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venerdì
27 agosto 2010
Caro Fabio,
sono Odorico. Eccoti quanto mi
ha detto il mio amico sulle questioni che mi hai
posto, con il suo caro linguaggio di inventiva
concretezza evocativa.. In India il bufalo maschio è
impiegato per fecondare e come animale da traino,
particolarmente per il trasporto di carichi pesanti,
per i quali si fa generalmente preferire all'ox, il
bue gibbuto indiano, -o zebu-, essendo più
vigoroso. Si presta particolarmente per i lavori nelle
risaie, data la sua predilezione per gli ambienti
umidi, di cui necessita e dove ama stare in ammollo.
Non è commestibile per la popolazione hindu,
neanche quando muore di morte naturale, a differenza
di quanto ti ho vagamente riferito. Viene allora
abbandonato nella boscaglia della giungla vicino al
villaggio, dove se ne nutrono gli animali. Alla sua
morte i suoi resti vengono utilizzati solo dai dalit,
i fuori casta intoccabili che ne conciano le pelli, ad
esempio per ricavarne la membrana tesa dei tamburi,
oppure se ne polverizzano le ossa per fertilizzare i
campi.
I bufali vengono macellati solo nelle
grandi città, e le loro carni vengono mangiate
dagli indiani islamici, ai quali sovente sono
spacciate come carni di montone, Ma non in tutti gli
Stati sono commercializzate. Al mio amico non è
mai capitato di ritrovarle in vendita nelle macellerie
del suo Stato, il Madhya Pradesh.
quanto ai
maiali, se ne nutre scarsamente solo la popolazione
non islamica, con il distinguo che gli hindu si cibano
solo dei maiali che vivono nella giungla e che non si
nutrono dei loro escrementi, come quelli allevati o in
circolazione presso gli abitati, di cui si nutrono i
soli dalit.
Quanto al sistema pensionistico
indiano, Kailash mi ha detto che eroga pensioni - “
very good, good,good pensions”, a suo dire-,
solo ai lavoratori pubblici e dei grandi gruppi, con
limitazioni crescenti per chi ne può usufruire.
Recentemente l'età pensionistica del
pubblico impiego è stata elevata da sessanta a
sessantacinque anni. Nello stato del mio amico, per i
giovani insegnanti ultimamente assunti nelle scuole
primarie, è previsto uno stipendio di 3.000
rupie mensili - l' equivalente di una sessantina di
euro-, senza più contributi pensionistici.
Caro Fabio, riflettendoci ulteriormente, nei
giorni scorsi, mi è parso che il passo del
Vangelo che ricorre nella odierna messa domenicale e
che ti avevo citato l ultimo giorno che a scuola ci
siamo visti, quando hai prontamente avvertito l'
attaccamento che pregiudica la mia salvezza
spirituale, dove il Cristo afferma che “Chi vuol
salvare la propria vita, la perderà, ma chi
perderà la propria vita per causa mia, la
salverà”, abbia felicemente risolto il
mio sforzo di tradurti dal vivo il senso della
religiosità indiana, e che esprima quanto di
più profondo immedesima la spiritualità
del Cristianesimo e delle fedi indiane, di induismo e
buddismo
In partenza per l India ti rendo
nuovamente grazie di essermi solidale in uno sforzo
umano che per le limitazioni a cui mi obbliga- giacchè
in India suppongo di dover vivere come un rifugiato in
casa del mio amico, e che potrò impiegare le
mie risorse solo per essergli di aiuto- sempre più
mi appare sostenibile solo per fede e per amore .
Potrai seguirmi, spero, sul mio blog .
Felici vacanze a te ed ai tuoi cari
Odorico
Fa buon viaggio, allora, nella
fede e nell'amore.
Grazie per la premura
nel
rispondermi. Ti seguirò sul blog.
Ciao,
Fabio
Kajuraho, 11 luglio 2010
Nel trascorrere delle prime
settimane in Khajuraho, anche in me è sopravvenuto
ciò che è già intervenuto nella
famiglia di Kailash, la riapparizione di Sumit in Chandu, la
sua ricrescita stupefacente nella sempre più
incantevole somiglianza che( sempre più) il
fratellino minore manifesta con le sue dileguate sembianze,
nell'aspetto fisico come nei modi di essere e di fare.
Chandu ride e gioca identicamente, identicamente mi si è
aperto e mi da sberle sul volto, come Sumit mi si è
aggrappato al seno quando si è ritrovato tra chi
invece lo spaventava.
