INDEX
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Al rientro, un giorno dopo l’altro
Un giorno dopo l’altro, nel loro succedersi, ci hanno già assuefatto alla nostra vita a distanza,
riassorbendo l'impatto del “day after”, sabato scorso, lo shock di ritrovarmi
tra le solite mura domestiche quando solo la sera prima la mia realtà fisica
era la sua compagnia nel museo Nazionale di Delhi, al Qutab
Minar, per la prima volta con lui in metropolitana, la sua presenza nella
stanza d’albergo in Delhi cui Kailash mi era
accanto nell’ordinare i bagagli e darmi le ultime raccomandazioni, e non
trovavo altro modo di accomiatarmi da lui, di sospendere il dolore di
perderne la vicinanza e il contatto sensibile, che di accedere via internet
al mio conto bancario con il mouse che sostituiva quello che si era rotto
nella nostra casa,e di comunicargli il solo estratto conto allarmante del mio
viaggio in India , sottacendogli il senso di spreco che mi animava di rancore
nei suoi riguardi. Poi nel percorso in cui siamo rimasti insieme fino
all’aeroporto, ho deposto ogni mio risentimento, ogni mia avvertenza ed
ammonimento <strike>solleciti e preoccupati,
</strike>, e non ho fatto che chiedergli perdono di tutto il male che
scientemente gli ho arrecato, nella bassezza della miseria che mi ha fatto
talmente incrudelire, nuovamente, con una una
persone inerme che dipende a tal punto dal mio amore e dal mio aiuto, ho
concluso il nostro stare insieme con il ringraziarlo di tutto quanto egli ha
fatto, per me, ed ha sopportato di intollerabile del mio modo di essere e di
agire. Rientrato egli da Delhi il giorno seguente, dove nel Chandni chwok e nei bazar
circostanti Pahargangi ha utilizzato le rupie in eccedenza, che gli ho lasciato, per acquistare un saree per Vimala, pantaloncini
d’uso quotidiano per Chandu, "lady saman", articoli per signora più convenienti per il
suo negozio , a Kailash questa settimana di
apertura del nostro general store
è stata bastante per avvertire che baratro possa essere il negozio che mi ha
obbligato a realizzare al meglio, pur nella sua aggraziata bellezza
confortante con accanito dispendio pari a quanto voleva dilapidarvi dei suoi
risparmi: il vero guadagno non supera per ora che poche decine di rupie, il
villaggio è spopolato dei dalit sul cui pagamento o
sul cui acquisto di rupie con le loro sementi Kailash
faceva affidamento, giacchè quanti non permangono
nel lavoro dei campi lasciano il villaggio per trovare lavoro come karighar, quali muratori, in Delhi e nell’Haryana, la sera mi telefonava in attesa che ai nugoli di
mosche infestanti sopraggiungesse finalmente l’energia elettrica, nelle fasce
orarie in cui era erogata, e le morti sospette di due donne l’hanno indotto a
far lasciare il villaggio ai bambini che vi trascorrevano la ricorrenza del
giorno natale di Khrishna, prima che dissenteria e
vomito costringessero lui stesso a rientrare in Khajuraho,
a che si allarmasse realmente per quanto può infettarlo, internamente,
l’acqua che vi beve dal pozzo a cielo aperto, come e quanto avrebbe dovuto
allarmarsi dell’infezione (d’acqua piovana) che da Chandu,
di cui ha deturpato tutto il volto,come una lebbra si è trasmessa ora alle
mani di Vimala, mentre ho dovuto apprendere da Ashesh, che Ajay per il linfonma residuo resta lontano da scuola. Ieri Kailash ha inutilmente girovagato tra Bamitha
e Rajnagar senza trovarvi una ulteriore
filtering water machine,
da disporre nel negozio del villaggio, innanzitutto per sé e per i nostri
familiari, quando vi sopraggiungano, con i soldi che gli ho prontamente
trasmesso. Mi è difficile ritrovare un cuore docile con cui parlargliene, se
penso a quanto si faceva sordo, e non voleva saperne, ogni volta che in India
gliene ho sollecitato l’acquisto, a come e quanto gli ho parlato inutilmente
di provvedere ad una doccia nel cortile, ad assicurare almeno un materasso su
cui far dormire ogni nostro bambino , a come non ha
inteso qual è il nostro solo e vero tesoro, neanche dopo la morte del nostro Sumit… Sempre più ho avuto frattanto la fortuna di
ritrovare al telefono Ashesh, che mi ha rivelato i
retroscena, e che mi ha indicato le pagine di studio che sta affrontando con Ajay, sul manuale di cui dispongo di una copia. per "aiutarli in linea-" Dove tutto è
classificazione e solo scienza della sola materia, non compaiono altri miti o
leggende che di Pandora il vaso, i complementi risultano essere”phrases”, e “ which”un verbo ausiliario.
28 agosto 2011
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Che cosa mi dice Chandu
al telefono
“Sai che cosa Chandu ti
sta dicendo al telefono? Khahan-hé Khahan-hè, ti sta chiedendo dove sei…”! Nel giorno del
suo compleanno, che coincideva con la festa dell id, Kailash, che è ancora
bisognoso di essere reidratato con delle fleboclisi, talmente è stato
spossato dall’ infezione che ha contratto nel suo
villaggio, quando l ho ricontattato ha ceduto il cellulare a Chandu una seconda volta, e tra le ecolalie divertite del
bambino mi ha individuato il ripetersi della richiesta “aja”
“aja”, “ vieni, vieni”, - in cui ricorreva la
stessa confidenza divertita che in me riponeva Sumit-,
così esortandomi il mio piccolo, quando tra noi un’interminabile separazione
di nuovo è appena agli inizi.
