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VENERDÌ
5 FEBBRAIO 2016
Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi
Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi
Poco prima del sinuoso ingresso nell’intrico della vecchia Khajuraho, così
simile all'arroccamento tra le sue mura del suo riottoso* induismo, si apre
sulla sinistra la stradicciola da intraprendere per iniziare il nostro
itinerario, che costeggia l’acquitrino lacustre del Ninora Sagar. Nel suo
breve tratto iniziale, un maialucolo nero che s'intrufoli nel vostro
percorso lasciando le sue abituali immondizie od il liquame di scolo, delle
donne alla pompa dell'acqua con accanto il loro vasellame metallico da
rilavarvi, od intente ad intrecciare con la paglia dei cesti, altre che
sopraggiungono tra greggi ed armenti nel clangore dei loro campanacci, con
in testa un carico di sterpi o recando il loro fascio dell'erba stagionale,
delle bambine che spalmino di sterco propiziatorio la soglia di casa, tra lo
strombazzare di autoricksaw e di motociclette, di trattori agricoli o vagoni
di trasporto, consentono di essere pienamente immersi nell' India anche a
chi ci si ritrovava soltanto, mentre ergentesi sull’arginatura del bacino
del talab, già si prospetta il primo dei templi della nostra peregrinazione
mirabile, il tempio al dio Brahma *, come erroneamente siamo indotti a
denominarlo dalle supposizioni locali. indissociabile.
Dall’alto della scalinata, ultimata la visita del tempio con la
circumambulazione esterna del chaturmukkha, il bacino lacustre del Ninora
talab si offre alla nostra vista sino all’opposta sponda, in cui pascolano e
vanno in ammollo bufali e circolano bambini. Di fronte invece all'entrata
del tempio, il vecchio villaggio ci concede a sua volta un suo brano
significativo che ci anticipa la fatiscenza, sino allo sgretolio estremo, in
cui ritroveremo superstiti negli ulteriori villaggi gli edifici di fango, in
contrasto con il rosso fulgore dei filari di mattoni cotti in cui resistono
all’usura del tempo le murature delle altre costruzioni tradizionali, tra il
sovraergersi, sopravanzante, dei fabbricati più recenti, e di piani
aggiuntivi, con supporti in cemento e travature metalliche.
Presentano, le case in mattoni, le forme grezze e solide che consentono le
intese edilizie tra capomastri e committenti , secondo la logica
architettonica, o Vastu vidya, che sovrintende il fabbricare hindu dalla
notte dei tempi dei Silpashastra*, gli antichi trattati canonici che tali
norme rielaborarono. Sui dossi che si avvallano tra le rovine di alcuni
edifici diroccati, se non è la stagione delle piogge ci apparirà l’ altra
più alta nota di colore, ocra, del paesaggio rurale, dataci dai pani di
sterco stesi al sole a seccare, nel brillio dei filamenti di paglia
incorporati. Ci si offra a tutta la loro vista benefica, è il loro consumo
energetico, per la cottura dei cibi, il riscaldamento, o la messa in fuga
degli insetti molesti, ad opera delle dense fumigazioni che ne emanano
aromatiche, che salvaguarda gli alti fusti e il diramarsi degli splendidi
alberi che vedremo frondeggiare tra i coltivi:
E già non c'è tregua alle nostre emozioni, Come cessano i caseggiati da cui
si risalga in strada, oltre tutta l’ immondizia e la verde pastura dell’
immensa radura successiva, in cui pascono copiosi quanto stenti armenti, e
bambini e ragazzi hanno la buona grazia di allestire oltre il rivolo di
scolo un campo di cricket, alla vista si dona tutta quanta la grazia del
tempio Javari, sullo sfondo d'incanto dei rilievi *Vindhya, mentre sulla
sinistra si profila la mole del tempio Vamana.
Tornati dalla sua visita a rivedere il cielo di questo mondo, solo poche
centinaia di metri di aperta radura ci separano più oltre dalla cancellata
che racchiude il tempio Vamana,** dedicato anch'esso al dio Vishnu, ma nella
sua incarnazione, in Vamana Trivikrama.
Lasciati alfine gli antichi templi Chandella, per disaffaticare la mente ci
si può addentrare nel recinto calcinato, che tra edicole sparse, sfusi yoni
e lingam e devoti Nandi in adorazione di Shiva, ospita un tempietto di Durga*
ed uno di Hanuman*, come anticipano le bandiere rosse e gialle all'ingresso,
e sulla soglia del tempio di lato della Devi, due leoni in pietra colorata,
che minacciosi ringhiano ai bordi del cancello d'entrata. I templi riposano
all'ombra eminente di piante sacrali d'alto fusto tra le quali , su un
peepal ed un neem, -venerabilissime e venerate piante su cui rinvio il
discorso ad una loro comparsa più fenomenale,- grandeggia un banyan, o
bargad*, la cui chioma tracima la cinta muraria. E il banyan, a insegna dell
India, pianta epifita che fino a farsi gigantesca cresce da un seme ch'è
albergato da una pianta ospitante, fino a tal suo grado di detrimento checon
le radici che emette, a guisa di tronchi, la strangola fino a farla morire.
Cielo ed aria, od acqua piovana, al banyan occorrono ma non bastano, per
questo si protende al suolo con i grovigli delle sue radici aree e le loro
barbe soffocanti, che consentono di ravvisare i banyan inconfondibilmente
Tra le foglie lustre, ovali, dal picciolo ghiandolare ove se ne diparte la
nervatura della lamina fogliare , alle estremità dei rami ne crescono a
coppie i fichi rossicci, senza invece alcun loro peduncolo , ospitando
ciascuno finanche ottanta vespe inoffensive . Ma tali parassiti non
scoraggiano di certo a nutrirsene uccelli e scoiattoli, sicchè l'albero è
preannunciato alla vista dai suoi ospiti canori che vi si affoltano, in
primis i pappagalli dal piumaggio smeraldino..
(La cenere sparsa sotto il trisul, o tridente di Shiva, la quiete in cui
tutto riposa all'interno del complesso, compresi il custode e l'officiante
immersi nel sonno, mentre solo qualche refolo di vento può sommuovere le
bandiere rosse e gialle, è la serenità del Dio tremendo che soggiace
immanifesto, nel tormento mentale che qui cerchi sollievo.)
Il seguito del percorso si addentra in un breve succedersi di casolari, e
rustici e stalle, ch'è di conforto alla rianimazione spirituale del tempio
Vamana cui gravitano intorno,quasi che senza il loro soccorso e degli alberi
che gli frondeggiano appresso, esso già fosse poco più che un caro estinto
monumentale, fino a che dal fondo sterrato emerge il profilarsi dell'asfalto
che ci reca sollievo. Le sue anse lasciano sulla destra una spianata dai
caldi colori, tutto un intrecciarsi di piste tra le radure che ospitano nei
giorni di festa giocatori di cricket, con occasionali wicket, per inoltrarsi
tra i coltivi e l'addensarsi delle grandiose piante che li recingono, una
moltitudine che si infittisce in lontananza, contro lo stagliarsi
all'orizzonte delle alture montuose, che appaiono più ancora alla vista
quali dei maestosi rilievi nelle loro alture dimesse-
Se invece si prosegue fronteggiando il tempio Vamana, ci si ritrova nella
pulverulenza dello slargo di piste, che si dipartono l una dall altra per
ricongiungersi insieme, nell’aridità di una vegetazione stenta ch’è di
nutrimento solo a volatili saltabeccanti Spuntano massi qua e la
disseminati, o singolarmente disposti circolarmente, di rocce di un colore
rossastro che emergono da un suolo di una ferruginosità grigio-giallastra.
il cui fulgore è avvivato dai pani di sterco che vi sono a seccare al sole
tra il luminìo di steli di paglia.
Al crocevia di raccordo dei tracciati alcune piante di nim ed un bargad
adombrano bianche edicole templari che reiterano i culti di Durga e di
shiva, come dispiegano alla cognizione del passante i vessilli che vi
frusciano al vento. Gusci di noci di cocco, i residui delle offerte di
passanti.
Poi, risalita la china, si aprono le distese dei campi ai lati della
stradina asfaltata cui si accede.
Fili spinati recingono i coltivi e fanno barriera. Rare le piante che si
interpongono, per lo più fasci di fusti di bambu, mentre li ingentiliscono
gulciatar e besaram, dei fiori, questì ultimi, che crescono ovunque come
ovunque attecchirebbero donne di facili costumi,. Che il nome in hindi dei
fiori- campanule connota
Tali recinzioni ininterrotte di filo spinato. che ai bordi della strada
marcano invalicabilmente le proprietà terriere, precludendoci, come agli
animali voraci e ai ladri endemici locali, ogni libero accesso alla
fragranza di spighe e di steli, stanno a rammemorarci ad ogni istante che
per quanto incantevole, nel nostro percorso non siamo felicemente regrediti
o di ritorno ad alcuna età dell'oro, sia essa d' impronta greco- latina o il
Krita Yuga favoloso della dottrina hindu dei cicli cosmici, in cui facile
sia il sostentamento, e ignoti gli odi e gli inganni, come durante la
crescita delle colture può illuderci l'incanto dei prati tra gli alberi di
mahua o di neem, o il sopraggiungere nel loro clangore di lenti armenti di
pecore o di possenti bufali,
di un carro agricolo trainato da buoi nella sua intelaiatura di legno,
Siamo anche qui, al più, in un'era bucolica segnata dalla storia, e ben di
ferro, per quanto ciclico ne sia il decorso annuale, e più che il canto
degli uccelli tra i rami, è più facile udire il pigolio dei bimbi che come
per strada vi avvistano quali stranieri, vi si accostano senza remore e
riguardi e vi chiedono all'istante " money, pen, chocolate", senza tanti "hello
sir", o " how are you", che ben saprebbero come dire, ma non si confanno al
sentire che hanno di voi.
Provate allora a ribattere che l'elemosina va chiesta rivolgendosi a
chiunque sia di passaggio, sia egli indiano o forestiero, accennate all'uomo
che segnato dal lavoro dei campi ride alla scena sotto immancabili baffi, "
ma quello è mio padre", vi dirà schernendosi il bambinello ridanciano.
E tanto silenzio, che grava intorno, rotto solo da trattori e vagoni
agricoli, da trebbiatrici o mietitrebbia che ostruiscono il passaggio, o che
nei villaggi e nella loro ruralità arcana ne rende metafisici i casolari, è
dato dall'esodo dei campi e dallo spopolamento, per opera dei dalit,
soprattutto, che in cerca di fortuna vanno in città che qui dicono Delhi,
che proprio con il concorso delle loro tribolazioni sollevano ora il capo
tra le altre dell'India, quanto qui sogliono le mahua tra le piante di neem.
Ai dalit ed ai contadini sudra non sono bastate le compensazioni del
discrimine di out cast con terreni forzosamente sottratti,
l'accesso alle macchine agricole è di pochi, essendo per lo più di costoso
noleggio, e insieme con le leggi di mercato, e gli oligopoli multinazionali,
che impongono l'esosità di sementi e concimi, qui c'è chi fa la da padrone
senza sorta di repliche, su affittuari e vigilanti, sui lavoranti nei campi,
con richieste di canoni, e remunerazioni minimali, che non lasciano margini
di sorta oltre la sola sussistenza.
E poi l'acqua decide di tutto, che sia disponibile solo quella piovana, che
sia attingibile nei pozzi o pervenga canalizzata, che arrivi a tempo o fuori
stagione, con grandinate esiziali.
Ma l'occhio , così disincantato, può rimirare meglio lo splendore dei campi,
della loro fertilità assicurata dalla ferrugine della terra , che non ha
nulla del grigiore cinereo delle polveri di campi aridi o di cremazione,
rossa come il sangue del mestruo delle divinità femminili
qui ovunque onorate, specialmente per Dusshera, al termine dei nove giorni
della festività della Devi, o per Shivaratri, quando nel tempio Matangesvara
si celebra lo sposalizio di Shiva e di Parvati , o nel giorno primaverile o
già estivo della nascita del dio Rama, omaggiandole di vasi di germogli di
miglio, nelle loro manifestazioni di yogini o di sacre spose del Dio, di cui
sono la stessa energia operativa.
Ed oltre i fili spinati, se non è avvenuto appena il raccolto, nei campi
l'osservatore può assistere d'inverno al crescere di grano e di senape, di
ceci e di piselli , di lenticchie e di sesamo nella stagione monsonica, può
incantarsi al fervere del loro verde rigoglio, ingiallito dai fiori, o al
compiersi della maturazione nel fulgore delle spighe, in un'aurea alonatura
che s'inargenta nei pleniluni estivi.
E se così è giunto il tempo della mietitura, vedrà i campi di grano farsi
distese di mannelli per opera della falce, formarsi covoni tra gli steli
recisi che inaridiscono a stoppie, sollevarsi la pulverulenza della
trebbiatura che separa la granella da paglia e pula. Non immagini alcuna
dispersione del tutto nel vento, diventeranno aurei cumuli sospesi nelle aie
e nei campi, destinati a ingrediente del sostentamento dei bufali, che se ne
nutrirano lenti e placidi, al riparo dal gran sole, sotto i tettucci di
canne in cui è a loro ammannito come gusha*.
E per chi voglia farsi partecipe, basta familiarizzare con un sorriso, per
potersi attivare al ventilabro di un 'elica, nella separazione del seme di
cece o di pisello dalla pula e dallostelo, o nell'infornata nella
trebbiatrice dei mannelli di spighe di grano.
Senza che qui sia dato come altrove, nel Madhya Pradesh, per le lenticchie
nere, di vederne il raccolto disteso per strada, perché la prima trebbiatura
la facciano le ruote dei veicoli di passaggio.
Ma or ecco che mentre si è così intenti a pensare*, un serraglio di casipole
rurali che si alzano a capanna sotto i coppi, costituite di rossi filari di
mattoni imbiancati sulle soglie, tra cui spicca una parete tinteggiata di un
celeste luminescente, ci riconduce ben presto alle nostri peregrinazioni
archeologiche, preannunciandoci oltre la curva, sull'altro lato della
strada,oltre piante meravigliose di choeula, l'apparire, sullo sfondo dei
monti, delle poche e fascinose rovine del tempio Cakramath rinserrato da una
cancellata.
Per chi vi sia giunto in direzione opposta, dai villaggi del circondario, è
il sepolcro di Bianore che preannuncia la città imminente dell'antica
Kharjuravahaka, ed è ora possibile rallentare il passo, deporre il capretto
diradando le frasche. ( Virgilio, Ecloga IX).
Stanno su di un culmine roccioso i resti del Kakra Math, a seguito di
un’edicola tra i campi al dio Hanuman, le asperità scabrose ergendosi a
luogo di culto da che in essi sono impraticabili le coltivazioni
Lungo la via che s' intraprenda a sinistra per Bamnora,, il terreno si fa
ancora più ocra, sempre più rossastro, si ammanta in campi di terra
coltivata a colza che li ravviva con le sue gialle infiorescenze e a grano
di un verde smagliante, se lo consentono le piogge o l irrigazione.
Altrimenti i campi deserti si fanno pastura di greggi ed armenti, come già
nel tratto precedente, da cui abbiamo svoltato,. suolo di prelievo e di
forgiatura di laterizi, sconfinando con brulle e aride distese ammantate di
arbusti, oppure in cui emergono massi e macigni e calotte rocciose, o si
aprono voragini di scavo di rocce e terre rosse residuali friabili, terra
della stessa terra di cui sono ignificati i mattoni dei casolari che
compaiono lungo il percorso. Rari quelli imbiancati, più rustici, in cui i
mattoni si combinarono con l argilla ed il fango, un aia minuscola
fronteggiandoli immancabilmente con l immancabile tulsi del sacrario hindu
domestico. Al di fuori di ogni orizzonte di aspettative le poche case
cementizie che vi compaiono prima della svolta verso la dirittura che ci
porta a fronteggiare i monti D.*, cosiddetti perchè evocano il profilo di
una dentatura. ai lati una distesa arida arbustiva a perdita d’ occhio,
prima che la giungla si addensi intorno ai declivi in arbusti collinari
quali il teak- sagoon, o nell'esplosione primaverile di colori delle piante
delle fiamme della foresta , nei loro fiori roseo-arancio-, dette altrimenti
l'albero dei pappagalli o in hindi chalcha, mentre le rocce si fanno anche
grigio-brunite.
Volgendosi indietro, apparirà il divallammento che si è percorso, di cui i
saliscendi del percorso hannio ripercorso le ondulazioni, sino al tratto di
foresta che inizia a inerpiacrsi oltre la radura arbustiva. In essa, se si è
fortunati, quando l ora volge al tramonto potrànno essere avvistati pavoni
che vi dispiegano la ruota, famiglie di antilopi che traversano di corsa il
tratto in cui sono allo scoperto.
Ancora un compund di templi in onore di Durga e di Shiva, preceduti da un
sacello dedicato al dio Hanuman, in corrispondenza di religiosi sensi
tinteggiati di bianco con il tempietto alla Devi che si intravede sommatale
in altura, affiancato da un tempio più minuscolo in onore di Narashimah, e
si apre nella roccia ora sanguigna , ora albescente , di feldspati, e
cloriti di gneiss, luminescenti, il varco alfine per Bamnora, il villaggio
gemellare minore di Beni Gangi. Lo ha aperto il corso del Kudar, che appare
al fondo degli avvallamenti che concludono il loro moto ondulare contro le
alture seguenti.
Mirabili i ghat che vi discendono vertiginosi sotto il fronteggiare di
palme, ove i langur locali trovano la loro eletta dimora.
E' Bamnora un villaggio che si assiepa in due direzioni opposte, lungo la
via che ne è la dorsale ed ai lati delle viottole che se ne dipartono,
assembrando case di cui poche sono quelle superstiti in terra battuta. Mista
a paglia e ad erba, vi è stata conglomerata in strati successivi, seconda la
tecnica costruttiva del pisé.
Caratterizza varie sue case una veranda antecedente, che poggia su pilastri
o finanche colonne gemine secondo tradizione, ricorrendo il loro abbinamento
nei pochi resti di edifici del passato in stile Bundela che se ne
conservano.
Il villaggio non presenta che uno slargo di raccordo, ove è dato di
radunarsi e sedersi, sulla piattaforma del chabutri che ne attornia il
fusto, intorno al neem che in ogni villaggio indiano del circondario è la
pianta ricorrente nella circostanza.
Pianta medicinale e medicamentosa in ogni sua componente, lo
contraddistinguono le pallide foglioline opposite, fino a nove paia lungo lo
stesso ramicello, concluse al termine da una loro consorella solitaria. Ma è
il neem la farmacia oramai in disuso di ogni villaggio locale, la cui gente
non stenta a vantarne proprietà terapeutiche, di ogni sorta, cui non fa più
ricorso. come un tempo. Efficace regolatore campestre dell'azoto del suolo,
è' in virtù dell' azadirachtin, che ne pervade i semi e che si ritrova nellì
olio denominato margosa che se ne ricava, che il neem ha straordinarie virtù
biopestidice ed antisettiche, antipiretiche, antistaminiche ed antifungiche,
che ne spiegano l'impiego per ogni sorta di malattia epidermica e per la
stessa labbra. Nei villaggi i più, oramai, soprattutto fra quanti sono più
poveri,ne utilizzano solo i ramoscelli per la pulizia- interstiziale- dei
denti ed in luogo del dentifricio.
Si esca sulla sinistra che si sia imboccata dal villaggiio, sul suo versante
opposto rispetto a quello in cui si trova la scuola ed un tempio al dio
Shiva.ed al centro della radura che ci si aprirà allo sguardo vedremo
campire l orizzonte e diramarsi in tutta la sua magnificenza splendida la
chioma di una pianta grandiosa di peepal.
Se Buddha ebbe l illuminazione della sua dottrina sotto una pianta di peepal,
è sotto un esemplare al pari solo di questo, di questo, di questo, che senz'
altro avvenne, non essendone immaginabile uno più magnifico, fu al
pari di questa, di questa, di questa, di cui non è immaginabile una più
magnifica arborescenza, la consorella che poté propiziarla.
E' l'eccelso Peepal una pianta di fichi sacrale, che con il banyan cui è
sovente coniugata naturalmente e religiosamente, non è confondibile per le
foglie con una esile lingua terminale, e per l'aderenza al fusto centrale
delle sue radici pensili, nelle parvenze di sue scannellature o
costolonature nerborute, mentre nel banyan calano aree e filamentose
tra le fronde.
Ma laddove immagini e statue votive di divinità, filamenti sacri avvolti
intorno al fusto, bandiere e fasce del tronco tinteggiate elevano a dignità
di tempio vegetale la generalità degli altri peepal, questo esemplare,
grandioso più di ogni altro, in Bamnora ne figura spoglio, proprio mentre
due neem accanto possono accampare tale investitura sacra, adombrando un
linga e la sua yoni stupefacente, in quanto appare essere una vestigia della
spogliazione residua dei templi di Khajuraho, come attesta il sua pattika
fregiato di gagarakas.
Poco oltre si si staglia nella sua grazia dimessa un tempio all' Energia
divina della Sakti, in stile Bundhela, illegiadrito nella sua cella
rettangolare da arcate lobate e dalla sovrastruzione di chattri cupolate
intorno alla cupoletta centrale.
Ma bisogna usare circospezione nel deambularvi intorno, perchè si rischia di
incorrere con le proprie calzature nefaste nell'area adiacente che è sacra a
Babbagiu , una variante di Hanuman, che vi è venerata in conformità all
impilatura di pietre di un altare quantomai celato alla vista profana dalla
vegetazione ruderale.
Di ritorno al Cakra Math, oltre una cava dismessa, in cui ristà una pozza
dove i bufali amano rinfrescarsi, che precede altre più ridotte e recenti
che danno luogo a fabbriche locali di mattoni d'argilla, inizia il tratto
più lungo del percorso che ci reca a Beni Gangi, quale meta imminente,
costeggiato da idilliaci casolari ameni, i cui filari infuocati di pietre
sono terra della stessa terra fulgida intorno. Essi appaiono talmente
ribassati nel distendersi a schiera in una successione di soglie, da essere
soverchiati dai tettucci reclini di tegole e coppi , quando sia pure di poco
non si rialzano a capanna.
Accanto alle dimore si staccano i porticati raccorciati del fienilucolo e
della stalletta, mentre gli accessi, tramite bancali ornati di motivi a
croce, si dilatano o digradano nell'aia di raccolta degli arnesi e attrezzi
e di bufali e capre, intenti a pascere all'ombra delle piante che la
contornano D'inverno, al calare delle ombre dei monti, vi si vedono i fumi
dei fuochi aleggiarvi sospesi nell'aria che imbruna. Via via che Beni Ganj
si fa più vicino, tra fichi d'india e palme, compaiono coltivi di menta, di
canna da zucchero, ed agli alberi di mahua e di nem si aggiungono l' himli,
manghi, frondosi pipal. Intanto la strada s'inflette e risale lungo l'alveo
del Kudhar, il cui lento decorso ristagna in uno specchio che pare immoto,
si impigrisce sinuoso tra i massi del fondo senza che ne trapelino
increspature.
Risalito il dosso, è già prossimo Beni Ganj, che si apre alla vista come
un'apparizione, nelle sue vivide case multicolori, accese di bianco e
d'azzurro, disposte su più livelli e volte in più versi, tra il digradarvi
dei rilievi nel cui varco s'incunea l'abitato Meraviglioso è il contrasto
tra i rossi filari dei fianchi delle case , talmente lineari da non
consentirsi che qualche profilatura od una balza sporgente, ed il bianco od
il celeste luminosi di cui sono tinte le facciate, a ridosso delle quali s'infoltano
e diramano violacee bougaivilles, un contrasto che si fa ancora più intenso
mentre si risale la via d'accesso al centro dell'abitato. Su di essa si
affacciano i portici delle case a pilastri binati, e i muri si alzano arcani
sempre più a vista , finché il suo percorso, addentrandoci ove la breccia si
sospinge fino all'altro pendio dei rilievi, (non) ci reca allo slargo
terminale, ombreggiato da consueto neem, in cui convergono incantevolmente
ben cinque tra vie e viottole del nostro villaggio
A conclusione della via sta l'unica casa in argilla, finora intravedibile in
Beni Gangi, morbidamente plasmata sotto le sue bianche calcinature, mentre
se ci si volge a destra , ci si prospetta una via curva in cui i portici
delle case si inarcano a loro volta, lasciandosi sovrastare dalle sporgenze
suggestive di davanzali e terrazzi, secondo modulazioni che non potrebbero
essere più difformi alle rientranze d'obbligo di atri e balconi in
Chandigarh, secondo Le Corbusier, così come Le Corbusier in Chandigarh non
avrebbe potuto di meno essere indiano
Sulla sinistra, due stradicciole confluiscono verso il villaggio adiacente
di Bamnora, ch'è preceduto dal traversamento di un ponte sul lutulento
Kudhar, sulla destra la incantevole via principale , cui pervengono le
confluenze di vari percorsi, e suggestivi slarghi, tra case dai portici
bassi ribassati anch'essi ad arco, si diparte verso i campi che digradano a
valle, ed ha il suo seguito, oltre i campi da gioco e di feste del
villaggio, i suoi mela ground, in una strada sterrata che separa i coltivi
successivi dai rilievi incipienti, e dai loro boschivi, situati nell'opposta
direzione. Lungo il corso della via principale è ancora possibile vedere i
ruderi o i ripostigli cui sono ora ridotte le più antiche dimore di terra
cruda di Beni Gangi. Le loro murature furono costruite in pisè, con il getto
di argilla, ghiaia, paglia e letame quale legante dentro delle casseforme ,
come è ravvisabile dai filari di blocchi che si profilano lungo le loro
pareti, quale tratto residuo del disarmo dellestesse casseforme. L'affianca,
più in alto, la via cui dobbiamo risalire per una traversa, se vogliamo
pervenire per il suo tramite al tempio di Durga.
Sorge, come quello presso il Ninora talab, all'ombra di un bargad, entro un
recinto, che la accomuna a un tempietto al dio Hanuman e ad un altro
shivaita, anticipato da un cippo in cui il toro Nandi ne onora il linga .
Ma è in posizione più rialzata, al termine di una breve scalinata, ed a
fianco di un pendio da cui i rilievi iniziano a sopraelevarsi sul varco tra
i monti Il biancore calcinato dei rifacimenti dei muri ne attutisce
l'antichità originaria nel nucleo interno, ch'è remoto quale quello dei
templi di Choukha, o di Achatt, nel distretto di Chattarpur, e quanto lo
sono le sue proporzioni eleganti e la sua semplicità formale, costituita
della sola cella senza altra copertura che una cupoletta su di un tetto
piatto, mentre ne disvela l'origine antica l'ornamentazione interna della
saletta della dea,che è quasi un compendio primario ed elementare dei motivi
che ricorreranno con più profusione elegante a Khajuraho, il soffitto a
fiore di loto, fregi di petali di loto, di triangoli , di angoli inversi
listati, o " renverse hald diamonds", seconda la dicitura inglese di tale
motivo delle palmette.
E la dea, sotto i bendaggi, non è un idolo fantoccio, ma una
Mahishasuramardini* in forme femminili naturalistiche), intenta ad accoppare
a più non posso il demone Mahisha, ovviamente emblema del male, tra altre
donne sue attendenti e primordiali leogrifi rampanti .
Una coppia di giovani sposi, nelle circostanze in cui rivisito il tempio, ne
effettua la pradakshina. Lui ha indosso il turbante ed i vestiti sfarzosi
della cerimonia nuziale, lei, tra delle sue compagne, è condotta per mano
con il volto nascosto dal sari.
E' per avere figli, tale rituale?, chiedo a dei ragazzi che mi accompagnano,
aiutandomi, per farmi capire, con il gesto che dilata il mio ventre in
quello di una donna gravida. Confermano sorridendo. Lo sguardo, dall'altura
lieve in cui mi ritrovo, oltre un tempietto alla dea Shanti e il breve muro
di cinta della deambulazione intorno al tempio di Durga, si volge, per
riposarsi, alla valle sottostante in cui si è svolto il nostro percorso.
La distesa dei profili gialli dei campi, irti di steli, si perde nel folto
degli alberi, che s'infittiscono fino alle alture di Rajnagar, sino
all'orizzonte in cui cala il sole.
Tra di essi, invisibili, le case ed i covili in cui gli uomini e gli armenti
sono di ritorno, o già al riposo, i limitari delle soglie accese, da cui le
donne intente alla cena od al riordino della quiete domestica, usciranno a
salutarmi(ci) sulla via del rientro.
Le parti testuali in carattere normale di dimensione 12 risalgono al 2016,
2-3 febbraio, le altre al 2014 e sono estratti dal mio testo sui templi
orientali di khajuraho.
2-3 febbraio 2016
FINZIONI INDIANE
Sembra proprio che non abbia ancora imparato da un’esperienza oramai decennale
dell’India, che ciò che gli indiani hanno da offrirti o venderti è
soprattutto la finzione sul proprio conto.
Kailash, come al nostro primo incontro ebbe a vendermi la fasullaggine di
essere il manager dell hotel di cui era invece un addetto alle pulizie delle
camere per non più di 1500 rupie mensili, fino ad oggi si è ostinato a farmi
credere che fossero suoi, alla morte del padre , i due campi che queste
ultime settimane mi sono ostinato a lamentarmi che per la siccità rimanessero
incolti, impegnandomi a provvedere ai costi per raggiungere l’acqua in
profondità, dotarci di un pompa e di un generatore a cherosene, pur di
assicurarne ogni anno i raccolti, ora che con l’asfaltatura di gran parte del
tratto di strada che vi perviene in Byathal, sono diventati più facilmente
raggiungibili in più breve tempo.
