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DIARIO SPIRITUALE DI MEDITAZIONE, CRONACHE E COMMENTI DI ODORICO BERGAMASCHI

SABATO 25 OTTOBRE 2014

Nel dolce lume indiano di Diwali
25 ottobre, Nel dolce lume indiano che volge l’estate in inverno, che incantevole giornata oggi ho trascorso con il mio incantevole Chandu, già di primo mattino a sollecitarmi al gioco con la sua manina che mi toccava la schiena che gli volgevo, intento a leggere al computer della giovinezza di Leopardi nelle meravigliose pagine di Pietro Citati. Tramutando le portamine in siringhe, voleva i miei guaiti e ululii alle sue iniezioni di dottore, che accompagnassi le sue digitazioni al computer che gli ho regalato, Quando di pomeriggio sono stato di ritorno dal Raja cafè per dotarmi di monete, poiché avevo in tasca 500 rupie di cui era difficile rendermi il resto dal barbiere cui intendevo recarmi, né potevo mettere piede in alcun negozio impunemente, senza che ne scapitasse la mia reputazione, con una barba così ispida e i miei capelli infoltiti, se lo stesso Kailash le prime parole che alla stazione aveva avuto modo di dirmi erano stato che non mi ero dunque tagliato i capelli durante la mia permanenza in Italia, Chandi mi ha intercettato in stanza per riprendere i nostri giochi e tinteggiarmi di rosso sotto la maglia, punteggiandomi finanche i capezzoli, prima di consentire ad uscire con me sul portapacchi della mia bicicletta, a spasso insieme tra i banchi e le bancarelle che erano quanto permaneva per le strade della festa di Diwali, insieme con la gobar puja di fantolini di sterco, che evocavano l’impresa krishnaita di Govardan

E dire che ancora ieri, non aveva voluto saperne di salirmi in groppa od in braccio per assistere agli spettacoli di danza degli ultimi gruppi che da villaggi vicini e remoti erano convenuti per Diwali in Khajuraho Shiva Mathangheswara, nei loro piumaggi di penne di pavone e battiti rituali di guerresche canne di bambu,


che ondeggiavano e balenavano risuonando tra la folla che gremiva le vie e le scalinate del tempio.

A nulla erano valse le sollecitazioni più consapevolmente diseducative, un gelato in premio, che non mi facesse dispiacere, purchè così mi propiziasse la riconciliazione interiore con papà Kailash, che nella ricorrenza della festività per la quale avevo lasciato la mia famiglia in Italia disertandone ancora una volta il ritrovarci insieme a Natale, non aveva trovato di meglio che farsi strumento di contrappasso e lasciarmi da solo in Khajuraho con Vimala, per recarsi dai genitori in Byathal portandosi appresso tutti quanti i bambini, senza che a quanto mi ha risposto ad una mia esplicita domanda, vi fosse alcuna puja in giornata da concelebrare insieme, mentre il protrassi delle vacanze sino a posdomani avrebbe consentito la stessa sortita anche i giorni seguenti. Come se non fosse bastato nei primi due giorni di avvio di questo mio nuovo soggiorno, avessi scoperto che di sua iniziativa aveva ceduto ad altri i miei dizionari di hindi, e prima ancora, che nei suoi giri di parole mi aveva sottaciuto al telefono che il nostro negozio da barbiere poteva fungere oramai solo da bugigattolo delle sue suppellettili e del suo mobilio che vi aveva ammassato nuovamente, dopo averlo dovuto dislocare altrove, poiché nel vano accanto più vasto che era stato già ricostruito dal proprietario dopo che le ruspe l’avevano demolito senza che occorresse affatto per far posto alla nuova strada, sedato con un incalcolabile risarcimento il furore che l’aveva fatto avventare armato di pietre contro l’ufficiale dello smantellamento e finire in prigione, avevo potuto vedere armeggiare di forbici e rasoi l’infido Moma, cui era stato concesso in affitto dopo che aveva tentato di subentrare nel nostro vano, che la contiguità del suo negozio aveva ridotto al più ad un ripostiglio nella sua ristrettezza.
Il cielo ha voluto che i miei furori furibondi si sopissero ugualmente, che Kailash non ne fosse minimamente raggiunto e sconvolto, nel vedere sortire la vile e crudele minaccia di fare già armi e bagagli da chi la mattina stessa, raccogliendone l invito. si era beato di prendere il posto di Vimala nel lettone grande, tra i nostri bambini che ancora erano assopiti nel sonno, la nostra Poorti accanto al papà, mentre oltre Vimala a lei accanto erano rannicchiati insieme Chandu ed Ajay.
Ed oggi , sventata la mia follia, la luminosa compensa, insieme con l’infinita grazia di Chandu, è stata l’armonia d’intenti con Kailash, nel dispendio che posso concedermi e prodigare per lui ed i nostri cari perché egli per primo sa prodigarsi fuori di casa un’intera giornata, in attesa che sia il turno del suo autoricshaw di fronte all’hotel dove ha stazionato, per sole cinquanta rupie di guadagno odierno, meno di quanto mi siano costati i due the che mi sono sorbito, per trarne ristoro dal malore influenzale che lievemente m’affligge, e che avrebbe dovuto trattenermi da ogni contatto con Chandu.
Sempre che domani egli sia in salute e giocoso come tutt’oggi, le mie cure dovranno intanto volgere ad Ajay, che la puja in famiglia della sera di Diwali ha rivelato essere chi in famiglia è smarrito.
“ E' l’unico che ha fatto cadere l’acqua di cui dar da bere agli dei”, mi ha prontamente rilevato Kailash, che da bravo padre di famiglia,

ha bene inteso come una delle funzioni della puja sia la chiarificazione nel corso della partecipazione al rito, di quale sia l’adesione allo spirito della famiglia degli officianti.
PUBBLICATO DA ODORICO A 23:57 NESSUN COMMENTO:
MARTEDÌ 14 OTTOBRE 2014

lettere

Caro B.
sono Odorico.
Ti scrivo durante la mia permanenza in Italia al mio rientro dall’India, dove risiedo ora
prevalentemente, da che sono in quiescenza, presso la mia cara famiglia di adozione.
Spero di ritrovarti in una situazione migliore di quella che mi affligge, mentalmente, nel
chiederti se puoi indirizzarmi a qualche editore che possa interessarsi ai miei reports di
viaggio in un'India archeologica ed architettonica sconosciuta ai più, dove i loro itinerari
propositivi spaziano dalle pitture rupestri all’architettura contemporanea,in particolare
grazie a mie conoscenze inusuali dell'induismo templare.
In sintesi, ciò di cui avrei bisogno è che un editore mi assicurasse una loro pubblicazione
futura, magari anticipando su una rivista quella dei singoli scritti, in modo che mi sia dato
di attendere con calma e lucidità mentale alla revisione e al completamento che ancora
richiedono. Allego intanto due soltanto dei miei reports, che ho prescelto non perché siano i
migliori, ma in quanto più d’altri nelle loro infinite imperfezioni residue sono pervenuti ad
essere adeguati. Spero che il formato Pdf non tradisca più di tanto quello originario.


Con affetto
Odorico.
E stammi sereno, almeno tu...
On Fri, 29 Aug 2014 14:34:56 +0530 "Baldissera Di Mauro" <bdimauro@regione.umbria.it> wrote
>

Caro B.
Grazie di tutte le cose care e belle che mi scrivi. Purtroppo su di te quanto mi dici è
sconfortante. Eppure bisogna vivere, per quel che vivere può ancora significare o si è ridotto
ad essere per noi.
Mi ha fatto davvero piacere che i miei report tu li abbia trovati molti belli, refusi a
parte. Fosse solo un problema di distrazione...E’ che nella mia esistenza sottovuoto di
scrittore sono quanto mai intempestivo, nella duplice accezione opposta del termine, che mi
vuole al tempo stesso ancora precoce ed in ritardo.
Mi va benissimo come intendi darti da fare. Mi sento solo di anticiparti che potrà essere un
problema il corredo fotografico. Un ampio supporto di immagini- e di qualità- mi sembra
imprescindibile, soprattutto per i templi hindu.
Non ho ancora rinnovato il visto – turistico o di lavoro-, né tanto meno ho acquistato il
biglietto aereo.
Con il mio amico Kailash Sen ho preventivato di non fare ritorno prima di ottobre, in
previsione di un settembre piovoso in India, dato che la stagione dei monsoni è ancora di là
da venire nel Madhya Pradesh.
Inoltre devo prolungare il più a lungo possibile il mio soggiorno in Italia, per ritrovarmi
altre volte con mia madre.
I soli termini certi sono che il visto deve consentirmi l'ingresso ad iniziare dai primi di
ottobre, disponendo di un contratto di assunzione come insegnante che decorre dalla metà del
mese, e che vorrei essere in India per Diwali, tra il 23 ed il 27 ottobre.
Intanto il bambino più piccolo del mio amico seguita a chiedere quando io torni, e si rifiuta
di parlarmi al telefono quando gli dico che non sarà l’indomani. Questo è il problema.
In India ho un’ esistenza elettronica più ridotta che in Italia, per le limitazioni impostemi
dall’uso della chiave elettronica. La posta e le informazioni le posso ricevere quasi sempre
regolarmente, e per Skype in Khajuraho ci sono ottimi internet center. Mi è invece sempre
possibilissimo, via internet, in tempo utile pagare il canone televisivo e tasse odiose come
la Tasi in quanto inquilino.

Con rinnovato affetto e gratitudine
Odorico


Mantova 25 settembre 2013
Caro B.
qualora il documento che tu intendi inviarmi sia un dattiloscritto stampato puoi spedirmelo al
seguente recapito
Odorico Bergamaschi
Piazza d’Arco 6 f
Mantova 46100
Se invece è un testo elettronico, quale che sia il formato, puoi inviarmelo ai seguenti
indirizzi e-mail:
odoricob@yahoo.it
o bapuculturaltours@rediffmail.com
In merito alle cose che ci siamo detti, è vero che la mamma di Arundhati Roy era cattolica e
del Kerala, mentre il padre era un bramino del Bengala, per cui entrambi non erano di madre
lingua hindi. Credo che in un’ intervista Arundhati Roy abbia detto di quanto sia spiacente di
ritrovarsi nello scrivere solo usando l’ inglese..
Quanto alla "Grande Bellezza" comprendo le tue perplessità. e se ne fossi stato sceneggiatore
avrei diversamente e con più spessore culturale caratterizzato la figura del cardinale ,
facendone un elargitore della “grazia a buon mercato”, di cui scrisse Bonhoeffer, tramite
formule quali quella famigerata che “dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia”, o che
“anche una bestemmia va contestualizzata”, un giusto mix tra Tarcisio Bertone e mons.
Fisichella, ma resta vero che ci sono prelati anche più spregevoli di quello inscenato nel
film.
Nella mia città la curia ha allestito una mostra nel Museo Diocesano celebrativa del Gonzaga
più dissoluto di tutti, quello di “ una Vergine per il Principe”, Vincenzo I che mise al rogo
una vecchia ebrea, ed altri sette ebrei fece morire appesi a testa in giù solo per avere
dileggiato dei francescani. Ne ho scritto a suo tempo sulla Gazzetta di Mantova come di uno
scandalo, nel silenzio generale.
Quanto ad India ed Occidente mi attengo nella mia “reincarnazione” indiana all’"ibridazione
reciproca" di cui parlava Panikkar. Non mi va di lasciare la speranza cristiana.
Tieni conto di me anche come eventuale reporter. In India socialmente sto diventando troppo
familistico. Ed ho referenti interni possibili anche in Iran o in Cina, dove vorrei ritrovare
margini per fare ritorno.

Ciao.
Odorico


Mantova, 2 ottobre 2014

Caro B.

Complimenti per la tua bravura finanche eccelsa di scrittore, nonostante le riserve che pur
suscita- un conto è saper scrivere di tutto, un conto è scrivere di tutto, in un unico testo,
magari con il rischio o sortendo l’esito di trasformare la scrittura stessa, estenuante, nel
corpo del giudizio ipocrita di condanna da parte del proprio lettore

E grazie, di cuore, per le cose belle e delicate che scrivi sul mio conto.
Mi limito per ora a formulare solo alcune osservazioni, alcune solo apparentemente minimali,
talmente mi coinvolge quello che scrivi, soprattutto in quello che sembra non riguardarmi
direttamente, e cui qui non faccio riferimento.

Non c’è stato alcun furto di appunti, caso mai, preterintenzionalmente, si è verificato il
dono subdolo di un amico cui accenni più volte.
Un furto del genere è avvenuto invece successivamente, quando un certo Giuliano Bergamaschi,
dopo avermi conosciuto per l’ omonimia che ci accomunava negli esami dei concorsi
abilitanti all’insegnamento, ed essersi trattenuto la mia tesi di Laurea su Spinoza, mai più
restituita, che gli avevo concesso in lettura, pubblicò l'anno seguente un saggio su alcuni
degli argomenti che vi si trattavano, da cui ha avuto inizio la sua fortuna e carriera
universitaria, che lo vede ora docente di Filosofia della mente presso l’università di Verona.
Ma non ho mai concepito un mio futuro eminentemente filosofico. Mi sarei iscritto a storia
dell’arte , in Firenze, cui ero stato ammesso, se dopo il servizio militare non avessi potuto
incominciare subito a insegnare.
b) Mi fa un gran piacere che tu abbia citato La trasparenza e l’ostacolo di Jean Starobinskij.
Mi dispiace invece il riferimento esplicito al “ Marx secondo Marx” di Luporini, nel contesto
demolitorio in cui si colloca.

c) Al di là delle schermaglie di allora che rientrano in tutto quanto ho rimosso- inclusa
tutta la mia vita tormentata di insegnante - non mi è mai intimamente appartenuto tradurre la
mia sessualità nelle categorie filosofiche del pensiero dei padri, quali Hegel o Croce.

d) La stanchezza cui ti riferisci è forse il fatto che sono sempre in debito di senso con la
vita, psicoastenia a parte, o altrimenti è da intendersi come il mio limite di fondo per il
quale non so sostenere letture e scritture di mole ingente, sono capace solo di piccole forme,
nelle mie composizioni tendendo ad avviarmi quanto prima ad una fine

e) E non so di trionfo nell’umiliazione, ma di mortificazione nello spazio-tempo di questa
valle di lacrime.
Anelli mancanti? Tutto è relativo, in tal senso.

Ma non è questo che ti ho riferito ciò che mi ha più coinvolto del tuo discorso. E ciò che ora
mi preme, è la vita dignitosa che voglio assicurare al mio amico indiano e a sua moglie e ai
nostri tre amati meravigliosi bambini, il tesoro del mio cuore che non avrei rinvenuto se il
mio destino fosse stato glorioso.

Con affetto
Odorico.

Mantova, 14 ottobre 2014

Caro B.,
in assenza di una tua risposta ho deciso la mia partenza per l’India il 20 ottobre.
Quanto al tuo testo, consentimi un commento ulteriore delle tue considerazioni teologico-
filosofiche. Di esse le più penetranti sono per me quelle inerenti il destino della nostra
reincarnazione nel corpo di gloria spirituale la cui figura è secondo le tue parole il
compimento di ciò che in vita abbiamo fatto del dono della nostra individualità
insostituibile, o le riflessioni concernenti la croce iscritta nella nascita e nella
fondazione del mondo, che è il principio del valore assoluto anche della vita precocemente
finita, della bellezza salvifica del dolore innocente, Ciò che invece mi appare una
superfetazione non motivata è la ribellione sulla croce del Figlio al Padre. “ Padre, nelle
tue mani consegno il mio spirito” sono tra le sette ultime parole di Gesù in croce” , insieme
al consensuale “ Padre perdona loro perché non sanno quel che fanno. ”Per dirla con i termini
del commento di Pietro Citati alla Rivelazione greca di Simone Weil “ La creazione del mondo
non è stata — secondo la Weil — un atto di pienezza, di espansione e dilatazione di Dio, come
racconta la Genesi. È stata una follia. Per darci spazio, Dio ha rinunciato a se stesso; si è
limitato; si è nascosto negli abissi più remoti; si è ritirato dall’universo, come diceva
Itzhak Luria. Nel luogo vuoto, che prima della creazione occupava, egli ha lasciato lo schermo
tremendo della necessità: le leggi meccaniche dell’universo, il male, la miseria, l’angoscia,
il lavoro, la guerra e la forza dell’Iliade, la morte violenta, la malattia, l’oggettività
mostruosa della fabbrica moderna. Come uno schiavo, Dio si è incatenato con le catene della
necessità, sulla quale non interviene”.
E di fronte a tale incatenamento Gesù si è ritrovato in croce solo uomo, per l’ inattività
della sua sostanza divina, mentre l’altra rimaneva in vigore, secondo il sommo teologo
ortodosso Sergej Bulgakov, che sullo stato agonico di Gesù ha svolto vertiginose meditazion
(in Sofiologia della morte, ad esempio, che si può ritrovare in appendice a L’altro di Dio di
Piero Coda).
Quanto alle tue personali riflessioni cruciali, per ora non mi sento che di consigliarti il
raffronto con la disanima di Ted Hughes delle sue responsabilità, quale “her husband”, nei
riguardi di Silvia Plath.
Con affetto
Odorico

2

Caro professore,
sono Odorico
Bergamaschi.


