|
DIARIO
SPIRITUALE DI MEDITAZIONE, CRONACHE E COMMENTI DI ODORICO
BERGAMASCHI
SABATO 25 OTTOBRE 2014
Nel dolce lume
indiano di Diwali 25 ottobre, Nel dolce lume indiano che volge
l’estate in inverno, che incantevole giornata oggi ho
trascorso con il mio incantevole Chandu, già di primo
mattino a sollecitarmi al gioco con la sua manina che mi toccava
la schiena che gli volgevo, intento a leggere al computer della
giovinezza di Leopardi nelle meravigliose pagine di Pietro Citati.
Tramutando le portamine in siringhe, voleva i miei guaiti e ululii
alle sue iniezioni di dottore, che accompagnassi le sue
digitazioni al computer che gli ho regalato, Quando di pomeriggio
sono stato di ritorno dal Raja cafè per dotarmi di monete,
poiché avevo in tasca 500 rupie di cui era difficile
rendermi il resto dal barbiere cui intendevo recarmi, né
potevo mettere piede in alcun negozio impunemente, senza che ne
scapitasse la mia reputazione, con una barba così ispida e
i miei capelli infoltiti, se lo stesso Kailash le prime parole che
alla stazione aveva avuto modo di dirmi erano stato che non mi ero
dunque tagliato i capelli durante la mia permanenza in Italia,
Chandi mi ha intercettato in stanza per riprendere i nostri giochi
e tinteggiarmi di rosso sotto la maglia, punteggiandomi finanche i
capezzoli, prima di consentire ad uscire con me sul portapacchi
della mia bicicletta, a spasso insieme tra i banchi e le
bancarelle che erano quanto permaneva per le strade della festa di
Diwali, insieme con la gobar puja di fantolini di sterco, che
evocavano l’impresa krishnaita di Govardan
E dire che
ancora ieri, non aveva voluto saperne di salirmi in groppa od in
braccio per assistere agli spettacoli di danza degli ultimi gruppi
che da villaggi vicini e remoti erano convenuti per Diwali in
Khajuraho Shiva Mathangheswara, nei loro piumaggi di penne di
pavone e battiti rituali di guerresche canne di bambu,
che
ondeggiavano e balenavano risuonando tra la folla che gremiva le
vie e le scalinate del tempio.
A nulla erano valse le
sollecitazioni più consapevolmente diseducative, un gelato
in premio, che non mi facesse dispiacere, purchè così
mi propiziasse la riconciliazione interiore con papà
Kailash, che nella ricorrenza della festività per la quale
avevo lasciato la mia famiglia in Italia disertandone ancora una
volta il ritrovarci insieme a Natale, non aveva trovato di meglio
che farsi strumento di contrappasso e lasciarmi da solo in
Khajuraho con Vimala, per recarsi dai genitori in Byathal
portandosi appresso tutti quanti i bambini, senza che a quanto mi
ha risposto ad una mia esplicita domanda, vi fosse alcuna puja in
giornata da concelebrare insieme, mentre il protrassi delle
vacanze sino a posdomani avrebbe consentito la stessa sortita
anche i giorni seguenti. Come se non fosse bastato nei primi due
giorni di avvio di questo mio nuovo soggiorno, avessi scoperto che
di sua iniziativa aveva ceduto ad altri i miei dizionari di hindi,
e prima ancora, che nei suoi giri di parole mi aveva sottaciuto al
telefono che il nostro negozio da barbiere poteva fungere oramai
solo da bugigattolo delle sue suppellettili e del suo mobilio che
vi aveva ammassato nuovamente, dopo averlo dovuto dislocare
altrove, poiché nel vano accanto più vasto che era
stato già ricostruito dal proprietario dopo che le ruspe
l’avevano demolito senza che occorresse affatto per far
posto alla nuova strada, sedato con un incalcolabile risarcimento
il furore che l’aveva fatto avventare armato di pietre
contro l’ufficiale dello smantellamento e finire in
prigione, avevo potuto vedere armeggiare di forbici e rasoi
l’infido Moma, cui era stato concesso in affitto dopo che
aveva tentato di subentrare nel nostro vano, che la contiguità
del suo negozio aveva ridotto al più ad un ripostiglio
nella sua ristrettezza. Il cielo ha voluto che i miei furori
furibondi si sopissero ugualmente, che Kailash non ne fosse
minimamente raggiunto e sconvolto, nel vedere sortire la vile e
crudele minaccia di fare già armi e bagagli da chi la
mattina stessa, raccogliendone l invito. si era beato di prendere
il posto di Vimala nel lettone grande, tra i nostri bambini che
ancora erano assopiti nel sonno, la nostra Poorti accanto al papà,
mentre oltre Vimala a lei accanto erano rannicchiati insieme
Chandu ed Ajay. Ed oggi , sventata la mia follia, la luminosa
compensa, insieme con l’infinita grazia di Chandu, è
stata l’armonia d’intenti con Kailash, nel dispendio
che posso concedermi e prodigare per lui ed i nostri cari perché
egli per primo sa prodigarsi fuori di casa un’intera
giornata, in attesa che sia il turno del suo autoricshaw di fronte
all’hotel dove ha stazionato, per sole cinquanta rupie di
guadagno odierno, meno di quanto mi siano costati i due the che mi
sono sorbito, per trarne ristoro dal malore influenzale che
lievemente m’affligge, e che avrebbe dovuto trattenermi da
ogni contatto con Chandu. Sempre che domani egli sia in salute
e giocoso come tutt’oggi, le mie cure dovranno intanto
volgere ad Ajay, che la puja in famiglia della sera di Diwali ha
rivelato essere chi in famiglia è smarrito. “ E'
l’unico che ha fatto cadere l’acqua di cui dar da bere
agli dei”, mi ha prontamente rilevato Kailash, che da bravo
padre di famiglia,
ha bene inteso come una delle funzioni
della puja sia la chiarificazione nel corso della partecipazione
al rito, di quale sia l’adesione allo spirito della famiglia
degli officianti. PUBBLICATO DA ODORICO A 23:57 NESSUN
COMMENTO: MARTEDÌ 14 OTTOBRE 2014
lettere
Caro
B. sono Odorico. Ti scrivo durante la mia permanenza in
Italia al mio rientro dall’India, dove risiedo ora
prevalentemente, da che sono in quiescenza, presso la mia cara
famiglia di adozione. Spero di ritrovarti in una situazione
migliore di quella che mi affligge, mentalmente, nel chiederti
se puoi indirizzarmi a qualche editore che possa interessarsi ai
miei reports di viaggio in un'India archeologica ed
architettonica sconosciuta ai più, dove i loro itinerari
propositivi spaziano dalle pitture rupestri all’architettura
contemporanea,in particolare grazie a mie conoscenze inusuali
dell'induismo templare. In sintesi, ciò di cui avrei
bisogno è che un editore mi assicurasse una loro
pubblicazione futura, magari anticipando su una rivista quella
dei singoli scritti, in modo che mi sia dato di attendere con
calma e lucidità mentale alla revisione e al completamento
che ancora richiedono. Allego intanto due soltanto dei miei
reports, che ho prescelto non perché siano i migliori,
ma in quanto più d’altri nelle loro infinite
imperfezioni residue sono pervenuti ad essere adeguati. Spero
che il formato Pdf non tradisca più di tanto quello
originario.
Con affetto Odorico. E stammi
sereno, almeno tu... On Fri, 29 Aug 2014 14:34:56 +0530
"Baldissera Di Mauro" <bdimauro@regione.umbria.it>
wrote >
Caro B. Grazie di tutte le cose care e
belle che mi scrivi. Purtroppo su di te quanto mi dici è
sconfortante. Eppure bisogna vivere, per quel che vivere può
ancora significare o si è ridotto ad essere per noi.
Mi ha fatto davvero piacere che i miei report tu li abbia
trovati molti belli, refusi a parte. Fosse solo un problema di
distrazione...E’ che nella mia esistenza sottovuoto di
scrittore sono quanto mai intempestivo, nella duplice
accezione opposta del termine, che mi vuole al tempo stesso
ancora precoce ed in ritardo. Mi va benissimo come intendi
darti da fare. Mi sento solo di anticiparti che potrà
essere un problema il corredo fotografico. Un ampio supporto
di immagini- e di qualità- mi sembra imprescindibile,
soprattutto per i templi hindu. Non ho ancora rinnovato il
visto – turistico o di lavoro-, né tanto meno ho
acquistato il biglietto aereo. Con il mio amico Kailash
Sen ho preventivato di non fare ritorno prima di ottobre, in
previsione di un settembre piovoso in India, dato che la
stagione dei monsoni è ancora di là da venire
nel Madhya Pradesh. Inoltre devo prolungare il più a
lungo possibile il mio soggiorno in Italia, per ritrovarmi altre
volte con mia madre. I soli termini certi sono che il visto
deve consentirmi l'ingresso ad iniziare dai primi di ottobre,
disponendo di un contratto di assunzione come insegnante che
decorre dalla metà del mese, e che vorrei essere in
India per Diwali, tra il 23 ed il 27 ottobre. Intanto il
bambino più piccolo del mio amico seguita a chiedere quando
io torni, e si rifiuta di parlarmi al telefono quando gli dico
che non sarà l’indomani. Questo è il
problema. In India ho un’ esistenza elettronica più
ridotta che in Italia, per le limitazioni impostemi dall’uso
della chiave elettronica. La posta e le informazioni le posso
ricevere quasi sempre regolarmente, e per Skype in Khajuraho
ci sono ottimi internet center. Mi è invece sempre
possibilissimo, via internet, in tempo utile pagare il canone
televisivo e tasse odiose come la Tasi in quanto inquilino.
Con rinnovato affetto e gratitudine Odorico
Mantova
25 settembre 2013 Caro B. qualora il documento che tu
intendi inviarmi sia un dattiloscritto stampato puoi spedirmelo al
seguente recapito Odorico Bergamaschi Piazza d’Arco
6 f Mantova 46100 Se invece è un testo elettronico,
quale che sia il formato, puoi inviarmelo ai seguenti indirizzi
e-mail: odoricob@yahoo.it o
bapuculturaltours@rediffmail.com In merito alle cose che ci
siamo detti, è vero che la mamma di Arundhati Roy era
cattolica e del Kerala, mentre il padre era un bramino del
Bengala, per cui entrambi non erano di madre lingua hindi.
Credo che in un’ intervista Arundhati Roy abbia detto di
quanto sia spiacente di ritrovarsi nello scrivere solo usando
l’ inglese.. Quanto alla "Grande Bellezza"
comprendo le tue perplessità. e se ne fossi stato
sceneggiatore avrei diversamente e con più spessore
culturale caratterizzato la figura del cardinale , facendone
un elargitore della “grazia a buon mercato”, di cui
scrisse Bonhoeffer, tramite formule quali quella famigerata
che “dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia”, o
che “anche una bestemmia va contestualizzata”, un
giusto mix tra Tarcisio Bertone e mons. Fisichella, ma resta
vero che ci sono prelati anche più spregevoli di quello
inscenato nel film. Nella mia città la curia ha
allestito una mostra nel Museo Diocesano celebrativa del Gonzaga
più dissoluto di tutti, quello di “ una Vergine
per il Principe”, Vincenzo I che mise al rogo una
vecchia ebrea, ed altri sette ebrei fece morire appesi a testa in
giù solo per avere dileggiato dei francescani. Ne ho
scritto a suo tempo sulla Gazzetta di Mantova come di uno
scandalo, nel silenzio generale. Quanto ad India ed
Occidente mi attengo nella mia “reincarnazione”
indiana all’"ibridazione reciproca" di cui
parlava Panikkar. Non mi va di lasciare la speranza
cristiana. Tieni conto di me anche come eventuale reporter. In
India socialmente sto diventando troppo familistico. Ed ho
referenti interni possibili anche in Iran o in Cina, dove vorrei
ritrovare margini per fare ritorno.
Ciao. Odorico
Mantova, 2 ottobre 2014
Caro B.
Complimenti
per la tua bravura finanche eccelsa di scrittore, nonostante le
riserve che pur suscita- un conto è saper scrivere di
tutto, un conto è scrivere di tutto, in un unico testo,
magari con il rischio o sortendo l’esito di trasformare
la scrittura stessa, estenuante, nel corpo del giudizio
ipocrita di condanna da parte del proprio lettore
E grazie,
di cuore, per le cose belle e delicate che scrivi sul mio conto.
Mi limito per ora a formulare solo alcune osservazioni, alcune
solo apparentemente minimali, talmente mi coinvolge quello che
scrivi, soprattutto in quello che sembra non
riguardarmi direttamente, e cui qui non faccio
riferimento.
Non c’è stato alcun furto di
appunti, caso mai, preterintenzionalmente, si è verificato
il dono subdolo di un amico cui accenni più volte. Un
furto del genere è avvenuto invece successivamente, quando
un certo Giuliano Bergamaschi, dopo avermi conosciuto per l’
omonimia che ci accomunava negli esami dei concorsi abilitanti
all’insegnamento, ed essersi trattenuto la mia tesi di
Laurea su Spinoza, mai più restituita, che gli avevo
concesso in lettura, pubblicò l'anno seguente un saggio su
alcuni degli argomenti che vi si trattavano, da cui ha avuto
inizio la sua fortuna e carriera universitaria, che lo vede
ora docente di Filosofia della mente presso l’università
di Verona. Ma non ho mai concepito un mio futuro eminentemente
filosofico. Mi sarei iscritto a storia dell’arte , in
Firenze, cui ero stato ammesso, se dopo il servizio militare non
avessi potuto incominciare subito a insegnare. b) Mi fa un
gran piacere che tu abbia citato La trasparenza e l’ostacolo
di Jean Starobinskij. Mi dispiace invece il riferimento
esplicito al “ Marx secondo Marx” di Luporini, nel
contesto demolitorio in cui si colloca.
c) Al di là
delle schermaglie di allora che rientrano in tutto quanto ho
rimosso- inclusa tutta la mia vita tormentata di insegnante -
non mi è mai intimamente appartenuto tradurre la mia
sessualità nelle categorie filosofiche del pensiero dei
padri, quali Hegel o Croce.
d) La stanchezza cui ti
riferisci è forse il fatto che sono sempre in debito di
senso con la vita, psicoastenia a parte, o altrimenti è
da intendersi come il mio limite di fondo per il quale non so
sostenere letture e scritture di mole ingente, sono capace solo di
piccole forme, nelle mie composizioni tendendo ad avviarmi
quanto prima ad una fine
e) E non so di trionfo
nell’umiliazione, ma di mortificazione nello spazio-tempo di
questa valle di lacrime. Anelli mancanti? Tutto è
relativo, in tal senso.
Ma non è questo che ti ho
riferito ciò che mi ha più coinvolto del tuo
discorso. E ciò che ora mi preme, è la vita
dignitosa che voglio assicurare al mio amico indiano e a sua
moglie e ai nostri tre amati meravigliosi bambini, il tesoro
del mio cuore che non avrei rinvenuto se il mio destino fosse
stato glorioso.
Con affetto Odorico.
Mantova, 14
ottobre 2014
Caro B., in assenza di una tua risposta ho
deciso la mia partenza per l’India il 20 ottobre. Quanto
al tuo testo, consentimi un commento ulteriore delle tue
considerazioni teologico- filosofiche. Di esse le più
penetranti sono per me quelle inerenti il destino della nostra
reincarnazione nel corpo di gloria spirituale la cui figura è
secondo le tue parole il compimento di ciò che in vita
abbiamo fatto del dono della nostra individualità
insostituibile, o le riflessioni concernenti la croce iscritta
nella nascita e nella fondazione del mondo, che è il
principio del valore assoluto anche della vita precocemente
finita, della bellezza salvifica del dolore innocente, Ciò
che invece mi appare una superfetazione non motivata è
la ribellione sulla croce del Figlio al Padre. “ Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito” sono tra le
sette ultime parole di Gesù in croce” , insieme al
consensuale “ Padre perdona loro perché non sanno
quel che fanno. ”Per dirla con i termini del commento di
Pietro Citati alla Rivelazione greca di Simone Weil “ La
creazione del mondo non è stata — secondo la Weil
— un atto di pienezza, di espansione e dilatazione di Dio,
come racconta la Genesi. È stata una follia. Per darci
spazio, Dio ha rinunciato a se stesso; si è limitato;
si è nascosto negli abissi più remoti; si è
ritirato dall’universo, come diceva Itzhak Luria. Nel
luogo vuoto, che prima della creazione occupava, egli ha lasciato
lo schermo tremendo della necessità: le leggi
meccaniche dell’universo, il male, la miseria, l’angoscia,
il lavoro, la guerra e la forza dell’Iliade, la morte
violenta, la malattia, l’oggettività mostruosa
della fabbrica moderna. Come uno schiavo, Dio si è
incatenato con le catene della necessità, sulla quale
non interviene”. E di fronte a tale incatenamento Gesù
si è ritrovato in croce solo uomo, per l’ inattività
della sua sostanza divina, mentre l’altra rimaneva in
vigore, secondo il sommo teologo ortodosso Sergej Bulgakov,
che sullo stato agonico di Gesù ha svolto vertiginose
meditazion (in Sofiologia della morte, ad esempio, che si può
ritrovare in appendice a L’altro di Dio di Piero
Coda). Quanto alle tue personali riflessioni cruciali, per ora
non mi sento che di consigliarti il raffronto con la disanima
di Ted Hughes delle sue responsabilità, quale “her
husband”, nei riguardi di Silvia Plath. Con
affetto Odorico
2
Caro professore, sono
Odorico Bergamaschi.
Spero che sia agibile quanto di
suo gradimento il sito web di cui le ho consegnato una copia,
che include il commento integrale di ben cinque raccolte
poetiche di Seamus Heaney. E' difficoltoso e lento nel suo
avviamento, nel duplice index, ma poi dovrebbe risultare
di alquanto agevole consultazione. Per ogni evenienza
l'’indirizzo del sito web è il
seguente:
www.fawbie.com
Colgo l’occasione
di tale appuramento per inviarle, come si sono premurato di
chiederle preventivamente, la seconda delle mie Ecloghe
Indiane, cui allego il minimo di note utili alla sua comprensione.