Già mi immaginavo. Me illuso, lungo i percorsi per i campi in bicicletta tra
greggi ed armenti, che a vincere su tutto diventasse nella mia vita alfine il
duro lavoro invece che l amore, che nella mia esistenza stesse maturando il
passaggio dalla poesia di vane evasioni delle Bucoliche a quella dell
improbus labor delle Georgiche, di cui ero tornato a riprendere il libro
primo, a che mi svezzasse alla “urgens egestas” dei campi, che importavano le
avvisaglie sul durum genus che mi si prospettava davanti
In realtà l’asfaltatura delle strade che recano ai villaggi rurali a sud di
Khajuraho ha piuttosto accorciato il tragitto verso la verità, con le gambe
delle bugie, a seguito anche di quanto mi ha confidato il ragazzo di famiglia
brahminica che vive a Bamnora, Atul, che mi ha raggiunto lungo la via
asfaltata in questi giorni lungo la quale mi esaltava di raggiungere
magnificamente il villaggio, nel quale mi ha accompagnato sino al tempio
della Sakti divina. Già a novembre mi aveva rivelato che in assenza di acqua
le sue colture non erano pervenute a fornire un raccolto. Ed ora? Mi mostrava
, presso l immenso peepal che grandeggiava nella radura oltre il villaggio un
campo lasciato incolto, per indicarmi la sorte che era toccata anche agli
altri dei suoi sette campi.
E Kailash, mi sono arrovellato ieri mattina, diventando con lui scontroso, ha
in me un forestiero che intende pagargli a fondo perduto l’approvvigionamento
dell’acqua, la recinzione dei campi e la semina delle colture, e non si da
fare nemmeno per fornirmi una risposta. Lo stesso che Mohammad, che si è
attirato l ira del principal che l ha tratto fuori della classe per
somministrargli una brava sberla, perché ha contraccambiato finora il mio sostegno
economico alle sue frequentazioni scolastiche con esiti di poco di sopra all
uno di media, un’insussistenza di qualsiasi profitto, in hindi, o in
matematica, i cui termini infimi non trovano che una relativa giustificazione
nella sua angosciosa situazione familiare e nella sua salute precaria.
Kailash aAnche ieri sera, per il tramite di Ajay, dopo avere mancato di
propiziare il mio incontro con suo padre, voleva farmi credere che il
problema fosse solo quello della gente ladra del villaggio che si porta via
di tutto, la loro gelosia che non perdona, per cui, quando con Katerina ha
sostato nel villaggio, vi era stato chi non aveva mancato di insinuarle che
stesse in compagnia di un indiano facile a ubriacarsi.
Se così era, avremmo potuto comunque procedere con la trivellazione, e
limitarci per ora alla “ bari” della recinzione dei campi, ho obbiettato. O
si sarebbero portati via anche quella, quei madarchor dei suoi compaesani.?
Così, sin che oggi , dopo la mia rivisitazione dei templi, l'amico si è fatto
sotto e mi è venuto insolitamente incontro nel Lassi corner, per dirmi tutta
la verità, dopo che i fraintendimenti che aveva ingenerato con la sua
menzogna avevano sollevato contro di lui anche sua madre.
Quei campi sono di sua nonna, in verità, che li ha ereditati alla morte del
marito, e tra Kailash e quei campi si interponevano il padre e due fratelli,
pur non considerando che alla sua stessa stregua potevano accampare i loro
diritti su quelle terre anche suo fratello e sua sorella…
Nessun lavoro che avessimo fatto sui campi, gli ho schiarito la mente,
avrebbe potuto minimamente farlo precedere nella linea di successione alla
morte della nonna, e nemmeno con il conforto di una dichiarazione dell’avola
che lo nominasse unico suo erede dei terreni, avrebbe potuto evitare che
gliene restasse affidata solo qualche zolla…
E come è tipico della mente indiana, quando è messa alle strette, Kailash ha
cominciato a divagare sulle fortune terriere di quella vecchia ottuagenaria
in quella sua casipola di fango, così rattrappita e rinsecchita e sdentata e
lacrimosa alla vista. Nel suo villaggio natale, oltre ai campi che le sono
rimasti in Byathal, ci sono quattro appezzamenti che sarebbero di sua
proprietà,non fosse che su di essi hanno messo le mani dei potenti e pericolosi
raja locali.
Quando sono rientrato di li a qualche minuto da un orinatoio, c’era con
Kailash un suo zio che è ora ispettore dei campi, che avrebbe contattato il
suo collega che opera nella zona in cui sono segnati come di sua proprietà
quelli della nonna, perché conduca intanto un’inchiesta in merito.
Poi, nella locanda del Lassi corner, Kailash si è abbandonato ai rimpianti
della fortuna terriera che il nonno ha lasciato che andasse dispersa, quando
ancora non c’era la diga, i campi restavano aridi e incolti, e non valeva
nemmeno la pena a giudizio del nonno di pagare una rupia e cinquanta di
imposte per conservarla- Quindi mi ha detto di come anche solo i miei intenti
di prendersi cura di quei campi abbia messo in apprensione Vimala, che per analfabeta
e incolta che sia, ha il terrore di tutto ciò che ha la parvenza di un
ritorno nel villaggio di Buyathal. La gente vi è divenuta di una violenza
intollerabile, tutti i giorni un drama o una rissa, i dalit perché spendono
in bevande alcoliche i loro guadagni, i raja perché non mancano di provocare
chi sia di passaggio sul loro cammino.
Ne avrei riparlato, delle fiction di Kailash, in ufficio con Mohammad quando
mi sono ritrovato da solo, con lui, che a sua volta, più che fingere, è di
per se tutta una finzione, con il suo ricercarmi di sua iniziativa giammai
quando si dia solo il caso di una lezione o di un incontro, poi con il
disdegnare contrito come fosse un’offesa alla sua dignità anche solo il
proporgli l’acquisto, o di cibarsi, di ciò che poi vuole nella sua versione
più accessoriata o che si mangia a quattro palmenti, e che è la vera ragione
della sua venuta di sua iniziativa. Come era un’illudermi il decantarmi i
suoi studi per cui mi richiedeva il pagamento del suo insegnante o di un
eserciziario, quand’io perché attendesse alla scuola gli chiedevo che
restasse a casa anziché seguirmi nelle mie passeggiate come lui era
intenzionato ed a me sarebbe così tanto piaciuto- .
“Tutti , qui in India, sembra che abbiano di che creare realtà inesistenti su
di sé. Tuo cugino ha detto a tuo padre di attendere due mesi prima che possa
assicurargli un impiego a Ratlam. Ecco, anche lui sta forse coprendo una
finzione che ha raccontato a papà, come è una una finzione tutto ciò che il
cugino Bilal ha detto a tuo padre sulle opportunità che offrirebbe Khajuraho,
riducendolo alla sua situazione attuale”, per cui deve tornare a vendere the
perché in casa c'è solo acqua e farina.
Ci raggiungeva allora una telefonata di Kailash, che mi assicurava che per il
suo pernottamento in Delhi, prima della partenza per Mosca, la camera al
“ground floor” era stata già assicurata nell’albergo in cui Katerina l’aveva
richiesta.
E per l indomani, se si fosse rifatta viva, si poteva provvedere a che
pranzasse con noi.
“ E il costo di 100 rupie, ma poi Katerina ci ricorderà ancora”
6 febbraio 2016
Ecloga indiana XI, abbozzo
"You are like a bargad,” “sei come un banyan,” mi dice Mohammad, /
tra un seguito e l’altro, con la
Laila di cui è Majdun,
dei capitoli del libro dell’amore
che in riva al talab stanno compitando le sue parole di ragazzo,
il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco, il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede distanza, se è speciale.
“ E perché sarei io un banyan?”, gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero, che a insegna dell India,
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore, per lui l “oncle”,
devo farmi il guaritore ferito, che ne fu l’ infettante,
l’eccedenza stessa allora elargitaci
l’acqua amara dell’offerta della gelosia,
mentr’io m’illudevo ad un incanto dei miei anni finali
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti
“così ora eccomi Babbà Bargad", scherzo e rido con il ragazzo,
in attesa, nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa-
6-7 febbraio 2016
Frammenti
di discorsi templari
Oltre l ingresso nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è una tale
visione trascendente/ale il sopraelevarsi del tempio Lakhsmana, sulla
sua piattaforma, sino al pinnacolo in cui ne culmina l'ogiva del
sikhara, verso un assoluto d’origine cui essere di ritorno, che
in essa finisce assorbita la realtà architettonica del complesso di edifici
di culto interconnessi di cui il tempio è l’epicentro, l' insieme di edifici di culto
interconnessi, prescindere
dai quali obnubila la comprensione della sua innovatività dei canoni anche
per esso vigenti, in ciò che vi si risolse e vi rimase irrisolto.
Il tempio Laksmana, in onore di Vishnu nella sua
manifestazione Vaikunta, è infatti eminente su quattro tempietti situati agli
angoli della piattaforma, con i quali forma una costellazione
penta-templare o panchayatana, e lo precedono un tempio in onore di Laxmi,
paredra di Vishnu ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di
Varaha, l incarnazione di Vishnu nel cinghiale che diede salvezza alla terra
dalla sua sommersione nelle acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è
tutt uno.
Se da una visione frontale ci si defila ad una laterale, che
ci consente di vederlo stagliarsi sui due tempietti che lo affiancano sul
lato meridionale, essendo esso volto ad oriente, ci è dato preliminarmente di
coglierne al meglio il profilo mirabile nel suo piano ed in elevazione,
e di intenderne la continuità e la sua soluzione rispetto a quella dei due templi minori, che non ne sono solo
un accompagnamento, ma i depositari del canone invalso nella antecedente
tradizione architettonica templare, cui nella sua grandiosità superiore il
tempio ancora si attiene pur ampliandone e ingigantendone i termini.
In essi si ripetono infatti, integralmente, pur se nei
modi più scontati e spogliate di ogni preziosità ed incantevole
fastosità dettagliata/ minuta di dettagli, nei
modi più scontati le forme
consuetudinarie che vi sono convocate dei templi Pratihara, dei i
sovrani di Kannauj di cui i Chandella , già feudatari, erano
giunti ad affermare la loro supremazia, la stessa che sui templi agli angoli
della poattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi impervio, pur in
una trasmissione di consegne canoniche cui seguita formalmente ad attenersi.
Quali siano tali consegne le contrappunta il controcampo della
visione del tempio centrale rispetto a quella delle vestigia dei tempietti
agli angoli, in cui è più agevole individuarle, così come vi risultano
formulate nei termini più chiari ed elementari del loro tramandarsi
divenuto scontato sotto la dinastia Pratihara. Il loro santuario, infatti,
preceduto soltanto da un portico d'entrata e da un'anticamera, l uno
l'ardhmandap, l'altra l'antarala,
cui in elevazione fa da basamento il solo vedibhandha ,
sovrastato dal muro del jangha e dal sikhara, fra cui si interpone una
varandika., è scandito da cinque proiezioni , così come il sikhara
sovrastante lo è da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la
formula pancharatha che ad esso presiede, tra le quali ha maggior rilievo
quella centrale, il badhra, in cui si concreta in un carro cerimoniale
scultoreo la pulsione emanativa verso l'esterno del mondo del dio
interno alla cella interna del garbagriha, l utero germinale del cosmo,
della cui manifestazione radiale il tempio è un facsimile esemplare. Nelle
proiezioni d'angolo o karnaratha secondo un ordinamento cardinale
codificatosi nel tempo e tutt'altro che eternitario, ancora lacunoso ed
incerto nei suoi esordi in Amrol, o in Dang, le divinità protettive del
tempio nelle otto direzioni principali, mentre nelle proiezioni
intermedie sono installate le ninfe apsaras, leogrifi vyal o sardulas,
quali simboli di forze pulsionali da domare, figurando invece nei recessi.
.........................
I templi Laksmana e Vishvanata , dentro
il loro canone pancharata alla cui prescrittività rinviano i tempietti in
stile Pratihara che vi si conformano a regola d'arte- del loro
ordinamento panchayatana, e la scansione delle proiezioni delle pareti del
santuario interno volte al deambulatrorio, esse pure pancharatha, - potevano
far corrispondere al badhra centrale centrale l intera proiezione di un
balcone, solo ridimensionando i pratirathas intermedi a due upabhadras o
proiezioni laterali dello stesso balcone, da esso distinte , ma non separate,
una soluzione non infrazionistica, certo, ma più consona a un tempio
tri-rathas, come attesta il tempio ( coevo? )Pachali Marghat .) ad
esempio, di Khardwaha . Presumibilmente era un limite costruttivo di
compromesso, più che una condizione semplificatoria assunta come
ideale, nel'edificazione di templi più grandiosi dei coevi, in quanto i
templi futuri di Khajuraho diminuiranno di mole , ma implementeranno le loro
proiezioni pur in dimensioni più ridotte. E sempre Kadwaha ci può attestare
che la riduzione che si persegue nel tempo non consta del numero delle
proiezioni, ma delle loro edificazioni edicolari in guise templari,
riservando chhadya e udgamas ,o toranas, alla sola inabitazione sulle
proiezioni, da focalizzare, delle statue delle divinità sulle quali
doveva essere concentrata la meditazione orante, quelle dei badhras e
delle kapili del'antarala E' da supporre che l'impasse così rilevata
fosse data da un vincolo paradigmatico da trascendere, solo superando
il quale si accedeva alla soluzione architettonica ideale. Tale vincolo
paradigmatico era dato appunto dal modello-modulo pancharatha, ed infatti
sarà con l'assunzione del modello septaratha, nel Khandarya, con tre
proiezioni centrali del sikhara che trovano la loro corrispondenza nelle
articolazioni del balcone-bhadra centrale, due laterali e due terminali per
pratirhatas e karnas separate e distinte, che il tempio eletto a tipo
esemplare della capitale religiosa dei Chandella troverà la sua attuazione
perfetta.
( l'intento era di dotare mandapa, mahamandapa e
prasad del garbagriha, di una finestra. balcone il cui sporto desse il
massimo risalto alla visualizzazione immagini delle divinità planetarie
o del corteo delle saptamatrika preceduto da shiva Vidhabadra e concluss da
Ganesha , che presiede alle architetture dei templi Lakshmana,
Visvanatha, Kandarya.
Ma com era possibile senza sacrificare rathas ai lati
del balcone che funge da badhra, in tempi in cui era
normativo il tempio pancharatha, come si riscontra nelle pareti interne
del garbagriha e nei tempietti minori superstiti di tali complessi
panchayatana, che prevedono ancora almeno una pratiratha per lato a fianco
del badhra centrale?
Non lo fu nei templi Laksmana e Visvanatha, in cui la badhra
centrale addirittura cozza contro le statue di due upabadhra, che tali dobbiamo
considerare i filoni di statue con cui collude, in assenza di un recesso
intermedio. Fu invece possibile nel tempio Kandharya, in virtù della sua
estensione saptaratha.
Che nei templi di Khajuraho le ratha si tendesse più ad
incrementarle che a ridurle, rispetto al numero di 5, se non inducevano
a ridurle ideazioni architettoniche predominanti che in un primo tempo
non si riusciva a far valere altrimenti, lo può attestare la loro
proliferazione fino a 7 o a 9
in templi minori o piccoli come il Duladeo o il
Chaturbuja.
sul tempio Teli ka mandir
Per chi sia un cuore dolente di quanto il bello
più sublime possa essere vilipeso e negletto, poche esperienze possono
commuoverlo e sommuoverlo quali quella della visita odierna e della
rivisitazione del passato del Teli ka-mandir, se lo rinconducono a come
il british degradò una tale meraviglia a magazzino od emporio, o lo
portano ad assistere a come vi convengono e vanno di fretta i turisti che
s'addentrano nel suo sito, i più senza degnarlo nemmeno di uno sguardo
distratto dai proprio selfie o di farne lo sfondo.
Eppure è esso da annoverarsi tra i più straordinari
templi hindu, nella fascinazione arcana che ancora suscita la sua
oblunga bizzarria canonica, per quanto le disarmonie di reintegri e
restauri possano averla compomessa.
L immensa frontale da cui ad essi si ha accesso ne è in
realtà la sopraelevazione dell'anticamera, oltre la quale si eleva la
grandiosità del santuario nel suo lato più lungo..
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Un mio piccolo manifesto politico
Domenica 7 febbraio 2016
Un mio piccolo manifesto politico cui chiedo il concorso dei
miei amici in facebook se se ne condividono le linee-guida
Che il degrado pubblico e morale e degli orizzonti di vita
del ventennio berlusconiano abbia
fatto corpo a tal punto con atavici vizi nazionali da non potere essere
debellato che omeopaticamente è indubbio, ma che dovesse significare con
l’avvento del renzusconismo il trasformismo del partito democratico e della
vita civile nella sua trasmissione ereditaria, questo no, era lecito non
attenderselo, almeno sino a tal punto.
Dalle riforme delle istituzioni
politiche e pubbliche ispirate al principio di un uomo solo al comando
di ogni ente o istituzione , nella logica di una democrazia sempre più
esecutiva e plebiscitaria e sempre
meno partecipativa, alla mano libera e al lasciar fare alle oligarchie rimaste o addivenute
ai vertici o al comando nella vita economica e sociale, dal job act alla buona scuola alle nomine ai vertici,
sino al populismo soft antieuropeista, tutto attesta in tal senso dell operato
del governo e delle amministrazioni vigenti.
Ma così dislocandosi ,e creando una disaffezione e
ostilità divenuta astensionismo maggioritario
credo che per una sinistra italiana democratica il sedicente partito
democratico e l intelligenthia a lui prona abbiano agevolato il compito di
delineare un ambito ad esso alternativo, in continuità con quanto di meglio
il riformismo italiano, ha saputo esprimere durante i governi di Romano Prodi
di cui vorrei solo indicare i termini salienti
1)La accettazione della globalizzazione come orizzonte
irreversibile del vivere contemporaneo, per essere alla altezza della cui
sovranazionalizzazione dei poteri tecnologico finanziari e delle
trasmigrazioni di popoli e culture e religioni occorre promuovere gli Stati
uniti d’un Europa interculturale, che non sia ne assimilazione né sottomissione
di una cultura e religione all’altra, ma fecondazione e ibridazione
reciproca,.
La difesa del welfare State sarà il contributo alla
globalizzazione della civiltà
materiale europea, ma con il prezzo che necessariamente richiede, la rinuncia
ad ogni forma di assistenzialismo.
2) La coniugazione della difesa dell’ambiente con la
crescita e lo sviluppo nelle guise della terza industriale in corso, con le
sue nuove tecnologie, risorge
energetiche alternative e forme di comunicazione e di accesso e di
distribuzione delle risorse, in luogo di ogni romanticismo economico e di
ogni vagheggiamento reazionario di
decrescite felici, solo rinunciando ai quali il culto del piccolo e del locale è un esercizio virtuoso
3) Al pari di un ambientalismo che sia stile di vita e di
pensiero, una democrazia liberale che
sia 3a) partecipativa e ispirata a valori morali, redistributiva delle
ricchezze e delle opportunità e non ispirata solo a efficienza e efficacia
oligarchico- manageriali, con il bel risultato, risaputo, che 62 nostri
simili detengono una ricchezza pari a quella di oltre la metà del genere
umano più povero, 3b) non violenta ma non pacifista, pronta all uso
internazionalmente concordato della forza ove ogni violazione dei diritti
dell’uomo e ogni genocidio o sterminio
in atto lo richieda , e non sia altrimenti possibile la difesa del più
debole, 3c) ispirata all umanizzazione dell uomo e di ogni sua forma di vita,
in corrispondenza con la secolarizzazione del sacro in corso, e nella sua conversione in un messaggio di
misericordia delle varie tradizioni e fedi religiose. e di pensiero, rispetto alla quali i vari integralismi
sono forme reattive di difesa, alla cui radicalizzazione va opposta con uguale vigoria radicale tale umanesimo integrale.
Ecloga indiana XI
Versione breve
“You 're like a bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando
il primo che insegna/ recita che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale,
e il sesto, che è indimenticabile,
il settimo com' è incredibile..."
“ E perché son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa del Raj, / dell India
sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
(madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un'apsara
in una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta/ vinta sorte)
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infestante,
(oh,) l’eccedenza stessa da lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.
“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
(attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo,)
in fervida devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.
versione media
“You are like a bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando
il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…
“ E perché son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un apsara
in una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infettante,
oh,l’eccedenza stessa da lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
fin che si fa lupo, non torna a farsi lupo quando s’intenebra
la mente,
con le frigide ombre cui cede
il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.
“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
Non illum nostri possunt mutare labores,
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..
Non illum nostri possunt mutare labores,
ora in fervida devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.
Versione lunga
“You are like a bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando
il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…
“ E perché son io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un apsara
con una smorfia di noia,
a un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,
da quanto sia già passato e trascorso dal mio nuovo arrivo
Bhai Doj in luogo della madre riconducendomi un Ashesh giovinetto,
oltre la soglia, di ritorno,
dei lumi accesi per i passi di Laxmi.
di sterco infiorata della govardhan puja.
tra gli oculi di vessilli di pavoni
le schermaglie di corpi e di bambu
nel concorso( a festa )delle danze diwari per Deepawali
fino al gremitio di sari
lungo le gradinate da cui ascendere al lingam,
Amrol, Dang, Sihonia, poi,
i templi del forte di Gwalior,
già fulgore di una felicità rimpianta,
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “oncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che ne fu l’ infettante,
oh, l’eccedenza stessa da lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
fin che non torna egli a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.
“così ora eccomi Babbà Bargàd,”,scherzo e rido con il ragazzo,
Non illum nostri possunt mutare labores,
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..
(Non illum nostri possunt mutare labores, )
in fervida attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.
MARTEDÌ 1 MARZO 2016
Cronache indiane. In Damoh, Notha, Katni, Rewa, Govindgarh
1-2
Solo verso sera giungevo infine a Damoh, per cui ero partito da Chhatarpur
alle due pomeridiane, dopo oltre cinque ore stancanti di viaggio in autobus ,
durante i quali la monotonia rurale del territorio che si traversava era
stata alleviata solo dall’amenità intermedia di ondulati declivi e dei loro
divallamenti. Come in Shivpuri, mi ci ritrovavo nel oscurità di una non città
apparente, dove il seguito di officine intorno all'autostazione sembrava non
mettere capo che al loro seguito fino alla fine dell'agglomerato, non fosse
stato per un ristorante all'angolo, al cui usciere e ad un cassiere chiedevo
dell' hotel cui ero avviato. Era poco distante, sull’altro lato della via, ed
in esso, di proprietà di un jain, avrei trovato un’ospitalità compita e
inappuntabile: una camera immacolata e in uno stile suo proprio, differente
nelle sue astrazioni moderniste da ogni altra dell'albergo, un doccia con
acqua calda ad ogni ora del giorno, il pavimento del bagno in opaca pietra
rugosa che mi rassicurava quanto a slittamenti e scivoloni possibili. L
indomani l’addetto alla reception stesso mi fermava l' autobus per Notha, che
passava proprio lì di fronte, al di la del cui abitato scendevo all altezza
del tempio, che risaliva alla dinastia Kalachuri quanto all'epoca della sua
edificazione, se non nei vari aspetti dello stile. Ravvisavo ed eludevo il
custode della volta precedente, Sonil dall indimenticabile volto esuberante,
per addentrarmi nella rivisitazione del tempio e non mancarne, come la volta
precedente, per i difetti della macchina fotografica la riproduzione
particolareggiata in immagini. Ancora una volta il tempio mi irretiva nelle
armonie di forme e proporzioni che vi intrattenevano, mediati dal vestibolo,
il santuario del tempio e la sala del mandapa antecedente.Tale vano era
preceduto da un porticato, forse posteriore, che pur tuttavia non vi
interferiva quanto un intruso, a differenza del sikhara raffazzonato con i
giacimenti superstiti di quello originario. Arioso e luminoso il
rangamandapa, i bancali esterni dei cui kaksasana sovrastavano delle nicchie
dove erano insediate divinità femminili.
Lungo le pareti esterne del santuario del garbagriha esse avrebbero trovato
un seguito nelle apsaras delle proiezioni intermedie del tempio pancharatha,
intervallate come nei templi di Khajuraho da vyalas nei recessi, i dikpalas,
di difficile identificazione, comparendomi forse fuori ordine nelle
proiezioni cardinali angolari, mentre furoreggiava Chamunda tra pretas
assetati di sangue, sulla kapili esterna corrispettiva all'anticamera e volta
a mezzogiorno, essendo il tempio inusualmente orientato ad occidente.
La sua frenesia devastante era come una risonanza di quella di Shiva nel
badhra centrale, che secondo l ispirazione del tempio a lui dedicato, aveva
un pendant a tale suo campeggiare nel manifestarsi invece come Shiva
Vinadhara, ossia quale suonatore di vina, nel badhra opposto, settentrionale,
e quale Shiva Andakantaka, fiero uccisore del demone Andaka, in quella
posteriore, dove nella sua dinamica sincretistica integratrice lo sovrastava
l’immagine del dio Surya, di cui è quanto mai canonico tale retrostare , / è
canonica tale posizione retrostante, volta/ volto al sorgere o al calare
della sua solarità.divina.
Che il purana mandir sia ancora un tempio vivente, me lo avvalorava una
coppia che sopraggiungeva al termine della mia visita, per una puja presso
uno dei due sacrari guarniti degli spiedi di trisul di Shiva e calzari
chiodati, che erano situati nel parco del tempio.
Sonil mi seguitava discreto a rispettosa distanza, cui mi ostinavo a tenerlo
rigidamente, senza mancare egli di chiedermi se volessi del the, che
accettavo solo una volta che avevo terminata la visita, senza rammemorargli
che già ci eravamo visti ed incontrati. Gli chiedevo invece delle località circostanti
in cui si trovassero dei monumenti e che fossi ancora in tempo a/ per
visitarli, dato che il pomeriggio era ancora al suo culmine, e non intendevo
trascorrerne il seguito solo per risalirne in Notha alle vestigia sparse per
case, e muriccioli di cinta, o in altri luoghi di culto, degli otto templi
ulteriori che vi sorgevano un tempo.
Con fervore partecipe mi diceva di Bandakpur, e dei suoi cinque antichi
templi, hindu, di Kundarpur e del suo tempio jain, cui già si era riferito
l’addetto alla réception dell’hotel, nell'indicarmi quali fossero a suo
giudizio dei luoghi significativi da visitare, ma Sonil me ne parlava senza
che le sue parole, o il loro tono, si esaltassero come gli succedeva nel
parlarmi di Khodha, o Khoral, stando ai modi in cui mi avrebbe insegnato che
si pronunciava il nome della località in cui erano i resti dell'altro tempio
Khalachuri ch'è presente nel distretto di Damoh. Krishna Deva non aveva
mancato di menzionarlo e di descriverlo sia pur sommariamente nel suo Temples
of India, di cui avevo al seguito le fotocopie delle pagine del capitolo in
merito: in esse, quella stessa mattina, il paragrafo che riguarda tale tempio
aveva sollecitato il mio più vivo interesse, anche perché con il suo concorso
Nohta non restava una meta isolata, ma veniva rientrando in un itinerario
proponibile ai miei happy few.
Era in pietra, non in cemento, come il notorio tempio Jain di Kundarpur, si
accalorava Sonil, e quanto ne restava del sikhara ne assicurava un’elevazione
che le sue parole negavano ai tempietti di Barankpur, di antica pietra
anch’essi, ma non altrettanto belli.
Mi accennava altresì a una qila, che i giorni seguenti avrei imparato essere
quella di Singrampur, ma le sue parole la profilavano ancora quanto mai
distante, mentre invece per raggiungere Khoral sembrava proprio che bastasse
retrocedere fino al vicino villaggio di Abhana, e di li intraprendere in
autobus il percorso restante, per ancora una trentina, una quarantina di
chilometri facili e piani.
Lasciato Sonil, dopo averlo rimesso in contatto telefonico con Kailash, di
cui ben si ricordava, ero di rientro di lì a poco in Notha, dove anziché
internarmici lungo la via che reca al tempio di Ganesha e poi ad una
confluenza tra due fiumi, seguitavo a procedere lungo l arteria di scorrimento
del traffico tra Damoh e Jabalpur, elettrizzato dal mio vagheggiamento di
tentare il cimento di raggiungere Khoral e il suo tempio Kalachuri nel
pomeriggio restante. Iniziavo a chiederne prima all uno, poi all’altro
conducente di autorickshaw, con l intermediazione al telefono di Kailash,
quindi anche di un gruppo di giovani e di ragazzi che si raccoglieva intorno
agli automezzi. C’era chi mostrava di saperne, collocando il villaggio oltre
una certa Jaloni, a non più di quaranta cinque chilometri di distanza, e si
cominciava a profilare la richiesta di rupie per recarmici, un importo che mi
sembrava troppo alto, ed il corrispettivo inattendibile di una vaghezza di
intenti degli autorichshaw-wallah, per cui rifiutavo l offerta per
raccogliere forze e idee presso il negozietto di cellulari del giovine che
sembrava, fra gli astanti, il più sensibile alla mia determinazione di
visitare il tempio di Khoral.
Ma sembrava proprio che non mi restasse che prendere l autobus, secondo le
sue parole.