1 settembre 2011
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La perdita di un figlio della famiglia del
Progetto Alice
Vorrei comunicare a tutti gli amici di Alice
che oggi la nostra famiglia e’ triste perche’ ha
perso un figlio: un ragazzino di dodici anni e con due grandi occhi neri che
erano pieni di luce. Matteo, il regista-fotografo che sta realizzando un
documentario sulle nostre scuole, lo aveva ripreso tre giorni fa. “Non ho mai
visto un corpo cosi’ pieno di tossine”, aveva detto Matteo, schoccato. “Gli ho fatto una foto,
poi gli ho stretto la mano e gli ho promesso che l’avremo aiutato.” “Quando verra’ il Dalai Lama a Bodhgaya – ho
detto a Matteo – tentero’ di portare il bambino vicino
al trono per una benedizione speciale!” Speravo, infatti, che reggesse fino a
gennaio, nonostante la metastasi orrenda che aveva deturpato il corpo con
bolle dolorosissime. Tanto dolorose, che chiesi a Tenzin,
il nostro presidente, una settimana fa, di far fare
delle divinazioni ai lama per vedere se c’era speranza. I Tibetani
hanno una puja speciale per casi disperati come
questi: se il paziente e’ destinato a sopravvivere,
comincia a migliorare, dopo la puja; altrimenti, se
ne va, in pace, senza soffrire. Tenzin fece le divinazioni, ma credo non mi disse la verita’.
Mi rassicuro’ dicendo che
c’era ancora tempo per il nostro studente e che le medicine tibetane potevano aiutarlo. Mandai il bambino dal medico tibetano e poi chiesi a tutti, brahmini,
tibetani... di pregare. Il cancro alla pelle non da’ scampo. Ieri mattina, la terribile notizia: il piccolo
non ce l’ha fatta. Matteo mi ha messo una mano sulla
spalla e mi ha detto: “Lo sapevo che non poteva farcela e che non sarebbe
arrivato a gennaio per incontrare il Dalai Lama. Quando l’ho fotografato ho notato che non c’era piu’ luce nei suoi occhi!”
Sfortunatamente, mi trovo a Bodhgaya
e non posso partecipare alle preghiere e accompagnarlo nell’ultimo viaggio,
fino al Gange. Ci penseranno gli insegnanti e i suoi compagni.
Ho mostrato a Matteo la foto dello studente nel cortile di
casa, sotto un povero copriletto, circondato dai vicini e dai suoi amici,
mentre le monache del nostro tempio di Tara recitano le preghiere per una
rinascita piu’ fortunata. “Vedi, - gli ho detto
– questo significa pratica educativa! In occidente usate
immagini tese a non ferire la sensibilita’ dei
bambini. Un fiore che appassisce, ad esempio, per
dimostrare l’impermanenza. Forse funziona,
ma si nasconde (o annebbia) la verita’ del dolore,
la verita’ della vecchiaia e della morte. La verita’ e’ questa: sotto quel
copriletto polveroso, da poche rupie. I compagni di scuola e di giochi non
sono fuggiti. Non temono il confronto con la morte. A scuola gli insegnamo che c’e’ un rimedio alla sofferenza
esistenziale; che c’e’ un rimedio anche alla morte, alla catena di rinascite,
che e’ causata dal nostro karma, dalle visioni
errate, dalla mancanza di compassione e di amore. Ecco il buddismo in azione,
in pratica: assieme alla gente dei villaggi, nella gioia e nel lutto, per
aiutarci a vicenda, guardando lontano: oltre il piccolo ego, oltre i
pensieri.”
Le monache che pregano, il libro sacro sulla testa del
piccolo... Grazie, Lama Zopa e Lama Yeshe, per averci stimolati e ispirati per arrivare
dall’Italia fino a quel cortile... E grazie anche a voi, amici di Alice, per averci permesso di costruire e mantenere il
sogno di Alice. Senza di voi non saremmo mai arrivati in quel cortile...
(Valentino
Giacomin)
2 settembre 2011
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Sumit, povero figlio mio
*
Ma più non
riaffiori
dal farsi tue acque morte
i miei fondali
4 settembre 2011
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5 settembre 2011
L’elusione felice
Oggi a
rispondermi c’era in casa solo Ashesh. Kailash era stato
a Chhattarpur come mi aspettavo, ed ora si trovava nel
villaggio natio, il che mi ha
sorpreso.
Per gli ultimi
accertamenti, gli esami del sangue e delle urine, Kailash
era dunque tornato dal dottore che ieri gli aveva fatto le radiografie che lo avevano
tranquillizzato sul suo stato di salute. Niente d’allarmante
era all’origine della diarrea e delle vomizioni che
l’hanno debilitato, l’ambulatorio era affollato di gente che aveva accusato i
suoi stessi sintomi, ma che smettesse di consumare gutka
o tabacco, il gutka poteva sostituirlo con chiodi
di garofano, foglie di pan..
Gli esiti
degli esami del sangue e delle urine devono essere risultati
particolarmente confortanti, al punto da sveltirne il rientro al villaggio,
forse per installare nel negozio il nuovo depuratore d’acqua che ieri ha
acquistato in Chhattarpur, abbreviandone il
protrarsi della convalescenza. fleboclitica.
Nonostante le
poche rupie che in questi giorni racimola in ambo i negozi, egli resta confidente nel suo futuro, a suo dire
resta affidabile il giovane che si fa attendere per subentrare all’altro
barbiere ch’è suo socio, ed anche se
il nostro piccolo general store
tutto il giorno rimane deserto, Kailash è
speranzoso che i dalit sopraggiungano numerosi tra
un mese, quando disporranno come mezzi di pagamento del tilli,
della soia e delle lenticchie nere e verdi che avranno mietuto e raccolto.
Io resto
invece gravato dalla voragine che si è aperta nei nostri conti , dall’incremento
del divario tra quanto aumenta il costo della nostra vita e quanto si
riducono i miei emolumenti e i suoi
infimi ricavi, dalla realtà della quale la sua mente sa come eludere ancora una volta il
rendiconto
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7 settembre 2011
Vediamo il volto sorridente di Dio
Nella luce in cui il fratello vede il fratello:
……………..( Tagore, da Sfulingo)
Nel supermarket, quando mi sono riallineato nella coda alla cassa, ho chiesto all’anziana signora, cui
mi sono ritrovato davanti, se le occorreva che la lasciassi precedermi.