Per quanto possa contristarmi che
ciò stia succedendo,come quando ricercavo nel parco
di Panna il luogo dell' ultimo pic nic che ci aveva
ritrovati insieme l'estate scorsa, che l unicità di
Sumit e la sua perdita siano state così riassorbite
irresistibilmente, che la sua ritrovata presenza sia
l'annientamento che ne è avvenuto in Chandu, se non
ne è avvenuta la prodigiosa rinascita nel fratellino
che gli era sopraggiunto, non posso che contribuirvi io
stesso ogni giorno, sempre di più, con il prendermi
cura del nostro ultimo nato ogni volta, che per sedarne l'
insorgenza del pianto, me lo accosto al voltoncome il Dio di
Osea portava alle sue guance Israele fanciullo (lezionario
della Messa di giovedì scorso, Osea 11,1-4, 8c-9).
Forse Ashesh, lo straordinario figlio della sorella di
Kailash che senza nulla chiedere, od esigere, accudisce
Chandu alleviando le fatiche di Vimala, l'altro giorno ha
espresso la natura stupefacente della dispersione e del
ritrovamento che è avvenuta nei nostri animi, quando
indifferentemente ha chiamato il bambino prima con il nome
di Sumit, e poi di Chandu.
Frattanto, le notizie che mi
ha recato Kallu sull'andamento deludente della vendita del
raccolto di lenticchie, il suo vano prodigarsi con tutta la
famiglia, nel miraggio di un lucro, per imbandire le più
squisite pietanze di cui sia capace agli ospiti recenti sud
coreani, e farli addentrare il giorno seguente nella case e
nel mondo in cui nato e in cui vive, fino a radunare e far
suonare insieme, per loro che si sono sfrenati nel ballo,
una banda di amici nel suo villaggio natio,(fino a far si
che una banda di amici che al suo invito si è
prontamente riunita nel suo villaggio natio, suonasse per
loro che si sono sfrenati nel ballo,) pur essendo
consapevole che non avrebbe racimolato che una miseria di
rupie, hanno ribadito la vanità di ogni suo darsi da
fare, di ogni nostro sforzo ed intento volto a un guadagno.
,
E la cattiva riuscita del più facile viaggio che
abbiamo mai concertato, l'escursione in Gwalior con Purti ed
Ajay, dal cui pernottarvi la mia sacra famiglia, nel suo
nucleo ridotto, è stata esclusa perchè vi
erano alloggiati più aspiranti ad un posto in banca
di quanti siano coloro cui la città può
offrire un posto letto, è stato il presagio di una
sorte che nessun Dio sembra più benedire, nonostante
la nostra preghiera e le nostre puje di ogni giorno.
E
solo la luce della gratitudine con cui Kailash si attiene a
ciò che gli propongo per migliorare lo stato e l'
ordine della casa, per rendervi più sicura la vita
dei bimbi dalle insidie che vi annidano, quali le griglie
senza reticolati delle pale dei coleer in cui avrebbero
potuto finire maciullate le mani di Chandu, la grazia
illuminante che s'accende negli occhi di Ajay quando i
metodi di insegnamento ne schiudono la mente dislessica alla
comprensione dell inglese, o nelle gentilezze cui Purti
finalmente si rivela sensibile nei miei riguardi , mi
risollevano dallo scoramento in cui cado di fronte al
disordine che ritrovo ogni giorno nella nostra casa comune,
e in cui tutto sembra che sia finito o che finisca distrutto
e disperso, allo sconforto che insorge fin dal loro
risveglio in cui li rivedo stesi a dormire aggrovigliati
dappertutto, o che mi attanaglia quando sento di cogliere
l'immensità del guasto che presumo di aver recato con
il mio aiuto a Kailash ed alla sua famiglia, snervandoli
della forza di privazione della loro povertà di cui
Ashesh, che per tutti noi si sacrifica senza nulla chiedere
e pretendere, forte dello spirito di rinuncia di cui sono
divenuti incapaci Kailash e i suoi cari, nella loro
assuefazione a dipendere così tanto da me,è
tra noi la pietra di paragone e di scandalo.
Pubblicato da odorico a 21:58
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Hyderabad, Venerdi 26 luglio
Che tristezza,
ora al mio risveglio nella stanza d'albergo di Hyderabad,
ritrovarmi nella terra dei moghul bianchi con la sola copia
accanto del libro omonimo di Dalrymple, in luogo della
presenza fisica di Kailash, ritrovarmici di nuovo in India
senza di lui.