Gli facevo presente, per quanto riuscivo a farmi da lui intendere, che
quand’anche in autobus fossi pervenuto a Khoral, data l ora già avanzata era
da escludersi che ci fossero poi ulteriori automezzi che mi consentissero un
mio possibile rientro in Damoh.
Era dalla stessa Damoh che il giorno seguente avrei potuto ritentare l
impresa , ma mi sarebbe costato un giorno in più di permanenza in hotel, ed
era tutt’altro che scontato che di un piccolo villaggio come Khoral qualcuno
all'autostazionene sapesse qualcosa,, mentre li, in Notha si erano dati anche
la pena di ricercare al cellulare il custode del tempio, per saperne di più
sulla sua localizzabilità.
Così restavo nell'impasse, finché il suo volto non si schiariva in una
proposta: ero disposto, per 500 rupie, ad andarci con lui in motocicletta?
E come no? Mi aprivo alla sua proposta come al sole un cielo rannuvolatosi:
il tempo di attendere che chiudesse il suo negozio, e che di lì a qualche
minuto fosse di ritorno in motocicletta con un adulto che era un suo amico fidato,
ed in direzione di Abhana eravamo già avviati verso Khoral.
2
Il sole sfolgorava i declivi d'intorno, l'aprirsi di valli al passaggio del
fiume, l'animazione del traffico lungo la via che riconduceva a Damoh, lungo
quella quindi per Jabalpur che si diparte da Abhana, sulla sinistra, in un
irradiarsi di luce ch'era espansione di gioia, quando nell uscire da un
villaggio la motocicletta passava troppo ravvicinata ad un gruppo di ragazzi
di rientro da una partita di cricket, ed una loro mazza urtava duramente
prima il mio ginocchio, poi quello dell'uomo seduto a me di dietro. Era
costui a subire il colpo più violento, inducendo il giovane conducente, dopo
che si era lasciata la strada principale per una via secondaria alla nostra
destra, a sostare di lì a poco presso una fontana al limitare di una scuola,
perché attutisse il traumal’acqua versatavi sopra
Io restavo muto in margine all'incidente, né sollecitando a protrarsi oltre
né a fare ritorno, ma per ciò stesso atteggiandomi a che l intrapresa avesse
un seguito, almeno fin che umanamente fosse possibile.
E continuavamo il nostro tragitto, mentre era bastato lasciare la via
principale per quella strada che s'inoltrava sinuosa tra i campi circostanti,
perché ci fossimo come addentrati in un’altra dimensione, ove la distesa dei
coltivi di grano e di colza si faceva un mare di verdi steli punteggiati del
giallo dei fiori, ravvicinatosi e lontanantesi sterminatamente, fino a
perdersi dove si profilavano i pendii e i declivi dei più lievi rilievi
collinari. E sparsi casolari e raccolti villaggi si succedevano ai lati,
mentre lungo il percorso schiere di giovinette e di giovinetti procedevano di
ritorno da scuola, al contempo in cui comparivano gruppi di gente locale, di
donne e ragazzi, avviati in qualche pellegrinaggio con ceste multicolori
appese ad un bastone dietro le spalle. ***
Ma per incantevole che fosse il tragitto, occorreva arrivare al più presto a
destinazione, solo che quando, dopo oltre mezz'ora, chiedevamo di Khoral, ad
una deviazione, e credevamo di essere oramai non più che ad una decina di
chilometri di distanza dal suo abitato, ci si diceva che i chilometri
restanti erano ancora invece ben trenta, che dopo un lungo tratto ulteriore,
dei pastori cui chiedevamo conto di quanta strada ci restasse ancora da fare,
ci disilludevano che fossero oramai meno di venti, al che il giovane
motociclista accelerava di più la sua corsa, già sostenuta, mentre il
pomeriggio già volgeva sui campi al tramonto, in una competizione con il
tempo che si faceva ancora più serrata, quando pervenuti ad un villaggio in
cui si incrociavano, pulverulente, le vie per Jabalpur, Damoh, Sagar,
Narsinghapur, dopo che di strada ne era stata fatto un altro bel po’, più
attendibilmente ci si ripeteva che altri 18 chilometri ci
separavano da Khoral.
L uomo che si era offerto di accompagnarci intanto accusava al ginocchio un
dolore che gli era insostenibile,, e il giovane provvedeva a che almeno gli
fosse di lenimento del male una qualche pomata, che richiedeva all’addetto
alla farmacia presso la quale lo accomodava.
La strada che restava ancora da compiere era stata fortunatamente asfaltata
da poco, e si inoltrava scorrevole in una giungla continua, la cui boscaglia
aveva termine solo al nostro arrivo nel villaggio, di pochi casolari sparsi,
che credevamo che finalmente fosse Koral.
La peregrinazione non era invece ancora finita, ed il giovane alla guida
della motocicletta, serbandosi strenuamente fedele al compito che si era
assunto di farmi pervenire al tempio prima del calar del sole, doveva
seguitare per almeno un paio di chilometri lungo una pista di cui si
confondevano i tracciati e i solchi tra i campi , chiedere del purana mandir
ad altri passanti ed a coloro che si approssimavano nel sobborgo successivo,
prima di potere terminare la sua corsa depositandomi finalmente al cancello
d’ingresso al tempio ritrovato.
Era stato avventuroso o sventato pervenirvi? Inumano o intrepidamente votato
al compito che ci eravamo assunti, lasciare che ogni pieno soccorso
dell'accompagnatore fosse differito solo a dopo che fossimo pervenuti in
tempo a destinazione? L'impresa si era forse rivelata tanto questo che
quello, era il caso di supporre, mentre mi si imponeva comunque fosse che
fotografassi in tempo i vari aspetti del tempio, per non vanificare un’opera
che era costata già tale dolore e tensione ai miei accompagnatori.
La perdita del mandapa aveva portato allo scoperto il portale d’accesso al
santuario del tempio shivaita, e pancharatha, rendendone grandiosa la fronte
antistante, ove Uma Maheshvari e Siva Nataraja apparivano al centro della
trabeazione superiore, tra le filiere laterali dei navagraha planetari
soggiacenti alle saptamatrikas, con Virabhadra e Ganesha ad iniziarne e
concludere le danze.
Recessi a scacchiera impreziosivano il basamento inferiore ed il verandika ,
da cui si dipartiva un sikhara Latina senza sue repliche frattali, che si era
preservato solo in parte fino al quinto piano, nei latas anteriori meno
rovinati. Dentro le nicchie centrali, ancora integre , tra Surasundari e vyalas
nei recessi inferiori e superiori, figuravano a sud Shiva Nataraja e ad
oriente lo stesso dio quale uccisore del demone Andaka, laddove solo la
kapili meridionale dell’anticamera interna preservava il proprio gruppo
statuario, albergando in una nicchia Ganesha e Vighnesvari.
Ero tutto teso nei miei scatti fotografici, quando il giovane motociclista mi
raggiungeva per informarmi che un’urgenza familiare era sopraggiunta, a
seguito della quale senza di me, in tutta fretta, avrebbe raggiunto Nohta
insieme con l uomo infortunatosi. Per il mio rientro in albergo a Damoh mi
avrebbe affidato al custode del tempio, che a sua volta avrebbe provveduto a
che un ragazzo locale mi facesse giungere in motocicletta sino al vicino
villaggio di Tendukedha, da cui era ancora possibile prendere un pullman che
mi riportasse a Damoh.
Il mio giovane conducente non mi lasciava il tempo che di ringraziarlo
insieme ad suo compagno infortunatosi, e di compensarlo furtivamente almeno
di mille rupie, il doppio di quelle preventivate, che coprivano solo i costi
della benzina.
Ritornavo sui miei passi che era già scomparso nella sua cara presenza.
Sopraggiungeva allora un ragazzo, che accendeva uno stelo aromatico di fronte
a un’immagine di Surya che sottostava a quella di Shiva Andanataka, laddove,
sempre nella parete retrostante, la sovrastava in quella di Notha: così
attestandomi che anche il tempio di Khodhar non è solo un reperto
monumentale, ma tutt’ora un tempio vivente, come mi sinceravano i lumi
interni al garbagriha.
Con il custode mi intrattenevo solo il tempo di un’altra peregrinazione
intorno al tempio, di sorbirmi almeno un the in sua compagnia, prima di
avviarmi in motocicletta con il ragazzo da lui assicuratomi come conducente,
e di nuovo con un ulteriore passeggero retrostante, verso il centro ad una
ventina di chilometri di distanza di Tendukera. da dove un autobus,
sopraggiunto da Jabalpur, mi avrebbe ricondotto a Damoh che non era ancora
notte.Giusto il tempo di intrattenermi con il giovane, in vena di parlarmi, che
gestiva una pasticceria alla fermata degli autobus, e di venire a sapere, a
buon conto, per un ritorno, che li vicino c’erano le cascate Badri.
“ A Notha quello che ci hanno detto era sbagliato, aveva detto il ragazzo in
motocicletta allo sosta nel villaggio in cui si incrociava un quadrivio. Ma
non avessi creduto a che di esaltato Sonil mi aveva detto del tempio di
Khoral, non avessi prese per vere le sue asserite distanze chilometriche,
forse che quel folle volo magnifico sarebbe stato possibile?
3
Facevo ritorno a Nohta, l’indomani, prima di prendere nel pomeriggio il treno
per Katni, verso la quale mi si confermava che era vero che per lo stato
disastroso delle strade non vi conducevano autobus, da parte del capufficio
della biglietteria che mi aveva accolto al suo interno con una particolare
cordialità calorosa, dopo che in me aveva riconosciuto l’individuo che un
anno prima era sopraggiunto in bicicletta al Kolkata restaurant di Khajuraho
dov’era stato in visita. Credendo che una volta fatto il biglietto restassi
nella stazione in attesa del treno che vi sarebbe dovuto giungere di lì a
cinque ore, finanche mi aveva fatto aprire da un addetto la sala d’aspetto.
Nel frattempo volevo io invece essere di nuovo in Nohta per esprimere la mia
gratitudine al giovane che si era prodigato a tal punto per farmi
sopraggiungere in tempo a Kodhal, sapere dell’ emergenza che lo aveva indotto
ad anticipare il rientro, accertarmi dello stato di salute del suo amico di
lui più adulto che ci aveva accompagnato.
Ma già in stanza, nel ricercare sulla mappa del Madhya Pradesh dove fossimo
finiti e come potessi farvi ritorno, mi aveva piuttosto irretito la
singolarità della toponomastica indiana, che come a Narsinghghar fa
corrispondere una Narsimhapur, per una Tebdukhera prossima a una Dehori sulla
via di Jabalpur per Damoh, in cui ero stato, non fa mancare una Tendukhera
con un'altra sua Dehori, nelle vicinanze, tra Jabalpur e Bhopal, prima delle
ennesime Udaipura e Bareli, ladsdove era forse da ravvisare nella Rehli in
cui nella mappa si incrociavano vie, la Jaloni del quadrivio in cui eravamo stati.
Il giovane era ben sorpreso e felice di rivedermi , e poteva sincerarmi che
era solo lo stato febbrile della moglie che ne aveva precipitato il rientro
in Nohta, quanto poi all'infortunio del suo amico si era rivelato una
contusione, niente di più.
Tra i convenuti mi affidava quindi ad un giovane ragazzo di fede jain, che
con altri suoi coetanei, hindu e muslim, si avviava al mio seguito nell
interno del paese, alla individuazione dei vari frammenti di templi, ora un
amalaka, ora un udumbara, dei fregi sparsi di modanature, per lo più di
palmette, o di ardhratna, che ritrovavo inframmezzati al pietrame dei muri di
cinta, assemblati in siti templari ai piedi di sacri peepal, rinvenibili
nelle murature a vista dei casolari, sparsi nel cortile del tempio jain, od a
fungervi da supporto ai tirthankara, di cui i ragazzi di fede jainista erano
lieti di mostrarmi le moltitudini o le singolarità delle immagini raccoltevi,
una volta che mi fossi levato anch’io i calzini ed esposto alla tortura della
ghiaia minuta dei percorsi.
Due di loro guidavano la mia discesa poi in vista del sangam , la risalita al
tempio di Ganesha e ai suoi radunati reperti, il riattraversamento del
villaggio fino al bazar, nello splendore diurno seguitandomi essi giù di
fretta fino alla strada principale, accaldato e assolato salendo sul primo
autobus di passaggio che mi riconducesse in Damoh, dove era lo squallore e il
fetore dell’autostazione, prima ancora che l’urgenza dei tempi, a
sospingermene lontano per rientrare in albergo e ritirarvi i bagagli.
Sarei arrivato in Katni solo a sera , scendendo per sbaglio nella sua
stazione secondaria, quella prossima all’ ospedale generale, in un clamore
immerso nelle nebbie carbonifere della polluzione che gravava sulla città.
Sceglievo di farmi condurre all'hotel, dei due che avevo in lista, che era
vicino alla stazione ferroviaria principale, il che mi dava modo di avere da
attraversare in tuk tuk l’animatissimo bazar nel suo clamore serale, in cui
mi sarei affrettato a discendere appena sistemati in stanza i bagagli.
4
Il mio lungo sonno, l indomani , mi faceva ritardare la partenza per
Bahoriband, dove solo quando erano le due del pomeriggio potevo scendere
dall’autobus di fronte alla Paathshala english medium school, felicemente
accolto da Anand e dai suoi collaboratori, con la fresca prontezza nel
riconoscerci e ricomciare a discorrere, come se fosse stato solo qualche
giorno avanti che ci eravamo lasciati.
Arrivavo al momento più giusto, si compiaceva Anand, perché l’indomani
sarebbe stato il function day della scuola, cui mi invitava a partecipare con
immediato mio assenso.
Volevo visitare il sito delle sculture nella roccia di Sindursi? E quale
problema? A differenza di quelle che le informazioni raccolte in internet mi
avevo indotto a credere, Sindursi non era al di là di Rupnath, ma giusto a
due passi dalla scuola, essendo Sindursi un sobborgo di Bahoriband. Quanto a
Kuda, dove erano un tempio Gupta minore, forse era da identificare con un
villaggio poco oltre Tigawa, suo padre certo ne era a conoscenza, e ci
avrebbe fornito tutti i ragguagli occorrenti.
Prima che lui stesso potesse accompagnarmi in motocicletta a Sindursi, non
essendo più in corso attività scolastiche, avremmo potuto entrambi pranzare a
casa sua, verso la quale mi conduceva in motocicletta, date le ultime
disposizioni ai suoi collaboratori.
L’ancor giovane Anand mi si confermava il tutto il suo carisma straordinario,
per cui poteva dare ordini senza mai impartirli, come gli avrei detto l
indomani, sul suo conto, ma anche una dipendenza che pareva oramai senza
scampo da cellulari e tablet, con il ricorso ai quali non smetteva mai di
interrompere ogni conversazione intrapresa, per contattare e venire ulteriormente
contattato.
Al tablet che mi approntava, tra il dahl e la pietanza di verdure con
chappati, lo interrompevo per mostragli il documento che avevo già composto,
a suo tempo, sulla mia prima escursione in Marai, Bahoriband, un testo che
era finito già archiviato così a fondo nella mia memoria, che mi strabiliava
la sua estensione e visualizzazione dei fatti, compresa la mia adozione a
mascotte o tutor della scuola di Anand. Se l indomani avessi voluto fare un
discorso… mi ritraevo categoricamente, al che Anand ripiegava sull’imponenza
della mia figura fisica, che avrebbe comunque impressionato bene i genitori.
Gli palesavo, allora, vincendo quali renitenze avessi assentito a presenziare
ad una function scolastica, dopo che per l’allestimento delle competizioni
scolastiche per il republic day, e feste di classe, si era protratto per
Ajay, Poorti e Mohammad un ciclo di ferie intervallate da esami che durava da
un mese, esasperandomi di dover pagare più per le vacanze degli insegnanti
indiani che per le loro ore di lezione, senza contare gli insegnamenti
privati domestici integrativi , che erano resi necessari dalle loro stesse
assenze senza sostituzione.
“ Benissimo il canto e la danza, ma anche la matematica e l’ hindi o l'
inglese, come le scienze naturali o sociali, hanno pure la loro importanza…”
Sindursi, in cui era pronto poi a condurmi in motocicletta, deviando sulla
destra della strada che reca a Rupnath, poi a Sihora, fino a Jabalpur, poco
oltre uno degli 84 talab, di una volta, da cui Bahoriband traeva il suo nome,
era la lungaggine / il dilungamento di un villaggio povero che si protraeva
intorno ad una viottola di ciotoli e fango, riuscendo dalla quale la gente
del luogo ci diceva che avremmo trovato il sito delle sculture rupestri. Come
già tal passo lascia intendere, benché Anand fosse originario di Bahoriband e
vi fosse il direttore di una scuola primaria che vi aveva fortuna , non ne
sapeva nulla delle sculture rupestri di Sindursi, come a tal punto non aveva
più modo di nascondermi.
E’ Bahoriband all interno del bordo di un altipiano di modesta altura, ma
tanto bastava a che dalla radura tra i massi che precedeva il sito di
Sindursi dove ci ritrovavamo di lì a poco, si allargasse una magnifica vista
sulla valle soggiacente, sconfinata, in una scenario roccioso che evocava
vicissitudini preistoriche.
Ma al termine del percorso d’accesso non ci ritrovavamo in una solitudine
pleistocenica, oltre l ingresso era infatti accampato un gruppo chiassoso che
più che di uomini, era composto di bambini e di donne, le quali impastavano
farina accanto ad un braciere di fortuna.
Alcune di loro ci precedevano presso le sculture rupestri, a cui poggiavano
la fronte di un pargolo cui era stato rasato il capo, offrendo alle divinità
figurantevi puja ed incenso.
La prima scultura che visionavamo era quella di Vishnu sul serpente Shesha,
che al tatto del piede ad opera di Laxmi inizia un suo risveglio da cui ha
inizio un nuovo cosmo, simboleggiato dallo schiudersi di un fiore di loto dal
suo ombelico, in cui era assiso Brahma creatore. Due demoni per alcuni
studiosi, per altri due personificazioni in forme di purusha dei suoi poteri,
si avventavano sulla sua sinistra, in tipiche fattezze facciali e movenze
d’epoca Gupta. Come un’eco, la sua superficie abrasa dal tempo richiamava lo
splendore magnificente del pannello di identico soggetto del tempio delle
dieci apparizioni di Deoghar, un’eco che si affievoliva nell’immagine
seguente di uno ieratico Vishnu, mentre subentravano tratti lignei folclorici
nella Mahishasuramardini e nel belluino Narashima, in suo bell’agio appartato
su in alto, di una ferocia naturale di sé spontaneamente compiaciuta.
Ananda seguitava ad appartarsi tra cellulare e tablet, mentre si appressavano
dei bambini e alcune donne, per offrirci di essere parte della loro
distribuzione propiziatoria di vegetali e chiappati.
Tra un richiamo al cellulare e l’altro, Anand trovava l intertempo di dirmi
del suo passato di studi, in Varanasi, Delhi, Bikaner, prima di risolvere la
sua vita nell’ impegno educativo nel suo luogo d’origine.
“ Un tempo, gli chiosavo, in un villaggio indiano c’era vita al grado zero.
Ma ora vi è possibile svolgervi un’attività come la tua al più alto livello”
Il suo sogno attuale era di immergere tutti i bambini della sua scuola in
un’infinità di libri. In merito gli avevo già detto come per il mio Chandu,
nella sua Khajuraho, già ogni attività che un tempo era fisica transitasse
per oramai il computer, mentr’io avrei desiderato un suo contatto vivo con le
cose dei giorni.
Il tempo di ritrovarci a scuola con i suoi colleghi, a lui intorno ed al suo
tablet, che sopraggiungeva l ultimo autobus per Katni.
In hotel mi sarei riassestato il più in fretta possibile, per ritrovarmi
quanto prima nel suo bazar principale, tra la folla e lo sfavillio di luci e
l’abbaglio di neon, ed addentrarmi con lo sguardo in quei tanti negozi senza
il diaframma di vetrine, al cui interno era possibile vedere le donne sedute
di fronte ai venditori di stoffe a gambe incrociate, che gliele srotolavano
su dei banchi ribassati intermedi, i dibattiti delle compravendite di profumi
o gioielli, di vasellame metallico o in terracotta, di spezie aromatiche o di
dolciumi, di arance o mele od uva ordinate in cassette reclini, mentre le
verdure erano distese su dei teli lungo lo spartitraffico da dei venditori
per strada.
E via via che ci si avvicinava alla stazione ferroviaria, si infoltivano i
negozietti di cellulari e di ricariche telefoniche, di gadget e pelletteria,
le locande, di un solo vano, aperte all’esterno anche nell’attavolamento e
nelle batterie di cucina.
Poi al ristorante dell hotel, ad uno squisito mughlai chicken avrei riservato
quanto la sera prima era stato assicurato ad un prelibato chicken garlic. Per
l' indomani sera ripromettendomi, con Mohammad al telefono, la goduria di un
Chicken Biryani Hiderabadi.
5
Era l’autobus che stava uscendo dalla stazione quello più mattutino per
Bauriband che ho inseguito in tuc tuc per esservi non oltre le dieci del
mattino, come mi ero ripromesso con Anand, giacchè dopo l una del pomeriggio
fin oltre le sei di sera saremmo stati coinvolti entrambi dalla function
degli scolari della scuola.
Vi arrivavo, via Bilhari, anziché deviando da Sleemnabad, che lui non era
ancora presente, mentre le insegnanti erano intente a ritagliare festoni e
ghirlande colorate, ed accanto alla scuola grandeggiava ancora vuoto il
tendone bianco a righe blu della festa imminente. Non dovevo attendere molto
per vederlo sopraggiungere con il volto accigliato, e dirmi con voce atona
che cosa aveva sconvolto tutto e rendeva impossibile ogni celebrazione:
qualche centinaio di metri prima, entrando in Bahoriband, il benzinaio che vi
aveva una pompa, un esponente locale del Bjp, la notte avanti aveva ucciso il
figlio e la figlia, prima di dare la morte alla moglie ed ai suoi cani e
suicidarsi, ed i parenti avevano espresso la richiesta che tutto fosse
sospeso, come si era già deciso per parte sua e dei suoi collaboratori.
Più tardi, mentre in motocicletta, dopo aver consumato un pasto in casa sua,
superavamo Tigawa avviandoci a l villaggio di Kuda, - avendo così tutto il
tempo davanti per restare insieme l’intero pomeriggio- inoltrandoci tra i
campi viridescenti di colza e di grano differivo di dirgli a quando ci
fossimo ritrovati seduti nel sito del tempio Gupta, perché in India possono
accadere simili tragedie, senza rivelargli che la fonte della mia conoscenza
era la disperazione in cui precipitano Kallu e il padre di Mohhamad, e ciò
che si ripromettono essi di fare, quando viene meno ogni possibilità presente
di assicurare un futuro ai loro figli.
“ Troppi indiani, gli dicevo una volta visitato il tempio, si credono i
proprietari della vita dei loro cari., ai quali sentono di essere in dovere
di dare un futuro.
E quando avvertono di fallire nel compito, e sono senza più speranze, in un’
India che non consente più come un tempo di vivere di niente, pensano che
ucciderli insieme con sé sia la sola via d’uscita che resta, non lasciando
che nessuno sopravviva al loro fallimento e cosi credendo di azzerarlo. Per questo
anche i cani dovevano fare la stessa fine del capofamiglia"
Anand mi ricordava che è così quando nessuno più crede in un aiuto sociale.
Nella mia mente echeggiava alle sue parole l urlo notturno di Kailash, quando
il suo grido “ Nobody help me”, esplode contro il padre e la madre, i suoi
fratelli o parenti, chi sia delle sua casta, contro ogni singola persona, e
singole persone, mai contro un ingiusto ordine sociale.
Intorno erano intanto un incanto i campi di grano e di colza, tra i cui steli
vedevo crescere a febbraio gli stessi fiori, le veroniche, i ranuncoli, le
piantaggini, che a primavera rendevano smaglianti le zolle della mia terra
nativa, o ne variegavano gli steli, ed era tra la loro distesa, che due
piante di mango, due tendu, ed un asoka, nella loro grandiosità arborea
elevavano a sacrario solenne il recinto del tempio, una pura cubatura
profilata di aggetti e con un’entrata di soli stipiti nella cella interna,
senza alcun decoro, od ornamentazione, che non fossero a guisa di testate di travetti
un filare di tulas, (a memoria nella dura pietra delle origini lignee del
tempio hindu), proprio come in spirito ed in verità dovrebbe sorgere ogni
luogo ecumenico di adorazione presente del divino
“ Così, non altrimenti, dicevo ad Anand, non come quelli di Khajuraho,
costruirei oggi un tempio”
Avevamo il tempo per indugiare anche in Tigawa, nella visita del suo tempio
Gupta in cui l'ornamentazione già rendeva fastosi i pilastri del portico
aggiuntosi alla cella, e i vasi dell’abbondanza o i kirtimukka trovavano un
primo evolversi rutilante.
C’erano altri due antichi templi ancora da vedere a dire di Anand, in riva al
talab, che ora era in secca, ove si tuffava nel nuoto quand’era ragazzo, ma
erano edicole Bundela edificate con materiale d’asporto, sì, esso antico, ma
assai posteriore all’epoca Gupta. dei templi di Tigawa e di Kuda, oggi
Hinauti.
La strada rifatta, a grandi corsie, in cui ci immettevamo di nuovo per
rientrare a Bauriband e prendervi io l’autobus per Katni, Anand mi diceva che
conduceva fino a Khajuraho., via Bakal, Raipura, Amangangj, Panna.
Tutte le strade pare che come a Roma, in Italia, qui nel Madhya Pradesh
rechino a Khajuraho, da cui si segnala la distanza nelle solitudini d’altura
del Bagelkand, come nel traffico di Gwalior ai margini della rete
ferroviaria, a disdoro della stessa capitale Bhopal. Peccato, tra me mi
dicevo, che poi in Khajuraho tutte le strade siano rimaste così a lungo
distrutte. E che ora che esse mi recano agevolmente ai campi che Kailash mi
diceva di sua spettanza, abbia scoperto che sono invece della nonna, e di
spettanza trstamentaria prima ancora del padre e degli zii, e al contempo che
si sia così dissolto ogni mio intento georgico.-
Cronache di Viaggio 6, 7, in
Rewa, Govindgarh
Avevo dunque ragione a sentirmi insolentito da quel ragazzo che nel villaggio
di Masaon mi si era messo alle costole, se un vecchio ch’era alle nostre
spalle e doveva conoscerlo bene, agitava il bastone in sua direzione come se
volesse romperglielo in testa, imprecando contro di lui come contro di un
vero madarchor.
Trovavo davvero bello quel tempio in riva al talab? E così interessante quel
suo villaggio? Se era così perché non fotografavo ogni suo edificio e
casamento? Ogni bufalo e bue e pecora nei loro recinti? Anche quest’oca, sir…
Mi ricordava l imbecille di Barhut che non aveva trovato di meglio che
strapazzare in me l unico visitatore che a memoria d’uomo si fosse visto
venire a vedervi i pochi resti, rimastivi inasportati, di quel che fu uno
stupa dei più grandiosi., quando prima ancora che un altro straniero metta
piede in Masaon , evi ed eoni intercorreranno. Ma evangelicamente non
contrariarmi e fare con quello sciocco ragazzo il doppio di strada, di lui
servendomi per facilitare i contatti con bimbi e ragazzi che sopraggiungevano
incantevoli intorno, aggirarmi tra le case senza suscitare irriguardosi
commenti, era ben preferibile allo scrollarmelo di dosso a male parole.
Quanto al tempio Kalachuri, il suo santuario circolare con 13 bhadras
isomorfe , che prolungandosi nel portico si uniformava ad una yoni incentrata
in un lingam, al di sotto di quel che restava dell ogiva del sikhara, sarebbe
stato di ben maggiore risalto, in se stesso, se non di desse che non era un
unicum, ma la copia meno esaltante di quello di Chandrehi, con il quale,
nella sua assenza di icone, condivideva la sorte di essere l’espressione più
pura del tantrismo ascetico della setta shivaita mattamayura, senza le
compromissioni rappresentative statuarie dei suoi tempi edificati sotto la
sovranità dei Kachcchapagata in Kadwaha, Renod, Terai, Surawaya.
Ma già dal mio arrivo in treno alla stazione di Rewa, era stato come se la
realtà tutta venisse subendovi un impazzimento, o rientrasse nei cardini
della sua normalità indiana: in cui i rickshaw- wallah ti si appressano
intorno molesti ed esosi, gli inservienti ti entrano in camera indiscreti e
invadenti, nessuno ne sa niente di niente di ciò che persegui, o peggio, ti
fa credere di essere uno stupido che insiste nella ricerca di quel che non
esiste che nella imbecillità della sua immaginazione fantastica
Di certo anch’io ci avevo messo assai del mio a tale piega degli eventi,
nella presunzione di potermi rifare nella visita di Rewa a quel che nei suoi
reports ne scrisse e descrisse il maggiore Cunningham oltre centocinquant’anni
fa, magnificando uno splendido torana ritrovato in Gurgi e depositato nel suo
Museo, di cui la volta precedente, quando una festività civile ne aveva
precluso l’accesso, mi ricordavo bene di essere pervenuto all'entrata insieme
con Kailash, e diffondendosi nel dire, inoltre, l illustre padre
dell’Archaeological Survey of India, dei resti giganteschi di una statua di
Parvati e Shiva sistemata in un suo parco: ne sapeva qualcosa uno dei
proprietari punjabi dell hotel in cui avevo voluto essere di ritorno, e che
aveva instradato sulla via di Masaon l’autorickshaw-wallah.