Spero che sia agibile quanto di suo gradimento il sito web di
cui le ho consegnato una copia, che
include il commento integrale di ben cinque
raccolte poetiche di Seamus Heaney. E' difficoltoso e lento nel suo avviamento,
nel duplice index, ma poi dovrebbe risultare di
alquanto agevole consultazione.
Per ogni evenienza l'’indirizzo del sito web è il seguente:


www.fawbie.com


Colgo l’occasione di tale appuramento per inviarle, come si sono premurato di chiederle preventivamente, la
seconda delle mie Ecloghe Indiane, cui allego il minimo di note utili alla sua
comprensione. Non mi taccia le sue perplessità, riguardo a ciò in cui dovesse
dispiacerle.


Con stima profonda ed intensa simpatia umana


Augurando un’infinità di cose belle a lei ed ai suoi cari


Odorico.


3

Grazie degli auguri in ricambio, cara L..
Sto bene, al pari di tutti quanti i miei famigliari, depressione a parte.
Ora sono a Mantova, essendo rientrato in Italia il 24 giugno, e farò ritorno in India le
prossime settimane.
I miei cari in India credo che facciano una buona vita, tutti quanti i bambini ora vanno a
scuola, anche il più piccolo che frequenta la pre-scuola delle suore, ed il mio amico ora alla
guida del tuk tuk -autorickshaw ha un vero lavoro dignitoso che assolve con impegno e bravura,
per quanto sia assai poco redditizio. Io in Italia ho seguitato mentalmente i miei viaggi
indiani, lungo meravigliosi itinerari templari sconosciuti, scrivendone e illustrandone i
report, in vista di una loro assai ipotetica pubblicazione, come di altri miei scritti, che mi
consentano di non vivere più in stato di continua perdita e di anoressia economica, per tener
fede al mio impegno di vita, tanto più che con mio fratello e mia sorella devo provvedere
anche al sostentamento di mia madre. Ritrovarmi con lei resta la principale ragione del mio
rientro in Italia, dove per l’ansia e l’assillo materiale che mi attanaglia, benché non sia
affatto al lumicino, non mi consento gran che, tranne che un aggiornamento culturale su quali
siano stati i libri e i film eccellenti delle ultime stagioni. In viaggio mi sono recato solo
nella vicinissima e bellissima Verona, che ho rivisitato puntualmente. Purtroppo come sai bene
non sono un uomo di relazioni, e anche i contatti che ho ricercato non sono stati fruttuosi,
come tutti i precedenti. Resta però la gran soddisfazione che tutti coloro che mi hanno
rivisto o che ho risentito, intellettuali, ex colleghi e studenti, mi hanno attestato stima ed
affetto. “ A Odorico ritrovato “ mi ha scritto Claudio Magris in una dedica, ed il professor
Bernardi-Perini, della mia città, già docente di latino nell’Università di Padova, magnifica
persona, ha accolto di buon grado che mi appresti ad inviargli qualche altra mia poesia.
Mi fa vivo piacere, Luigina, che tu continui i tuoi preziosi corsi di formazione in Italia.
Per il resto va tutto bene? Ed in India quando ritorni? Con quali nuove prospettive od
approfondimenti della ricerca del Progetto Alice? Purtroppo con Valentino non c’è niente da
fare. Qualsiasi minimo rilievo per lui si trasforma in un’offesa personale imperdonabile. La
mia ultima derubricazione è stata al rango di “ provocatore”. Mah. Mica era un infingimento la
mia adesione al progetto Alice originario. Del resto io e te sappiano benissimo come la
pensiamo. I miei rilievi sono sempre stati improntati non a pur lecite divergenze di opinioni,
ma soltanto all’esigenza del rispetto e dell’inclusione effettivi della pluralità dei punti di
vista di donatori, collaboratori, e scolari e studenti delle scuole del Progetto Alice.
E sono convinto di non pensarla in merito diversamente dal Dalai Lama, secondo quanto ebbe a
dire nell'ultima visita in Sarnath.
Con affetto
Odorico.



On Mon, 06 Oct 2014 00:16:10 +0530 "Luigina De Biasi" <luiginadebiasi@libero.it> wrote
>



Ciao Odorico e grazie per il tuo augurio che ricambio.
Come stai? Il tuo vivere in India, il lavoro...tutto bene?
Io continuo con i corsi di formazione in Italia. E tu , sei rientrato
durante l’ estate?
Ti auguro ogni bene, un abbraccio,

L.

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Caro Magris,
sono Odorico ( Bergamaschi).
Sono ben felice che ci siamo alfine ritrovati, un mese orsono, al festivaletteratura della mia città, e di essermi ritrovato anche in un suo recente articolo sulle tentazioni- e propensioni- populiste della nostra classe politica.
Spero di rivederci ancora più volte , nel ripetersi di evenienze simili.
Anch’io al pari di lei, per tornare a quello che allora lei disse così fervidamente e lucidamente, seguito a tenere dei miei differenti tavoli di scrittura, sia pure al computer in differenti cartelle, finché la scrittura seguiti ad essere una mia necessità espressiva.
Ma a differenza di lei seguito a curare da sempre solo piccole forme, le poesie che in me ancora sopravvengono, in forma di ecloga o di haiku, le mie pagine di diario- blog sul mio discernimento della verità dell’amore attraverso le cure che mi assumo della mia cara famiglia indiana d’adozione, con la quale, ora che ho potuto ritirarmi in pensione dall’insegnamento, vivo la maggior parte dell’anno in Khajuraho, o i rari interventi che invio alla Gazzetta o alla Voce di Mantova, nonché i miei report archeologici di viaggio in una splendida India sconosciuta ai main streams, e post e commenti in facebook, che sarà pura una fiera della vanità ed un ambito di coltivazione di integralismi di gruppo, ma che può essere un’utile palestra per pervenire all’essenzialità delle proprie forme di interlocuzione, taglienti o sferzanti o calorosamente condivisive e confortanti.
Sarò in partenza il 20 di ottobre per Delhi.
Qualora prima di allora mi raggiungesse una sua e-mail od un suo biglietto, in Italia o in India, preferibilmente, data l imminenza della mia partenza per un soggiorno prolungato, al mio indirizzo di posta elettronica o al recapito domiciliare, ne sarei estremamente felice.
Essi sono i seguenti

odoricob@yahoo.it

bapuculturaltours@rediffmail.com
Bergamaschi Odorico
Piazza d’Arco 6 f 46100 Mantova

Odorico Bergamaschi
with Kailash Sen family
Khajuraho Sewagram
N phone ( 0091) 9893089843
Chhatarpur district
Madhya Pradesh
India
Alla mia lettera ho allegato la mia prima Ecloga indiana.

Infinite cose belle

Odorico Bergamaschi.
PUBBLICATO DA ODORICO A 17:43 NESSUN COMMENTO:
Egloghe indiane


Prima Ecloga Indiana ( 2012)

Riscrittura (2013)



Qui dove la tigre che ti fronteggia

è il pupazzo di stoffa di Chandu,

e nel dolce lume il gioco e il canto

sono la felicità di bimbi tra l’immondo,

che lieve brezza ti riconduce,

trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto,

prima che cedano al sonno ed ai silenzi,

inquietati dai ladri ,

della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,
cum complexa sui corpus miserabile nati,

lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato

e già è il tremendo del sereno

di cui i muri sono assorti nei giorni,

tu vi schiudi il cuore e le braccia

e quanta delicatezza tenera

discopri nel morso

ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,
mentre non hai più altra vita, che questa,

che ti adempia o ti smentisca per sempre,

tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto

deus nobis haec otia fecit
dove il villaggio riposa all’ombra dei neem,

nell’attesa del rientro al tramonto

dalla giungla di bufali ed ox,
e tutto, per la tua remissività ad ogni oltraggio,

da che cedendo la gola per il taglio a Kali Bhairavi

potesti lasciare il tormento delle aule

dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo
ed altrove, qui in India,

eccoti di già sulla via del ritorno

con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,

quando di febbraio è già estate

e la senape già ingiallisce i campi,

in lontananza sfumando i declivi

dove alle acque del Ken discendono i boschi,

“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte

dona la sua acqua a pecore e cervi,

così l’albero ci dà la sua ombra”,

sotto la quale possiamo ancora indugiare

disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar,
è nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja

che preannuncia la nostra antica città,

poi conterà solo andare avanti,

e sarà questo il nostro canto più alto





Seconda Egloga Indiana (2012)
(riscrittura 2014)
Nota preliminare

I pani di sterco che brillano nel primo mattino preannunciano l’imminenza della festa di Holi, durante la cui notte serviranno per bruciare i fantocci del demone femminile di Holika, il cui rogo celebra la vittoria del bene sul male. Holi è la festa indiana primaverile dei colori che si celebra soprattutto nei luoghi in cui che sia vissuto Krishna, tra Matura e Vrindavan, e dove scorre il fiume Yamuna.
In Delhi ho rievocato il Life Insurance Center dell’Architetto Charles Correa






Brillano i pani di sterco poi dei roghi di Holika

nella prima luce del giorno sui muri e i terrazzi,

la mangusta riappare nei coltivi degli orti,

si schiudono le membra dai giacigli terreni,

con i lavacri delle stoviglie

iniziano nei cortili le abluzioni e gli spurghi,

“ India was enslaved by the British”

la lezione che ripete il fanciullo

prima di andare a scuola,

ripetendola, ora che l’India è indipendente,

nella lingua del British che gli è ancora più d'obbligo, ora che è senior,

per non dovere cinque rupie alle suore

se usa l'hindi.

“India was poor and weak at that time”

ripete, ora che i suoi stessi panni di ogni giorno

non sono più quelli di quel paese, debole e povero,



“ Every man will be thy friend

Whilst thou hast wherewith to spend”,
quando il vero amico "he stands by us

through thick and thin,"

lo è nella buona e nella cattiva sorte,





“Hello, rupees…hello, pens…”



nel mercato dove cerchi il coriandolo fresco

puoi ritrovare più ancora il maldicente di turno

“L’amico, che la fa da padrone sull’uscio del negozio,

spende tutto nel bere e gli trema la mano,

nessuno vuole lui come barbiere… "




Ed ora chi mi riscatterà questo corpo di morte,

dove/ il grano già si schiude al calore di marzo,

se non, ancora di più,

la follia di un docile cuore






lontanandoci con l’amico

nelle valli dove ancora risuona il canto di Krishna,

ed è il clamore della pioggia di fiori e colori

che assorda il dolore che invasa la mente,

la luna quel tocco di sandalo

sul volto vergine del cielo,


amore, giocando il gioco della tigre,

sulla Yamuna tu, Yama, Dio di morte,


quando di nuovo tra le forme d’incanto

cade la mente con l’escremento,


ed accade il distacco tra i cieli di Delhi,

non più, nella lontananza, lo sguardo amato

ma con le nuvole in disfacimento

tremulo liquido l’acciaio nelle trame di vetro,

finché il treno già ti riconduce tra i cortili e i terrazzi

cui nello sfolgorarvi del giorno sei di ritorno,



di nuovo dove chi ama non infinge soltanto,

e qualcosa comunque succede.

“E’ troppo povero l’inglese di Ashesh ed Ajay" -

il verdetto delle suore, come per Poorti,

come pappagalli li hanno addestrati

solo a ripetere quello che non capiscono.

Ripareremo, comunque, ripartiremo.

Li abbevereremo, i piccoli, al nostro soccorso,

come tra i campi, dalla riarsa giungla,

si abbeverano gli armenti al Kuddhar,

aprendosi il varco dove il fiume intesse le sue rive

delle canne che ora graticciano il nostro avviato negozio.



E da queste sponde anche voi a casa, ben pasciute capre
Ite domum saturae, venit Hesperum, ite capellae


Egloga terza




“Oracolo del Signore.
Quanto il cielo si sopraeleva su tutta quanta la Terra,
cosi le mie vie si sopraelevano
sulle vostre vie,
e i miei pensieri sui vostri pensieri”
Isaia



Tra le foglie riarse della fersa
d’aprile si fondevano desolazione ed ardore
dove di giorno fulgevano i fiori di chheola,
nel chiarore dei pleniluni le traversate notturne
tra le stregate mahua
che al padre riconducevano il cuore dei piccoli
sulle biciclette, in fila indiana,
al di là dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi
si perse il cammino delle donne con le giare di javari
Era la domenica delle Palme e il Natale di Rama,
e con che amorosa violenza io ed il padre
incamminavamo i bambini alla menzogna educativa, cui i giorni seguenti
li riallineavano in coro i testi scolastici,
“ Ministers, Politicians, Judges
Occupy their posts because they studied hard “

poi abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami,
nella megacity di ladri in cui stuprata per strada
la vita vorrà appendersi ad un cavo in stanza,
chiederà all’amico sgomento una qualsiasi morte,
senza che altri che il Dio nostro
in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-


“Ma ora non farti più del male, siamo tutti qui”
cantavano le loro anime di nuovo ad accogliermi,
nel loro sollievo che alfine il Monkey God
sia stato placato dalla puja nel tempio,
che non accadrà di Chandu ciò che ne fu di Sumit,
come tra i raggi della ruota
lasciò presagire il sanguinante piedino


Ed ora al distacco del rientro
odora del basilico la fragranza nel vaso,
con l'employment letter che nella nuova scuola dei bimbi
mi farà maestro d’italiano


Né più dica l’eunuco “ Ecco,
Che albero secco io sono”
da che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo
sotto questo sole ,

pur nel dolore, al poterli ancora carezzare,
che ad ogni ora che passi l’indomani si faranno
a cinquemila,
seimila, settemila chilometri distanti,

a che la meta di ogni meta
sia il ritorno che feconda
nell’unità, Sumit, dell’invisibile vivo più ancora tra noi.


Ecloga Quarta









"Cosi dal retro del suo tempio la Sibilla di Cuma

Cantava ambigue parole tremende nell'eco dell'antro",

e volgi all'uscita, sul retro,
che dà nel cortile che fu la tua aia di casa,
ne ritrovi la distesa deserta
più ancora arida invasata dal sole,
trasalendo, sui tuoi passi,
ai ragazzi che vi sopraggiungono,
sono indiani e non ti occorre
che nemmeno lo dicano,
l'uno nell'attendamento al riparo dal sisma,
l'altro con la madre accampato in giardino,
al tuo timido accenno
si scambiano un sorriso e già ti annientano,

sarà così anche laggiù,
come di nuovo entrerò in un'aula?,
la madre resta in ombra
e ricambia mesta il tuo namastè,

come piccolo è l'orbe del mondo,
e l’intonaco grezzo ha raccorciato

i muri dintorno,
quanto più breve, senza più grida animali

il retro di rustici ed orti,
spiantata la vigna
per i ranghi infoltiti di steli di mais,
dove quante tue anelanti corse,
quanti tuoi sogni controvento,
scoloritesi con le memorie porte e finestre,
rinserrata ad ogni accesso ulteriore
la tua casa ceduta e ora inagibile,



nel refolo d'aria
tra i vasi ascolti il silenzio,
erano allora fragranti di gerani ed oleandri,
ed ora è il conforto, con lo sgomento,
che tutto sia cosi svanito e ammutolito,
lo sciame che avverti
un sopito tumulto di vergogna e lacrime,
inutile cercare altri volti che quelli
che già salutasti,
già li ritrovasti
nelle schiere sparse delle loro lapidi ,





“ And the bird, did it fly away again?
in Khajuraho ti chiede l'amico
del rondoncino, che ponesti in salvo,
quando, al rientro in città,
tu vuoi sapere di Ashesh come ha preso il volo,
“Sì, ma solo dal campo vicino alla fattoria
dove vive un uomo che cura gli animali,
è un uccellino, “ the swift”,
CHE SE PERDE IL VOLO NON SI SOLLEVA PIÙ,
QUELL'UOMO, L’AVESSI VISTO,
PRIMA DI SPINGERLO A VIVA FORZA IN ALTO
L' HA BACIATO LIEVE, CHIEDENDOGLI SCUSA.
SOLO COSÌ DOPO CHE È RIDISCESO UN POCO
È VOLATO VIA LIBERO NEL CIELO,
CIÒ DI CUI SI NUTRE, AEREI INSETTI, LO CATTURA IN VOLO,
RASENTA L'ACQUA QUANDO LA BEVE.”
“HE WILL BE BAD STUDENT, HE WILL LOSE HIS MIND...
BUT WHAT WE CAN DO...” RIPETE L'AMICO,
CHE POSSIAMO PIÙ FARE PER IL NIPOTE ASHESH
SE A RAPIRLO È STATO IL PADRE
PER UN'OTTAVA CLASSE CARPITA CON LA CORRUZIONE,
-SENZA CHE METTESSE PIEDE NELLA SUA AULA
MILLE RUPIE SI TENNE IL MAESTRO PUBBLICO
IN CAMBIO DELLA BICICLETTA E DELLA PROMOZIONE CERTE-
L’AMICO TUTTA LA SETTIMANA L'HA RICHIAMATO INVANO,
E DOMANI DA LUI ANDRÀ DI PERSONA,
“ NON AGITARTI, “ KEEP QUIET MIND ”, GLI RACCOMANDO,
"I KNOW, ONLY IF I SPEAK HIM SWEET HE SPEAKS ME TRUE..."
" LO SO, CHE SOLO SE GLI PARLO DOLCE LUI MI DICE IL VERO"
“VAI, SÌ, MA TU RICORDATI:
DI ASHESH È COME TI HO DETTO DEL RONDONE:
ANCH'EGLI, SE PERDE IL VOLO NON SI RISOLLEVA PIÙ”.