Era sorda, ma aveva compreso che cosa le avessi chiesto. Se si toglieva l’apparecchio poteva sentirmi meglio
“ Mi ha chiesto se voglio
precederla? No, vada pure prima. Non ho fretta. Non ho
nessuno a casa che mi aspetti. Mi si
sta aspettando solo al Santa Maddalena”
E ‘ il cimitero di
un villaggio del circondario.
“ E’ lì che ho mio marito, i miei
figli”"
E i coinquilini non salutano e s’ignorano.
Volevo dirle che mi stava
precedendo nel destino comune, pensando, con gratitudine a Dio, che in Kailash
ho chi attendo e mi attende ogni giorno da una sconfinata distanza. Pensando
a Chandu che al sentirmi al telefono, invisibile, “
dove sei?”, mi chiede, “ aja, vieni”.Le ho solo sorriso, e lei mi ha
sorriso a sua volta.
“Vediamo il volto sorridente di Dio/Nella luce in
cui il fratello vede il fratello” ( Tagore)
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28 settembre 2011
Solo
in te
Kallu, and your family?”
“All are sleeping”
Kailash, se tutti stanno dormendo, vuol dire che il
sonno è più forte di quanto stanno soffrendo..”
“ Che uomo sfortunato sono, “what
men I am
of bad luck “ mi aveva detto sconsolato solo
qualche ora prima, dall’ambulatorio in cui Vimala
si era fatta medicare per l'infezione in bocca, Poorti
per delle pustole sopra di un occhio, Chandu era in
visita per la tosse e il raffreddore.Da quanto gli
ho detto, Kallu ne ha tratto conforto per riaffidarsi al sonno da cui l’avevo risvegliato
telefonandogli.Ma tu
dormi, dormi Kallu caro, caro amico mio, gli ho
cantato nella mente, dormi sulla nostra sventura reale, nell’attesa che
domani. al giorno odierno in gloria di Shiva, faccia
seguito il primo di Navaratri. Che importa se va
sfumando il trasloco nel nuovo negozio, e invano attendi, giorno dopo giorno,
che il nuovo lavoro nell'
Hotel Zen ti rechi, oltre al poco denaro, degli stranieri cui
tu possa interessare nel tuo interesse.
Dormi, dormi, dormi, sul nostro dolore, amato amico mio, mentre stacco
il telefono, e infinitamente da te remoto nel solo spazio, ti guardo e ti
sento con lo stesso Suo sguardo e sentire, con tutto l’amore di Dio che solo
in te so nutrire per
Lui.
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Mondo di sogno,
ma da che
ne svanisti
che morto incanto
3
ottobre 2011
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My
only friend
“Tu sei il mio solo amico, my
only friend”, Kailash mi ha gridato
commosso al risentire la mia voce, prima di cedere la parola al
suo giovane ospite svizzero e cadere nel sonno.
In giornata
sono stati alle cascate, dopo avere attraversato il villaggio adivasi e quello natio di Kailash,
dove con Vimala sono rimasti Chandu
e Poorti, nella ricorrenza di Dusshera,
mentre al seguito di entrambi era
venuto Ajay.
Quali sue aspettative
erano andate deluse, o in che cosa Kailash poteva
avermi recato torto, di che cosa l
'ospite era rimasto inconsapevole o si era mostrato insensibile, perché Kailash mi
proclamasse il suo attaccamento con tanto tormento? Seguitando
a ringraziarmi ripetutamente per il mio solo farmi vivo e prendermene cura
ricontattandolo.
Era stato il sentirmi preoccupato per le
conseguenze nocive che per la salute dei suoi bambini poteva
avere la permanenza nel villaggio? O la mia
disperazione o il mio sconforto, impotente, che
l’intero ammontare mensile del misero salario – 1500 rupie- che da
fine settembre gli è corrisposto per il suo lavorare attuale- “honest and hard”- dal sorgere del giorno fino a notte
inoltrata, da che si reca avanti e indietro alla stazione ferroviaria e al
transito per Bamitha degli autobus che vi
provengono da Sarnat, Agra e Jhansi
fino a che i clienti non hanno
sgombrato la sala dove cenano, per un
padrone d’hotel che lo tratta a suo sentire come un asino," like a donkey, a zebra”, tale
emolumento di fame per tanto dannarsi, lo stia dilapidando trascurando i suoi
veri “diamanti”, i suoi bambini, per il miraggio di potersi ingraziare un
ospite da cui presumeva di ricevere compensi per i cibi che gli imbandiva e i
servizi che gli forniva, all’atto stesso in cui gli nascondeva tutta la
sua miseria, cecitandolo con la volontà
di apparirgli a mie spese benestante?
E tutto ciò si verifica
senza che riesca a venire a capo di alcun discorso, con lui, su che senso
abbia questo suo fare, il servirsi strumentale delle esperienze acquisite
viaggiando con me per interessare e procacciare turisti al nuovo padrone
d’hotel e rendersi indispensabile ai
suoi occhi, se all’ idea illusoria di potere poi lavorare sempre di meno per
guadagni meno infimi,-nel suo darsi da
fare sempre più duro prefiggendosi di ficcare via dalla mente il
dolore del lutto, - egli asservisce e pone a rischio tutto quello che ha di
più caro e prezioso, la mia stessa
possibilità di preservargli la mia amicizia senza mio nocumento mentale
9 ottobre 2011
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Dear William Dalrymple.
I d like to explain you by mail what because of my fragility or delicacy I
wasn’t able to explain you in Mantua .
The nine lives of your magnificent book subtitled A search of the sacred in
modern India, in their experience of sacred in fact aren’t modern lives of modern
persons, because these experiences are ending or going in crisis on contact
with the modernity
In my opinion Nine lives is a search in modern India of the traditional
sacred, that isn’t the only real sacred , as if
didn’t exist a modern sacred.
