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Tutta la verità, vi prego, sull'amore
Yet each man kills
the thing he loves( Wilde)
Se
la vera vita della regola sovrana ne è l eccezione di cui è decisiva, la
verità dell amore è l'odio letale del diritto di
vita e di morte nei riguardi di chi si ami, in cui l'amore si commuta
quando chi si ama leda le pretese del suo sacrificio vitale. Nella vita
ordinaria ne uccide più l'amore o l inimicizia? Cosicchè
l'amore che è più forte della morte è l'amore che è più forte delle sue
valenze criminali.
l'empietà della "sacra religio"
E'
esecrando, sotto le fattispecie di ogni religione, chiedere a Dio di
privilegiarci modificando il corso degli eventi in virtù delle nostre
preghiere., mentre infedeli e miscredenti restano consegnati alla necessità
fatale dell'andamento ordinario delle cose, se non al suo malvolere certo
alla sua indifferenza. Se il Divino è Spirito, la sua azione di grazia che
viene a ognuno in soccorso è la forza d'animo di sopportare le calamità che
ci occorrono o di non lasciarci accecare da fortuna o successo, nella
consapevolezza che ciò che accade non è il suo volere a cui accondiscendere
o cui sottometterci come gli antichi sottostavano al fato o al destino (
che senso avrebbe pregare altrimenti che con il nostro stesso concorso
" sia santificato il suo nome"" , "venga il suo
Regno" o "sia fatta la sua volontà", se già la realtà ne è
la perfetta espressione ?), al fine di sapere così trarre del bene cui
altrimenti non saremmo ispirati anche dalle circostanze più tragiche
“ Kailash,
non temere, e sono qui vicino a te”
“No, my dear, ricevo la tua voce per telefono, il
tuo denaro, ma tu non sei vicino a me. Come era diverso quand’eri in
India, anche quando andavi via restavamo sempre insieme”
Mentre nel dolore del distacco rigiravo le
mie stanze, pensavo a come per sormontare le nostre distanze,
avessimo parlato al telefono ancora una volta per quasi un’ora,
mentre quando eravamo insieme in India, se non erano delle tensioni furiose
a dividerci, lunghi silenzi ci accomunavano quando ci
ritrovavamo insieme, in dolorosi discorsi in cui cercavamo di
ripristinare o svolgere un’intesa.
Dopo che ero stato costretto a dirgli della
situazione critica dell’ ottenimento del visto, e che egli si
era ripromesso di ottenere e di trasmettermi l indomani, quanto
prima, un secondo documento d’assunzione dal principal,
che venisse incontro alla richiesta che era stata avanzata dai funzionari
indiani, d’un testo d’assunzione meno scarno di quello già
consegnato, le che fosse il facsimile non meglio precisato d’un
contratto, o anubhand, venendo egli
incontro alla mia istanza che parlassimo d’altro, meno
angoscioso, era salito di giri nel dirmi quanto lo avessero reso felice
in giornata le tre donne indiane che si erano intrattenute a lungo
nel suo negozio, dicendogli quanto lo trovavano bello, ammirando che
vi fosse esposto quanto non si ritrovava in nessun altro. Erano alloggiate
in un ashram ed avevano voluto sia
fotografare il negozio che farsi fotografare con il mio amico, prima
di acquistare tre statue in metallo di Ghandi.
Era un Kailash ben
diversamente animato da quello che alcuni giorni fa, nel parlarmi del suo
protrarsi in negozio per ore e ore in attesa di clienti, così mi
aveva detto della necessità di permanervi a lungo “ I clienti sono
come la morte. Non sai mai quando arrivino”.
Poi eravamo tornati a parlare dei
nuovi treni di linea lungo la tratta che collega ora Khajuraho a Lalitpur, via Chhatarpur e Tikamgarh, ed il
mio amico aveva avuto modo di diffondersi su tutti i treni che avrebbero
stazionato ogni giorno nel sito ferroviario di pochi binari di Khajuraho, la cosa comportando che non vi
permanesse quello che lo collegava ad Udaipur,
il cui percorso sarebbe stato per questo prolungato fino a Bhopal.
Era il giorno della festa di marito e
moglie, e già in precedenza mi aveva detto che si ritrovava senza
soldi per poterla festeggiare con Vimala,
di come Ajay si lamentava di ritrovarsi ora
senza cellulare, mentre certi compagni ne avevano certuni che costavano
almeno sette mila rupie.
“ Ero ricco quando tu eri in India, sono un
povero ora”
Gli ho ricordato a tal punto che
quando ero in India si lamentava sempre che non gli lasciavo mai un
soldo, quanto lo trascurassi , lui e l’intera famiglia, avendo a suo dire
in mente a solo quell’altro mio amico, il ragazzo Mohammad. Quanto ad Ajay, ora che era stata sistemata la pompa idraulica, e
che il costo della riparazione era risultato non
particolarmente oneroso, un cellulare usato poteva pur acquistarglielo.
K iniziava allora a dirmi, seguitando a
distogliere entrambi dall assillo del mio
mancato ottenimento del visto, di come le complicità
della Cina con il Pakistan, i suoi silenzi sugli attacchi terroristici all India che vi avevano preso corpo, stessero
provocando in India un rifiuto di tutto ciò che fosse originario della
Cina, rendendo quasi impossibile reperire prodotti fabbricati in Cina che
vi fossero in vendita ai prezzi più bassi, e dunque un cellulare
ai costi che gli avevo preventivato.
Divagava quindi in politica estera sulle
imminenti elezioni presidenziali americane, per dirmi in particolare
del candidato Trump, che voleva fare tanto per il suo paese, ma che si era
compromesso per ciò che di cattivo aveva fatto alle donne, con il “
toccarle”, il “ baciarle” pubblicamente.
“ I’ m not educated, but I’ ve mind, and
knowledge”
E Mohammad ? mi chiedeva. Avevo perso le sue
tracce anche in facebook.
“ He’ s very stupid”, sbottava senza
astio verso il ragazzo, “tu lo aiuti e lui non studia”, proprio mentre Narendra Modi starebbe facendo di tutto perché gli
studenti indiani possano andare a scuola fino al dodicesimo anno di
studio e ricevere una preparazione a un lavoro.
Solo una volta che mi sono ritrovato
da solo, già con una malinconia immensa del suo discorrermi con
tanto fervore., mi sono venute in mente le clausole contrattuali che
si potrebbero suggerire al principal della
scuola come obblighi aggiuntivi, da inserire in una lettera ulteriore
per il consolato di Milano
Le ho riportate in una e-mail
che avrei prontamente inviato al mio amico, perché ne fotocopiasse il
contenuto e lo sottoponesse al principal, e sul
tardi ho ricontattato al telefono Kailash
perché ne sapesse
Ma già la sua voce cupa e il
frantumarsi roco delle sue parole, mi diceva dello sconvolgimento che
era avvenuto nel frattempo della sua mente , immaginavo perché sopraffatta dall angoscia per gli impedimenti frappostimi all’
ottenimento del visto.
Era come se le sue parole fossero il
filamento bavoso del suo furore contro i madarchod
tutti quanti che gli congiuravano contro, quei farabutti
togliendogli l unica possibilità di salvezza al mondo che io
costituivo per lui
“ Andrò per te fino dal primo ministro, tu
non sai quanto ti rispetto, ma tu hai rispetto solo per quel ladro,
quel ladro madarchod! – Mohammad contro cui
riesplodeva l’accanimento del suo odio, gridando al telefono quanti
erano gli euro di cui mi avesse derubato…
Era a causa del ragazzo che mi ero
screditato agli occhi del principal e che
ne avrei perso l’aiuto, seguitando a prestar fede al ragazzo quando il principal aveva già o che capito chi fosse, o
quel che era accaduto, nel confondersi mentale dell’amico, era che il principal mi aveva aiutato perché a mia
volta avevo aiutato Mohammad , come lui un muslim,
ma ora non lo avrebbe fatto più, dopo quanto era successo che aveva
interrotto i miei rapporti con il ragazzo…
Era sulla via del rientro a casa, mi diceva
prima di disconnettere la comunicazione.
Quando avevo modo di riparlargli, era nel
mercato dove solo, nell’affollamento generale, si sentiva più povero
che mai, non potendo comperarvi nulla per Vimala,
nel giorno della festa tra marito e moglie.
Eccola, così a raggiungermi in diretta tra
le mie stanze in Italia ed a lasciarmi sgomento , la realtà cui
dispero di non poter fare ritorno.
Dopo tentativi ripetuti di ricontattarlo,
per essergli accanto nella sua rovina mentale, chi rispondeva all’ ennesima
mia chiamata era Ajay.
Il papà era rientrato in casa, e stava già
forse dormendo, ma il suo sbraitare orrendo che insorgeva a distanza
contro Vimala, smentiva le rassicurazioni
del figlio, che doveva chiedermi di interrompere quella
comunicazione, e la seguente, prima che Kailash
si fosse davvero sedato.
20 0ttobre 2016
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Occidente
e “part maudite”
Odorico Bergamaschi se la moltitudine dei devoti cristiani non
avesse pensato e non seguitasse a pensare " fin che s'ammazzano tra
loro..." ci sarebbero stati e vi sarebbero meno cristiani uccisi.
Simone Lanzi
Simone Lanzi Sono
d'accordo. Ma è anche importante capire chi e perché uccide i cristiani
asiatici ed africani, non crede? S'ammazza per caso l'infedele? E' sempre
colpa di noi occidentali più o meno devoti cristiani?
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi certamente, sempre che non si dimentichi
che chi li uccide ammazza anche seguaci di altre religioni, o ancor più
apostati o correligionari d'altre sette , e sempre che il fanatismo
religiosi non ci tocchi nell'animo solo quando le vittime sono dei
cristiani o degli occidentali.. E' sempre ugualmente esecrabile. e le
vittime hanno pari dignità. Non è un caso che l'articolo sia comparso con
quel taglio su Il giornale anzichè su l'Avvenire
o l'Osservatore romano.
Simone Lanzi
Simone Lanzi Non
sono così esperto di Avvenire ed Osservatore Romano. So, però, che alcuni
esponenti del Cattolicesimo Romano (anche importanti) sono preoccupati
dall'aggressività di certe religioni (sì, lo so, lei dirà:
"Aggressività di certe persone, non religioni"). Tutti noi
occidentali dovremmo fare un bel ragionamento sull'Occidente (e l'Occidente
è anche Ebraismo, Cristianesimo e Cattolicesimo Romano). Tanto per sapere
che cosa vogliamo essere in futuro, specialmente ora che tra l'aggressività
di certe religioni (sì, ho a mente la sua obiezione) e di certa finanza,
siamo sotto attacco.
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi Alcuni esponenti del Cattolicesimo Romano
? Anche importanti? Ma qual è il criterio di verità? Il potere che uno esercita
? E' come se il mondo cattolico, di cui mi sono rifatto alle posizioni
ufficiali, come prima ancora il cristianesimo non fosse pluralistico e
composito, e non albergassero in esso posizioni ostili allo stesso
pontefice e anticristiane. ad esempio da ateo devoto , maiuscole incluse,
servendosi del cristianesimo contro il suo spirito.( il cristianesimo le
ricordo di passaggio, come lei sa meglio di me, che non è solo il
cattolicesimo apostolico romano, come attestano le stesse moltitudini di
ortodossi presenti anche in Italia, per i flussi migratori dall'est
europeo. L occidente inoltre è già anche islam e induismo e buddhismo o quant altro, nella sua storia e nel suo presente, ci
piaccia o non piaccia. Alfine anche noi da lungo tempo stiano attaccando, la
guerra l'abbiamo già portata, e la stiamo ancora recando, in Afghanistan,
Iraq, Libia , Pakistan, nord e centro Africa, Palestina, solo per citare
.qualche esempio attuale, magari sostenendo e finanziando la guerra di
certi paesi arabi contro altri., come nello Yemen Lo stesso Isis di cui auspico lo sradicamento totale e i curdi
contestano confini coloniali che non reggono più- Mi spiace ,
conclusivamente, ma come papa Francesco preferisco proprio parlare di
aggressività implicita nel fenomeno religioso stesso, prima ancora che nei
singoli, cui resta la responsabilità ultima, perchè
un conto è il testo rivelato, un conto è come la ragione del cuore lo
interpreta, trascegliendo ciò che più l ispira..
Simone Lanzi
Simone Lanzi
"Alcuni esponenti del Cattolicesimo Romano? Anche importanti? Ma qual
è il criterio di verità? Il potere che uno esercita? E' come se il mondo
cattolico, di cui mi sono rifatto alle posizioni ufficiali, come prima
ancora il cristianesimo non fosse pluralistico e composito, e non albergassero
in esso posizioni ostili allo stesso pontefice e anticristiane. Ad esempio
da ateo devoto, maiuscole incluse, servendosi del cristianesimo contro il
suo spirito".
1) Mondo cattolico e mondo cristiano dove è
ancora possibile esprimere il proprio dissenso senza essere brutalmente
massacrati. (Sì, so delle eccezioni, ma so che comprende la differenza e
quello che sto dicendo).
"Il cristianesimo le ricordo di
passaggio, come lei sa meglio di me, non è solo il cattolicesimo apostolico
romano, come attestano le stesse moltitudini di ortodossi presenti anche in
Italia, per i flussi migratori dall'est europeo".
2) Non metto sullo stesso piano Cattolicesimo
Romano e Cristianesimo, lo so che sono due cose differenti.
"L'Occidente inoltre è già anche Islam e
Induismo e Buddhismo o quant'altro, nella sua storia e nel suo presente, ci
piaccia o non piaccia".
3) Lo sarà anche, per me no, comunque non
ESSENZIALMENTE. ESSENZIALMENTE è greco, ebraico, romano, illuministico,
ecc. ecc., ma non islamico, per esempio.
"Alfine anche noi da lungo tempo stiano
attaccando, la guerra l'abbiamo già portata, e la stiamo ancora recando, in
Afghanistan, Iraq, Libia, Pakistan, nord e centro Africa, Palestina, solo
per citare qualche esempio attuale, magari sostenendo e finanziando la
guerra di certi paesi arabi contro altri, come nello Yemen. Lo stesso Isis di cui auspico lo sradicamento totale e i curdi
contestano confini coloniali che non reggono più".
4) Io, come milioni di altri occidentali, non ho
mosso alcuna guerra. E’ che se non ti lasciano partecipare alle decisioni,
è anche difficile dire no. Ma ammetto che potrei fare di più.
"Mi spiace, conclusivamente, ma come papa
Francesco preferisco proprio parlare di aggressività implicita nel fenomeno
religioso stesso, prima ancora che nei singoli, cui resta la responsabilità
ultima, perchè un conto è il testo rivelato, un
conto è come la ragione del cuore lo interpreta, trascegliendo ciò che più
la ispira".