EGLOGA QUINTASABATO 21 SETTEMBRE 2013

Quinta Ecloga riscrittura

(Omnia vincit Amor: et nos cedamus Amori)




Ma ora per Chandu, Kailash ed io,

lungo le strade dirupate di negozi deserti
che alcova di amore

è la cappotta del ciclo-risciò sotto le piogge di Chhatarpur,

la delizia del nostro bambino

il cuore giocoso del nostro bene,

tracimi pure l’immondo monsonico,

cali la caligine più tetra tra gli scrosci a dirotto,


il riso di Chandu è già la sfera di sole
come la luce ripercorre la rigogliosa verzura,

nelle pozze lutulente
lustrando i bufali a ristorarsi ammusando,

........................................................................................................

finché invitto il sole ritorna
tra le foglie sfagliantesi del saagaun in fiore
e s'intenebra nella disperazione il nostro amore,
nel mio grembo l'amico reclino
di che dolorosa madre eviscerante,

con egli ancora di nuovo,

dove il cuore appena infranto per il nostro Sumit
incantava Vishnu Ananta Shayana ,

l’ascesa a Shiva Bhairava,

dove il Dio vinse il tempo e gli fu la gola bruciante,

alle rovine dei templi di Ajaigarh invase dal sole,

di altri, ancora più remoti ed ignoti,
alla riscoperta del loro abbandono,


e lasci i banchi dove di Darmendra , Pyush, Pratap

sono i nuovi volti che stanno in ascolto,

è pura menzogna il complain

che il principal ti chiede di sottoscrivere

contro i suoi detrattori,


in che luce di gioia, di Dusshera,

dalla Dea riattinta la vita per la Sua morte per acqua,

prima della notte di che freddi fuochi celesti
sul crepitio di lacrime di che doloroso Diwali,

reca la mia testa mozza Nirriti l'atroce,
e nessuna frenesia di danza
può sventare che sia il rullio della sentenza,

hai maledetto i tuoi passi ulteriori nell'ingiuria del dio,
funestando il tuo passato ogni nuovo inizio mancato,

eppure non cede l'amico al veleno
che s'insinua nello strazio mentale
“E perché mai lo tieni ancora in casa tua

se ti lascia lo stesso così povero,
e non hai fatto tuo il suo denaro…”




al che, credendo e sperando,
al linga inesorabile si prosterna
la fronte segnata,
per Agni è offerto lo sterco
fumante di ghee,
al passaggio aureo di Laxmì
crepitando ciotole di luce


nella notte, ancora insonne,
chiedendo lenimento,
e ancora cedendo al Dio che è Amore.



Sesta Ecloga Indiana Prima versione/


Cede il sole la sua luce di sangue al fiume che scorre,
cala l’ombra dei monti sui casolari fumanti,
di sterpi e sterco sui bracieri esalanti
s’annida la luna tra le mahua ritorte
la successione dei mesi volgendo alla fine dell’anno
anche il Natale,
la vigilia di quando nell’albero al limitare del colle
vedevi il ramo a cui appenderti al sole,
con la notte dell'amico scosso dal pianto,
per la bufala morta cercando conforto
nel calore dei figli cui s’accosta nel sonno,
e ora chi è stato ospite sverna già al Sud,
in Irlanda urla di nuovo contro i ritrovati snackers,
radica nel Bangladesh la coltura del neem,
in tutti con un curry speziato
infuso un nostro lascito di folli speranze,
quando è stato solo ieri che l’uccelletto Ashesh, di ritorno furtivo,
ci ha già lasciato e derubato di nuovo,
come se nulla fosse stato dell’incanto nel parco,
dell’ appostarci alla vista di antilopi e cervi,
del viaggio, di piccoli uomini,
intrapreso con Ajay al villaggio dei nonni
per le forniture del negozio e la riscossione dei crediti ,

seguitando, tra le nebbie,
la crescita dei germogli infestati di grano,
il confondersi , intenti ad apprendere,
dei bei volti amici con gli inquisitori di turno,
ogni fumido mattino Kailash infreddolendosi all’arrivo dei treni
per intercettare nel flusso l’occasionale turista,
Vimalan nel risospingere, l’infinitesima volta,
il riflusso d’acqua nel cortile,
tra i bambini che pettinati e rilavati
si avviano a scuola in tuktuk,
Chandu che intanto può dormire più a lungo sotto le coltri
ora che a tutti è provveduto un giaciglio.
Ma pur se il verde miglio delle suore ravviva la grotta,
è la nostra mangiatoia il pagliericcio di un morto bambino
al cui astringerci crepita il fuoco.


Ecloga indiana settima frammenti spersi
E quando le opere parevano morte,
che solo fosse protratta la resa,
un nuovo splendore illumina i giorni,
la vacca tra la pula che lecca il vitello,
e la sera non è tenebra di sventura
quando cala dai colli sui fumi dei fuochi,
velami dell’aria che imbruna
le aie e i coltivi,
nel volgere a un nuovo mattino ch’ è di luce anche nell’ombra
agli armenti che vi pascono quieti,
solo l’ incanto benedicesse anche i letamai di maiali e bambini,
solo il canto degli uccelli sovrastasse
il pigolio degli “hello, rupees” dei piccoli
come esci per strada,
e non andasse perduto
quanto sia stato il dolore dei giorni,
ora che l’amico ha forse preso il passo
di chi sa essere e spezzarsi per gli altri,
prima che tutto s’intorbidi ancora nel gorgo,
e l’amarezza sia il flutto di quanto è trascorso,
ma come Vimala lascia le coltri
che dolce tepore
prenderne il posto accanto al mio Chàndu,
delicatamente accarezzarlo nel sonno,
presagendo nella fitta che il dono di grazia
sia il sopravvivere anche alla sua perdita,
mentre lente le nuvole gonfiano l’arco dei cieli,
altro di tremendo e risorto ancora ci attende
( 18 marzo 2013)
... ( gennaio febbraio 2013)
..............................................
ECLOGA VIII

Come potei, già una volta,
levare su di te la mano,
serrarti la gola,
dirti di volerti morto, anima mia,

quando tu sei la mia vita e l’amor mio,
e così di lontano
non so pensarti che con viscere trepide
al tuo impigliarti ogni giorno nell’afflizione che stride,

mi squarcia il tuo “ bad Karma”
sentendo la tua vita senza scampo,
anche ora che con il tuo nuovo tuk tuk, alla sua guida sicura,
a prezzo che follia di lacrime e sangue
hai la dignità di un lavoro se non di un guadagno,

“Whats’ news? it s raining, raining, raining,
only raining..”
mi ripeti allora al mio ripetermi,
“ In Khajuraho everyday are the same things,
the same market, the same business with the tourists,…
You know, “lo sai,
(that )t hey don’t respect me, if I speak true,
paying money, money, money to the lapkas,
-a chi li accalappia -
and don’t see nothing, nothing, nothing,..”
finché, radura di luce,
trovi un po' di contento nel nuovo tran tran
“ I lose fuel, time, going every day slowly to the railway station
but I safe my life, my autoricksaw”

“And Chandu, my love?”
He’ s asking you cycle,..”
“ Cycle!”, come mi grida la sua voce al telefono,
prima di non volerne
già più sapere di me, che sono il suo baba che non fa ritorno,
alla terra dove straniero
oramai avrei ucciso un uomo per una scalfittura,
un ragazzo per un mio livido,

di nuovo da voi lontano, dove anche ogni mite ha voce di lupo,
all'arrivo per mare di chi cerca scampo tra resti cadaveri,
in infelici tempi di agonie di satrapi
che prima che le tasche svuotano l'anima.

Ma solo che risenta la tua voce accorata
e quanta vita ritrovo nella tua di stenti,

ed allora tu parlami ancora
di come al sesamo si apre la bocca che schiude il seme
nel tuo timore che si perda nel fango se la pioggia continua,
di come la luce si è spenta di nuovo sulle nostre parole,
sulla tua cena di solo mango pickle e un pò di chappati,
ch'io approdi ancora ai tuoi lidi d'amore
quando sento nei tuoi accenti inumidirsi la lingua
della tua bufala che lecca il suo nuovo Lalosha,

e lo sbadiglio lenisce la tua ruvidità di modi,
” For other things we speak more tomorrow,

“See you later, Kallu, “
“See you later”.

Egloga IX

Sulle rive del Brahmaputra,
in un gothul,
in quale India mai
sprofondare in un sogno,
dove non sia più,
tra la fangosa gente,
che fattomi io stesso pien di fango
settanta volte sette
per l’ammanco infertomi io ne sani il debito,

dal fondo ancestrale
come da un’infanzia eppur viva
dove sopraggiunge chi vagheggia l’apsara che ad uno specchio
sembra usi a scrivere un pennello,
e pur intenta ella al bello gli rammemori
che vivere bene è più che scrivere meglio-
Come i sovrastanti picchi
ed è un’ascesa, un precipizio, una rinnovata ascesa,
sono i frantumi di un’impervia quiete,
sempre, mio Dio,
che la colluttazione tra le nostre follie non sia
la fine di tutto,
dove che squarci di luce infinita
al farmi il mastro Geppetto del mio incantevole Chandu,

“Tiger ! Tiger “ egli additandomi
nel gioco continuo di farmi paura,

a lui di ritorno, al loro conforto di voci,
dall'impeto del Gange alla schiusa dei monti,
non una delle aarti,
intrepide luci,
superstite al varco dei flutti,
alla loro fede nella mia luce del cuore
sentendo che l'amarli sino alla fine
e ciò che mi resta di cui sono ancora capace.




PUBBLICATO DA ODORICO A 17:24 NESSUN COMMENTO:
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I am the number two, now
I am the number two, now"( prima stesura, che mi è del tutto insoddisfacente)
“ Sono il numero due, ora….”
“ Kailash, pensa a tornare al più presto…”
“ Serve più che mai denaro ora”
“ Serve più ancora la tua salute”
“ tik-è, sarò allora di ritorno alle 8,30”
Quando tra le cinque e le sei oggi si stava facendo già sera, nel volgere al termine di un luminoso giorno novembrino, fugatesi le velature solari dei giorni scorsi, l’amico l’avevo lasciato, due ore prima, che rannicchiato su un auto rickshaw tra degli altri conducenti e convenuti, era in attesa dell ‘uscita di qualche comitiva di turisti che ne divenisse la clientela, da un hotel Radisson il cui parco era annebbiato dalla polvere soffocante, in cui ad ogni passaggio di un’autovettura si sollevava la sabbia intervallata al ciottolato ed alla ghiaia del manto stradale in rifacimento, intasando di una polvere acre con le vie respiratorie finanche l'interno intestinale.
E sempre in quella pulverulenza micidiale l’ho raggiunto già i giorni scorsi, sempre più insistendo che desistesse dal permanervi , da che si è persuaso che quell’hotel potesse arrecargli la fortuna negatagli dai clienti dagli altri di lusso di Khajuraho, di fronte ai quali da settimane rimane appostato dalle prime ore del mattino fino a sera inoltrata, nell' attesa di diventare il primo in lista fra gli altri conducenti che vi si sistemano davanti E' una scalata di posizioni che viene sistematicamente compromessa e vanificata dalla necessità di abbandonare il posto acquisito quanto più è “ making money-time”, per portare in auto rickshaw i bambini a scuola ed andarli a riprendere, tanto più quanto gli orari dell’inizio e della fine delle lezioni di Ajay e Poorti si fanno divergenti da quelli di Chandu. Ben altro estenuarsi era il suo appisolarsi nella frescolino della brezza che ventilava fra gli alti fusti degli alberi , lungo il vialone all’ingresso di Khajuraho , in cui l’avevo ritrovato di domenica di fronte all'hotel Ramada, il miraggio rapidamente svanito che albergasse una clientela più accessibile di quella dei tour organizzati insediata negli altri residences di lusso.
In realtà, ad irretirlo è il miraggio che a lui possano capitare, come al suo competitore attuale, dei ricchi clienti che si dirigano al bazar per degli acquisti costosi su cui, anche per una sola commissione- nel caso di colui 25.000 rupie, l’altro giorno- possa lucrare più di quanto possa essere il suo guadagno di un anno di stenti.
E lo attira , tale colpo di fortuna, quanto più la sorte sembra volgercisi contro e la ferocia umana addentarci, dopo che è venuto apprendendo quello ch’io vengo sempre più perdendo per aiutarlo, anche nel volgere di un mese dal mio rientro, nel corso del quale è andato perduto già il nostro negozio di barbiere, per le pretese del proprietario di rivalersi su di noi di quanto a lui è costato vedersi abbattere i negozietti contigui per errore , nel fare largo all’ampliamento del fondo stradale antistante , e( potere)trarsi fuori dal carcere in cui era stato cacciato, per avere preso a sassate l ufficiale addetto ai lavori.
Il negozio in cui credevo ci potessimo reinsediare, e per il quale quel raja ci aveva richiesto l’affitto anche quando era in malora, al mio arrivo l’ho ritrovato non più nemmeno allestibile, perché era stato affiancato da quello che al coadiuvante Moma era stato riservato nello stanzino accanto, e avessi voluto trasmigrare l’arredo in uno dei vani rifatti, oltre a un incremento di affitto, avrei dovuto dovuto versare un’ ulteriore caparra di diecimila rupie.
“ Ma we were already working in the shop” ha esclamato lo stesso Ajay come l’ho informato, intendendo egli stesso all’istante che sopruso ci fosse stato inferto.
E ancora non era scaduto il mese di cui avevo pagato l’affitto, che quel raja aveva svuotato per suo conto ciò che era stato il nostro negozio delle suppellettili che lo costituivano e di cui il suo vano era stato ridotto ad essere il ripostiglio, facendocele ritrovare per strada tra le mie contumelie, come sono sopraggiunto. Non bastasse, la settimana scorsa il fratello di Kailash gli ha fatto sapere che non poteva più attendersi da lui che gli commissionasse sightseeing per conto di turisti che alloggino nell hotel in cui è alla réception, perché a sua volta acquisterà un autorickshaw, associandosi a chi è della sua stessa risma.
Tale follia economica di una rivalità mimetica gelosa, che frantuma ogni soddisfazione per il suo tuk tuk del fratello Kailash, non tiene in alcun conto tutto quello che mi è costato, morto Sumit, avere ricomposto la famiglia di Kailash rifacendone un uomo con un lavoro dignitoso alla guida del suo autorickshaw, senza che quella sorta di fratello abbia più modo di sperimentarne al telefono la follia mentale, con la cui violenza, sanandola, con quanta afflizione sono entrato in collisione e collusione, e che mi sarà sempre più difficile sventare, quanto più il lavoro di Kailash si farà, senza chi più lo commissioni, lo stremante tormento di infimi guadagni sempre più insoddisfatto e disilluso.
Da tale ingiurie degli uomini, mentre Kailash durante il giorno era fuori con l’autorickshaw, ho cercato e trovato un altrove nella assiduità con cui ogni pomeriggio sono stato di ritorno al tempio Parshvanath per studiarlo e scriverne, assorto nella sua contemplazione quanto nella sua indagine, che attende a farsi ora scrittura, nel diletto del gioco con Chandu, nell' insegnare nel mio caro ufficio l italiano ad Ajay e Mohammad. Con i quali di domenica in domenica ho visitato i templi occidentali ed il museo di Khajuraho.
Stasera il filo di una lacrima ha rigato il bel volto del caro ragazzo, quando ha appreso che domani potrà essere di ritorno alla All Saint school, dopo che al principal ho assicurato che se rinunciava ad ogni admission fee, avrei pagato del ragazzo la retta mensile.
Messo alle strette, quando gli ho chiesto come mai fosse stato possibile che avesse iniziato a frequentare una scuola pubblica, come mi aveva detto, se per rendere la cosa possibile alla All Saints School non risultava di avere adempiuto ad alcuna trasmissione dei dati della sua frequentazione precedente, mi ha confidato che era andato a scuola solo i primi tre, quattro giorni, fino a che un insegnante non gli ha intimato di uscire dalla classe e di lasciare la scuola, perché non aveva pagato le tasse di iscrizione. Da quel mattino non era andato più ad alcuna scuola. Per questo mentre era ora di lezione, con altri ragazzi oggi l’avevo intravisto in sella a una motocicletta.


flashes e schegge dall'India
1) Posso ora continuare a berlo, il the? la deliziosa risposta adolescenziale di Mohammad, al mio richiamo per averlo ordinato a mie spese senza chiedermelo al Madras Cafe.
2) Su sollecitazione allarmata di kailash, i piedi che quando dormo devo ora volgere alla testata del letto in direzione opposta all'immagine che vi ho appesa di Ganesha, per timore di offendere la suscettibilità pur del più amabile tra gli dei hindu
3) Chandu che vestito solo d'aria si riscalda nel cortile di casa al braciere che vi ha acceso con carta di giornale, mentre io solo assisto sgomento alla fiamme che divampano accanto alla sua nuda carne, senza che Kailash o Vimala abbiano avvertito il pericolo che stava correndo
4) io che seguito a fare ritorno ogni giorno al Parwanath temple solo per motivo di studio , tra le guide che seguitano a farvi ritorno solo per denaro, finanche quando la luce langue a tal punto che i turisti frettolosamente condottivi e ricondottivi via non possono più intravedervi alcunché, discesivi dai pullman che ve li hanno scaricati secondo ordinanza.
5) a rendere giustizia di ogni ingiuria ai penultimi e agli ultimi, al patrimonio universale dei sacri templi hindu di Khaiuraho, la anziana signora brasiliana convenutavi allo stremo di sé, pur senza avere più nemmeno la forza di risalirne le piattaforme fino agli interni altolocati, che alla giovane guida Ganesha che seguita a ripeterle che le scene erotiche sono immagini del Kamasutra, asservendone al sesso gli intenti religiosi, secondo la vulgata che alla stessa stregua delle venali guide locali, profumatissime e profumatissimamente autoremunerantesi con ogni procacciamento di sorta, già lo accomuna agli accalappiatori in motoretta dei turisti per strada, - i lapkas, gli odierni tughs di Kajuraho-, senza nemmeno l'alibi della loro miseria, no, no, no, are spiritual images, persevera a ripetere, nel reiterato diniego che la sua gentilezza seguita a opporre.
( post scriptum l'immagine che non riesco a porre in rete di un casolare indiano, che non è il falso della ricerca dell'autentico nell'altrui decrescita felice)

