sordo
alla sua voce che mi rammentava teneramente che sarebbero state poco più che
carta, quand'anche fossero state stampate, le nostre immagini digitali che
rimpiangevo di non avere impresso, mentre noi due eravamo oramai " one
only body", che un solo corpo anche a infinita distanza...
Respiro
ancor oggi di avere evitato il crimine in cui con la mia dignità di uomo vero
mi sarei giocato la mia intera esistenza, equivocando come la mia perdizione,
quanto è la salvezza del mio destino , la vocazione che reca il mio nome..
"
E' un dono di Dio la famiglia indiana che assisti", giorni or sono mi ha
ricordato qui in Italia un confessore, ridandomi la vista con gli occhi del
suo cuore profetico.
E'
donandomi ad essa fino alla consunzione dei miei giorni, che i miei giorni
potranno trovare con la loro salvezza, il loro stesso compimento finale, che
io potrò declinare il nome per me prescelto da Dio, senza che mi sembri l'
abominio di un nome di oltraggio, come quando risuona inaudito nel ludibrio e
nel chiasso delle mie classi d'insegnamento, nella scrittura vana della mia
parola umana..
Anche
a Kailash il nome che porta, il suo nome che ci lega e che per lui hanno
scelto i suoi dei, è un termine che gli si è fatto insostenibile, da che vi
avverte che ha assunto il significato che egli non avrà più niente, quando
con la morte del nostro bambino sente che ha perso ogni cosa, perchè più
niente può significare qualcosa.
"
Non ho niente, se non i miei auguri da farti"
Quando
mi parla in tal senso, gli taccio che la nostra vera miseria è che
disponevamo di un tesoro immenso ed è andato perduto, il bene irrecuperabile
della nostra integrità familiare, di cui ignoravamo o sprecavamo (tutto) il
pregio mentre lo possedevamo.
Cio
che soltanto vale ora la pena di dirgli, è che perchè non ha niente (che) è
vicino agli dei, che è tutt'uno con me nel suo grande valore (di uomo) .
top
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