5) Questo per me è il punto fondamentale. Secondo
me, il Vangelo aveva in sé quei germi che hanno portato all’emancipazione
dell’uomo occidentale, emancipazione da restaurare, ma innegabile. Le
chiedo: “Il Corano ha in sé germi dello stesso tipo?”.
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi 1) vorrei essere parte di una civiltà che
non solo ammette il dissenso, ma che non lascia marginali coloro che non si
riconoscono in una guida pastorale, ma ancor più mi preme che non ci siano
cattolici anti-cristiani che considerino uccidibili vite nude i migranti, o
individui esclusi da ogni disegno divino chi non è della loro identica
fede.
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi 2)In realtà ciò che è essenziale si rivela
tale e solo alla fine, solo per il singolo percorso esistenziale o
culturale, non per imprimatur teologico o politico o metafisico di una
reductio ad unum che fa violenza alla pluralità del reale. Lo vada a dire a
Schopenhauer che il pensiero indiano non è fondamentale per la propria
riflessione filosofica di intellettuale europeo. o allo stesso Nietszche., o a H. Corbin o a
Guenon professi l irrilevanza del pensiero
islamico per la riflessione stessa su che sia l Occidente..il pensiero
stesso che lei agglomera come Occidente è in realtà irriducibile a una sua
essenza, perché è costituito da tradizioni che legittimamente confliggono tra loro. Chi si considera essenzialmente
illuministico può essere un sano antagonista all’ ultimo sangue del
cattolicesimo o del cristianesimo, l'ebreo Spinoza fu ridotto a nuda vita
dalla propria comunità ebraica, nella libera Repubblica dì Olanda, con il
bando di scomunica, e pensatori di origini ebraiche come Simon Weil
disprezzavano profondamente l ebraismo. L'arte delle Repubbliche marinare o
della Sicilia, o dell'Andalusia o la stessa Commedia sono incomprensibile
senza riferimenti all islam, etc
tec. Quindi il suo essenzialismo lo rispedisco al mittente come un apparato
immunitario e idiosincratico difensivo.
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi 3) e dei milioni e milioni di migranti e
di afghani o pakisthani o libici o irakeni, che
magari finiscono vittima di un drone solo perchè sparavano in aria durante un corteo nuziale,
quanti personalmente le muovono guerra? Non abbiamo bisogno di muovere
guerra per ucciderli, basta che ci rifiutiamo di pensarli o di volerli
soccorrere, basta che tiriamo su i nostri muri e fili spinati "
essenziali" che coltiviamo e diffondiamo le nostre chiusure..
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi Certo, dipende dai passi e filoni
prescelti dalla propria ispirazione, come l'Antico Testamento è non meno
aberrante in numerosi suoi passaggi del Corano E lo stesso Vangelo è
sconcertante, a leggerlo sul serio. Si tratta di testi che lei può
affrontare e leggere benissimo senza restarne ustionato. verificando di
persona, invece di coltivare fobie culturali..
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi emancipazione dell
uomo occidentale? Il cristianesimo è una religione di origine orientale
divenuta mondiale, in cui l occidente geopoliticamente
inteso non è più la componente principale, come l' ìslam
è sempre meno una religione arabica. O l' emancipazione, il messaggio di
salvezza è universale, o ciò che si persegue in termini di emancipazione dell uomo occidentale è una subordinazione ad esso
della "part maudite" planetaria.
Tutto su mia madre, II
Questo pomeriggio di un meraviglioso autunno
che filtrava il suo incanto nella cucina di mia madre con cui mi ritrovavo
in Modena, ho cercato di far defluire i suoi ricordi sulla sua esistenza da
bambina e da ragazza nella Corte Mantovana, che per lei sono stati gli anni
di più felici memorie.
Ma la sua voce esprimeva allegria, a riguardo,
solo se doveva dirmi dei nonni favolosi, nella cerchia dei famigliari, o se
lei veniva diffondendosi sugli animali che la popolavano, galline, faraone,
anitre, tacchini, maiali e maialini, una dozzina di vacche tutte olandesi,
quelle belle pezzate, i vitelli e il toro nella stalla, una cavallina
magnifica, Diana, la figlia bionda di Cicero famoso cavallo da corsa,
addetta al traino del barroccio di cui erano dotati il padre e lo zio R.,
oltre che di carro e carretti, nel ripostiglio al di là della stalla che in
tempo di guerra era di rifugio occasionale ora per tedeschi, ora per partigiani.E due somarelle
" belle e snelle", la Pierina e la
Leda, madre e figlia, buone per trotterellare anche per strada, che mia
nonna faceva diventare lucide, tanto le strigliava, le spazzava.
“ Mi piangeva il cuore quando venivano a
portare via i maialini. Li avessi visti com’erano belli, ognuno attaccato a
un proprio capezzolo della scrofa. Ma mi si mandava a vigilare dopo che
erano nati, perché la madre non li uccidesse presa dalle febbri del parto”
Solo esprimeva ribrezzo al ricordo di quando
la incaricavano, lei ancora bambina, di ammazzare galline e faraone,
tirandole per i piedi dopo averle immobilizzate con un bastone tra capo e
collo, una cosa che ora le sarebbe impossibile per l orrore che le suscita,
come se fosse un crimine che commettesse.
Ma il ricordo stesso della cavallina Diana,
così bella, che la guardavano tutti, era per lei angustiato da quello di un
compito che non era il caso che fosse stata affidato a una bambina , quando
l’avevano inviata al mulino con un carico trainato dall’animale di frumento
e frumentone da far macinare. Tutti se ne erano fatti meraviglia, per il
fatto che avessero affidato a una bambina ancora così piccola una cavalla
che poteva imbizzarrirsi, ma in famiglia solo la zia Fanny aveva riprovato
che le avessero assegnato una simile incombenza.
Era sempre mia mamma che a quell’età doveva andare
fino al caseificio a consegnare il latte in bidoni, per cui le era capitato
un giorno che una squadra di militari tedeschi gliel
avesse requisito tutto, riempiendone le proprie gavette.
E più di una volta in tempo di guerra era
stata mandata in bicicletta dallo zio B. che viveva in Ostiglia,
ove era guardia idraulica del Po’, a non meno di una ventina di chilometri
di distanza, per consegnargli sporte di derrate alimentari che la corte
forniva, insieme con il caseificio, farina, burro, formaggio, latte, uova,
e che di quei tempi scarseggiavano anche in un borgo di campagna.
“ Avevo una tale paura quando dovevo
traversare il ponte sul Po’ “, nel timore dell’arrivo di qualche
bombardiere che lo prendesse di mira.
La sua acredine rancorosa era volta allo zio
ch’era il padrone di casa, e che salvaguardandone le figlie e investendone
mia madre bambina, nonostante tutte le moine di cui la vezzeggiava, come
sua nipotina, era l’ispiratore di tali committenze, lo stesso soggetto che
le faceva trovare puntualmente una zappa ad attenderla per quei lavori dei
campi da cui lui stesso si dispensava per primo, angariando con il
fratello, in mansioni agricole, la fragile moglie e la cognata nelle
fatiche nella stalla – da cui a dire di mia madre uscivano “ merdose fino agli
occhi”-, ma chi intimamente mia mamma sentisse che avrebbe dovuto chiamare
ugualmente in causa, trapelava dai modi di cui parlava di sua madre e di
suo padre.
Che gran donna sua madre, in quanto
lavoratrice, come tutti dicevano in giro ; peccato che preferisse alla cura
dei figli l lavoro nei campi.
I suoi fratelli minori li aveva lasciati a lei
da accudire con il latte preso in farmacia, senza curarsi di conservarne
del proprio
“ Preferiva piuttosto spargere letame per i
campi”
“ Era un mezzo uomo, a dire il vero”
Quanto a mio nonno, se a differenza del
fratello si era poi rovinato nel compiere affari, le ragioni c’erano tutte
“ Sapeva solo andare a segare i campi”
Non era dunque un caso, che una volta
emigrato, si fosse rifatto una vita come giardiniere.
Né il discorso mutava tono, quando l’invitavo
a dirmi dei cereali e della frutta che si coltivavano nella sua corte, e
che particolarmente in questa stagione, nei campi, lungo i filari, o sulle
piante o nell’aia grande, vi erano una festa per gli occhi e per il palato.
Io stesso ricordavo ancora il gran frutteto
che costeggiava il viale d’ingresso, le mele squisite che fruttificava,
saporite golden delicious,
mele campanine, quelle che duravano di più
d'inverno, buonissime da mangiare cotte, e le mele cotogne che servivano
per la marmellata.
“ E le pesche? così buone, così succose…E la piantata d’uva bianca da tavola che era di
fianco al frutteto d’ingresso, di uva moscato, accanto a quella d’altre
qualità, una meraviglia straordinaria.. C'era in altri filari anche quella basgana, così nera , grossa, bella rotonda, …”
Solo che anche in tal caso, le veniva in mente
una incombenza sgradita di cui lei bambina era stata investita: quella di
sorvegliare che dei passanti per strada non si infilassero nella corte per
rubare dell’ uva.
“ Cosa vuoi che stessi ad attendere all’ uva,
come mi si diceva di fare… Scappavo via, io, se
vedevo qualcuno “
Mohammad ritrovato
Stamane finalmente ho potuto ricontattare al
telefono Mohammad, che solo ieri ha avuto l’avvertenza di comunicarmi, in
un messaggio in facebook, il numero di cellulare
al quale potevo ricercarlo, dato che l ultimo che mi aveva trasmesso, come
gli ho fatto sapere in risposta, l’avevo smarrito, con il mio stesso apparecchio,
sul treno che mi portava a Delhi verso il volo di rientro in Italia.
Mi diceva di essere rimasto a lungo
indispettito, in quanto credeva che non l’avessi ricercato perché non lo
sentivo più importante nella mia vita, il che era smentito, potevo testimoniargli,
dai vari inviti affettuosi che gli avevo rivolto in facebook,
perché si facesse vivo o desse un seguito ai suoi richiami, in appelli gli
uni e gli altri che erano caduti tutti nel vuoto.
Mohammad era all’aperto, preso il negozio
dell’amico Abbaz, quando ci siamo così finalmente
risentiti, ed era tutto teso a volermi fare sapere le nuove sulla sua vita-
D’accordo con la volontà del padre continuerà
a studiare solo fino alla fine del decimo anno di studio, la prossima
primavera, dopo di che se ne andrà a Delhi in cerca di lavoro.
“ Ora devo pensare solo alla mia famiglia. Mio
padre non ne vuol più sapere di restare in Khajuraho.
I turisti sono sempre di meno e con i suoi guadagni come venditore di the
porta a casa solo di che mangiare. Lui se ne andrà a lavorare in Ratlam da mio cugino, o come me in Delhi, affitteremo
la nostra casa in Khajuraho, e mia madre e mia
sorella andranno a vivere in appartamento a Kanpur. In Delhi penso di poter
guadagnare 5.000 rupie al mese. Ora non posso non fare così. Tra tre,
quattro, cinque anni , mia sorella deve essere maritata”
“ Un matrimonio costa almeno un lak, vero?
“ No, due, anche tre lak”,
duecento, trecentomila rupie.
Mi era impensabile come potesse arrivare ad
assicurarsi la somma con un lavoro regolare remenerato
così poco
Ed a scuola? Ci andava solo qualche volta, mi
confessava in tutta verità. .
“ E’ quanto mi ha confermato il principal della scuola, quando ho dovuto contattarlo
per il mio visto d’impiego- gli replicavo.-.
Mohammad, quest’anno hai gli esami, come puoi credere di avere buoni
risultati se non vai a scuola ogni giorno?”
Il ragazzo lo sentivo incapace di propositi
convincenti , in quel che in risposta si riprometteva, benché mostrasse di
sapere che con il solo attestato di frequenza, e senza avere superato gli
esami, anche se avesse trovato un lavoro la sua paga sarebbe stata ancora
più bassa., inferiore a quella che esiti validi agli esami gli avrebbero
potuto consentire di ricevere
E con Muskan?
Tutto era finito da un mese e mezzo, "ed
ora lei viveva in Rajnagar. Il suo nuovo numero
di telefono non glielo aveva voluto comunicare..
E tutto il vostro amore?"
Non poteva concederselo nella sua attuale
situazione.
“ Se ami sei tutto concentrato nel tuo amore, sulla
persona che ami, tu appartieni solo a lei, lo sai che l’amore è cieco, non
vede nient’altro, mentre ora devo pensare solo alla mia famiglia. Ed ho
deciso che non mi sposerò mai”
“ Anche quello per la tua famiglia è amore” un
amore ritrovato, dopo che ai tempi più passionali del suo amore per Muskan, avrebbe voluto lasciarla, per il loro rifiuto
di tale sua relazione, al punto di volerlo disconoscere e cacciare di casa.
“ Si tratta di amori diversi, Rico, Il mio
amore per Muskan non è come il mio amore per la
mia famiglia o come il mio amore per te. Rico, il denaro viene e corre via,
ricchezza e povertà salgono o scendono, ma il mio amore per te è sempre lo
stesso. E prima o poi voglio comperarti una Ferrari”.
Il
collegamento telefonico di lì a poco s’interrompeva., mentre rifluiva
ininterrotto il mio affetto per il ragazzo, quale che fosse l’attendibilità
delle care parole della sua cara voce
Non ci si può quindi stupire se cinquant’anni
dopo – in una fase di straordinaria fioritura di movimenti reazionari, di
estrema destra e integralisti – vediamo ammazzare i blogger atei in
Bangladesh o gli scrittori libertari in Egitto, in India e altrove”; “Sì,
paura. Oggi, nel Regno Unito, a Londra: paura di essere aggrediti
fisicamente, di essere assassinati”; “A Parigi ci sono giornalisti di
origine algerina, che si occupano soprattutto di integralismo musulmano,
che da anni vivono sotto scorta; un’attrice di teatro di origine algerina è
stata aggredita in pieno giorno, hanno cercato di bruciarla viva a due
passi dal teatro dove andava in scena la sua pièce,
J’ai trente ans et je me cache encore pour fumer (“Ho
trent’anni e ancora mi nascondo per fumare”)”: “straordinaria fioritura di
movimenti reazionari, di estrema destra e integralisti” … paura a “Londra”
… paura a “Parigi”: beh, forse quando scrivo di fare attenzione, non ho
tutti i torti, forse non sono la reincarnazione di Hitler.
E poi certo, quei ragazzi, quelle persone che
vogliono la loro libertà vanno difese ed aiutate, anche perché con i loro
gesti aiutano anche noi. Aiutate da tutto l'Occidente, destra e sinistra.
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi certo, ma evitando di vivere nella
mortificazione esistenziale e culturale di una paranoia coatta che fa
credere a ogni paura e sospetto e con cui si conclude grottescamente l
articolo, accreditando che le reazioni degli islamisti troverebbero
sostegno presso la sinistra umanitaria. passo e chiudo.per
più magnifiche ossessioni.in più spirabil aere.