Ma al ritorno in hotel, altre risistemazioni della realtà in certi alvei
indiani, avevano congiurato a che dovessi ripropormici solo il check out il
giorno seguente: l’acqua che defluiva in bagno dal solo rubinetto del lavabo,
il cameriere del ristorante che seguitava a sconsigliarmi ogni mia
ordinazione per le sue troppe spezie, insistendo perché richiedessi guarda
caso la pietanza di pollo più costosa, il clamore che da un fantomatico
"bad men group" si levava ancora a notte fonda dai locali
sotterranei, dove così si celebrava il Valentine day.
E quanto ad ogni tentativo di valermi dei servigi di Rewa, il bazar mi si
sconsigliava di visitarlo, perchè quei giorni era chiuso per ragioni di
ordine pubblico, e solo a svariati chilometri dall hotel, avrei trovato un
atm che mi erogasse rupie.
Mi riservava l indomani lo stesso destino Govindgarh?
Per visitarne il palazzo mi si diceva di scendere dall’autobus ad un bivio
che precedeva il villaggio, e di seguitare, sulla destra, per una strada ai
margini della quale si addensava un interminabile parco, che il suo percorso
seguitava poi a costeggiare lungo un rio d’acqua, con tante bettole che
ostentavano tranci di pesce fritto invitanti, oltre le quali mi incamminavo,
sempre sulla destra, lungo un viale che alfine mi portava all’entrata di quel
che del palazzo rimaneva che non fosse rovina.
Una cancellata ulteriore lasciava intravedere al di la delle due inferriate
templi sepolcrali , girando intorno al cui muro di cinta pervenivo alla vista
ristoratrice di quel che credevo fosse un fiume incantevole, sulla cui
vegetazione edenica si affacciavano i ruderi del belvedere- baradar del
palazzo fantasma.
Allontanatisi due ragazzi che in quelle acque avevano fatto un bagno,
discendendovi da un ghat, rimanevo lì solo e intimorito.
Per un’apertura in un portale cercavo poi l’accesso ad un cortiletto interno,
da cui per una scalinata malmessa risalivo alla gronda, fiancheggiata da
quella di uno spiazzo superiore, su cui mettevo piede per addentrarmi più
oltre. Ma non mi si sarebbe offerto che l’adito a vuote stanze, ed alla vista
, di significativo, nella sua cella della statua di un Garuda in atto di
devozione di fronte al dio Vishnu di un tempio antistante.
Ripercorrevo i miei camminamenti fino all’ esterno, per ritrovarmi
all’altezza del gath mentre nelle acque si stava immergendo un giovane uomo.
Risaliva a me vicino e chiedeva poche cose sul mio conto, per poi parlarmi di
Govindghar, dei raja che vi avevano edificato il palazzo nel parco e di come
tutto quanto fosse finito in malora, che era in quei paraggi che era stata
avvistata e ritrovata la tigre bianca di Rewa, che soltanto quell' incanto
vegetativo mi aveva di fatto evocato dal mio arrivo nella città.
Correggendomi in quanto al telefono avevo riportato a Kailash, con il quale
l’avevo messo in comunicazione, mi diceva che per quanto quelle acque mi
rammemorassero il placido fluire di un Ken river, erano quelle di un talab,
che nel sole traluceva meravigliosamente.
Sopraggiungeva un’anziana ch’egli mi diceva essere sua madre, che nelle
luccicanze dello specchio delle acque si immergeva in un lungo bagno.
Lo avessi atteso cinque minuti, il tempo di un suo lavacro e di una
sciacquatura degli abiti, ed in motocicletta egli avrebbe potuto
accompagnarmi nella vicina Mukunpur, dove una tigre bianca avrei potuto
vederla per davvero, per poi recarci insieme nella Chandrehi dove gli avevo
detto in precedenza che avrei voluto fare ritorno, e di cui ignorava
evidentemente l'ubicazione distante
Che fosse dunque per quella tigre che supponevo impagliata in un museo, e
sfumasse pure, nell improbabile, la rivisitazione del tempio di Chandrei e di
quel magnifico villaggio , da cui troppa strada lungo una dorsale collinare
ci separava, perché ambo le mete fossero possibili in quel che restava di
quel giorno.
Seguitavo il giovane, di famiglia contadina, fino alla sua dimora ed ai suoi
campi a ridosso del parco, il tempo poi di bermi il caffè che mi serviva, e
in breve con lui mi ritrovavo avviato nella mia nuova avventura.
A noi si univano altri due suoi amici che si facevano poi in tre in sella ad
una sola motocicletta, lungo uno di quei meravigliosi viali alberati
dell'India che evocano le memorie di suoi passaggi e grandi trunks roads,
finchè non ci ritrovavamo, tra la giungla, all ingresso di un parco zoologico
in via d’apertura.
Era dunque una tigre bianca in carne ed ossa che mi apprestavo a vedere, per
la cortesia di una gentilezza ineffabile delle guardie forestali, che ci
lasciavano entrare ed accedere, precedendoli, alle aree cintate di reti in
cui due tigri bianche e due tigri gialle erano in gabbia.
Potevo già sentirli i ruggiti a distanza, e al di sotto di un telo vedere
profilarsi una delle due tigri bianche, imponente e felpata, di una naturale
maestà regale
Una giovane guardia ci teneva intanto a distanza, poi si decideva a lasciarmi
avvicinare, sentiti i suoi superiori. Ed eccola, Ragu, uscire all aperto e
sfilarmi davanti, senz’alcuna ferocia nella sua assenza di sguardi.
Era la volta poi della tigre gialla, Mukul, essa sì, minacciosa ed aggressiva
nel suo guatarmi istantaneo.
Mi intrattenevo quindi con le guardie ch’erano convenute alla mia uscita,
firmando un registro e profondendomi nella promessa che con il mio amico ed i
suoi bambini sarò di ritorno al termine delle scuole, dopo che tra il 15 ed
il 30 marzo, Narendra Modi o non Narendra Modi, il parco sia stato
inaugurato.
Mahendra Patel, così si chiamava il giovane, solo alla fermata dell’autobus
per Rewa mi avrebbe detto di essere un ingegnere elettronico, ancora in
attesa di avere in futuro una moglie ed un lavoro. Che gli telefonassi al mio
arrivo in città. Ch’egli venisse a trovarmi in Khajuraho, lo sollecitavo a
mia volta, se gli fosse pesata l’attesa di un nostro reincontro, che avverrà
solo allorquando mi sarà possibile, con Kailash ed i nostri bambini, fare
ritorno alle cascate ed alle tigri di Rewa.
.
7 Resta in conclusione l epilogo di una complicanza regale. Perché in
alternativa all hotel che lasciavo, il non aver potuto trovare ricetto che
nel Raj Vilas di sua altezza Pushparaj, mi ha involuto nelle latebre mentali
dei suoi uomini. Per i quali se un museo archeologico esiste in Rewa,
comunque lo si chiami, Bagheli o Fort Museum, non può essere che quello di
sua Altezza.
Dove esposti alla di male in peggio in un vano inferiore, pur sussistono
sculture di pregio, quali Shiva e Parvati intenti nel gioco degli scacchi.
Così, dopo essermi perso mentalmente per le vie che nei pressi del museo del
forte ne discendono nel quartiere islamico, l’indomani rientravo in hotel
rabbuiato come si era annuvolato il cielo, oramai solo per fare ritorno in
autobus a Khajuraho.
In un negozio nei pressi della College Road, quella che Kailash aveva
ribattezzato come l Hitler road, per la presenza di un negozio fashion,
quanto mai trendy, che del furher porta anche sulla saracinesca il logo dei
baffetti, avevo già acquistato t-.shirts per Poorti, Ajay, Chandu ed il caro
Mohammad.
Le strade del ritorno lo stesso disastro di un anno fa. Alla mia ricerca in
Google, la localizzazione nel Viankar Bhawan di Rewa, del suo District
Archaeological Museum inesistente.
MARTEDÌ 15 MARZO 2016
mela ground and unageing intellect
Doppia traccia
Ora stanno piangendo sulla loro sorte al mela ground , mi diceva il mio
ritrovato Mohammad nel Lassi corner in cui aspettava di cibarsi del panir
Paratha che gli avevo offerto con un bicchiere di sweet lassi, dolendosi i
rivenditori dei banchi e degli attendamenti della fiera annuale di
shivaratri, con gli addetti alle giostre, sulle ragioni dei loro magri
guadagni che Mohammad sapeva cogliere insieme perfettamente . Per la pioggia
che ha iniziato a cadere proprio in questi giorni e per la siccità di mesi e
mesi che l’ha preceduta, per la quale i contadini privi di pozzi sono rimasti
con i campi incolti e senza denaro da spendere perché i loro campi aridi sono
rimasti incolti, per l incidente che è capitato, e le sue conseguenze,” Ora
la polizia gira dappertutto, e non ti lascia stare insieme se sei in gruppo”.
L’incidente che era capitato ero lo stupro di una bambina di neanche otto
anni, figlia di uno dei venditori della fiera accorso come gli anni
precedenti da un villaggio vicino a Mahoba, che è avvenuto nei pressi
dell’accampamento, di notte, per opera di un ragazzo addetto alle giostre
ch’era del suo stesso villaggio, secondo quanto me ne poteva dire Mohammad
Le voci che oramai fosse senza più vita si erano sovrapposte alle
informazioni dei giornali che la davano invece ricoverata in situazioni
critiche ma non gravi in Gwalior, ed ora Mohammad poteva confortarmi che
fosse fuori pericolo di morte, benché in uno stato degli organi interni che
mi accennava soltanto. Ma in assenza di notizie ulteriori sui giornali, nei
notiziari, come dare credito a queste anziché alle voci che venivano intanto
affliggendo al lavoro in tuc tuc l animo e la mente di Kailash, che al mio ritorno
mi avrebbe detto che la stessa colletta che avevo visto intraprendere preso
il lassi corner, era invece per i funerali della bambina?
DOMENICA 20 MARZO 2016
Chandu ed io
Quando del mio Chandu, per un travisamento, ieri mi è stato detto che per lui
non c'era più posto nella prima classe delle suore, sono finito in deliquio e
mi sono trascinato all esterno in guaiti di dolore; e stasera quando mi sono
steso a lui accanto ed ho posato il mio braccio sulle sue spalle,lui si è
girato di schiena ed è defluito istantaneamente nel sonno; ciò detto, io non
sono suo padre ed il mio amore di bambino non è mio figlio. Altro di meravigliosamente
grande siamo l uno per l altro.
Con quanto desiderio ed amore ieri sera ho rivisto
Mohammed, di una freschezza carnale più incantevole che mai, di una luce
negli occhi di cui nulla c’è ora per me di più bello, talmente è ancora
intatta , per la mia integrità con lui, la confidenza fiduciosa con cui mi
rivolge il suo sguardo, il ragazzo non temendo nulla di ulteriore se io lo
bacio o carezzo, come mi piace talmente tanto, quando lui stesso, nel
lasciarci, mi porge la giuntura tra il capo e il collo perché li io lo baci,
dove la sua fragranza è già la virilità della sua prima barba…
La sua bellezza era resa ancora più radiosa dal contrasto tra il biancore
della sua maglietta ed il suo incarnato scuro, una maglietta che ieri sera
era contento di dirmi ch’era un regalo della sua she-girl, di nuovo egli nel
mio ufficio, e su sua sollecitazione. – per questo gliene avevo lasciato in
anticipo le chiavi , nel Lassi corner dove mi aveva raggiunto, rientrando nel
frattempo in casa e nella mia stanza per ritirare i libri della lezione di
italiano- una sua richiesta spontanea che mi era talmente gradita, dopo che
per la furia impazzita della mia mente anche la pioggia che domenica come
sabato l’aveva trattenuto in casa anziché venire in ufficio, era parso ancora
un pretesto della sua diserzione continua delle mie lezioni.
Ed ora, tra me mi tacitavo mi chiedevo restando in silenzio nel lassi
corner, era venuto a cercarmi ancora perché necessitava di un mio aiuto
economico, per le lezioni di matematica che voleva protrarre oltre gli esami
in corso, o già avvenuti, per essere più in grado di affrontare le difficoltà
del decimo anno di studi, come mi ripeteva stamane al telefono?
Nel corso della ripresa delle lezioni, mentre alla sua vista davanti più non
avevo solo la morte nel cuore, gli avrei accordato intanto anche le 60 rupie
della ricarica al telefono, tra un verbo e l'altro in –ere che veniva
studiando, dopo che la fugace comparsa di Imran Khan, che ci aveva detto che
sarebbe tornato con libro e quaderni senza fare ritorno, mi consentiva di
sfogarmi nelle mie considerazioni sprezzanti sugli indiani che una dicono,
un’altra pensano, un’altra ne fanno.
“ Già, già. È così per il 99%, ma io cerco di essere diverso”
L’avrei lasciato in un bacio perché facesse ritorno ai suoi studi in vista
degli esami, dell inglese i cui testi avrebbe affrontato oggi, l indomani,
mentr’io , nella mia disperazione di sentirmi immortale e del sapermi
mortale, con la mia fine eterna più che la mia vita residua davanti, mi sarei
ritrovato la sera di nuovo alla ricerca in Hillesum di una verità più intima
di accenti personali nelle mie pagine di diario. in Yeats di una mia risorta
parola poetica dopo che l intera giornata l’avevo trascorsa alle prese del
tempio Lakshmana quale mio “monument of unageing intellect, tenendomi alle
remote distanze in cui mi ritrovavo a veleggiare, dal canto in cui fossero
intenti corpi abbracciatri e carni in amore, gli uccelli tra i rami, i bimbi
nei giochi, fish, flesh, or fowl.
Solo in Chandu, nella sua cara richiesta con cui mi si era addentrato in
stanza di 100 rupie per la mamma perché lo accompagnasse alla fiera, avevo
ritrovato il tepore fisico di una tenerezza e dolcezza zuccherine, nel suo
lasciarsi avvolgere in abbracci e tempestare di baci, mentre in Kailash avrei
dovuto ancora una volta restare ad assistere all ottenebramento serale in
cui, forse perché è tornato all’alcool, la sua mente restava confusa
involgendosi in ogni sorta di sconforto e di rancore sociale, contro le mafie
di politici e ricchi tutti quanti ladri e corrotti, che non pensano al poor
people, e congiuravano ora a lasciarlo senza notizie certe nei notiziari
televisivi asserviti ai loro interessi, sullo stato di salute per cui
trepidava della bambina stuprata giorni or sono al mela ground.
Siccità indiana, due poesie
Sotto un cielo che affosca ogni orizzonte,
di una luce che calcina i campi riarsi,
ch’essica il canto e lo squarcio di gole distanti,
che mai ancora, al limitare,
trascina lo zoccolo in ceppi
a pasture di stoppie,
il tuo farti l ombra di strade deserte,
ed ancor oltre l' insano tumulto,
eppure ci avvince del filo stesso
di ogni loro strappo
a ricucire insieme i nostri sudari?
Tra i morti ancora per acqua, che mai
di cui ancora trilla l’usignolo imperiale /meccanico,
è inesausto il gioco , il richiamo al telefono,
il desiderio è madido d’amore
Nel cielo che affosca ogni orizzonte,
di una luce che calcina i campi riarsi,
essicca il canto e lo squarcio di gole distante,
che mai ancora, i fiumi riversi cadaveri, al limitare,
trascina lo zoccolo in ceppi
a pasture di stoppie,
il tuo passo/ andare a farti l ombra di strade deserte,
la falda residua nel tracimare di fiori e foglie,
di bougainvilles sitibonde,
ed ancora oltre ogni insano tumulto,
eppure ci avvince del filo stesso
di ogni loro strappo
a ricucire insieme i nostri sudari?
Che mai, tra i morti ancora per acqua
di cui ancora trilla un canto l’usignolo meccanico,
è inesausto il gioco , il richiamo al telefono,
il desiderio è sporco d’amore.
/( che mai )
pure ci avvince,
oltre ogni insano tumulto.,
del filo stesso di ogni strappo
a ricucire insieme i nostri sudari,
( che,) del filo stesso di ogni loro strappo? ))
Tra i morti ancora per acqua
di cui ancora trilla un canto l’usignolo meccanico,
è inesausto il gioco , il richiamo al telefono,
il desiderio è sporco d’amore.
--------
illividiscono i talab in acque morte, i fiumi riversi cadaveri,
radi uccelli sorvolano ad un sole
implacato tra nubi
gli armenti di capre
a stenti arbusti inerpicantisi,
della falda residua falda rasentano il tracimare
in fiori e foglie di bougaivilles sitibonde,
ove tutto tace,
“opened ground “,
è un’invocazione silente di dissodati campi.
DOMENICA 3 APRILE 2016
in amarkantak, sohagpur
Nella luce abbagliante di un’alba di marzo incantevole, erano appena le 6
quando io e Kailash scendevamo alla linda stazione di Anuppur, per la quale
puntualmente eravamo partiti la sera avanti alle 10, 20 da Satna, così
attenendoci alla destinazione del nostro biglietto ferroviario benché sul
treno, poco prima dell'arrivo in Anuppur,un viaggiatore ci avesse avvertito
che alla futura fermata di Pendra Road ci saremmo ritrovati a una distanza
ben più ravvicinata rispetto ad Amarkantak.
Confidavo nel fatto, e Kailash concordava, che essendo Anuppur il capoluogo
del distretto di appartenenza di Amarkantak, mantenesse con Amarkantak dei
collegamenti regolari di autobus più frequenti anche in quel primo giorno
della festa di Holi, nel corso della quale abitualmente i pullmann seguitano
ancora a procedere non procedono lungo le strade dell India prima di
arrestarsi il giorno seguente per non essere coinvolti in schiamazzi, secondo
una norma che vale inflessibilmente almeno durante il giorno seguente del o
dal lancio di polveri e getti liquidi di colori. Ma quando oltre il bazar su
cui svettava un gran bel minareto, raggiungevamo il semplice spiazzo in cui
consisteva ch’era tutto quanto in cui consisteva l autostazione, lo trovavamo
vuoto e deserto.
Non ci restava che di chiedere del prossimo treno che fosse in partenza in
direzione del Chattisgarh per Prenda Road, facendo il biglietto di corsa
semplice come passeggeri.
Non dovevamo che attendere, fino alle 7, 40, il treno proveniente da Haridwar
e diretto a Puri, via Bilaspur, che dopo poco più di mezz’ora di viaggio ci
avrebbe consentito di scendere alla stazione ferroviaria della antecedente
Gurela, che tale è il nome storico di Pendra Road, il profilarsi del cui
centro ci si prospettava come una quinta scenica oltre un arco d’ingresso. Ma
vi si sarebbe rivelata una corsa a vuoto, la nostra in autorickshaw verso
un’autostazione ancora più minuscola e ugualmente priva di autobus che quella
di Anuppur.
Kailash aveva la prontezza di spirito di proporre allo stesso conducente
dell’autorickshaw, quanto gli prefiguravo ch’era la sola cosa che ci restasse
da fare, ossia di farci condurre da un tuc tuc o da un’autovettura fin su in
Amarkantak, e per non più di 500, 600 rupie l’accordo con egli era rapidamente
raggiunto Intercettavamo Restava solo da intercettare un altro viaggiatore,
lungo le strada che riavviava alla stazione ferroviaria, che al conducente si
diceva si era detto ugualmente intenzionato a raggiungere Amarkantak, ed
eravamo già volti a destinazione nell'arioso mattino.
Vi ci dirigevamo per una scorciatoia che abbreviava il tragitto da 41 a 28 chilometri, ma a
costo di inoltrarci lungo l'inerpicarsi a poco a poco di una stradicciola
secondaria il cui asfalto era non più che un residuo scrostato tra ciotoli e
buche, in un subbuglio che più di quanto non mi sconquassasse le interiora,
rinfocolava la penosità dell'emorroide persistente di Kailash.
Attraversavamo diversi piccoli villaggi le cui case rammemoravano ancora
quelle del Bagelkand, prima di ritrovarci nell'ammanto forestale, non senza
che un malaugurato infanticello mi desse modo di fare esperienza che non
ovunque in India la festa dei colori impazza dopo il rogo di Holika,
investendomi nel volto e nei vestiti di una secchiata di colorante rosaceo.
La boscaglia che si addensava lungo le pendici che risalivamo, sui fondali di
un cielo di un blu smagliante immacolato di nubi, trasmutava in primavera
incipiente l'estate che giù nei fondovalle, nella remota piana dei dintorni
di Khajuraho che avevamo lasciato il giorno avanti , e lungo i pendii del
parco di Panna che avevamo risalito, volgeva già ad un autunno polveroso ed
arido, poiché rispetto alla caduta delle foglie che vi rinsecchivano nelle
giungle spoglie e tra i campi che per la siccità erano rimasti dissodati ed
incolti, lungo le erte che il tuc tuc affrontava veniva prevalendo tra le
nuove infiorescenze la loro ricrescita gemmea , viridiscente o vivida di
tinte sanguigne ed ocracee, avvivando la luce del giorno del loro brillio smagliante,
nelle piante di tendu e palash che subentravano in altura fino al farsi
dominante ovunque del sal.
Nei divallamenti, casolari sparsi tra radure di verde.
In Amarkantak, districandoci tra le vie multiverse del bazar alla cui altezza
il conducente ci lasciava, insolitamente ci contentavamo del primo alloggio
in cui ci imbattevamo, per la spaziosità e la pulizia di camera e bagno
mostratici, essendovi l'unica sistemazione che vi fosse ancora disponibile
con una latrina occidentale, - altri visitatori e turisti indiani stavano
intanto pervenendo in Amarkantak per le festività di Holi-, e bastava una
doccia a ritemprarci, ed a che Kailash mi precedesse alacremente nel tratto
di strada che avviava alla discesa verso l'udgama Narmada, il complesso di
templi intorno alla sorgente del fiume sacro.
Ma erano ancora le due del pomeriggio ed il sito di culto era stato chiuso a
mezzogiorno per essere riaperto oltre le quattro, così, oltre il loro
calcinato biancore incamminavo Kailash verso i templi Kalachuri che si
sopraelevano appresso.
Nel parco archeologico li precedevano un Narmada kund cui si fa risalire un
soggiorno in Amarkantak di Sankarakarya, ed alcuni santuari postumi. La
rassegna di quelli Kalachuri ne considerava inizialmente due contigui , in
onore l'uno di Shiva e l'altro di Vishnu , entrambi preliminarmente con una
sala mandapa racchiusa da una balaustrat e sormontata da tetto piramidale
phamsana, ch'era d'accesso ai vestiboli e ai santuari dei templi. Erano essi
pancharatas nelle loro proiezioni parietali come in quelle dei loro sikharas,
che eccezionalmente nel secondo dei templi, quello vishnuita, erano due
quanto i corrispettivi santuari garbagriha perpendicolari. Quindi era la
volta di un mandapika e di un tempio ad esso di fronte che sorgevano alla
loro altezza, entrambi con sovrastruzione piramidale sovra la cella del
santuario, poi più oltre, in discesa, verso l'affiorare delle acque sorgive
del Narmada in polle d'acqua, compariva il Pataleshvar, dalle fattezze simili
a quelle dei due primi templi ma conservatesi più integre. Più in altura si
profilava alfine il tempio che di tutti si sarebbe rivelato il più fascinoso
e interessante, il tempio Karna, che la descrizione di Krishna Deva
prefigurava come comprensivo di tre santuari, e sapta-ratha, con sette
proiezioni lungo le loro mura e fascicolari dei loro rispettivi sikharas ,
uni e trini benché la perdita integrale del mandapa di raccordo e d'accesso,
li facesse risultare l'uno separato e distinto dall'altro.
La pianta complessa degli stessi primi due templi, del Pataleshwar e del
Karna, li faceva risalire a non prima del secolo XI, ovvero ai tempi del re
Karna Deva, ( 1041-1073), a dispetto di quanto potevano lasciare intendere la
rudimentalità d'intaglio della pietra granitica in cui erano costruiti e
l'ornamentazione che escludeva statue nelle stesse nicchie dei bhadra
centrali e delle kapili dei vestiboli, dove in loro vece era intagliato un
rombo diamantino floreale, eccezion fatta per le edicole vuote del solo
tempio shivaita, mentre quello vishnuita pur ospitava in una delle sue celle
i resti di una statua del dio, sostitutiva di quella di cui era stato
depredato. Si trattava in realtà dell'umiltà architettonica di uno stile
"provinciale" che nell India centrale, come si diede per quello occidentale
pagano della romanità imperiale lontana dall urbe e poi per quelli cristiani
più popolarescamente devozionali, ebbe a coesistere con quello più
sontuosamente raffinato delle capitali religiose dei regni. Al pari del
configurarsi in ruvidi accenti dello stile dei templi Chandella dei dintorni
di Mahoba, in Makarbai. ad esempio, od in Vyas Badhora, o nella loro remota
Dudhai* esso al contempo era di complicanze meno lineari, ammettendo una
pluralità di aditi o di esiti terminali, e ridotto ai minimi termini statuari
od ornamentali, nell'udumbara stesso della soglia d'accesso, dove ricorrevano
fluenze di volute in luogo di un mandaraka nelle fogge del loto, di devoti e
gaja simha di cimenti leo-elefantini ai lati, e quant' altro, nei sakas dei
fregi degli stipiti laterali, ridotti a pochi lineamenti decorativi, assenti
Ganga e Yamuna e qualsiasi assistente delle divinità fluviali, nel lalata
bimba della trabeazione ove in luogo della Trimurti o di Navagrahas planetari
e Saptamatrikas esibiva in Amarkantak l' eleganza al più un fiore di loto
inciso, in nicchie di bhadras centrali e kapili vestibolari, o piedistalli di
karnas e pratirathas, che anzichè alle manifestazioni radianti del dio del
tempio, od alle grazie di apsaras o alla propiziazione di dikpalas reggenti,
si offrivano solo a simbolizzazioni ornamentali. Nel loro ad Amarkantak, come
nelle Dudhaio Makarbai dei domini Chandella, primeggiava il rombo diamantino
in guise efflorescenti , così come i pilastri nei mandapas assumevano vaghe
sembianze mistilinee, di profili ottagonali evolventi in contorni circolari,
al contempo in cui altri e le lesene permanevano arcaicamente badrakas, con
due vasi dell'abbondanza ai termini dell'intaglio centrale.
Del complesso di templi Kalachuri di Amarkantak mi appariva particolarmente
fascinosa l'austerità sacrale del tempio Karna, esaltata dalla sua pietra
rossiccia muschiata di argenteo grigio verde, per la trascendenza della loro
matrice hindu espressa dalle sue pure forme ascendenti, che come nel tempio
shivaita di Mahua o in quello di Indor, o della setta Mattamayura in
Chanderi, mi aveva evocato la stessa sacralità parietale di una pieve
cattolica rurale.
Oltre la cancellata io e Kailash potevamo intanto intrvedere il volto radioso
di Amarkantak, nella luminosità delle acque degli invasi che ne
fronteggiavano gli edifici cremisi scolastici e religiosi, mentre sulla
sommità dei rilievi circostanti ostentava la sua apparizione la mole in
costruzione di un grandioso tempio jain.
Amarkantak ci sarebbe apparsa ancora più luminosa, già al tramonto, nel
candore dei tempietti dell udgama Narmada tra cui io e Kailash avremmo
concluso la giornata, intrattenendoci fino a tardi perchè proprio quella sera
vi si sarebbe svolta la cerimonia di una maha-arti. in onore della divinità
femminile del fiume.
L'indomani Amarkantak ci sarebbe riapparsa nella stessa luce abbagliante, che
sfolgorava splendida sulle sue radure assolate, traluceva nelle foreste di
sal, ove le piante schiumavano efflorescenze tra i brividii del verde delle foglie,
non appena le sommovesse il più tenue vento, mentre tra i loro ammanti
forestali il conducente di un fuoristrada ci conduceva alle vicine sorgenti
del fiume Soni fino al loro ricadere giù a valle verso oriente, in
opposizione al corso verso ovest della Narmada, che poi seguivamo, dopo gli
slarghi di alcuni sarova, nel suo inoltrarsi quale ancora un rivolo d'acqua
tra massi rocciosi, tra boscaglie radiose e gli ameni fondovalle in cui
pascevano armenti, fino alla sua prima cascata tra dirupi nel Kapildhara, nel
sito di congiungimento tra le catene dei monti Satpura, Vindhya, Maikal, cui
faceva seguito la cascatella cui incamminandoci discendevamo più in basso .
Il nome vorrebbe che schiumasse come latte, mentre autentico latte secondo il
dire di alcuni visitatori provenienti dal Chattisgarh, avrebbero stillato nel
primo mattutino le scaturigini che tra l'immensità delle foreste di sal,
sulla via per Bilaspur, erano nei pressi del Kabir Chabutara e dell'enorme
banyan bargad che protendeva poco oltre verso le pendici le sue immani
radici, a commemorare il luogo dove avrebbe sostato in meditazione il grande
mistico poeta.
" Impossibile", sentenziava Kailash, come si erano allontanati,
alla mia domanda ironica se lo ritenesse vero, egli che la sera avanti si era
unito in un battimani al canto Narmadey har che inneggiava all'energia del
fiume come ad una deità femminile.