In my opinion of searcher of God, if the divine reality is, indivisible, all
in all the things, ( see Saint Paul or the Vedanta), we cannot
reduce the sacred to the religious, according to Dietrich Bonhoffer.
who was aiming at a not religious Christianity –, the
sacred is the heart of the modernity and of his technology also. Gurgaon also is his ( of the sacred) phenomenal reality,
not only Tarapith, not only the realities that are
different from the modernity, or that pre-exist or outlive to it, can
manifest the sacred . The modernity, for example, can help the believer to
dematerialize and spiritualize God, to think God as Energy, out of the space
and of the time, by its abstract imagery, or because it ( the modernity)
connects in shorter or real time(s) what is far in the world and phenomena of
different ages, the modernity can facilitate to cross the “ noche oscura” of the end of the
same religious sensibility and imagination, and to worship more and more God
in Spirit and Verity ( John, 4, 23-24).
The real mystical experience consequently is to live the fullness and the
height of the life, in Kenduli like in the yellow
or blue lines of the metro of Delhi .
The following page of Raimon Panikkar,
that I tried to translate, can explain you better my point of view about your
search of the sacred in modern India .
Raimon Panikkar said:
“ I think that the sacred isn’t in contrast with the secularity. The secular,
that is : the secularity, the century, the world,
the worldliness, to stay in this world, all the earthly structures of the
reality, nothing is different from the sacred. The sacred is different from
the profane, “ profanum”,
“in front of the temple”, but the secular can be so sacred as anything, and
the crucial challenge of our time is to discover the sacred in what until now
we thought secular. All is sacred: the marriage, the love, the body, the
politics also,- not the Erastianism,
the Sacred Roman Empire , obviously - because the sacred is the soul of all
the human activities.”
“ India is a secular State”,
not lay, but secular, because the Indian
State must take care of
the things of the world”.
Raffaele
Luise Raimon Panikkar,
Profeta del dopodomani, Edizioni Paoline 2011, pg.145
P. S.
And according with Panikkar, in my opinion
the Nine lives are the other side of us, not the stranger.
Thanks you, again, for everything
And What about Mantua , now? Come back, please, come back for the festivaletteratura at your next book.
sabato 15 ottobre 2011
Arnaud Corbic Albert Camus e Dietrich Bonhoeffer Due visioni
dell' uomo “ senza Dio” a confronto. Introduzione di Ugo Sartorio Edizioni Messaggero Padova 2011, pagine
91, 8 euro.
Nel suo ammirevole scritto breve “Albert Camus et Dietrich
Bonhoeffer, Due visioni dell’uomo senza Dio a
confronto”, risalente al 2002 e tradotto e pubblicato in Italia da Edizioni
messaggero, Padova, nel 2011, con introduzione di
Ugo Sartorio, Arnaud Corbic,
ancor giovane filosofo e teologo francese,- è nato nel 1969-, già professore
di filosofia contemporanea alla Pontificia Università Antonianum
di Roma, pone a raffronto l’umanesimo dell’ateismo dello scrittore
esistenzialista francese e l’umanesimo della fede del grande pastore
protestante, morto impiccato dai nazisti nel 1945, e per illuminazione
reciproca perviene ad un incontro inatteso - ( “Rencontres
de deux humanismes” è il
sottotitolo originario in francese ),- almeno per chi non è persuaso, o non
ha presente, che l'ateismo moderno possa essere un'eresia cristiana1
L'incontro tra due pensatori, “che, per più motivi, taluni potrebbero
ritenere opposti a priori”, ha in radice che l’ateismo dell'uno e la fede
cristiana dell’altro sono originati dal rifiuto e dalla ricusazione di una
concezione “religiosa”di Dio che, per lo stesso Corbic,
non è l’ interpretazione autentica della fede cristiana confessata nel Credo.
Secondo Camus il cristianesimo è la fede in un Dio
il cui Essere è al di fuori di questo mondo, in un “retro-mondo” che è
radicalmente altro rispetto ad esso, è la speranza in un’altra vita, la vera
vita , cui si ha accesso solo alla fine di quella terrena, per meritare la
quale occorre negare la vita presente e disistimarne i beni, fuggire il mondo
e disprezzarlo
Per Camus l’affermazione della dignità dell’uomo,
della giustizia e della “fedeltà alla terra” che è insegnata dallo Zarathustra di Nietzsche,
l'adesione alla realtà concreta e finita di uomini e cose, significa
necessariamente il rifiuto del Dio del Cristianesimo, che è la negazione e la
svalutazione assoluta di questa vita, in cui consiste per Camus
la nostra realtà originaria ed ultima
Per Bonhoeffer, invece, lo stesso Dio dell’ Antico
Testamento benedice questo mondo, ha pronunciato “un sì profondo “ nei suoi
confronti, e chiunque “ fugge il mondo non trova Dio, un altro mondo, cioè il
proprio mondo, migliore, più bello, più tranquillo, un “retro-mondo”. Chi
fugge la terra per trovare Dio troverà solo se
stesso” (pg 27), “ è al centro della nostra vita
che Dio è al di là” (pg. 28, in nota).
Dio e Mondo, amore di Dio e della sua eternità e amore terreno, ancor più in
virtù del vincolo dell’Incarnazione sono “ indivisi eppure distinti”, come lo
sono in Cristo natura umana e natura divina , sono cantus firmus e contrappunto di
una unica polifonia, asserisce Bonhoeffer
mirabilmente( vedi a pg 35)2. “ La terra rimane la
nostra madre, come Dio rimane il nostro Padre, e soltanto colui
che rimane fedele alla propria madre, verrà da questa riconsegnato
nelle braccia del Padre” ( pg.27).
“Già nell’al di quà si vive l’al di là e la
vittoria sulla morte , (pg,26) , si impara a
credere quanto si è più fedeli alla terra, e agli esseri terreni, (vedi anche
a pg 62: “ Più tardi ho appreso - e continuo ad
apprenderlo anche ora- che si impara a credere solo nel pieno essere-aldiquà
della vità”), appunto come esige l’umanesimo di Camus.