Simone Lanzi
Simone Lanzi
"Lo spirito del mondo seduto a cavallo che lo domina e lo
sormonta".
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi l'aere delle
virtù teologali "dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò."
ene, leggerò con attenzione le sue fonti. Poi si dovrà
decidere, tra le mie fonti e le sue, quali sono attendibili e quali no. O è
già deciso?
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12:46 · Modificato
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi la mia era solo una mossa obbligata, senza
più seguito vano.
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13:17
Simone Lanzi
Simone Lanzi
"Seguito vano"? Ha forse perso ogni speranza? (P.S. Sul libro
della Salomé, non trovo il dialogo tra l'autrice
e lo psichiatra, dialogo di cui lei mi parlava. Si ricorda? Non sarà per
caso in un altro libro?).
Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore
13:34
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi Cristianamente sono consapevole che quel
che conta nella dianoia degli orientamenti umani è la fragile e dolorosa
testimonianza che si rende della propria sequela della Parola con la
propria condotta e le proprie scelte di vita , tanto più se costano come a
me lacrime e sangue e non costituiscono solo schermaglie via internet. Quel
dialogo appartiene alla fiction de Le lacrime di Nietzsche .che le ho
trasmesso.
Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore
13:54 · Modificato
Simone Lanzi
Simone Lanzi Mi
spiace sentirla sofferente. Mi lasci fare una considerazione, anche se di
lei so poco e niente. La sua testimonianza, dal mio punto di vista, è
tutt'altro che "fragile". Lei fa tutto quello che può per aiutare
il prossimo. Nelle parole e nei fatti. ... Anche
le schermaglie su Internet sono importanti. Io leggo e magari, sottolineo
magari, correggo i miei errori di ragionamento e comportamento, e così,
magari, faranno altri. Se mi permette, ripeto che di lei so poco e niente,
credo che lei pretenda troppo da se stesso. Questo le fa onore, ma più di
ciò che le è umanamente possibile, che cosa potrebbe fare...
27 ottobre alle ore 14:46
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi grazie di quanto esprime nei miei
confronti. Ma il legno è quello della Croce. A meno di stare in un inferno
e credersi in Paradiso.
· 27 ottobre alle ore 19:49
Simone Lanzi
Simone Lanzi Lei
scrive in modo ermetico. Non so se ho capito, ma proverò a rispondere, e lo
farò in modo altrettanto ermetico. Quindi ... le dico che in Paradiso non
ci si lamenta.
Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore
23:01
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi Il legno della Croce è quello della mia
navigazione, nei termini agostiniani in cui se ne è già parlato. Ho quindi
ripreso delle considerazioni di Simone Weil. sull'inferno dei paradisi
mondani in cui le vite cieche trovano la loro contentezza in surrogati del
Paradiso reale, mancando la felicità che è data da esso soltanto. Ma esso
non è mai di questo mondo, per questo l'anelito ad esso è intriso sempre di
sofferenza, nel nesso indissociabile tra la Gloria e la Croce. L'inferno è
il poco o nulla che si è riusciti o ci si è appagati di essere, in termini
di amore.
· 28 ottobre alle ore 0:03 ·
Simone Lanzi
Simone Lanzi Tutto
stupendo, tutto estremamente interessante. Tutto. La ringrazio di cuore ...
Ma insisto. Noi siamo esseri umani, liberi, certo, ma pur sempre umani. Non
è forse umano essere mancante e quindi, più che commettere delle mancanze,
non poter, ontologicamente, far di più? ... Ancora. Non è forse umano
sbagliare? Non è forse umano commettere il peggiore dei crimini? Non è
forse umano, dopo averlo commesso, non pentirsi? ... Dio, creandoci, non sa
da sempre tutto ciò? Come può un Dio essere toccato da un'azione umana, per
quanto aberrante? ... Non giustifico, non cado in nessun relativismo. Ma le
cose sono complesse, al limite della contraddizione ... E se la verità si
nascondesse nella contraddizione? ... La verità ...
28 ottobre alle ore 1:43
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi direi che ci sono diversi livelli o gradi
di perfezione nell'attuazione della natura umana , dal matricidio di Nerone
al sacrificio della propria vita per salvare quella di altri di Salvo
d'Acquisto, o di padre Kolbe, e che Paradiso ed
Inferno è figurare per sempre il compimento dell
idea di uomo che si è adempiuto nel corso di questa esistenza. Che poi
l'amore sia più forte della morte perchè è tenuto
ad essere più forte delle pulsioni omicide di cui è gravido è un altro
discorso imprescindibile.
· 28 ottobre alle ore 2:42 ·
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi grazie a mia volta, dei suoi apprezzamenti
delle posizioni che ho espresso. detto teologicamente, non c'è peccato che
non possa essere perdonato. Non c'è situazione che precluda un
perfezionamento ulteriore. L'inferno è l'identità eterna che di noi
configuriamo non sbagliando o peccando, ma rifiutando di emendarci,
l'elevazione possibile, trovando già nei beni di questo mondo la nostra
vita bella ideale. Con Mancuso sono per il patripassianesimo.
Dio non è l'Assoluto, la creazione l'ha coinvolto nella luce e nelle
tenebre del mondo.
“seguito vano." avevo già scritto, che
tradotto significa senza farmi illusioni che servisse a qualcosa darle
alcun seguito. Quod erat
demonstrandum. Q.e.d. E mi saluti De Sade.
Mi piace · Rispondi · 28 ottobre alle ore 3:40
· Modificato
Simone Lanzi
Simone Lanzi
Addirittura De Sade. Se vuole le saluto anche il Conte Dracula. (Sto
sorridendo) ... Ho dato un'occhiata al documento di MSF, da loro mi
aspettavo di più, a livello scientifico, intendo. Per esempio: se danno una
cifra o una percentuale che indichino con precisione la fonte, così che noi
si possa verificare e meglio giudicare.
· 28 ottobre alle ore 20:20
Odorico Bergamaschi
Odorico Bergamaschi Premesso che con il Divin
Marchese de Sade sono in ottimi, squisiti rapporti, e che se lui non ci
fosse mai stato un de Sade si sarebbe pur dovuto inventarlo, nel
rammemorarglielo mi riferivo a queste - asserzioni di un suo post "
Non è forse umano commettere il peggiore dei crimini? Non è forse umano,
dopo averlo commesso, non pentirsi? ." Come vede cerco di valermi di
ciò che il mio interlocutore mi dice.
28 ottobre alle ore 20:44 ·
Simone Lanzi
Simone Lanzi
Confermo quello che ho scritto, tutto quanto. L'importante è che quelle
asserzioni, che lei ha appena ricordato, siano collocate nel loro contesto
... mistico. (Lou Salomé,
a proposito di Nietzsche, accosta la mistica alla felicità del contrasto).
· 28 ottobre alle ore 21:28
Odorico
Bergamaschi
utto su mia madre III
La volta scorsa, nel parlarmi della famiglia
in cui si era ritrovata a vivere dopo avere sposato mio padre, un criterio
di discernimento univoco, nel discorrerne, per mia madre veniva
inflessibilmente separando i suoi cognati buoni da quelli cattivi: fratelli
o sorelle di mio padre, e i relativi coniugi, per lei assumevano anche da
morti, pressoché tutti, parvenze positive o negative a seconda che in vita
avessero fatto capo alla casa madre di mia nonna per apportarvi od
asportarvi di tutto, mia madre a servirli e riverirli per ogni evenienza ,
mentre mia nonna le grugniva contro ad ogni sua minima richiesta. che
tentasse di avanzare.
Così la zia *, pace all’anima sua, era ancora
invisa a mia madre perché inviava d’estate il figliolo più grande
sprovvisto di tutto, cosicché glielo rivestissimo da capo a piedi prima che
facesse ritorno.. Era la stessa zia, sia sempre in gloria, che quando con
mia sorella e mia madre anch’io mi ero presentato a casa sua, non aveva di
certo fatto buon viso a cattiva sorte, ma piuttosto aveva fatto di tutto
perché rientrassi a casa nostra con mezzi di fortuna.
E lo zio *, era ancor vivo in una memoria di
mia madre verso di lui impietosa nonostante la sua recente morte, solo per
tutte le volte che aveva invitato dei suoi amici a farsi tagliare un salame
e aprire bottiglie di vino a casa di mia nonna, gozzovigliando a sue spese
con gran lavoro in cucina e di repulisti di mia madre.
Gran donna invece la zia *, che non mancava
mai di capitare senza qualche vestitino ch’era una meraviglia per mia
sorella, o qualche maglioncino bellissimo per me, di cui si riforniva
presso il negozio di capi di abbigliamento di cui disponeva il figlio.
Mio zio, suo marito, se a sua volta era
davvero un uomo sul cui conto non c’era di che dire, era per averle più
volte detto, in gran confidenza, “ Ma che ce ne facciamo di tutta questa
roba? Venti, trenta chili di mele…”, imbarazzato
da tutti i generi alimentari, formaggio, olio, salumi, ogni ben di Dio, di
cui mia nonna assicurava il carico sulla sua auto svuotandone il negozio,
per omaggiarne della regalia mia zia sua figlia.
E’
una visione delle proprie relazioni di parentela, quella di mia madre così
sincerata, che per grama che possa parere, è di certo meno desolante della
realtà di quanto non intercorra tra i suoi figli, tra i quali è patologico
pur anche il parlarsi, tale è il timore, nei servigi resi a mia madre, di
quello che l uno può chiedere all’altro, o il rancore che insorge per il
rifiuto variamente frapposto, ciascuno presumendo che la propria vita sia
la più asservita o generosa.
Dalle interviste a mia mamma in via di
trascrizione
Sul fascismo
Mi ricordo ancora della radio su una finestra
dell’osteria, in Malcantone, quando la voce di
Mussolini ha dichiarato la guerra. La gente di sotto, sbalordita, “ C’è la
guerra, c’è la guerra…”. Che vuoi, ero una
bambina, avrò avuto allora nove anni, ma in quel momento ho avuto il senso
che avesse paura, che non ne fosse esaltata. …Il
fascismo ho imparato a conoscerlo andando a scuola, da quel quadro di
Mussolini sopra la cattedra, poi il quadro del re ed in mezzo il
crocifisso. Tutte le mattine in piedi prima le preghiere, poi la canzone
patriottica. Ci facevano sempre fare ginnastica una mezz’oretta, ed io ne
ero contenta perché uscivamo fuori. Per non dire degli esercizi ginnici, a
sfilare per la piazza, davanti alla scuola, con la gonnellina nera, la camicettina bianca, con il distintivo della Gil, Giovane italiana del Littorio. Erano divertenti le
sfilate, ci mettevano tutte in fila, con le nostre maestre al fianco, e via
che si andava….” Un due, un due, avanti march,
destr, sinistr, saluto al duce…”
Che vuoi che andassi a pensare che fosse a
sfondo fascista o non fascista.
Allora
erano tutti inquadrati. Ce n’erano pochi che si dissociassero da quella
idea li, le maestre poi… La maestra Giannina era fascista fino alla punta dei capelli. Il
fascismo e le sue sfilate facevano parte dei programmi della scuola.
1
novembre 2016
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Sempre dalle interviste a mia madre che vengo
trascrivendo
L'alimentazione in tempo di guerra
In tempo di guerra cambiava il modo
alimentarsi per voi che avevate la campagna ? C’erano per voi delle
restrizioni?
Si cercava di ripiegare con le cose che si
facevano in casa, e lo stesso c’erano delle restrizioni La carne di manzo
era tesserata, la andavamo a comperare solo il sabato e la mangiavamo una
sola volta la settimana. Ma con la macellazione dei maiali che d'inverno si
faceva in casa c’erano i cotechini, i salami, gli zampetti, la soppressata,
la stessa testa del maiale privata delle ossa e messa sott'olio, le ossa
poste sotto sale in una camera fresca per essere usate nel fare il brodo.
Alla festa così mangiavi il tuo cotechino con le verze o le patate, e con i
cotechini si andava avanti fin quasi d'estate. . Era così che si cercava di
economizzare le carni di manzo e la roba che erano tesserate. Mangiavamo
molte uova perché avevamo le galline, mi mandavano anche a venderne al
mercato di Concordia, poi quando le galline non facevano più uova una alla
volta venivano uccise, e con i loro quarti e con le ossa di maiale che
buono che era il brodo che si faceva. Il formaggio era quello del casello
dove portavamo il latte, ne prendevamo due, tre chili, alla volta, e delle
volte portavamo a casa anche una o due forme intere., di quelle che non
erano vendute perché avevano dei difetti. proprio piccoli. Patire la fame
mai, ma perché .cercavamo di utilizzare tutte le cose che potevamo fare in
casa, il formaggio e il burro del casello dove portavamo il latte, senza
dover ricorrere ai mercati come si fa adesso
.Quello che si andava a comperare nelle
botteghe era il minimo, il riso e la pasta, che mi ricordi, ma come il pane
anche la pasta il più delle volte la facevi in casa, facevi molta sfoglia,
i bigoli e i maccheroni con il torchio, facevi la
pasta trita, facevi le tagliatelle, insomma in casa veniva fatto quasi
tutto.
Delle gran frittate, dei grandi intingoli la
sera, i “ pucin”, … avevi i pollastri, li
accoppavi , e con le rigaglie, i magoni, i fegati e le ali, facevi gli
intingoli di carni e patate.
La terra a saperla usare ti dava tutto, e l orto
era una bottega, (con i suoi spartiti) di insalata bianca, insalata verde,
prezzemolo, sedano, pomodori, peperoni, radicchi, verze, zucche, patate...