Ciò che nell'aria spirava di meraviglioso era comunque l unisono dei nostri
animi/cuori, che si sarebbe ricreato anche nel May ky Bagya dove il
conducente del fuoristrada ci avrebbe lasciato, un grove, un boschetto di
alberi di mago e banani quali sono soliti crescere dove, come in quel sito,
corsi d'acqua irrorano gli avvallamenti tra i monti, e la cui amenità avrebbe
indotto la dea Narmada, il condizionale è d'obbligo, a coglierne un giorno i
frutti nel giardino che componevano.
Una lenza al cui magnete abboccavano dei pesciolini di plastica, ed un
pappagallo meccanico il cui sensore ne animava il canto e le ali al solo
fischio e battito di mani, i regali per il nostro Chandu amatissimo che sulla
via del rientro a piedi non avrei mancato di acquistare, insieme a Kallu, nel
bazar del villaggio che stava riaprendo cessata ogni propaggine possibile
della festa di Holi, prima del nostro rientro già l'indomani da Amarkantak,
che di privativo ci aveva riservato solo il rigorismo della alimentazione
vegetariana da jolies colonies de vacances o refezione dopolavoristica di
hotel e ristoranti.
L’autobus su cui l indomani mattina, in un cielo ancora sfolgorante
d’azzurro, lasciavamo Amarkantak alla volta di Shahdol, cui era destinato.
per visitarvi il tempio Kalachuri Virateshvara nella contigua Shoagpur, una
volta giunti ad Anuppur ci lasciava a piedi perché il proprietario ne aveva
cambiato destinazione, e nell'autostazioncina dovevamo attendervi per quasi
due ore l’arrivo di una coincidenza diretta a Shadhol, il primo treno che vi
era diretto non essendo in partenza che all’una del pomeriggio.
Dopo un tragitto sonnolento io e Kailash ci ritrovavamo così in Shahdol poco
dopo le due.
Ma prima di dirigerci a Shoahgpur era d'obbligo fare sosta alla stazione
ferroviaria per chiedere dei treni che fossero in partenza per Satna, o solo
per Katni, enon avendo avuto modo di prenotare in tempo alcuna sistemazione almeno
in sleepers class, data l imprevedibilità dei tempi e dei modi in cui nel
corso di Holi avremmo potuto lasciare Amrkantak, e non potevamo ritrovarci
entrambi che in waiting list su un treno delle 8,20, che sarebbe giunto a
Satna sette ore dopo, quand’era ancora notte.
Con lo stesso auto-conducente dello stesso autorickshaw ci avviavamo quindi
alla volta di Shoaghpur, in una solarità esplosiva ancora luminosa e intensa
quale quella di Amarkantak, nel blu più profondo, non senza avere fatto sosta
lungo il percorso in una piccolo bar attavolato all’aperto per uno spuntino
rifocillatore.
Il tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, defilato di qualche centinaio di
metri dalla strada che recava a Rewa, ci è apparso di primo acchito ciò che
si sarebbe confermato a una disamina più attenta, una replica postuma a tutti
gli effetti di quelli di Khajuraho nirandhara , senza deambulatorio.
“ E' un tempio Duladeo” avrebbe concluso liquidatoriamente Kailash con il suo
occhio di una memoria infallibile., che d'ambo i templi sembrava non
apprezzare gran che nemmeno le peripezie cui sottoponevano una lady in una
mithuna acrobatico, se a suo dire/ a quanto ne diceva " shes's like one
chair" , una prestatrice d'opera, quanto mai fisicamente sottoposta,
figurandovi adibita sottoinsù a seggiola,
In realtà, mentre i Kachchhapagata, nel Kakanmadh in Sihonia, ma non nel
tempio Murayat in Kadwaha, , si erano rifatti ai templi maggiori sandhara ,
ovverosia con deambulatorio, di Khajuraho, (- nel tempio eretto in Sihonia,
ai tempi di re Kirttiraja ( 1015-35 d. C.) , pur anche superandoli di gran
lunga in grandiosità, e quando è da presumere che ancora non fosse sorto il
Kandarya), . i Kalachuri avevano ripreso in Sohagpur i templi posteriori
Chandella, di dimensioni minori e senza alcun ambulatorio, che ottemperavano
pur su scala minore al nuovo paradigma saptaratha, così com'era era invalso
in Khajuraho solo con il tempio Kandarya, a iniziare dai templi ambulatoriali
hindu in grande stile. Nei templi antecedenti Lakshmana, e nel Vishwanath,
solo sussidiariamente, nella parete interna del sanctum che dava sul
deambulatorio di cui i templi necessitavano appunto per l occorrenza, si era
adempiuto al canone, ancora pancharatha, di 5 proiezioni per il jangha come
per il sikhara, per dare spazio piuttosto, sulle pareti esterne dello stesso
mula prasad, alla continuazione della galleria iniziatasi lungo le pareti del
primo mandapa , delle nove immagini di sette divinità planetarie più Ganesha
e Durga, o delle saptamatrikas in più lo stesso Ganesha e Shiva Virabhadra.
Il tempio di Sohagpur, era quindi una conclamazione imitativa della
appagatività del nuovo canone saptaratha così invalso, nei modi in cui nel
Devi Jagadamba, o nei templi Chitragupta, Javari, o Vamana, Chataurbuja o
Dukladeo, era stato trasposto in formato minore ma in piena osservanza
esterna diretta anche lungo le pareti del jangha del santuario del tempio,
sicchè alle proiezioni del madhya lata centrale, delle anurathas laterali
sussidiarie, di pratirathas e di karnas del sikhara venivano a corrispondere
nel jangha parietale il bhadra con ripristinata all esterno nell'edicola del
rathika una manifestazione radiante del dio interno alla cella,due
pratirathas ausiliarie con apsaras e un karna d'angolo per parte con i
Reggenti dikpalas protettori del tempio, i salilantaras dei recessi ospitando
vyalas rampanti ed erotici mithunas, quali controcanti terreni delle glorie
celestiali.- rispetto all inottemperanza esteriore della norma dei templi
Lakshmana, Vishvanata,e solo per certi versi risolta nel Kandarya,per cui il
jangha del mulaprasad non differisce da quello del mahamandapa e ad esso si
uniforma, quanto al mandapa, nell'albergare in subordine, nelle edicole
dell'adhishthana, le immagini in serie di divinità planetarie o di saptamatrikas.
Nel tempio di Sohagpur, come già nel Jagadambha in Khajuraho, erano rientrate
le pretese sfarzose del Laksmana, del Visvanatha, del Kandharya, di sollevare
sul podio ed il plinto il tempio al suo interno, elevandone il dio e le sue
manifestazioni che vi si rinvenivano ad un livello superiore a quello delle
manifestazioni del divino nelle divinità planetarie navagraha o delle
saptamatrikas che cosmicamente vi procedevano intorno nelle nicchie ribassate
dell'adhisthana sicchè nel mandapa del Virateshvara, che la rovinosità del
tempo in terremoti più che in devastazioni umane aveva fatto si che finisse
conglomerato con l'ardhmandapa che lo precedeva, la balconata della finestra
del transetto sorgeva allo stesso livello di kura, kumba e kalasa del podio
dell'adhishtana, sopraelevandosi egualmente su bitha e pitha, zoccolo e
plinto, di modesto risalto, costituiti da una prima modanatura con rilievi di
petali di loto, da un pattika di volute astratte con takarikas, da un karnika
con un fregio sottostante di ardharatnas triangolari, un pattika di rosette.
Le balconate erano invece costituite da un rajasena* di rombi diamantini, da
un vedika di apsaras alternate a vyalas, come in Khajuraho a onore del vero
non è dato di vedere, di una asanapatta di più minuscoli rombi e e coronata
da dei kuthas a guisa di pidhas di tetti piramidali, del kaksasana- schienale
decorato da una alternanza di phalakas e di fusti di bambu abbinati, a
memoria delle origini lignee della balconizzazione di sale o transetti del
tempio. Un fregio superiore di volute intersecantesi ultimava il tutto.
Tre ordini di sculture si succedevano lungo la kapili del vestibolo
dell'antarala e le pareti del mulaprasad, i loro corsi albergando statue di
divinità entro nicchie nell'eminenza di kapili e badhra centrale, sui
pilastri* dei pratirathas e di karnas le apsaras e i dikpalas e gli astavasus
, nel terzo corso guizzanti vidyadharas, mentre i recessi dei salilantaras
erano alquanto miscellanei, ospitando come un dio minore effigie di Vishnu o
di altre divinità, insieme con vyalas e mithunas quanto mai arditi o spinti,
per lo meno acrobaticamente. Nelle nicchie principali dei bhadras
campeggiavano a sud un Shiva bellamente Tripurantaka, a occidente Shiva
Nataraja, a Nord una terrifica Chamunda.
Un verandika di due pattikas istoriate di volute vegetali , che precedevano
ratikhas di smaglianti rombi floreali cui faceva seguito che precedevano a
loro volta il loro minuscolo inserto in un frontoncino a guisa di sukanasa,
era l intestazione del sikhara di stile sekhari, bello più che nello slancio
ascensionale, longilineo e snello, in quello dei suoi addendi di sikarikas.
Li costellavano/ aggruppavano i due urahsringas o urahmanjiari centrali,
affiancati nel loro primo grado rampante da quello di uno sringa, per ogni
proiezione del jangha, il penultimo duplicato da uno sringa di grado
superiore, in quello penultimo, tra vyalas e apsaras, e schiuse floreali,
ascendenti ancora finanche lassù.
Krishna Deva che del tempio ebbe ad occuparsi in Temples of North India,
eludendone la riconsiderazione nel suo Temples of India, nella sua
impeccabile sintesi descrittiva del tempio, di appena mezza paginetta
soltanto, ebbe pur l'acuzie di rilevare come il sikhara sia così tall and
slender, alto e slanciato, che dei due livelli di sringas o sikarikas "
so attenuated in height and bulk", " the upper attached spires
hardly reach half the height of the main spire " ( pg.50-51)
Amalaka, chandrika, ancora due amalasarakas, kalasa e il vijapuraka, a guisa
di agruume, oltre il collo del greva il coronamento finale.
L'interno riservava l unica conferma alla pre-dizione di Kailash che il
tempio fosse simile al Duladeo, presentandosi come ottagonale e volto in una
pseudo-cupola , con gli sporti di resti di cariatidi apsaras , un tempo ad
ogni spigolo d'ottagono
Il portale d'ingresso mancava della soglia originaria, non di certo di Ganga
e Yamuna ai piedi degli stipiti, che in flessuosa tribhanga si lasciavano
affiancare da attendenti e dvaparala Bhairava tremendi, uno dei due con katvanga
teschiuto.
Esse fornivano il loro supporto a sei bande di sakas tutt'altro che di sola
ordinanza, se nello stamba saka centrale albergavano divinità in luogo dei
più consueti mithunas, tra due sakas di ganas o gandharvas musici e danzanti,
preceduti all interno da una banda di eleganti roselline e una di naga
intrecciati in guisa di nodi, all'esterno seguiti da un saka di fiori mandara
e da un fregio dalle forme più in rilievo di pelli rinsecchite di serpenti
More insolito, al centro della trabeazione di un lalatabimba nient'affatto
trimurtico, Shiva Nataraja era sfrenantesi tra Sarasvati e Ganesha, così come
le loro immagini contrappuntavano la sua centralità anche all esterno, nelle
kapili, mentre con al centro Ganesha in una sola fascia superiore sembravano
sfilare delle chausat yogini , con Ganesha a capeggiarne la processione se
era vera la sola supposizione che mi sembrava di poter raccogliere come
valida dal guardiano del tempio, sempre che non si trattasse delle
saptamatrikas e dei navagrahas, con Ketu e Rahu nascosti in una rientranza
rispetto ai muri laterali.
Non senza avere prima sostato ad acquistare frettolosamente anche una t-shirt
per Chandu, che al telefono aveva sapientemente chiesto a me un giocattolo, e
a Kailash un capo di abbigliamento, a me kilona, a Kailash kaprà, senza
entrambi i quali non avevo l'animo di varcare la soglia di casa e di
attentarmi a farmi rivedere dal bimbo, ci saremmo ritrovati ancora in waiting
listing di ritorno alla stazione di Shahdol, sul treno, su cui comunque
salivamo nelle carrozze per passeggeri..
Nemmeno il tempo di sistemarmicisi, che vi avrei ritrovato un indiano non
ancora attempato con cui mi ero imbattuto nel Mukunpur park, vicino a
Govindgharh. Egli per prima mi aveva riconosciuto, ma con uno sguardo
inquietante che avevo disconosciuto, fingendo di non sapere di alcuno
zoo-safari di tigri bianche
Le buone ragioni che avevo di eluderlo le avrei appurate quando mi sono
ricreduto e l’ho riavvicinato, dicendomi confuso dal suo riferimento a un
safari, quando in Mukunpur mi ero solo recato in visita a delle gabbie delle
tigri.
Era in realtà folle dell insanità mentale di chi pensa di sapere tutto di
tutti e che negli altri ci sia sempre qualcosa che non va. Poteva dirmi nome
e cognome del mio accompagnatore, l ora esatta e i minuti primi , se non i
secondi del mio arrivo in Mukunpur, ma, a proposito, perché mai, io che ero
uno straniero, mi trovavo a viaggiare solo in passenger class con un general
ticket? E poi ero sulla direttrice più propria per arrivare a Khajuraho, dove
dicevo di volermi recare? Ed il mio passaporto, il mio visto, di sicuro erano
in regola?
Scendeva a Umaria, dopo che frastornato me n’ ero distaccato, non potendone
più di tanto di sostenere un indiano che non sa chiedere di te senza condurre
un’indagine, come non reggo che con un certo nervosismo gli indiani che non
sanno chiedere senza dare ordini, o chi di loro una ne dice, un’altra ne
pensa, ed un’altra ancora è invece pronto già a farne. Kailash, che avevo
convocato perché confermasse al cospetto dell uomo quanto gli avevo detto sul
mio conto, dalla sua discesa in Umaria ne arguiva che fosse una guida o una
guardia forestale del vicino Bandhavgarh park, che degli altri passeggeri
avevano arguito fosse alcolicamente su di giri, secondo la sola spiegazione
che la generalità degli indiani sa fornire degli stati di esaltazione od
alterazione mentale.
Non si sarebbe rivelato così penoso come ci si prospettava alla partenza il
viaggio in general class, - si trattava di un treno che collegava solo due
stati-, né sarebbe stata allucinante la sosta nella stazione ferroviaria di
Satna fino a qualche decina di minuti prima che gli autobus fossero in
partenza per Chhatarpur, o più tardi per Khajuraho.
Preferivo prendere quello per Chhatarpur che avrebbe richiesto una sosta in
Bhamitha, dove mi ripromettevo di comperare kaprà, abiti anche per Poorti ed
Ajay.
L’alba mattutina era di un chiarore lattiginoso che ci preannunciava il
ritorno nel grigiore campestre di una Khajuraho riarsa dalla siccità, ove il
verde incupiva nell’ocra dei terreni dissodati ed incolti e delle stoppie dei
lasciti dei coltivi già raccolti, nei campi che avevano potuto beneficiare
dell’acqua di un pozzo, tra le distese fulgide delle messi di grano non
ancora mietute.
“ Tutto in Amarkantak era luminoso, ed ora tutto si è fatto cupo e grigio
/fosco” All in Amarkantak was shining and now it's dark” riassumeva Kailash
al nostro transito nella foresta riarsa e secca di alberi di teak- sarsoon,
del pulverulento parco di Panna dove l’estate vestiva i panni di un autunno
inoltrato, nell’ ammanto di foglie secche che ne rivestiva i declivi a
spogliazione avvenuti degli alberi .
Ritrovandoci in Khajuraho, dopo Amarkantak, come al capo opposto del palo
polare dell’Eden che vi avevamo lasciato.
( cfr il velo della veronica di Yeats.)
Kallu, my best friend…
Really?
My best ennemy if you prefer
Sulla via del rientro dal Mai ki bagya, poi all’udgama narmada
Kailash potrò esser il tuo miglior nemico, ma è da due giorni che lascio che
tutto avvenga come nel modo che può farti felice. Visitati i purana mandir ho
lasciato a te l ultima parola su ogni luogo dove recarci , cercando di
offrirti il meglio di ogni cosa che mi è possibile qui in Amarkantak, di
trarti fuori per alcuni giorni di seguito da ciò che per te è il nostro mondo
di Khajuraho”
la fascinosità della pietra rossastra muschiata di grigio verde del tempio
Karna
MARTEDÌ 12 APRILE 2016
Impuntatura omofoba
Mi ha davvero seccato l’impuntatura della giovine valente guida locale di
Khajuraho quando ha negato che fosse sia pure l'unica rappresentazione di una
relazione di natura omosessuale rinvenibile nei suoi templi, quella che nel
Devi Jagadamba raffigura un sadu con in mano il membro del suo allievo.
Ridere dell uomo che si accoppia con un cavallo, o dell orso con una lady ,
dire che il sesso orale lo si vede raffigurato perché è yoga tantrico, non di
certo perché la fellatio possa piacere alle donne indiane, si, tale è l
evidenza delle scene che si può ridurne l impatto solo reagendo
regressivamente, ma una relazione di un uomo con un giovane in quel di Khajuraho,
no, non è ammissibile, che vi possa succedere che vi sia anche solo
rappresentata, a un anno di distanza dall omicidio di un fanciullo soffocato
da un ragazzo e gettato in un pozzo perché non rivelasse che intendeva
abusarne, mentre è risaputo che il denaro per un qualsiasi lapka locale viene
prima del sesso del/ della partner…Domani l’immagine ingrandita della scena e
ai lettori di questa pagina la sentenza, già anticipata da Krishna Deva a
pagina 269 di Temples of Khajuraho
GIOVEDÌ 14 APRILE 2016
quel che sogno
Come capita spesso nelle cose di questo mondo, esse migliorano solo per
acuire e rivelare meglio i limiti negativi che si ripresentano. In Khajuraho
la situazione viaria è ora eccellente dopo tre anni di dissesto stradale
totale, per la risistemazione e l' asfaltatura concomitante di tutte le sue
vie, che avevano eclissato tutte le opportunità e le piacevolezze e comodità
che offre, ma sulle loro percorrenze non ci sono più campi da raggiungere del
mio amico da coltivare insieme, che al concretarsi della possibilità di
pervenire più agevolmente ai terreni che mi aveva indicato di sua spettanza,
egli ha dovuto alfine rivelarmi che sono della nonna, con il padre e due zii
almeno in lista d'attesa, e non c’è pressoché più viaggiatore in vista che
chieda o per cui valga la pena di inoltrarsi verso i suoi templi per conoscerli
davvero approfonditamente .significativamente
E'davvero il tempo dell’arroganza pretenziosa dei suoi visitatori così ottimi
( speso un vero gran “ misto di capriccio, d’insolenza e vanità”, come le
sorelle della Cenerentola di Rossini) e della disonestà per contrappasso di
chi li raggira, con scorno mio e del mio amico indiano
Così è stato giocoforza confinarci in ambiti isolati, io nei miei viaggi
sulle brevi distanze e nei loro reportages, il mio amico nelle cure
domestiche e nell’uso dell’ autorickssw soprattutto per il trasporto dei
nostri bambini nelle scuole migliori di Khajuraho che cerchiamo di garantire
loro insieme all'insegnamento privato. Un ritiro cui è concomitante la
siccità che ha prosciugato talab, canali e corsi d’acqua quali il Khudar,
inducendo i contadini a lasciare incolta la generalità dei coltivi, per cui
tendo a disertare la vista di una natura così riarsa e spoglia, per isolarmi
nella rivisitazione dei templi.
Così’ io e Kailash al contempo in cui li deprechiamo ci facciamo forti l uno
dei limiti negativi dell’altro, lui dei miei timori a spendere, essendo i
costi della nostra vita comunque superiori alla mia pensione mensile, io
della sua abulia o ritrosia mentale timorosa di ogni cambiamento ulteriore, e
che allo stato di cose presente non sa pensare altra alternativa che il
ritorno alla miseria di origine, nel villaggio natio che moglie e figli
aborriscono, per acquietarci nonostante tutto nella situazione in cui ci
ritroviamo, forti delle soli ragioni valide che qui in Khajuraho sono le
scuole in cui è bene che per anni continuino i loro studi i nostri bambini
, e che qui è il campo di ricerca cui debbo circoscrivermi
se voglio ottenere risultati finanche eccelsi nelle mie investigazioni..
Come dicevo al giovane sceneggiatore di Allahabad che ho incontrato la
settimana scorsa, la mia via della mia felicità è tutta lastricata di
limitazioni, di tutte le accettazioni e le rinunce che ho dovuto impormi per
ritrovarla nel destinarmi nei miei studi e scritti alla mia famiglia indiana,
ed è malata di tutta la follia delle sensate ragioni e accampate pretese di
reciprocità, recriminatorie, di cui ho dovuto sfebbrarmi per restare fedele
al compito assunto quale mia vocazione terminale.
Quanto al mio sogno di felicità, glie l ho esplicitato, in tutta chiarezza:
trovare chi mi sostenga, fondazione o magnati, o editori e pubblico, e potere
vivere e dare di che vivere a chi abbia fede nella mia attività , grazie ai
reportages dei miei viaggi con Kailash da un capo all altro dell ‘India, in
una riscoperta interminabile del suo patrimonio sperduto.
GIOVEDÌ 14 APRILE 2016
No money for eating, con gli ospiti in casa
"Mia mamma ieri non ha mangiato perché ci fosse da mangiare per i nostri
ospiti”, ponendo fine alle reticenze così Mohammad mi diceva presso casa sua
di che fosse depresso, sedendo al mio fianco sul chabotri, di un bancale
esterno, accanto al giovine hindu il cui capo rasato mi lasciava intendere
che fosse un parente della vecchia morta la settimana scorsa e di cui
Mohammad aveva assistito alla cremazione, al rizzarsi del suo cadavere mentre
il fuoco lo ardeva.
Era stato grazie al giovine che aveva potuto intercettarmi con il cellulare
dopo avermi intravisto di lontano che mi aggiravo presso casa sua senza
dirigermici, perché, come gli spiegavo, temevo di disturbare il sonno suo e
dei suoi famigliari in quell ora infuocata pomeridiana., per quanto ci
tenessi tanto a rivederlo, dopo che una sua telefonata mi aveva raggiunto
ieri quando era già sera inoltrata, senza che potessi rispondergli perché il
suo numero telefonico restava inaccessibile.
Mi aveva telefonato perché le disgrazie si ripresentano di nuovo e tutte
insieme per chi è povero come lui: aveva perso lungo la strada le 50 rupie
che gli erano state date dal padre perché comperasse almeno del latte per i
cinque bambini, che con tre parenti adulti, erano convenuti a casa sua per il
matrimonio di un consanguineo che tra Khajuraho e Rajnagar era stato
celebrato due giorni or sono, e che se ne andranno solo domani l’altro,
quando egli non potrà accompagnarli che fino alla stazione nel loro rientro a
Kanpur, talmente la miseria in casa la fa da padrona
E se durante questi giorni non era stato possibile più alcun contatto
telefonico tra di noi,(-io credevo , adiratomi, da parte sua per disertare le
lezioni in ufficio di italiano, sul cui conto tenevo così’ tanto a fargli
intendere che con le mie conoscenze del patrimonio monumentale dell India
sono il solo lascito a lui e ad Ajay che può per loro fare la differenza, in
concorsi cui si presentano in India crores, milioni di competitori per
qualche centinaio di posti) mi si era perennemente risposto che la telefonata
era finita prima ancora di cominciare perché la sua sim card “expired”, aveva
cessato di essere valida, ed egli non aveva neanche i soldi per acquistarne
un’altra.
Così, non potendo annunciarsi prima per telefono, come gli avevo richiesto,
nel timore delle sortite della gelosia di Kailash nei suoi riguardi, non si
era fatto vivo di persona presso di me nonostante le circostanze, di un’
emergenza che gravava di nuovo sulla sua esistenza familiare-
” Oggi ho bevuto solo del the, mi diceva. sommesso.“No money for eating”. E
quando non c’è da mangiare apri gli occhi solo per rimetterti di li a poco a
dormire. Così tutto il giorno”
Né aveva energie per raggiungere il mercato, oggi che era giorno di bazar,
perché gli comperassi del riso e le verdure con cui condirlo.
Io lo ascoltavo in silenzio, alla vista meravigliosa di un campo punteggiato di
stoppie in cui andavan a pascere delle vacche pezzate d’ocra, sentendomi
felice di una pienezza vitale nell essergli accanto e riconfortarlo, nell
infinita bellezza del suo essere così dolente di dentro e sorridente di
fuori., così materialmente misero e spiritualmente incantevole.
Avremmo fatto insieme un tratto di strada, fino al negozio di generi
alimentari di Manjunagar, il sobborgo islamico in cui vive, ma per trovarlo
ancora chiuso.
Non mi restava che dagli per strada almeno 200 rupie, con l’aggiunta di altre
60 per la sim card., perché comperasse al bazar, come il sole fosse calato e
avesse ritrovato le forze, quanto potesse sfamare sé e i suoi cari e gli
ospiti in casa fino alla loro partenza.
Di fianco al negozio ci siamo seduti su un altro chabotri, per dirci le
ultime cose prima che lo lasciassi per recarmi con Ajay a insegnare a quest
ultimo come si identificano le statue degli dei in un tempio hindu.
E’ allora emerso come la disperazione materiale possa avventare la sua
mente,quanto quella del padre, in pensieri o gesti terribili, come quello che
l’aveva ieri spinto a tentare di tagliarsi le vene, ad un polso su cui
restava traccia di come l’avesse solcato.
Avrebbe voluto allora uccidersi, o uccidere, in una lotta contro tutti e
tutto.
“ Mohammad la vita è così bella, in questo stesso istante, se anche tu come
me non cedi alle esagerazioni della mente, e pensiamo a quello in ogni caso
che abbiamo. Io, un uomo di sessantre anni, un giovane amico come te, Kailash, e i nostri bambini, il mio caro Chandu, Poorti, Ajay.
Sembra incredibile che io lo dica alla mia età, dopo che ho tanto scritto e
tanto scrivo senza che nessuno mi pubblichi o legga, ma credimi, l importante
è darsi ancora da fare e restare in attesa.. Tutto arriva a suo tempo.”
“ Lo dice anche il Corano, che prima o poi Dio ci invia il suo angelo, e tu
oggi sei quello”
Io schermendomi mimavo ironico il battito d’ali, Mohammad sorridendomi mi
disegnava una corona intorno al capo.
“ E a Delhi?”
“ Finalmente me ne parli , Quando ci rincontreremo , anche stasera sera, se
vuoi, andremo in agenzia per vedere quando sia possibile, già la settimana
prossima.
“ Il denaro può comperare ogni cosa, ma non l’amicizia. E prima o poi
finisce, mentre gli amici sono per sempre”
Non potevo che sorridere, scuotendo il capo alla sua cara retorica
sentimentale, al pensiero di come l’amore per Kailash sia un affetto remoto
nel fondo del mio cuore, quanta è la attenzione che devo prestare ogni giorno
a non lasciarlo senza rupie, scordandomi intanto di chiedere a Mohammad ,
mentre lo lasciavo in un abbraccio, che mi aggiornasse al nuovo capitolo di
che cosa l’amore sia per lui.
15 APRILE 2016
Tutta la miseria della gelosia
La gelosia di cui è sordido Kailash rispetto all’ aiuto che reco a Mohhammad
, anche stasera ha sommosso il fondo di una sua miseria umana disgustevole.
Erano già passate le sei di sera quando mi sono deciso a svegliarlo del sonno
perché altrimenti non potevo trasmettere alla moglie Vimala le 2.000 rupie
dell’affitto della casa, e dovevo pur ricordargli che domani, dopo le
ennesime vacanze che sono state l’ennesima occasione di bagordi religiosi di
giovani indiani balordi per il dì nativo del leggendario Rama, è bene che
egli accompagni a scuola Chandu e che colga l occasione del suo rientro in
classe per iniziare a pagare la retta scolastica di cui gli ho anticipato
4.000 rupie. E solo poco prima che rimestasse di nuovo il fondo della sua
invidia rancorosa, aveva ricevuto non una, ma tre telefonate di mia madre,
che avrebbero dovuto rammemorargli che c’è chi si sacrifica nel suo amore per
consentirmi di essergli accanto per tutto il tempo che comporta la sua
inettitudine a provvedere ai nostri cari, senza chiedermi conto di quanto io
mi spenda per lui ed i nostri bambini invece che per i miei consanguinei,
eppure, sentendosi virtuoso perché non è come la generalità dei suoi
consimili hindu di Khajuraho, che avrebbero già fatto proprio ogni mio avere,
senza che la sua intelligenza in tal senso tema alcuna mia avvedutezza e
cauta intelligenza, disconoscente e ingrato ha avuto l impudenza di
addebitarmi che aiuto più di lui Mohammad, che per quanto viva nella miseria
più disperata, è ai suoi occhi acrimoniosi addirittura ricco, per avere un
tugurio che lo imprigiona in una Khajuraho dove fa la fame con l’intera
famiglia.
Ad averlo fatto traboccare era stato che poco prima mi fossi detto disposto a
non lasciargli più di mille rupie per farsi santo a mie spese, in donativi
alle bambine del suo villaggio per NavaDurga,
Ero stato con Mohammad e lo zio in visita ai templi così tanto, nel primo
pomeriggio,.e perché il ragazzo non mi aveva invitato a pranzare a casa sua?