Al credente è richiesto di amare e trovare Dio “precisamente in ciò che egli
ci dà,3” ( pg.35), nelle cose penultime cui ci
rinvia sempre la realtà ultima di Dio4, grazie alle quali soltanto si accede
alla vita eterna e al Regno di Dio.
“Solo quando si amano la vita e la terra, al punto tale che sembra che con
esse tutto sia perduto e finito, si può credere alla resurrezione dei morti e
a un mondo nuovo…”( pg. 29).
L’uomo, secondo l’ateo Camus, nella sua fedeltà
alla terra tuttavia non va riconciliato con l’assurdo del’esistenza
terrena, tanto meno si può fare dell’assurdo “il trampolino per l’eternità,” nella conversione che è il salto- kierkegaardiano-
della fede che sacrifica la ragione e la rivolta umana contro l’assurdo,
contro il male del dolore innocente.
Ma anche per Bonhoeffer non è l’assurdo , la sventura, il luogo obbligato dell’incontro con Dio,
come se soltanto e soprattutto aprendosi una via nella fragilità dell‘uomo,
in relazione alla morte e alla colpa, Dio potesse essere introdotto
nell’esistenza umana, piegandola all’ incomprensibilità consolatoria dei suoi
disegni imperscrutabili.
“ Io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze,
ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e
alla colpa, ma nella vita e nel bene dell'uomo. Giunti ai limiti mi pare meglio tacere e lasciare risolto l'irrisolvibile”(pg.45)
C’è una via positiva che conduce a Dio, se Dio donatore di vita è al centro
della realtà creata pur essendone al di là.
“ Io voglio però arrivare a questo, che Dio non venga relegato di
contrabbando in qualche ultimo spazio segreto, ma che si riconosca
semplicemente la maggior età del mondo e dell'uomo, che non “si taglino i
panni addosso “ all'uomo nella sua mondanità, ma che lo si metta a confronto
con Dio nelle sue posizioni più forti,....”(pg 47).
Il Dio che è chiamato a rispondere e a risolvere l’assurdità del mondo, nella
concezione ateistica di Camus è il Dio che è
chiamato in causa perché è ritenuto onnipotente, responsabile inevitabilmente
del male nella sua onnipotenza. Ma il Dio che è amore trinitario, onnipotente
creatore del mondo e resuscitatore, secondo la
rivelazione cristiana disvelata da Bonhoeffer è l’onnipotenza dell’amore, e l’onnipotenza
del suo amore, perché l’uomo possa amare Dio gratuitamente, dello stesso amore
con cui preventivamente è amato da Dio, rispondendo “ liberamente con amore
al proprio amore”, e non sia costretto a riamarlo, assume liberamente
l’impotenza nel Figlio, e lascia libero il mondo e l’ uomo
di non riconoscerlo, lascia che a immagine e somiglianza del Figlio l’uomo ne
patisca anche lo stesso dolore innocente, che conosca l’abbandono del Padre,
e grazie a questo Suo ritiro dal mondo diventi così capace dell’amore
gratuito divino,che vince la morte e in cui dal Padre siamo resuscitati
“ Dio si lascia scacciare fuori dal mondo sulla croce, Dio è impotente e
debole nel mondo e appunto solo così egli sta al nostro fianco e ci aiuta. E'
assolutamente evidente in Matteo 8,17, che Cristo non aiuta
nella forza della sua onnipotenza, ma in forza della debolezza della sua
sofferenza! ...solo il Dio sofferente può aiutare. In questo senso si può dire che la descritta evoluzione verso la maggior età del
mondo, con la quale si fa piazza pulita di una falsa immagine di Dio, apre lo
sguardo dell'uomo verso il Dio della Bibbia, che ottiene potenza e spazio nel
mondo grazie alla sua impotenza”(pg 56). “Dio ci dà
a conoscere che dobbiamo vivere come persone che senza Dio fanno fronte alla
vita. Il Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona....
Il Dio che ci fa vivere nel mondo senza l'ipotesi Dio è il Dio davanti al
quale permanentemente stiamo” (pgg.57-58).
Ma così siamo chiamati a vivere come secondo l’umanesimo ateistico di Camus deve vivere l’uomo restituito a se stesso, di quell’amore gratuito, e disinteressato, che nella sua
prospettiva senza fede e disperatamente solidale contro l’assurdo, secondo lo
scrittore esistenzialista francese è garantito solo dall’inesistenza di
qualsiasi Dio giudice e castigatore, per il timore dei cui castighi o per la
speranza della cui ricompensa, in vista della propria salvezza i cristiani si
presterebbero per interesse a praticare opere di carità.
Ma per Bonhoeffer tale religiosità, che finalizza individualisticamente alla salvezza dell’anima le opere
di carità, non è conforme alla fede nella rivelazione attestata dalle
Scritture, che raccomanda invece la gratuità
disinteressata dell’amore verso il prossimo, cui è analoga la solidarietà
fraterna degli uomini propugnata da Camus, come in
Matteo 10, 8 “ Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (o in Matteo
25, 31-40, ove solo perchè gratuitamente abbiamo fatto ciò che abbiamo fatto
per i fratelli più piccoli, senza cercare la nostra salvezza, inconsapevoli
di farlo a Cristo, Egli può dire che salvificamente:
“ ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli
più piccoli, l'avete fatto a me”).5
Tale servizio disinteressato del prossimo secondo Camus
deve essere assunto unicamente perchè è il solo atteggiamento autenticamente
umano, per sola simpatia, semplicemente per essere un uomo, non già per
realizzare la figura ideale, del tutto speciale, di un santo o di un eroe.
E' forse in opposizione al cristianesimo tale ripulsa del perseguimento di
modelli di santità e di eroismo?