Insomma,
nonostante la guerra chi aveva la terra allora non stava male, c’era il
casello, c’erano i capponi, le galline, le faraone, patire la fame mai, che
mi ricordi
Da
parte di Beppe Grillo si è detto
o blaterato di un pazzesco Vaffa lanciato contro l’establishment americano, e il
suo politically correct,
con l elezione di un miliardario evasore e bancarottiere qual’è Donald Trump a quarantacinquesimo presidente
degli Stati Uniti di America, alla
cui poltrona del Tesoro già si sfidano banche d'affari. Ai trumpisti e neotrumpisti così
sintonizzati in ascolto, specialmente a quelli che sussistono fra le file pentastellate, vorrei sommessamente far presente che è
un colossale Vaffa scagliato anche contro
l’antirazzismo e l’antisessismo e l’universalità dei principi della civiltà
liberale, che pur ha raccolto nella pur esecrabile Hillary Clinton la
maggioranza del voto popolare americano. Inoltre vorrei non di meno
ricordare che tale vaffa non è stato emesso solo
dai più disperati e dimenticati d’ America, i forgotten
di cui ha detto bene il neo presidente, e che nel Partito democratico americano
o in quelli europei e italiani di centro sinistra e di sinistra, chiusi in
bolle mediatiche come le loro Leopolde, non
ritrovano più rappresentanza, ma che tale Vaffa è
stato truonato con voce ben più potente dalla old economy del petrolio e del carbone che vuole
sabotare gli accordi di Parigi sulla riduzione dell’ inquinamento
ambientale, a detrimento delle energie rinnovabili, dalle industrie delle
armi contrarie a qualsiasi limitazione del loro uso e favorevoli alla loro
introduzione nelle stesse scuole, in chiese e pubblici uffici, dalle case
farmaceutiche americane ostili alla riforma sanitaria dell’ Obama care che ne calmiera il lievitare dei profitti, dai capitani
d’industria americani che hanno tutto da guadagnare dalla elevazione di
barriere doganali e protezionistiche, a danno ad esempio della Brembo che
opera in Messico, non che dai rigurgiti del Ku Klux Klan e dei movimenti
razzisti e sessisti, ferventemente devoti e tardopatriarcali,
che vogliono trasformare in una miscela esplosiva neoschiavista e
indecentemente maschilista il melting pot multietnico americano. A tali entusiasti vorrei
infine rammemorare, sommessamente, che gli auguri più calorosi a Trump sono
stati espressi da autocrati quali Putin, Erdogan,
Al Sisi, dei colossi dai piedi d’argilla ai quali
se si lascia spazio e campo, alle frontiere orientali di Unione europea e
Nato e in Medioriente, in lotta ed in combutta
non meno di quanto si dipingessero essere i Clinton con Iran e Arabia
Saudita, l' una contro l’altra armata, è dubbio che ne traggano giovamento
le nostre istanze di sicurezza e la nostra economia, non che l’
umanizzazione della nostra civiltà .
12
novembre 2016 ( apparso sulla Gazzetta di Mantova)
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Ed ora, amico mio,
Che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra i
cumuli intorno di parole nei libri
Senza più la certezza di ricongiungerci,
un giorno,
Dove di
nuovo come la sera cala su giochi ed
attese
Il gelo del tuo attaccamento incubi che gelosa
follia
Il residuo calore che avventura ancora i miei anni
Oltre
l’attendere qui solo la la morte nel passare dei giorni
Ora è
che amore di te crepito, mio
caro,
Per quanto so che sei perduto se non ti
sostengo
Per quanto tu in me confidi
Benché
di me tutto tu sappia.
Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e
tanto
Che la gabbia di stenti è il suo imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi. e il
morire
Nel sogno di te.
Varianti
Ed ora, amico mio,
Che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra i
cumuli intorno di parole nei libri
Senza più alcuna certezza di ricongiungerci,
un giorno,
Dove di
nuovo come la sera cala su giochi ed
attese
Il gelo del tuo attaccamento anneri la gelosa
follia
Il residuo calore che avventura ancora i miei anni
Oltre
l’attendere qui solo la la morte nel passare dei giorni
Ora è
che amore di te mi alimenta,
mio caro,
Per quanto so che sei perduto se perdi il mio
aiuto
Per quanto tu in me confidi
E mi affidi i tuoi figli
Benché
di me tutto tu sappia.
Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e
tanto
Che la gabbia di stenti è il suo imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi. e il
morire
Nel sogno di te
.Ed ora, amico mio,
che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra i
cumuli giacimenti intorno di parole
nei libri
Senza (che) più alcuna certezza ( mi rianimi )
di ricongiungerci un giorno
Dove di
nuovo come la sera cala su giochi ed
attese
Il gelo del tuo attaccamento anneri /intenebri la si intenebri in
gelosa follia
Il residuo calore che avventura ancora i miei anni
Oltre
l’attendere qui solo la morte
nel passare dei giorni
Ora è
che amore di te mi
alimenta, mio caro,
Per quanto so che sei perduto se perdi il mio
appiglio
Per quanto tu in me confidi benché di me
tutto tu sappia.
Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e
tanto
Che la gabbia di stenti è il suo imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il
morire
Sono di nuovo passate le 17, 30 , senza che
mi sia pervenuto neanche un messaggio di conferma o diniego della
concessione del visto. Ed in me continua l’angoscia che ne trae
un sospiro di sollievo, perché ho eluso per un altro giorno
l’impatto con la negazione del visto che mi avrebbe costretto a una
resa dei conti con le pulsioni estreme della mia depressione.
Ma non è che ogni giorno mi trovi così
sospeso tra la vita e la morte perché io scalpiti di ritrovarmi in India:
il disavanzo economico pauroso del mio sostegno a Kailash
e l’inettitudine sua e di Ajay che incupiscono
ogni prospettarsi di un futuro in comune, gli stati letali del mio
protrarmi in India, gli ultimi mesi, senza potere più sconfinare da Khajuraho e concedermi niente, guatato dalla
gelosia di Kailash nei soli scampoli di
gioia che fuori delle mura della sua casa ritrovavo nel solo
rivedermi con Mohammad , ( pure tra tanta costernazione mentale, mentre
quant’era bello, Dio mio, ritrovarci tutti insieme la sera, nella
meraviglia radiante da Chandu, Poorti ed Ajay intenti nei
compiti), il finire tra i templi di Khajuraho
di nuovo ogni giorno per forza di inedia e per il completamento o l’
approfondimento dei miei studi inerti, ripercorrendo interminabili filari
inespressivi di statue di Shiva o di Vishnu,
senz’altro in loco in cui potessi ricreare la mente fuori
dei miei libri e delle mie divagazioni in internet, - tutto il peso
di tali miei trascorsi recenti rallenta ogni mio intento di farvi ritorno,
non fosse la nostalgia di riabbracciare tutta la tenerezza in cui si
rammollisce ogni inaffettività di Kailash, Ajay, Poorti e del mio adorato Chandu,
come tutta la calorosità fisica del mio lazzerone
Mohammad , nel suo sventuratissimo, miserabilissimo splendore.
Ciò che mi fa disperare e mi toglie la
vita è piuttosto l’ idea che per un inghippo burocratico io non possa mai
più rimettere piede in India e ritrovarmi con loro, di non potervi
più riprendere sul campo e allargarvi le mie insostituibili ricerche
archeologiche, in siti e monumenti su cui ricade solo l’oblio e l’ incuria,
o lo schifo ributtante di un degrado turistico che è il
vilipendio per denaro della loro bellezza spirituale, nello sconforto
che le sole certezze cui posso appigliarmi, sono che raggiungendo invece il
Nepal posso convocarvi tutti quanti loro, sia pure per pochi giorni
soltanto, o il dato giudiziario che anche le proscrizioni delle black list conoscono un
termine, di non più di tre anni.. Che per me sarebbero di attesa in
una solitudine orrida.. Come l’altra notte, quando mi sono ritrovato
ad un altro giorno di meno tra me e la morte, lontano da loro e isolato da
tutto, nella mia camera da letto come già in un mio loculo, e le case e le
vie di fronte mi erano solo uno slargo funerario senza più battito di
vita. Solo in stanza con il mio respiro animale.
17 novembre 2016
Sono di nuovo passate le 17, 30 , senza che
mi sia pervenuto neanche un
messaggio di conferma o diniego della concessione del visto. Ed in me
continua l’angoscia che ne trae un
sospiro di sollievo, perché ho eluso per un altro giorno l’impatto
con la negazione del visto che mi avrebbe costretto a una resa dei conti con le pulsioni estreme della mia
depressione.
Ma non è che ogni giorno mi trovi così
sospeso tra la vita e la morte perché io scalpiti di ritrovarmi in India:
il disavanzo economico pauroso del mio sostegno a Kailash e l’inettitudine sua e di Ajay che incupiscono ogni prospettarsi di un futuro in
comune, gli stati letali del mio
protrarmi in India, gli ultimi mesi,
senza potere più sconfinare da Khajuraho e
concedermi niente, guatato dalla
gelosia di Kailash nei soli scampoli di
gioia che fuori delle mura della sua
casa ritrovavo nel solo rivedermi con Mohammad , ( pure tra tanta
costernazione mentale, mentre quant’era bello, Dio mio, ritrovarci tutti
insieme la sera, nella meraviglia radiante da Chandu,
Poorti ed Ajay intenti
nei compiti), il finire tra i templi
di Khajuraho
di nuovo ogni giorno per
forza di inedia e per il completamento o l’ approfondimento dei miei studi,
ripercorrendo interminabili filari inespressivi di statue di Shiva o di Vishnu,
senz’altro in loco in cui potessi ricreare la mente fuori dei miei libri e delle mie
divagazioni in internet, - tutto il
peso di tali miei trascorsi recenti rallenta ogni mio intento di farvi
ritorno, non fosse la nostalgia di riabbracciare tutta la tenerezza in cui
si rammollisce ogni inaffettività di Kailash, Ajay, Poorti e del mio adorato Chandu,
come tutta la calorosità fisica del
mio lazzerone Mohammad , nel suo sventuratissimo, miserabilissimo
splendore.
Ciò che
mi fa disperare e mi toglie la vita è piuttosto l’ idea che per un
inghippo burocratico io non possa mai più rimettere piede in India e ritrovarmi con loro, di
non potervi più riprendere sul campo e allargarvi le mie insostituibili
ricerche archeologiche, in siti e monumenti su cui ricade solo l’oblio e l’
incuria, o lo schifo ributtante di un degrado turistico che è il vilipendio per denaro della loro bellezza
spirituale, nello sconforto che le sole certezze cui posso appigliarmi,
sono che raggiungendo invece il Nepal posso convocarvi tutti quanti i miei
cari, sia pure per pochi giorni soltanto, o il dato giudiziario che anche
le proscrizioni delle black list
conoscono un termine, di non più di
tre anni.Che per me sarebbero di attesa in
una solitudine orrida.. Come l’altra
notte, quando mi sono ritrovato ad un altro giorno di meno tra me e la
morte, lontano da loro e isolato da tutto, nella mia camera da letto come
già in un mio loculo, e le case e le vie di fronte mi erano solo uno slargo funerario senza più battito di
vita. Solo in stanza con il mio
respiro animale.
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New currency
Oggi con Kailash
al telefono mi sono intrattenuto a lungo sulle traversie che lo coinvolgono .a seguito
della messa fuori corso in India
delle banconote di 1000 e di 500 rupie, per contrastare sia la contraffazione che
la corruzione e le contrattazioni in nero. Finora hanno provocato il
caos, code interminabili davanti
alle banche, la situazione generale di famiglie che non possono più
comprare e di negozi che non
vendono. Ma a quanto Kailash me ne ha detto, a
fronte di tali e tanti disagi ogni giorno cambiano le disposizioni sulle new currencies, su
quante banconote di nuovo taglio si
possono ritirare in banca in luogo di quelle che si sono depositate e che
vengono ritirate dalla
circolazione, così le difficoltà ora vanno alleviandosi, e tali misure volute da
Modi stanno trovando il suo convinto
consenso.Mentre i primi giorni matrimoni o
spese agricole erano impossibilitati
dalle misure iniziali disposizioni più elastiche consentono per sovvenirvi
di superare la soglia del massimale di 24. 000 rupie prelevabili per
settimana, ne vengono rilasciate
25.000 se si richiedono per comperare urvarak, concimi o fertilizzanti, o 50.000 se occorrono perchè si è
uomini di affari, elevando il prelievo consentito fino a 250.000 rupie se
si tratta di spese matrimoniali, La gente per lo più deposita ora di giorno
in banca le banconote fuori corso, e fa la fila di notte per ritirare dai bancomat quelle appena entrate in circolazione, nei nuovi tagli
di 500 e di 2.000 rupie . Chi poi
deposita somme già in sé cospicue, 50.000 rupie alla volta, per esempio
ma per importi inferiori a 300 000
rupie, l' importo da cui inizia la
tassabilità dell’ammontare, deve
farlo trasmettendo il proprio codice bancario, di modo che l’assommarsi sia tassabile
quando si supera la soglia delle 300.000 rupie. In tale stato delle cose oggi solo dopo tre,
quattro ore di fila egli ha potuto
depositare 4.000 rupie, mentre in
casa ne dispone di altrettante, e la restante vecchia valuta ha già potuto
utilizzarla per pagare la bolletta
della luce.
Iniziava a dirmene e udivo intanto con quella di Poorti nelle altre stanze la voce di Chandu, che ho fatto chiamare al telefono perché ci
salutassimo e gli dicessi quanto mi è caro.
Poi si è passati a parlare dei mancati
affari del negozio, delle spese scolastiche di Poorti
e Ajay di cui gli ho chiesto di farmi fare il
rendiconto dal principal, per ultimarne a
dicembre il pagamento. Ed il suo pensiero è corso a colui alle cui spese
scolastiche non avrei provveduto.
“ E Mohammad?”
Me ne ha chiesto con tale umano delicato
riguardo, che non gli ho taciuto che due settimane or sono siamo rientrati
in contatto, solo dopo che il ragazzo aveva avuto l 'avvertenza di
comunicarmi in facebook
il suo ultimo numero di telefono, che avevo smarrito con il mio cellulare
nel mio viaggio in treno per Delhi
alla partenza dall’ India.
Poi
si erano persi i nostri contatti, perché Mohammad non disponeva nemmeno di che
effettuare una ricarica della sim
card
“ Ma se le batterie sono cariche, può
ricevere ugualmente, sempre che lui sia nel Madhya
Pradesh”, mi replicava la lucidità implacabile di
Kailash.
Del ragazzo gli facevo comunque sapere che secondo
le intenzioni di suo padre studierà solo fine alla fine della classe in
corso, la decima, dopo di che sarà
avviato al lavoro in Delhi.
Poi si perdevano nei nostri discorsi i
riferimenti al ragazzo, nella mia urgenza sciagurata di far sapere tutto al
consolato indiano della situazione in cui verso, pur di strappare il visto
che ci ricongiunga.
17 novembre 2016
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"Meno spendo, e più risparmio, più a
lungo posso darti aiuto, e di più posso lasciarti quando io ti lasci
morendo"" Less I spend,
more I save money, more
for a long time I can
Help You , and leave You money when
I die,", così al telefono sintetizzavo a Kailash la sola natura delle mie preoccupazioni
economiche, che mi fa restio a spendere oltre il minimo indispensabile, a
concedermi alcunché di più. Avevamo già lungamente discorso del mancato
ottenimento del visto a tutt’oggi, ad oltre 67 giorni da che al mio arrivo
stesso in Italia ho inoltrato la richiesta, cercando una spiegazione alle
ragioni dell’ultima risposta fornitami dall’ open sourcing
center " Egregio sig. B., buon pomeriggio,
Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo
chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a
presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato
ribadito che, al momento, non risulta necessario.