Non mi taccia le sue perplessità, riguardo a ciò in
cui dovesse dispiacerle.
Con stima profonda ed
intensa simpatia umana
Augurando un’infinità
di cose belle a lei ed ai suoi cari
Odorico.
3
Grazie
degli auguri in ricambio, cara L.. Sto bene, al pari di tutti
quanti i miei famigliari, depressione a parte. Ora sono a
Mantova, essendo rientrato in Italia il 24 giugno, e farò
ritorno in India le prossime settimane. I miei cari in
India credo che facciano una buona vita, tutti quanti i bambini
ora vanno a scuola, anche il più piccolo che frequenta
la pre-scuola delle suore, ed il mio amico ora alla guida del
tuk tuk -autorickshaw ha un vero lavoro dignitoso che assolve con
impegno e bravura, per quanto sia assai poco redditizio. Io in
Italia ho seguitato mentalmente i miei viaggi indiani, lungo
meravigliosi itinerari templari sconosciuti, scrivendone e
illustrandone i report, in vista di una loro assai ipotetica
pubblicazione, come di altri miei scritti, che mi consentano
di non vivere più in stato di continua perdita e di
anoressia economica, per tener fede al mio impegno di vita,
tanto più che con mio fratello e mia sorella devo
provvedere anche al sostentamento di mia madre. Ritrovarmi con
lei resta la principale ragione del mio rientro in Italia,
dove per l’ansia e l’assillo materiale che mi
attanaglia, benché non sia affatto al lumicino, non mi
consento gran che, tranne che un aggiornamento culturale su quali
siano stati i libri e i film eccellenti delle ultime stagioni.
In viaggio mi sono recato solo nella vicinissima e bellissima
Verona, che ho rivisitato puntualmente. Purtroppo come sai bene
non sono un uomo di relazioni, e anche i contatti che ho
ricercato non sono stati fruttuosi, come tutti i precedenti.
Resta però la gran soddisfazione che tutti coloro che mi
hanno rivisto o che ho risentito, intellettuali, ex colleghi e
studenti, mi hanno attestato stima ed affetto. “ A
Odorico ritrovato “ mi ha scritto Claudio Magris in una
dedica, ed il professor Bernardi-Perini, della mia città,
già docente di latino nell’Università di
Padova, magnifica persona, ha accolto di buon grado che mi
appresti ad inviargli qualche altra mia poesia. Mi fa vivo
piacere, Luigina, che tu continui i tuoi preziosi corsi di
formazione in Italia. Per il resto va tutto bene? Ed in India
quando ritorni? Con quali nuove prospettive od approfondimenti
della ricerca del Progetto Alice? Purtroppo con Valentino non c’è
niente da fare. Qualsiasi minimo rilievo per lui si trasforma
in un’offesa personale imperdonabile. La mia ultima
derubricazione è stata al rango di “ provocatore”.
Mah. Mica era un infingimento la mia adesione al progetto
Alice originario. Del resto io e te sappiano benissimo come la
pensiamo. I miei rilievi sono sempre stati improntati non a
pur lecite divergenze di opinioni, ma soltanto all’esigenza
del rispetto e dell’inclusione effettivi della pluralità
dei punti di vista di donatori, collaboratori, e scolari e
studenti delle scuole del Progetto Alice. E sono convinto di
non pensarla in merito diversamente dal Dalai Lama, secondo quanto
ebbe a dire nell'ultima visita in Sarnath. Con affetto
Odorico.
On Mon, 06 Oct 2014 00:16:10 +0530
"Luigina De Biasi" <luiginadebiasi@libero.it>
wrote >
Ciao Odorico e grazie per il tuo
augurio che ricambio. Come stai? Il tuo vivere in India, il
lavoro...tutto bene? Io continuo con i corsi di formazione in
Italia. E tu , sei rientrato durante l’ estate? Ti
auguro ogni bene, un
abbraccio,
L.
------------------------------------------------------------------------------------------------------ Caro
Magris, sono Odorico ( Bergamaschi). Sono ben felice che ci
siamo alfine ritrovati, un mese orsono, al festivaletteratura
della mia città, e di essermi ritrovato anche in un suo
recente articolo sulle tentazioni- e propensioni- populiste della
nostra classe politica. Spero di rivederci ancora più
volte , nel ripetersi di evenienze simili. Anch’io al
pari di lei, per tornare a quello che allora lei disse così
fervidamente e lucidamente, seguito a tenere dei miei differenti
tavoli di scrittura, sia pure al computer in differenti cartelle,
finché la scrittura seguiti ad essere una mia necessità
espressiva. Ma a differenza di lei seguito a curare da sempre
solo piccole forme, le poesie che in me ancora sopravvengono, in
forma di ecloga o di haiku, le mie pagine di diario- blog sul mio
discernimento della verità dell’amore attraverso le
cure che mi assumo della mia cara famiglia indiana d’adozione,
con la quale, ora che ho potuto ritirarmi in pensione
dall’insegnamento, vivo la maggior parte dell’anno in
Khajuraho, o i rari interventi che invio alla Gazzetta o alla Voce
di Mantova, nonché i miei report archeologici di viaggio in
una splendida India sconosciuta ai main streams, e post e commenti
in facebook, che sarà pura una fiera della vanità ed
un ambito di coltivazione di integralismi di gruppo, ma che può
essere un’utile palestra per pervenire all’essenzialità
delle proprie forme di interlocuzione, taglienti o sferzanti o
calorosamente condivisive e confortanti. Sarò in
partenza il 20 di ottobre per Delhi. Qualora prima di allora mi
raggiungesse una sua e-mail od un suo biglietto, in Italia o in
India, preferibilmente, data l imminenza della mia partenza per un
soggiorno prolungato, al mio indirizzo di posta elettronica o al
recapito domiciliare, ne sarei estremamente felice. Essi sono i
seguenti
odoricob@yahoo.it
bapuculturaltours@rediffmail.com Bergamaschi
Odorico Piazza d’Arco 6 f 46100 Mantova
Odorico
Bergamaschi with Kailash Sen family Khajuraho Sewagram N
phone ( 0091) 9893089843 Chhatarpur district Madhya
Pradesh India Alla mia lettera ho allegato la mia prima
Ecloga indiana.
Infinite cose belle
Odorico
Bergamaschi. PUBBLICATO DA ODORICO A 17:43 NESSUN COMMENTO:
Egloghe indiane
Prima Ecloga Indiana (
2012)
Riscrittura (2013)
Qui dove la tigre
che ti fronteggia
è il pupazzo di stoffa di
Chandu,
e nel dolce lume il gioco e il canto
sono la
felicità di bimbi tra l’immondo,
che lieve
brezza ti riconduce,
trattiene i tuoi giorni tra sibili e
incanto,
prima che cedano al sonno ed ai
silenzi,
inquietati dai ladri ,
della luna sui
terrazzi e gli orti di Sevagram, cum complexa sui corpus
miserabile nati,
lo stesso colpo di tosse nell'ultimo
nato
e già è il tremendo del sereno
di
cui i muri sono assorti nei giorni,
tu vi schiudi il cuore
e le braccia
e quanta delicatezza tenera
discopri
nel morso
ch’è il calore della schiusa di
piccoli cobra, mentre non hai più altra vita, che
questa,
che ti adempia o ti smentisca per sempre,
tra
gli strilli e il pianto o il crollo di schianto
deus nobis
haec otia fecit dove il villaggio riposa all’ombra dei
neem,
nell’attesa del rientro al tramonto
dalla
giungla di bufali ed ox, e tutto, per la tua remissività
ad ogni oltraggio,
da che cedendo la gola per il taglio a
Kali Bhairavi
potesti lasciare il tormento delle aule
dove
chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo ed
altrove, qui in India,
eccoti di già sulla via del
ritorno
con l’amico sotto le stesse fronde ospitali
dell’himli,
quando di febbraio è già
estate
e la senape già ingiallisce i campi,
in
lontananza sfumando i declivi
dove alle acque del Ken
discendono i boschi,
“Vedi, come il fiume senza farne
uso e ricevere offerte
dona la sua acqua a pecore e
cervi,
così l’albero ci dà la sua
ombra”,
sotto la quale possiamo ancora
indugiare
disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar, è
nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja
che preannuncia la
nostra antica città,
poi conterà solo andare
avanti,
e sarà questo il nostro canto più
alto
Seconda Egloga Indiana
(2012) (riscrittura 2014) Nota preliminare
I pani di
sterco che brillano nel primo mattino preannunciano l’imminenza
della festa di Holi, durante la cui notte serviranno per bruciare
i fantocci del demone femminile di Holika, il cui rogo celebra la
vittoria del bene sul male. Holi è la festa indiana
primaverile dei colori che si celebra soprattutto nei luoghi in
cui che sia vissuto Krishna, tra Matura e Vrindavan, e dove scorre
il fiume Yamuna. In Delhi ho rievocato il Life Insurance Center
dell’Architetto Charles Correa
Brillano
i pani di sterco poi dei roghi di Holika
nella prima luce
del giorno sui muri e i terrazzi,
la mangusta riappare nei
coltivi degli orti,
si schiudono le membra dai giacigli
terreni,
con i lavacri delle stoviglie
iniziano nei
cortili le abluzioni e gli spurghi,
“ India was
enslaved by the British”
la lezione che ripete il
fanciullo
prima di andare a scuola,
ripetendola, ora
che l’India è indipendente,
nella lingua del
British che gli è ancora più d'obbligo, ora che è
senior,
per non dovere cinque rupie alle suore
se
usa l'hindi.
“India was poor and weak at that
time”
ripete, ora che i suoi stessi panni di ogni
giorno
non sono più quelli di quel paese, debole e
povero,
“ Every man will be thy
friend
Whilst thou hast wherewith to spend”, quando
il vero amico "he stands by us
through thick and
thin,"
lo è nella buona e nella cattiva
sorte,
“Hello, rupees…hello,
pens…”
nel mercato dove cerchi il
coriandolo fresco
puoi ritrovare più ancora il
maldicente di turno
“L’amico, che la fa da
padrone sull’uscio del negozio,
spende tutto nel bere
e gli trema la mano,
nessuno vuole lui come barbiere…
"
Ed ora chi mi riscatterà questo
corpo di morte,
dove/ il grano già si schiude al
calore di marzo,
se non, ancora di più,
la
follia di un docile cuore
lontanandoci
con l’amico
nelle valli dove ancora risuona il canto
di Krishna,
ed è il clamore della pioggia di fiori e
colori
che assorda il dolore che invasa la mente,
la
luna quel tocco di sandalo
sul volto vergine del
cielo,
amore, giocando il gioco della tigre,
sulla
Yamuna tu, Yama, Dio di morte,
quando di nuovo tra le
forme d’incanto
cade la mente con l’escremento,
ed
accade il distacco tra i cieli di Delhi,
non più,
nella lontananza, lo sguardo amato
ma con le nuvole in
disfacimento
tremulo liquido l’acciaio nelle trame di
vetro,
finché il treno già ti riconduce tra
i cortili e i terrazzi
cui nello sfolgorarvi del giorno sei
di ritorno,
di nuovo dove chi ama non infinge
soltanto,
e qualcosa comunque succede.
“E’
troppo povero l’inglese di Ashesh ed Ajay" -
il
verdetto delle suore, come per Poorti,
come pappagalli li
hanno addestrati
solo a ripetere quello che non
capiscono.
Ripareremo, comunque, ripartiremo.
Li
abbevereremo, i piccoli, al nostro soccorso,
come tra i
campi, dalla riarsa giungla,
si abbeverano gli armenti al
Kuddhar,
aprendosi il varco dove il fiume intesse le sue
rive
delle canne che ora graticciano il nostro avviato
negozio.
E da queste sponde anche voi a casa, ben
pasciute capre Ite domum saturae, venit Hesperum, ite
capellae
Egloga terza
“Oracolo
del Signore. Quanto il cielo si sopraeleva su tutta quanta la
Terra, cosi le mie vie si sopraelevano sulle vostre vie, e
i miei pensieri sui vostri pensieri” Isaia
Tra
le foglie riarse della fersa d’aprile si fondevano
desolazione ed ardore dove di giorno fulgevano i fiori di
chheola, nel chiarore dei pleniluni le traversate notturne tra
le stregate mahua che al padre riconducevano il cuore dei
piccoli sulle biciclette, in fila indiana, al di là
dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi si
perse il cammino delle donne con le giare di javari Era la
domenica delle Palme e il Natale di Rama, e con che amorosa
violenza io ed il padre incamminavamo i bambini alla menzogna
educativa, cui i giorni seguenti li riallineavano in coro i
testi scolastici, “ Ministers, Politicians, Judges Occupy
their posts because they studied hard “
poi
abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami, nella
megacity di ladri in cui stuprata per strada la vita vorrà
appendersi ad un cavo in stanza, chiederà all’amico
sgomento una qualsiasi morte, senza che altri che il Dio
nostro in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-
“Ma
ora non farti più del male, siamo tutti qui” cantavano
le loro anime di nuovo ad accogliermi, nel loro sollievo che
alfine il Monkey God sia stato placato dalla puja nel
tempio, che non accadrà di Chandu ciò che ne fu
di Sumit, come tra i raggi della ruota lasciò
presagire il sanguinante piedino
Ed ora al distacco del
rientro odora del basilico la fragranza nel vaso, con
l'employment letter che nella nuova scuola dei bimbi mi farà
maestro d’italiano
Né più dica
l’eunuco “ Ecco, Che albero secco io sono” da
che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo sotto
questo sole ,
pur nel dolore, al poterli ancora
carezzare, che ad ogni ora che passi l’indomani si
faranno a cinquemila, seimila, settemila chilometri
distanti,
a che la meta di ogni meta sia il ritorno che
feconda nell’unità, Sumit, dell’invisibile
vivo più ancora tra noi.
Ecloga
Quarta
"Cosi dal retro
del suo tempio la Sibilla di Cuma
Cantava ambigue parole
tremende nell'eco dell'antro",
e volgi all'uscita, sul
retro, che dà nel cortile che fu la tua aia di casa, ne
ritrovi la distesa deserta più ancora arida invasata dal
sole, trasalendo, sui tuoi passi, ai ragazzi che vi
sopraggiungono, sono indiani e non ti occorre che nemmeno lo
dicano, l'uno nell'attendamento al riparo dal sisma, l'altro
con la madre accampato in giardino, al tuo timido accenno si
scambiano un sorriso e già ti annientano,
sarà
così anche laggiù, come di nuovo entrerò
in un'aula?, la madre resta in ombra e ricambia mesta il tuo
namastè,
come piccolo è l'orbe del mondo, e
l’intonaco grezzo ha raccorciato
i muri
dintorno, quanto più breve, senza più grida
animali
il retro di rustici ed orti, spiantata la
vigna per i ranghi infoltiti di steli di mais, dove quante
tue anelanti corse, quanti tuoi sogni controvento, scoloritesi
con le memorie porte e finestre, rinserrata ad ogni accesso
ulteriore la tua casa ceduta e ora inagibile,
nel
refolo d'aria tra i vasi ascolti il silenzio, erano allora
fragranti di gerani ed oleandri, ed ora è il conforto,
con lo sgomento, che tutto sia cosi svanito e ammutolito, lo
sciame che avverti un sopito tumulto di vergogna e
lacrime, inutile cercare altri volti che quelli che già
salutasti, già li ritrovasti nelle schiere sparse
delle loro lapidi ,
“ And the bird,
did it fly away again? in Khajuraho ti chiede l'amico del
rondoncino, che ponesti in salvo, quando, al rientro in
città, tu vuoi sapere di Ashesh come ha preso il
volo, “Sì, ma solo dal campo vicino alla
fattoria dove vive un uomo che cura gli animali, è un
uccellino, “ the swift”, CHE SE PERDE IL VOLO NON
SI SOLLEVA PIÙ, QUELL'UOMO, L’AVESSI VISTO, PRIMA
DI SPINGERLO A VIVA FORZA IN ALTO L' HA BACIATO LIEVE,
CHIEDENDOGLI SCUSA. SOLO COSÌ DOPO CHE È
RIDISCESO UN POCO È VOLATO VIA LIBERO NEL CIELO, CIÒ
DI CUI SI NUTRE, AEREI INSETTI, LO CATTURA IN VOLO, RASENTA
L'ACQUA QUANDO LA BEVE.” “HE WILL BE BAD STUDENT,
HE WILL LOSE HIS MIND... BUT WHAT WE CAN DO...” RIPETE
L'AMICO, CHE POSSIAMO PIÙ FARE PER IL NIPOTE ASHESH SE
A RAPIRLO È STATO IL PADRE PER UN'OTTAVA CLASSE CARPITA
CON LA CORRUZIONE, -SENZA CHE METTESSE PIEDE NELLA SUA
AULA MILLE RUPIE SI TENNE IL MAESTRO PUBBLICO IN CAMBIO
DELLA BICICLETTA E DELLA PROMOZIONE CERTE- L’AMICO TUTTA
LA SETTIMANA L'HA RICHIAMATO INVANO, E DOMANI DA LUI ANDRÀ
DI PERSONA, “ NON AGITARTI, “ KEEP QUIET MIND ”,
GLI RACCOMANDO, "I KNOW, ONLY IF I SPEAK HIM SWEET HE
SPEAKS ME TRUE..." " LO SO, CHE SOLO SE GLI PARLO
DOLCE LUI MI DICE IL VERO" “VAI, SÌ, MA TU
RICORDATI: DI ASHESH È COME TI HO DETTO DEL
RONDONE: ANCH'EGLI, SE PERDE IL VOLO NON SI RISOLLEVA
PIÙ”.