Inutile fargli presente che fino a domani vi ha otto ospiti per uno dei
maledetti matrimoni indiani che infestano anche le famiglie islamiche, senza
che i suoi avessero di che mangiare neanche per se.
“ Kailash, ( è la crudeltà dei fatti che adirato gli ho riversato addosso)
Mohammad vive , insieme con la sua famiglia, come vivrebbe la nostra grazie
al tuo lavoro e senza il mio aiuto”
E si, che non era un giorno, oggi, in cui volessi od avessi da addebitargli
alcunché, perché si è alzato ch’erano stamane le 5, 30 per racimolare rupie
con il trasporto di passeggeri in arrivo da Delhi alla stazione ferroviaria,
e poi con un sightseeing che è sempre un duro cimento umano con la
pitoccaggine dei turisti di ogni risma, rientrando a casa solo nel tardo
pomeriggio.
Anche l’altro giorno avevo pur dovuto sanare le ferite alla sua dignità
infertegli da tre turiste fiorentine che benché si consentissero di
alloggiare in un hotel a 5 stelle, invece che 200 rupie per due ore fra
negozi e bazar, avevano mercanteggiato solo 100 rupie per un’ora,
presentandosi di ritorno comunque dopo oltre due ore, senza volerne sentire
di ragioni compensative,
E fino a che non è stata l ora del suo risveglio vespertino, per oltre un’ora
mi sono disteso a lui d’accanto, perché il suo affetto non soffrisse della
gelosia che si è in lui reinsinuata.
Ma devo pur avere toccato qualche sua corda interiore con delle risonanze
positive, perché nella mia stanza dove mi sono ritirato furente, mi ha
raggiunto suggerendomi di fare al più presto i biglietti per Delhi di me,
Ajay, e Mohammad, perché stanno iniziando i giorni del Kumbh mela, e la rete
ferroviaria per giungere a Delhi da Jhansi è la stessa verso Ujjain dove il
Kumbh mela si svolge. E quando io sono sopraggiunto nella camera dove si era
messo a letto o disteso con Vimala e i tre nostri bambini e ragazzi, non ha
rifiutato la mia proposta a che accetti l invito di Mohammad a consumare un
chicken biryani a casa sua, di modo che tocchi, con mano, in che abituro sia
ridotto con la famiglia in estrema miseria.
“ Si, se tu pagherai,per lui, visto che come tu dici non ha neanche le rupie
che per questo gli servono
Oltre l ingresso
nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è
una visione di tale sublime trascendenza te/ale il
tempio Lakhsmana che ci
appare poco oltre sulla nostra sinistra, , il
primo dei grandi templi in
uno stile architettonico che è valso come paradigma di quello
dei templi dell India centrale, ma che era del tutto eccezionale
per i suoi tempi, In sua virtù in
virtù del quale cui
nel cui stile architettonico il
grande sovrano Yasovarman
della dinastia dei Chandella ,
tra il 930 e il 950 d. c. intese volle
contraddistinguere l’elevazione di elevare Khajuraho al
rango di capitale religiosa del suo regno di recente
formazione, a seguito dell’affrancamento della propria signoria
feudale da quella dei sovrani antecedenti, i Pratihara di Kannauji.
Tale esito d'esordio è già di tale sublime trascendenza nella
sua sopraelevazione, su di una vasta piattaforma sino
al pinnacolo in cui culmina l'ogiva del sikhara,
verso l’ assoluto d’origine cui essere di ritorno, su di una
vasta piattaforma sino al pinnacolo in cui culmina l'ogiva del sikhara,che
in essa finisce assorbita la realtà architettonica del complesso
di edifici di culto interconnessi di cui il tempio è
l’epicentro, l'
insieme di edifici di culto interconnessi, prescindere
dai quali obnubila la comprensione della sua eterodossia/ innovatività
dei /
rispetto ai attuativa di canoni che anche per esso restavano
vigenti, in ciò che ne adempi in ultima istanza vincoli
paradigmatici od in quella esteriore ne fu inadempiente vi
si risolse nei suoi vincoli paradigmatici e vi rimase irrisolto. attinenza
a canoni di cui esso sembra inadempiente, se ci si attiene alle
sue sole vestigia esteriori.
Il tempio Laksmana,
in onore di Vishnu nella
sua manifestazione Vaikunta,
è infatti eminente
su quattro tempietti situati agli angoli della piattaforma, con
i quali forma una costellazione penta-templare o panchayatana, e
lo precedono un piccolo tempio non sa più se in onore di Laxmi,
o di Garuda,
ovverosia se fosse dedicato alla consorte divina o al veicolo
animale di Vishnu,
ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di Varaha,
l incarnazione di Vishnu nel
cinghiale che diede salvezza alla terra dalla sua sommersione nelle
acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è tutt uno.
Gli è inoltre contiguo il tempio Matangherswara, shivaita,
forse un monumento
funerario postumo in spoglie forme più arcaiche, che si presume possa
essere stato eretto in onore del figlio di Yasovarman, Dangha,
ed incentrato tuttora sulla venerazione del dio tramite l’icona
del suo splendido lingam..
Su di essi
la mole più grandiosa del tempio Lakshmana , composta in
elevazione dal basamento dell’adihshthana,
dal jangha delle
pareti schiuse in finestre balconate, dall intermittenza
canonica delle modanature di una verandika, costuita
nel Lakshmana dalle modanature di due kapotas rettilinei l'uno
ornato di rombi diamantini, l'altro di croci perforate o
kunjarakshas, nelle sue elevazioni ulteriori staglia il
profilarsi dei picchi del monte Meru,
asse del mondo e dimora degli dei, così come in essi culminano
le sovrastruzioni,
degradanti solo per risalire al culmine di una cima più alta,
di una atrio d’accesso, l’ardhmandap,
una sala, il mandap ,
una ancora più grande con transetti, tutte aperte in una
finestra balcone, le quali precedono il santuario vero e
proprio della cella del dio, anticipato dall vestibolo
dell’antarala, e fronteggiato all esterno dall' antefissa dii un sukanasika.
Tale sanctum,
il garbagriha,
è aggettante /articolato in tre transetti, due laterali e uno
posteriore, e lo sormonta l'ogiva della vetta superiore del sikhara,
cui risalgono delle sue repliche minori, o sringasm, così le
sale sono sovrastate dalle piramidi a gradoni di phamsanas,
replicate e miniaturizzate a loro volta dalle coperture a loro
volta piramidali di tanti tilakas, delle edicole elevate a
tempietti sui loro fronti..
Se per assumere la
necessaria profondità
di prospettiva storico-architettonica, da una visione frontale
ci si defila ad una laterale, che ci consente di vedere il
tempio principale stagliarsi sui due tempietti che lo
affiancano sul lato settentrionale, essendo il Lakshmana volto
ad oriente, ci è dato preliminarmente di coglierne al meglio il
profilo mirabile in piano ed in elevazione, e di intenderne la
continuità e la sua soluzione rispetto ai due templi minori,
che non ne sono un semplice accompagnamento, ma i depositari
del canone invalso nella antecedente tradizione architettonica
templare, cui nella sua grandiosità superiore gli architetti
del tempio * professarono un persistente rispetto, sia pure con
le licenze di un differimento attuativo dislocato all'interno
delle vestigia templari, come rimarcheremo. di
seguitare ad attenersi persistere nell’attinenza
, pur ampliandone e ingigantendone i termini in forme esteriori
che appaiono eluderli..
In essi si
ripetono infatti, integralmente, le forme consuetudinarie di
cui sono evocativi dei templi Pratihara della
regione circostante , pur se in modi più
scontati e disadorni spogliate di
ogni loro incantevole preziosità ed
incantevole fastosità dettagliata/
minuta di
dettagli, nei modi
più scontati su di essi il tempio Lakshmana svettando
impervio, così come sui sovrani Pratihara di Kannauj i
nuovi sovrani Chandella
, già loro feudatari, erano giunti ad affermare la loro
supremazia, la stessa che sui templi agli angoli della
piattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi
impervio, pur
in una trasmissione di consegne canoniche cui arte e potere
seguitano formalmente ad attenersi.
Quali siano tali
consegne le contrappunta il
controcampo della visione del tempio centrale rispetto a quella
delle vestigia dei tempietti agli angoli, in cui è più agevole
individuarle, così come vi risultano formulate nei termini più
chiari ed elementari del loro tramandarsid’obbligo sotto la
dinastia Pratihara.
Essi semplicemente
consistono, infatti, del
santuario del garbagriha,
di un’anticamera breve, o antarala (
“ intervallo) , e di un portico d’entrata, l ardhmandapa,
mentre in elevazione si articolano in un basamento,l ’adisthana,
nelle pareti del jangha,
scandite dagli aggetti di cinque proiezioni, dall’intermezzo
delle modulazioni modanate di una verandika,
che ha il suo esordio in una ghirlanda floreale, o pushpa-mala,
e da un sikhara di
guise Latina., ossie senza appigli vari di proprie repliche, di
sorta, nelle sue rampe ascendenti di cui si fascia, tramate come
grate vegetative di archi carenati gavakshas.
Al pari di ogni
parete del jangha (
o “ stinco”, un termine che ci ricorda le guise antropomorfe del
tempio hindu),
il sikhara stesso
è scandito da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la
formula del paradigma pancharatha che
ad esso presiede, che contempla un ratha centrale, il bhadra,
ed un pratiratha e un karna d'angolo per lato.
Tra tali proiezioni, nel sikhara
quanto nel jangha,
ha maggior rilievo quella centrale, il madhya
lata superiore e il badhra parietale, in cui si concreta
in un carro cerimoniale scultoreo recante una soltanto, o più
immagini divine, la pulsione emanativa verso
l'esterno del mondo, in cui la sua potenza si manifesta, del
dio interno alla cella interna del garbagriha,
la cavità dell utero
germinale del cosmo, della cui propulsione radiante il tempio è
un facsimile*esemplare. La supremazia della valenza divina della immagine
del badhra è
avvalorata dalla nicchia in cui è installata, la cui prominenza
esalta ravvicinatamene al fedele la divinità che si irradia
dalla casa utero del tempio L’edicolarità della
stessa kapili esterna
del vestibolo dell’antarala la
fa seconda solo al badhra,
nella sua epifania, Essa fa
seconda a se stessa, nella sua epifania, l’edicolarità
della Kapili
esterna del vestibolo dell’antarala,
ad essa subordinando quella di ogni altra proiezione. In
quelle d’angolo sono
insediate d’ordinanza d’ordinanza che
siano insediate le divinità tutelari del tempio, i dikpalas,
in corrispondenza delle otto direzioni cardinali, e nelle
proiezioni intermedie o prati-rathas,
così come era un dato invalso che nelle proiezioni intermedie si
delineassero surasundari In
quelle d’angolo, o karna-ratha secondo
un ordinamento cardinale codificatosi nel tempo e tutt'altro
che eternitario,
ancora lacunoso ed incerto nei suoi esordi, quali li si possono
ravvisare nei templi pratihara dei
remoti villaggi di Amrol, Dang,
( Gwalior, Bhind Districts)
, figurano le divinità protettive del tempio nelle otto
direzioni principali, a iniziare da Sud est Indra, indi Agni,
Yama, Nirriti, Varuna, Vayus, Kubera e Isana, mentre nelle
proiezioni intermedie sono installate le ninfe apsaras, leogrifi vyalas,
o sardulas,
quali simboli di forze pulsionali o
della nostra natura animale da domare, figurando invece nei
recessi. , di rango celestiale inferiore.
Rispetto ai templi Pratihara delle
regioni circostanti era invece
a quell'epoca
l’aggiornamento di una novità figurativa,( in termini invero
concordatari con i templi meridionali del Rajasthan,
quali quello in Jagat,
e dei Kachchhapagatha in Kadwaha eo Surwaya,
o dei Kalachuri in Nohtha e Maihar,
or è difficile a dirsi quanto emulativi o via via vicendevolmente
emulati,), l’alternanza, che si ravvisa nei templi d’angolo panchayatana del Lakshmana ,
di ninfe celestiali nei pratirathas intermedi,
con vyalas -sardula nei
recessi, come a iniziare da questi tempietti in Khajuraho diverrà
canone fisso d’ogni tempio ulteriore, il più delle volte
abbinando con coppie erotiche umane i leogrifi
Ad
ulteriore residua differenza rispetto ai templi Pratihara, nei
templi sussidiari del Lakshmana è
consolidata la sopraelevazione, che nei templi suddetti
ugualmente sopravanza, delle modanature della vedibandha, khura, kumbha, Kalasa,
non che una kapota ulteriore,
intervallata nei nostri tempietti intervallata dalla
perforazione crociata di una kunjaraksha,
, su di una pitha di
modanature sottostanti, che a iniziare sublimememente dallo
stesso Lakshmana,
con esiti così splendidi e sontuosi da restarvi ineguagliati,
nei templi di Khajuraho ulteriori
diventeranno i due ulteriori livelli di zoccolo e plinto, su cui
la vedibandha
si ergerà a podio sublime. o ancor
più elevata o alla sua stessa altezza, il balcone nei suoi fregi
e comparti di rajasena, vedika, asanapatta, kaksasana,
non meno sfarzosi.
Ma
prima ancora di risalire da tali templi sussidiari al tempio
centrale, e necessario risalire
ad essi dalla piattaforma jagathi ,
per intendere prima ancora che a quale realtà superiore essi ci
elevano, su quale realtà si elevino, in cui eppure il divino ci
fa di sé partecipi.
E ' un autentico
perikrama deambulatorio, talmente lunga ne è la peregrinazione,
che per il devoto dell'epoca è dato supporre fosse una novità
grandiosa rispetto all orizzonte delle sue aspettative,
innanzitutto in quanto presentava esso stesso, a incremento
della propria altitudine, un'adhishthana alla stregua del
tempio. La compongono un bittha decorato con volute e petali di
loto, un jadhya kumbha fregiata di takarikas, un pattika ornata
di ardharatnas, prima delle modanature caratteristiche della
vedibhanda, kura, kumba, kalasa, cui fa seguito il recesso
dell'antarapatta del suo gran fregio che celebra il divino nella
potenza naturale animale e vitale, un kapota con takarikas e
gagarakas ornamentali, un pattika di cui tamala patra che
stilizzano il fogliame del *, sono il motivo ornamentale ....
su tale adhistana
spioveva inoltre una balaustra, di cui a tratti sono
ravvisabili e ricomponibili i resti, di rajasena, con immagini
di vidyadharas, divinità, nagas, asceti e musici e danzanti, di
vedika abituale di pilastrini intervallati da lastre phalakas
nei recessi, gli uni , con un capitello sormontato da kuthas
piramidali costituiti di tre pidhas coronati di gantha, amalaka,
kalas, le altre di udgamas formati da due takarikas, asanapatta
e kakshasana, con pilastrini a guisa di bambu alternati a
tabulati piani.
Lungo il recesso
dell'antarapatta la fascia di scene di vita celebrano l'esistenza
umana ed animale al culmine delle sue intensità Si tratta
delle scene lungo la piattaforma in cui l’esistenza è
rappresentata, nella sua pienezza vitale, come certame o
finanche agone di vita e morte tra umani ed animali, nel
parossismo del furore del duello mortale senza scampo quale
strepitosa attività sessuale, nella sua stessa bizzarria
zoofila, od esplosione di frenesia irresistibile di musica e
danze, nella sua enfasi, dispiegata o raccolta, di celebrazione
rituale o parata o marcia od onoranza munifica. Ne sono
espressione la caccia animale, di cinghiali o cervidi. la ridda
tra elefanti impennantisi, il duello tra combattenti all ultimo
sangue, sfilate militari o avanzate di guerra, nel loro
volto di gloria di parate militari di combattenti ed animali
-elefanti, posti anche tra loro in lotta, su
elefanti e cavalli e rari cammelli, ,o processioni che recano
onore e donativi a guru spirituali. o maestri di musica e danze,
che attendono a cerimonie matrimoniali. E' un repertorio
tragico- festoso di scene fastose di vita , nel suo acme, cui
attingere il divino, in prima istanza, al colmo del suo farsi
energia vitale diffusa nel mondo, ritualmente recepita e
trasmessa dispiegata
nel mondo, ritualmente raccolta e trasmessa..
Risalendo la piattaforma i tempietti ci volgono la loro entrata , in
funzione sussidiaria del tempio, come ben dice Krishna Deva,
per consentirci quella prossimità alla divinità trimurtica , nelle
sue manifestazioni primarie, da cui ancora ci lascia a
distanza la pradakshina intorno
alle vestigia esteriori, del tempio tempio,
in ciò che si offre alla nostra visualizzazione lungo le pareti
del tempio,
Infatti la novità
ulteriore che il tempio Lakshmana riservava ai fedeli , anche
rispetto ad altri templi multi-yatana grandiosi come quello di
Patari Badoh, era che al pari solo di un tempio minore quale
quello di Urvara , non lontano da Mahoba, prospettava un'ascesa
ulteriore per risalire all'ingresso del tempio centrale, che era
stato sopraelevato di parecchio nel suo piano di calpestio
rispetto a quello della jaghati della piattaforma, da
un'adishthana di un'imponenza sontuosa e solenne quale nei
templi a noi giunti dell India centrale non trova riscontri.
La costituiscono un
bittha piano liscia ed uno successivo decorata di volute, un
karnika, ancora un bittha ornamentato di una perlinatura e di
petali di loto, un jadya- kumba in cui ricorrono tamala-patra e
takarikas, un recesso abbellito del motivo delle croci
traforate kunjarakshas, una grasa pattika, a reggere con il
tempio l ordine cosmico una splendida gaja pitha di elefanti
allineati sdraiati fiancheggiati da mahauts o da coppie, Intenti
a reggere il cosmo di mondo inferiore acquatico, terra e
cielo,*****, un kapota recante takarikas e gagarakas *, ed il
podio, alfine, di kura, kumbha con un grasa pattika per madhya
bandha, kalasa, il fregio recessivo di un antarapatta che con
elefanti e devoti mischia gruppi erotici e scene di vita
quotidiana, ancora due kapotas decorati di ardharatna l uno e
di takarikas l altro.
Tale adishthana
inoltre vi si dispiegava ben oltre che a supporto di santuario e
antarala e portico d'entrata, al più preceduto da un mandapa,
come nei templi Gadarmath di Patari Badoh, o Maladevi, di
gyaraspur, in quanto lo sfarzo sublime delle sue modanature
erigeva su zoccolo, plinto e podio del vedibhanda tradizionale
l'incorporazione nel tempio, come un prolungamento del suo
adito, delle sale e salette di portico d'entrata, o
ardh-mandapa, mandapa e mahamandapa, in cui la partecipazione
del mondano e del secolare al divino.si celebrava ad un grado
ancora superiore
quale occorre
adempiere un’ascesa ulteriore, verso l interno e il santuario e
la sua jangha,
di cui il corridoio della deambulazione interna consente la
configurazione distinta e la sua visualizzazione, nella quale
soltanto , come nella sua sovrastruzione al
sommo di tutto, il tempio Lakshamana darà
compimento al proprio adempimento dei canoni pancharatha in
esso paradigmatici, che i tempietti d’angolo ci ricordano
essere/ esprimono essere il canone d’osservanza,da cui solo
esteriormente il tempio se ne distanzia nella sua novità
grandiosa.
Essa consiste nell’avere incorporato nel tempio , come
un prolungamento del suo adito, le sale si
celebrava la partecipazione mondana al divino,
Secolarizzazione del
sacro o sacralizzazione del secolare che fosse al contempo,(
come nel tempio Maladevi di Gyaraspur,) ciò che si prospettava
quindi al devoto di non meno inusuale era la parificazione del
santuario e del resto del tempio non
solo nel loro adhisthana , ma
nelle stesse pareti di fondo o nelle proiezioni delle loro
sezioni centrali che sull'adhishthana erano state
sopraelevate, quali finestre balcone con kaksasana spiovente, e
sporte a transetto in santuario e mahamandapa.
In esse altro sfarzo
glorioso abbellisce il tempio quale dimora divina., nella
rajasena che in nicchie inframmezzate da pilastrini e perforati
recessi, reca scolpite nicchie di atlanti e di vidhyadaras, che
al pari degli elefanti lungo l'adhishtana, con le mani si
sforzano di reggere l'apparato superiore, la vedika di pilastri
alternati a lastre, gli uni sormontati da edicole tilakas
ultimate di tre pidhas e del coronamento di ghanta, amalaka e
kalasa, gli altri di udgamas fiancheggiati da vidhyadharas
volanti, l'asanapatta oltre una fascia di petali di loto, il
kakshasana decorato di volute
Non solo così il devoto
è posto all'altezza di un basamento e di balconi a spiovere che
assimilavano il santuario alle sale d'accesso, ma quale ragione
primaria dell'intera predisposizione esteriore del tempio, che
le quinte fossero quelle del portico d'accesso o quelle
d'involucro intorno al garbagriha, erano sovradeterminate a
equivalere ciascuna come( sussunte a ) fondo di un' edicola di
uno stesso ciclo, quello delle nove immagini di Ganesha e Durga Ksemankari alla
testa ed al seguito del corteo di sette delle nove divinità
planetarie, non
solo, ma parificando esteriormente di forma quelle del santuario
e quelle del mahamandapa,
a segnalare la cui differenza interna di funzioni permane la
contrapposizione esterna delle coperture e la sua
miniaturizzazione, nel tempietto piramidale e quello concluso da
un sikarika che
si fronteggiano all altezza
della kapili.
In cui santuario e mandapa si
congiungono.
Tali edicole si stagliano
sull'adishtana all'altezza del podio del vedibhanda,
sopraelevandosi nel loro frontone, e sono intervallate, lungo il
grasa pattika che funge da madhya bandha dellla modanatura del
kumbha , da nicchie minori al di sotto dei balconi e da altre di
dimensioni maggiori in corrispondenza delle facce esterne delle
proiezioni, su cui i frontoni degli udgama si prolungano fino a
raggiungere il kapota terminale del basamento del tempio.
L eminenza che
conferisce purtuttavia risalto e rango superiore a mahamandapa
e santuario rispetto a portico d'entrata e mandapa, è il
corredo di statue assolutamente uniforme/ isomorfo che su più
ordini vi affianca la proiezione del balcone nei transetti, ma
così assimilando all esterno maha mandapa e santuario
(omologando all'esterno/ conferendo vestigia simili a
/mahamandapa e santuario)
In esse, costituendo due
ordini di statue su piedistali, separate da pattike (una
pattika inferiore di vidhyadharas e un grasapattika ) e
sormontate da un fregio di tamalapatras, che le separa da
rilievi incorniciati di scene di festa su cui si ergono
deifrontoni di udgamas difformi, ora allungati ora dilatati,
nelle proiezioni pilastriformi si succedono immancabilmente un
Shiva in subordine e Vishnu sovrastante, ai lati di un apasara
per parte , mentre nei recessi è la volta di coppie o gruppi
umani e di vyalas,. Ed è assolutamente identica la serie di
proiezioni di santuario.mula prasad e di mahamandapa, con due
fasci di statue a guise di upabhadra di fianco ai balconi, in
cui compaiono divinità nagas, una proiezione .d'angolo esterna
in funzione di karna , una interna appiattita (sollevare dal
disbrigo)sul risalto della kapili in
cui compaiono i celebri pannelli erotici del tempio, In essi,
**** attraverso la virtù della coppia discernente rispetto a a
quella irretita nella maya nell'ardore sensuale come chi se ne
distoglie per appagarsi sessualmente da solo, si celebra
l’elevazione dalla partecipazione erotica a quella ascetica al
divino, cquale la manifestano i sadhu penitenti dintorno ad
Agni.
Il jangha delle pareti
del santuario, in tale sua identità formale con quello del maha
mandapa, eccezionalmente è così sollevato dal disbrigo della
corrispondenza pancharatha delle sue proiezioni o rathas con
quelle latas del sikhara,
Infatti la
finestra balcone che campeggia al loro centro , nelle pareti
del santuario ha a se sussunto il badhra centrale,
mentre solo l omologo di un bhadra ratikha compare nell edicola
del navagraha installata sul vedibhandha anzichè com'era di
norma all altezza del jangha, e tale è l' ampiezza relativa
della finestra balcone ,che non riserva spazio che ad un upabadhra contigua,
e ad un solo karna esterna
vero e proprio, sul versante interno essendo l'equivalente del
karna appattita, come s'è rilevato, a estensione e rilievo del
risalto della kapili con
i suoi gloriosi già
magnificati pannelli che
attraverso la virtù della coppia discernente celebrano
l’elevazione dalla partecipazione erotica a quella ascetica al
divino.
Cosi, in assenza di un pratiratha, l urah manjari al
centro del sikhara,
esso solo in effetti pancharatha,
all'esterno del tempio, nelle sue tre proiezioni centrali
raccoglie la tensione ascendente del badhra rathika,
del frontone della finestra balcone e degli upabadhras che
la contornano, di cui i due sikarikas per
lato adiacenti all urah manjari
sono il culmine in cui volgono al termine . come i
due sikharikas ulteriori
lo sono dei karnas..
Non solo, ma chi nella
pradakshiuna esterna movesse dall orizzonte d'attesa di un
tempi hindu
tradizionale , a seguito di tale uniformazione dei janghas
di santuario a quelli del mahamandapa -
che nelle pareti esterne del santuario alla scansione pancharatha del sikkhara ne
faceva corrispondere alle viste attente di un architetto
shastradarhi una al più tri-ratha,
- le sue aspettattive devozionali comuni
sarebbero andate deluse dal rinvenimento centrale di un'edicola
alla stessa stregua, nelle sue manifestazioni numinose, di
ognuna delle altre delle pareti del tempio, in luogo di un
bhadra ratika che fosse la emanazione radiante eminente del dio
del tempio, e non avrebbe rinvenuto karna d’angolo
con i dikpalas,
quali reggenti delle proprie e delle sorti del tempio.
(E da
presumere che così avvenisse, perché secolarizzandolo, fosse
ulteriormente graduato e accompagnato, il rapporto del fedele
con il divino, nel suo farsi partecipe delle sue manifestazioni
pur sempre fisiche e mondane, planetarie, dopo che sublunari.
La
cortina esterna del tempio, nel suo dispiegamento parietale, è
un tramite
ulteriore rispetto al divino, che nella piattaforma è
ancora involuto nella sensorailità e
da essa evolventesi, prima che oltre il podio, per una nuova
rampa ascendente, ad esso ci si possa più ancora elevare
nell’accesso al tempio e alle sue pareti e ricettacoli interni,
o nella comune erta visiva del vertice comune del sikhara )
Così si spiega come
l'elevazione ulteriore del devoto all interno del tempio, nel
Lakshmana come nel tempio antecedente ad esso più affine, il
Maladaevi di Gyaraspur, dovesse contemplare ciò che non aveva
assolto il tempio al suo esterno, per il tramite di una
conformazione del santuario ugualmente sandara, in cui un
corridoio consentisse la circolazione deambulatoriale intorno
alle pareti u del santuario interiore, così assicurando il
reintegro del tempio hindu della tradizione paradigmatica
pancharatha, in un badhras per ogni parete il cui badhra
rathikas albergasse delle manifestazioni del dio del tempio,
pratirathas con ninfe celestiali e e karnas con i dikpalas
cardinali, secondo il canone prescrittivo dei templi d'angolo
del complesso panchayatana del Lakshmana. sussidiari del suo
inadempimento nel jangha esterno del tempio- e ripreso in
continuità con il jangha invece del santuario all interno del
tempio, dallo slancio ascendente terminale del sikhara.
I
Phamsana piramidali che lo precedono, uno per ogni mandapa,
sono l uno la replica dell'altro, in dimensioni crescenti con
il procedere dal portico d'entrata al mahamandapa oramai in
prossimità della sommità del sikhara e presentano intervallati
da recessi a scacchiera, più ripiani, o pidhas, da un massimo di
otto a un minimo di cinque, decorati di takarikas e ai termini
estremi dei quali si può cogliere un naga in devota anjali. Un
pidhana phalaka in guisa d'abaco fa da supporto al loro
coronamento, oltre il collo del griva, di gantha-campana,
amalaka, chandrika e kalasa e vijapuraka.
Li precedono, su tutti i
fronti, in particolare nei transetti, o parsva-alindas, nicchie
allineate in serie e fiancheggiate dalla miniaturizzazione
frattale dei tetti phamsana in edicole -tilaka, di sei pidhas e
coronate anch'esse da mini-ghanta, amalaka, chandrika e kalasa,
con la variante, nel mandapa, che di lato alle nicchie sono le
repliche frattali dei balconi in kaksha. kuta, che reggono i
pidhas e i loro pinnacoli. Su tali nicchie ove coppie di dei in
quelle centrali sono affiancate da attendenti femminili e
mithunas o vyalas terminali, si sovraergono udgama ( o
simha-karnas)di archi chaitya gavaksha carenati, , che da sei
nei transetti, si riducono a tre e a due nel mandapa e
mukamandapa, sicchè anche i frontoni sono repliche decrescenti l
uno dell'altro, ed hanno un loro corrispettivo nell'antefissa
del sukanasa, ove la serie di udgama sormonta un Vishnu
quadrumane ed è sovrastata dal leone con guerriero sfidante
della gloria dei Chandella.
A rendersi più sfarzosi
gli udgamas soprattutto dei transetti di santuario e
mahamandapa, sono vidhyadaras impigliati nelle loro
circonvoluzioni superiori, makaras e sanka o sikarika nei
viluppi interni.