Dopo che si era tramutato in tempesta il
vento che credevo che fosse il solo frutto del concepimento
del mio aiuto per lui ( Isaia, 16-19), al farsi ombra nella
mia mente della luce delle terre dell' India, e che io ero
divenuto nella sua casa il leone ruggente che vi stazionava
cercando di divorarlo ( 1, Pietro, 5,8), se egli insisteva a
trattenermici ancora, impedendomi di avventurarmi nel
viaggio, il fatto che non mi rispondesse più al
telefono, si è aggravato nell'indizio che l'avessi
perduto per sempre, e che l'India fosse divenuto un luogo
dove non avesse più senso restare e tornare,
smarritovi per mia imperdonabile colpa il suo tesoro a me
caro.
Tale era stata la mia profanazione del tempio dei
nostri affetti familiari, della memoria vivente di Sumit,
che presagivo che Kailash oramai preferisse tornare alla
miserabile vita del suo villaggio, che permanere con il mio
aiuto intollerabile in quella più confortevole
casa.
In attesa dell'autobus per il Charminar, che gioia
esultante, poi, quando ho sentito pulsare il cellulare, e
alla mia felicità che si appigliava alla sua voce,
come se al riudirla avessi ritrovato la ragione della mia
intera esistenza, lui si è rivolto di slancio
dicendosi felice di sentirmi così tanto felice, che
la sua mente potesse ritrovare la sua quiete se l'aveva
ritrovata la mia. Nessuna separazione poteva più
renderci infelici, nel permanere in India lui a Khajuraho,
io in Hyderabad, durante i pochi giorni all'anno in cui ci
sarebbe stato possibile altrimenti stare insieme.
In
Khajuraho, mi riferiva Kailash, durante la notte due dimore
era state visitate dai ladri, che vi erano penetrati nel
cortile dal terrazzo, dei cior che la polizia ora
schiaffeggiava, e questa vicenda rendeva necessario che
assumesse delle misure cautelari, prima che per raggiungermi
in Hyderabad potesse lasciare Khajuraho, dove la sua casa
non poteva restare affidata custodita solo da donne, al
rientro ritardato di Vimala con Chandu, che sembra stia ora
bene. Assumeva così una giustificazione postuma il
fatto che non avessi prorogato la mia partenza per l Andra
Pradesh, per consentirgli di accompagnarmici, tali e tanti
sono i vincoli e gli imperdimenti insorti nel trattenerlo.
I
contatti telefonici tra me e Kailash, assordati dal traffico
anche sull'autobus che mi conduceva al Charminar, sono stati
la clausola felicemente risoltasi della mia felicità
in Hyderabad,ar, tra i vicoli del bazar che vi è
sorto intorno, dove in una cabina di uno speziale islamico
ho potuto chiarirmi meglio, lungo la via che ho intrapreso a
piedi verso il forte di Golconda.
Tinteggiati di chiaro
nella calcinatura, laboratori artigianali vi si succedevano
a officine meccaniche, negozi e scuole e ambulatori
pediatrici, tra le rovine di moschee e di tombe di santi
sciiti, sin oltre il ponte sul Musi.
Le acque, che erano
state fonte della vita rigogliosa della Hyderabad dei nizam,
vi stagnavano nauseolente tra lavatoi e immondezzai
rovistati dai porci.
Estenuato interrompevo a un certo
punto il percorso a piedi, per concluderlo in autorisciò
ai piedi del forte. La vista che vi godevo dal barahadar,
era meravigliosa dal lato che volgeva ai serpenteggiamenti
tra i declivi incolti della cinta muraria dei bastioni
sottostanti, prima che ne emergessero dal passato le cupole
delle tombe dei Qutub Shah, le cupole proiettate al futuro
di una fantasmatica Cyberabad.
Era sorprendente come
tuttora, quanto nelle memorie di Philip Meadows, raccolte da
Dalrymple, di com'era Hyderabad al tempo dei nizam, la città
giacesse ancora alla vista in una coltre di verde, pur se è
divenuta nel frattempo una megalopoli di milioni di
abitanti, ne emergevano solo alcune aggloimerazioni “
di tutte quelle strade cosi affollate di gente e stipate di
abitazioni”, le arterie pulsanti di un traffico
immenso di veicoli ed uomini che la sera rendeva sfolgorante
delle luminarie e insegne di negozi e grandi magazzini e
supermarket, , in cui mi sarei ritrovato immerso in autobus,
a piedi, al mio rientro fortunato nel Troop bazar.