EGLOGA QUINTASABATO 21
SETTEMBRE 2013
Quinta Ecloga riscrittura
(Omnia
vincit Amor: et nos cedamus Amori)
Ma ora per
Chandu, Kailash ed io,
lungo le strade dirupate di negozi
deserti che alcova di amore
è la cappotta del
ciclo-risciò sotto le piogge di Chhatarpur,
la
delizia del nostro bambino
il cuore giocoso del nostro
bene,
tracimi pure l’immondo monsonico,
cali
la caligine più tetra tra gli scrosci a dirotto,
il
riso di Chandu è già la sfera di sole come la
luce ripercorre la rigogliosa verzura,
nelle pozze
lutulente lustrando i bufali a ristorarsi
ammusando,
........................................................................................................
finché
invitto il sole ritorna tra le foglie sfagliantesi del saagaun
in fiore e s'intenebra nella disperazione il nostro amore, nel
mio grembo l'amico reclino di che dolorosa madre eviscerante,
con egli ancora di nuovo,
dove il cuore appena
infranto per il nostro Sumit incantava Vishnu Ananta Shayana
,
l’ascesa a Shiva Bhairava,
dove il Dio vinse
il tempo e gli fu la gola bruciante,
alle rovine dei templi
di Ajaigarh invase dal sole,
di altri, ancora più
remoti ed ignoti, alla riscoperta del loro abbandono,
e
lasci i banchi dove di Darmendra , Pyush, Pratap
sono i
nuovi volti che stanno in ascolto,
è pura menzogna
il complain
che il principal ti chiede di
sottoscrivere
contro i suoi detrattori,
in che
luce di gioia, di Dusshera,
dalla Dea riattinta la vita per
la Sua morte per acqua,
prima della notte di che freddi
fuochi celesti sul crepitio di lacrime di che doloroso
Diwali,
reca la mia testa mozza Nirriti l'atroce, e
nessuna frenesia di danza può sventare che sia il rullio
della sentenza,
hai maledetto i tuoi passi ulteriori
nell'ingiuria del dio, funestando il tuo passato ogni nuovo
inizio mancato,
eppure non cede l'amico al veleno che
s'insinua nello strazio mentale “E perché mai lo
tieni ancora in casa tua
se ti lascia lo stesso così
povero, e non hai fatto tuo il suo denaro…”
al
che, credendo e sperando, al linga inesorabile si prosterna la
fronte segnata, per Agni è offerto lo sterco fumante
di ghee, al passaggio aureo di Laxmì crepitando
ciotole di luce
nella notte, ancora insonne, chiedendo
lenimento, e ancora cedendo al Dio che è Amore.
Sesta
Ecloga Indiana Prima versione/
Cede il sole la sua luce
di sangue al fiume che scorre, cala l’ombra dei monti sui
casolari fumanti, di sterpi e sterco sui bracieri
esalanti s’annida la luna tra le mahua ritorte la
successione dei mesi volgendo alla fine dell’anno anche
il Natale, la vigilia di quando nell’albero al limitare
del colle vedevi il ramo a cui appenderti al sole, con la
notte dell'amico scosso dal pianto, per la bufala morta
cercando conforto nel calore dei figli cui s’accosta nel
sonno, e ora chi è stato ospite sverna già al
Sud, in Irlanda urla di nuovo contro i ritrovati
snackers, radica nel Bangladesh la coltura del neem, in
tutti con un curry speziato infuso un nostro lascito di folli
speranze, quando è stato solo ieri che l’uccelletto
Ashesh, di ritorno furtivo, ci ha già lasciato e
derubato di nuovo, come se nulla fosse stato dell’incanto
nel parco, dell’ appostarci alla vista di antilopi e
cervi, del viaggio, di piccoli uomini, intrapreso con Ajay
al villaggio dei nonni per le forniture del negozio e la
riscossione dei crediti ,
seguitando, tra le nebbie, la
crescita dei germogli infestati di grano, il confondersi ,
intenti ad apprendere, dei bei volti amici con gli inquisitori
di turno, ogni fumido mattino Kailash infreddolendosi
all’arrivo dei treni per intercettare nel flusso
l’occasionale turista, Vimalan nel risospingere,
l’infinitesima volta, il riflusso d’acqua nel
cortile, tra i bambini che pettinati e rilavati si avviano a
scuola in tuktuk, Chandu che intanto può dormire più
a lungo sotto le coltri ora che a tutti è provveduto un
giaciglio. Ma pur se il verde miglio delle suore ravviva la
grotta, è la nostra mangiatoia il pagliericcio di un
morto bambino al cui astringerci crepita il fuoco.
Ecloga
indiana settima frammenti spersi E quando le opere parevano
morte, che solo fosse protratta la resa, un nuovo splendore
illumina i giorni, la vacca tra la pula che lecca il vitello, e
la sera non è tenebra di sventura quando cala dai colli
sui fumi dei fuochi, velami dell’aria che imbruna le
aie e i coltivi, nel volgere a un nuovo mattino ch’ è
di luce anche nell’ombra agli armenti che vi pascono
quieti, solo l’ incanto benedicesse anche i letamai di
maiali e bambini, solo il canto degli uccelli sovrastasse il
pigolio degli “hello, rupees” dei piccoli come esci
per strada, e non andasse perduto quanto sia stato il dolore
dei giorni, ora che l’amico ha forse preso il passo di
chi sa essere e spezzarsi per gli altri, prima che tutto
s’intorbidi ancora nel gorgo, e l’amarezza sia il
flutto di quanto è trascorso, ma come Vimala lascia le
coltri che dolce tepore prenderne il posto accanto al mio
Chàndu, delicatamente accarezzarlo nel sonno, presagendo
nella fitta che il dono di grazia sia il sopravvivere anche
alla sua perdita, mentre lente le nuvole gonfiano l’arco
dei cieli, altro di tremendo e risorto ancora ci attende (
18 marzo 2013) ... ( gennaio febbraio
2013) .............................................. ECLOGA
VIII
Come potei, già una volta, levare su di te
la mano, serrarti la gola, dirti di volerti morto, anima
mia,
quando tu sei la mia vita e l’amor mio, e
così di lontano non so pensarti che con viscere
trepide al tuo impigliarti ogni giorno nell’afflizione
che stride,
mi squarcia il tuo “ bad Karma” sentendo
la tua vita senza scampo, anche ora che con il tuo nuovo tuk
tuk, alla sua guida sicura, a prezzo che follia di lacrime e
sangue hai la dignità di un lavoro se non di un
guadagno,
“Whats’ news? it s raining, raining,
raining, only raining..” mi ripeti allora al mio
ripetermi, “ In Khajuraho everyday are the same
things, the same market, the same business with the
tourists,… You know, “lo sai, (that )t hey
don’t respect me, if I speak true, paying money, money,
money to the lapkas, -a chi li accalappia - and don’t
see nothing, nothing, nothing,..” finché, radura
di luce, trovi un po' di contento nel nuovo tran tran “
I lose fuel, time, going every day slowly to the railway
station but I safe my life, my autoricksaw”
“And
Chandu, my love?” He’ s asking you cycle,..” “
Cycle!”, come mi grida la sua voce al telefono, prima di
non volerne già più sapere di me, che sono il suo
baba che non fa ritorno, alla terra dove straniero oramai
avrei ucciso un uomo per una scalfittura, un ragazzo per un mio
livido,
di nuovo da voi lontano, dove anche ogni mite ha
voce di lupo, all'arrivo per mare di chi cerca scampo tra resti
cadaveri, in infelici tempi di agonie di satrapi che prima
che le tasche svuotano l'anima.
Ma solo che risenta la tua
voce accorata e quanta vita ritrovo nella tua di stenti,
ed
allora tu parlami ancora di come al sesamo si apre la bocca che
schiude il seme nel tuo timore che si perda nel fango se la
pioggia continua, di come la luce si è spenta di nuovo
sulle nostre parole, sulla tua cena di solo mango pickle e un
pò di chappati, ch'io approdi ancora ai tuoi lidi
d'amore quando sento nei tuoi accenti inumidirsi la
lingua della tua bufala che lecca il suo nuovo Lalosha,
e
lo sbadiglio lenisce la tua ruvidità di modi, ”
For other things we speak more tomorrow,
“See you
later, Kallu, “ “See you later”.
Egloga
IX
Sulle rive del Brahmaputra, in un gothul, in quale
India mai sprofondare in un sogno, dove non sia più, tra
la fangosa gente, che fattomi io stesso pien di fango settanta
volte sette per l’ammanco infertomi io ne sani il
debito,
dal fondo ancestrale come da un’infanzia
eppur viva dove sopraggiunge chi vagheggia l’apsara che
ad uno specchio sembra usi a scrivere un pennello, e pur
intenta ella al bello gli rammemori che vivere bene è
più che scrivere meglio- Come i sovrastanti picchi ed
è un’ascesa, un precipizio, una rinnovata
ascesa, sono i frantumi di un’impervia quiete, sempre,
mio Dio, che la colluttazione tra le nostre follie non sia la
fine di tutto, dove che squarci di luce infinita al farmi il
mastro Geppetto del mio incantevole Chandu,
“Tiger !
Tiger “ egli additandomi nel gioco continuo di farmi
paura,
a lui di ritorno, al loro conforto di
voci, dall'impeto del Gange alla schiusa dei monti, non una
delle aarti, intrepide luci, superstite al varco dei
flutti, alla loro fede nella mia luce del cuore sentendo che
l'amarli sino alla fine e ciò che mi resta di cui sono
ancora capace.
PUBBLICATO DA ODORICO A 17:24
NESSUN COMMENTO: Post più recenti Post più
vecchi Home page Iscriviti a: Post (Atom)
I am the
number two, now I am the number two, now"( prima stesura,
che mi è del tutto insoddisfacente) “ Sono il
numero due, ora….” “ Kailash, pensa a
tornare al più presto…” “ Serve più
che mai denaro ora” “ Serve più ancora la
tua salute” “ tik-è, sarò allora di
ritorno alle 8,30” Quando tra le cinque e le sei oggi si
stava facendo già sera, nel volgere al termine di un
luminoso giorno novembrino, fugatesi le velature solari dei giorni
scorsi, l’amico l’avevo lasciato, due ore prima, che
rannicchiato su un auto rickshaw tra degli altri conducenti e
convenuti, era in attesa dell ‘uscita di qualche comitiva di
turisti che ne divenisse la clientela, da un hotel Radisson il cui
parco era annebbiato dalla polvere soffocante, in cui ad ogni
passaggio di un’autovettura si sollevava la sabbia
intervallata al ciottolato ed alla ghiaia del manto stradale in
rifacimento, intasando di una polvere acre con le vie respiratorie
finanche l'interno intestinale. E sempre in quella pulverulenza
micidiale l’ho raggiunto già i giorni scorsi, sempre
più insistendo che desistesse dal permanervi , da che si è
persuaso che quell’hotel potesse arrecargli la fortuna
negatagli dai clienti dagli altri di lusso di Khajuraho, di fronte
ai quali da settimane rimane appostato dalle prime ore del mattino
fino a sera inoltrata, nell' attesa di diventare il primo in lista
fra gli altri conducenti che vi si sistemano davanti E' una
scalata di posizioni che viene sistematicamente compromessa e
vanificata dalla necessità di abbandonare il posto
acquisito quanto più è “ making money-time”,
per portare in auto rickshaw i bambini a scuola ed andarli a
riprendere, tanto più quanto gli orari dell’inizio e
della fine delle lezioni di Ajay e Poorti si fanno divergenti da
quelli di Chandu. Ben altro estenuarsi era il suo appisolarsi
nella frescolino della brezza che ventilava fra gli alti fusti
degli alberi , lungo il vialone all’ingresso di Khajuraho ,
in cui l’avevo ritrovato di domenica di fronte all'hotel
Ramada, il miraggio rapidamente svanito che albergasse una
clientela più accessibile di quella dei tour organizzati
insediata negli altri residences di lusso. In realtà, ad
irretirlo è il miraggio che a lui possano capitare, come al
suo competitore attuale, dei ricchi clienti che si dirigano al
bazar per degli acquisti costosi su cui, anche per una sola
commissione- nel caso di colui 25.000 rupie, l’altro giorno-
possa lucrare più di quanto possa essere il suo guadagno di
un anno di stenti. E lo attira , tale colpo di fortuna, quanto
più la sorte sembra volgercisi contro e la ferocia umana
addentarci, dopo che è venuto apprendendo quello ch’io
vengo sempre più perdendo per aiutarlo, anche nel volgere
di un mese dal mio rientro, nel corso del quale è andato
perduto già il nostro negozio di barbiere, per le pretese
del proprietario di rivalersi su di noi di quanto a lui è
costato vedersi abbattere i negozietti contigui per errore , nel
fare largo all’ampliamento del fondo stradale antistante ,
e( potere)trarsi fuori dal carcere in cui era stato cacciato, per
avere preso a sassate l ufficiale addetto ai lavori. Il negozio
in cui credevo ci potessimo reinsediare, e per il quale quel raja
ci aveva richiesto l’affitto anche quando era in malora, al
mio arrivo l’ho ritrovato non più nemmeno
allestibile, perché era stato affiancato da quello che al
coadiuvante Moma era stato riservato nello stanzino accanto, e
avessi voluto trasmigrare l’arredo in uno dei vani rifatti,
oltre a un incremento di affitto, avrei dovuto dovuto versare un’
ulteriore caparra di diecimila rupie. “ Ma we were
already working in the shop” ha esclamato lo stesso Ajay
come l’ho informato, intendendo egli stesso all’istante
che sopruso ci fosse stato inferto. E ancora non era scaduto il
mese di cui avevo pagato l’affitto, che quel raja aveva
svuotato per suo conto ciò che era stato il nostro negozio
delle suppellettili che lo costituivano e di cui il suo vano era
stato ridotto ad essere il ripostiglio, facendocele ritrovare per
strada tra le mie contumelie, come sono sopraggiunto. Non
bastasse, la settimana scorsa il fratello di Kailash gli ha fatto
sapere che non poteva più attendersi da lui che gli
commissionasse sightseeing per conto di turisti che alloggino nell
hotel in cui è alla réception, perché a sua
volta acquisterà un autorickshaw, associandosi a chi è
della sua stessa risma. Tale follia economica di una rivalità
mimetica gelosa, che frantuma ogni soddisfazione per il suo tuk
tuk del fratello Kailash, non tiene in alcun conto tutto quello
che mi è costato, morto Sumit, avere ricomposto la famiglia
di Kailash rifacendone un uomo con un lavoro dignitoso alla guida
del suo autorickshaw, senza che quella sorta di fratello abbia più
modo di sperimentarne al telefono la follia mentale, con la cui
violenza, sanandola, con quanta afflizione sono entrato in
collisione e collusione, e che mi sarà sempre più
difficile sventare, quanto più il lavoro di Kailash si
farà, senza chi più lo commissioni, lo stremante
tormento di infimi guadagni sempre più insoddisfatto e
disilluso. Da tale ingiurie degli uomini, mentre Kailash
durante il giorno era fuori con l’autorickshaw, ho cercato e
trovato un altrove nella assiduità con cui ogni pomeriggio
sono stato di ritorno al tempio Parshvanath per studiarlo e
scriverne, assorto nella sua contemplazione quanto nella sua
indagine, che attende a farsi ora scrittura, nel diletto del gioco
con Chandu, nell' insegnare nel mio caro ufficio l italiano ad
Ajay e Mohammad. Con i quali di domenica in domenica ho visitato i
templi occidentali ed il museo di Khajuraho. Stasera il filo di
una lacrima ha rigato il bel volto del caro ragazzo, quando ha
appreso che domani potrà essere di ritorno alla All Saint
school, dopo che al principal ho assicurato che se rinunciava ad
ogni admission fee, avrei pagato del ragazzo la retta
mensile. Messo alle strette, quando gli ho chiesto come mai
fosse stato possibile che avesse iniziato a frequentare una scuola
pubblica, come mi aveva detto, se per rendere la cosa possibile
alla All Saints School non risultava di avere adempiuto ad alcuna
trasmissione dei dati della sua frequentazione precedente, mi ha
confidato che era andato a scuola solo i primi tre, quattro
giorni, fino a che un insegnante non gli ha intimato di uscire
dalla classe e di lasciare la scuola, perché non aveva
pagato le tasse di iscrizione. Da quel mattino non era andato più
ad alcuna scuola. Per questo mentre era ora di lezione, con altri
ragazzi oggi l’avevo intravisto in sella a una
motocicletta.