LUNEDÌ 17 NOVEMBRE 2014

sterilizzazione e gendercide in India
Per il tramite di un documento di mobilitazione umanitaria che è apparso in Italia sulla rivista Internazionale, a seguito della morte nello Stato indiano del Chhattisgarh di 8 donne vittime di interventi di sterilizzazione il cui piano è promosso dalle autorità governative dell’intero subcontinente, in realtà, sotto le spoglie di una veste apparentemente solo informativa del testo di denuncia, per la distorsione omissiva dei dati che esso veicola, rischia di essere avvalorata una campagna strumentale di stampa volta al discredito infondato delle autorità indiane, che mi preme qui contrastare preventivamente non per una concezione diplomatica e interessata della verità, ma perchè può essere pregiudizievole della felice convivenza delle comunità indiane nei nostri territori, per quanto le sue omissioni fomentano a credere. Infatti a) richiamandosi allo statuto di Roma che regola la Corte penale internazionale, lascia intendere che contro ogni disposizione generale la campagna sistematica di sterilizzazione in India sia forzosa e forzata, già nell’uso del participio “ sottoposte”, in riferimento alla pratica che per quelle donne sventurate è stata letale, senza fare esplicita menzione del dato ordinamentale che la loro sterilizzazione invece è volontaria in termini legislativi e organizzativi, ed almeno remotamente reversibile, per quanto attiene alla chiusura delle tube, pur se resta vero che in India le donne per lo più subiscono in tali vicissitudini la volontà del loro contesto familiare patriarcale, b) non fa presente che la sterilizzazione è alternativa alla pratica spontanea diffusa dell'aborto selettivo, a nocumento dei feti femminili, (il cosiddetto genocidio femminile di genere o gendercide), dato che le bambine sono spesso un onere economico insostenibile, per la dote matrimoniale che occorre a loro assicurare, c) non rileva che la sterilizzazione femminile è praticata in India anche in strutture sanitarie cattoliche, d) con il risvolto italico di indurre ad una recrudescenza dei lai che ingemiscono in quali mani barbariche sia mai finiti i nostri cari marò. Detto questo, personalmente resto ancora dispiaciuto che nella mia famiglia indiana d'adozione a mia insaputa sia stata adottata una scelta del genere- su cui restava tuttavia al mio amico e a sua moglie l' ultima parola- nella struttura ospedaliera cattolica in cui era appena nato il nostro immenso ultimo nato, la cui venuta al mondo sono felicissimo di aver propiziato. E’ stata una scelta da loro adottata come una risoluzione scontata e indiscutibile, un minimo intervento post partum che per loro non ha costituito alcun dilemma.

Odorico Bergamaschi
Ex insegnate

 


Quando Kailash sa pur essere un gran figlio di lapka ( ein kleiner spass)
Quando Kailash sa pur essere un gran figlio di lapka
( ein kleiner spass)
Domenica scorsa era una festa goduriosa il volto di Kailash.
Alla coppia di turisti messicani dei quali a sera inoltrata era rimasto il solo conducente di taxi ad attendere l’ uscita dall’ hotel Radisson, per portarli nel restaurant Gandhi ch’era poco oltre la svolta della strada aveva richiesto 300 rupie, il corrispettivo di una trentina di chilometri di percorso. Aveva poi accondisceso di convenire per la metà, e quando alla fine della cena erano risaliti sull’autorickshaw, al loro reclamo all’atto di pagare la corsa che anche le 150 rupie pattuite sembravano loro un’enormità, aveva offerto l’extra di un giretto gratis nel bazar, dove avrebbero potuto comodamente effettuare acquisti. Si riprometteva così di procacciarsi la commissione che gli sarebbe spettata, magari lo straordinario delle 25.000 rupie che si era intascate la sera prima il conducente che ne condivideva l’attesa dei turisti in uscita dall hotel, quello che per proteggersi dai nugoli di polvere della strada in via di rifacimento allargato recava sul volto il fazzoletto calato di un bandito, tanto può l’imperversare in Khajuraho dei lapkas, le cui provvigioni raggiungono a far gravare una ricarica del 35% , sull’importo richiesto ai turisti per gli acquisti che effettuano nei negozi a cui li accompagnano. Peccato per l’amico che i due turisti messicani si siano limitati all’acquisto di uno scialletto, che gli è valso non più di un centinaio di rupie. Ma al suo rientro a casa compensava il magro introito supplementare la porzione di un succulento chicken curry che si era procacciato all’ingresso della coppia del ristorante, non bastandogli affatto, si era schernito, le misere 50 rupie che gli avevano allungato per averne procacciato la consumazione della cena.
La goduria con cui insieme a Chandu, nella television room, ne gustava il sugo squisitamente speziato con del chiappati, facendomene a mia volta partecipe ghiotto , era ben altro appagamento, per l’amico, del godimento morale di cui nel pomeriggio e l indomani mattina gli avevo detto che poteva ben essere contento, quando la signora francese che insieme al marito aveva accompagnato ai templi e in agenzia per fare il biglietto per Orccha di prima classe, il migliore possibile, “ you are very good person”, l’aveva omaggiato, tanto più il lunedì mattina, quando li aveva condotti alla stazione ferroviaria, per essersi presentato con l’indicazione scritta dei posti che avevano prenotato, di cui in rete avevo condotto per lui l’enquiry.
Ma la sua incapacità di alcun rendimento di grazie, nella consapevolezza che nulla al mondo ci spetta di diritto ma solo per grazia, una disposizione dell’anima alla cui acquisizione si riducono i miei intenti evangelici nei suoi riguardi, lo lasciava ancora irritato con quel madarchor del consorte della squisita signora, non fosse stato per il cui desiderio di ripiegare in albergo , la signora avrebbe consentito di buon grado a farsi condurre ai templi jain.
“ Kailash, come ripeterti, che un turista non è un madarchor solo perché intende fare quello che vuole, e non può spendere che secondo le sue disponibilità? “
dopo che la sera scorsa kailash è andato in escandescenze contro il procacciatore di turisti per il greenwood hotel , della sua stessa casta,che non gliene assicura più per dei sightseeings, benchè quando io ero ancora in Italia gli avesse offerto ospitalità per due notti nella mia stanza, al riparo dal gestore del ristorante dell’hotel harmony che avrebbe voluto vederlo in galera per una vetrata infranta, e che kailash aveva rabbonito nei suoi riguardi, Tornavo con lui sugli antefatti, oggi presso il talab, una volta condotti a scuola i bambini in tuk tuk, e non ci restava che la condivisione del punto che in khajuraho guide ed escort, accompagnatori e conducenti, belli e brutti così fan tutti, tutti quanti lapkas, con la sola differenza tra chi ne ha rilasciata la licenza e chi no.
Lasciavo affidato al silenzio che rischio l insorgere di una tosse consultiva reattiva per i suoi modi privi di garbo nei miei riguardi , il corollario a giustificazione del tutto, che nella mente di kailash è il corso e il ricorso di un ritornello quotidiano, che il turista, l'ospite sacro, ha proprio quello che gli spetta, se ti crede solo se gli menti, ti considera solo lo derubi.
“ money is nothing for me, friendship is all” il motivetto locale irresistibile che a tanto basta.
PUBBLICATO DA ODORICO A 23:32 NESSUN COMMENTO:

su facebook Mercoledì 19 novembre

13 ottobre 2014

Può andar bene, così, per la Gazzetta di Mantova?
Già quest’estate mi ero cimentato in una mia riscrittura mentale dell’Odissea in una Renzeide, provocatovi dall’autoproclamarsi un novello Telemaco ( di calco recalcatiano) del Matteo nazionale , allo scatto di suo selfie di gruppo inserito sullo sfondo di quello della stessa Europa, quando ne assunse la Presidenza della Commissione. Solo che ne è sortita una trama a rovescio, alquanto breve da riassumere in sintesi: in luogo del fare tesoro di esperienze ed errori e valori del padre, propiziandone il ritorno, l'andata in scena della rottamazione anche del suo solo nome e della sua sola memoria, con ogni agguato e brutalità di sorta da parte del novello fasullo Telemaco e dei suoi servizievoli compagni di viaggio,-al successo del padre meno vittorioso del previsto, perpetrando, grazie alla dispersione della gloria di Ulisse, la spartizione della sua eredità con i Proci infestanti, riabilitati alla grande con il loro Papi della patria in testa, ed ora, che sono ancora più in auge, ben liberi di spadroneggiare sale alte e profonde di un palazzo trasformato nella reggia della loro prepotenza condivisa, Penelope, poveretta la Finocchiaro, a suo tempo già svillaneggiata dal figlioccio spurio, indotta a tessere e ritessere la tela con l’autore dello loro nequizie più brave, fiero padre di una Mer(di)na senatoriale dopo avere dato vita ad un Porcellum elettorale, per stare ai termini con i quali il genitore stesso ha ignominiosamente soprannominato i suoi figliastri traviati.
Poi il seguito del job act ha conferito un andamento tragico alla parodia in corso del poema omerico, per come in una Repubblica fondata sul lavoro si è carpita la fiducia assoluta , con il ricorso ad una delega in bianco, per togliere ai lavoratori diritti vitali senza che alcuna tutela sociale compensativa sia loro garantita. Ed ora a ripetermi in finzioni analoghe sono stato appena indotto dalle vicende fresche di cronaca del mancato disarcionamento del Sindaco di Mantova, finendo tentato, dal loro decorso buffonesco, ad attagliare a quanto è successo il nostrano immortale Rigoletto: ma l’accaduto mi è parso di un tenore così infimo, che tra le parti maggiori ho trovato un equivalente omologo solo a Gilda, sequestrata e stuprata nelle tramutate spoglie del leghista Simeoni, mentre per le parti destinate a delle mere comparse, il Marullo di corte mi è parso del tutto calzante con Longfils, all’apparenza franco di lingua e di pensiero, nei suoi gran bei marameo e birignao, in vero dedito ai più servili servigi, in tronfio sfregio, all’occorrenza, del suo dover essere “super partes”, mentre a Sodano ben si configuravano i panni di un nuovo signor di Ceprano, che per scornarsi delle vicendevoli cornificazioni amministrative fino all’estremo vulnus, si è prestato di buon grado ad ogni ammoina e ad ogni vile buon viso condiscendente verso i prestatori di soccorso, pur di restare senza più alcuna dignità istituzionale il primo cortigiano in lizza del Ducato.
Morale dell’ una e dell’altra favola, così è in Italia, anche se non ci pare e piace affatto,al tempo in cui per Grillo come per ambo i Matteo, il Salvini quanto il Renzi nazionale, costui in ottemperanza al Patto del Nazareno con il tramortito Berlusconi, eccezion fatta per i testimonial del Sel, che qui non sto per questo a glorificare, i rappresentanti del popolo hanno da essere dei nominati di Partito che devono rispondere solo alla ditta, secondo la voce del vero dal seno bersaniano fuggita, e non già a chi è affidato alle loro responsabilità dal mandato assunto, con l’esito di un dispregio sommo delle nostre istituzioni Da cui, in compenso, non è per questo finora sortita alcuna crescita o ripresa dell’economia e società nazionale.


8 novembre
forse quando ci facciamo autori della nostra vita scegliamo o ricreiamo ogni giorno uno dei copioni che ci sono stati prefigurati dagli eventi ( o dal loro attrattore divino, in forma di bene), chiedendo il concorso di una forza o di una rivelazione illuminante, a cui risvegliarci ( la grazia per i cristiani) che le parole della preghiera o la meditazione risvegliano in noi, facendoci ritrovare al fondo dell'anima la nostra ispirazione più alta
 

Con Ajay e Mohammad , rivisitando i templi di khajuraho, il 9 novembre 2014
( Ma khajuraho non è solo i suoi templi, o i suoi magnifici dintorni rurali, oppure certe sue persone straordinarie, è anche gli accalappiatori di ogni sorta che vogliono nei tuoi confronti solo risalire ai tuoi soldi, o i turisti irresponsabili ad essi conniventi nell'ignoranza più crassa della realtà dell india, i tour operator e gli hotel five stars e le guide immorali, interessate solo a procacciare clienti a empori di lusso o donatori a infime scuole del business umanitario, che sono i principali beneficiari del turismo costosissimo mordi e fuggi imperantevi, nella filiera di un main stream che lascia ai turisti organizzati solo il tempo di vedere il minimo possibile , neanche quello di lavarsi in hotel prima di essere intruppati nel volo del primo pomeriggio seguente quello dell'arrivo, è le sue strade che si fanno assestate solo all'altezza dei residences di lusso, sono i maiali che convivono per strada con i bambini, tra liquami e rifiuti, non appena si lascino le aree dei parchi archeologici, ectetera, etcetera

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Per le Gazzette di Mantova e di Modena ( novembre 2014)
Mi spiace- solo relativamente- per gli antagonisti di piazza e di rete a Matteo Salvini che si sentono indotti ad attaccarlo insieme alla Lega con ogni forma di insulto in luogo della critica reale, magari ostentando la presunzione di superiorità di un razzismo morale che seguita a denotare insopportabilmente il presunto essere di sinistra, o scambiando la politica per un cartoon adolescenziale e per un bullismo di rete in cui vince chi fa cagare sotto il nemico, ma il fatto stesso che Salvini e la Lega siano divenuti la loro ossessione esistenziale che li induce al peggio di se stessi, è la prova più evidente di quanto Salvini si stia dimostrando un politico capace e temibile oltre il prevedibile. Tale riconoscimento non significa alcuna condivisione di orizzonti e di intenti di Salvini, per lo più aberranti, ma è la presa di distanza che in luogo del coinvolgimento finanche morboso risulta la condizione imprescindibile per contro attaccarlo efficacemente, innanzitutto riconoscendo gli stati di sofferenza e le paure e le criticità reali cui sa risalire, invece di disconoscerli per principio preso, magari palesando propria quell’ignoranza razzistica che per tali antagonisti consimili e mimetici costituirebbe sempre e solo l’anima nera e l’ incultura degli altri. E’ la condotta esistenziale di un’indagine e di uno studio interminabile delle ragioni degli altri, che a certi eterni ragazzi e principianti della politica, cultori incalliti di ideologismi che al tempo della globalizzazione sono divenuti la nostalgia patologica reazionaria dei padri titanici del buon comunismo e dei buoni compagni di un tempo, a certi supponenti ed arroganti professionisti in rete dell’antidiscrimine, sfioriti i fasti dell’antiberlusconismo inossidabile, è quanto dovrebbe insegnare una rialfabetizzazione del tutto personale alla politica democratico-liberale, che consenta di acquisirne i termini minimi imprerscindibili, il senso dei limite, lo spirito discente della propria fallibilità fallimentare e dell’autocritica ironica, innanzitutto, secondo quanto è vero di ogni terapia risolutiva.

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Due sono le cose durevoli che speriamo di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali (Cina)»


Tutta la mestizia  del giovane Mohammad nel mio ufficio dove è convenuto con Ajay per la lezione serale, cui non so offrire che la stanchezza prostrata/vessata del mio ascolto, quando mi dice che vorrebbe morire perché è così povero.

Non ho forse ragione?” Non so replicargli se non che non deve dire e pensare cose del genere, non deve farsene affliggere la mente: “Io sarei ben più ricco se mi ritrovassi in Italia, dove nessuno mi chiede mai  niente, né niente mi offre in aiuto, per quanto mi si complimenti, ma quanto più povera vi sarebbe la mia vita senza di te, di Ajay e della sua cara famiglia”.

 In mattinata era successo che  l’insegnante della scuola cui era ben felice con il mio contributo di essere di ritorno,  l’avesse fatto stare in ginocchioni per non meno di quaranta minuti, perché vi aveva rimesso piede dopo due mesi di assenza. “ Ma non sono stati i tuoi stessi insegnanti a ripeterti continuamente,  i primi giorni di scuola,  che dovevi startene fuori, out, perché non eri in grado di pagare le tasse di iscrizione?”

Ma la sua sudditanza mentale alla pezzenteria rifatta di quegli insegnanti era tale, che il senso delle mie parole gli era duro.

Ciò che intanto più lo addolorava era che il padre ora guadagni non più di 150 , 200 rupie al giorno come venditore di the, mentre quando aveva lasciato Kanpur per Khajuraho  la sua attività di tinteggiatore gli consentiva allora un guadagno di 500, 600 rupie al giorno. Almeno 200 le versava ogni giorno a una sorella più povera,  frattanto ella  si era arricchita,  ed ora non prestava alcun soccorso alla disgraziata famiglia del fratello, anche dopo che più volte era stata funestata dai ladri durante l’anno scorso.

E’ una delle prime leggi della vita, Mohammad, che se dai aiuto non devi attenderti niente”.