Non è così, secondo la ripresa di Bonhoeffer della
fede cristiana: come il Cristo non si è rivelato in un sacerdote, ma si è
fatto semplicemente uomo, pienamente uomo, secondo Bonhoeffer
essere cristiani allora significa essere come Gesù
non un tipo d’uomo religioso particolare, distaccato dagli altri nell’ambito
del sacro, ma semplicemente uomini, pienamente uomini, “ con “ e “per gli
altri“, anche nelle situazioni più inumane, così come in Gesù.
Dio stesso si è rivelato in un uomo “con” e “per gli altri.”, svuotandosi di
se stesso e prendendo forma di servo, in aspetto di uomo
umiliando se stesso e facendosi obbediente al Padre fino alla morte, “ anzi
alla morte di Croce”, come proclama l'inno cristologico
della Lettera di Paolo ai Filippesi.
“Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo, fare
qualcosa di se stessi ( un peccatore, un penitente o un santo) in base a una
certa metodica, ma significa essere uomini: Cristo crea in noi non un tipo
d'uomo, ma l'uomo. Non è l'atto religioso a fare il cristiano, ma il prender
parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo. Questa è la metanoia: non pensare anzitutto alle proprie
tribolazioni, ai propri problemi, ai propri peccati,
alle propre angosce, ma lasciarsi trascinare con Gesù Cristo sulla strada dell'evento messianico” (pg 61).
“ Così il nostro diventar adulti ci conduce a riconoscere in modo più
veritiero la nostra condizione davanti a Dio. Dio ci dà a conoscere che
dobbiamo vivere come persone che senza Dio fanno fronte alla vita...Davanti a
Dio e con Dio noi viviamo senza Dio” (pg.64).
Non già dunque Dio o l’uomo, ma Dio e l’uomo, in
Cristo, e con Cristo, senza separazione e confusione, indivisi, ma distinti. Come atei, o credenti, con gli uomini e per gli altri uomini,
comunque.
Enzo Bianchi Una lotta per la vita Edizioni Paoline
2011
La lotta per la vita di cui Enzo Bianchi affronta la decisività nella recente
opera omonima, è la lotta spirituale della vita cristiana contro i peccati e
le tentazioni capitali che contrastano il compimento del nostro essere
uomini.
Ogni personalità umana deve sostenere e vincere tale lotta per realizzarsi
pienamente, ma può sostenerla e vincerla solo se lascia fare alla grazia di
Dio che agisce nel suo “cuore”.
Nell'accezione che il termine assume per la Bibbia e per i padri della
Chiesa, il cuore è la vita umana nella sua totalità, di cui è la spiritualità
mistica che esprime l'esperienza integrale: “ sede della vita sensibile,
della vita affettiva e della vita intellettuale, il cuore contiene gli
elementi costitutivi di ciò che noi chiamiamo” persona “ ( citazione da A. Guillaumont, “ Le sens des noms du
coeur dans l'antiquité”, pg.33).
L'uomo, nel suo spirito, in virtù di ciò che diventa grazie all'ascolto della
Parola e alla vittoria sulla potenza del male che consegue con il concorso
dello spirito di Dio, può pervenire allo “stesso sentire che fu in Cristo Gesù,” al punto di poter dire, come Paolo, “Non sono più
io che vivo, ma è Cristo che vive in me”( Galati 2,
20), che lo stesso “ vivere è Cristo” ( Filippesi,
1, 21). “ Nella mia lotta sii tu a lottare” invocando come l’autore del Salmi ( Salmi 43,1; 119,54).
In tal senso Enzo Bianchi afferma ciò che della lotta spirituale sostiene
Mastro Eckhart, allorché ci avverte che “non è
attraverso le vostre azioni che sarete salvati, ma attraverso il vostro
essere. Non è per il vostro fare, ma per ciò che siete
che sarete giudicati”. Solo l’assimilazione del nostro essere a quello di
Cristo, infatti, solo l'assimilazione al suo amore nell’incessante arte di
riprendere la conformità a Cristo”( pg.62), il
consentire alla misericordia di Dio confidando nella costante accessibilità
del bene ad ogni nostra ricaduta nel peccato, può dettarci il vero agire
salvifico che salva con noi il nostro prossimo.
Poiché la lotta per la vita è la predisposizione del nostro essere spirituale
alla “grazia di Dio che, attraverso la morte dell'uomo a sé
stesso, agisce in lui e lo vivifica” (pg 57), tra
le otto tentazioni peccaminose capitali della tradizione cristiana risultano
particolarmente gravi quelle che precludono l'apertura dell'uomo alla grazia,
l'orgoglio, innanzitutto, la vanagloria e l' avarizia che gli sono affini.
L'orgoglio, che è la “radice di ogni male”, secondo
le parole di Gregorio Magno, presuppone la convinzione dell'uomo di essere
l'origine primaria di se stesso, la fonte del bene di cui ha il senso ed è
capace, e consiste, pertanto, nell'“autocostituirsi
dell'io come signore di tutto e di tutti”(pg 223),
che ne alimenta la presunzione di potersi fare autosufficiente rispetto a
Dio, al mondo e agli uomini.
Come afferma Evagrio Pontico,
nel passo che Enzo Bianchi premette alla disamina dell'orgoglio, “ Il demone
dell'orgoglio è quello che conduce l'anima alla
caduta più grave. La incita, infatti, a non riconoscere l'aiuto di Dio, ma a
credere che è lei stessa la causa delle proprie buone azioni, e a guardare
dall'alto i fratelli, ritenendoli degli stupidi, dato che nessuno di loro sa
quanto lei”(pg.219).
La vanagloria, a sua volta, è la ricerca della propria affermazione
orgogliosa in ciò che si fa “ per piacere agli uomini” ( Efesini
6, 6), anziché in ciò che si è agli occhi di Dio. “ Come potete credere, Voi
che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene
solo da Dio?”( Giovanni 5, 44.).
L'avarizia è per parte sua imparentata con la vanagloria, e l'orgoglio, in
quanto l'avaro “ si isola, non solo perché non
condivide, ma perché accumula nella volontà di non dipendere da nessuno.