flashes e schegge dall'India 1) Posso
ora continuare a berlo, il the? la deliziosa risposta
adolescenziale di Mohammad, al mio richiamo per averlo ordinato a
mie spese senza chiedermelo al Madras Cafe. 2) Su
sollecitazione allarmata di kailash, i piedi che quando dormo devo
ora volgere alla testata del letto in direzione opposta
all'immagine che vi ho appesa di Ganesha, per timore di offendere
la suscettibilità pur del più amabile tra gli dei
hindu 3) Chandu che vestito solo d'aria si riscalda nel cortile
di casa al braciere che vi ha acceso con carta di giornale, mentre
io solo assisto sgomento alla fiamme che divampano accanto alla
sua nuda carne, senza che Kailash o Vimala abbiano avvertito il
pericolo che stava correndo 4) io che seguito a fare ritorno
ogni giorno al Parwanath temple solo per motivo di studio , tra le
guide che seguitano a farvi ritorno solo per denaro, finanche
quando la luce langue a tal punto che i turisti frettolosamente
condottivi e ricondottivi via non possono più intravedervi
alcunché, discesivi dai pullman che ve li hanno scaricati
secondo ordinanza. 5) a rendere giustizia di ogni ingiuria ai
penultimi e agli ultimi, al patrimonio universale dei sacri templi
hindu di Khaiuraho, la anziana signora brasiliana convenutavi allo
stremo di sé, pur senza avere più nemmeno la forza
di risalirne le piattaforme fino agli interni altolocati, che alla
giovane guida Ganesha che seguita a ripeterle che le scene
erotiche sono immagini del Kamasutra, asservendone al sesso gli
intenti religiosi, secondo la vulgata che alla stessa stregua
delle venali guide locali, profumatissime e profumatissimamente
autoremunerantesi con ogni procacciamento di sorta, già lo
accomuna agli accalappiatori in motoretta dei turisti per strada,
- i lapkas, gli odierni tughs di Kajuraho-, senza nemmeno l'alibi
della loro miseria, no, no, no, are spiritual images, persevera a
ripetere, nel reiterato diniego che la sua gentilezza seguita a
opporre. ( post scriptum l'immagine che non riesco a porre in
rete di un casolare indiano, che non è il falso della
ricerca dell'autentico nell'altrui decrescita felice)
LUNEDÌ
17 NOVEMBRE 2014
sterilizzazione e gendercide in India Per
il tramite di un documento di mobilitazione umanitaria che è
apparso in Italia sulla rivista Internazionale, a seguito della
morte nello Stato indiano del Chhattisgarh di 8 donne vittime di
interventi di sterilizzazione il cui piano è promosso dalle
autorità governative dell’intero subcontinente, in
realtà, sotto le spoglie di una veste apparentemente solo
informativa del testo di denuncia, per la distorsione omissiva dei
dati che esso veicola, rischia di essere avvalorata una campagna
strumentale di stampa volta al discredito infondato delle autorità
indiane, che mi preme qui contrastare preventivamente non per una
concezione diplomatica e interessata della verità, ma
perchè può essere pregiudizievole della felice
convivenza delle comunità indiane nei nostri territori, per
quanto le sue omissioni fomentano a credere. Infatti a)
richiamandosi allo statuto di Roma che regola la Corte penale
internazionale, lascia intendere che contro ogni disposizione
generale la campagna sistematica di sterilizzazione in India sia
forzosa e forzata, già nell’uso del participio “
sottoposte”, in riferimento alla pratica che per quelle
donne sventurate è stata letale, senza fare esplicita
menzione del dato ordinamentale che la loro sterilizzazione invece
è volontaria in termini legislativi e organizzativi, ed
almeno remotamente reversibile, per quanto attiene alla chiusura
delle tube, pur se resta vero che in India le donne per lo più
subiscono in tali vicissitudini la volontà del loro
contesto familiare patriarcale, b) non fa presente che la
sterilizzazione è alternativa alla pratica spontanea
diffusa dell'aborto selettivo, a nocumento dei feti femminili, (il
cosiddetto genocidio femminile di genere o gendercide), dato che
le bambine sono spesso un onere economico insostenibile, per la
dote matrimoniale che occorre a loro assicurare, c) non rileva che
la sterilizzazione femminile è praticata in India anche in
strutture sanitarie cattoliche, d) con il risvolto italico di
indurre ad una recrudescenza dei lai che ingemiscono in quali mani
barbariche sia mai finiti i nostri cari marò. Detto questo,
personalmente resto ancora dispiaciuto che nella mia famiglia
indiana d'adozione a mia insaputa sia stata adottata una scelta
del genere- su cui restava tuttavia al mio amico e a sua moglie l'
ultima parola- nella struttura ospedaliera cattolica in cui era
appena nato il nostro immenso ultimo nato, la cui venuta al mondo
sono felicissimo di aver propiziato. E’ stata una scelta da
loro adottata come una risoluzione scontata e indiscutibile, un
minimo intervento post partum che per loro non ha costituito alcun
dilemma.
Odorico Bergamaschi Ex insegnate
Quando
Kailash sa pur essere un gran figlio di lapka ( ein kleiner
spass) Quando Kailash sa pur essere un gran figlio di lapka (
ein kleiner spass) Domenica scorsa era una festa goduriosa il
volto di Kailash. Alla coppia di turisti messicani dei quali a
sera inoltrata era rimasto il solo conducente di taxi ad attendere
l’ uscita dall’ hotel Radisson, per portarli nel
restaurant Gandhi ch’era poco oltre la svolta della strada
aveva richiesto 300 rupie, il corrispettivo di una trentina di
chilometri di percorso. Aveva poi accondisceso di convenire per la
metà, e quando alla fine della cena erano risaliti
sull’autorickshaw, al loro reclamo all’atto di pagare
la corsa che anche le 150 rupie pattuite sembravano loro
un’enormità, aveva offerto l’extra di un
giretto gratis nel bazar, dove avrebbero potuto comodamente
effettuare acquisti. Si riprometteva così di procacciarsi
la commissione che gli sarebbe spettata, magari lo straordinario
delle 25.000 rupie che si era intascate la sera prima il
conducente che ne condivideva l’attesa dei turisti in uscita
dall hotel, quello che per proteggersi dai nugoli di polvere della
strada in via di rifacimento allargato recava sul volto il
fazzoletto calato di un bandito, tanto può l’imperversare
in Khajuraho dei lapkas, le cui provvigioni raggiungono a far
gravare una ricarica del 35% , sull’importo richiesto ai
turisti per gli acquisti che effettuano nei negozi a cui li
accompagnano. Peccato per l’amico che i due turisti
messicani si siano limitati all’acquisto di uno scialletto,
che gli è valso non più di un centinaio di rupie. Ma
al suo rientro a casa compensava il magro introito supplementare
la porzione di un succulento chicken curry che si era procacciato
all’ingresso della coppia del ristorante, non bastandogli
affatto, si era schernito, le misere 50 rupie che gli avevano
allungato per averne procacciato la consumazione della cena. La
goduria con cui insieme a Chandu, nella television room, ne
gustava il sugo squisitamente speziato con del chiappati,
facendomene a mia volta partecipe ghiotto , era ben altro
appagamento, per l’amico, del godimento morale di cui nel
pomeriggio e l indomani mattina gli avevo detto che poteva ben
essere contento, quando la signora francese che insieme al marito
aveva accompagnato ai templi e in agenzia per fare il biglietto
per Orccha di prima classe, il migliore possibile, “ you are
very good person”, l’aveva omaggiato, tanto più
il lunedì mattina, quando li aveva condotti alla stazione
ferroviaria, per essersi presentato con l’indicazione
scritta dei posti che avevano prenotato, di cui in rete avevo
condotto per lui l’enquiry. Ma la sua incapacità
di alcun rendimento di grazie, nella consapevolezza che nulla al
mondo ci spetta di diritto ma solo per grazia, una disposizione
dell’anima alla cui acquisizione si riducono i miei intenti
evangelici nei suoi riguardi, lo lasciava ancora irritato con quel
madarchor del consorte della squisita signora, non fosse stato per
il cui desiderio di ripiegare in albergo , la signora avrebbe
consentito di buon grado a farsi condurre ai templi jain. “
Kailash, come ripeterti, che un turista non è un madarchor
solo perché intende fare quello che vuole, e non può
spendere che secondo le sue disponibilità? “ dopo
che la sera scorsa kailash è andato in escandescenze contro
il procacciatore di turisti per il greenwood hotel , della sua
stessa casta,che non gliene assicura più per dei
sightseeings, benchè quando io ero ancora in Italia gli
avesse offerto ospitalità per due notti nella mia stanza,
al riparo dal gestore del ristorante dell’hotel harmony che
avrebbe voluto vederlo in galera per una vetrata infranta, e che
kailash aveva rabbonito nei suoi riguardi, Tornavo con lui sugli
antefatti, oggi presso il talab, una volta condotti a scuola i
bambini in tuk tuk, e non ci restava che la condivisione del punto
che in khajuraho guide ed escort, accompagnatori e conducenti,
belli e brutti così fan tutti, tutti quanti lapkas, con la
sola differenza tra chi ne ha rilasciata la licenza e chi
no. Lasciavo affidato al silenzio che rischio l insorgere di
una tosse consultiva reattiva per i suoi modi privi di garbo nei
miei riguardi , il corollario a giustificazione del tutto, che
nella mente di kailash è il corso e il ricorso di un
ritornello quotidiano, che il turista, l'ospite sacro, ha proprio
quello che gli spetta, se ti crede solo se gli menti, ti considera
solo lo derubi. “ money is nothing for me, friendship is
all” il motivetto locale irresistibile che a tanto
basta. PUBBLICATO DA ODORICO A 23:32 NESSUN COMMENTO:
su facebook
Mercoledì 19 novembre
13 ottobre 2014
Può
andar bene, così, per la Gazzetta di Mantova? Già
quest’estate mi ero cimentato in una mia riscrittura mentale
dell’Odissea in una Renzeide, provocatovi
dall’autoproclamarsi un novello Telemaco ( di calco
recalcatiano) del Matteo nazionale , allo scatto di suo selfie di
gruppo inserito sullo sfondo di quello della stessa Europa, quando
ne assunse la Presidenza della Commissione. Solo che ne è
sortita una trama a rovescio, alquanto breve da riassumere in
sintesi: in luogo del fare tesoro di esperienze ed errori e valori
del padre, propiziandone il ritorno, l'andata in scena della
rottamazione anche del suo solo nome e della sua sola memoria, con
ogni agguato e brutalità di sorta da parte del novello
fasullo Telemaco e dei suoi servizievoli compagni di viaggio,-al
successo del padre meno vittorioso del previsto, perpetrando,
grazie alla dispersione della gloria di Ulisse, la spartizione
della sua eredità con i Proci infestanti, riabilitati alla
grande con il loro Papi della patria in testa, ed ora, che sono
ancora più in auge, ben liberi di spadroneggiare sale alte
e profonde di un palazzo trasformato nella reggia della loro
prepotenza condivisa, Penelope, poveretta la Finocchiaro, a suo
tempo già svillaneggiata dal figlioccio spurio, indotta a
tessere e ritessere la tela con l’autore dello loro nequizie
più brave, fiero padre di una Mer(di)na senatoriale dopo
avere dato vita ad un Porcellum elettorale, per stare ai termini
con i quali il genitore stesso ha ignominiosamente soprannominato
i suoi figliastri traviati. Poi il seguito del job act ha
conferito un andamento tragico alla parodia in corso del poema
omerico, per come in una Repubblica fondata sul lavoro si è
carpita la fiducia assoluta , con il ricorso ad una delega in
bianco, per togliere ai lavoratori diritti vitali senza che alcuna
tutela sociale compensativa sia loro garantita. Ed ora a ripetermi
in finzioni analoghe sono stato appena indotto dalle vicende
fresche di cronaca del mancato disarcionamento del Sindaco di
Mantova, finendo tentato, dal loro decorso buffonesco, ad
attagliare a quanto è successo il nostrano immortale
Rigoletto: ma l’accaduto mi è parso di un tenore così
infimo, che tra le parti maggiori ho trovato un equivalente
omologo solo a Gilda, sequestrata e stuprata nelle tramutate
spoglie del leghista Simeoni, mentre per le parti destinate a
delle mere comparse, il Marullo di corte mi è parso del
tutto calzante con Longfils, all’apparenza franco di lingua
e di pensiero, nei suoi gran bei marameo e birignao, in vero
dedito ai più servili servigi, in tronfio sfregio,
all’occorrenza, del suo dover essere “super partes”,
mentre a Sodano ben si configuravano i panni di un nuovo signor di
Ceprano, che per scornarsi delle vicendevoli cornificazioni
amministrative fino all’estremo vulnus, si è prestato
di buon grado ad ogni ammoina e ad ogni vile buon viso
condiscendente verso i prestatori di soccorso, pur di restare
senza più alcuna dignità istituzionale il primo
cortigiano in lizza del Ducato. Morale dell’ una e
dell’altra favola, così è in Italia, anche se
non ci pare e piace affatto,al tempo in cui per Grillo come per
ambo i Matteo, il Salvini quanto il Renzi nazionale, costui in
ottemperanza al Patto del Nazareno con il tramortito Berlusconi,
eccezion fatta per i testimonial del Sel, che qui non sto per
questo a glorificare, i rappresentanti del popolo hanno da essere
dei nominati di Partito che devono rispondere solo alla ditta,
secondo la voce del vero dal seno bersaniano fuggita, e non già
a chi è affidato alle loro responsabilità dal
mandato assunto, con l’esito di un dispregio sommo delle
nostre istituzioni Da cui, in compenso, non è per questo
finora sortita alcuna crescita o ripresa dell’economia e
società nazionale.
8
novembre forse quando ci facciamo autori della nostra vita
scegliamo o ricreiamo ogni giorno uno dei copioni che ci sono
stati prefigurati dagli eventi ( o dal loro attrattore divino, in
forma di bene), chiedendo il concorso di una forza o di una
rivelazione illuminante, a cui risvegliarci ( la grazia per i
cristiani) che le parole della preghiera o la meditazione
risvegliano in noi, facendoci ritrovare al fondo dell'anima la
nostra ispirazione più alta
Con Ajay e
Mohammad , rivisitando i templi di khajuraho, il 9 novembre 2014 (
Ma khajuraho non è solo i suoi templi, o i suoi magnifici
dintorni rurali, oppure certe sue persone straordinarie, è
anche gli accalappiatori di ogni sorta che vogliono nei tuoi
confronti solo risalire ai tuoi soldi, o i turisti irresponsabili
ad essi conniventi nell'ignoranza più crassa della realtà
dell india, i tour operator e gli hotel five stars e le guide
immorali, interessate solo a procacciare clienti a empori di lusso
o donatori a infime scuole del business umanitario, che sono i
principali beneficiari del turismo costosissimo mordi e fuggi
imperantevi, nella filiera di un main stream che lascia ai turisti
organizzati solo il tempo di vedere il minimo possibile , neanche
quello di lavarsi in hotel prima di essere intruppati nel volo del
primo pomeriggio seguente quello dell'arrivo, è le sue
strade che si fanno assestate solo all'altezza dei residences di
lusso, sono i maiali che convivono per strada con i bambini, tra
liquami e rifiuti, non appena si lascino le aree dei parchi
archeologici, ectetera, etcetera
. Per le Gazzette di
Mantova e di Modena ( novembre 2014) Mi spiace- solo
relativamente- per gli antagonisti di piazza e di rete a Matteo
Salvini che si sentono indotti ad attaccarlo insieme alla Lega con
ogni forma di insulto in luogo della critica reale, magari
ostentando la presunzione di superiorità di un razzismo
morale che seguita a denotare insopportabilmente il presunto
essere di sinistra, o scambiando la politica per un cartoon
adolescenziale e per un bullismo di rete in cui vince chi fa
cagare sotto il nemico, ma il fatto stesso che Salvini e la Lega
siano divenuti la loro ossessione esistenziale che li induce al
peggio di se stessi, è la prova più evidente di
quanto Salvini si stia dimostrando un politico capace e temibile
oltre il prevedibile. Tale riconoscimento non significa alcuna
condivisione di orizzonti e di intenti di Salvini, per lo più
aberranti, ma è la presa di distanza che in luogo del
coinvolgimento finanche morboso risulta la condizione
imprescindibile per contro attaccarlo efficacemente, innanzitutto
riconoscendo gli stati di sofferenza e le paure e le criticità
reali cui sa risalire, invece di disconoscerli per principio
preso, magari palesando propria quell’ignoranza razzistica
che per tali antagonisti consimili e mimetici costituirebbe sempre
e solo l’anima nera e l’ incultura degli altri. E’
la condotta esistenziale di un’indagine e di uno studio
interminabile delle ragioni degli altri, che a certi eterni
ragazzi e principianti della politica, cultori incalliti di
ideologismi che al tempo della globalizzazione sono divenuti la
nostalgia patologica reazionaria dei padri titanici del buon
comunismo e dei buoni compagni di un tempo, a certi supponenti ed
arroganti professionisti in rete dell’antidiscrimine,
sfioriti i fasti dell’antiberlusconismo inossidabile, è
quanto dovrebbe insegnare una rialfabetizzazione del tutto
personale alla politica democratico-liberale, che consenta di
acquisirne i termini minimi imprerscindibili, il senso dei limite,
lo spirito discente della propria fallibilità fallimentare
e dell’autocritica ironica, innanzitutto, secondo quanto è
vero di ogni terapia risolutiva.
__________________________________________________________________
Due
sono le cose durevoli che speriamo di lasciare in eredità
ai nostri figli: le radici e le ali (Cina)»
Tutta la mestizia del
giovane Mohammad nel mio ufficio dove è convenuto con Ajay
per la lezione serale, cui non so offrire che la stanchezza
prostrata/vessata del mio ascolto, quando mi dice che vorrebbe
morire perché è così povero.
“Non
ho forse ragione?” Non so replicargli se non che non deve
dire e pensare cose del genere, non deve farsene affliggere la
mente: “Io sarei ben più ricco se mi ritrovassi in
Italia, dove nessuno mi chiede mai niente, né niente
mi offre in aiuto, per quanto mi si complimenti, ma quanto più
povera vi sarebbe la mia vita senza di te, di Ajay e della sua
cara famiglia”.
In
mattinata era successo che l’insegnante della scuola
cui era ben felice con il mio contributo di essere di ritorno,
l’avesse fatto stare in ginocchioni per non meno di
quaranta minuti, perché vi aveva rimesso piede dopo due
mesi di assenza. “ Ma non sono stati i tuoi stessi
insegnanti a ripeterti continuamente, i primi giorni di
scuola, che dovevi startene fuori, out, perché non
eri in grado di pagare le tasse di iscrizione?”
Ma la sua sudditanza
mentale alla pezzenteria rifatta di quegli insegnanti era tale,
che il senso delle mie parole gli era duro.
Ciò che intanto
più lo addolorava era che il padre ora guadagni non più
di 150 , 200 rupie al giorno come venditore di the, mentre quando
aveva lasciato Kanpur per Khajuraho la sua attività
di tinteggiatore gli consentiva allora un guadagno di 500, 600
rupie al giorno. Almeno 200 le versava ogni giorno a una sorella
più povera, frattanto ella si era arricchita,
ed ora non prestava alcun soccorso alla disgraziata famiglia
del fratello, anche dopo che più volte era stata funestata
dai ladri durante l’anno scorso.
“ E’
una delle prime leggi della vita, Mohammad, che se dai aiuto non
devi attenderti niente”.
Non era lo stesso, per
quanto lui ne sapeva, per il mio tramite, della stessa famiglia di
Kailash? Ero di rientro con Ajay dalla visita al nonno, in
Byathal, tra le arature dei coltivi e lo splendore dele radure
della giungla dove convenivano le popolazioni di scimmie, per
dirgli come il figlio Manoj stesse
attentando alla felicità della famiglia del fratello, con
l’improvvido acquisto di un proprio autorickshaw che
toglieva lavoro a K. presso l hotel in cui Manoy era un addetto
alla reception, ed i cui clienti in
precedenza gli inoltrava,
,
e con che costrutto si era risolta la nostra missione, come Ajay
aveva ben inteso fin dal rientro?Se
non che il padre di K. aveva piuttosto colto al volo
la dichiarazione dei loro intenti di trasferire in
Rajnagar la sede del negozio di barbiere le cui suppellettili
stazionavano sui ripiani della loro casa, sul terrazzo, per
proporre che anch'esso finisse nella sua Byathal, come già
nelle sue mani vi erano finite la bufala di K con la
sua figliolanza., il negozietto di generi alimentari e domestici
che vi avevano costruito, al tempo in cui per la morte del figlio
Sumit la mente di K. era più sconvolta e fuorviante, quanto
mai suggestionabile dalla sollecitazione al rientro di tutto nel
luogo d'origine.)