Non era lo stesso, per quanto lui ne sapeva, per il mio tramite, della stessa famiglia di Kailash? Ero di rientro con Ajay dalla visita al nonno, in Byathal, tra le arature dei coltivi e lo splendore dele radure della giungla dove convenivano le popolazioni di scimmie, per dirgli come il figlio Manoj stesse attentando alla felicità della famiglia del fratello, con l’improvvido acquisto di un proprio autorickshaw che toglieva lavoro a K. presso l hotel in cui Manoy era un addetto alla reception,  ed  i cui clienti in precedenza gli  inoltrava, 

 , e con che costrutto si era risolta la nostra missione, come Ajay aveva ben inteso fin dal rientro?Se non che il padre di K. aveva piuttosto colto al volo la  dichiarazione dei loro intenti di trasferire in Rajnagar la sede del negozio di barbiere le cui suppellettili stazionavano sui ripiani della loro casa, sul terrazzo, per proporre che anch'esso finisse nella sua Byathal, come già nelle sue mani vi  erano finite la bufala di K con la sua figliolanza., il negozietto di generi alimentari e domestici che vi avevano costruito, al tempo in cui per la morte del figlio Sumit la mente di K. era più sconvolta e fuorviante, quanto mai suggestionabile dalla sollecitazione al rientro di tutto nel luogo d'origine.)

Lui ed Ajay sfogliavano intanto le pagine patinate delle riviste di celebrità, che avevo acquistato sottocosto, essendo in resa, perché ne ritagliassero le immagini e vi scrivessero sotto in italiano una prima descrizione fisica di tali eminenze del mondo dello spettacolo. Non uno di loro, a quanto ben ne sapevano, che non fosse il figlio di un direttore artistico della Bolliwood dei sogni, quei madarchor.



In memoria di Gino Baratta


Gino Baratta l’ho conosciuto solo durante gli ultimi anni della sua esistenza, quando il nostro incontro fu propiziato da un anno di insegnamento presso lo stesso istituto. Il ricordo che ne conservo è di un grande amico e di un grande spirito, animato di un’intelligenza comprensiva universale a cui mi risultava quanto mai riduttiva la configurazione di critico intellettuale di tendenza che si era conferito. L’ho compreso grazie alla sua disponibilità umana ed alla sua tempestività nell’elucidarmi, su piccoli ritagli, il fulcro espressivo dei miei testi poetici che gli trasmettevo, con folgorazioni sintetiche dei loro significati di fondo per il tramite delle loro vestigia formali, che per virtù intuitiva erano pari almeno a quelle coeve di Dante Isella o di Pier Vincenzo Mengaldo. E fu in virtù di un suo intervento spontaneo che per parte mia non avevo sollecitato, anche per il riguardo che nutrivo nel profondersi finanche eccessivo delle sue attitudini generose nei riguardi del suo entourage, che una loro selezione è l’unica componente della mia produzione letteraria che abbia finora visto la luce di una pubblicazione tipografica. A suggello al contempo dell’ universalità dei suoi interessi e del suo ingegno, fu poi significativo che il libro che mi donò quale attestato della sua stima ed amicizia sia stato lo Chuang-tzu, nell’edizione Adelphi originaria.

Poi l’insorgere del male nella sua mente, che l’oscurava e la debilitava a sua ed a comune insaputa, ed un mio involvermi a suo giusto dire in modi parnassiani, crearono una certa distanza, non un distacco. Qui dall’India, dove mi hanno condotto vocazione, missione, e ciò che il destino ha di divino, dei superstiti reperti della nostra vicinanza culturale ed affettiva di quei tempi, ora riposti chissà dove nel mio appartamento mantovano, non posso addurre che il breve testo poetico che scrissi appena dopo la sua morte. Vale, caro Gino, atque vale

In memoria di Gino Baratta

Sul davanzale della sua stanza d'ospedale
gli ultimi suoi libri aperti interminabili,
quando l'inesorabile più non ci distanzia
nella sua mente che mi discorre intanto
come eterna,

come nella notte che lasciò ogni altro
per parlare con me solo di Egon Schiele.
Ed ora ch'egli non è più che il suo sfacelo
così intendo ricordarlo vivo.
GIOVEDÌ 20 NOVEMBRE 2014

Quando Chandu
Quando Chandu con così poco si diverte così tanto a giocare con me, e nel suo volto traspaiono i lineamenti identici di quello di Sumit, riesco solo a pensare che anch'egli sia parte della nostra gioia.

MARTEDÌ 25 NOVEMBRE 2014

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Il Tempio Parshvanata
Ovunque ci si disponga a rimirarlo, dall'accesso retrostante o seduti sulla panchina prospiciente, dai rialzi dei templi jain che ne fronteggiano il versante meridionale oppure dai bordi settentrionali della sua stessa piattaforma od all'altezza del tempio Adinatha, nel suo comporsi di portico d'entrata, mandapa, santuario del gargabriha e deambulatorio circostante illuminato da jalis, la gran mole del tempio Parshvanatha ci appare ripidamente saliente, ed imperviamente contratta, nel suo raccogliersi nel sikkara che ne promana come l'adempimento della sua tensione ascendente, cui concorre l'anelito ad esso appigliato delle balze rampanti quali sue replicanti miniature. Nel suo sovrastarci il tempio ci si offre oblungamente ravvicinato al contatto ed alla vista, la sua ornamentazione scultorea inferiore a nostra portata di mano sorgendo su di una sua piattaforma rifatta quanto mai ribassata, che gli nega la sopraelevazione imponente e soggezionante dei templi Lahsmana o Kandarya o Vishvanata, nel loro distacco altolocato verso il sublime,.
Ogni altro rilievo di modanature e statue e nicchie e tempietti e pinnacoli vi ha un risalto stiacciato, minimamente aggettante, il cui nitore incisivo ancor più esalta la compattezza del tempio nel suo essere tutt uno con il sikkara che l'adempie, come la fiamma del sacrificio sublima l'altare vedico dal cui alto impilamento si slancia verso i cieli.
Il duplice portale del tempio è come il rilascio frontale della contrazione vibrante del suo corpo, che non presenta alcuna espansione invece in transetti, la frastagliatura chiaroscurale degli altri templi maggiori di Kajuraho, così connotando la sua precipua peculiarità jainista, al pari della dimestichezza della sua monumentalità.
Nel farsi quindi analitico dell'indagine visiva saliente, il basamento del tempio, l'adhisthana, nelle sue partizioni ci appare scandito dai rilevi carenati delle thakarikas, la cui minimalità ineludibile risalta dalle modanature di cui sono il coronamento, prima che la profilatura rettilinea di una pattika aggraziata da fregi ondulati sia di supporto al sopraelevarsi su di un piedistallo della prima delle tre fasce di statue della jangha del tempio, di dimensioni decrescenti l'una serie dopo l'altra.
La prima orlatura del succedersi di thakarikas corona la jadhya kumba da cui ha inizio il plinto del basamento dell'adhishtana, e vi soggiacciono le modanature dello zoccolo della bitha, ch' è visibile al meglio solo nelle emergenze inferiori del portale d'accesso dalla piattaforma.
A tali thakarikas subentrano le modanature di una karnika, dai profili taglienti ch'è adorna di gararakas inferiori, di cui si fregia pure la rettilinea pattika ulteriore su cui decorrono fiori cuoriformi, cui fa nno seguito la rientranza successiva di un'antarapatta in cui si alternano rombi e pilastri*, e la kapota le cui thakarikas superiori- in corrispondenza delle sue sottostanti gagarakas- indicano che con esse ha termine il plinto e che subentra la sezione dell'adhisthana costituita dal podio della vedibhanda.
Nella sua successione si sopraeleva sul plinto la serie di modanature nelle quali soltanto consisteva il basamento dei templi antecedenti quelli Chandella in Khajuraho, khura, kumba, kalasa, tra cui si frappone la rientranza *di un'antarapatta, cui fa da contrappunto la sporgenza terminale di una pattika con volute a stampiglio.
Con tale fascia si trapassa dall'adhisthana al muro della jangha mirabile, con i suoi tre corsi di statue di dimensioni diminuenti Quelle dei due ranghi inferiori allineano la staticità ora vibrante, ora rudemente inerte, di divinità singole e in coppia e di celestiali apsaras nelle proiezioni , di vyala-sardula o leogrifi nei recessi, quella del rango superiore il contrappunto dinamico dei voli di coppie di vidhyadaras ultraterreni.
Le modanature di bandhanas della più fine preziosità lumeggiata separano le trafile statuarie, quella inferiore aggraziata dalle emergenze di gagarakas, di una grasa pattika di kirtimukka e di rosette, quella superiore dai rilievi di una gagaraka e di una pattika con fiori a forma di cuore.
Al di sopra delle sculture sta il capitello di una bharani costituito da una affilata karnika e da una padma ch'è così denominata perchè a forma di loto, che è sormontato da due kapotas con i fregi usuali di gagarakas e thakarikas al di sotto e al di sopra.
Solo dopo tali modanature di transizione trova inizio la sezione del tempio che a sua volta è di passaggio dalla jangha al sikkara o alle altre sovrastrutture delle sale, costituita dalla varandika.
In essa su di ogni ratha o proiezione della jangha stanno allineati i tempietti di altrettanti piccoli tilakas, ne sintetizzano l'edificio le nicchie di fregi diamantini, o ratna-patta, su cui sono disposti i piani di cinque mini-pidhas che nella loro minuscolarità pur reggono una propria minuscola chandrika ed amalaka, secondo la frattalità dell'estetica religiosa dei templi hindu, che esalta micromacrocosmicamente la visualizzazione del medesimo ordine divino che è all'opera in ogni livello e grado dell'essere.
Tra gli intervalli di tale filiera di tilaka ne sorge una superiore, mentre dalla badhra della proiezione centrale principale del tempio inizia intanto a staccarsi la sopraelevazione delle carenature, le chaitya-gavakshas, di tre udgamas centrali, lungo la cui progressione ascensionale via via la vista risale tra l'infittirsi circostante di ulteriori tilakas, della frattalizzazione del sikkara nelle miniature delle sringas Le raccordano ratna pattas di rombi seriali la cui filiera superiore è coronata di ugdamas, che le prominenze di due modanature fregiate di semirombi triangoli- gli ardha--ratna -e di gagarakas, le separano da delle nicchie di gruppi statuari di soggetti vivacemente conversanti, come non è dato certo di vedere nella compresenza di astanti cui si riducono a porci davanti miriadi di presunte sacre conversazioni cristiane- non solo barbuti insegnanti e discenti, come è dato ritenere, mentre le karna sringa che rinserrano la ratna-patta romboidale sono sfasate di livello, secondo una estetica hindu che saà ripresa dall'arte moghul e da quella rajiput , ad essa ispirata, nella disposizione a diversa altezza contrappuntistica dei chattri-,
A colmarne le distanze tra tali sringas ne sorgono mirabilmente altre tre per parte, a d un'altezza superiore , pur esse con sfasature, quelle estreme triratha, pancharatha quella intermedia, oltre le quali ulteriori sringas si levano ancora più in alto, a colmare gli intervalli ulteriori in un unisono canto architettonico Il centro è così rimasto vuoto di miniature di sikkaras per essere occupato dall'inerpicarsi dell'ultimo dei tre udgamas salienti, sospinto dalla tensione ascendente delle profilature nitidamente angolate di radenti karnikas e da un balconcino che su di esse incantevolmente si affaccia nella sua kakshasana, mentre una coppia divina tra attendenti fa ad esso da coronamento celestiale, per porsi alla base dell ulteriore slancio ascendente di tutto il mulamanjari del sikkara, nei suoi salienti centrali delle urah-sringa. L'una in modo maggiore dell'altra , l'altra in quello minore, si staccano verso l'alto da uno stesso livello e sono entrambe pancharatha, le costituiscono le partizioni di sei ed otto bhumi, rispettivamente, intervallate da amalakas, e ancora un'amalaka, una chandrikas un' amalaka più piccola, una ulteriore chandrika per l'urasringa maggiore, quindi la kalasa e il pinnacolo in guisa di agrume di una vijapuraka, ne sono il concorde coronamento.
Le saptarathas del mulamanjiari del sikkara sono un reticolato continuo di chaitya gavakhs, gli occhi di luce della divinità radiante, solo in quelle d'angolo, le kharna rathas, esso appare inframmezzato da corsi di lastre pidhana-phalaka e di rombi incorniciati. Giunti a tal punto dell'ascesa vibrante, la madhya centrale sospinge ulteriormente la tensione rampante delle altre che supera di slancio, per inoltrarla oltre il collo della grevas verso la sua conclusione finale nell'amalaka e, chandrika, amalaka minore, kalasha e vijapuraka sommitali.
Ripercorsa con la vista la copertura della sala interna e del portico d'accesso, la rimanenza restaurata* dei picchi piramidali più bassi della cordigliera del monte Meru o Kailash, la sede degli dei la cui vetta più alta è simboleggiata dal sikkara, ci ritroviamo davanti ora all ingresso principale, sul lato più corto volto ad est.
Sopra la continuazione dell'adishtana il basamento del portico d'entrata presenta una fregio sovrastante di elefanti sdraiati fiancheggiati da coppie dei recessi, come figura nel tempio lakshmana, antecedente,* cui fa seguito una pattika di volute su cui sorge il pavimento d'entrata.
Due coppie di pilastri , gli antecedenti torniti in guisa di colonne, costituiscono i sostegni del chatuski dell'ardhmandapa. Essi si ergono su una upapitha ottogonale, decorata dal motivo di petali di loto , e su un ulteriore supporto, sempre ottagonale, che alla stregua del basamento in cui ha avuto un seguito il plinto dell'adishtana, recupera a sua volta le modanature della vedibhanda, kura. kumba con archi chaitya, kalasha e kapota con takarikas ornamentali, insaldando l'unità organica del tempio
I pilastri anteriori da ottagonali si fanno di sedici sfaccettature, poi circolari, come circolare è il capitello, nell'anularita di una liscia kalasha ribadita dall orlatura della svasatura di una padma, lo sovrasta la vigoria plastica di una mensola di atlanti-butha intervallati da nagas atteggiati in anjali deferente.
I pilastri interni, di tipo budraka, resistono ad ogni seduzione circolare, cui quelli antecedenti cedono fin dalla ottagonalità del supporto, che permane squadrato nell'upapitha e nel supporto seguente, e si priettano in una fascia mediana che nella sua parte inferiore funge da supporto a uno dvarapala con quattro braccia, mentre nella parte superiore reca impresso il motivo di volute intrecciate tra fasce di fiori mandara e volute fluenti nel fusto, di cui un fregio di rosette fa da conserto con quelle intrecciate. su di esse un vaso dell'abbondanza disposto su un rilievo granulare, dispiega il suo tripudio di foglie sull'incombere di un capitello le cui concavità e convessità si risolvono in profilature taglienti, a sostegno di mensole di atlantici butha e adoranti naga in tutto simili a quelle dei pilastri esterni.
Il tempo di ripercorrere il succedersi di seguire le volute e spirali, dei kirtimukka di una grasa pattika e i fregi triangolari di un'ardaratna nella trabeazione, le prominenze più o meno sporgenti di kirtimukka nell'architrave seguente, quelli meno aggettanti con supporti di mensole a guisa di celestiali salabhanjka, che ci si schiude l'incanto del soffitto, diu cui è più che un assaggio anticipatore sul lato est, volto all'esterno, un makara torana di cinque inflessioni che giace su due kirtimukkas.
Tre orli o kola di corolle cuspidate di un grande fiore di loto centrale, in una pietra lavorata come il più delicato marmo, vi fioriscono tra la duplice orlatura di quattro corolle più piccole agli angoli, da cui pendono pigne, come al termine del tubo staminale che discende dall'efflorescenza centrale, che cela la discesa dai cieli di kirtimukka, catene fuoriuscenti dalle loro bocche, naga adoranti, una coppia di vidhyadaras volanti.
E' dalla porta di accesso al tempio che ora ha inizio il ripercorrimento del suo ammanto statuario.