Con i nostri cordiali saluti”
Kailash supponeva che le autorità consolari indiane volessero
lasciare passare tre mesi prima della conversione della mancata concessione
di un visto lavorativo in un visto turistico, io propendevo a credere, ed
ancor più credo tuttora, che invece abbiano intrapreso un ‘indagine sulle
mie attività in India durante tutti questi anni, e che restino in attesa di
riscontri, - come altrimenti si spiega , che almeno al momento, il
colloquio con il sig. Console Generale non risulti necessario?-, e tentavo
di farci coraggio ripetendogli che tale sospensiva è vero che non è un si,
ma è pur vero che non è neanche un no, e che se avessero già potuto
decidersi in tal senso non starebbero ancora aspettando oltre due mesi per
pronunciarsi.
Così si fa difficile anche che io possa essere
in India a gennaio, se potrò più farvi ritorno, comunque al mio rientro
avevo già messo in conto di passare quest’anno il Natale (qui) con i miei
familiari, il che dava una luce di conforto a Kailash,
un motivo per farsi una ragione del mio protrarmi in Italia.
“ Così, se per Natale sei con la mamma, tua
sorella, tuo fratello, tuo nipote, non è un problema se (ora) non sei
ancora qui “, in Khajuraho dove comunque gli
arriva ogni giorno da migliaia di chilometri di distanza la mia parola di
sostegno, per telefono è come se fossi con lui, e tra noi non ci sono
dissensi e scontri come accade puntualmente quando siamo insieme
“ Si, ma quando eri qui tu pensavi alla casa,
alla salute dei nostri bambini, alla loro scuola, mentre io ero al mercato
e me ne stavo via..
" Eri tu che davi a Chandu
dasko rupees, ricordi,
una o più volte, ora sono io che devo dargliele".
Mi faceva ora davvero piacere che me lo
dicesse, gli ribattevo ridendo, perché quando ero a Khajuraho,
gli ho ricordato, mi rimproverava sempre di non fare niente per loro, di
non provvedere e di lasciarli sempre senza rupie, di spendermi solo per un
altro...
“ Ma dicevo così quando tra noi c’erano “ drama “
Gli suggerivo di supplire alla mia mancanza
facendosi aiutare da Poorti ed Ajay, la bambina poteva indicargli tutto ciò che
venisse a mancare in casa di occorrente, Ajay poteva
fargli sapere se la sorella e Chandu avessero
bisogno di quaderni o di altro materiale per la scuola, e quanto alla
salute dei bambini, che fortunatamente è buona, si recasse per ogni
disturbo dal dottor Kare, il medico che è
divenuto anche di sua fiducia.
E quanto a denaro, ne disponeva a sufficienza,
nonostante l’attuale caos in India del cambio in corso delle vecchie
banconote di cui era diffusa la contraffazione con i nuovi tagli delle 500
e 2000 rupie? Almeno ne aveva abbastanza fino a venerdì, quando potrò
inviargli un nuovo importo?
Il solo vero problema era la farina di grano
che cominciava a scarseggiare, ne restano ancora venti chili, e possono
bastare solo fino alla prossima settimana, poichè
la famiglia ne consuma ogni giorno un chilo e mezzo per impastare chappati. Occorreva anche riso, che piace a Poorti e Chandu, e gli è
difficile ora assicurarlo loro ogni giorno, ma come rilevavo a Kailash ne occorre una quantità assai minore che quella
che deve usare di farina, potranno bastare per ora alcuni pacchi,
invece dei “ bori” o sacchi per 890 rupie di
25 , 20 o 10 chili, a seconda della qualità del riso. E quanto a me? Quanto
veniva a costarmi la mia vita da solo in Italia, in più di quella in India
associata con loro? Dicevo di farcela con 10 euro al giorno, salvo le spese
per recarmi una volta la settimana da mia madre, quelle in aumento per
acqua, luce, gas, ora che ne faccio effettivo consumo. Non cambiava gran
che rispetto a quando ero in India, a fare lievitare i costi della mia vita
sarebbero eventuali viaggi, come accadeva anche in India quando li
intraprendevo. Ma confido, se mai farò ritorno, di potermi ripetere negli
stessi viaggi all’interno del solo Madhya Pradesh, sperimentando le comodità che offre la nuova
linea ferroviaria che collega Khajuraho con Chhatarpur, Tikamgarh, Lalitpur, e con i grandi centri d’arte di Deogarh, Chanderi, con le
piccole Khajuraho che furono un tempo Dudhai, Chandpur, che vorrei
tornare a rivedere con Kailash che non vi è mai
stato, progettando nuovi itinerari con i fantasmatici
visitatori che siano suoi fantasmatici clienti,
che da Lalitpur potrebbero proseguire in tempi
abbreviatisi per Vidisha, Sanchi,
la stessa Bhopal, il Sud dell'India in ogni
direzione. Ma Kailash mi aveva già detto che le
incrementate possibilità di raggiungere Khajuraho
in treno erano state azzerate dal tragico incidente ferroviario che ieri è
avvenuto presso Kanpur, facendo fino a tuttora 147 vittime il cui novero è
destinato a salire, talmente sono gravi certuni dei 150 feriti. Almeno per
un mese la paura di viaggiare in treno avrebbe diradato i turisti indiani
che del treno si servono nei loro viaggi. Ma più che la quantità di morti e
feriti, ieri a lasciarlo sconvolto, come avvertivo dal tono dimesso della
sua voce , era stata la vista dei bambini rimasti orfani, che gridavano
senza nemmeno riuscire ancora a parlare, una figlia di sei anni e mezzo, un
suo fratellino di un anno e mezzo, un’altra bimba di due anni e mezzo.
La mente, mentre me ne parlava, correva
all'immagine di altre piccole vittime della sventura che la televisione il
giorno avanti aveva seguitato a riproporre, i neonati che in Aleppo est che
le infermiere in lacrime avevano dovuto estrarre concitatamente dalle
incubatrici , tra i crolli di muri e di calcinacci, che sollevavano
polvere, degli ultimi ospedali ancora funzionanti che i bombardamenti russi
e dei governativi di Assad avevano del tutto
distrutto.
Kailash, nell’aggiornarmi i dati di morti e feriti dell’
incidente ferroviario nei pressi di Kanpur, mi ha informato che anche le
traversie della demonetizzazione hanno fatto le loro vittime, tra i vecchi
deperiti che dalle due e le tre del mattino fino a sera tardi erano rimasti
in fila di fronte alle banche, tra i padri cui era venuto meno il denaro
per sposare le figlie e che si erano suicidati. Ed è tornato a dirmi di
quanti hanno incenerito le banconote che stanno uscendo di circolazione
oppure le hanno disperse nel Gange o nel liquame lurido di canali e scoli,
perché era denaro sporco , accumulato magari per evasione o corruzione, di
cui sarebbe stato loro richiesto di certificare la provenienza.
Alti erano poi nel lasciarci i nostri cuori, quanto
grande restava la nostra angoscia di non poterci più rivedere, se non nel
Nepal dove Kailash mi raggiunga con i nostri
cari.
21 novembre 2011
Al
consolato indiano di Mumbay
Mantova 21 novembre 2016
Gentile interlocutore/ interlocutrice
Mi chiamo Odorico
Bergamaschi, sono un ex insegnante di Lettere, ora in pensione, dell’età
di 64 anni, e vi scrivo dall’Italia
non sapendo a chi altrimenti rivolgermi per segnalare che il Consolato
indiano generale di Milano sta
trattenendo oramai da oltre 60 giorni, 67 per la precisione, il mio
passaporto che ho inoltrato alla
loro autorità il 14 settembre 2016 ,
il giorno stesso del mio rientro dall’ India, per ottenere una quinta volta il visto di
impiego come insegnante di Italiano presso una scuola privata di Khajuraho, M. P.
Solo al termine della terza settimana,
attraverso l’open sourcing center cui mi ero
rivolto, mi hanno fatto sapere che la documentazione era “ scarna”, benché
fosse più completa di quella già inoltrata le volte precedenti, e che mi
era già valsa il visto di impiego. Al che, per il tramite del mio amico
Indiano Kailash Sen, la cui famiglia sto aiutando da oltre dieci anni in ogni
modo che mi sia possibile, ho
ottenuto un documento aggiuntivo del principal
della scuola, che indicava anche le fasce orarie, i contenuti e le finalità
dell’ insegnamento, e mi inibiva ogni suo esercizio che non fosse nell’ambito
dell’Istituto. In un primo tempo era
parsa al Console un’ integrazione soddisfacente, mentre dopo una
settimana anche tale annesso
contrattuale è parso insufficiente, Al che mi sono dichiarato disponibile a
che il visto richiesto, per il cui
ottenimento avevo già pagato l’ importo, almeno mi fosse convertito in visto turistico,
impegnandomi anche per iscritto a non utilizzarlo surrettiziamente per
insegnare, bensì per ricongiungermi con la famiglia indiana che mi è cara,
rivisitando l' India alla luce dei miei
interessi e delle mie ricerche investigative del suo patrimonio
artistico. Sono trascorse altre due settimane e a tutt’oggi il funzionario
si manifesta indeciso, e non è stata recepita la mia disponibilità a
fornire di persona ogni chiarimento allo stesso od al console in persona.
Tale condotta, nel suo protrarsi, la
vivo sotto il profilo legale come lesiva dei miei diritti civili, giacché
seguita ad espropriarmi da due mesi del mio diritto di espatrio nei Paesi
che richiedono l’esibizione del passaporto, ed in quanto limita da oltre un mese e mezzo la mia libertà di movimento nel mio paese
di appartenenza, qui in Italia Dai primi di ottobre non posso preventivare nulla per il mio
futuro, restando confinato nel mio
domicilio domestico in attesa di risposte
per poterle fornire a mia volta alle autorità consolari, per
sollecitare di continuo una soluzione auspicabilmente
positiva , siccome dispongo per i miei contatti solo di un telefono fisso e
del mio computer.
L’ultima risposta che ho ricevuto dall’ open sourcing center è stata
la seguente
Egregio sig. Bergamaschi,
buon pomeriggio,
Purtroppo non vi sono ancora novità,
stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a
presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato
ribadito che, al momento, non risulta necessario.
Con i nostri cordiali saluti.
A rendere la situazione di una sofferenza
unica è che mi sento costretto a
subire tale stato di cose perché
temo altrimenti di perdere ogni possibilità di rientro in India per sempre
o almeno per anni, dove la famiglia indiana che mi è cara è tutta la mia vita, e richiede il mio sostegno e il mio accompagnamento da vicino.
Ciò che solo vi chiedo, alla luce di tutto
ciò, è come interpretiate tale sospensiva, - le autorità consolari
indiane restano forse in attesa di
riscontri sulle mie attività in India negli anni trascorsi?-, e se potete darmi qualche indicazione su
come possa affrontare tale stato di cose, intanto che resto remissivamente
in attesa dello sblocco di una
situazione che pare
consegnata solo all’inappellabilità delle autorità consolari indiane.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi
46100 Mantova
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all' outsourcing center di Milano
Gentili interlocutori
Sono Bergamaschi Odorico, e torno a farmi vivo di nuovo, di
necessità-
a) Stando così ancora le cose, qualora le
autorità indiane del Consolato di Milano
a oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia documentazione non si
fossero ancora decise a negarmi
qualsiasi visto, vi prego di riconfermare loro la mia disponibilità ad
incontrarmi con esse, per ogni eventuale chiarimento, quali quelli che può
fornire loro l’andamento del mio conto corrente presso l' Unicredit, il solo di cui sia titolare, oltre ad un
altro apertomi dalla Canara Bank,
in India, che è rimasto finora inutilizzato perché l'Agenzia non dispone
dell’ Iban per il trasferimento di valuta da
tale mio conto corrente in
Italia. Dall' estratto del mio conto
corrente presso l Unicredit risulta inequivocabilmente che da quando ho
prolungato la mia permanenza in India, ossia dal 2012, mi spendo solo in perdita per la
famiglia indiana che mi è cara e per la valorizzazione del patrimonio
indiano attraverso i miei viaggi e la loro documentazione. Qualora possa
ugualmente servire, posso inviare la certificazione quanto ai miei averi e
fonti di reddito, che consistono nella mia pensione, nella buonuscita della
liquidazione e di quanto mi resta della quota che mi è spettata all’atto
della vendita della casa di mio padre defunto. Sono non di meno disposto a
dichiarare legalmente la mia situazione patrimoniale, dalla quale
emerge che non ho neanche una prima
casa di mia proprietà, in Italia o altrove, vivendo in affitto in un appartamento, in Mantova,
dove ora non accendo neanche il
riscaldamento per economizzare e trasmettere il mio aiuto di cui
abbisognano ai miei cari congiunti indiani, e che non ho nemmeno alcuna
automobile o motociclo , secondo quanto può attestare l’Ufficio di
motorizzazione, non usufruendo di altri mezzi di locomozione che alcune
biciclette, una sola delle quali mi è
utilizzabile. Inoltre posso farmi inviare, per comunicargliela, la
certificazione da parte del Christian hospital di Chhatarpur
( Madhya Pradesh), che
il mio amico indiano, che non può contare su altro aiuto sostanziale che il
mio, è affetto da turbe mentali irreversibili, di cui ho fatto finora ciò che sta diventandomi
insostenibile per evitarne in India
le esplosioni croniche di fronte ai
figli, trattenendo per me quanto io provo al permanere di tale situazione.
b) Quanto all’eventualità che possa insegnare italiano in Khajuraho
senza disporre del visto, posso far loro presente, direttamente, o per il
vostro tramite, quanto sia del tutto
inconcepibile, perché il principal della
scuola non me lo consentirebbe assolutamente, poiché la cosa l’esporrebbe
alla denuncia ed ai rischi di
perdere la licenza per cui gestisce
la scuola, né io potrei consentirmelo in proprio, dato che costituirebbe un deficit invece che una fonte di un
qualsiasi ricavo, visto l’indisponibilità degli stessi studenti indiani non
indigenti a corrispondere ad un insegnante straniero anche solo il costo
delle fotocopie. Né sarei ancora particolarmente motivato, visto l’ uso che gli indiani locali fanno
dell’ italiano che abbiano appreso con i visitatori miei connazionali., nei
confronti dei quali ho almeno insegnato ad usare le formule di cortesia.
Cordiali saluti
Odorico Bergamaschi
Gentili interlocutori
Sono Bergamaschi Odorico
Pur nel confermarne il contenuto, vi prego per
delicatezza di soprassedere alla mia e-mail precedente che ieri vi ho
inviato sul tardi, dato che il permanere della situazione in cui verso
riguardo all'ottenimento del visto, mi ha dettato nella sua estensione
maggiore cose che non era forse il caso di comunicare, pur di garantire
alle autorità del Consolato che in India non ho oscuri traffici o loschi
affari da cui tragga lucro , bensì mi preme solo il benessere delle persone
che vi ho care.
Ma stando così ancora le cose, qualora ad
oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia richiesta e dei documenti ad
essa allegati le autorità del
Consolato indiano di Milano non si fossero ancora decise a negarmi
qualsiasi visto, vi prego anche nella presente lettera di riconfermare loro
la mia disponibilità ad incontrarci di persona per ogni chiarimento che sia
indispensabile..