L'avarizia è ricerca di un domani egoistico e garantito, un domani in cui
bastare a se stessi, in cui gli altri sono esclusi di fatto
dal nostro orizzonte” (pg.148).
In una sorta di demoniasi, di perichoresi
e di controcreazione antitrinitaria, non c'è
tentazione o peccato che non si ingeneri e che non proceda l'uno dall'altro,
che l'uno all'altro non inerisca, ma lo
snaturamento nella Legione delle Persone dell'Amore trinitario, e della loro
creazione continua., opera sempre contro la creatività divina, nel separare
ciò che essa pone in comunione, e nel confondere ciò che in essa di indiviso
permane distinto, a iniziare dall'unione in Cristo di umano e divino, per
originare mimeticamente le comunioni e le condivisioni apparenti, del male
che distruttivamente oppone ed oscura.
Radicato nell'orgoglio, soggiacente all'individuazione di tre passioni madri
– la libido amandi, possidendi,
dominandi,- madri delle
otto tentazioni o loghismoi che ne derivano, -
ingordigia, lussuria, avarizia, collera, tristezza, acedia,
vanagloria, orgoglio- su cui nell'economia di questa presentazione non ci
soffermiamo-, secondo l'analisi di Enzo Bianchi sussiste dunque un peccato
che è presente in ogni peccato (abbarbicato al quale l'anima resiste al dono
di Dio e all’azione di grazia), la secessione da Dio e dagli uomini inoculata
dall'amore di sé della carne (sarx ) paolina, la brama che ci “ oppone al desiderio profondo
di Dio, quello della comunione tra sé e l’umanità, e degli uomini tra loro”(pg. 71). L’affermazione di sé viene
allora snaturata nella negazione degli altri, nell'agire a proprio danno
contro gli altri, anziché con gli altri e per gli altri, (cfr
pg 23). 1 (nota 1)
A tale comune, grande peccato,2 (nota 2)
portando a consequenzialità ulteriore il discorso di Enzo Bianchi, può essere
ricondotta la stessa acedia, che ha i caratteri
dello stato di perdita del senso che la vita è amore come donazione, quando
si diventa inani perché si è divenuti incapaci di condivisione con gli altri
del proprio bene. La tristezza, che è invidia e gelosia, può complementariamente essere interpretata come l' incapacità di condividere e di ricevere il bene degli
altri, mentre la vanagloria appare la cattiva condivisione, assoggettata e
assoggettante, che procede dall'affermazione di sé per imporsi agli altri,
dei cui giudizi e pregiudizi si è succubi nel proprio fare ed apparire. Tale
vanità si configura anche come peccato di omissione,
quando per trarne più fama ci si ritrae dal mondo ( secondo l' acuta analisi
di Cassiano a pg. 209
dell'opera in esame ).
Secondo l'esegesi spirituale di Enzo Bianchi così
essenzializzata, il peccato originale è il prototipo esemplare del peccato
d'orgoglio che figlia il peccato che è in ogni peccato. Adamo nel suo peccato
non ha accettato i propri limiti, ha voluto farsi come Dio in un atto di affermazione appropriativa
del suo Io, in cui ha disobbedito a Dio perché ciò che ha compiuto lo ha reso
antitetico alla vita e alla creatività divina, al farsi dono di sé della Sua
natura di Amore trinitario. Il peccato di Adamo,
mosso dal desiderio di immortalità, di onnipotenza e di onniscienza, allorché
in noi si riproduce è l'amore di sé, del nostro Io, che per la paura della
morte ci sollecita alla ricerca della vita in ciò che è peccato e che infonde
invece sempre più morte, il peccato originale si riproduce consequenzialmente nella nostra volontà di salvarci il
cui anelito ci fa invece sempre più perdere la nostra vera vita, nell'appropriazione
e nel geloso possesso delle cose di questo mondo di cui si diventa idolatri.
Nelle varie forme di idolatria, alla realtà subentra
la falsificazione dell'immaginario,3 (nota 3) che induce l'uomo a sentirsi
tanto più illimitato e permanente, quanto più ha e quanto più domina, in
realtà quanto più si fa mortale e caduco, assimilandosi all'impermanenza delle cose di questo mondo di cui si va
appropriando e da cui va dipendendo (pg. 72).
L'orgoglio adamitico di farsi come Dio nella divinizzazione
dell'Ego, ci pone in antitesi al nostro vero essere, il Cristo che vive in
noi, al nostro diventare sempre più umani diventando sempre più a sua
somiglianza. La nostra vera divinizzazione, l'entrare in comunione con la
gioia di Dio nella vita eterna, esige al contrario il morire al proprio Io ed
ai suoi attaccamenti, alle sue identificazioni appropriative,
il perderlo, l'Io, con la propria vita, nella donazione gratuita dell'essere
che gratuitamente ci è stato donato, in obbedienza
d'amore all'essere Amore della creazione divina.
nota
4
E' quanto, in un contrappunto mirabilmente tracciato da Bianchi nella sua
trama analitica, ci insegnano la lotta vittoriosa di Gesù
contro le tentazioni di Satana, in virtù della Sua obbedienza al Padre e
dell'accettazione della finitezza della propria incarnazione, e l'inno cristologico sublime della Lettera di Paolo ai Filippesi. In tale contrappasso, all'impossessamento
esclusivo tramite il quale Adamo suppone di farsi come Dio, alla sua divinizzazione dell'Io che presume di scongiurare la
morte, mentre proprio così ne diventa la preda perduta, è contrapposto l'autosvuotamento in Gesù del suo
essere divino, la perdita della vita che la salva in virtù dell'amore
gratuito, che solo può vincere la morte, la kenosis
di patire la rinuncia ad ogni geloso possesso della propria forma divina per
abbassarsi ad essere pienamente uomo, sin nella forma di servo, sino
all'umiliazione ed alla vergogna della croce, in conformità con le volontà
del Padre, che per questo l'ha fatto risorgere e sovraesaltato.