Pubblicato da odorico a 21:59
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25 luglio, domenica
“ Io non vengo, perchè
non posso perdere un'altra persona della mia famiglia”,
il nostro Chandu, dopo Sumit, per l'inaffidabilità
delle mani in cui l'avrebbe lasciato in caso di
pericolo.
Finalmente, senza più infingere a se
stesso di potermi raggiungere a giorni, Kailash è
giunto a dirmi la verità delle cose, la perdita del
cui senso, con la mia perdita del lutto per Sumit, è
stata tutt'uno con la mia perdizione mentale nella sua casa.
E nessun miglioramento dello stato di salute di Chandu,
avrebbe potuto o potrebbe consentirgli di partire con me o
di raggiungermi qui in Hyderabad.
Talmente tutto appare
più precario, e a rischio, della sorte dei nostri
bambini, di Chandu ancora più piccolo ed esposto,
dopo la morte di Sumit,
Finalmente era consapevole delle
ragioni per le quali non era differibile la mia partenza, e
che con la perdita compulsiva di ogni riguardo per la sua
persona e per l'accaduto che sapevo all'origine di tutto,
gli aveva la mia brutalità coatta. Le ragioni
economiche non c'entravano, con limpedimento reale a che
possiamo viaggiare ancora insieme.
IO ero appena reduce
dalla più meticolosa visita, sotto la pioggia, delle
ammirevoli tombe dei Qutab Shah, e nella sua casa c'erano
dei turisti francesi che s'apprestavano a mangiare pietanze
italiane, della cui scarsa disponibilità di mezzi
egli non voleva approfittare, per i quali da Hyderabad non
potevo fare gran che.
La luce era appena mancata nella
stanza dell'hotel, e solo i generatori ne consentivano la
residua illuminazione. Ora compenetrato della desolazione e
della precarietà ch'è nella realtà
delle cose, mi accingo a lasciare Hyderabad per i templi
brahmanici di Alampur, incrementando e protraendo la mia
lontananza indiana da Kailash, al contempo affrettando i
tempi del compimento del mio itinerario, che seguiterà
poi in Palampet, Warangal,- le località monumentali
dei Kakatya,- in Amaravati, in Nagarjunaconda, i siti
buddisti di capitale rilevanza dell'Andra Pradesh, per non
separarmi più da lui in Khajuraho, nella visita solo
insieme a lui della sola meta restante della Luchnow dei
nawab, fino alla mia partenza sconfortante per l' Italia.
Pubblicato da odorico a 21:59
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Mercoledì 28 luglio
Nel raggiungere il tempio
di Ramappa dal punto in cui mi aveva lasciato il microbus
che proveniva da Mulug, dove appariva sullo sfondo di tenui
rilievi, in uno scenario incantevole di risaie e di palme-
l'Orissa non è certo distante-, più che alle
sue preziosità scultoree ed architettoniche mi
predisponevo al senso del divino che il tempio Kakkatya
potesse rivelarmi, in unità shivaita di spirito con i
templi di Alampur, che ho lasciato il giorno avanti, oramai
a oltre quattrocento chilometri di
distanza.
…........................
I templi di
Alampur li ho visitati una prima volta la domenica scorsa,
nell'oscurità della sera che incombeva dopo il
temporale monsonico che si era scatenato quando mi ritrovavo
già in prossimità del villaggio.
sull'autorisciò che vi conduceva dall incrocio in cui
mi aveva lasciato l'autobus diretto a Kornul. Più che
sulla spiritualità degli interni, rievocativi dei
templi primevi di Ahihole, in ragione della inclusione della
cella dentro la spaziosità schermata della sala del
mandapa, che l'involveva come un sacello nel deambulatorio
della pradakshina, mi ero soffermato sulle ornamentazioni
fluttuanti e i rilievi dei pilastri, , sulle saptàmatrikas,
i ganeshas e la mahishasuramardini del più semplice
dei templi brahmanici, il Kumara, sui dikpalas e le figure
femminili in intimità con le proli del Vishva
Brahma.