Quanto più a lungo è dato visionarlo, ed interrogarsi sulle ragioni della sua natura ibrida attentamente , il tempio parshvanata sembra schiudere le più diverse ragioni configurative, e rivelare i più svariati scenari del suo comporsi architettonico- statuario, la più profonda simbiosi o ben altro che un eclettismo irenico hindu- jain, all ombra tutelare dei tolleranti Chandella. Così come le vicende terrene si rivelano il contraccolpo temporale delle eterne vicende trinitarie o di triadi trimurtiche, o del ritmo dell'essere nella pulsazione vibrante dello spanda che alla espansione di una potenza fa corrispondere la contrazione dell'altra, nel ruotare delle energie per cui una potenza sussume quella precedente o la sostituisce, poi fondendosi in quelle successive che la sovrastano, secondo una sua versione drammatica il parsvanath in un primo tempo fu eretto in forme jain, mentre poi il revanscismo brahmanico o il venir meno al contempo della potesta protettiva dei Chandella, il rivelarsi troppo dispendioso del suo assunto architettonico anche per la facoltosa comunità jain possono essere adombrati dal rivestimento del tempio di sole immagini hindu, esaurendo il loro giacimento con la compresenza delle immagini più squisite insieme con le più seriali di bottega, fatto salvo il vincolo che non vi figurassero immagini erotiche. Al contempo il sikkara sarebbe stato ultimato con l'appiglio di tanti mini urah e karna sringas, che lo mimiaturizzavano, come prescriveva la canonicità della elezione di Khajuraho a capitale religiosa dei Chandella, con un suo statuto architettonico speciale.E un terzo tempo sembra esservi sovraggiunto, dopo tale conformazione di compromesso. che con il declino complessivo del potere teologico hindu-brahmanico, e il rinvigorirsi di quello economico jain in una Khajuraho in decadenza, ne consentì la rivalsa e la riappropriazione del tempio. Lo attesterebbero le immagine di coppie mithuna scalpellate via e il suggello di tale sussunzione appostovi dalla destinazione delle nicchie di ogni badhra o delle pareti della garbagriha a dee jain, o jainizzate, come la stessa Sarasvati nelle architravi dei portali d'accesso o nella edicola inferiore della badhra meridionale, in virtù della apposizione ai lati di fantolini tirthankara.
Pur sotto un Shiva al centro del frontone sovrastante l entrata, e su dvarapala vishnuiti jainizzati ai lati delle soglie , era ora la jain Chakreshvari ad avere assunto il controllo della destinazione del culto deel tempio, campeggiandovi al centro del portale d'ingresso, nella trabeazione più recente appostavi rudemente sopra le sakas delle bande/fasce laterali, tra il residuo devozionale hindu dei navaghraha, come nel portale e nel sanctum appostovi sul lato opposto occidentale, forse per un tributo alla superstizione della credenza nelle divinità planetarie che si annidava anche nei cuori jain.
Un residuo significativo dei timori sacrali hindu, che più non figurerà nel tempio Adinatha da considerarsi anche solo per questo posteriore, esso si in tutto e per tutto perfettamente jain, con i soli dikpalas, e gli astavasus superiori, a presidio restante della figuratività statuaria hindu.
Ma una più profonda conciliazione d'intenti sembra piuttosto soggiacere alla erezione sia del tempio Parvanath che Adinath in un'area ove si concentravano in antecedenza i culti vishnuiti, e d essa ha la ragion d'essere nella sua concessione tollerante, qui, come altrove, perchè ambo i templi furono destinati al culto jain di una dea madre jain di origini vishnuite, chakreswari, appunto, al centro della trabeazione Avvalora la congettura la pianta oblunga d'ambo i templi, che come l'aura austera ed arcana che vi si respira, evoca quella sublimemente consimile dei templi Pratihara antecentemente consacrati alla Sakti divina in Gyaraspur, luogo di culto jain alla mahadevi,( il cui deambulatorio è ugualmente aperto alla luce esterna dai tralicci di jali, senza che i balconi, in cui non si dilatano transetti trasverali, ne compromettano come nel tempio Parshvanath il raccoglimento della mole intorno al sikkara), o dei templi hindu rettangolari e alla Devi del Teli Ka mandir, in Gwalior, di Barwa Sagar, del Gadarmal in Patari Badoh. Senza con ciò nulla togliere alle indubbie e diverse contese figurative che rivelano le asportazioni e sovrapposizioni di statue, pur spiegabili con l'intento conflagrante di rendere predominante l una o l'altra connotazione della dea,

MARTEDÌ 2 DICEMBRE 2014

il tempio Jain Parsvanath di Khajuraho

Index
Templi Chandella Jain di Khajuraho

2014




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Nell'albescenza spirituale, ad ogni ricomparsa alla vista, del chiarore lattiginoso del complesso dei templi jain di Khajuraho , con un risalto ancora più grandioso contrasta il sopraelevarvisi del fulgore in arenaria del Tempio Parshvanata.
La cronologia più accreditata lo fa risalire in termini indiscussi ad un arco di tempo che intercorre tra il 950 ed il 970 dell'era cristiana, quando a regnare in Khajuraho era il re Dhanga, in virtù di rilievi epigrafici e di un compimento superiore* delle fattezze architettoniche e della statuaria templare che lo accomunano per affinità di stile al tempio Laksmana del gruppo occidentale, il prototipo fondamentale dei templi che fecero di Khajuraho la capitale religiosa dei Chandella, ultimato verso la metà del nostro secolo Xmo
Ovunque ci si disponga a rimirarlo, dall'accesso retrostante o seduti sulla panchina prospiciente, dai rialzi dei templi jain che ne fronteggiano il versante meridionale oppure dai bordi settentrionali della sua stessa piattaforma, distanziandosene all'altezza del tempio Adinatha, che gli è adiacente, nel suo comporsi di portico d'entrata, mandapa, santuario del gargabriha e deambulatorio circostante illuminato da grate di jalis, la gran mole del tempio Parshvanatha ci appare ripidamente saliente ed imperviamente contratta, nel suo raccogliersi nel sikkara che ne promana come l'adempimento immenso della sua tensione ascendente, cui concorre l'anelito ad esso appigliato delle sue replicanti miniature quali balze rampanti. Nel suo sovrastarci il tempio ci si offre oblungamente ravvicinato al contatto ed alla vista, sorgendo su di una sua piattaforma rifatta quanto mai ribassata, che gli nega la sopraelevazione dei templi Lahsmana o Kandarya o Vishvanata, nel loro distacco altolocato verso il sublime.
Ogni altro rilievo di modanature e statue e nicchie e tempietti e pinnacoli vi ha un risalto stiacciato, minimamente aggettante, il cui nitore incisivo ancor più esalta la compattezza del tempio nel suo essere tutt uno con il sikkara che l'adempie, come la fiamma del sacrificio sublima l'altare vedico dal cui alto impilamento si slancia verso i cieli.
Il duplice portale del tempio è come il rilascio frontale della contrazione vibrante del suo corpo monumentale, che non presenta alcuna espansione invece in transetti, la frastagliatura chiaroscurale degli altri templi maggiori di Kajuraho, così connotando la sua precipua peculiarità jainista, al pari della dimestichezza della sua grandiosità.
Nel farsi quindi analitico dell'indagine visiva saliente, il basamento del tempio, l'adhisthana, nelle sue partizioni ci appare scandito dai rilevi carenati delle thakarikas, la cui minimalità ineludibile risalta dalle modanature di cui sono il coronamento, prima che la profilatura rettilinea di una pattika aggraziata da fregi ondulati sia di supporto al sopraelevarsi su di un piedistallo della prima delle tre fasce di statue della jangha del tempio, di dimensioni decrescenti l'una serie dopo l'altra.
La prima orlatura del succedersi di thakarikas corona la jadhya kumba da cui ha inizio il plinto del basamento dell'adhishtana, e vi soggiacciono le modanature dello zoccolo della bitha, ch' è visibile al meglio solo nelle emergenze inferiori del portale d'accesso dalla piattaforma.
A tali thakarikas subentrano le modanature dei profili taglienti di una karnika, adorna di gararakas inferiori, se ne fregia pure la rettilinea pattika ulteriore su cui decorrono fiori cuoriformi, alla quale+ fanno seguito la rientranza di un'antarapatta , ornamentata dall'alternanza di rombi e pilastri, e una kapota che riavvia il profilarsi inesausto delle prominenze. Le sue thakarikas superiori- in corrispondenza di sottostanti gagarakas- indicano che con esse ha termine il plinto e che subentra la sezione dell'adhisthana ch'è costituita a sua volta dal podio della vedibhanda.
Nella sua successione si sopraeleva sul plinto la serie di modanature nelle quali soltanto consisteva il basamento dei templi antecedenti quelli Chandella in Khajuraho, le canoniche khura, kumba, kalasa, tra cui si frappone la rientranza *di un'antarapatta, cui fa da contrappunto la sporgenza terminale di una pattika con volute a stampiglio.
Con tale fascia si trapassa dall'adhisthana al muro della jangha mirabile, esaltata dai suoi tre corsi di statue di dimensioni diminuenti Quelle dei due ranghi inferiori allineano la staticità ora vibrante, ora rudemente inerte, di divinità singole ed in coppia e di celestiali apsaras figuranti nelle proiezioni, di vyalas-sardulas o leogrifi costretti nei recessi, quella del rango superiore il contrappunto dinamico dei voli di coppie di vidhyadaras ultraterreni.
Le modanature di bandhanas della più fine preziosità lumeggiata separano le trafile statuarie, quella inferiore aggraziata dalle emergenze di gagarakas, di una grasa pattika di kirtimukka e di rosette, quella superiore dai rilievi di una gagaraka *e di una pattika con fiori a forma di cuore.
Al di sopra di ogni proiezione delle sculture sta il capitello di una* bharani, costituito da una affilata karnika e da una padma, così denominata perchè a forma di loto, sormontano ciascuno di essi due kapotas , con i fregi usuali di gagarakas e thakarikas al di sotto e al di sopra.
Solo dopo tali modanature di transizione trova inizio la sezione del tempio della varandika, che a sua volta è di passaggio dalla jangha al sikkara ed alle sovrastrutture delle sale.
In essa, su di ogni ratha o proiezione della jangha, stanno allineati i tempietti di altrettanti piccoli tilakas, ne sintetizzano il santuario le nicchie di fregi diamantini, o ratna-patta*, su cui stanno allineati i piani decrescenti di cinque mini-pidhas, che nella loro minuscolarità* pur reggono una propria minuscola chandrika ed amalaka.
E' una prima attestazione nel tempio Parsvanatha della frattalità dell'estetica religiosa della templarità hindu, che esalta, micromacrocosmicamente, la visualizzazione del medesimo ordine divino (che è all'opera ) in ogni livello e grado dell'essere.
Dalla badhra della proiezione principale del tempio inizia intanto a staccarsi la sopraelevazione delle carenature, le chaitya-gavakshas, di tre udgamas centrali, lungo la cui progressione ascensionale via via la vista risale tra l'infittirsi circostante di ulteriori tilakas, della frattalizzazione del sikkara nelle miniature delle sringas. Le raccordano ratna pattas di rombi seriali, la cui filiera superiore è coronata di udgamas Le prominenze di due modanature fregiate di semirombi triangolari- gli ardha-ratna -non che di gagarakas, le separano dalle nicchie di gruppi statuari di soggetti vivacemente conversanti, barbuti insegnanti e discenti, se si eccettuano i personaggi del pannello sorprendente che figura ove la parete meridionale svolta o ovest, verso la facciata minore del tempo, nei quali è dato di ravvisare Sita e Hanuman nel giardino Ashoka dello sri Lanka. In questa deliziosa scena di cui non possiamo mancare all'appuntamento visivo, nel giardino Askoka in cui Sita è prigioniera del demone Ravana che l'ha rapita al consorte Rama, l'arrivo di Hanuman le ha consentito di ricevere un messaggio dello sposo. Due mostruose inservienti demoni presenziano all'incontro senza avere modo di impedirlo, benchè siano armate di spada e di scudo ( ketak), ignorando la natura divina della scimmia. Nella mano sinistra di Sita, fasciato e legato in un involto forse è contenuto il gioiello " chudamani" già irretito nella sua capigliatura, che per il tramite di Hanuman viene inviando a Rama, il cui nome è inciso nell'anello ad una delle dita della sua mano destra atteggiata nella Vyakhian mudra del suo discorso con Hanuman, che deferentemente l'ascolta, in attesa di replicarle. ( Devo l'analisi, visivamente preclusami, a Niraj e Dashrath rain, nel loro ottimo referto di tale raffigurazione in Jain monuments at Khajuraho).
Rinserrano la ratna-patta più in alto* delle karna sringas sfasate di livello, secondo una estetica hindu che sarà ripresa dall'arte moghul e da quella rajiput ad essa ispirata, nella disposizione a diversa altezza contrappuntistica dei chattri.
A colmare le distanze tra tali sringas ne sorgono mirabilmente altre tre per parte, ad un'altezza superiore , pur esse con sfasature d'altezza, quelle estreme triratha, mentre pancharatha è intermedia, oltre le quali ulteriori sringas si levano ancora più in alto, a colmare gli intervalli residui in un unisono assunto/ canto architettonico Il centro è così rimasto vuoto di miniature di sikkaras per essere occupato dall'inerpicarsi dell'ultimo dei tre udgamas salienti, sospinto ad ascendere dalla tensione consecutiva delle profilature nitidamente angolate di radenti karnikas e da un balconcino che su di esse incantevolmente si affaccia, nella sua kakshasana*, mentre una coppia divina, tra attendenti , fa ad esso da coronamento celestiale, per porsi alla base dell'ulteriore slancio ascensionale di tutto il mulamanjari del sikkara, nei salienti centrali delle sue urah-sringa. L'una maggiore dell'altra , ma entrambe entrambe pancharatha, si staccano verso l'alto da uno stesso livello, le costituiscono* le partizioni, intervallate da amalakas, di sei ed otto bhumi, rispettivamente. Un'amalaka, una chandrika, un' amalaka più piccola ed un' ulteriore chandrika per*l'urah-sringa maggiore, quindi la kalasa ed il pinnacolo in guisa di agrume di una vijapuraka, ne sono il concorde coronamento.
Le saptarathas del mulamanjiari del sikkara sono un reticolato continuo di chaitya gavakhas, gli occhi di luce della divinità radiante, solo in quelle d'angolo, le kharna rathas, esso appare inframmezzato da corsi di lastre pidhana-phalaka e di rombi incorniciati. Giunti a tal punto dell'ascesa vibrante, la madhya latha centrale sospinge ulteriormente la tensione rampante delle altre e la supera di slancio, per inoltrarla oltre il collo della greva* verso la sua conclusione finale nell'amalaka , chandrika, amalaka minore, kalasha e vijapuraka sommitali, ove il tutto culmina nel punto inesteso in cui tutto ha la propria origine e il proprio riassorbimento finale.
Ripercorsa la copertura della sala interna e del portico d'accesso, la rimanenza restaurata* dei picchi piramidali più bassi della cordigliera del monte Meru o Kailash, la sede degli dei la cui vetta più alta è simboleggiata dal sikkara, ci ritroviamo / possiamo ritrovarci ora davanti all' ingresso principale, sul lato più corto volto ad est.
Sopra la continuazione dell'adhishtana il basamento del portico d'entrata è sormontato da un fregio di elefanti sdraiati cui sono contigue delle coppie umane nei recessi, secondo una ricorrenza che figura già nel tempio Lakshmana, antecedente. Vi fa seguito una pattika ornamentata di volute su cui sorge il pavimento d'entrata.
Due coppie di pilastri , gli antecedenti torniti in guisa di colonne, costituiscono i sostegni del chatuski dell'ardhmandapa. Essi si ergono su di una upapitha ottogonale, decorata dal motivo dei petali di loto , ed un ulteriore supporto, ugualmente ottagonale, che alla stregua del basamento in cui ha avuto un seguito il plinto dell'adhishtana, recupera a sua volta le modanature della vedibhanda, - kura, kumba con archi chaitya, kalasa e kapota aggettante takarikas, rinsaldando l'unità organica del tempio
I pilastri anteriori da ottagonali si fanno di sedici sfaccettature, poi circolari, come circolare è il capitello, nell'anularità di una liscia kalasa ribadita dall'orlatura della svasatura di una padma lotiforme, lo sovrasta la vigoria plastica di una mensola di atlanti-buthas intervallati da nagas atteggiati in anjali deferente.
I pilastri interni, di tipo budraka, invece resistono ad ogni seduzione circolare, cui quelli antecedenti cedono fin dalla ottagonalità del supporto, che permane squadrato nella loro upapitha e nel supporto susseguente, e si proiettano in una fascia mediana che nella sua parte inferiore funge da supporto ad uno dvarapala con quattro braccia, mentre nella parte superiore reca impresso il motivo di volute intrecciate tra fasce di fiori mandara e volute fluenti nella pietra del fusto, di cui un fregio di rosette fa da conserto con quelle intrecciate. Su di esse un vaso dell'abbondanza, *disposto su un rilievo granulare, dispiega il suo tripudio di foglie sull'incombere di un capitello le cui concavità e convessità si risolvono in profilature taglienti, a sostegno di mensole di atlantici buthas e adoranti nagas, in tutto consimili a quelle dei pilastri esterni.
Il tempo di ripercorrere il succedersi sovrastante di volute e spirali, dei kirtimukkas di una grasa pattika e dei fregi triangolari di un'ardha-ratna nella trabeazione, le prominenze più o meno sporgenti di kirtimukka nell'architrave seguente, a fungere da mensole di celestiali salabhanjkas, cui altre si accompagnano più in recessione, che ci si schiude l'incanto del soffitto, di cui è più che un assaggio anticipatore sul lato est, volto all'esterno, un makara torana di cinque inflessioni che giace riposto su due altri kirtimukkas.
Tre orli o kola di corolle cuspidate di un grande fiore di loto centrale, in una pietra lavorata come il più delicato marmo, vi fioriscono tra la duplice orlatura di quattro corolle più piccole agli angoli, da cui pendono le torniture di pigne, come al termine del tubo staminale che discende dall'efflorescenza centrale, che cela la discesa dai cieli di kirtimukkas, catene fuoriuscenti dalle loro bocche, nagas adoranti, una coppia di vidhyadaras volanti.
E' dalla porta di accesso al tempio cui siamo così pervenuti, che ora ha inizio il ripercorrimento del suo ammanto statuario.
Una pietra lunare, o chandrasila, che involve due conchiglie, ne precede la soglia, o udumbara. Tra due coppie di un elefante e di un leone intenti in una ridda, comprende immagini di devoti offerenti e danzanti. Su di essa si stagliano stipiti ornamentati di sette fasce o sakas, di cui si completa nella trabeazione il fregio decorativo. I loro rilievi iniziano oltre i canopi delle immagini di rito delle dee fluviali Ganga e Yamuna, situate alla nostra sinistra e alla nostra destra in flessuosa tribhanga. La dea Ganga ha preservato il proprio veicolo animale a discapito dello scempio della testa e della gamba destra, mentre permane integra la sua coppia di inservienti, che comprende una creatura naga serpentina volta all interno, al pari di quella che assiste Yamuna, di cui il bel volto ha conosciuto la devastazione solo del naso, mentre ne è rimasta illesa l'acconciatura dhammilla, in cui la capigliatura della dea è rialzata secondo la moda del tempo. E un pegno alla fashion d'epoca a cui non saranno sottratte divinità ed apsaras del tempio.
Le sette sakas sono costituite da un primo fregio interno di rosette e rombi, da un secondo di fiori mandara,cui fanno seguito un terzo di gana danzerini, un quarto di leogrifi vyalas, un quinto a guisa di pilastro, o stambha-saka, che racchiude entro apposite nicchie coppie quanto mai caste di mithunas, cui simmetricamente fanno seguito una replica del fregio dei vyalas, e una saka di ganas che si dilettano di musica con tamburi, flauti o mridangas, corrispettiva di quella dei gana danzanti, prima della replica conclusiva del secondo fregio di fiori mandaras.
Affiancano gli stipiti due pilastri che accostano alle dee fluviali due dvarapalas o guardiani del portale d'accesso - Oltre le loro tiare si elevano nicchie di altri mithuna, a lato delle quali, verso l'interno, rampica il fregio che simula i lasciti di pelle dei serpenti, frequentemente ricorrente nei templi Chandella, il più delle volte in corrispondenza di nagas.
I due dvarapalas di cui intriga la rigida tiara, o kirita mukuta, poichè è tipicamente vishnuita, ci offrono l'occasione, insieme agli dvarapalas dei pilastro interno del chatuski e alla più superstite delle dee fluviali, Yamuna, di individuare ravvicinatamente, al tocco delle mani, il corredo tipico delle divinità e delle apsaras celestiali del tempio: corona, orecchini o kundalas, collana, collare o hara, il filo sacro vedico yajnopavita poggiante sulla spalla sinistra e traversante il petto,* se le divinità sono di genere maschile, i keyuras, o bracciali, indumenti intimi allacciati da cinture, con festoni ingioiellati e nappe e sciarpe svolazzanti, laddove della pettinatura dhammila già si è detto.
Si è così pervenuti all'altezza dell'architrave centrale, che è di rilevanza capitale per comprendere il senso del tempio Parsvanath e delle sue statue templari.
In luogo di una delle divinità della trimurti hindu vi campeggia infatti al centro, in confortevole posizione lalitasana e fuor di costrizioni di nicchia, la divinità jainista Chakreswari, Sasanadevi del primo tirthankhara, Adinatha o Rishabanatha, assisa sul veicolo o vahana di Garuda, mentre in una delle proprie quattro mani sinistre è intenta a reggere l'attributo o ayuda del disco, o chakra. Il veicolo Garuda e l'attributo del disco sono indiscutibili attestazioni delle sue origini vishnuite, l'esplicita riprova che Chaskreshvari è la versione jain della saptamatrika Vaishnavi, da cui trae ispirazione. Ugualmente vishnuiti sono gli attributi della conchiglia nella mano sinistra inferiore, o la mazza o gada che reca nella terza mano destra, mentre in quella sottostante reca un rosario ( varada cum mudra*)ed una spada.
Il tempio Parsvanath è pertanto un tempio alla Sakti, o energia femminile divina, nella sua fede di culto *jain, aperto alle onoranze brahmaniche per le sue ascendenze vishnuite, il che spiega ciò che già prefiguravano gli dvarapalas con kirita-mukuta, come mai nei pannelli del tempio ritroveremo più che altro immagini di culto vishnuite, controbilanciate puntualmente da immagini di culto jain nelle nicchie delle proiezioni salienti e delle badhras della cella del tempio.
La simbiosi di una siffatta conciliazione d'intenti tra vishnuismo e jainismo, in virtù del culto di una dea madre jain di origini vishnuite, sembra soggiacere alla erezione sia del tempio Parvanath che Adinath , in un'area ove si concentravano in antecedenza i culti brahmanici vishnuiti, quale presumibile condizione necessaria per la sua concessione tollerante da parte di sovrani hindu pur pluralistici quali i Chandella. Avvalora la congettura la pianta oblunga d'ambo i templi, che come l'aura austera ed arcana che vi si respira, evoca quella sublimemente consimile dei templi Pratihara antecentemente consacrati alla Sakti divina in Gyaraspur, luogo di culto jain alla Mahadevi, al centro della cui lalata-bimba esterna è insediata ugualmente Chakkreshvari con otto braccia ( e il cui deambulatorio, come rileveremo nel tempio Parsvanath, è ugualmente aperto alla luce esterna dai tralicci di jali, senza che i balconi, in cui non si dilatano transetti trasverali, ne compromettano come nel tempio Parshvanath il raccoglimento della mole intorno al sikkara), o dei templi hindu rettangolari e alla Devi del Teli Ka mandir, in Gwalior, di Barwa Sagar, del Gadarmal in Patari Badoh, uno più splendido dell'altro. Senza con ciò nulla togliere alle indubbie e diverse contese figurative che rivelano le asportazioni e sovrapposizioni di statue, pur spiegabili con l'intento conflagrante di rendere predominante l'una o l'altra connotazione- brahmanica o jain- della dea.e della ricorrezione.