Lui ed Ajay sfogliavano
intanto le pagine patinate delle riviste di celebrità, che
avevo acquistato sottocosto, essendo in resa, perché ne
ritagliassero le immagini e vi scrivessero sotto in italiano una
prima descrizione fisica di tali eminenze del mondo dello
spettacolo. Non uno di loro, a quanto ben ne sapevano, che non
fosse il figlio di un direttore artistico della Bolliwood dei
sogni, quei madarchor.
“
In memoria
di Gino Baratta
Gino Baratta l’ho conosciuto solo
durante gli ultimi anni della sua esistenza, quando il nostro
incontro fu propiziato da un anno di insegnamento presso lo stesso
istituto. Il ricordo che ne conservo è di un grande amico e
di un grande spirito, animato di un’intelligenza comprensiva
universale a cui mi risultava quanto mai riduttiva la
configurazione di critico intellettuale di tendenza che si era
conferito. L’ho compreso grazie alla sua disponibilità
umana ed alla sua tempestività nell’elucidarmi, su
piccoli ritagli, il fulcro espressivo dei miei testi poetici che
gli trasmettevo, con folgorazioni sintetiche dei loro significati
di fondo per il tramite delle loro vestigia formali, che per virtù
intuitiva erano pari almeno a quelle coeve di Dante Isella o di
Pier Vincenzo Mengaldo. E fu in virtù di un suo intervento
spontaneo che per parte mia non avevo sollecitato, anche per il
riguardo che nutrivo nel profondersi finanche eccessivo delle sue
attitudini generose nei riguardi del suo entourage, che una loro
selezione è l’unica componente della mia produzione
letteraria che abbia finora visto la luce di una pubblicazione
tipografica. A suggello al contempo dell’ universalità
dei suoi interessi e del suo ingegno, fu poi significativo che il
libro che mi donò quale attestato della sua stima ed
amicizia sia stato lo Chuang-tzu, nell’edizione Adelphi
originaria.
Poi l’insorgere del male nella sua mente,
che l’oscurava e la debilitava a sua ed a comune insaputa,
ed un mio involvermi a suo giusto dire in modi parnassiani,
crearono una certa distanza, non un distacco. Qui dall’India,
dove mi hanno condotto vocazione, missione, e ciò che il
destino ha di divino, dei superstiti reperti della nostra
vicinanza culturale ed affettiva di quei tempi, ora riposti chissà
dove nel mio appartamento mantovano, non posso addurre che il
breve testo poetico che scrissi appena dopo la sua morte. Vale,
caro Gino, atque vale
In memoria di Gino Baratta
Sul
davanzale della sua stanza d'ospedale gli ultimi suoi libri
aperti interminabili, quando l'inesorabile più non ci
distanzia nella sua mente che mi discorre intanto come
eterna,
come nella notte che lasciò ogni altro per
parlare con me solo di Egon Schiele. Ed ora ch'egli non è
più che il suo sfacelo così intendo ricordarlo
vivo. GIOVEDÌ 20 NOVEMBRE 2014
Quando
Chandu Quando Chandu con così poco si diverte così
tanto a giocare con me, e nel suo volto traspaiono i lineamenti
identici di quello di Sumit, riesco solo a pensare che anch'egli
sia parte della nostra gioia.
MARTEDÌ
25 NOVEMBRE 2014
......... Il Tempio Parshvanata Ovunque
ci si disponga a rimirarlo, dall'accesso retrostante o seduti
sulla panchina prospiciente, dai rialzi dei templi jain che ne
fronteggiano il versante meridionale oppure dai bordi
settentrionali della sua stessa piattaforma od all'altezza del
tempio Adinatha, nel suo comporsi di portico d'entrata, mandapa,
santuario del gargabriha e deambulatorio circostante illuminato da
jalis, la gran mole del tempio Parshvanatha ci appare ripidamente
saliente, ed imperviamente contratta, nel suo raccogliersi nel
sikkara che ne promana come l'adempimento della sua tensione
ascendente, cui concorre l'anelito ad esso appigliato delle balze
rampanti quali sue replicanti miniature. Nel suo sovrastarci il
tempio ci si offre oblungamente ravvicinato al contatto ed alla
vista, la sua ornamentazione scultorea inferiore a nostra portata
di mano sorgendo su di una sua piattaforma rifatta quanto mai
ribassata, che gli nega la sopraelevazione imponente e
soggezionante dei templi Lahsmana o Kandarya o Vishvanata, nel
loro distacco altolocato verso il sublime,. Ogni altro rilievo
di modanature e statue e nicchie e tempietti e pinnacoli vi ha un
risalto stiacciato, minimamente aggettante, il cui nitore incisivo
ancor più esalta la compattezza del tempio nel suo essere
tutt uno con il sikkara che l'adempie, come la fiamma del
sacrificio sublima l'altare vedico dal cui alto impilamento si
slancia verso i cieli. Il duplice portale del tempio è
come il rilascio frontale della contrazione vibrante del suo
corpo, che non presenta alcuna espansione invece in transetti, la
frastagliatura chiaroscurale degli altri templi maggiori di
Kajuraho, così connotando la sua precipua peculiarità
jainista, al pari della dimestichezza della sua monumentalità. Nel
farsi quindi analitico dell'indagine visiva saliente, il basamento
del tempio, l'adhisthana, nelle sue partizioni ci appare scandito
dai rilevi carenati delle thakarikas, la cui minimalità
ineludibile risalta dalle modanature di cui sono il coronamento,
prima che la profilatura rettilinea di una pattika aggraziata da
fregi ondulati sia di supporto al sopraelevarsi su di un
piedistallo della prima delle tre fasce di statue della jangha del
tempio, di dimensioni decrescenti l'una serie dopo l'altra. La
prima orlatura del succedersi di thakarikas corona la jadhya kumba
da cui ha inizio il plinto del basamento dell'adhishtana, e vi
soggiacciono le modanature dello zoccolo della bitha, ch' è
visibile al meglio solo nelle emergenze inferiori del portale
d'accesso dalla piattaforma. A tali thakarikas subentrano le
modanature di una karnika, dai profili taglienti ch'è
adorna di gararakas inferiori, di cui si fregia pure la rettilinea
pattika ulteriore su cui decorrono fiori cuoriformi, cui fa nno
seguito la rientranza successiva di un'antarapatta in cui si
alternano rombi e pilastri*, e la kapota le cui thakarikas
superiori- in corrispondenza delle sue sottostanti gagarakas-
indicano che con esse ha termine il plinto e che subentra la
sezione dell'adhisthana costituita dal podio della
vedibhanda. Nella sua successione si sopraeleva sul plinto la
serie di modanature nelle quali soltanto consisteva il basamento
dei templi antecedenti quelli Chandella in Khajuraho, khura,
kumba, kalasa, tra cui si frappone la rientranza *di
un'antarapatta, cui fa da contrappunto la sporgenza terminale di
una pattika con volute a stampiglio. Con tale fascia si
trapassa dall'adhisthana al muro della jangha mirabile, con i suoi
tre corsi di statue di dimensioni diminuenti Quelle dei due ranghi
inferiori allineano la staticità ora vibrante, ora
rudemente inerte, di divinità singole e in coppia e di
celestiali apsaras nelle proiezioni , di vyala-sardula o leogrifi
nei recessi, quella del rango superiore il contrappunto dinamico
dei voli di coppie di vidhyadaras ultraterreni. Le modanature
di bandhanas della più fine preziosità lumeggiata
separano le trafile statuarie, quella inferiore aggraziata dalle
emergenze di gagarakas, di una grasa pattika di kirtimukka e di
rosette, quella superiore dai rilievi di una gagaraka e di una
pattika con fiori a forma di cuore. Al di sopra delle sculture
sta il capitello di una bharani costituito da una affilata karnika
e da una padma ch'è così denominata perchè a
forma di loto, che è sormontato da due kapotas con i fregi
usuali di gagarakas e thakarikas al di sotto e al di sopra. Solo
dopo tali modanature di transizione trova inizio la sezione del
tempio che a sua volta è di passaggio dalla jangha al
sikkara o alle altre sovrastrutture delle sale, costituita dalla
varandika. In essa su di ogni ratha o proiezione della jangha
stanno allineati i tempietti di altrettanti piccoli tilakas, ne
sintetizzano l'edificio le nicchie di fregi diamantini, o
ratna-patta, su cui sono disposti i piani di cinque mini-pidhas
che nella loro minuscolarità pur reggono una propria
minuscola chandrika ed amalaka, secondo la frattalità
dell'estetica religiosa dei templi hindu, che esalta
micromacrocosmicamente la visualizzazione del medesimo ordine
divino che è all'opera in ogni livello e grado
dell'essere. Tra gli intervalli di tale filiera di tilaka ne
sorge una superiore, mentre dalla badhra della proiezione centrale
principale del tempio inizia intanto a staccarsi la
sopraelevazione delle carenature, le chaitya-gavakshas, di tre
udgamas centrali, lungo la cui progressione ascensionale via via
la vista risale tra l'infittirsi circostante di ulteriori tilakas,
della frattalizzazione del sikkara nelle miniature delle sringas
Le raccordano ratna pattas di rombi seriali la cui filiera
superiore è coronata di ugdamas, che le prominenze di due
modanature fregiate di semirombi triangoli- gli ardha--ratna -e di
gagarakas, le separano da delle nicchie di gruppi statuari di
soggetti vivacemente conversanti, come non è dato certo di
vedere nella compresenza di astanti cui si riducono a porci
davanti miriadi di presunte sacre conversazioni cristiane- non
solo barbuti insegnanti e discenti, come è dato ritenere,
mentre le karna sringa che rinserrano la ratna-patta romboidale
sono sfasate di livello, secondo una estetica hindu che saà
ripresa dall'arte moghul e da quella rajiput , ad essa ispirata,
nella disposizione a diversa altezza contrappuntistica dei
chattri-, A colmarne le distanze tra tali sringas ne sorgono
mirabilmente altre tre per parte, a d un'altezza superiore , pur
esse con sfasature, quelle estreme triratha, pancharatha quella
intermedia, oltre le quali ulteriori sringas si levano ancora più
in alto, a colmare gli intervalli ulteriori in un unisono canto
architettonico Il centro è così rimasto vuoto di
miniature di sikkaras per essere occupato dall'inerpicarsi
dell'ultimo dei tre udgamas salienti, sospinto dalla tensione
ascendente delle profilature nitidamente angolate di radenti
karnikas e da un balconcino che su di esse incantevolmente si
affaccia nella sua kakshasana, mentre una coppia divina tra
attendenti fa ad esso da coronamento celestiale, per porsi alla
base dell ulteriore slancio ascendente di tutto il mulamanjari del
sikkara, nei suoi salienti centrali delle urah-sringa. L'una in
modo maggiore dell'altra , l'altra in quello minore, si staccano
verso l'alto da uno stesso livello e sono entrambe pancharatha, le
costituiscono le partizioni di sei ed otto bhumi, rispettivamente,
intervallate da amalakas, e ancora un'amalaka, una chandrikas un'
amalaka più piccola, una ulteriore chandrika per
l'urasringa maggiore, quindi la kalasa e il pinnacolo in guisa di
agrume di una vijapuraka, ne sono il concorde coronamento. Le
saptarathas del mulamanjiari del sikkara sono un reticolato
continuo di chaitya gavakhs, gli occhi di luce della divinità
radiante, solo in quelle d'angolo, le kharna rathas, esso appare
inframmezzato da corsi di lastre pidhana-phalaka e di rombi
incorniciati. Giunti a tal punto dell'ascesa vibrante, la madhya
centrale sospinge ulteriormente la tensione rampante delle altre
che supera di slancio, per inoltrarla oltre il collo della grevas
verso la sua conclusione finale nell'amalaka e, chandrika, amalaka
minore, kalasha e vijapuraka sommitali. Ripercorsa con la vista
la copertura della sala interna e del portico d'accesso, la
rimanenza restaurata* dei picchi piramidali più bassi della
cordigliera del monte Meru o Kailash, la sede degli dei la cui
vetta più alta è simboleggiata dal sikkara, ci
ritroviamo davanti ora all ingresso principale, sul lato più
corto volto ad est. Sopra la continuazione dell'adishtana il
basamento del portico d'entrata presenta una fregio sovrastante di
elefanti sdraiati fiancheggiati da coppie dei recessi, come figura
nel tempio lakshmana, antecedente,* cui fa seguito una pattika di
volute su cui sorge il pavimento d'entrata. Due coppie di
pilastri , gli antecedenti torniti in guisa di colonne,
costituiscono i sostegni del chatuski dell'ardhmandapa. Essi si
ergono su una upapitha ottogonale, decorata dal motivo di petali
di loto , e su un ulteriore supporto, sempre ottagonale, che alla
stregua del basamento in cui ha avuto un seguito il plinto
dell'adishtana, recupera a sua volta le modanature della
vedibhanda, kura. kumba con archi chaitya, kalasha e kapota con
takarikas ornamentali, insaldando l'unità organica del
tempio I pilastri anteriori da ottagonali si fanno di sedici
sfaccettature, poi circolari, come circolare è il
capitello, nell'anularita di una liscia kalasha ribadita dall
orlatura della svasatura di una padma, lo sovrasta la vigoria
plastica di una mensola di atlanti-butha intervallati da nagas
atteggiati in anjali deferente. I pilastri interni, di tipo
budraka, resistono ad ogni seduzione circolare, cui quelli
antecedenti cedono fin dalla ottagonalità del supporto, che
permane squadrato nell'upapitha e nel supporto seguente, e si
priettano in una fascia mediana che nella sua parte inferiore
funge da supporto a uno dvarapala con quattro braccia, mentre
nella parte superiore reca impresso il motivo di volute
intrecciate tra fasce di fiori mandara e volute fluenti nel fusto,
di cui un fregio di rosette fa da conserto con quelle intrecciate.
su di esse un vaso dell'abbondanza disposto su un rilievo
granulare, dispiega il suo tripudio di foglie sull'incombere di un
capitello le cui concavità e convessità si risolvono
in profilature taglienti, a sostegno di mensole di atlantici butha
e adoranti naga in tutto simili a quelle dei pilastri esterni. Il
tempo di ripercorrere il succedersi di seguire le volute e
spirali, dei kirtimukka di una grasa pattika e i fregi triangolari
di un'ardaratna nella trabeazione, le prominenze più o meno
sporgenti di kirtimukka nell'architrave seguente, quelli meno
aggettanti con supporti di mensole a guisa di celestiali
salabhanjka, che ci si schiude l'incanto del soffitto, diu cui è
più che un assaggio anticipatore sul lato est, volto
all'esterno, un makara torana di cinque inflessioni che giace su
due kirtimukkas. Tre orli o kola di corolle cuspidate di un
grande fiore di loto centrale, in una pietra lavorata come il più
delicato marmo, vi fioriscono tra la duplice orlatura di quattro
corolle più piccole agli angoli, da cui pendono pigne, come
al termine del tubo staminale che discende dall'efflorescenza
centrale, che cela la discesa dai cieli di kirtimukka, catene
fuoriuscenti dalle loro bocche, naga adoranti, una coppia di
vidhyadaras volanti. E' dalla porta di accesso al tempio che
ora ha inizio il ripercorrimento del suo ammanto
statuario.
Quanto
più a lungo è dato visionarlo, ed interrogarsi sulle
ragioni della sua natura ibrida attentamente , il tempio
parshvanata sembra schiudere le più diverse ragioni
configurative, e rivelare i più svariati scenari del suo
comporsi architettonico- statuario, la più profonda
simbiosi o ben altro che un eclettismo irenico hindu- jain, all
ombra tutelare dei tolleranti Chandella. Così come le
vicende terrene si rivelano il contraccolpo temporale delle eterne
vicende trinitarie o di triadi trimurtiche, o del ritmo
dell'essere nella pulsazione vibrante dello spanda che alla
espansione di una potenza fa corrispondere la contrazione
dell'altra, nel ruotare delle energie per cui una potenza sussume
quella precedente o la sostituisce, poi fondendosi in quelle
successive che la sovrastano, secondo una sua versione drammatica
il parsvanath in un primo tempo fu eretto in forme jain, mentre
poi il revanscismo brahmanico o il venir meno al contempo della
potesta protettiva dei Chandella, il rivelarsi troppo dispendioso
del suo assunto architettonico anche per la facoltosa comunità
jain possono essere adombrati dal rivestimento del tempio di sole
immagini hindu, esaurendo il loro giacimento con la compresenza
delle immagini più squisite insieme con le più
seriali di bottega, fatto salvo il vincolo che non vi figurassero
immagini erotiche. Al contempo il sikkara sarebbe stato ultimato
con l'appiglio di tanti mini urah e karna sringas, che lo
mimiaturizzavano, come prescriveva la canonicità della
elezione di Khajuraho a capitale religiosa dei Chandella, con un
suo statuto architettonico speciale.E un terzo tempo sembra
esservi sovraggiunto, dopo tale conformazione di compromesso. che
con il declino complessivo del potere teologico hindu-brahmanico,
e il rinvigorirsi di quello economico jain in una Khajuraho in
decadenza, ne consentì la rivalsa e la riappropriazione del
tempio. Lo attesterebbero le immagine di coppie mithuna
scalpellate via e il suggello di tale sussunzione appostovi dalla
destinazione delle nicchie di ogni badhra o delle pareti della
garbagriha a dee jain, o jainizzate, come la stessa Sarasvati
nelle architravi dei portali d'accesso o nella edicola inferiore
della badhra meridionale, in virtù della apposizione ai
lati di fantolini tirthankara. Pur sotto un Shiva al centro del
frontone sovrastante l entrata, e su dvarapala vishnuiti
jainizzati ai lati delle soglie , era ora la jain Chakreshvari ad
avere assunto il controllo della destinazione del culto deel
tempio, campeggiandovi al centro del portale d'ingresso, nella
trabeazione più recente appostavi rudemente sopra le sakas
delle bande/fasce laterali, tra il residuo devozionale hindu dei
navaghraha, come nel portale e nel sanctum appostovi sul lato
opposto occidentale, forse per un tributo alla superstizione della
credenza nelle divinità planetarie che si annidava anche
nei cuori jain. Un residuo significativo dei timori sacrali
hindu, che più non figurerà nel tempio Adinatha da
considerarsi anche solo per questo posteriore, esso si in tutto e
per tutto perfettamente jain, con i soli dikpalas, e gli astavasus
superiori, a presidio restante della figuratività statuaria
hindu. Ma una più profonda conciliazione d'intenti
sembra piuttosto soggiacere alla erezione sia del tempio Parvanath
che Adinath in un'area ove si concentravano in antecedenza i culti
vishnuiti, e d essa ha la ragion d'essere nella sua concessione
tollerante, qui, come altrove, perchè ambo i templi furono
destinati al culto jain di una dea madre jain di origini
vishnuite, chakreswari, appunto, al centro della trabeazione
Avvalora la congettura la pianta oblunga d'ambo i templi, che come
l'aura austera ed arcana che vi si respira, evoca quella
sublimemente consimile dei templi Pratihara antecentemente
consacrati alla Sakti divina in Gyaraspur, luogo di culto jain
alla mahadevi,( il cui deambulatorio è ugualmente aperto
alla luce esterna dai tralicci di jali, senza che i balconi, in
cui non si dilatano transetti trasverali, ne compromettano come
nel tempio Parshvanath il raccoglimento della mole intorno al
sikkara), o dei templi hindu rettangolari e alla Devi del Teli Ka
mandir, in Gwalior, di Barwa Sagar, del Gadarmal in Patari Badoh.