Sotto la pioggia ch'era di nuovo ripresa, mi sono
avviato ai templi di Brahma retrostanti- in realtà
shivaiti anch'essi-, il Bala, il Garuda, lo Svarga.,
soffermandomi nel primo ancora aperto al culto per
un'offerta rituale. Vi ero incantato dalla profusione di ori
e colori, dalla salmodia dell'invocazione reiterata del nome
del dio, dallo spettacolo nella sera corrusca dei sikkara
che curvavano nel cielo le loro dorsali pietrose, desunta
dai templi nagara del nord, sullo sfondo delle bianche torri
gremite di statue variopinte dei gopura di un tempio
dravidico.
Se volevo procedere oltre, dovevo levarmi le
calzature e procedere a piedi nudi nei camminamenti del
recinto dei templi, dove il percorso obbligato tra i templi
antichi e quelli più recenti era stato mutato dal
monsone in un fangoso decorrere d'acque.
Mi ci
avventuravo in prossimità del Garuda Brahma, dello
Svarga Brahma che appariva intralicciato tra i ponteggi e le
impalcature del restauro, e già mi cimentavo , sotto
la pioggia a dirotto, a fotografarne i dvarapalas, che
sopraggiungevano tra l'erba maiali allo stato brado, che
s'inoltravano nell'acqua che rifkluiva ai miei piedi,
seguitati da branchi di capre. Il mio spirito ammirativo non
defletteva tra i maiali che mi stavano intorno, più
forte che l'angoscia della contaminazione in cui erano
immersi i miei piedi, esaltato e tremante che la mia
vitalità presente si fosse fatta tutt'una,
nell'avventarmi nel rischio, con la realtà dell India
nella sua paurosa natura animale, che sopraggiungeva ad
adocchiarmi dal portico del tempio percolante di pioggia,nel
branco di scimmie ch'era sopraggiunto...
Giungevo invece
nella solarità di Palampet alle soglie recintate del
tempio kakatya, ma di nuovo l'accesso al dio, intenebrato
nell oscurità più profonda, era il ritrarsi
dalla luce viva del giorno, per addentrarsi nella penombra
crescente di portali e mandapa, fino al cospetto del linga o
dell'icona sacra, differito dal vestibolo più ancora
in ombra. Nella numinosità degli interni shivaiti,
l'immancabile Nandi era l'eterno devoto in adorazione
fedele, di fronte a Che si stagliava oltre gli stipiti della
cella che lo prospettavano, emergendo invincibile, dal buio
alla luce, come l'eterna origine prima, l' ingerminante
unità di ogni vivente, nel suo fulgere vibrante anche
nel grembo più notturno," shining more in the
darkness, shining in the deepest darkness above all,"
come avrei tentato di dire, l'indomani, a quel banchiere
locale nel tempio dei mille pilastri di Hanamkonda
emergendo
invincibile dal buio alla luce come l'eterna origine prima ,
ingerminante unità di ogni vivente, nel suo fulgere
vibrante, anche nel grembo più notturno, shining more
in the darkness, shining in the deepest darkness above all,
come l indomani avrei tentato di dire a quel banchiere
locale nel tempio dei mille pilastri di Hanamkonda
Pubblicato da odorico a 22:00
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lunedì 30
agosto 2010
"
I will die, io voglio morire , se accade ancora per un altro
mio bambino, per Chandu"
Che Kailash mi chiamasse
vedendomi al computer,a migliaia e migliaia di chilometri di
distanza, nel clamore e tra le risa dei conoscenti, anzichè
inibirne le parole, ieri gli dava modo di dirmi ciò
che mai in mia presenza ero giunto a esprimermi del sentire
del suo cuore, ciò che ( quanto) sapevo ch'egli
pensava e provava, ma la cui espressione diretta mi
sconvolgeva ora in ogni mia fibra in ascolto.
"
Anche Sumit, prima di ciò che è successo,
aveva la tosse di(come) Chandu, in questi giorni", per
questo, temendo ugualmente la morte di Chandu, sentendo di
non potergli sopravvivere se Chandu avesse fatto la stessa
fine di Sumit, in questi giorni Kailash è corso
disperato dall'uno all' altro medico, in Bamita, dallo
specialista di Chhattarpur, ed era disposto anche al
ricovero del bambino in ospedale, come la tosse di Chandu si
è fatta insistente, al punto da risvegliare e fare
piangere il piccolo, di continuo, nel corso della notte.