Quanto poi all’eventualità che io possa
insegnare italiano in Khajuraho senza disporre
del relativo visto d'impiego, qui riasserisco, perché possa essere fatto a
loro presente, sempre che sia il caso, direttamente per parte mia, o per il
vostro tramite, che la cosa non può accadere: il principal
della scuola non me lo consentirebbe, in alcun modo, poiché ciò
l’esporrebbe a denunce ed al rischio di perdere la licenza per la quale
gestisce l'istituto, in un ambiente, quale quello di Khajuraho,
in cui gelosie e rivalità di certo non scarseggiano e si sono già espresse
a riguardo, tanto più che egli è islamico, né l'insegnamento dell italiano io avrei interesse a consentirmelo in
proprio, dato che tale mia attività
avverrebbe solo in deficit, per l’indisponibilità già acclarata
degli stessi studenti indiani che non siano indigenti a corrispondere anche
solo il costo delle fotocopie. Nemmeno sarei ancora particolarmente
motivato ad insegnare, considerato l’ uso dell’ italiano che gli indiani
locali fanno con i visitatori miei connazionali, nei confronti dei quali ho
almeno insegnato ad impiegare le formule di cortesia.
.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi
Credono
che sia un impostore, un trafficante sotto mentite spoglie, non uno
studioso e uno scrittore, di cui
tutto può essere messo in discussione tranne la serietà e l umano rigore,
che in India si spende in
perdita per le persone che vi
sostiene e per la salvaguardia del suo patrimonio artistico, che vi ha la
sua vita che gli è tolta se non vi
può più mettere piede.
Tutto su mia madre V
Discorrendo dei vestiti infantili di una
volta.
" E i vestiti di una volta, quando eri
bambina?"
Erano un paltoncino, il vestito più leggero d’estate,
un vestito più pesante d’inverno. Si cercava di economizzare, un paletot ti
durava molti anni, e le mode non cambiavano come adesso. Era lo stesso con
le scarpe. Mi ricordo che mi hanno preso da bambina un paio di scarpe e non
ti so dire quanta roba ci hanno messo in fondo. Mi sono durate quattro,
cinque anni. Solo che quando mi sono andate bene erano già tutte rotte. Un
modo di ragionare miserevole, ma questo si faceva. Lo stesso era per i
vestiti, con tre scale d’orlo, e quanto crescevi li allungavano, li
allungavano, che i vestiti erano già rotti ma l'orlo di sotto era ancora
buono. Un paletot,- avevo 10, 11 anni-, mi ricordo che per allungarlo in
alto e farmelo andare ancora bene, l’hanno tagliato di sopra e ci hanno
messo un carré in pelo nero di astrakan. Ma io figurati come mi sentivo...I
vestiti li facevano belli comodi, si pensava che era giusto fare così,
facevano tutti così, e così si andava avanti
Un vestito d’estate, uno d’autunno, un paio di
scarpe d’estate, uno d’inverno…in più i sandali,
gli zoccoli, quel paio o due, al massimo.
I “ supei” erano sottilini, con il loro tacchettino, e quand’eravamo in
autunno ti servivano per evitare la smalta che c’era nelle corti di
campagna,. Gli zoccoli erano dei bei zoccolini,
sotto di legno, con di sopra la loro mascherina fatta di cuoio, erano duri
però, erano fatti per metterteli d’inverno, ci mettevi allora dentro un
paio di calze di lana e tu andavi, ed andavi bene, perché giravi nella
smalta, c’era la neve. C’era più neve una volta che adesso. Io non so
perché ma mi ricordo tutti gli inverni con la neve “
“E
andavi a piedi nudi? “"Proprio lo desideravi. Non vedevi l'ora che
venissero i primi soli per buttare via le scarpe e andare a piedi nudi, E
com’ero contenta…. Per le strade di campagna c' erano
vetri, c’era di tutto, ma io mai che mi sia tagliata, E sì che sono stata
una che è andata per un bel po’ a piedi nudi.”.
26
novembre 2016
……………………………………………..
If You do honestly
Da Mumbay, con il
volo della Jet Air ways in Auraganbad
doveva essere già arrivato Umberto, il cliente italiano del Bapuculturaltours , quando solo dopo le 2,30 ho
avuto l’avvertenza di telefonare a Kailash, e
come egli poteva ben confermarmi. Mi ero ricordato solo allora che
quando in Italia erano le due pomeridiane in India erano già le 6,30
pomeridiane, ad atterraggio avvenuto già da un’ora , sempre che tutto fosse
avvenuto regolarmente,
Al gentile Umberto Kailash
aveva già avuto modo anche di parlargli e di salutarlo al telefono,
servendosi del cellulare dell’autista Abhishek,
ma quando gli aveva chiesto di passargli il conducente per
comunicargli alcune avvertenze, Umberto si era opposto a che Abishek ne fosse disturbato nella sua guida,
esprimendo un rifiuto che per Kailash aveva
assunto immediatamente il valore di una volontà categorica cui io e lui
avremmo dovuto assolutamente conformarci, al punto che si riservava di
richiamare l’autista solo quando in India fossero già state le nove
di sera, e fosse una certezza assoluta che intanto che Mr
Umberto . riposava in hotel, l’Abhishek
assolutamente non potesse essere alla guida.
Intanto io dovevo correre quanto prima ad
inviargli denaro, di Venerdi 25 novembre,
scarseggiavano farina e riso, il cambio di currency
rendeva in India ancora oltremodo difficile assicurarsi valuta, e l’amico
voleva provvedere quanto prima ad acquistare un maglioncino per Poorti e Chandu, dato che
cominciava in Khajuraho a fare
freddo.
Quel pomeriggio in cui la nebbia si era
diradata in un grigiore novembrino volevo inoltre concludere/ terminare la
revisione interminabile del mio reportages sul
mio ultimo bellissimo viaggio che abbia potuto compiere nel Madhya Pradesh, nel cui
corso d’opera restavo alle prese con quanto andava reso più perspicuo e
leggibile della descrizione interminabile del Kuraiya
Bir e dei templi iain
di Deogarh.
Questa la trama delle mia attività
reali che intercorrevanol’altro ieri
tra me e l’India, mentre in me era oramai un convincimento assodato
che da oramai 70 giorni le autorità del Consolato negasse di accordarmi il
visto perchè determinate solo dal più vago
sospetto, e da nient’altro, mi hanno “ puntato” e restano in attesa
dall’India di ciò che non arriverà mai loro mai perché non potrà mai
esservi raccolto, ossia dei riscontri di una qualsiasi attività illecita in
cui sia coinvolto e che si nasconda nella mia richiesta di un visto di
impiego per insegnare italiano.
Ad averne indotto il funzionario o il
Console a dubitare dei miei intenti era forse la pessima reputazione di cui
a ragione gode in tal senso Khajuraho, che può
aver fatto loro supporre che anche la scuola che mi aveva rinnovato il
contratto di insegnamento dell Italiano
rientrasse tra quelle implicare nel raggiro, a danno di turisti,
delle donazioni a Istituti fasulli o corrotti, i cui tenutari
sguinzagliano a tal scopo gli stessi bambini e i lapkas per procacciarle, mentre io da
che risiedo in India uso e spendo ogni mia risorsa intellettuale e morale
per valere forme opposte di accoglienza e di conoscenza ed
esperienza dell India, nelle mie relazioni umane
e negli studi e ricerche che mi impegnano tuttora giorno e notte e
ben rinvenibili in internet
Avessero potuto anche solo avere un’idea, le
autorità consolari, di quanti clienti si è perso il mio amico Kailash come conducente di autorickshaw,
per avere detto le cose come stavano a turisti che preferivano lasciarsi
abbindolare da ogni genere di allettatore o procacciatore o
seduttore del posto, e che cosa gli costa avvertire che non
possiamo ricongiungerci perché si dubita che sia in combutta con una
realtà contro cui in India ho speso immiserendomi la mia
esistenza durante tutto il periodo in cui vi ho vissuto!
Kailash, così ammirevole e caro, per come si è messo al
seguito di una mia “ good way” che
trova contro tutti e di tutto, del quale al contempo, al rientro
dall’effettuazione del trasferimento del contante , mi addolorava che
dovesse indurmi a dirgli che avrebbe aspettato invano che gliene inviassi
dell’altro, finchè non si fosse deciso una buona
volta a contattarmi con una videochiamata, che mi consentisse
finalmente di rivederlo insieme con Chandu, Poorti ed Ajay, di cui debbo
contentarmi solo di risentire le voci che mi salutano al telefono.
Rimessomi poi di nuovo al computer, entro il
tardo pomeriggio avrei avuto modo di concludere anche la riscrittura dei
miei pochi accenni già formulati alle meravigliose grotte buddhiste di Deogarh , per quanto la interrompessi e nell’altra mia
più delusa attesa seguitassi invano a contattare l open visa
centre di Milano, per saperne di più, secondo i
suoi addetti, sulle ragioni a tal punto della sospensione ulteriore
del visto, poiché ogni comunicazione da parte loro era stata ugualmente
sospesa.
“ We have to wait.
We have to wait without
becoming hungry. With Indian Autorithy You
have to wait, ieri mi avrebbe soggiunto Kailash, if you do honestly”
Alla Signora Cinzia P.
Gentile Signora Cinzia,
sono Odorico,
e
le scrivo ora dall Italia, dove dall’ India sono rientrato oltre due
mesi or sono dall India.
Spero di ritrovarla in una situazione che la
veda felice nei suoi affetti e che sia di
luminosa ricerca. Da che ci
siamo scritti, per quanto mi
concerne, ho impiegato il mio tempo
in Khajuraho che non fosse afflitto
dall’insorgenza della mia depressione, nel seguito delle mie ricerche sui
suoi grandi templi occidentali. I miei sforzi per far aprire in affitto un negozietto di
articoli artigianali al mio amico Kailash, che gli assicurasse se non qualche ricavo
almeno un po’ di conforto mentale, intanto mi hanno lasciato il tempo solo per due brevi
viaggi in Delhi, dove ho sperimentato alcuni nuovi itinerari
con epicentro nelle stazioni della metropolitana di Ina market e di Green
Park , che raccordassero la visita
di antichi gumbad e masjid
all’avanscoperta di edifici
rilevanti dell’architettura indiana moderna e contemporanea. In
essi ho cercato di assimilarmi il
più possibile ad un navigatore satellitare, perché l espressione di
trasalimenti o patemi o ubbie o
paturnie non togliesse peso alla valenza oggettiva di considerazioni e
rilievi.
A giugno, se si eccettuano i templi maggiori
di Khajuraho, di
Ajaygarh e di Kalinjar,
e pochi altri, avevo comunque completato la mia ricerca su tutti i templi
hindu , Gupta, Pratihara, Kalachuri, Chandella, Kachchhapagata che sono rinvenibili nel Madhya Pradesh, il cui corpus
può rinvenire in rete, facendosi almeno un’idea dell
estensione da esso raggiunto, al seguente indirizzo
www.odoricoamico.it/india sconosciuta/index ove è
situato insieme a quant’altro ho scritto sul patrimonio artistico dell india.
Al mio rientro durante il periodo settembrino mi sono
letto i grandi libri di Khuswant Singh che lei mi aveva giustamente caldeggiato, Delhi e
Un treno per il Pakistan, quest’ultimo pressoché perfetto Ho poi
rielaborato alcuni dei miei scritti di viaggio attenendomi a quanto lei mi
aveva giustamente consigliato di fare, estrapolandone le esorbitanze soggettive del mio spirito
itinerante, che in vari casi ho debitamente rimosso, e facendole rientrare in testi distinti
rispetto a quelli in cui ho incluso le descrizioni più tecnificate
e dettagliate di templi hindu o di altri
monumenti.
Sono intervenuto in particolare sui testi su Udayagiri, Gyaraspur, e sul
circuito buddista che s’incentra in Sanchi, Sonari, Satdhara, perché interessavano un viaggiatore italiano che si è rivolto
al Bapuculturaltours del mio amico Kailash.
Le allego gli apprezzamenti che ne ha tratto
anche in termini di leggibilità, un
giudizio a me favorevole che è stato
agevolato anche dal fatto che vi parlavo di stupa
e di grotte scolpite, la cui
illustrazione non è estenuante come
può esserla quella di un tempio
hindu
Se non ho potuto fare altro e se ora avverto
l incombenza di scriverle quanto segue , è in massima parte per la situazione come di sospensione tra la vita e la
morte che mi ha condannato a vivere
qui in Italia il Consolato Indiano di Milano, da che il giorno stesso del
mio rientro ho trasmesso loro la richiesta del rinnovo del mio visto di
impiego come insegnate di italiano preso una scuola di Khajuraho,
la stessa che frequentano i bimbi più grandi della mia famiglia indiana,
senza che da allora, ad oltre
settanta giorni dalla sua presentazione, si siano ancora pronunciati se
accoglierla o respingerla . Trattengono ancora con gli allegati il mio stesso passaporto, e con il mio
diritto di espatrio fuori della C. E, hanno confiscato la mia liberta di
muovermi in Italia, dove senza
potere più preventivare nulla per il mio futuro, nel timore che mi assilla
di non poter rimettere più piede in India e
ritrovarmi con coloro che
sono la mia vita, resto confinato in casa inutilmente in attesa
che al telefono fisso, od al computer, mi si annunci un
evolversi della situazione che io
seguito invano a sollecitare. Senza che mi siano date più risposta o mi si consenta di fornirle, in
un incontro con il console per ogni chiarimento ch’egli richieda.
Anche in ragione di ciò, di cui posso
parlarle più ampiamente in una lettera seguente solo se lei me lo consente,
quanto agli scritti sul patrimonio dell india di
cui le dicevo, ora il mio assillo principale non è incrementarli con nuove ricerche e
nuovi reportages ma assicurare con il loro
perfezionamento /miglioramento che non vada perduto ciò che in essi ho
raggiunto, la loro trasmissibilità ed
ereditarietà culturale, per
la quale le chiedo se sa dirmi come possa io provvedere.