Senza con ciò nulla togliere alle indubbie e diverse
contese figurative che rivelano le asportazioni e sovrapposizioni
di statue, pur spiegabili con l'intento conflagrante di rendere
predominante l una o l'altra connotazione della dea,
MARTEDÌ
2 DICEMBRE 2014
il tempio Jain Parsvanath di
Khajuraho
Index Templi Chandella Jain di
Khajuraho
2014
.................... Nell'albescenza
spirituale, ad ogni ricomparsa alla vista, del chiarore
lattiginoso del complesso dei templi jain di Khajuraho , con un
risalto ancora più grandioso contrasta il sopraelevarvisi
del fulgore in arenaria del Tempio Parshvanata. La cronologia
più accreditata lo fa risalire in termini indiscussi ad un
arco di tempo che intercorre tra il 950 ed il 970 dell'era
cristiana, quando a regnare in Khajuraho era il re Dhanga, in
virtù di rilievi epigrafici e di un compimento superiore*
delle fattezze architettoniche e della statuaria templare che lo
accomunano per affinità di stile al tempio Laksmana del
gruppo occidentale, il prototipo fondamentale dei templi che
fecero di Khajuraho la capitale religiosa dei Chandella, ultimato
verso la metà del nostro secolo Xmo Ovunque ci si
disponga a rimirarlo, dall'accesso retrostante o seduti sulla
panchina prospiciente, dai rialzi dei templi jain che ne
fronteggiano il versante meridionale oppure dai bordi
settentrionali della sua stessa piattaforma, distanziandosene
all'altezza del tempio Adinatha, che gli è adiacente, nel
suo comporsi di portico d'entrata, mandapa, santuario del
gargabriha e deambulatorio circostante illuminato da grate di
jalis, la gran mole del tempio Parshvanatha ci appare ripidamente
saliente ed imperviamente contratta, nel suo raccogliersi nel
sikkara che ne promana come l'adempimento immenso della sua
tensione ascendente, cui concorre l'anelito ad esso appigliato
delle sue replicanti miniature quali balze rampanti. Nel suo
sovrastarci il tempio ci si offre oblungamente ravvicinato al
contatto ed alla vista, sorgendo su di una sua piattaforma rifatta
quanto mai ribassata, che gli nega la sopraelevazione dei templi
Lahsmana o Kandarya o Vishvanata, nel loro distacco altolocato
verso il sublime. Ogni altro rilievo di modanature e statue e
nicchie e tempietti e pinnacoli vi ha un risalto stiacciato,
minimamente aggettante, il cui nitore incisivo ancor più
esalta la compattezza del tempio nel suo essere tutt uno con il
sikkara che l'adempie, come la fiamma del sacrificio sublima
l'altare vedico dal cui alto impilamento si slancia verso i
cieli. Il duplice portale del tempio è come il rilascio
frontale della contrazione vibrante del suo corpo monumentale, che
non presenta alcuna espansione invece in transetti, la
frastagliatura chiaroscurale degli altri templi maggiori di
Kajuraho, così connotando la sua precipua peculiarità
jainista, al pari della dimestichezza della sua grandiosità. Nel
farsi quindi analitico dell'indagine visiva saliente, il basamento
del tempio, l'adhisthana, nelle sue partizioni ci appare scandito
dai rilevi carenati delle thakarikas, la cui minimalità
ineludibile risalta dalle modanature di cui sono il coronamento,
prima che la profilatura rettilinea di una pattika aggraziata da
fregi ondulati sia di supporto al sopraelevarsi su di un
piedistallo della prima delle tre fasce di statue della jangha del
tempio, di dimensioni decrescenti l'una serie dopo l'altra. La
prima orlatura del succedersi di thakarikas corona la jadhya kumba
da cui ha inizio il plinto del basamento dell'adhishtana, e vi
soggiacciono le modanature dello zoccolo della bitha, ch' è
visibile al meglio solo nelle emergenze inferiori del portale
d'accesso dalla piattaforma. A tali thakarikas subentrano le
modanature dei profili taglienti di una karnika, adorna di
gararakas inferiori, se ne fregia pure la rettilinea pattika
ulteriore su cui decorrono fiori cuoriformi, alla quale+ fanno
seguito la rientranza di un'antarapatta , ornamentata
dall'alternanza di rombi e pilastri, e una kapota che riavvia il
profilarsi inesausto delle prominenze. Le sue thakarikas
superiori- in corrispondenza di sottostanti gagarakas- indicano
che con esse ha termine il plinto e che subentra la sezione
dell'adhisthana ch'è costituita a sua volta dal podio della
vedibhanda. Nella sua successione si sopraeleva sul plinto la
serie di modanature nelle quali soltanto consisteva il basamento
dei templi antecedenti quelli Chandella in Khajuraho, le canoniche
khura, kumba, kalasa, tra cui si frappone la rientranza *di
un'antarapatta, cui fa da contrappunto la sporgenza terminale di
una pattika con volute a stampiglio. Con tale fascia si
trapassa dall'adhisthana al muro della jangha mirabile, esaltata
dai suoi tre corsi di statue di dimensioni diminuenti Quelle dei
due ranghi inferiori allineano la staticità ora vibrante,
ora rudemente inerte, di divinità singole ed in coppia e di
celestiali apsaras figuranti nelle proiezioni, di vyalas-sardulas
o leogrifi costretti nei recessi, quella del rango superiore il
contrappunto dinamico dei voli di coppie di vidhyadaras
ultraterreni. Le modanature di bandhanas della più fine
preziosità lumeggiata separano le trafile statuarie, quella
inferiore aggraziata dalle emergenze di gagarakas, di una grasa
pattika di kirtimukka e di rosette, quella superiore dai rilievi
di una gagaraka *e di una pattika con fiori a forma di cuore. Al
di sopra di ogni proiezione delle sculture sta il capitello di
una* bharani, costituito da una affilata karnika e da una padma,
così denominata perchè a forma di loto, sormontano
ciascuno di essi due kapotas , con i fregi usuali di gagarakas e
thakarikas al di sotto e al di sopra. Solo dopo tali modanature
di transizione trova inizio la sezione del tempio della varandika,
che a sua volta è di passaggio dalla jangha al sikkara ed
alle sovrastrutture delle sale. In essa, su di ogni ratha o
proiezione della jangha, stanno allineati i tempietti di
altrettanti piccoli tilakas, ne sintetizzano il santuario le
nicchie di fregi diamantini, o ratna-patta*, su cui stanno
allineati i piani decrescenti di cinque mini-pidhas, che nella
loro minuscolarità* pur reggono una propria minuscola
chandrika ed amalaka. E' una prima attestazione nel tempio
Parsvanatha della frattalità dell'estetica religiosa della
templarità hindu, che esalta, micromacrocosmicamente, la
visualizzazione del medesimo ordine divino (che è all'opera
) in ogni livello e grado dell'essere. Dalla badhra della
proiezione principale del tempio inizia intanto a staccarsi la
sopraelevazione delle carenature, le chaitya-gavakshas, di tre
udgamas centrali, lungo la cui progressione ascensionale via via
la vista risale tra l'infittirsi circostante di ulteriori tilakas,
della frattalizzazione del sikkara nelle miniature delle sringas.
Le raccordano ratna pattas di rombi seriali, la cui filiera
superiore è coronata di udgamas Le prominenze di due
modanature fregiate di semirombi triangolari- gli ardha-ratna -non
che di gagarakas, le separano dalle nicchie di gruppi statuari di
soggetti vivacemente conversanti, barbuti insegnanti e discenti,
se si eccettuano i personaggi del pannello sorprendente che figura
ove la parete meridionale svolta o ovest, verso la facciata minore
del tempo, nei quali è dato di ravvisare Sita e Hanuman nel
giardino Ashoka dello sri Lanka. In questa deliziosa scena di cui
non possiamo mancare all'appuntamento visivo, nel giardino Askoka
in cui Sita è prigioniera del demone Ravana che l'ha rapita
al consorte Rama, l'arrivo di Hanuman le ha consentito di ricevere
un messaggio dello sposo. Due mostruose inservienti demoni
presenziano all'incontro senza avere modo di impedirlo, benchè
siano armate di spada e di scudo ( ketak), ignorando la natura
divina della scimmia. Nella mano sinistra di Sita, fasciato e
legato in un involto forse è contenuto il gioiello "
chudamani" già irretito nella sua capigliatura, che
per il tramite di Hanuman viene inviando a Rama, il cui nome è
inciso nell'anello ad una delle dita della sua mano destra
atteggiata nella Vyakhian mudra del suo discorso con Hanuman, che
deferentemente l'ascolta, in attesa di replicarle. ( Devo
l'analisi, visivamente preclusami, a Niraj e Dashrath rain, nel
loro ottimo referto di tale raffigurazione in Jain monuments at
Khajuraho). Rinserrano la ratna-patta più in alto* delle
karna sringas sfasate di livello, secondo una estetica hindu che
sarà ripresa dall'arte moghul e da quella rajiput ad essa
ispirata, nella disposizione a diversa altezza contrappuntistica
dei chattri. A colmare le distanze tra tali sringas ne sorgono
mirabilmente altre tre per parte, ad un'altezza superiore , pur
esse con sfasature d'altezza, quelle estreme triratha, mentre
pancharatha è intermedia, oltre le quali ulteriori sringas
si levano ancora più in alto, a colmare gli intervalli
residui in un unisono assunto/ canto architettonico Il centro è
così rimasto vuoto di miniature di sikkaras per essere
occupato dall'inerpicarsi dell'ultimo dei tre udgamas salienti,
sospinto ad ascendere dalla tensione consecutiva delle profilature
nitidamente angolate di radenti karnikas e da un balconcino che su
di esse incantevolmente si affaccia, nella sua kakshasana*, mentre
una coppia divina, tra attendenti , fa ad esso da coronamento
celestiale, per porsi alla base dell'ulteriore slancio
ascensionale di tutto il mulamanjari del sikkara, nei salienti
centrali delle sue urah-sringa. L'una maggiore dell'altra , ma
entrambe entrambe pancharatha, si staccano verso l'alto da uno
stesso livello, le costituiscono* le partizioni, intervallate da
amalakas, di sei ed otto bhumi, rispettivamente. Un'amalaka, una
chandrika, un' amalaka più piccola ed un' ulteriore
chandrika per*l'urah-sringa maggiore, quindi la kalasa ed il
pinnacolo in guisa di agrume di una vijapuraka, ne sono il
concorde coronamento. Le saptarathas del mulamanjiari del
sikkara sono un reticolato continuo di chaitya gavakhas, gli occhi
di luce della divinità radiante, solo in quelle d'angolo,
le kharna rathas, esso appare inframmezzato da corsi di lastre
pidhana-phalaka e di rombi incorniciati. Giunti a tal punto
dell'ascesa vibrante, la madhya latha centrale sospinge
ulteriormente la tensione rampante delle altre e la supera di
slancio, per inoltrarla oltre il collo della greva* verso la sua
conclusione finale nell'amalaka , chandrika, amalaka minore,
kalasha e vijapuraka sommitali, ove il tutto culmina nel punto
inesteso in cui tutto ha la propria origine e il proprio
riassorbimento finale. Ripercorsa la copertura della sala
interna e del portico d'accesso, la rimanenza restaurata* dei
picchi piramidali più bassi della cordigliera del monte
Meru o Kailash, la sede degli dei la cui vetta più alta è
simboleggiata dal sikkara, ci ritroviamo / possiamo ritrovarci ora
davanti all' ingresso principale, sul lato più corto volto
ad est. Sopra la continuazione dell'adhishtana il basamento del
portico d'entrata è sormontato da un fregio di elefanti
sdraiati cui sono contigue delle coppie umane nei recessi, secondo
una ricorrenza che figura già nel tempio Lakshmana,
antecedente. Vi fa seguito una pattika ornamentata di volute su
cui sorge il pavimento d'entrata. Due coppie di pilastri , gli
antecedenti torniti in guisa di colonne, costituiscono i sostegni
del chatuski dell'ardhmandapa. Essi si ergono su di una upapitha
ottogonale, decorata dal motivo dei petali di loto , ed un
ulteriore supporto, ugualmente ottagonale, che alla stregua del
basamento in cui ha avuto un seguito il plinto dell'adhishtana,
recupera a sua volta le modanature della vedibhanda, - kura, kumba
con archi chaitya, kalasa e kapota aggettante takarikas,
rinsaldando l'unità organica del tempio I pilastri
anteriori da ottagonali si fanno di sedici sfaccettature, poi
circolari, come circolare è il capitello, nell'anularità
di una liscia kalasa ribadita dall'orlatura della svasatura di una
padma lotiforme, lo sovrasta la vigoria plastica di una mensola di
atlanti-buthas intervallati da nagas atteggiati in anjali
deferente. I pilastri interni, di tipo budraka, invece
resistono ad ogni seduzione circolare, cui quelli antecedenti
cedono fin dalla ottagonalità del supporto, che permane
squadrato nella loro upapitha e nel supporto susseguente, e si
proiettano in una fascia mediana che nella sua parte inferiore
funge da supporto ad uno dvarapala con quattro braccia, mentre
nella parte superiore reca impresso il motivo di volute
intrecciate tra fasce di fiori mandara e volute fluenti nella
pietra del fusto, di cui un fregio di rosette fa da conserto con
quelle intrecciate. Su di esse un vaso dell'abbondanza, *disposto
su un rilievo granulare, dispiega il suo tripudio di foglie
sull'incombere di un capitello le cui concavità e
convessità si risolvono in profilature taglienti, a
sostegno di mensole di atlantici buthas e adoranti nagas, in tutto
consimili a quelle dei pilastri esterni. Il tempo di
ripercorrere il succedersi sovrastante di volute e spirali, dei
kirtimukkas di una grasa pattika e dei fregi triangolari di
un'ardha-ratna nella trabeazione, le prominenze più o meno
sporgenti di kirtimukka nell'architrave seguente, a fungere da
mensole di celestiali salabhanjkas, cui altre si accompagnano più
in recessione, che ci si schiude l'incanto del soffitto, di cui è
più che un assaggio anticipatore sul lato est, volto
all'esterno, un makara torana di cinque inflessioni che giace
riposto su due altri kirtimukkas. Tre orli o kola di corolle
cuspidate di un grande fiore di loto centrale, in una pietra
lavorata come il più delicato marmo, vi fioriscono tra la
duplice orlatura di quattro corolle più piccole agli
angoli, da cui pendono le torniture di pigne, come al termine del
tubo staminale che discende dall'efflorescenza centrale, che cela
la discesa dai cieli di kirtimukkas, catene fuoriuscenti dalle
loro bocche, nagas adoranti, una coppia di vidhyadaras volanti. E'
dalla porta di accesso al tempio cui siamo così pervenuti,
che ora ha inizio il ripercorrimento del suo ammanto
statuario. Una pietra lunare, o chandrasila, che involve due
conchiglie, ne precede la soglia, o udumbara. Tra due coppie di un
elefante e di un leone intenti in una ridda, comprende immagini di
devoti offerenti e danzanti. Su di essa si stagliano stipiti
ornamentati di sette fasce o sakas, di cui si completa nella
trabeazione il fregio decorativo. I loro rilievi iniziano oltre i
canopi delle immagini di rito delle dee fluviali Ganga e Yamuna,
situate alla nostra sinistra e alla nostra destra in flessuosa
tribhanga. La dea Ganga ha preservato il proprio veicolo animale a
discapito dello scempio della testa e della gamba destra, mentre
permane integra la sua coppia di inservienti, che comprende una
creatura naga serpentina volta all interno, al pari di quella che
assiste Yamuna, di cui il bel volto ha conosciuto la devastazione
solo del naso, mentre ne è rimasta illesa l'acconciatura
dhammilla, in cui la capigliatura della dea è rialzata
secondo la moda del tempo. E un pegno alla fashion d'epoca a cui
non saranno sottratte divinità ed apsaras del tempio. Le
sette sakas sono costituite da un primo fregio interno di rosette
e rombi, da un secondo di fiori mandara,cui fanno seguito un terzo
di gana danzerini, un quarto di leogrifi vyalas, un quinto a guisa
di pilastro, o stambha-saka, che racchiude entro apposite nicchie
coppie quanto mai caste di mithunas, cui simmetricamente fanno
seguito una replica del fregio dei vyalas, e una saka di ganas che
si dilettano di musica con tamburi, flauti o mridangas,
corrispettiva di quella dei gana danzanti, prima della replica
conclusiva del secondo fregio di fiori mandaras. Affiancano gli
stipiti due pilastri che accostano alle dee fluviali due
dvarapalas o guardiani del portale d'accesso - Oltre le loro tiare
si elevano nicchie di altri mithuna, a lato delle quali, verso
l'interno, rampica il fregio che simula i lasciti di pelle dei
serpenti, frequentemente ricorrente nei templi Chandella, il più
delle volte in corrispondenza di nagas. I due dvarapalas di cui
intriga la rigida tiara, o kirita mukuta, poichè è
tipicamente vishnuita, ci offrono l'occasione, insieme agli
dvarapalas dei pilastro interno del chatuski e alla più
superstite delle dee fluviali, Yamuna, di individuare
ravvicinatamente, al tocco delle mani, il corredo tipico delle
divinità e delle apsaras celestiali del tempio: corona,
orecchini o kundalas, collana, collare o hara, il filo sacro
vedico yajnopavita poggiante sulla spalla sinistra e traversante
il petto,* se le divinità sono di genere maschile, i
keyuras, o bracciali, indumenti intimi allacciati da cinture, con
festoni ingioiellati e nappe e sciarpe svolazzanti, laddove della
pettinatura dhammila già si è detto. Si è
così pervenuti all'altezza dell'architrave centrale, che è
di rilevanza capitale per comprendere il senso del tempio
Parsvanath e delle sue statue templari. In luogo di una delle
divinità della trimurti hindu vi campeggia infatti al
centro, in confortevole posizione lalitasana e fuor di costrizioni
di nicchia, la divinità jainista Chakreswari, Sasanadevi
del primo tirthankhara, Adinatha o Rishabanatha, assisa sul
veicolo o vahana di Garuda, mentre in una delle proprie quattro
mani sinistre è intenta a reggere l'attributo o ayuda del
disco, o chakra. Il veicolo Garuda e l'attributo del disco sono
indiscutibili attestazioni delle sue origini vishnuite,
l'esplicita riprova che Chaskreshvari è la versione jain
della saptamatrika Vaishnavi, da cui trae ispirazione. Ugualmente
vishnuiti sono gli attributi della conchiglia nella mano sinistra
inferiore, o la mazza o gada che reca nella terza mano destra,
mentre in quella sottostante reca un rosario ( varada cum
mudra*)ed una spada. Il tempio Parsvanath è pertanto un
tempio alla Sakti, o energia femminile divina, nella sua fede di
culto *jain, aperto alle onoranze brahmaniche per le sue
ascendenze vishnuite, il che spiega ciò che già
prefiguravano gli dvarapalas con kirita-mukuta, come mai nei
pannelli del tempio ritroveremo più che altro immagini di
culto vishnuite, controbilanciate puntualmente da immagini di
culto jain nelle nicchie delle proiezioni salienti e delle badhras
della cella del tempio. La simbiosi di una siffatta
conciliazione d'intenti tra vishnuismo e jainismo, in virtù
del culto di una dea madre jain di origini vishnuite, sembra
soggiacere alla erezione sia del tempio Parvanath che Adinath , in
un'area ove si concentravano in antecedenza i culti brahmanici
vishnuiti, quale presumibile condizione necessaria per la sua
concessione tollerante da parte di sovrani hindu pur pluralistici
quali i Chandella. Avvalora la congettura la pianta oblunga d'ambo
i templi, che come l'aura austera ed arcana che vi si respira,
evoca quella sublimemente consimile dei templi Pratihara
antecentemente consacrati alla Sakti divina in Gyaraspur, luogo di
culto jain alla Mahadevi, al centro della cui lalata-bimba esterna
è insediata ugualmente Chakkreshvari con otto braccia ( e
il cui deambulatorio, come rileveremo nel tempio Parsvanath, è
ugualmente aperto alla luce esterna dai tralicci di jali, senza
che i balconi, in cui non si dilatano transetti trasverali, ne
compromettano come nel tempio Parshvanath il raccoglimento della
mole intorno al sikkara), o dei templi hindu rettangolari e alla
Devi del Teli Ka mandir, in Gwalior, di Barwa Sagar, del Gadarmal
in Patari Badoh, uno più splendido dell'altro. Senza con
ciò nulla togliere alle indubbie e diverse contese
figurative che rivelano le asportazioni e sovrapposizioni di
statue, pur spiegabili con l'intento conflagrante di rendere
predominante l'una o l'altra connotazione- brahmanica o jain-
della dea.e della ricorrezione.