Ed
io sapendo ogni cosa, gli ho detto che facesse di tutto,
ch'ero disponibile a recargli ogni aiuto possibile e che si
rendesse necessario, benchè non temessi che la
malattia di Chandu fosse grave, pur avendo ben presente come
anche a Sumit i medici avessero diagnosticato che si
trattava soltanto di un lieve malore stagionale.
(E' come
se Sumit e Chandu fossero lo stesso bambino, nella sua
versione morta e in quella che ci è stato concessa
una seconda volta, sicchè perdere anche Chandu
sarebbe l'ulteriore tragica perdita dello stesso Sumit, l'
annientamento definitivodi un irripetibile miracolo nella
catastrofe, per una nostra irredimibile colpa o
insufficienza.)
Ma così, in capo a neanche dieci
giorni da che ho lasciato l' India, si era esaurita ogni
riserva utile di quanto a Kailash avevo lasciato, rispetto
all incombere delle spese per la scuola, per l'affitto di
casa e negozio, e l'angoscia del cuore del mio amico, così
riverberatasi nel mio, prefigura che la salute dei suoi
bambini divenga un'emergenza continua, cui si dovrà
sopperire ad ogni sentore di allarme con i rimedi estremi,
l'abisso della tragedia che incombe sul nostro destino,
giorno dopo giorno, che il mio sconforto evoca ogni volta
che penso che Kailash ha ancora solo trentatre anni, così
segnati( pregiudicati) dalla sventura per tutto il tempo a
venire.
( Nella consapevolezza che non mi dà
tregua, che benchè la sua sorte sia così
addentro al mio cuore, la mia mente resta votata nei suoi
riguardi all'aggressione e all'attacco, a minarne felicità
e difese rispetto all' (nell')insostenibile. Kailash,
adorato amico mio, termine sacro di una mia compassione
infinita, mio intollerabile limite, compimento e negazione
della mia libertà ultima, di tutto quanto io voglio e
posso ancora fare di me stesso e della vita che ancora mi
resta.)
Pubblicato da odorico a 22:00
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venerdì 3
settembre 2010
Da quando, con il mio rientro dall India, mi sono
distaccato anche dal piccolo Chandu,il mio adorato figlio
adottivo, mi sono valso del distanziamento per sdoppiarlo
dal fratello Sumit, il lutto per la cui perdita era stato
riassorbito a tal punto dal suo rivivere in Chandu, che non
lo avvertivo più come un sentimento reale. Mi era
intollerabile questa seconda perdita di Sumit, che la realtà
della vita avesse tanta forza da vanificarne anche il
ricordo, che come un cucciolo domestico potesse a tal punto
essere stato sostituito da Chandu nei miei affetti.
La
gioia con cui nel Karim restaurant di Delhi gustavo (
celebravo) l'esultanza di esservi di ritorno , di
riassaporarvi la cucina moghul tra il clamore degli
inservienti giovani e degli uomini che ne godevano le
pietanze attavolati e festanti, distolti da ogni affanno dal
piacere di mangiarvi insieme cicken mughlai o moutton kebab,
era stata di una tale esuberanza vitale da annichilirvi
nell'estasi dello stato presente ogni mia forma di dolore
possibile, ogni sentimento del mio bambino morto che evocavo
invano per sentirlo ancora in me presente.
Recuperarlo,
ritrovarlo nel lutto, è stato l'imperativo dei miei
giorni seguenti, quando ne ho ripreso le immagini più
strazianti e ne ho ottenuto le fotografie che tengo nella
camera di letto. Sono la sua foto, scattata da Kailash,
mentre ne ne sta a sedere, nel suo stupore attento alla
realtà circostante del cortile di casa, sulla
lettiera indiana insieme con il fratellino ch'era
sopraggiunto, a nemmeno un mese dalla sua morte imminente,
sono la foto ravvicinata in cui mi viene incontro radiante
di gioia, gli occhi che gli si spalancano per la felicità(
più piena ed) esultante di vivere la vita.
Cosi
la pena della sofferenza del lutto si è ripresa la
mia esistenza( la mia vita), ma io ho ritrovato in me Sumit,
nella mia fedeltà affettiva all'inconsolabilità
della sua irrimediabile perdita, finchè io permanga
in questa valle di lacrime, allo strazio di ogni mancato
sviluppo, nel tempo, della sua unicità distrutta nel
suo primo sbocciare.
Pubblicato da odorico a 07:46
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