Con i miei più cordiali ed amichevoli saluti
Odorico Bergamaschi
Solo al termine della terza settimana,
attraverso l’open sourcing center cui mi ero
rivolto, mi hanno fatto sapere che la documentazione era “ scarna”, benché
fosse più completa di quella già inoltrata le volte precedenti, e che mi
era già valsa il visto di impiego .Non bastava una lettera di assunzione,
hanno accennato addirittura ad un certificato, di quelli che necessitano di
un “vakil”, Al che, per il tramite del mio amico
Indiano Kailash ho ottenuto un documento
aggiuntivo del principal della scuola, che
generosamente mi è stato da egli concesso solo superando le più comprensibili resistenze
e paure. In esso erano indicate anche le fasce orarie, i contenuti e le
finalità dell’ insegnamento, le
misure per evitare ogni discriminazione economica nell’accesso al corso, mi
inibivo ogni suo esercizio, “ paid or not paid”, che non fosse nell’ambito dell’Istituto e
delle ore di lezioni concordate. In
un primo tempo era parsa al Console un’ integrazione del tutto
soddisfacente, mentre dopo una settimana
anche tale annesso contrattuale è risultato insufficiente, Al che mi
sono dichiarato disponibile a che il
visto richiesto, per il cui ottenimento avevo già pagato l’ importo,
almeno mi fosse convertito in visto
turistico, impegnandomi anche per iscritto a non utilizzarlo
surrettiziamente per insegnare, bensì per ricongiungermi e stare insieme
con la mia famiglia indiana d’adozione,
rivisitando l' India alla luce dei miei interessi e delle mie ricerche
investigative del suo patrimonio artistico. L’ultima replica che ho
ricevuto dall’ open sourcing center è stata la seguente
Egregio sig. Bergamaschi,
buon pomeriggio,
Purtroppo non vi sono ancora novità,
stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità
a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato
ribadito che, al momento, non risulta necessario.
Con i nostri cordiali saluti.”
Al che oggi ho risposto in tali termini, che
le dicono ciò che ora ne penso delle ragioni del persistere di tale
situazione , e quanto sia ancora
effettivamente in grado di affrontarla con la mia nuda mente
“Gentili interlocutori,
Sono
ora convinto che le autorità del
Consolato indiano di Milano da oramai 70 giorni stiano trattenendo con la
documentazione allegata il mio passaporto senza potermi negare al tempo
stesso un visto, perché in forza del
solo sospetto, e di nient’altro, mi hanno “ puntato” e restano in attesa
dall’India di ciò che non arriverà mai a loro i perché mai potrà esservi raccolto, ossia dei
riscontri di una qualsiasi attività illecita in cui io risulti coinvolto e
che si nasconda nella mia richiesta di un visto di impiego per
insegnare Italiano.
So quanto Khajuraho
dove risiedevo in India gode in tal senso e a ragione di pessima
reputazione, solo che nei suoi pregi e difetti la scuola che mi ha
rinnovato il contratto lavorativo
non ha minimamente a che fare con il
raggiro delle donazioni a Istituti fasulli o corrotti che vi sono
estorte ai turisti, i cui tenutari
sguinzagliano a tal scopo gli
stessi bambini che ne sono scolari e
i "lapkas" per procacciarle, mentre io da quando risiedo in India
spendo ogni mia risorsa intellettuale e morale per farvi valere forme opposte di accoglienza, di conoscenza ed
esperienza del suo immenso patrimonio culturale ed umano, nelle mie relazioni
personali e negli studi e nelle ricerche che mi impegnano tuttora giorno e
notte ( ben rinvenibili in internet)
Sapeste
quanti clienti si è perso il mio amico Kailash
, come conducente di autorickshaw, per avere
detto come stavano le cose ai turisti che preferivano lasciarsi
raggirare da ogni tipo di allettante procacciatore e
seduttore locale, e che cosa gli costa il fatto che
non possiamo ricongiungerci perché si dubita che sia in combutta con una realtà contro cui in India, coinvolgendolo nelle
mie scelte intransigenti, ho speso immiserendomi la mia esistenza durante tutto il periodo
in cui vi ho vissuto!
P. S.( Se degli stranieri, per lo più perché
irretiti, recano aiuti ad un certo genere di scuole lo fanno dal loro paese di origine, e quanto più vi
restano, raccogliendovi aiuti e
fondi, non di certo prolungando
quanto più a lungo possibile la permanenza in India con un visto di impiego).
( Mi riservo in una futura e-mail di farvi
sapere chi e che cosa mi attende ancora invano in
India, e tutte le sacrosante ragioni
implicite e connesse per le quali avevo richiesto a suo tempo il visto di impiego)……”
( In tutta sincerità, ai margini di tale
mail, le confido che non è a fini di
lucro lecito o illecito che ho chiesto il visto d’impiego per insegnare
italiano, è assurdo farci anche solo un pensiero, ( in Khajuraho
il principio più condiviso quanto a uno straniero è che niente di ciò che
gli spetta gli va dato, e tutto ciò che è possibile prendergli gli va tolto) , ma
perché c’è in India chi aspetta che finisca di insegnargli,
perché insegnare mi piace e mi è di
contrasto alla depressione, perché se la durata del visto per insegnare è di un anno posso restare per un periodo così a lungo
con i miei cari indiani ed economizzare quanto ai costi dei viaggi di
andata e ritorno , infine perché
sono di fatto half indian
, per tutto ciò che nella gioia e nel dolore- la morte di un figlio- ho condiviso con la mia famiglia
indiana, e ambisco al riguardo e al rispetto che il connesso residential permit mi
conferisce, in quanto a) mi evita di essere discriminato come straniero nel pagamento dei
biglietti d’ingresso ai siti monumentali,
per i quali come residente temporaneo mi
sarebbe richiesta invece la
tariffa indiana, che è un
quindicesimo di quella che devono
pagare gli “ altri”, come stava scritto all’ingresso dei templi occidentali
di Khajuraho, b) ed a me ed al mio amico eviterei le
attenzioni interessate che la
polizia locale riserva ai semplici turisti.)
Grazie gentile Cinzia dell’ascolto. E mi
scusi se mi sono dilungato su questa questione per me così dolorosa, su una
realtà che comunque ci accomuna tanto, ma le ho scritto anche per trovare
la forza da infondere al mio amico
di non soccombere alla
angoscia in cui tale situazione ci ha gettato.
Con i miei più amichevoli saluti
Ed augurandole le più belle cose
Odorico Bergamaschi
TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle
corti agricole
RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle
corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano
per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìn”
prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le
scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una
cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle
montagne gli scragnari, i “ scagner”,
passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le
coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e
che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli
dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni.
Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato
una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei
loro pidocchi
D'inverno nelle stalle dove si stava al
caldo venivano i filotteri, i cantafole,
delle persone tra le più anziane che cantavano storie e si accontentavano
per questo di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad
ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano con il
loro cestino, si mettevano in gruppo e aggiustavano i panni che portavano,
attaccavano le pezze o rifacevano l culi delle braghe, perchè
di giorno non avevano il tempo di farlo, i cantafavole arrivavano alle
sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora ci siamo
la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e
ci si rimaneva, anche le donne, ad ascoltare storie fino alle dieci, dieci
e mezzo, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la
vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-,
le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia
non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano su
anche loro.
La stalla era una manna durante l inverno,
c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè
c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un
freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI
ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,, per la
condensa, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che
duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle,
dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente
ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i
gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli
occhi fuori della testa .,, A volte venivano anche in due a contare le
storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che
cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche
per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle
loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni
prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un
legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungergli quel
legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle,
un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che
restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e
che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. "
In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/
La luna la luseva e'l can baiava/
per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera
gente , che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro
un cotechino, chi una coteca, e arrivavano a casa
con la cesta piena di roba di maiale, la coteca
più buona la si teneva allora da parte, perchè
con questa si facevano fagioli e coteche, e la si
cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell
" onzar al sproc",
in " Quella santa Notte dell Oriente".
Invece durante tutto l'anno due volte alla
settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si
offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e
puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che durante tutto l'anno
venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello
che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla
porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane,
di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la
porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando
offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia..
A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e
noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a
lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a
sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto
cantare, e capirai… E' per quello che mi
divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa
suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano
dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case
e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un
quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono
trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di
Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che
sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina,
che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi
era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è
stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non
ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova,
lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma
si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano
all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il
giro per le altri corti che faceva spesso perchè
in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la
possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un
posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua
dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al
mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva
parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti
che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi
compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora
del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di
quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e
se ne andavano".
TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle
corti agricole
RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle
corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano
per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìn”
prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le
scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una
cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle
montagne gli scragnari, i “ scagner”,
passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le
coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e
che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli
dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni.
Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato
una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei
loro pidocchi
D'inverno nelle stalle dove si stava al
caldo venivano i filotteri, i cantafole,
delle persone le più anziane che venivano nelle stalle, cantavano le favole
e si accontentavano di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là
attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che
venivano lì con il loro cestino, si mettevano in gruppo, aggiustavano i
panni che portavano, rifacevano l culi delle braghe o mettevano le pezze, perchè di giorno non avevano tempo di farlo, i
cantafavole venivano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci
dicevano allora veniamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a
preparare le panche, e si stava nella stalla fino a dieci ore, dieci e
mezzo, anche le donne, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove
c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-,
le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia
non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano s
su anche loro.
La stalla era una manna durante l inverno,
c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè
c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un
freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI
ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla, che
dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi
attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi
asciutti che si stava da Dio, ma era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente
ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i
gesti, ci mettevano tutto, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa
( e tutto),, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche
quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano
anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora
ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni
prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza, aveva un legno
con una punta, e diceva di volerlo venire a ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungere quel
legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle,
un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che
restava unto. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi
fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola,
vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa
al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per
testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, gente povera,
erano tutti gente povera, che non lo poteva mica ammazzare il maiale, ma
quella sera arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, chi
dava loro un cotechino, chi una coteca..., la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva anche nel brodo, per questo
quella gente accettava anche delle coteche, e le
infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell
" onzar al sproc",
in " Quella santa Notte dell Oriente".
Invece durante tutto l'anno due volte alla
settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si
offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e
puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che durante tutto l'anno
venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello
che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla
porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane,
di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la
porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando
offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia..
A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e
noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a
lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a
sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre
piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi
divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa
suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano
dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case
e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un
quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono
trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di
Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono
rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che
cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era
questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è
stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non
ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova,
lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma
si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano
all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il
giro per le altri corti che faceva spesso perchè
in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la
possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un
posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua
dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al
mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva
parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti
che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi
compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora
del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di
quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e
se ne andavano
Dio mio, Padre mio,
delle mie contrite ossa in così tanto
freddo,
tutta la mia anima si gioca in questa mia
lettera,
la mia vita in ogni suo rigo che ha appena
inteso l'amico
è nell'attenzione dell'amore che ne detta
una revisione ulteriore
la tua sola parola che non mi sia lettera
morta,
nell'evocarti onde evitare , “Veni creator spiritus”,
l'errore minimo che sia fatale al nostro
ricongiungimento.
Sia esso una visita, non un risiedere,
un soccorso, non un sostegno continuo,
siano al più gente a te cara.
coloro per cui ti fai così povero e afflitto
ad ogni evenienza.
tu non sei il Babbà
del tuo amatissimo Chandu,
la cui assenza strazia ogni tuo istante al
solo ricordo,
in tanto dolore, di una separazione
irrisolta,
che nel sale di una vita che ti prova e ti
tempra
ti riesumi che sono essi
a te un Suo dono,
ti ridistilli ogni
meraviglia dell India ,
l'incanto, che quando là v'eri,
il suo tremendo, senza più scampo,
ti soffocava in un nodo a cui appenderti in
stanza,
finchè non chiuda la richiesta
ciò che non può non erompere da ogni vincolo
posto
“Sir, instead of the employment visa now I ask another kind of visa
in the last resort
because in India there is
my life, the treasure of my mind and of my hearth”.
Tra le nebbie in cui esala il mio fiato
Tra le nebbie in cui esala il mio fiato
Anche dal pentolino che qui ebolle
Vedo levarsi quel fil di fumo,
Ed io sempre più mi sento
Una Cio- Cio- San votata al suo harakiri
Si nega il console all’appello,
Si nega al telefono anche il mio piccolo
Iddio,
Incolleritosi nella ricerca in lacrime
Di un perduto bottone,
E l’amico che intenta ? di che gli è
possibile
Perch'io possa almeno rivederli in videochiamata,
Di che può sedarmi (Sedandomi ) uno strazio,
irriso,
Che non trova più appigli
Alla chiamata del vuoto.
9 dicembre 2012
Quel poco, nella mia casa morta,
che smuovo od uso a stento, ad ogni ora che
passa,
vi ristà perché al presente, come fosse
ancor vero,
tutto sia pronto per una partenza che a loro
ritorni,
lasciando le valigie non ancora disfatte
con ancora dentro che riportarvi,
niente ancora da farsi
cui allora mi tocchi mettere mano,
quando, come non sarà mai più,
mi sfinisca nel poter chiudere alle spalle
infine ogni porta
per andarli a raggiungere da questa
solitudine immensa,
mentre non lasciando così indietro niente
che di sudicio avanzi
quel che appronti, lo sai,
che è un addio che non sarà per quei cieli.
Se penso a quanto tempo resterai lontano,”
“Mamma, l’ho snebbiata, è da vedere se e
quando potrò mai partire..
Per ora non lo posso più”
Nel primo pomeriggio Kailash,
Poorti e Chandu mi
erano finalmente riapparsi in videoconferenza, per la mia esultanza gioiosa
di ritrovarmi davanti il mio piccolino amatissimo, che smorfie e boccacce
rendevano ancora più incantevole.
Poorti, più che mai bella, e quanto mai affettuosa, avrebbe voluto
che mi aggirassi ad illustrarle tutta quanta la mia casa, il che mi era
precluso dal cavo della connessione in rete.
Kailash era smagrito e alacre di una irrequieta allegria, che gli
impediva di sostare su qualsiasi discorso, fossero il timore che Chandu ha della propria insegnante, che gli impedisce a
di accostarsi a lei come gli altri scolari, fosse la demonetazione
che angustia tuttora l India dalle cordigliere himalayane fino a Kanya Kumari, per cui ora si
succedono arresti su arresti di accaparratori delle nuove banconote, di speculatorii al cambio tra “black
money” e “white money”, e bilioni di rupie finiscono al rogo o nelle
acque gangetiche o di altri corsi fluviali e canali e rivoli dell’India,
perché le mazzette in valuta fuori corso dei proventi della corruzione non
siano tassate del 200%, al loro deposito ingiustificato.
Era un amico ben diverso da quello
sconsolato dalla nullità dei guadagni del nuovo negozio, che dei clienti di
cui restava in vana attesa mi diceva, oramai tempo fa, che invero “ sono
come la morte. Non sai mai quando arrivano”
L’altro ieri aveva dovuto cimentarsi con la
crudeltà di rito dei pochi turisti che si soffermano a scrutare il suo
negozietto, solo per demolirne i pregi con la osservazione consueta che è
povero di lavori artigianali esposti “ You have less material than the other dealers ”, tornando a ripetergli immancabilmente
“ I have (a) small shop, la replica di Kailash,
but what I have inside nobody have”-
( “Ho un piccolo negozio, ma quello che ci
ho, non l’ha nessun altro").