Le immagini delle nove divinità planetarie, i nodi lunari di Rahu e ketu in extremis sulla nostra destra, si interpongono tra Chakreshwari e le due divinità nelle nicchie terminali, in cui, uniformate a quelle di due Yakshi jain è dato di ravvisare le parvenze duplici di Saraswati, referenziata di cucchiaio sacrificale, o sruk, spada, mazza, o gada, e di debito libro, o secondo altre versioni figurerebbe una indiscutibile Saraswati alla destra, per il veicolo animale dell'hamsa , od oca, che la disambigua in ogni senso, e una dubbia Laksmi nella nicchia opposta. Già nei tempi Pratihara è attestato uno slittamento della consorte brahmanica nelle costellazioni delle due altre divinità della trimurti, a farvi coppia con Ganesha o Laxmi, e tale gravitazione nell'ambito vishnuita ha indubitalmente favorito la sua trasposizione jain, come rinveniremo alla base della badhra centrale della parete sud.
Un fregio a scorie di pelle di cobra separa tale trabeazione fondamentale da quella superiore in cui il posto di Chakresvari, delle Yakshi e dei navagraha è occupato da tirthankaras jain, seduti meditabondi in padmasana*. Li affiancano dei loro devoti in preghiera, uno dei quali soltanto è in posizione eretta, o kayotsharga.
Un fregio di volute e spirali, e foglie di petali di loto, si interpone rispetto alla serie finale scarsamente ravvisabile di coppie divine, prima che sia la volta del soffitto.
L'accesso all'interno del tempio ci è incombente ma sarà per ora differito, per compiere preliminarmente, anche in conformità delle prescrizioni rituali, la circumambulazione esterna in senso orario della pradaksina, discendendo dal portico d'ingresso alla piattaforma e iniziando la visualizzazione del triplice ordine di immagini affisse alle pareti della jangha.
Vi ravviseremo divinità e soggetti mitologici del pantheon hindu in quasi tutte tutte le proiezioni di soli pannelli e nei loro recessi, divinità jain prevalentemente femminili nelle proiezioni di nicchie.
Il repertorio di immagini sacre hindu contempla divinità singole od in coppia e ninfe apsaras nelle proiezioni dei primi due ordini di statue, mentre nei recessi è compressa la malignità di leogrifi , i mitici sardulas o vyalas, nell'ordine superiore sovrastando celestialità e mostri il sorvolo magnificamente animato da guizzi angolari di vidhyadaras, eminentemente ricorrenti in coppia. Agli angoli hanno particolare risalto nel reparto inferiore i dei guardiani vedici, o dikpalas , senza che vi figurino sovrapposti gli astavasus dal capo bovino di identiche ascendenze, come comporterebbe la tradizione iconografica più ricorrente nei templi hindu,
Lungo la parete breve d'esordio, sul lato est, alla destra del portale d'ingresso (- ossia alla nostra sinistra-,) si segnalano l' immagini sovrastante d'un asceta barbuto conteso da due dame, una delle quali gli molce la barba, vi soggiace quella d'un dio in tribhanga con la sua consorte, nel quale potrebbe essere già ravvisabile Kama, dio del piacere, recando egli un arco e la faretra.
Alla testa degli altri dikpalas ci attende Indra all'angolo di svolta, nel registro sottostante, detentore folgorante dell' irresistibile vajra nella sua sinistra inferiore, con il proprio veicolo elefantino Airavata soggiacente.
Si prospetta come dikpala il dio del fuoco Agni sul lato adiacente sud-orientale , fiammante oltre le spalle e la testa, la cavalcatura animale dell'ariete ai propri piedi, sulla sua destra. Delle sue quattro mani quelle superiori recano gli attributi specifici del libro e del cucchiaio sacrificale, o sruk, di sua pertinenza assoluta essendo egli il tramite delle offerte umane agli dei con l'oblazione del fuoco. Quelle inferiori, a futura memoria per ogni ricorrenza ulteriore di tali attributi, recano un vaso dell'acqua lustrale ed un rosario ch'è sgranato nel gesto compassionevole della varada mudra
La parete sud che ci si dispiega, al centro della proiezione ulteriore ostenta in elegante tribhanga due dee Jain in due nicchie sovrapposte, ove si affollano inservienti, devoti , vidyadharas in volo, quattro jain in kayotsharga. A quella inferiore succede un' apsara hindu che si tinge acrobaticamente il piede destro.
Ma basta sollevare la vista alla sovrastruzione a quest'altezza del mandapa interno, per ritrovarsi con la dea Ambika nell'alto dei cieli Jain. La dea amministrativa del tirthankara Neminath reca un bambino in braccio a sinistra, e ad un fantolino più piccolo offre un cespo di mango con la sua destra. Quel che resta della sua cavalcatura leonina è diroccato ai suoi piedi
Ridiscendo di quota, pur permanendo nel pantheon hindu del monte Meru templare, occorre lasciare corso alla monotonia di quattro Shiva di seguito nelle proiezioni inferiori- il primo soltanto di un certo interesse, * e di quattro scipite coppie divine in quelle sovrastanti, una tediosità rotta soltanto dalla comparsa nei recessi di un vyala con la testa elefantina, prima che sotto un canopo di serpenti faccia la sua bella comparsa Balarama, l'avatar di Vishnu, che trepidamente stringe al seno la consorte Revati*. Lo sovrasta un dio con duplice accompagnamento muliebre, al cui consorzio è contigua un'apsara con un uccello sul dorso del braccio ed uno sulla spalla.
Nella proiezione seguente a quella su cui è installato Balarama con la propria consorte, un'apsara si tinge incantevole le ciglia facendo uso di uno specchio, cui nel recesso seguente oppone il dorso un altro vyala con testa elefantina. Essa è addossata alla prima delle tre meravigliose comparse di Vishnu Narayana e di Laxmi sua consorte, due ai lati della nicchia grigliata che come quella che le è sovrapposta dà luce e respiro al deambulatorio interiore, l'ulteriore intervallata da un'apsara che fa da fecondo pendant a quella intenta alla luce dei suoi occhi, poiché con un bambino in braccio ed un cespo di mango nell'altra mano, più rigogliosamente non potrebbe esprimere la sua fertilità

Nella pienezza plastica dei loro attributi , shanka, chakra, gada, stelo di loto spiraliforme il dio, uno specchio nella cui riflessione è sortita un'impeccabile acconciatura dhammilla, la dea, la divina coppia nel reciproco abbraccio assapora l' uno nell'altra la gioia della pienezza del proprio essere, Vishnu palpando con dita mirabili il seno della dea, che in lui vagheggia il proprio contento più intimo.
Alla finestrella che si interpone tra la duplice celebrazione dell'amore coniugale di Vishnu Narayana e Laxmi, soggiace una nicchia in cui capeggia Sararvati in lalitasana, con una vina in un paio di mani, un vassoio d'acqua, un rosario sgranato in varada mudra, un libro e un loto blu nelle altre. ai lati dei fantolini jainisti ne connotano il culto
Nella filiera seguente del primo ordine di statue superiore, una grata si interpone ad un nuovo Shiva solitario, sormontato da Kubera e consorte, il Nandi mansueto volto al dio Shiva precede nella proiezione seguente il bufalo, similare e distinto, che ugualmente è volto in alto al suo signore di cui è veicolo, Yama dio della morte, che fa da dikpala fasto e nefasto in direzione sud.
E' impensabile concepirlo più tremendo, gli occhi sporgenti iniettati sangue, i denti carnivori, un' ispida barba che ne inselvatichisce le guance, dei macabri teschi che gli fanno corona, un femore sormontato da un cranio quale sua mazza , il kathvangha, un uccello sinistramente poggiato sul suo braccio sinistro inferiore.
Sul suo capo incombe Krishna intento nella lila- impresa di sradicare gli alberi gemelli Yamalarjuna, in cui per il loro orgoglio, e la loro arroganza, dal saggio Narada erano stati trasformati i figli di Kubera, Nalkubar e Manigreev
La rappresentazione di tale ed altre gesta di Krishna in Khajuraho ricorre ulteriormente solo sulle pareti del santuario interno del tempio Lakshmana, ed in forme figurative stilisticamente talmente simili a quelle di tale raffigurazione del tempio Parswanath, da avvalorare che siano opere di uno stesso artista, nel corso della costruzione dei due templi in successione.
Prima di avventurasi nella parete ulteriore , tra i vidyadharas in volo è impressionante quanto appaiano emaciati due asceti che si fronteggiano, senza perdere di vista Hanuma e Sita nel nel giardino ashoka dello Sri Lanka.
Si è così al punto di svolta verso la parete ovest, in cui unicamente tra i templi superstiti di Khajuraho, venne inserito un santuario retrostante jainista, di cui il portico d'accesso è andato distrutto.bSotto il conglomerato di un soffitto successivo, con il portale d'accesso, e l' interno, ne sopravvive il rivestimento statuario delle pareti laterali, in cui trova un suo seguito quello della brevità del lato ovest del tempio, che ha inizio nella transizione tra i dikpalas da Yama a Nirriti..
Nirriti, dio dei virtuosi sventurati, della discordia, della decadenza, della morte, nella sua nudità impeccabile è di guardia all'angolo sud ovest con una spada tranciante ed una testa mozza nelle mani inferiori, il pasa dei nodi dell'ineluttabilità del destino ed un cobra in quelle superiori. Alla sua destra un toro gli fa da veicolo. Il dio Vishnu, sovrastante, è forse effigiato nella sua incarnazione di Rama, per la faretra che gli è attribuita. Tra le coppie divine parietali sono identificabili solo due ricomparse di Vishnu Narayana con una Laxmi insolitamente sbadigliante in una di tali riapparizioni, tra ulteriori sortite solitarie di Vishnu e di Shiva.
Da non perdere, a tal punto, la vista di due altri asceti che si possono cogliere in conversazione tra i voli di vidyadharas.
Riaccende comunque gli animi, nella parete della cella, una apparizione sottostante del dio Kama in tribhanga insieme con Rati, la propria consorte, ella si fregia di specchio e di acconciatura fashion dhammilla, mentre il dio è munito di chakra, frecce e faretra, come ben conviene , quanto ad ayudas, ad un dio dell'amore ed alla sua compagna di piacere, senza che susciti particolari allarmi che la cavalcatura di Kama sia un coccodrillo.
Solo un vyala li separa dal più austero Jjna Padmaprahu , irrigidito magnificamente in kayotsarga nella sua nicchia, talmente lo lascia imperturbato la vicinanza di due inservienti femminili. Non gli è da meno il Jina ch'è seduto in padmasana *nella nicchia di sopra.
Il portale della cella, alquanto dimesso, come ben si conviene a un tempio jain, in cui la porta d'accesso alla verità sacra è ancora più stretta di quella evangelica, è alquanto convenzionale nelle cinque bande che ne fregiano gli stipiti, sormontando le raffigurazioni statuarie di Ganga e Yanuna con indispensabili inservienti, In ogni nicchia della trabeazione è insediata Saraswati, mentre in posizione intermediaria compaiono le nove divinità planetarie. Tuttavia solo la Saraswati sulla destra reca nelle mani inferiori la vina, che della dea è l'attributo caratteristico, per essa sacrificando rosario e varada e il vaso dell'acqua sacrificale, mentre negli arti superiori permangono per la dea irrinunciabili lo stelo a spirale del loto e l'attributo del libro.
Dei due dvarapala che affiancano l'accesso, l'elemento di continuità più significativo con quelli che ritroveremo di lato al portale del garbagriha è la tiara vishnuita kirita-mukuta, mazza e libro i soli attributi superstiti di quello a sinistra.
Nella parete ulteriore della cella, volta a nord ovest, figura quindi l'apparizione di Kama e consorte più folgorante, la più consacrata o più svilita ai flashes ed alle facezie turistiche più disdicevoli, cui non cale che le frecce del dio, guarnito di faretra, il quale nella mano destra inferiore tiene un uccello, al pari di Yama, siano tre e tutte e tre inquietantemente guarnite di teschietti.
Nella adiacente parete d'angolo ravviva le sorti statuarie del tempio un' immagine inusuale della incarnazione vishnuita di Parasurama, con relativa consorte. Il dio, nemico irriducibile dell'intera casta dei guerrieri kshatriya, a seguito dell uccisione del padre ad opera del re Arjuna e del figlio di costui, vi è inconfondibilmente caratterizzato dall'ascia- o parasu- che reca nel braccio destro sottostante. Fiamme si sollevano da una kunda sul suo fianco sinistro.
Con il passaggio di nord-ovest alla parete settentrionale, Varuna compare come dikpala per il subentrante Vayu .
I nodi inestricabili del pasa, l'attributo che più è posto in rilievo del dio oceanico che ha un coccodrillo quale veicolo animale, una bandiera fluttuante sulla sua astacon il dio del vento, invece l'attributo più caratteristico di Vayu, di cui il cervo è la cavalcatura sfuggente. Resta con ciò pur vero che non è il singolo attributo che conta, quanto il loro complesso, e la loro disposizione, variando i quali variano la manifestazione ed il potere d'intervento del dio.
Parasurama dice ancora la sua, con parasu, sankha, padma e chakra, sul piedestallo superiore della terza proiezione del lato nord del tempio.
Nel pannello inferiore della quinta proiezione della parte settentrionale, è forse la scena più toccante dell'intero suo reparto statuario Rappresenta in tribhanga Rama e Sita, con Hanuman alla destra del dio, che tiene la propria mano sulla testa del fido aiutante. Il dio trova pure il modo di reggere una freccia con la destra superiore e la sinistra inferiore, e di abbracciare con la sinistra superiore una Sita che più alla moda non potrebbe essere con tanto di pettinatura dhammilla, reggendo alla pari il confronto con le Rati e Laxmi antecedenti, nonchè con la consecutiva Parvati in coppia con Shiva , accanto alla nicchia con finestrella traforata.
Nella nicchia sottostante, una vidya devi jain con quattro braccia, seduta in lalitasana su un'hamsa ( o un pavone?), con due steli di loto spiraliformi nelle due mani superiori scampate alla distruzione, fa da pendant alla immagine di Saraswati, corrispondente, ch'è posta al di sotto del le nicchie centrali della parete sud.
Dall'altro lato della nicchia illuminante ed aereante il deambulatorio, un Brahma panciuto e barbuto, tricefalo e quadribrachiale, non è di meno negli slanci coniugali che lo avvincono a una Brahmani che nella sua acconciatura dhammilla non è meno alla moda di Parvati o Laxmi, o Sita o Rati .Sruk, libro e kati gli attributi del dio, Una fiamma in boccio è intercorrente tra le divinità in ardore.
Un'apsara successiva illustratissima dalle guide, nel proporre fugacemente, secondo i loro veri interessi, sempre e soltanto non più di una decina di statue in luogo del complesso del tempio,- e via quanto prima-, appare meravigliosamente intenta ad allacciarsi una nupara- cavigliera prima delle danze, precedendo l ulteriore gruppo sottostante consortile, che i visitatori hindu, più che la critica, identificano in Agni e Svaha, anzichè in Brahma e Brahmani .
Restano da segnalare, del comparto statuario della parete, nella filiera superiore un solitario Sankha purusha ed un ultimativo* Brahma, insolitamento singolo e non barbuto .
Le quattro nicchie all'altezza della sala del mandapa, come quelle delle parete meridionale corrispondenti, ospitano un' immagine ciascuna di dee jain, boccioli di loto e shanka i loro attributi conservatisi finora. Kubera e Isana, in tribhanga i dikpalas finali, l'uno con gli attributi di un frutto, dei nodi del pasa, di un libro e di una borsa a forma di mangusta traboccante di ricchezza ( nidhi), l'altro dotato di sakti e di serpente per la sua natura shivaita
Ultimata la deambulazione esteriore del tempio, ne è di prammatica alfine l'accesso.
L'interno riserva un solenne mandapa tripartito, in un vano centrale che conduce all'antarala e alla cella, nonché in due vani laterali che immettono nel deambulatorio. Cambia solo l'ordine dei medesimi fattori decorativi esterni, cui l'oscurità interiore conferisce austerità sacrale.
Tra i buthas dei capitelli, le immagini statuarie di Laxmi e Saraswati nell'antarala del vestibolo
il portale del garbagriha manifesta le seguenti varianti, nel replicare quello d'accesso al mandapa, è pancha-saka e pancharatha, anzichè saptaratha, e la sua prima ratha è costituita da volute e spirali invece che da rombi e rosette, presenta Indra e Upendra quali dikpalas, e jjina seduti, o rigidamente stanti, in luogo di Chakreshvari e di una duplice saraswati, nelle nicchie della trabeazione nuovamente intervallate dalla serialità dei navagraha. Udgamas, piramidali sikkara di 5 piani o pidhas, minicoronate da chandrika, amalaka e kalasa, figurano elegantemente sopra le nicchie in cui i jina sono insediati.
La soglia riserva una proiezione centrale in cui è scolpito uno stelo di loto con Vidya Devis* e due coppie di asceti adoranti sui petali del fiore. mentre ai lati compaiono quattro divinità acquatiche su kari-makara che offrono il tributo di un orcio d'acqua, prima che figurino gaja sardula alle estremità, impennati all'attacco di elefanti
Statue di donne recanti una giara fronteggiano gli stipiti, dvaparalas su avancorpi di elefanti stanno alla base delle nicchie di mithuna che contornano il portale.