Le immagini delle nove
divinità planetarie, i nodi lunari di Rahu e ketu in
extremis sulla nostra destra, si interpongono tra Chakreshwari e
le due divinità nelle nicchie terminali, in cui, uniformate
a quelle di due Yakshi jain è dato di ravvisare le parvenze
duplici di Saraswati, referenziata di cucchiaio sacrificale, o
sruk, spada, mazza, o gada, e di debito libro, o secondo altre
versioni figurerebbe una indiscutibile Saraswati alla destra, per
il veicolo animale dell'hamsa , od oca, che la disambigua in ogni
senso, e una dubbia Laksmi nella nicchia opposta. Già nei
tempi Pratihara è attestato uno slittamento della consorte
brahmanica nelle costellazioni delle due altre divinità
della trimurti, a farvi coppia con Ganesha o Laxmi, e tale
gravitazione nell'ambito vishnuita ha indubitalmente favorito la
sua trasposizione jain, come rinveniremo alla base della badhra
centrale della parete sud. Un fregio a scorie di pelle di cobra
separa tale trabeazione fondamentale da quella superiore in cui il
posto di Chakresvari, delle Yakshi e dei navagraha è
occupato da tirthankaras jain, seduti meditabondi in padmasana*.
Li affiancano dei loro devoti in preghiera, uno dei quali soltanto
è in posizione eretta, o kayotsharga. Un fregio di
volute e spirali, e foglie di petali di loto, si interpone
rispetto alla serie finale scarsamente ravvisabile di coppie
divine, prima che sia la volta del soffitto. L'accesso
all'interno del tempio ci è incombente ma sarà per
ora differito, per compiere preliminarmente, anche in conformità
delle prescrizioni rituali, la circumambulazione esterna in senso
orario della pradaksina, discendendo dal portico d'ingresso alla
piattaforma e iniziando la visualizzazione del triplice ordine di
immagini affisse alle pareti della jangha. Vi ravviseremo
divinità e soggetti mitologici del pantheon hindu in quasi
tutte tutte le proiezioni di soli pannelli e nei loro recessi,
divinità jain prevalentemente femminili nelle proiezioni di
nicchie. Il repertorio di immagini sacre hindu contempla
divinità singole od in coppia e ninfe apsaras nelle
proiezioni dei primi due ordini di statue, mentre nei recessi è
compressa la malignità di leogrifi , i mitici sardulas o
vyalas, nell'ordine superiore sovrastando celestialità e
mostri il sorvolo magnificamente animato da guizzi angolari di
vidhyadaras, eminentemente ricorrenti in coppia. Agli angoli hanno
particolare risalto nel reparto inferiore i dei guardiani vedici,
o dikpalas , senza che vi figurino sovrapposti gli astavasus dal
capo bovino di identiche ascendenze, come comporterebbe la
tradizione iconografica più ricorrente nei templi
hindu, Lungo la parete breve d'esordio, sul lato est, alla
destra del portale d'ingresso (- ossia alla nostra sinistra-,) si
segnalano l' immagini sovrastante d'un asceta barbuto conteso da
due dame, una delle quali gli molce la barba, vi soggiace quella
d'un dio in tribhanga con la sua consorte, nel quale potrebbe
essere già ravvisabile Kama, dio del piacere, recando egli
un arco e la faretra. Alla testa degli altri dikpalas ci
attende Indra all'angolo di svolta, nel registro sottostante,
detentore folgorante dell' irresistibile vajra nella sua sinistra
inferiore, con il proprio veicolo elefantino Airavata
soggiacente. Si prospetta come dikpala il dio del fuoco Agni
sul lato adiacente sud-orientale , fiammante oltre le spalle e la
testa, la cavalcatura animale dell'ariete ai propri piedi, sulla
sua destra. Delle sue quattro mani quelle superiori recano gli
attributi specifici del libro e del cucchiaio sacrificale, o sruk,
di sua pertinenza assoluta essendo egli il tramite delle offerte
umane agli dei con l'oblazione del fuoco. Quelle inferiori, a
futura memoria per ogni ricorrenza ulteriore di tali attributi,
recano un vaso dell'acqua lustrale ed un rosario ch'è
sgranato nel gesto compassionevole della varada mudra La parete
sud che ci si dispiega, al centro della proiezione ulteriore
ostenta in elegante tribhanga due dee Jain in due nicchie
sovrapposte, ove si affollano inservienti, devoti , vidyadharas in
volo, quattro jain in kayotsharga. A quella inferiore succede un'
apsara hindu che si tinge acrobaticamente il piede destro. Ma
basta sollevare la vista alla sovrastruzione a quest'altezza del
mandapa interno, per ritrovarsi con la dea Ambika nell'alto dei
cieli Jain. La dea amministrativa del tirthankara Neminath reca un
bambino in braccio a sinistra, e ad un fantolino più
piccolo offre un cespo di mango con la sua destra. Quel che resta
della sua cavalcatura leonina è diroccato ai suoi
piedi Ridiscendo di quota, pur permanendo nel pantheon hindu
del monte Meru templare, occorre lasciare corso alla monotonia di
quattro Shiva di seguito nelle proiezioni inferiori- il primo
soltanto di un certo interesse, * e di quattro scipite coppie
divine in quelle sovrastanti, una tediosità rotta soltanto
dalla comparsa nei recessi di un vyala con la testa elefantina,
prima che sotto un canopo di serpenti faccia la sua bella comparsa
Balarama, l'avatar di Vishnu, che trepidamente stringe al seno la
consorte Revati*. Lo sovrasta un dio con duplice accompagnamento
muliebre, al cui consorzio è contigua un'apsara con un
uccello sul dorso del braccio ed uno sulla spalla. Nella
proiezione seguente a quella su cui è installato Balarama
con la propria consorte, un'apsara si tinge incantevole le ciglia
facendo uso di uno specchio, cui nel recesso seguente oppone il
dorso un altro vyala con testa elefantina. Essa è addossata
alla prima delle tre meravigliose comparse di Vishnu Narayana e di
Laxmi sua consorte, due ai lati della nicchia grigliata che come
quella che le è sovrapposta dà luce e respiro al
deambulatorio interiore, l'ulteriore intervallata da un'apsara che
fa da fecondo pendant a quella intenta alla luce dei suoi occhi,
poiché con un bambino in braccio ed un cespo di mango
nell'altra mano, più rigogliosamente non potrebbe esprimere
la sua fertilità
Nella pienezza plastica dei loro
attributi , shanka, chakra, gada, stelo di loto spiraliforme il
dio, uno specchio nella cui riflessione è sortita
un'impeccabile acconciatura dhammilla, la dea, la divina coppia
nel reciproco abbraccio assapora l' uno nell'altra la gioia della
pienezza del proprio essere, Vishnu palpando con dita mirabili il
seno della dea, che in lui vagheggia il proprio contento più
intimo. Alla finestrella che si interpone tra la duplice
celebrazione dell'amore coniugale di Vishnu Narayana e Laxmi,
soggiace una nicchia in cui capeggia Sararvati in lalitasana, con
una vina in un paio di mani, un vassoio d'acqua, un rosario
sgranato in varada mudra, un libro e un loto blu nelle altre. ai
lati dei fantolini jainisti ne connotano il culto Nella filiera
seguente del primo ordine di statue superiore, una grata si
interpone ad un nuovo Shiva solitario, sormontato da Kubera e
consorte, il Nandi mansueto volto al dio Shiva precede nella
proiezione seguente il bufalo, similare e distinto, che ugualmente
è volto in alto al suo signore di cui è veicolo,
Yama dio della morte, che fa da dikpala fasto e nefasto in
direzione sud. E' impensabile concepirlo più tremendo,
gli occhi sporgenti iniettati sangue, i denti carnivori, un'
ispida barba che ne inselvatichisce le guance, dei macabri teschi
che gli fanno corona, un femore sormontato da un cranio quale sua
mazza , il kathvangha, un uccello sinistramente poggiato sul suo
braccio sinistro inferiore. Sul suo capo incombe Krishna
intento nella lila- impresa di sradicare gli alberi gemelli
Yamalarjuna, in cui per il loro orgoglio, e la loro arroganza, dal
saggio Narada erano stati trasformati i figli di Kubera, Nalkubar
e Manigreev La rappresentazione di tale ed altre gesta di
Krishna in Khajuraho ricorre ulteriormente solo sulle pareti del
santuario interno del tempio Lakshmana, ed in forme figurative
stilisticamente talmente simili a quelle di tale raffigurazione
del tempio Parswanath, da avvalorare che siano opere di uno stesso
artista, nel corso della costruzione dei due templi in
successione. Prima di avventurasi nella parete ulteriore , tra
i vidyadharas in volo è impressionante quanto appaiano
emaciati due asceti che si fronteggiano, senza perdere di vista
Hanuma e Sita nel nel giardino ashoka dello Sri Lanka. Si è
così al punto di svolta verso la parete ovest, in cui
unicamente tra i templi superstiti di Khajuraho, venne inserito un
santuario retrostante jainista, di cui il portico d'accesso è
andato distrutto.bSotto il conglomerato di un soffitto successivo,
con il portale d'accesso, e l' interno, ne sopravvive il
rivestimento statuario delle pareti laterali, in cui trova un suo
seguito quello della brevità del lato ovest del tempio, che
ha inizio nella transizione tra i dikpalas da Yama a
Nirriti.. Nirriti, dio dei virtuosi sventurati, della
discordia, della decadenza, della morte, nella sua nudità
impeccabile è di guardia all'angolo sud ovest con una spada
tranciante ed una testa mozza nelle mani inferiori, il pasa dei
nodi dell'ineluttabilità del destino ed un cobra in quelle
superiori. Alla sua destra un toro gli fa da veicolo. Il dio
Vishnu, sovrastante, è forse effigiato nella sua
incarnazione di Rama, per la faretra che gli è attribuita.