Ove tali frontoni hanno
termine nel distaccarsi dai loro udgamas degli urah sringa del
sikhara, oltre un recesso che alberga nicchie di coppie divine o
di terne celestiali, e dato vedere stagliarsi dei Garuda
possenti , l uno barbuto , l'altro con un serpente nella sua
mano sinistra, a fianco del lato occidentale dell urah-sringa a
sud, che guarda al tempio Matangheswara. nel lato meridionale
ed occidentale dell urah sringa posteriore volta a occidente.
(In realtà
il tempio hindu della
tradizione paradigmatica pancharatha,
lo ritroviamo preservato integro nelle sue scansioni parietali,
e nelle proiezioni del divino che contempla in badhra e karnas dei dikpalas cardinali,
superata la sconnessione esterna tra Sikhara conforme
e Jangha altrimenti
concepita, all interno,
nelle pareti del jangha del
santuario, ove come nei tempi sussidiari 5 sono i rathas,
quello del badhra è
una duplice manifestazione vishnuita del
dio del tempio, e nei karnas d’angolo
sono effigiati i dikpalas cardinali.
( Sarà
una sconnessione e riconnessione possibile
solo nei templi sandara,
che nel tempio Kandarya troverà
un superamento trascendimento o una rimarginatura
quasi completo nella assunzione di un nuovo paradigma saptaratha,
che farà sempre corrispondere tre ratha del sikhara
a quelle della finestra balcone che ha preso il posto del bhadra,
ma che ne contemplerà due ulteriori per le due pratirathas sopraggiunte,
insieme con delle sikarikas ulteriori
a culminarle, e se destina ancora i bhadra ratikas a
nuove immagini di una serialità divina
volta al dio, quelle delle saptamatrikas,
ripristinerà i karnas quali
presidi dei dikpalas.
Nei templi
ulteriori di Khajuraho,
il livello più alto della manifestazione del divino nelle sue
emanazioni meno determinatamente concrete, che nei templi sundara di Khajuraho era
stato espresso nelle sculture interne od esterne al garbagriha,
lungo il corridoio della galleria, nel mahamandapa,
viene di nuovo ricondotto sulle parerti esterne, ma secondo il
nuovo paradigma sapratha,
acquisito con il tempio Kandarya Mahadeva.
Nota esoterica Nella
fruizione del tempio hindu noi
dobbiamo farci la stessa energia radiante del tempio, nelle sue
forme, inspirare da esso,espirare e a nostra volta inspirare
negli altri la stessa tensione vibrante, riassorti,
nell’espandersi nel mondo e nel fare da esso ritorno del divino)
Così intesa la concezione
architettonica del tempio Lakshmana, è possibile la più libera
fruizione della sua bellezza spirituale, nel suo avvenirismo e
nei suoi arcaismi, preavvertendo soltanto che ad ogni tentativo
di sistematicizzarla filosoficamente, magari come pur
mirabilmente ha intrapreso Devangana Desai, nella espressione
architettonica del sistema tantrico vishnuita Pancharatra, al
seguito del l'effige del dio Vaikunta traslato al suo interno
opporrà fino all ultimo le resistenze e di un'opera che è anche
di maestranze incolte di cantiere, e della sublimità propria
dell'arte e della religione più alte , che è la virtù magnifica
di far coesistere insieme ciò che è più spirituale e più
materiale, l'amore e l escremento, l uno ad espressione
dell'altro, la germinazione ancora immanifesta del Principio e
del divino, con la scimmia che svela il sesso di una ninfa
intenta a contemplarsi in uno specchio., ancora lungo le pareti
del garbagriha.
L’ingresso del tempio di
cui si fronteggia l'adito, ora ci si schiude in un magnifico
makarana torana, nei suoi due festoni che eruttano dalla bocca
di due coccodrilli che un milite barbuto armato di spada forza
ad emanare.
lungo i festoni ricorrono
vidhyadaras singoli o in coppia che recano ghirlande o
brandiscono spade, danzano o suonano strumenti musicali. alle
giunzioni dei festoni da bocche di kirtimyukka pendono
gagarakas.
Makara torana ricorrono
in khajiraho ulteriormente solo nei templi kandarya e Javari, e
sono la traslazione pietrificata delle frasche o fronde ricurve
che nei templi hindu lignei celebravano la transizione
purificatrice dalla temporalità mondana esteriore all eternità
trascendente che ci unifica al dio del tempio.
Nella nicchia
sovrastante del frontone anteriore del mukamandapa sarebbe dato
di attenderci Vishnu , sul dorso del fedele Garuda, o quale
Narayana con la consorte Laxmi.
E' invece insediato
Surya, come è dato di ravvisarlo dalla sua postura rigidamente
eretta. con Danda e Pingala ai lati, Usha antistante ai suoi
piedi. La sua divinità solarein Khajuraho primeggia per le sue
virtù simbiotiche della Trimurti , che ne sicretizzano i culti
specifici, soprattutto nella manifestazione onnipersaviva
vishnuita della Trinità indiana.
Anche solo in questo
complesso è dato ritrovarlo, oltrechè nel frontone del tempio,
in esso accampato, retrostante, nella nicchia di sua spettanza
quale navagraha ch’è affissa al transetto posteriore del
santuario, nei bhadra ratikas sempre posteriori dei tempi
sussidiari meridionali, nella trabeazione del lalata bimba della
fronte del tempietto dei due sito nell’angolo di nord ovest
adiacente al Matangheswara , sempre ad oriente, od occidente,
mai ad ovest o a est
Nella nicchia del
frontone del mukamandapa volto a sud, gli attributi concomitanti
di un trisula shivaita e di un lchakra vishnuita inducono a
identificare il dio che vi è effigiato in Harihara, che di
Vishnu e Shiva è la divinità composita.
Lo sruk, il cucchiaio dei
versamenti dei sacrifici rituali e il libro che reca la
divinità insediata nella nicchia al centro del frontone contiguo
del mandapa, insieme con gli attributi del rosario akshamala e
della brocca del kamandalu, la contraddistin gfuono come Brahma
barbuto e panciuto.
L'equilibrio tra le
manifestazioni plurime della trimurti è ristabilito appieno nei
frontoni opposti, ove al Brahma barbuto e pingue se ne
contrappone un'immagine senza barba, e alla interpenetrazione
Harihara di Shiva e Vishnu fa da pendant quella tra lo stesso
Shiva e la sua consorte Parvati nelle sembianze di
Ardanarishvara, con uno specchio femminile e il trisula
maschile, l'acconciatura jata mukuta della crocchia dei capelli
del dio e la tiara della dea.
Sottostante l’apertura
del balcone e insediato nell edicola sovrapposta
all’adhishthana, è Ganesha che ci invita a percorrere l’iter
ruotante intorno all’asse cosmico che il tempio simboleggia nel
suo originarsi dal punto sommitale ed elevarsi fino ad esso,
lungo l’asse ideale che lo raccorda alla divinità del tempio
nella sua cella, che i navagrahas hanno appena concluso per
riprenderlo di nuovo sotto la sua guida.
Si susseguono quindi,
nelle edicole all'altezza dell'adhisthana superiore , al centro
delle proiezioni sfasate delle sale anteriori del tempio e dei
transetti di mahamandapa e santuario, che come carri di un
corteo processionale fanno ruotare intorno all'asse cosmico che
simboleggia il tempio gli esseri celestiali che alloggiano,
divinità insigni, nella loro ieraticità che erano rimaste
unìenigma per lo stesso Krishna Deva, finchè in Religious
imagery of the Kaiuraho Temples Devangana Desai non ne ha
rivelato la identità indiscutibile, con un processo indiziario
che ha trovato conclusioni illuminanti altrettanto convincenti
quanto corrispettive, una volta raggiunte, a ciò che era lecito
attendersi, alla luce di ciò che rappresentano le divinità che
nei seguenti templi Visvanath e Kandarya occupano le nicchie
corrispondenti.
In essi sono le
saptamatrikas, precedute da Ganesha e seguite da Shiva
Virabhadra, che in innumerevoli trabeazioni dei portali
d'accesso al garbagriha di templi coevi e precedenti,
fronteggiano e precedono l'adito al divino.; che di meno
sorprendente, e di più persuasivo, allora, che le divinità
ieratiche ed enigmatiche che ci precedono ed accompagnano nel
sopraelevarci alle realrà ultime, nirguna, senza delimiutazione
e forma del divino, siano quelle del serial così spesso
rinvenibile parallelo alle saptamatrikas nei frontespizi dei
portali che preludono alla divinità interiore del garbagriha,
ossia le sette divinità planetarie, eccettuati Rahu e Ketu,
precedute da Ganesha e seguite da Durga Kshemankari:
Quale sia stato l indizio
illuminate per la Devangana Desai, è il veicolo animale,
ravvisabile a stento, che soggiace all'ultima di tali
signorilità divine, un frog, un semplice ranocchio, che nel
pantheon hindu non ha chi lo assuma come proprio veicolo che
Sukra, il pianeta Venere, come conferma l'antariksa patta
ritrovata neri pressi di Khajutaho , un tempo nel museo di
Dhubela, ora dislocata lontana da dove è stata fonte rivelatrice
nel museo archeologico centrale di Bhopal, che riserva appunto
un ranocchio al pianeta Sukra, un' Hamsa al Brahaspati.-Giove
Poi tutti i contati sono
tornati, nei rapporti tra gli altri pianeti e i loro veicoli
animali o segni contraddistintivi, che in senso orario si
dispongono nell ordine seguente
nella seconda edicola ,
oltre Ganesha, Sani , Saturno, nella terza Brihaspati , Giove,
con l'oca selvatica, nella quarta Soma, la Luna, come attesta il
crescente tra i capelli, nella quinta, retrostante Surya, con
Ashvinikumaras ...., nella sesta Mangala, Marte, come lo
identifica l'agnello posto sotto il loto che gli funge da
piedistallo, nella settima Budha, Mercurio, con un elefante come
veicolo, secondo quanto gli è attribuito dallìequivocità del
termine sarpa, che lo designa, e che può significare tanto un
elefante quanto un serpente, nell ottava Sukra, appunto, e il
suo ranocchio.
La seconda
edicola apposta al mandapa raffigura la divinità planetaria di ,
come indicherebbe ---E' stata una scoperta di Devangana Desai
.....L'indizio probante è stato...
Retrocedendo in senso
orario allla prima delle divinità planetarie, si è così di
ritorno all'altezza del primo mahamandapa, con cui nel pilastro
che a guisa di karna precede quello ulteriore che contorna il
balcone del transetto come un upabadhra il bhradra principale,
ha inizio di nuovo l'affollarsi statuario del tempio, in
proiezioni celestiali di ninfe , intorno al riproporsi
incessante del duo divino Vishnu Shiva nelle facciate frontali
dei pilastri, vistose assenze esterne quelle dei reggenti
dikpalas, tale e tanta prosapie risaltando con marcato spicco su
creature nagas negli spigoli d'angolo dei transetti, in
subordine inferiore, data la loro provenienza da un mondo
subacqueo di Patala, sui recessi terreni di vyalas e di amorose
coppie mithuna,
Fronteggiamo ora
l’inizio delle rassegne statuarie nel pilastro che a guisa di
karna precede quello ulteriore che contorna il balcone del
transetto come un upabadhra il bhradra principale……
In tale pilastro
è una prefigurazione dell’ordine espositivo che ci attende fino
alla fine: al centro di ogni facciata di pilastro ( o lesena)
Vishu sovrastante e Shiva in subordine affiancati da due apsaras
per lato, mentre nei recessi figureranno mithuna di umani e
vuyalas sardulas.
Negli spigoli
d’angolo dei transetti divinità nagas serpentine in anjali.
Già la prima proiezione
è felicemente illustrativa del repertorio di situazioni e pose e
atteggiamenti che vedremo assumere di volta in volta alle
schiere celestiali di apsaras., in particolare
Tra apsaras che scrivono
lettere o si mirano nello specchio sistemandosi i riccioli
renitenti dell'acconciatura, due in particolare sono rilevanti,
per come inflettono ad arco la schiene mentre le loro mani si
stringono dietro il dorso od il loro capo, l'una involta in
sciarpe le cui pieghe ne esaltano le curvature della schiena e
del seno.
Oltre ad ulteriori
apsaras che si guardano nello specchio e sistemano la simanta
dell acconciatura, il prosieguo ci riserverà apsaras sensuose
che invece si toccano il seno magnifico, o disinvoltamente si
svestono, magari perchè insidiate da uno scorpione che ne risale
le vesti, altre che ugualmente intente nella cura del corpo
si levano uno spino dal piede, eventualmente assistite da un
barbiere 15 o
che fanno defluire l’acqua della loro chioma bagnata e fluente
che raccoglie un’oca discriminatrice tra acqua e latte, mentre
ulteriori apsaras , nullafacenti,/ inoperose vinte dalla
indolenza di una divina indifferenza incantevolmente
sbadigliano( magnifica
una di loro a sud ovest), a
differenza di quelle che invece più attivamente impegnate nello
sport o nelle arti , sono sorprese che giocano a palla , o che
ricevono o scrivono lettere, è da presumersi di null'altro che
d'amore, dipingono pareti oppure suonano, di preferenza flauti o
vine.( Nella parete nord ne
vedremo due intente a dipingere il muro su in alto , 19, 22, o
una a suonare un flauto,21, mentre già
( nell interno
apsara che reca una lettera con caratteri incisi nel transetto
sud del maha mandapa, 23, una svestita da una scimmia e intenta
con lo sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del
sanctum, in quella nord apsara sensitivamente intenta a
toccarsii il seno mentre legge una lettera,, 12, nel transetto
nord apsara che cinge di un nupara la caviglia)
Ma non solo si affoltano
statue su più ordini tra i balconi con kakshana reclini, sulle
nicchie minori e sui pannelli superiori si addensano frontoni di
udgamas in una frequenza che nei templi di Khajuraho non sarà
più dato di vedere: si tratta infatti di un arcaismo di
ascendenze Pratihara, al pari dei mirabili tula di mascheroni
che precedono i kapota della varandika, che ugualmente non
troveranno più riscontro nei templi di Khajuraho
La seconda
edicola apposta al mandapa…
come Devangana
Desai è riuscita a interpretare le immagini dei navagraha e dei
pannelli erotici
Ai lati dei pannelli
della parete sud , nel secondo ordine affiancano Vishnu
un'apsara alla sua sinistra cui un inserviente gana solleva l'appiglio
di un
fantolino, e l'apsara alla sua destra che rappresenta la
karpuramanjari di cui si è detto, da poco uscita dal bagno e di
cui un'oca selvatica raccoglie l'acqua che gocciola dalla sua
capigliatura, esercitando la virtù della discriminazione
discernente o viveka, delle gocce d'acqua o di quelle di latte,
Essa è stata coinvolta da
Devangana Desai in quanto più irretisce dell intero apparato
statuario del tempio, ossia i panelli posti all'altezza della
kapili del vestibolo o antarala del tempio, che rientrano in una
successione di tre piani figurativi, il primo dei quali
squisitamente erotico..
Che significazione
letterale e allegorica vi coesistano e si sovrappongano,
funzione propiziatrice e di buon augurio e spiritualizzazione
ascetica del rapimento dei sensi, nell unione yogica dell umano
dell'atman con il divino del Brahman che le coppie o mithina
simboleggiano come secolare e sacro qui si riuniscono nel punto
più delicato dell equilibrio architettonico, ove giungono a
fondersi le sale profane del mandapa e la cella del dio, come
più in alto significano il contrapporsi di un sikarika e di un
tilaka, la loro successione in verticale suggerisce un
itinerario della mente a Dio che è inequivocabile, sempre che
non si dimentichi che se ne è partecipi sempre, per la sua
immanenza in ogni intensità vitale, pur se inferiore o superiore
è il grado e il livello della realtà dell'essere che con Esso
ci unifica
Abbiamo una prima coppia
avvinta nel divino del piacere del Kama, affiancata da un
monaco jain e da una dama che compensano la mancata unione
partecipativa con l'autoerotismo, una seconda coppia che invece
nella virtuosità della legge del Dharma celebra il
trascendimento dei sensi nell unione dell'anima del consorte e
della sua sposa, affiancati nnon più dalla immediatezza
dell'adesione sessuale alla vitama dal syo raffinamento sensuale
nell'arte della musica di cui le due dame ai lati emettono i
suoni, uno Yogi penitenziale che è lo stesso dio Agni,
affiancati da tanti rishi che celebrano la riunione con il
divino in un distacco meditativio contemplativo terminale da
piacere e dovere che ancora ci facessero retaggio della
mondanita,
La riconduzione del loro
senso al a quello allegorico del dramma di corte
Prabodhachandrodaya ( il sorgere lunare della vera conoscenza)
da parte di DEvangana desai nell opera già citata alle pagine
181-189,, scritto da Krishna Misra, alla corte dei Chandella, è
in realtà convincente in quanto si conforma a questo destino
ascensionale più generale.
*************************************** riassumere pg.181-189
Al pari della coppia
virtuosa del pannello adiacente della Kapili, secondo un
accostamento di grande acume di Devangana Desai ( pg.186),
accostata nella sua discriminazione discernente alla'oca
selvatica che raccoglie le gocce d'acqua e di latte che
defluiscono dalla chioma di una surasundari al bagno, sceverando
le une dalle altre, alla coppia eroticamente avvinta del
pannello inferiore fa invece corrispondere l'apsara involuta
nella moha della stessa illusione dei sensi ,che alla loro
destra nel sistemarsi una sciarpa si tocca tra il seno e
l'ascelle come la Mithyadrishti del dramma allegorico di corte
Prabodha chandrodaya le
cui allegorie ispirerebbero i pannelli erotici
Le fanno seguito un
apsara , dall'altro di lord Shiva, che regge un pappagallo sulla
sua mano destra e con l altra vezzeggia un bambino, un mithuna
ardimentoso ed una coppia di naga, cui succede un'apsara che
appare invece esercitare le sue virtù acrobatiche nel rimuovere
uno spino dal piede destro rialzato mentre reggendosi sull'altro
piede si cinge attornia il capo con la sinistra.
Le apsaras che alloggiano
invece nella parete di sud ovest, oltre il balcone del
garbagriha, appaiono l'una, di lato a Shiva, precedendolo sulla
sua sinistra, mirabilmente avvinta nel rapimento estatico del
godimento della propria natura, estatica
nel compiacersi della propria natura, a raffronto
della ninfa, dal lato opposto di tale replicarsi replicazione (
insediamento) di Shiva, tutta la cui tensione è focalizzata
sullo specchio che ne rimanda l incanto conferitogli dal suo
simanta. una grazia, la loro d'entrambe, che non è raggiunta
dalla flessione arcuata della ninfa ad essa superiore intenta
atleticamente nel gioco della palla, o dalla pudiciza con cui
l'apsara ad essa contrapposta incrocia le gambe per coprire la
sua nudità sessuale nell'atto stesso di svestirsi.
Lungo la parete
occidentale nel versante volto a nord ci deliziano invece la
vista la surasundari che si leva una spina dal piede con il
concorso di un barbiere,(...).e l'apsara che all'esterno del
riproporsi di Shiva , con una corta veste inarca il busto e
protende il seno nell'atto di ricongiugere i propri arti
tronchi dietro la schiena.
Sulla parete nord è la
volta di apsaras più studiose, di una ninfa intenta a dipingere
un tratto di parete sovrastante, cui si susseguono, nel
diaframma murario tra i balconi del santuario e del mahamandapa
una coppia alle prese con una scimmia, una ninfa con un
pappagallo in mano, prima del riproporsi di altre beltà votate
alla musica ed al disegno in un'apsaras intenta a l suono ed
flauto e in un'altra intenta a dipingere più in alto.
Nella parete nord del secondo ciclo di pannelli, tra le apsaras
che vi compaiono due intente a dipingere il muro su in alto ,
19, 22, o una a suonare un flauto, una coppia si diverte con una
scimmietta impertinente.
.(
Nella parete nord ne vedremo due intente a dipingere il muro su
in alto , 19, 22, o una a suonare un flauto,21, mentre già
( nell interno apsara che reca una lettera con caratteri incisi
nel transetto sud del maha mandapa, 23, una svestita da una
scimmia e intenta con lo sguardo a un cespo di mango , 2
facciata sud del sanctum, in quella nord apsara sensitivamente
intenta a toccarsii il seno mentre legge una lettera,, 12, nel
transetto nord apsara che cinge di un nupara la caviglia)
ricordare i due ordini di
scene nelle asanapatta
Poi i templi sussidiari,
quindi l interno, forme architettoniche dei mandap e
dell’antarala. portale , divinità interna, rassegna statuaria
lungo le pareti del santuario, poi lungo le pareti di
mahamandapa , del deambulatorio e dei transetti.
nell interno apsara che
reca una lettera con caratteri incisi nel transetto sud del
maha mandapa, 23, una svestita da una scimmia e intenta con lo
sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del sanctum, in
quella nord apsara sensitivamente intenta a toccarsii il seno
mentre legge una lettera,, 12, nel transetto nord apsara che
cinge di un nupara la caviglia.
L’ingresso del tempio ci si schiude in un magnifico
torana.,
Sarebbe dato di attenderci nella nicchia sovrastante
Vishnu , sul dorso del fedele Garuda, o quale Narayana con la
consorte Laxmi.
E invece insediato Surya, come è dato di ravvisarlo,
che in Khajuraho primeggia per le sue virtù simbiotiche
della Trimurti , sincretizzanti i loro culti, soprattutto nella
manifestazione onnipersaviva vishnuita della Trinità indiana.
Anche solo in questo complesso è dato ritrovarlo,
oltrechè nel frontone del tempio, in esso retrostante nella
nicchia di sua spettanza quale navagraha ch’è affissa al
transetto posteriore del santuario, nei bhadra ratikas sempre
posteriori dei tempi sussidiari meridionali, nella trabeazione
del lalata bimba della fronte del tempietto dei due sito
nell’angolo di nord ovest adiacente al Matangheswara , sempre ad
oriente, od occidente, mai ad ovest o a est
Sottostante l’apertura del balcone e insediato nell
edicola sovrapposta all’adishtana, è Ganesha che ci invita a
percorrere l’iter ruotante intorno all’asse cosmico che il
tempio simboleggia nel suo originarsi dal punto sommitale ed
elevarsi fino ad esso, lungo l’asse ideale che lo raccorda alla
divinità del tempio nella sua cella, che i navagrahas hanno
appena concluso per riprenderlo di nuovo sotto la sua guida.
La seconda edicola apposta al mandapa….
Fronteggiamo ora l’inizio delle rassegne statuarie nel
pilastro che a guisa di karna precede quello ulteriore che
contorna il balcone del transetto come un upabadhra il bhradra
principale……
In tale pilastro è una prefigurazione dell’ordine
espositivo che ci attende fino alla fine: al centro di ogni
facciata di pilastro ( o lesena) Vishu sovrastante e Shiva in
subordine affiancati da due apsaras per lato, mentre nei recessi
figureranno mithuna di umani e vuyalas sardulas.
Negli spigoli d’angolo dei transetti divinità nagas
serpentine in anjali.
Già la prima proiezione è felicemente illustrativa del
repertorio di situazioni e pose e atteggiamenti che vedremo
assumere di volta in volta alle schiere celestiali di apsaras.,
in particolare
Apsaras che si guardano nello specchio e sistemano la simanta
dell acconciatura, apsaras sensuose che invece si toccano ill
seno magnifico,o si svestono, magari insidiate da uno scorpione,
che vinte dalla indolenza di una divina indifferenza
sbadigliano( magnifica una di loro a sud ovesti, altre che
intente nella cura del corpo si levano uno spino dal piede,
magari assistite da un barbiere 15 o fanno defluire l’acqua
della loro chioma bagnata e fluente che raccoglie un’oca
discriminatrice8, altre che invece più attivamente impegnate
nello sport o nelle arti giocano a palla o , scrivono lettere,
dipingono o suonano. Nella parete nord ne vedremo due intente a
dipingere, 19, 22, o una a suonare un flauto,21,
nell interno apsara che
reca una lettera con caratteri incisi nel transetto sud del
maha mandapa, 23, una svestita da una scimmia e intenta con lo
sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del sanctum, in
quella nord apsara sensitivamente intenta a toccarsii il seno
mentre legge una lettera,, 12, nel transetto nord apsara che
cinge di un nupara la caviglia.
Poi i templi sussidiari,
quindi l interno forme architettoniche dei mandap e
dell’antarala. portale , divinità interna, rassegna statuaria
lungo le pareti del santuario, poi lungo le pareti di
mahamandapa , del deambulatorio e dei transetti.
I templi Laksmana e Vishvanata , dentro
il loro canone pancharata alla
cui prescrittività rinviano
i tempietti pancharata- in
stile pratihara , dell ordinamento panchayatana,
e la scansione delle proiezioni delle pareti del santuario
interno volte al deambulatrorio,
esse pure pancharatha,
- fecero potevano
far corrispondere
al badhra centrale centrale l
intera proiezione di un balcone, solo ridimensionando i pratirathas intermedi
a due upabhadras o
proiezioni laterali dello stesso balcone, da esso distinte , ma
non separate, una soluzione non infrazionistica,
certo, ma più consona a un tempio tri-rathas,
come attestano i templi coevo? )Pachali Marghat , Garhi,
B del gruppo sette, ad esempio, di Khardwaha .
Presumibilmente era un limite costruttivo di compromesso, più
che una condizione semplificatoria assunta
come ideale, nell'edificazione di templi più grandiosi della
media dei coevi, in quanto i templi futuri di Khajuraho diminuiranno
di mole , ma
implementeranno le loro proiezioni pur in dimensioni più
ridotte. E sempre Kadwaha ci
può attestare che la riduzione che si persegue nel tempo non
consta del numero delle proiezioni, ma delle loro edificazioni edicolari in
guise templari, riservando chhadya e udgamas,,o toranas,
alla sola inabitazione sulle
proiezioni, da focalizzare, delle statue delle divinità sulle
quali doveva essere concentrata la meditazione orante, quelle
dei badhras e
delle kapili del'antarala E'
da supporre che l'impasse così rilevata fosse data da un
vincolo paradigmatico da trascendere, solo superando il quale si
accedeva alla soluzione architettonica ideale. Tale vincolo
paradigmatico era dato dal modello-modulo pancharatha,
ed infatti sarà
con l'assunzione del modello septaratha,
nel khandarya,
con tre proiezioni centrali del sikhara che
trovano la loro corrispondenza nelle articolazioni del balcone-bhadra centrale,
due laterali e due terminali per pratirhatas e karnas separate
e distinte, che il tempio eletto a tipo esemplare della capitale
religiosa dei Chandella troverà
la sua attuazione perfetta. ( Suppongo ora invece che il jangha esterno
rinviasse a quello interno quale elevazione superiore al divino
e che per questo , ponendosi come risalita intermedia, rinviasse
ad esso come adempimento del canone, cui non ottempera né per
numero di proiezioni, né in attinenza del badhra alla
divinità templare, né per la installazione dei dikpalas nelle karnarathas.
' l'intento
era di dotare mandapa, mahamandapa e prasad del garbagriha,
di una finestra. balcone il
cui sporto desse il massimo risalto alla visualizzazione
immagini delle divinità planetarie o del corteo delle saptamatrika preceduto
da shiva Vidhabadra e
concluso da Ganesha ,
che presiede alle architetture dei templi Lakshmana, Visvanatha, Kandarya.
Ma com era
possibile senza sacrificare rathas ai
lati del balcone che funge da badhra,
in tempi in cui era normativo il tempio pancharatha,
come si riscontra nelle pareti interne del garbagriha e
nei tempietti minori superstiti di tali complessi panchayatana,
che prevedono ancora almeno una pratiratha per
lato a fianco del badhra centrale?
Non lo fu nei templi Laksmana e Visvanatha,
in cui la badhra centrale
addirittura cozza contro le statue di due upabadhra,
che tali dobbiamo considerare
i filoni di statue con cui collude, in assenza di un recesso
intermedio. Fu invece possibile nel tempio Kandharya,
in virtù della sua estensione saptaratha.
Che nei templi di Khajuraho le ratha si tendesse più
ad incrementarle che a ridurle, rispetto al numero di 5, se non
inducevano a ridurle ideazioni architettoniche predominanti che
in un primo tempo non si riusciva a far valere altrimenti, lo
può attestare la loro proliferazione fino a 7 o a 9
in templi
minori o piccoli come il Duladeo o
il Chaturbuja.
Nei templi d’angolo sono imitati e innovati i
templi pratihara,
dei propri signori d’un tempo, la pianta è stessa, pancharatha , di
portico, vestibolo, e santuario, costituito da basamento e jangha,
che sormontano una varandika all’altezza
di un fregio di ghirlande di fiori o pushpa-mala,
e un sikkhara,
accordato al santuario da cinque proiezioni d’entrambi Nelle
visualizzazioni la supremazia è ugualmente accordata alla
proiezione centrale del santuario e a quella della kapili ,
in quanto sono quelle la cui prominenza manifesta
ravvicinatamene al fedele la divinità che si irradia dalla casa
utero del tempio, rispetto alle proiezioni d’angolo in cui è
d’ordinanza che siano insediate le divinità tutelari del tempio,
i dikpalas,
in corrispondenza delle otto direzioni cardinali, e nelle
proiezioni intermedie o prati-rathas,
così come era un dato invalso che nelle proiezioni intermedie si
delineassero surasundari
Cosi
aggiornati o così aggiornando architettonicamente,
i templi pratihara angolari
esaltano ancor più
l ancor più grandiosa novità sovraordinata del
tempio centrale che a se li sussume come
i Chandella i
loro antichi signori, al contempo, si vedrà, in cui
ne compendiano / visualizzano in compendio, quale comun denominatore,
il canone che seguita a vigere e a dettarne la norma.