Il gargagriha che emerge dalle tenebre nelle sue luci devozionali, all' interno ospitava originariamente il tithankara Rishabanatha, che su un trono più antico dal 1860 figura sostituto dall'effige di Parsvanath in marmo nero translucido.
Nel compiervi intorno la pradakshina interna in senso orario , così come all'esterno lungo le pareti del santuario si ripresentano dikpalas ai punti cardinali, si alternano apsaras e dei nelle proiezioni, vyalas tentatori sono annidati nei recessi, mentre nelle nicchie figurano divinità tirthankaras jain, forse forzosamente installatevi.
di particolare interesse, nella bellezza recondita del tutto, nel primo pannello sovrastante Bahubali in penitenza sacrificale, gremito di serpenti attorcigliati alle gambe e di scorpioni avvinghiati al torace, e solo prima dell'ultima nicchia sottostante settentrionale, un'apsara, che punta al piede da uno spino, è soccorsa da un barbiere.
Ci attende ora soltanto la preghiera al dio, l'uscita ed il rientro in questo mondo.























Quanto più a lungo è dato visionarlo, ed interrogarsi sulle ragioni della sua natura ibrida attentamente , il tempio parshvanata sembra schiudere le più diverse ragioni configurative, e rivelare i più svariati scenari del suo comporsi architettonico- statuario, la più profonda simbiosi o ben altro che un eclettismo irenico hindu- jain, all ombra tutelare dei tolleranti Chandella. Così come le vicende terrene si rivelano il contraccolpo temporale delle eterne vicende trinitarie o di triadi trimurtiche, o del ritmo dell'essere nella pulsazione vibrante dello spanda che alla espansione di una potenza fa corrispondere la contrazione dell'altra, nel ruotare delle energie per cui una potenza sussume quella precedente o la sostituisce, poi fondendosi in quelle successive che la sovrastano, secondo una sua versione drammatica il parsvanath in un primo tempo appare essere stato fu eretto in forme jain, mentre poi il revanscismo brahmanico o il venir meno al contempo della potesta protettiva dei Chandella, il rivelarsi troppo dispendioso del suo assunto architettonico anche per la facoltosa comunità jain possono essere adombrati dal rivestimento del tempio di sole immagini hindu, esaurendo il loro giacimento con la compresenza delle immagini più squisite insieme con le più seriali di bottega, fatto salvo il vincolo che non vi figurassero immagini erotiche. Al contempo il sikkara sarebbe stato ultimato con l'appiglio di tanti mini urah e karna sringas, che lo mimiaturizzavano, come prescriveva la canonicità della elezione di Khajuraho a capitale religiosa dei Chandella, con un suo statuto architettonico speciale.E un terzo tempo sembra esservi sovraggiunto, dopo tale conformazione di compromesso. che con il declino complessivo del potere teologico hindu-brahmanico, e il rinvigorirsi di quello economico jain in una Khajuraho in decadenza, ne consentì la rivalsa e la riappropriazione del tempio. Lo attesterebbero le immagine di coppie mithuna scalpellate via e il suggello di tale sussunzione appostovi dalla destinazione delle nicchie di ogni badhra o delle pareti della garbagriha a dee jain, o jainizzate, come la stessa Sarasvati nelle architravi dei portali d'accesso o nella edicola inferiore della badhra meridionale, in virtù della apposizione ai lati di fantolini tirthankara.
Pur sotto un Shiva al centro del frontone sovrastante l entrata, e su dvarapala vishnuiti jainizzati ai lati delle soglie , era ora la jain Chakreshvari ad avere assunto il controllo della destinazione del culto deel tempio, campeggiandovi al centro del portale d'ingresso, nella trabeazione più recente appostavi rudemente sopra le sakas delle bande/fasce laterali, tra il residuo devozionale hindu dei navaghraha, come nel portale e nel sanctum appostovi sul lato opposto occidentale, forse per un tributo alla superstizione della credenza nelle divinità planetarie che si annidava anche nei cuori jain.
Un residuo significativo dei timori sacrali hindu, che più non figurerà nel tempio Adinatha da considerarsi anche solo per questo posteriore, esso si in tutto e per tutto perfettamente jain, con i soli dikpalas, e gli astavasus superiori, a presidio restante della figuratività statuaria hindu.
Ma è una più profonda conciliazione d'intenti che sembra piuttosto soggiacere alla erezione sia del tempio Parvanath che Adinath in un'area ove si concentravano in antecedenza i culti vishnuiti, e d essa ha la ragion d'essere nella sua concessione tollerante, qui, come altrove, perchè ambo i templi furono destinati al culto jain di una dea madre jain di origini vishnuite, chakreswari, appunto, al centro della trabeazione Avvalora la congettura la pianta oblunga d'ambo i templi, che come l'aura austera ed arcana che vi si respira, evoca quella sublimemente consimile dei templi Pratihara antecentemente consacrati alla Sakti divina in Gyaraspur, luogo di culto jain alla mahadevi,( il cui deambulatorio è ugualmente aperto alla luce esterna dai tralicci di jali, senza che i balconi, in cui non si dilatano transetti trasverali, ne compromettano come nel tempio Parshvanath il raccoglimento della mole intorno al sikkara), o dei templi hindu rettangolari e alla Devi del Teli Ka mandir, in Gwalior, di Barwa Sagar, del Gadarmal in Patari Badoh. Senza con ciò nulla togliere alle indubbie e diverse contese figurative che rivelano le asportazioni e sovrapposizioni di statue, pur spiegabili con l'intento conflagrante di rendere predominante l una o l'altra connotazione della dea.

Maitreya asked Parashar about the trees. Parashar said: "The lord of wealth Kubera had two sons Nalkubar and Manigreev. One day they were enjoying the sweet company of pretty women on the bank of Mandakini River. Just by coincidence, Devarshi Narada arrived there. Out of Shyness, the women folk at once covered themselves, but both the sons of Kubera stood boldly without feeling any shame. Indignant Narada cursed them to become trees and stay in that form for one hundred years. Narada showed kindness as well that despite being in tree forms, they would have the memory of God alive and would be saved by Lord Sri Krishna. Thus, to keep the words of his supreme devotee Narada, Lord dragged the mortar to the two Arjuna trees. He walked in such a way that the mortar got stuck between the trees. Krishna then pulled the mortar and in no time the trees were uprooted. Two divine men appeared from the uprooted trees and bowed at the feet of Krishna and prayed him with pure hearts. Then they departed to their heavenly abode.





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PUBBLICATO DA ODORICO A 21:41 NESSUN COMMENTO:
LUNEDÌ 1 DICEMBRE 2014


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Templi Chandella Jain di Khajuraho

2014




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Nell'albescenza spirituale. a ogni ricomparsa alla vista, del chiarore lattiginoso del complesso dei templi jain di Khajuraho , con un risalto ancora più grandioso contrasta il sopraelevarvisi del fulgore in arenaria del Tempio Parshvanata.
La cronologia più accreditata lo fa risalire in termini indiscussi ad un arco di tempo che intercorre tra il 950 ed il 970 dell'era cristiana, in virtù di rilievi epigrafici e di un compimento superiore* delle fattezze architettoniche e della statuaria templare che lo accomunano al tempio Laksmana del gruppo occidentale, il prototipo fondamentale dei templi che fecero di Khajuraho la capitale religiosa dei Chandella, ultimato verso la metà del nostro secolo Xmo
Ovunque ci si disponga a rimirarlo, dall'accesso retrostante o seduti sulla panchina prospiciente, dai rialzi dei templi jain che ne fronteggiano il versante meridionale oppure dai bordi settentrionali della sua stessa piattaforma, distanziandosene all'altezza del tempio Adinatha, che gli è adiacente, nel suo comporsi di portico d'entrata, mandapa, santuario del gargabriha e deambulatorio circostante illuminato da grate di jalis, la gran mole del tempio Parshvanatha ci appare ripidamente saliente ed imperviamente contratta, nel suo raccogliersi nel sikkara che ne promana come l'adempimento immenso della sua tensione ascendente, cui concorre l'anelito ad esso appigliato delle sue replicanti miniature quali balze rampanti. Nel suo sovrastarci il tempio ci si offre oblungamente ravvicinato al contatto ed alla vista, sorgendo su di una sua piattaforma rifatta quanto mai ribassata, che gli nega la sopraelevazione dei templi Lahsmana o Kandarya o Vishvanata, nel loro distacco altolocato verso il sublime.
Ogni altro rilievo di modanature e statue e nicchie e tempietti e pinnacoli vi ha un risalto stiacciato, minimamente aggettante, il cui nitore incisivo ancor più esalta la compattezza del tempio nel suo essere tutt uno con il sikkara che l'adempie, come la fiamma del sacrificio sublima l'altare vedico dal cui alto impilamento si slancia verso i cieli.
Il duplice portale del tempio è come il rilascio frontale della contrazione vibrante del suo corpo monumentale, che non presenta alcuna espansione invece in transetti, la frastagliatura chiaroscurale degli altri templi maggiori di Kajuraho, così connotando la sua precipua peculiarità jainista, al pari della dimestichezza della sua grandiosità.
Nel farsi quindi analitico dell'indagine visiva saliente, il basamento del tempio, l'adhisthana, nelle sue partizioni ci appare scandito dai rilevi carenati delle thakarikas, la cui minimalità ineludibile risalta dalle modanature di cui sono il coronamento, prima che la profilatura rettilinea di una pattika aggraziata da fregi ondulati sia di supporto al sopraelevarsi su di un piedistallo della prima delle tre fasce di statue della jangha del tempio, di dimensioni decrescenti l'una serie dopo l'altra.
La prima orlatura del succedersi di thakarikas corona la jadhya kumba da cui ha inizio il plinto del basamento dell'adhishtana, e vi soggiacciono le modanature dello zoccolo della bitha, ch' è visibile al meglio solo nelle emergenze inferiori del portale d'accesso dalla piattaforma.
A tali thakarikas subentrano le modanature dei profili taglienti di una karnika, adorna di gararakas inferiori, se ne fregia pure la rettilinea pattika ulteriore su cui decorrono fiori cuoriformi, alla quale+ fanno seguito la rientranza di un'antarapatta , ornamentata dall'alternanza di rombi e pilastri, e una kapota che riavvia il profilarsi inesausto delle prominenze. Le sue thakarikas superiori- in corrispondenza di sottostanti gagarakas- indicano che con esse ha termine il plinto e che subentra la sezione dell'adhisthana ch'è costituita a sua volta dal podio della vedibhanda.
Nella sua successione si sopraeleva sul plinto la serie di modanature nelle quali soltanto consisteva il basamento dei templi antecedenti quelli Chandella in Khajuraho, le canoniche khura, kumba, kalasa, tra cui si frappone la rientranza *di un'antarapatta, cui fa da contrappunto la sporgenza terminale di una pattika con volute a stampiglio.
Con tale fascia si trapassa dall'adhisthana al muro della jangha mirabile, esaltata dai suoi tre corsi di statue di dimensioni diminuenti Quelle dei due ranghi inferiori allineano la staticità ora vibrante, ora rudemente inerte, di divinità singole ed in coppia e di celestiali apsaras figuranti nelle proiezioni, di vyalas-sardulas o leogrifi costretti nei recessi, quella del rango superiore il contrappunto dinamico dei voli di coppie di vidhyadaras ultraterreni.
Le modanature di bandhanas della più fine preziosità lumeggiata separano le trafile statuarie, quella inferiore aggraziata dalle emergenze di gagarakas, di una grasa pattika di kirtimukka e di rosette, quella superiore dai rilievi di una gagaraka *e di una pattika con fiori a forma di cuore.
Al di sopra di ogni proiezione delle sculture sta il capitello di una* bharani, costituito da una affilata karnika e da una padma, così denominata perchè a forma di loto, sormontano ciascuno di essi due kapotas , con i fregi usuali di gagarakas e thakarikas al di sotto e al di sopra.
Solo dopo tali modanature di transizione trova inizio la sezione del tempio della varandika, che a sua volta è di passaggio dalla jangha al sikkara ed alle sovrastrutture delle sale.
In essa, su di ogni ratha o proiezione della jangha, stanno allineati i tempietti di altrettanti piccoli tilakas, ne sintetizzano il santuario le nicchie di fregi diamantini, o ratna-patta*, su cui stanno allineati i piani decrescenti di cinque mini-pidhas, che nella loro minuscolarità* pur reggono una propria minuscola chandrika ed amalaka.
E' una prima attestazione nel tempio Parsvanatha della frattalità dell'estetica religiosa della templarità hindu, che esalta, micromacrocosmicamente, la visualizzazione del medesimo ordine divino (che è all'opera ) in ogni livello e grado dell'essere.
Dalla badhra della proiezione principale del tempio inizia intanto a staccarsi la sopraelevazione delle carenature, le chaitya-gavakshas, di tre udgamas centrali, lungo la cui progressione ascensionale via via la vista risale tra l'infittirsi circostante di ulteriori tilakas, della frattalizzazione del sikkara nelle miniature delle sringas. Le raccordano ratna pattas di rombi seriali, la cui filiera superiore è coronata di udgamas Le prom