Tra le coppie divine parietali sono identificabili solo due
ricomparse di Vishnu Narayana con una Laxmi insolitamente
sbadigliante in una di tali riapparizioni, tra ulteriori sortite
solitarie di Vishnu e di Shiva. Da non perdere, a tal punto, la
vista di due altri asceti che si possono cogliere in conversazione
tra i voli di vidyadharas. Riaccende comunque gli animi, nella
parete della cella, una apparizione sottostante del dio Kama in
tribhanga insieme con Rati, la propria consorte, ella si fregia di
specchio e di acconciatura fashion dhammilla, mentre il dio è
munito di chakra, frecce e faretra, come ben conviene , quanto ad
ayudas, ad un dio dell'amore ed alla sua compagna di piacere,
senza che susciti particolari allarmi che la cavalcatura di Kama
sia un coccodrillo. Solo un vyala li separa dal più
austero Jjna Padmaprahu , irrigidito magnificamente in kayotsarga
nella sua nicchia, talmente lo lascia imperturbato la vicinanza di
due inservienti femminili. Non gli è da meno il Jina ch'è
seduto in padmasana *nella nicchia di sopra. Il portale della
cella, alquanto dimesso, come ben si conviene a un tempio jain, in
cui la porta d'accesso alla verità sacra è ancora
più stretta di quella evangelica, è alquanto
convenzionale nelle cinque bande che ne fregiano gli stipiti,
sormontando le raffigurazioni statuarie di Ganga e Yanuna con
indispensabili inservienti, In ogni nicchia della trabeazione è
insediata Saraswati, mentre in posizione intermediaria compaiono
le nove divinità planetarie. Tuttavia solo la Saraswati
sulla destra reca nelle mani inferiori la vina, che della dea è
l'attributo caratteristico, per essa sacrificando rosario e varada
e il vaso dell'acqua sacrificale, mentre negli arti superiori
permangono per la dea irrinunciabili lo stelo a spirale del loto e
l'attributo del libro. Dei due dvarapala che affiancano
l'accesso, l'elemento di continuità più
significativo con quelli che ritroveremo di lato al portale del
garbagriha è la tiara vishnuita kirita-mukuta, mazza e
libro i soli attributi superstiti di quello a sinistra. Nella
parete ulteriore della cella, volta a nord ovest, figura quindi
l'apparizione di Kama e consorte più folgorante, la più
consacrata o più svilita ai flashes ed alle facezie
turistiche più disdicevoli, cui non cale che le frecce del
dio, guarnito di faretra, il quale nella mano destra inferiore
tiene un uccello, al pari di Yama, siano tre e tutte e tre
inquietantemente guarnite di teschietti. Nella adiacente parete
d'angolo ravviva le sorti statuarie del tempio un' immagine
inusuale della incarnazione vishnuita di Parasurama, con relativa
consorte. Il dio, nemico irriducibile dell'intera casta dei
guerrieri kshatriya, a seguito dell uccisione del padre ad opera
del re Arjuna e del figlio di costui, vi è
inconfondibilmente caratterizzato dall'ascia- o parasu- che reca
nel braccio destro sottostante. Fiamme si sollevano da una kunda
sul suo fianco sinistro. Con il passaggio di nord-ovest alla
parete settentrionale, Varuna compare come dikpala per il
subentrante Vayu . I nodi inestricabili del pasa, l'attributo
che più è posto in rilievo del dio oceanico che ha
un coccodrillo quale veicolo animale, una bandiera fluttuante
sulla sua astacon il dio del vento, invece l'attributo più
caratteristico di Vayu, di cui il cervo è la cavalcatura
sfuggente. Resta con ciò pur vero che non è il
singolo attributo che conta, quanto il loro complesso, e la loro
disposizione, variando i quali variano la manifestazione ed il
potere d'intervento del dio. Parasurama dice ancora la sua, con
parasu, sankha, padma e chakra, sul piedestallo superiore della
terza proiezione del lato nord del tempio. Nel pannello
inferiore della quinta proiezione della parte settentrionale, è
forse la scena più toccante dell'intero suo reparto
statuario Rappresenta in tribhanga Rama e Sita, con Hanuman alla
destra del dio, che tiene la propria mano sulla testa del fido
aiutante. Il dio trova pure il modo di reggere una freccia con la
destra superiore e la sinistra inferiore, e di abbracciare con la
sinistra superiore una Sita che più alla moda non potrebbe
essere con tanto di pettinatura dhammilla, reggendo alla pari il
confronto con le Rati e Laxmi antecedenti, nonchè con la
consecutiva Parvati in coppia con Shiva , accanto alla nicchia con
finestrella traforata. Nella nicchia sottostante, una vidya
devi jain con quattro braccia, seduta in lalitasana su un'hamsa (
o un pavone?), con due steli di loto spiraliformi nelle due mani
superiori scampate alla distruzione, fa da pendant alla immagine
di Saraswati, corrispondente, ch'è posta al di sotto del le
nicchie centrali della parete sud. Dall'altro lato della
nicchia illuminante ed aereante il deambulatorio, un Brahma
panciuto e barbuto, tricefalo e quadribrachiale, non è di
meno negli slanci coniugali che lo avvincono a una Brahmani che
nella sua acconciatura dhammilla non è meno alla moda di
Parvati o Laxmi, o Sita o Rati .Sruk, libro e kati gli attributi
del dio, Una fiamma in boccio è intercorrente tra le
divinità in ardore. Un'apsara successiva illustratissima
dalle guide, nel proporre fugacemente, secondo i loro veri
interessi, sempre e soltanto non più di una decina di
statue in luogo del complesso del tempio,- e via quanto prima-,
appare meravigliosamente intenta ad allacciarsi una nupara-
cavigliera prima delle danze, precedendo l ulteriore gruppo
sottostante consortile, che i visitatori hindu, più che la
critica, identificano in Agni e Svaha, anzichè in Brahma e
Brahmani . Restano da segnalare, del comparto statuario della
parete, nella filiera superiore un solitario Sankha purusha ed un
ultimativo* Brahma, insolitamento singolo e non barbuto . Le
quattro nicchie all'altezza della sala del mandapa, come quelle
delle parete meridionale corrispondenti, ospitano un' immagine
ciascuna di dee jain, boccioli di loto e shanka i loro attributi
conservatisi finora. Kubera e Isana, in tribhanga i dikpalas
finali, l'uno con gli attributi di un frutto, dei nodi del pasa,
di un libro e di una borsa a forma di mangusta traboccante di
ricchezza ( nidhi), l'altro dotato di sakti e di serpente per la
sua natura shivaita Ultimata la deambulazione esteriore del
tempio, ne è di prammatica alfine l'accesso. L'interno
riserva un solenne mandapa tripartito, in un vano centrale che
conduce all'antarala e alla cella, nonché in due vani
laterali che immettono nel deambulatorio. Cambia solo l'ordine dei
medesimi fattori decorativi esterni, cui l'oscurità
interiore conferisce austerità sacrale. Tra i buthas dei
capitelli, le immagini statuarie di Laxmi e Saraswati
nell'antarala del vestibolo il portale del garbagriha manifesta
le seguenti varianti, nel replicare quello d'accesso al mandapa, è
pancha-saka e pancharatha, anzichè saptaratha, e la sua
prima ratha è costituita da volute e spirali invece che da
rombi e rosette, presenta Indra e Upendra quali dikpalas, e jjina
seduti, o rigidamente stanti, in luogo di Chakreshvari e di una
duplice saraswati, nelle nicchie della trabeazione nuovamente
intervallate dalla serialità dei navagraha. Udgamas,
piramidali sikkara di 5 piani o pidhas, minicoronate da chandrika,
amalaka e kalasa, figurano elegantemente sopra le nicchie in cui i
jina sono insediati. La soglia riserva una proiezione centrale
in cui è scolpito uno stelo di loto con Vidya Devis* e due
coppie di asceti adoranti sui petali del fiore. mentre ai lati
compaiono quattro divinità acquatiche su kari-makara che
offrono il tributo di un orcio d'acqua, prima che figurino gaja
sardula alle estremità, impennati all'attacco di
elefanti Statue di donne recanti una giara fronteggiano gli
stipiti, dvaparalas su avancorpi di elefanti stanno alla base
delle nicchie di mithuna che contornano il portale.
Il
gargagriha che emerge dalle tenebre nelle sue luci devozionali,
all' interno ospitava originariamente il tithankara Rishabanatha,
che su un trono più antico dal 1860 figura sostituto
dall'effige di Parsvanath in marmo nero translucido. Nel
compiervi intorno la pradakshina interna in senso orario , così
come all'esterno lungo le pareti del santuario si ripresentano
dikpalas ai punti cardinali, si alternano apsaras e dei nelle
proiezioni, vyalas tentatori sono annidati nei recessi, mentre
nelle nicchie figurano divinità tirthankaras jain, forse
forzosamente installatevi. di particolare interesse, nella
bellezza recondita del tutto, nel primo pannello sovrastante
Bahubali in penitenza sacrificale, gremito di serpenti
attorcigliati alle gambe e di scorpioni avvinghiati al torace, e
solo prima dell'ultima nicchia sottostante settentrionale,
un'apsara, che punta al piede da uno spino, è soccorsa da
un barbiere. Ci attende ora soltanto la preghiera al dio,
l'uscita ed il rientro in questo
mondo.
Quanto
più a lungo è dato visionarlo, ed interrogarsi sulle
ragioni della sua natura ibrida attentamente , il tempio
parshvanata sembra schiudere le più diverse ragioni
configurative, e rivelare i più svariati scenari del suo
comporsi architettonico- statuario, la più profonda
simbiosi o ben altro che un eclettismo irenico hindu- jain, all
ombra tutelare dei tolleranti Chandella. Così come le
vicende terrene si rivelano il contraccolpo temporale delle eterne
vicende trinitarie o di triadi trimurtiche, o del ritmo
dell'essere nella pulsazione vibrante dello spanda che alla
espansione di una potenza fa corrispondere la contrazione
dell'altra, nel ruotare delle energie per cui una potenza sussume
quella precedente o la sostituisce, poi fondendosi in quelle
successive che la sovrastano, secondo una sua versione drammatica
il parsvanath in un primo tempo appare essere stato fu eretto in
forme jain, mentre poi il revanscismo brahmanico o il venir meno
al contempo della potesta protettiva dei Chandella, il rivelarsi
troppo dispendioso del suo assunto architettonico anche per la
facoltosa comunità jain possono essere adombrati dal
rivestimento del tempio di sole immagini hindu, esaurendo il loro
giacimento con la compresenza delle immagini più squisite
insieme con le più seriali di bottega, fatto salvo il
vincolo che non vi figurassero immagini erotiche. Al contempo il
sikkara sarebbe stato ultimato con l'appiglio di tanti mini urah e
karna sringas, che lo mimiaturizzavano, come prescriveva la
canonicità della elezione di Khajuraho a capitale religiosa
dei Chandella, con un suo statuto architettonico speciale.E un
terzo tempo sembra esservi sovraggiunto, dopo tale conformazione
di compromesso. che con il declino complessivo del potere
teologico hindu-brahmanico, e il rinvigorirsi di quello economico
jain in una Khajuraho in decadenza, ne consentì la rivalsa
e la riappropriazione del tempio. Lo attesterebbero le immagine di
coppie mithuna scalpellate via e il suggello di tale sussunzione
appostovi dalla destinazione delle nicchie di ogni badhra o delle
pareti della garbagriha a dee jain, o jainizzate, come la stessa
Sarasvati nelle architravi dei portali d'accesso o nella edicola
inferiore della badhra meridionale, in virtù della
apposizione ai lati di fantolini tirthankara. Pur sotto un
Shiva al centro del frontone sovrastante l entrata, e su dvarapala
vishnuiti jainizzati ai lati delle soglie , era ora la jain
Chakreshvari ad avere assunto il controllo della destinazione del
culto deel tempio, campeggiandovi al centro del portale
d'ingresso, nella trabeazione più recente appostavi
rudemente sopra le sakas delle bande/fasce laterali, tra il
residuo devozionale hindu dei navaghraha, come nel portale e nel
sanctum appostovi sul lato opposto occidentale, forse per un
tributo alla superstizione della credenza nelle divinità
planetarie che si annidava anche nei cuori jain. Un residuo
significativo dei timori sacrali hindu, che più non
figurerà nel tempio Adinatha da considerarsi anche solo per
questo posteriore, esso si in tutto e per tutto perfettamente
jain, con i soli dikpalas, e gli astavasus superiori, a presidio
restante della figuratività statuaria hindu. Ma è
una più profonda conciliazione d'intenti che sembra
piuttosto soggiacere alla erezione sia del tempio Parvanath che
Adinath in un'area ove si concentravano in antecedenza i culti
vishnuiti, e d essa ha la ragion d'essere nella sua concessione
tollerante, qui, come altrove, perchè ambo i templi furono
destinati al culto jain di una dea madre jain di origini
vishnuite, chakreswari, appunto, al centro della trabeazione
Avvalora la congettura la pianta oblunga d'ambo i templi, che come
l'aura austera ed arcana che vi si respira, evoca quella
sublimemente consimile dei templi Pratihara antecentemente
consacrati alla Sakti divina in Gyaraspur, luogo di culto jain
alla mahadevi,( il cui deambulatorio è ugualmente aperto
alla luce esterna dai tralicci di jali, senza che i balconi, in
cui non si dilatano transetti trasverali, ne compromettano come
nel tempio Parshvanath il raccoglimento della mole intorno al
sikkara), o dei templi hindu rettangolari e alla Devi del Teli Ka
mandir, in Gwalior, di Barwa Sagar, del Gadarmal in Patari Badoh.
Senza con ciò nulla togliere alle indubbie e diverse
contese figurative che rivelano le asportazioni e sovrapposizioni
di statue, pur spiegabili con l'intento conflagrante di rendere
predominante l una o l'altra connotazione della dea.
Maitreya
asked Parashar about the trees. Parashar said: "The lord of
wealth Kubera had two sons Nalkubar and Manigreev. One day they
were enjoying the sweet company of pretty women on the bank of
Mandakini River. Just by coincidence, Devarshi Narada arrived
there. Out of Shyness, the women folk at once covered themselves,
but both the sons of Kubera stood boldly without feeling any
shame. Indignant Narada cursed them to become trees and stay in
that form for one hundred years. Narada showed kindness as well
that despite being in tree forms, they would have the memory of
God alive and would be saved by Lord Sri Krishna. Thus, to keep
the words of his supreme devotee Narada, Lord dragged the mortar
to the two Arjuna trees. He walked in such a way that the mortar
got stuck between the trees. Krishna then pulled the mortar and in
no time the trees were uprooted. Two divine men appeared from the
uprooted trees and bowed at the feet of Krishna and prayed him
with pure hearts. Then they departed to their heavenly
abode.
,
Top powered by Odorico
Bergamaschi PUBBLICATO DA ODORICO A 21:41 NESSUN COMMENTO:
LUNEDÌ 1 DICEMBRE 2014
Index Templi
Chandella Jain di
Khajuraho
2014
.................... Nell'albescenza
spirituale. a ogni ricomparsa alla vista, del chiarore lattiginoso
del complesso dei templi jain di Khajuraho , con un risalto ancora
più grandioso contrasta il sopraelevarvisi del fulgore in
arenaria del Tempio Parshvanata. La cronologia più
accreditata lo fa risalire in termini indiscussi ad un arco di
tempo che intercorre tra il 950 ed il 970 dell'era cristiana, in
virtù di rilievi epigrafici e di un compimento superiore*
delle fattezze architettoniche e della statuaria templare che lo
accomunano al tempio Laksmana del gruppo occidentale, il prototipo
fondamentale dei templi che fecero di Khajuraho la capitale
religiosa dei Chandella, ultimato verso la metà del nostro
secolo Xmo Ovunque ci si disponga a rimirarlo, dall'accesso
retrostante o seduti sulla panchina prospiciente, dai rialzi dei
templi jain che ne fronteggiano il versante meridionale oppure dai
bordi settentrionali della sua stessa piattaforma,
distanziandosene all'altezza del tempio Adinatha, che gli è
adiacente, nel suo comporsi di portico d'entrata, mandapa,
santuario del gargabriha e deambulatorio circostante illuminato da
grate di jalis, la gran mole del tempio Parshvanatha ci appare
ripidamente saliente ed imperviamente contratta, nel suo
raccogliersi nel sikkara che ne promana come l'adempimento immenso
della sua tensione ascendente, cui concorre l'anelito ad esso
appigliato delle sue replicanti miniature quali balze rampanti.
Nel suo sovrastarci il tempio ci si offre oblungamente ravvicinato
al contatto ed alla vista, sorgendo su di una sua piattaforma
rifatta quanto mai ribassata, che gli nega la sopraelevazione dei
templi Lahsmana o Kandarya o Vishvanata, nel loro distacco
altolocato verso il sublime. Ogni altro rilievo di modanature e
statue e nicchie e tempietti e pinnacoli vi ha un risalto
stiacciato, minimamente aggettante, il cui nitore incisivo ancor
più esalta la compattezza del tempio nel suo essere tutt
uno con il sikkara che l'adempie, come la fiamma del sacrificio
sublima l'altare vedico dal cui alto impilamento si slancia verso
i cieli. Il duplice portale del tempio è come il
rilascio frontale della contrazione vibrante del suo corpo
monumentale, che non presenta alcuna espansione invece in
transetti, la frastagliatura chiaroscurale degli altri templi
maggiori di Kajuraho, così connotando la sua precipua
peculiarità jainista, al pari della dimestichezza della sua
grandiosità. Nel farsi quindi analitico dell'indagine
visiva saliente, il basamento del tempio, l'adhisthana, nelle sue
partizioni ci appare scandito dai rilevi carenati delle
thakarikas, la cui minimalità ineludibile risalta dalle
modanature di cui sono il coronamento, prima che la profilatura
rettilinea di una pattika aggraziata da fregi ondulati sia di
supporto al sopraelevarsi su di un piedistallo della prima delle
tre fasce di statue della jangha del tempio, di dimensioni
decrescenti l'una serie dopo l'altra. La prima orlatura del
succedersi di thakarikas corona la jadhya kumba da cui ha inizio
il plinto del basamento dell'adhishtana, e vi soggiacciono le
modanature dello zoccolo della bitha, ch' è visibile al
meglio solo nelle emergenze inferiori del portale d'accesso dalla
piattaforma. A tali thakarikas subentrano le modanature dei
profili taglienti di una karnika, adorna di gararakas inferiori,
se ne fregia pure la rettilinea pattika ulteriore su cui decorrono
fiori cuoriformi, alla quale+ fanno seguito la rientranza di
un'antarapatta , ornamentata dall'alternanza di rombi e pilastri,
e una kapota che riavvia il profilarsi inesausto delle prominenze.
Le sue thakarikas superiori- in corrispondenza di sottostanti
gagarakas- indicano che con esse ha termine il plinto e che
subentra la sezione dell'adhisthana ch'è costituita a sua
volta dal podio della vedibhanda. Nella sua successione si
sopraeleva sul plinto la serie di modanature nelle quali soltanto
consisteva il basamento dei templi antecedenti quelli Chandella in
Khajuraho, le canoniche khura, kumba, kalasa, tra cui si frappone
la rientranza *di un'antarapatta, cui fa da contrappunto la
sporgenza terminale di una pattika con volute a stampiglio. Con
tale fascia si trapassa dall'adhisthana al muro della jangha
mirabile, esaltata dai suoi tre corsi di statue di dimensioni
diminuenti Quelle dei due ranghi inferiori allineano la staticità
ora vibrante, ora rudemente inerte, di divinità singole ed
in coppia e di celestiali apsaras figuranti nelle proiezioni, di
vyalas-sardulas o leogrifi costretti nei recessi, quella del rango
superiore il contrappunto dinamico dei voli di coppie di
vidhyadaras ultraterreni. Le modanature di bandhanas della più
fine preziosità lumeggiata separano le trafile statuarie,
quella inferiore aggraziata dalle emergenze di gagarakas, di una
grasa pattika di kirtimukka e di rosette, quella superiore dai
rilievi di una gagaraka *e di una pattika con fiori a forma di
cuore. Al di sopra di ogni proiezione delle sculture sta il
capitello di una* bharani, costituito da una affilata karnika e da
una padma, così denominata perchè a forma di loto,
sormontano ciascuno di essi due kapotas , con i fregi usuali di
gagarakas e thakarikas al di sotto e al di sopra. Solo dopo
tali modanature di transizione trova inizio la sezione del tempio
della varandika, che a sua volta è di passaggio dalla
jangha al sikkara ed alle sovrastrutture delle sale. In essa,
su di ogni ratha o proiezione della jangha, stanno allineati i
tempietti di altrettanti piccoli tilakas, ne sintetizzano il
santuario le nicchie di fregi diamantini, o ratna-patta*, su cui
stanno allineati i piani decrescenti di cinque mini-pidhas, che
nella loro minuscolarità* pur reggono una propria minuscola
chandrika ed amalaka. E' una prima attestazione nel tempio
Parsvanatha della frattalità dell'estetica religiosa della
templarità hindu, che esalta, micromacrocosmicamente, la
visualizzazione del medesimo ordine divino (che è all'opera
) in ogni livello e grado dell'essere. Dalla badhra della
proiezione principale del tempio inizia intanto a staccarsi la
sopraelevazione delle carenature, le chaitya-gavakshas, di tre
udgamas centrali, lungo la cui progressione ascensionale via via
la vista risale tra l'infittirsi circostante di ulteriori tilakas,
della frattalizzazione del sikkara nelle miniature delle sringas.
Le raccordano ratna pattas di rombi seriali, la cui filiera
superiore è coronata di udgamas Le prom
|
|