Coì '
ad esempio, nel tempietto d'angolo che ci fronteggia,
...............................
del l’acme
finale della sua cordigliera superiore nel pinnacolo del sikhara,
è di certo una tale visione estatica, che l’ animo di chi
contempli la vista del tempio ne è integralmente assorto e
implicitamente tratto verso un assoluto d’origine e di ritorno,
del cui emanarci e riassorbirci il tempio è infatti
l’evocazione , ma il solo suo assecondarla è
un’astrazione che incanto
può renderci avulsi dalla realtà più globale del tempio, che ne
è costituiva ne
fa l’epicentro di un complesso di edifici di culto
interconnessi, prescindere dai quali ne obnubila la
comprensione, nella sua novità sensazionale , nelle nuove
questioni architettoniche postesi e affrontate nella sua
edificazione, risolte e irrisolte.
Un solo precedente , per monumentalità templare,
il Gadarmal,
che anche il teli ka mandir…
I tempietti ci ricordano ciò da
cui il tempio si distacca ma che ne resta il canone….
Ora ponendoci quale punto osservativo
Oltre l ingresso
nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è
una visione di tale sublime trascendenza te/ale il
tempio Lakhsmana che ci
appare poco oltre sulla nostra sinistra, , il
primo dei grandi templi in
uno stile architettonico del tutto eccezionale per i suoi tempi,.In sua
virtù in virtù del quale cui
nel cui stile architettonico il
grande sovrano Yasovarman
della dinastia dei Chandella ,
tra il 930 e il 950 d. c. intese volle
contraddistinguere l’elevazione di elevare Khajuraho al
rango di capitale religiosa del suo regno di recente formazione, a
seguito dell’affrancamento della propria signoria feudale da quella dei
sovrani antecedenti, i Pratihara di Kannauji.
Tale esito d'esordio è già di tale sublime trascendenza nella sua
sopraelevazione, su di una vasta piattaforma, sino al pinnacolo in
cui culmina l'ogiva del sikhara,
verso l’ assoluto d’origine cui essere di ritorno, che in essa finisce
assorbita la realtà architettonica del complesso di edifici di culto
interconnessi di cui il tempio è l’epicentro, l'
insieme di edifici di culto interconnessi, prescindere
dai quali obnubila la comprensione della sua eterodossia/ innovativitàdei /
rispetto ai canoni che anche per essorestavano vigenti, in ciò che vi si
risolse nei suoi vincoli paradigmatici e vi rimase irrisolto.
Il tempio Laksmana,
in onore di Vishnu nella
sua manifestazione Vaikunta,
è infatti eminente
su quattro tempietti situati agli angoli della piattaforma, con i quali
forma una costellazione penta-templare o panchayatana, e
lo precedono un piccolo tempio non sa più se in onore di Laxmi,
o di Garuda,
ovverosia se fosse dedicato alla consorte divina o al veicolo animale
di Vishnu,
ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di Varaha,
l incarnazione di Vishnu nel
cinghiale che diede salvezza alla terra dalla sua sommersione nelle
acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è tutt uno.
Gli è inoltre contiguo il tempio Matangherswara, shivaita,
forse un monumento
funerario postumo in spoglie forme più arcaiche, che si presume possa
essere stato eretto in onore del figlio di Yasovarman, Dangha,
ed incentrato tuttora sulla venerazione del dio tramite l’icona del suo
splendido lingam..
Su di essi
la sua mole, composta in elevazione dal basamento dell’adihshthana,
dalla jangha delle
pareti schiuse in finestre balconate, dall intermittenza
canonica delle modanature di una verandika,
nelle sue elevazioni ulteriori staglia il profilarsi dei picchi del
monte Meru,
asse del mondo e dimora degli dei, così come in essi culminano le sovrastruzioni,
degradanti solo per risalire al culmine di una cima più alta, di una
atrio d’accesso,l’ardhmandap, una sala,i l mandap ,
una ancora più grande con transetto, tutte aperte in una finestra
balcone, che, precedono il santuario vero e proprio della cella del
dio, anticipato dall vestibolo
dell’antarala fronteggiato all esterno dall antefissa dii un sukanasika.
Tale sanctum,
il garbagriha,
è aggettante /articolato in un transetto ed una sporgenza posteriore, e
lo sormonta l'ogiva della vetta superiore del sikhara,
cui risalgono delle sue repliche minori, o sringasm, così come
sovrastano le sale le piramidi a gradoni di phamsanas,
replicate e miniaturizzate a loro volta dalle coperture a loro volta
piramidali di tilakas, delle edicole elevate a tempietti sui loro
fronti..
Se per assumere la necessaria profondità
di prospettiva storico-architettonica, da una visione frontale ci si
defila ad una laterale, che ci consente di vedere il tempio principale
stagliarsi sui due tempietti che lo affiancano sul lato settentrionale,
essendo il Lakshmana volto
ad oriente, ci è dato preliminarmente di coglierne al meglio il profilo
mirabile in piano ed in elevazione, e di intenderne la continuità e la
sua soluzione rispetto ai due templi minori, che non ne sono un
semplice accompagnamento, ma i depositari del canone invalso nella
antecedente tradizione architettonica templare, cui nella sua
grandiosità superiore gli architetti del tempio * professarono un
persistente rispetto sia pure con le licenze di un differimento
attuativo dislocato all'interno che rimarcheremo. di
seguitare ad attenersi persistere nell’attinenza
, pur ampliandone e ingigantendone i termini in forme esteriori che
appaiono eluderli..
In essi si
ripetono infatti, integralmente, le forme consuetudinarie di cui sono
evocativi dei templi Pratihara della
regione circostante , pur se in modi più
scontati e disadorni spogliate di
ogni loro incantevole preziosità ed
incantevole fastosità dettagliata/
minuta di dettagli, nei
modi più scontati su di esse il tempio Lakshmana svettando
impervio, così come sui sovrani Pratihara di Kannauj i
nuovi sovrani Chandella
, già loro feudatari, erano giunti ad affermare la loro supremazia,
la stessa che sui templi agli angoli della piattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi
impervio, pur in una
trasmissione di consegne canoniche cui arte e potere seguitano
formalmente ad attenersi.
Quali siano tali
consegne le contrappunta il
controcampo della visione del tempio centrale rispetto a quella delle
vestigia dei tempietti agli angoli, in cui è più agevole individuarle,
così come vi risultano formulate nei termini più chiari ed elementari
del loro tramandars d’obbligo sotto la dinastia Pratihara.
Essi semplicemente consistono, infatti, del
santuario del garbagriha,
di un’anticamera breve, o antarala (
“ intervallo) , e di un portico d’entrata, l ardhmandapa,
ed in elevazione si articolano in un basamento,l’adisthana,
nelle pareti del jangha,
scandite dagli aggetti di cinque proiezioni, dall’intermezzo delle
modulazioni modanate di una verandika,
che ha il suo esordio in una ghirlanda floreale, o pushpa-mala,
e da un sikhara di
guise Latina., senza appigli vari di proprie repliche di sorta, nelle
rampe ascendenti di cui si fascia, tramate come grate vegetative di
archi carenati gavakshas.
Al pari di ogni
parete del jangha (
o “ stinco”, un termine che ci ricorda le guise antropomorfe del tempio hindu),
il sikhara stesso
è scandito da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la formula
del paradigma pancharatha che
ad esso presiede, che contempla un ratha centrale, il bhadra, un
pratiratha e un karna d'angolo per lato.
Tra tali proiezioni, nel sikhara e nel jangha,
ha maggior rilievo quella centrale, il badhra
parietale, in cui si concreta in un carro cerimoniale scultoreo recante
una soltanto, o più immagini divine, la pulsione emanativa verso
l'esterno del mondo, in cui la sua potenza si manifesta, del dio
interno alla cella interna del garbagriha,
la cavità dell utero
germinale del cosmo, della cui propulsione radiante il tempio è un
facsimile*esemplare. La supremazia della valenza divina della immagine
del badhra è
avvalorata dalla nicchia in cui è installata, la cui prominenza esalta
ravvicinatamene al fedele la divinità che si irradia dalla casa utero
del tempio L’edicolarità della
stessa kapili esterna
del vestibolo dell’antarala la
fa seconda solo al badhra,
nella sua epifania, Essa fa
seconda a se stessa, nella sua epifania, l’edicolarità
della Kapili
esterna del vestibolo dell’antarala, ad
essa subordinando quella di ogni altra proiezione. In
quelle d’angolo sono
insediate d’ordinanza d’ordinanza che
siano insediate le divinità tutelari del tempio, i dikpalas,
in corrispondenza delle otto direzioni cardinali, e nelle proiezioni
intermedie o prati-rathas,
così come era un dato invalso che nelle proiezioni intermedie si
delineassero surasundari In
quelle d’angolo, o karna-ratha secondo
un ordinamento cardinale codificatosi nel tempo e tutt'altro
che eternitario,
ancora lacunoso ed incerto nei suoi esordi, quali li si possono
ravvisare nei templi pratihara dei
remoti villaggi di Amrol, Dang,
( Gwalior, Bhind Districts)
, figurano le divinità protettive del tempio nelle otto direzioni
principali, a iniziare da Sud est Indra, indi Agni, Yama, Nirriti,
Varuna, Vayus, Kubera e Isana, mentre nelle proiezioni intermedie sono
installate le ninfe apsaras, leogrifi vyalas,
o sardulas,
quali simboli di forze pulsionali o
della nostra natura animale da domare, figurando invece nei recessi.
, di rango celestiale inferiore.
Rispetto ai templi Pratihara delle
regioni circostanti era invece
a quell'epoca
l’aggiornamento di una novità figurativa, in termini invero
concordatari con i templi meridionali del Rajasthan,
quali quello in Jagat,
e dei Kachchhapagatha in Kadwaha e Surwaya,
o dei Kalachuri in Nohtha e Maihar,
or è difficile a dirsi quanto emulativi o via via vicendevolmente
emulati, l’alternanza, che si ravvisa nei templi d’angolo panchayatana del Lakshmana ,
di ninfe celestiali nei pratirathas intermedi,
con vyalas -sardula nei
recessi, come a iniziare da questi tempietti in Khajuraho diverrà
canone fisso d’ogni tempio ulteriore, il più delle volte abbinando con
coppie erotiche umane i leogrifi
Ad ulteriore residua differenza rispetto ai templi Pratihara, nei
templi sussidiari del Lakshmana è
consolidata la sopraelevazione, che nei templi suddetti ugualmente
sopravanza, delle modanature della vedibandha, khura, kumbha,
kalasa, non che una kapota ulteriore, intervallata nei
nostri tempietti intervallata dalla perforazione crociata di una kunjaraksha,
, su di un pitha di
modanature sottostanti, che a iniziare sublimememente dallo
stesso Lakshmana,
con esiti così splendidi e sontuosi da restarvi ineguagliati, nei templi
di Khajuraho ulteriori
diventeranno i due ulteriori livelli di zoccolo e plinto, su cui il vedibandha
si ergerà a podio sublime. o ancor
più elevata o alla sua stessa altezza, il balcone nei suoi fregi e
comparti di rajasena, vedika, asanapatta, kaksasana,
non meno sfarzosi.
Ma prima ancora di risalire da tali templi sussidiari al tempio
centrale, e necessario risalire
ad essi dalla piattaforma jagathi ,
per intendere prima ancora che a quale realtà superiore essi ci
elevano, su quale realtà si elevino, in cui eppure il divino ci fa di sé
partecipi.
E ' un autentico perikrama deambulatorio, talmente lunga ne è la
peregrinazione, che per il devoto dell'epoca è dato supporre fosse una
novità grandiosa rispetto all'orizzonte delle sue aspettative,
innanzitutto in quanto presentava esso stesso, a incremento della
propria altitudine, un'adhishthana alla stregua del tempio. La
compongono un bittha decorato con volute e petali di loto, un jadhya
kumbha fregiata di takarikas, un pattika ornata di ardharatnas, prima
delle modanature caratteristiche della vedibhanda, kura, kumba, kalasa,
cui fa seguito il recesso dell'antarapatta del suo gran fregio che
celebra il divino nella potenza naturale animale e vitale, un kapota con
takarikas e gagarakas ornamentali, un pattika di cui tamala patra che
stilizzano il fogliame del *, sono il motivo ornamentale ....
su tale adhistana spioveva inoltre una balaustra, di cui a tratti sono
ravvisabili e ricomponibili i resti, di rajasena, con immagini di
vidyadharas, divinità, nagas, asceti e musici e danzanti, di vedika
abituale di pilastrini intervallati da lastre phalakas nei recessi, gli
uni , con un capitello sormontato da kuthas piramidali costituiti di tre
pidhas coronati di gantha, amalaka, kalas, le altre di udgamas formati
da due takarikas, asanapatta e kakshasana, con pilastrini a guisa di
bambu alternati a tabulati piani.
Lungo il recesso dell'antarapatta la fascia di scene di vita celebrano l'esistenza
umana ed animale al culmine delle sue intensità Si tratta delle scene
lungo la piattaforma in cui l’esistenza è rappresentata, nella sua
pienezza vitale, come certame o finanche agone di vita e morte tra umani
ed animali, nel
parossismo del furore del duello mortale senza scampo quale
strepitosa attività sessuale, nella sua stessa bizzarria zoofila, od
esplosione di frenesia irresistibile di musica e danze, nella sua
enfasi, dispiegata o raccolta, di celebrazione rituale o parata o marcia
od onoranza munifica. Ne sono espressione la caccia animale, di
cinghiali o cervidi. la ridda tra elefanti impennantisi, il duello tra
combattenti all ultimo sangue, sfilate militari o avanzate di guerra,
nel loro volto di gloria di parate militari di combattenti ed
animali -elefanti, posti anche tra loro in lotta, su
elefanti e cavalli e rari cammelli, ,o processioni che recano onore e
donativi a guru spirituali. o maestri di musica e danze, che attendono a
cerimonie matrimoniali. E' un repertorio tragico- festoso di scene
fastose di vita , nel suo acme, cui attingere il divino, in prima
istanza, al colmo del suo farsi energia vitale diffusa nel mondo,
ritualmente recepita e trasmessa dispiegata
nel mondo, ritualmente raccolta e trasmessa..
Risalendo la piattaforma i tempietti ci volgono la loro entrata , in
funzione sussidiaria del tempio, come ben dice Krishna Deva,
per consentirci quella prossimità alla divinità trimurtica , nelle
sue manifestazioni primarie, da cui ancora ci lascia a distanza
la pradakshina intorno
alle vestigia esteriori, del tempio tempio,
in ciò che si offre alla nostra visualizzazione lungo le pareti del
tempio,
Infatti la novità ulteriore che il tempio Lakshmana riservava ai fedeli
, anche rispetto ad altri templi multi-yatana grandiosi come quello di
Patari Badoh, era che al pari solo di un tempio minore quale quello di
Urvara , non lontano da Mahoba, prospettava un'ascesa ulteriore per
risalire all'ingresso del tempio centrale, che era stato sopraelevato di
parecchio nel suo piano di calpestio rispetto a quello della jaghati
della piattaforma, da un'adishthana di un'imponenza sontuosa e solenne
quale nei templi a noi giunti dell India centrale non trova riscontri.
la costuiscono un bittha liscio ed uno decorato di volute, un karnika,
un bittha ancora ornamentato di una perlinatura e di petali di loto, un
jadya- kumba in cui ricorrono tamala-patra e takarikas, un recesso
abbellito del motivo delle croci traforate kunjarakshas, una grasa
pattika, a reggere con il tempio l ordine cosmico una splendida gaja
pitha di elefanti allineati sdraiati fiancheggiati da mahauts o da
coppie, un kapota recante takarikas e gagarakas *, ed il podio, alfine,
di kura, kumbha con un grasa pattika per madhya bandha, kalasa, il
fregio recessivo di un antarapatta che con elefanti e devoti mischia
gruppi erotici e scene di vita quotidiana, ancora due kapotas decorati
di ardharatna l uno e di takarikas l altro.
Tale adsishthana inoltre vi si dispiegava ben oltre che a supporto del
santuario e del portico d'entrata, al più preceduto da un mandapa, come
nei templi Gadarmath di Patari Badoh, o Maladevi, di Gyaraspur, in
quanto lo sfarzo sublime delle sue modanature erigeva su zoccolo,
plinto e podio del vedibhanda tradizionale l'incorporazione nel tempio,
come un prolungamento del suo adito, delle sale e salette di portico
d'entrata, o ardh-mandapa, mandapa e mahamandapa, in cui la
partecipazione del mondano e del secolare al divino.si celebrava ad un
grado superiore
quale occorre adempiere un’ascesa ulteriore, verso l interno e il
santuario e la sua jangha,
di cui il corridoio della deambulazione interna consente la
configurazione distinta e la sua visualizzazione, nella quale soltanto ,
come nella sua sovrastruzione al
sommo di tutto, il tempio Lakshamana darà
compimento al proprio adempimento dei canoni pancharatha in
esso paradigmatici, che i tempietti d’angolo ci ricordano essere/
esprimono essere il canone d’osservanza,da cui solo esteriormente il
tempio se ne distanzia nella sua novità grandiosa.
Essa consiste nell’avere incorporato nel tempio , come
un prolungamento del suo adito, le sale si
celebrava la partecipazione mondana al divino,
Secolarizzazione del sacro o sacralizzazione del secolare che fosse al
contempo,( come nel tempio Maladevi di Gyaraspur,) ciò che si
prospettava quindi al devoto di non meno inusuale era la parificazione
del santuario e del resto del tempio non solo nel loro adhisthana, ma
nelle stesse pareti di fondo o nelle proiezioni delle loro sezioni
centrali che sull'adhishthana erano state sopraelevate, quali finestre
balcone con kaksasana spiovente, e sporte a transetto in santuario e
mahamandapa. Non solo, ma quale ragione primaria dell'intera
predispozione esteriore del tempio, che le pareti fossero quelle del
portico d'accesso o quelle d'involucro intorno al garbagriha, erano
sovradeterminate a equivalere ciascuna come( sussunte a ) fondo di
unì edicola di uno stesso ciclo, quello delle nove immagini di Ganesha e Durga Ksemankari alla
testa ed al seguito del corteo di sette delle nove divinità planetarie, non
solo, ma parificando esteriormente di forma quelle del santuario e
quelle del mahamandapa,
a segnalare la cui differenza interna di funzioni permane la
contrapposizione esterna delle coperture e la sua miniaturizzazione, nel
tempietto piramidale e quello concluso da un sikarika che
si fronteggiano all altezza
della kapili.
In cui santuario e mandapa si
congiungono.
L eminenza che conferisce purtuttavia risalto e rango superiore a
mahamandapa e santuario rispetto a portico d'entrata e mandapa, è il
corredo di statue assolutamente uniforme/ isomorfo che su più ordini vi
affianca la proiezione del balcone nei transetti, ma così assimilando
all esterno mandapa e santuario (omologando all'esterno/ conferendo
vestigia simili a /mahamandapa e santuario)
In esse nelle proiezioni pilastriformi si succedono immancabilmente un
Shiva in subordine e Vishnu sovrastante, ai lati di un apasara per parte
, mentre nei recessi è la volta di coppie o gruppi umani e di vyalas,.
Ed è assolutamente identica la serie di proiezioni di santuario.mula
prasad e di mahamandapa, con due fasci di statue a guise di upabhadra
di fianco ai balconi, in cui compaiono divinità nagas, una proiezione
.d'angolo esterna in funzione di karna , una interna appiattita
(sollevare dal disbrigo)sul risalto della kapili in
cui compaiono i celebri pannelli erotici del tempio, In essi, ****
attraverso la virtù della coppia discernente rispetto a a quella
irretita nella maya nell'ardore sensuale come chi se ne distoglie per
appagarsi sessualmente da solo, si celebra l’elevazione dalla
partecipazione erotica a quella ascetica al divino, cquale la
manifestano i sadhu penitenti dintorno ad Agni.
Il jangha delle pareti del santuario, in tale sua identità formale con
quello del maha mandapa, eccezionalmente è così sollevato dal disbrigo
della corrispondenza pancharatha delle sue proiezioni o rathas con
quelle latas del sikhara,
Infatti la
finestra balcone che campeggia al loro centro , nelle pareti del
santuario ha a se sussunto il badhra centrale,
mentre solo l omologo di un bhadra ratikha compare nell edicola del
navagraha installata sul vedibhandha anzichè com'era di norma all
altezza del jangha, e tale è l' ampiezza relativa della finestra balcone
,che non riserva spazio che ad un upabadhra contigua,
e ad un solo karna esterna
vero e proprio, sul versante interno essendo l'equivalente del karna
appattita, come s'è rilevato, a estensione e rilievo del risalto della kapili con
i suoi gloriosi già
magnificati pannelli che
attraverso la virtù della coppia discernente celebrano l’elevazione
dalla partecipazione erotica a quella ascetica al divino.
Cosi, in assenza di un pratiratha, l urah manjari al
centro del sikhara,
esso solo in effetti pancharatha,
all'esterno del tempio, nelle sue tre proiezioni centrali raccoglie la
tensione ascendente del badhra rathika,
del frontone della finestra balcone e degli upabadhras che
la contornano, di cui i due sikarikas per
lato adiacenti all urah manjari
sono il culmine in cui volgono al termine . come i
due sikharikas ulteriori
lo sono dei karnas..
Non solo, ma chi nella pradakshiuna esterna movesse dall orizzonte
d'attesa di un
tempi hindu
tradizionale , a seguito di tale uniformazione dei janghas
di santuario a quelli del mahamandapa -
che nelle pareti esterne del santuario alla scansione pancharatha del sikkhara ne
faceva corrispondere alle viste attente di un architetto shastradarhi
una al più tri-ratha,
- le sue aspettattive devozionali comuni
sarebbero andate deluse dal rinvenimento centrale di un'edicola alla
stessa stregua, nelle sue manifestazioni numinose, di ognuna delle
altre delle pareti del tempio, in luogo di un bhadra ratika che fosse
la emanazione radiante eminente del dio del tempio, e non avrebbe
rinvenuto karna d’angolo
con i dikpalas,
quali reggenti delle proprie e delle sorti del tempio.
(E da
presumere che così avvenisse, perché secolarizzandolo, fosse
ulteriormente graduato e accompagnato, il rapporto del fedele con il
divino, nel suo farsi partecipe delle sue manifestazioni pur sempre
fisiche e mondane, planetarie, dopo che sublunari.
La cortina esterna del tempio, nel suo dispiegamento parietale, è un tramite
ulteriore rispetto al
divino, che nella piattaforma è ancora involuto nella sensorailità e
da essa evolventesi, prima che oltre il podio, per una nuova rampa
ascendente, ad esso ci si possa più ancora elevare nell’accesso al
tempio e alle sue pareti e ricettacoli interni, o nella comune erta
visiva del vertice comune del sikhara )
Così si spiega come l'elevazione ulteriore del devoto all interno del
tempio, nel Lakshmana come nel tempio antecedente ad esso più affine, il
Maladaevi di Gyaraspur, dovesse contemplare ciò che non aveva assolto il
tempio al suo esterno, per il tramite di una conformazione del santuario
ugualmente sandara, in cui un corridoio consentisse la circolazione
deambulatoriale intorno alle pareti u del santuario interiore, così
assicurando il reintegro del tempio hindu della tradizione paradigmatica
pancharatha, in un badhras per ogni parete il cui badhra rathikas
albergasse delle manifestazioni del dio del tempio, pratirathas con
ninfe celestiali e e karnas con i dikpalas cardinali, secondo il canone
prescrittivo dei templi d'angolo del complesso panchayatana del
Lakshmana. sussidiari del suo inadempimento nel jangha esterno del
tempio- e ripreso in continuità con il jangha invece del santuario all
interno del tempio, dallo slancio ascendente terminale del sikhara.
I Phamsana piramidali che lo precedono, uno per ogni mandapa, sono l
uno la replica dell'altro, in dimensioni crescenti con il procedere dal
portico d'entrata al mahamandapa oramai in prossimità della sommità
del sikhara e presentano intervallati da recessi a scacchiera, più
ripiani, o pidhas, da un massimo di otto a un minimo di cinque, decorati
di takarikas e ai termini estremi dei quali si può cogliere un naga in
devotaanjali. Un pidhana phalaka in guisa d'acaco fa da supporto al loro
coronamento, oltre il collo del griva, di gantha-campana, amalaka,
chandrika e kalasa e vijapuraka.
Li precedono, su tutti i fronti, in particolare nei transetti, o
parsva-alindas, nicchie allineate in serie e fiancheggiate dalla
miniaturizzazione frattale dei tetti phamsana in edicole -tilaka, di sei
pidhas e coronate anch'esse da mini-ghanta, amalaka, chandrika e kalasa,
con la variante, nel mandapa, che di lato alle nicchie sono le repliche
frattali dei balconi in kaksha. kuta, che reggono i pidhas e i loro
pinnacoli. Su tali nicchie ove coppie di dei centrali sono affiancate
da attendenti femminili e mithunas o vyalas terminali, si sovraergono
udgama ( o simha-karnas)di archi chaitya gavaksha carenati, , che da sei
nei transetti, si riducono a tre e due nel mandapa e mukamandapa, sicchè
anche i frontoni sono repliche decrescenti l uno dell'altro, ed hanno un
loro corrispettivo nell'antefissa del sukanasa, ove la serie di udgama
sormonta un Vishnu quadrumane ed è sovrastata dal leone con guerriero
sfidante della gloria dei Chandella.
A rendersi più sfarzosi gli udgamas dei transetti di santuario e
mahamandapa, sono vidhyadaras impigliati nelle loro circonvoluzioni
superiori, makaras e sanka o sikarika nei viluppi interni.
Ove tali frontoni hanno termine nel distaccarsi dai loro udgamas degli
urah sringa del sikhara, oltre un recesso che alberga nicchie di coppie
divine o di terne celestiali, e dato vedere stagliarsi dei Garuda
possenti , l uno barbuto , l'altro con un serpente nella sua mano
sinistra, a fianco del lato occidentale dell urah-sringa a sud, che
guarda al tempio Matangheswara. nel lato meridionale ed occidentale dell
urah sringa posteriore volta a occidente.
(In realtà
il tempio hindu della
tradizione paradigmatica pancharatha,
lo ritroviamo preservato integro nelle sue scansioni parietali, e nelle
proiezioni del divino che contempla in badhra e karnas dei dikpalas cardinali,
superata la sconnessione esterna tra Sikhara conforme
e Jangha altrimenti
concepita, all interno,
nelle pareti del jangha del
santuario, ove come nei tempi sussidiari 5 sono i rathas,
quello del badhra è
una duplice manifestazione vishnuita del
dio del tempio, e nei karnas d’angolo
sono effigiati i dikpalas cardinali.
( Sarà
una sconnessione e riconnessione possibile
solo nei templi sandara,
che nel tempio Kandarya troverà
un superamento trascendimento o una rimarginatura
quasi completo nella assunzione di un nuovo paradigma saptaratha,
che farà sempre corrispondere tre ratha del sikhara
a quelle della finestra balcone che ha preso il posto del bhadra,
ma che ne contemplerà due ulteriori per le due pratirathas sopraggiunte,
insieme con delle sikarikas ulteriori
a culminarle, e se destina ancora i bhadra ratikas a
nuove immagini di una serialità divina
volta al dio, quelle delle saptamatrikas,
ripristinerà i karnas quali
presidi dei dikpalas.
Nei templi
ulteriori di Khajuraho,
il livello più alto della manifestazione del divino nelle sue emanazioni
meno determinatamente concrete, che nei templi sundara di Khajuraho era
stato espresso nelle sculture interne od esterne al garbagriha,
lungo il corridoio della galleria, nel mahamandapa,
viene di nuovo ricondotto sulle parerti esterne, ma secondo il nuovo
paradigma sapratha,
acquisito con il tempio Kandarya Mahadeva.
Nota esoterica Nella
fruizione del tempio hindu noi
dobbiamo farci la stessa energia radiante del tempio, nelle sue forme,
inspirare da esso,espirare e a nostra volta inspirare negli altri la
stessa tensione vibrante, riassorti,
nell’espandersi nel mondo e nel fare da esso ritorno del divino)
Così intesa la concezione architettonica del tempio Lakshmana, è
possibile la più libera fruizione della sua bellezza spirituale, nel suo
avvenirismo e nei suoi arcaismi, preavvertendo soltanto che ad ogni
tentativo di sistematicizzarla filosoficamente, magari come pur
mirabilmente ha intrapreso Devangana Desai, nella espressione
architettonica del sistema tantrico vishnuita Pancharatra, al seguito
del l'effige del dio Vaikunta traslato al suo interno opporrà fino all
ultimo le resistenze e di un'opera che è anche di maestranze incolte di
cantiere, e della sublimità propria dell'arte e della religione più
alte , che è la virtù magnifica di far coesistere insieme ciò che è più
spirituale e più materiale, l'amore e l escremento, l uno ad
espressione dell'altro, la germinazione ancora immanifesta del Principio
e del divino, con la scimmia che svela il sesso di una ninfa intenta a
contemplarsi in uno specchio., ancora lungo le pareti del garbagriha.
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