Ed ora nel pieno della notte mi allerto al
tonfo del cuore, domani, al più dopodomani, se il Console non vorrà
degnarsi nemmeno di darmi risposta, per il colloquio chiarificatore che gli
ho chiesto, già una settimana fa, al fine di ottenere quel tourist visa che potrebbe
risistemare ogni cosa.
(Mentre ancora a quest’ora l’oltresenso di tutto quello che faccio muovendomi per la
casa e risistemandovi ogni oggetto, resta il riordino di ogni cosa perché tutto
sia pronto per una nuova partenza, e non v’è passo che vi compia o attività
che qui intraprenda, che non sia l’aggirarmi e il darmi da fare per questo
in quella terra d’esilio che mi è divenuta la mia terra di nascita)
11 dicembre 2016
Ed ora, amico mio,
Che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra (i)
cumuli intorno di parole nei libri
Senza che a farmi compagnia sia più la
certezza
Di ricongiungerci ancora
Di nuovo insieme dove come cala
la sera su giochi ed attese
Il gelo del tuo attaccamento incubi/ingeneri
La
tua gelosa follia
Il residuo calore che avventura ancora i miei anni
Oltre l’attendere qui solo la la morte nel
passare dei giorni
Ora in me è
l’amore che in me di te
crepita, mio caro,
Per quanto so che sei perduto se non ti sostengo,
Per quanto tu in me confidi benché di me
Tutto tu sappia.
Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e
tanto
Che la gabbia di stenti è il suo imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il
morire
Nel
sogno di te.
Tutto su mia madre VII
Il lavarsi e il lavare di una volta nelle case
di campagna
"Una volta le case di campagna non erano
come quelle di adesso, che hanno le piastrelle e i rivestimenti. Le case di
campagna erano grezze, c’erano le pietre normali, e ci portavi dentro la
smalta, un po’ di tutto. Normalmente davi un’acquata ai pavimenti prima di
spazzarli, quando c’era solo la polvere, che così non si alzava, ma quando
pioveva era un disastro, dovevi proprio raschiarci in casa.
Una volta alla settimana ungevi le sedie,
pulivi i vetri, facevi tutti i mestieri di sopra. Li facevi solo una volta
alla settimana perché dovevi andare in campagna, e da questo lavoro nei
campi e nella stalla eri sempre occupata. Sempre una volta alla settimana
lavavi i panni e venivano pulite le scarpe, senza stirare tutto come
adesso, stiravi le camicie delle feste, quelle sì, così come si faceva
pulizia ai vestiti delle feste, ma per i miei genitori e i miei zii erano
uno, due, al più, uno per l’estate, uno per l'inverno.
Si lavava tutto a mano, con la cenere, era la
cenere allora il detersivo, quella più bella che si ricavava dal focolare,
la tiravi fuori, la setacciavi, la mettevi in un lattone, la lasciavi
deporre nell’acqua che bolliva in una stagnata, poi ci mettevi dentro tutti
i tuoi panni, prima di lavarli una seconda volta in una mastellina
con acqua più tiepida e di buttarci sopra la liscivia, per poi
risciacquarli per due volte. Gli abiti diventavano così belli puliti e
profumati.
Era usato anche il cloro della candeggina come
detersivo, per levare le macchie resistenti dei panni bianchi, ad esempio
di una tovaglia macchiata di vino, di frutta, e il procedimento era sempre
a mano,
O con la cenere o con la candeggina i panni si
lavavano normalmente fuori , di lunedì, e se era freddo, o se pioveva, si
lavavano in cantina o in una stanza a parte, non in cucina. Erano proprio
vite dure, quelle.
Quando poi si dovevano fare le “bugade” era un macello, un massacro. Si facevano una,
due volte all’anno, di decine e decine di lenzuola e federe, la donna si
doveva allora alzare la mattina presto, alle quattro e mezza, le cinque,
per più giorni di fila. Prima si faceva bollire l’acqua, poi nell’acqua si
buttava la cenere, veniva poi preso un telo fitto come colatoio, che non
lasciasse passare la cenere, e l’acqua filtrata con la cenere veniva
versata sui panni che erano dentro una tinozza. La procedura era ripetuta
almeno un'altra volta, e i panni venivano lasciati a bagno almeno una
notte, prima di andare a sciacquare al fiume tutta quella biancheria, in
due, o tre donne, con un carretto, un cavallo, le soioeule,
le panche, le assi grosse. Durante le “ bugade”
seguitavi a usare per giorni la cenere, in acqua e liscivia, e la cenere ti
bruciava, al punto che finivi che avevi le mani scorticate. Per stenderla
ad asciugare, poi tutta quella biancheria, ci volevano le soghe grandi e piccole, per distendee
i panni da una pianta all’altra di interi filari. Un macello, un massacro.
Poi sono venute le lavatrici. Lascia però che ti dica che i panni come li
lavavamo una volta restavano più puliti. Le sciacquature che si facevano
una volta non lasciavano quella polverina che resta nei letti e nei
materassi, del risciacquo della lavatrice con i detersivi.
Quando poi avevi da lavare le stoviglie, come
tiravi giù la pentola del brodo mettevi su una pentola dell’acqua, o usavi
l’acqua calda della vasca della stufa., vuotavi la tua acqua nella
bacinella, ci mettevi una brancata sempre di cenere o di farina gialla, vi
lavavi le tue pentole, i tuoi tondi, e venivano pulitissimi. Era salute
anche quella.
Per lavarsi non c’erano né shampoo, né dopo
shampoo, né balsamo, ti lavavi con acqua e cenere e basta. Macchè sapone, acqua e aceto per il risciacquo dei capelli.
E venivano lucidi e lisci come seta.
Il bagno lo si faceva d’inverno alla fine
della settimana nella stalla, ah, le vacche con il loro bel fiato caldo,
c’era un tiepido, un tiepido…vi portavi una soieuola piena d’acqua, i tuoi panni puliti a cavallo
di una panca, poi puzzavano di stalla, ma te li mettevi che erano belli
puliti
Facevi il tuo bagno nella tua soioeula,
con la tua acqua, ti mettevi addosso i tuoi panni, ti intortigliavi
bene, e via di gran corsa verso casa, dove d’inverno ti mettevi nel tuo
letto scaldato con il prete e con le braci.
15 dicembre 2016
In quella santa notte dell’Oriente
Una volta, di Natale
Ripropongo questo stralcio delle memorie che
ho raccolto di mia madre
" A onzar al sproc",
"La stalla era una manna durante l'inverno,
c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè
c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un
freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI
ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,,per la
condensa, che dentro c'era caldo, e fuori dei candelotti di ghiaccio che
duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle,
dei freddi asciutti che si stava da Dio, anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente
ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i
gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli
occhi fuori della testa...A volte venivano anche in due a contare le
storie, venivano anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli
che cantavano si facevano vedere anche d'estate, erano i canzonettisti che
andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i
librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci, dodici giorni
prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un
legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo significava che dovevi ungergli
quel legno con qualcosa, che tu dessi a loro del maiale, delle salamelle,
un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che
restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e
che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. "
In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/
La luna la luseva e'l can baiava/
per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera gente,
dei cameranti, che non poteva ammazzare il
maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e così arrivavano a casa con la cesta piena di
roba di maiale, la coteca più buona la si teneva
allora da parte, perchè con questa si facevano
fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per
questo quella gente accettava anche delle coteche,
e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa
era la filosofia dell " onzar
al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente"
Il dono tanto agognato
Come
tra Voi l'amico Simone Lanzi mi ha augurato,
posso sperare che il dono tanto agognato sia arrivato. Presso il Consolato
indiano mi si è assicurato che trascorsi due mesi da che il visto di
impiego mi è stato negato, dal 5 gennaio mi sarà possibile inoltrare la
richiesta di quello turistico, e a fine gennaio, o nelle prime settimane di
febbraio, potrò prendere il volo per l India e riunirmi con le persone che
vi amo. Il caos ancora in corso della demonetizzazione che mi renderebbe quantomai difficoltoso assicurarmi ed assicurare il
contante in rupie non mi fa certo scalpitare di impazienza perché tutto si
risolva al più presto, e Kailash mi attende con
animo rasserenato e tranquillo, anche in virtù della forza d'animo con cui
ho saputo fronteggiare il mio sconforto angosciato senza trasmetterglielo
quando gli telefonavo. Che il Natale che torno a rivivere con mia madre e
tra i miei in Italia possa sedare la mia apprensione persistente, senza che
debba urtare nella loro incomprensione , o indiscrezione, di quanto mi
costa ciò che qui a tremare al freddo non è più solo una scelta di vita.
" Giacchè Ti fece amor/ povero ancora"
Ed ora, amico mio
( versione ultimamente riveduta e corretta )
Ed ora, amico mio,
Che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra cumuli intorno di parole nei libri
Senza che a farmi compagnia sia più la
certezza
Di ricongiungerci ancora,
Di nuovo insieme dove come cala la sera su
ricordi ed attese
Il gelo del tuo attaccamento ingeneri
La tua gelosa follia
Il residuo calore che avventura ancora i miei
anni,
Oltre l’attendere qui solo la la morte nel passare dei giorni,
Ora in me è l’amore che di te crepita, mio
caro,
Per quanto so che sei perduto se non ti
sostengo,
Per quanto tu in me confidi benché di me
Tutto tu sappia,
Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e
tanto
Che la gabbia di stenti è il suo
imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il
morire
Nel sogno di te.
A Capodanno ( Capodanno indiano)
L’ultimo dell’anno ho rivisto ancora una volta
in videochiamata Chandu, Poorti,
Ajay, Kailash ,
meravigliosamente belli nei lineamenti ravvivati dal freddo. Chandu era di una allegria che sopravanzava straripante
le poche cose che aveva da dirmi, Poorti
irradiava ancora più gioia nel riscoprirmi così affettuoso e tenero nei
suoi riguardi di bambina in boccio. Con Ajay mi
sono intrattenuto prima che gli altri arrivassero e dopo che se ne sono
andati, cercando di prospettargli un futuro prossimo, nella prosecuzione
degli studi presso la sua scuola fino al dodicesimo anno, per poi
seguitarli all’Università di Chhatarpur, in
concomitanza con la sua apertura a tutti gli effetti. Con Kailash ho ripreso i soliti discorsi , sull’animazione
a Capodanno di Khajuraho, che la faceva affollata
di turisti, soprattutto indiani, come nelle ricorrenze dell’Amausia o della stessa Shivaratri,
macchine parcheggiate ovunque lungo le vie dei templi, e per egli, senza l'
incombenza per le vacanze di portare a scuola Chandu
e Poorti e di ricondurli a casa, affidando il
negozietto ad Ajay , si prospettava l'opportunità
di raggranellare centinaia di rupie con qualche giro turistico in cui
recasse ai templi minori o alla stazione ferroviaria visitatori indiani del
più diverso tenore, i due signori di Jaipur che avevano finanche richiesto
le sue generalità, perché fosse il conducente anche di certi loro amici
quando fossero sopraggiunti in Khajuraho, una
coppia, marito e moglie, di Bhopal, tutt’altro
che in vena di elargizioni, tre signore di Kolkata che benché fossero
arrivate da Delhi solo di pomeriggio con il treno che avrebbe dovuto
pervenire di primo mattino, si attardavano per strada per reperire un autorickshaw il cui noleggio fosse più economico di
quelli i cui conducenti si erano offerti l' uno di seguito all’altro di
accompagnarle.
Il freddo tagliente induceva Kailash a rientrare a casa al più presto dall' internet
center, per non pregiudicare la salute di un Chandu
ancora convalescente, che mi aveva preannunciato come si fosse scurito di
pelle per un’infezione contratta e per essere stato sottratto per giorni al
freddo dell’acqua e di lavarsi in cortile, ma prima di riportare a casa Poorti e Chandu non avrebbe
mancato di recarsi nella vicina pasticceria in cui abitualmente ordinavo le
torte per i compleanni e le ricorrenze speciali, per acquistarne una al
cioccolato che allietasse il Capodanno dei bimbi.
Cessato il clamore della loro apparizione in
videochiamata, il loro squarcio di vita, benché l'ora fosse già tarda ho
fatto il numero di telefono di Mohammad, più per una prassi di rito, che
perché immaginassi o sperassi che potesse rispondermi, ed invece il ragazzo
l ho ritrovato al telefono. L’affetto dirompente che ci unisce ci faceva
presenti l uno all’altro più che se ci vedessimo in linea , e i nostri
discorsi fluivano l uno dall altro come se si
intrecciassero con i nostri sguardi. Mohammad mi ribadiva che Muskan oramai da due mesi l’aveva lasciata, senza che
alcuna sofferenza fosse tacitata dalle sue parole. La sua situazione
familiare me la prefigurava secondo gli intenti che proiettava nel padre,
preannunciandomi che sarebbero rimasti a Khajuraho
fino ad aprile, e che al mio ritorno avrei potuto trovarlo li fino ad allora,
quando finirà per lui con gli esami di stato il decimo anno scolastico, poi
la casa sarebbe stata affittata e lui e la mamma e la sorella avrebbero
preso la via di Kanpur, per andare a stare nella casa grande della nonna,
mentre il padre sarebbe andato in cerca di lavoro nel Gujarat
, da quelle parti. Ma tutto sarebbe stato messo in discussione , se il
padre avesse trovato un lavoro remunerativo in Khajuraho.
“ La vita è davvero difficile Mohammad”
“Si deve sopravvivere” mi sospirava il
ragazzo.
Ma il peso più
immane che gravava sul loro futuro familiare, più ancora che l'onere
della
sussistenza,
era il matrimonio futuro della sorella, in là nel tempo di ancora un
quinquennio, ai cui costi di almeno 250.000 rupie il padre non sapeva da
solo come far fronte, disponendo di un
guadagno giornaliero al più di 200 rupie come venditore di the, con il quale non
riusciva a provvedere che a stento alle necessità familiari di ogni
giorno .
“ Devo dirti quello che davvero penso,
Mohammad? La cosa più terribile è che nei matrimoni indiani diventino un
tale problema la dote e le nozze, i loro costi, il dar da mangiare a degli
invitati, mentre non ci si dà pensiero che una figlia possa essere felice
con il suo sposo," “ Ma se non le dai una dote , e la sposi povera, il
marito poi la maltratta, la picchia, non la vuole più, la rimanda indietro
dalla sua famiglia…”
Le mie solite raccomandazioni vane che con la
fine delle vacanze di Natale riprendesse la scuola, si sovrapponevano al
seguito possibile di tale discorso, e come al solito sortivano solo
l'effetto di provocare la fine del suo collegamento, con la giustificazione
consueta che le batterie del suo cellulare si stavano scaricando
“ E’ geloso di te e di me…non
vuole lasciarci parlare ancora”, i termini scherzosi del suo commiato.
3 gennaio 2017
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