E sulla fede nell'evento pasquale, che in ognuno di noi vivere possa essere
Cristo risorto, “la lotta invisibile si fonda in radice” (pg.56)
Enzo Bianchi Una lotta per la vita San Paolo 2011, pg 244, 16 euro.
Note
1 con gli altri, e per gli altri, che dall'amore di se, o philoautia,
possono essere ignorati oppure sentiti come indifferenti, disprezzati, o
avversati in quanto rivali, lasciati da noi separati e distanti, oppure
vissuti in conflitto antagonistico, ed essere rimossi o sottomessi sino
all'estremo della loro mortificazione o distruzione reale, ( invece di
pensarli e di realizzarli come un altro polo di noi stessi, a noi
complementare nella realtà totale in cui tutto è in relazione con tutto).
2)Come attesta la superbia , il peccato ch'è in ogni peccato è in incubazione
in ogni forma di dualismo tra Dio e il mondo e l’uomo, tra l'eternità e il
tempo, in ogni processo ideale e reale che li separa in luogo di mantenerli
indivisi e distinti, interconnessi e reciprocamente inerenti, e induce a
credere che ciò che vale per un ordine di realtà non debba valere per
l’altro.
3 Nell’analisi di Bianchi l 'immaginazione è una facoltà mentale dal tremendo
potere devastante, quando alimenta il peccato, la lussuria e la collera ,
particolarmente, secondo un potenziale malefico che ha indotto altri teologi
contemporanei a sostenere che la più grande delle attività diaboliche è l’uso
della nostra immaginazione divina per creare distruzione” (Matthew Fox, In principio era
la gioia pg286), trasformando in una potenza di morte la creatività
dell'immaginazione che è Spirito
“Demoniaco e diabolico sono molto vicini , li separa solo una linea sottile”(
Matthew Fox, ididem)
E purtroppo le stesse parole e la stessa dinamica, se non c’è carità, possono
essere espressione sia della autentica lotta spirituale che della
glorificazione dell’ego della fede del diavolo
4 Tale lotta della vita spirituale del credente che sia volto a essere
Cristo, ha innumerevoli analogie con la pratica del risveglio alla propria buddhità del buddismo, ne condivide il distacco dal
proprio agire mediante l'acquisizione della consapevolezza che ci incentra
nel proprio Se interiore- che corrisponde al cuore veterotestamentario,
al Dio nel fondo dell’anima della mistica cristiana.
In un teste breve dell'” Arte della vita” Anselm Grun ha fatto corrispondere alla disamina ad opera di Evagrio Pontico dell'uso negativo delle anime concupiscibile,
irascibile e razionale, i tre inquinanti fondamentali del buddismo, la brama,
l'ira, l'ignoranza, le tre cose distruttive della vita secondo Maometto,
l'ira, l'avidità e la presunzione
Parole come le seguenti di Abba Antonio, riprese da
Enzo Bianchi per insegnarci come lottare contro le suggestioni delle
tentazioni, potrebbero ricorrere in qualsiasi breviario buddista
“Quando appare una visione non si ceda al panico, ma di qualunque cosa essa
sia, per prima cosa si domandi, pieni di coraggio: “ Chi sei e da dove
vieni?” ( pg.48).
“Suggestione, dialogo, acconsentimento, passione” , possono ugualmente indicare
per il cristiano le dinamiche della tentazione del peccato e
dell'attaccamento dell'errore per il buddhista,
vigilanza e attenzione, possono essere i comuni strumenti di lotta,
Il disarmarsi che invoca Athenagoras I nella “
guerra più aspra, quella contro se stesso”(pg 237),
richiama vivissimamente l'abbandono di ogni resistenza difensiva, il lasciare
andare, la rinuncia alla separazione dalla vita della meditazione buddhista.
E nella conversione a Dio del pentimento, dalla lotta spirituale cristiana
certamente è richiesta nei nostri confronti la stessa precisione attenta e
gentilezza amorevole della maitri buddhista, in luogo della vergogna del senso di colpa
Per il cristiano si tratta indubbiamente, come per il buddista , di purificare la brama dell’attaccamento e
dell’avversione che è alimentata dalla inconsapevolezza o nescienza del
reale, dall’ignoranza che come ogni
altro essere non siamo il principio originario della nostra esistenza, e
dalla mancata comprensione e accettazione della realtà che ci limita (pg. 73), ( che in termini buddistici è la
inconsapevolezza dell’ impermanenza del
tutto e della nostra mancanza di sussistenza autonoma, a causa dell'interdipendenza di tutto da
tutto, in cui consiste il vuoto- di essenzialità in sé sussistenti- del sunyata), - ma diversa è la forza purificatrice che ci
risolleva e ci edifica, perché solo nel buddismo devozionale,
quale è quello Amida, lo spirito del Buddha può essere attinto aprendosi alla misericordia e
alla grazia di un datore di vita personale, come richiede la lotta spirituale
cristiana , la quale, insieme all’assiduità con la parola delle Scrittura,
che è parola di Dio, richiede la preghiera e l'invocazione del Signore, la
confidenza nella sua misericordia, nell’eucarestia
come magistero spirituale, il fondarsi in radice sulla fede della
resurrezione di Gesù Cristo ( pgg.56-63)
( Confronta P. Knitter, Senza Buddha
non potrei essere cristiano, Fazi Editore, 2011) .
Sono dunque l’accettazione della
realtà di noi stessi e degli altri, nei limiti propri e altrui, l’obbedienza,
per amore, alla propria creaturalità e all’Amore
trinitario, i presupposti della propria attuazione autentica, (pg77), del
vero modo di essere a immagine e somiglianza di Dio.
15 ottobre 2011-12-29
Raimon Panikkar,
Vita e Parola La mia opera, Jaca Book 2010
Vita e parola La mia opera, raccoglie tutte le varie introduzioni scritte espressamente
da Raimon Panikkar, per i
vari volumi e tomi della sua Opera Omnia in corso di pubblicazione presso Jaca Book, poco prima della sua recente scomparsa
nell’agosto del 2010, e può rappresentare la migliore introduzione al
pensiero del grande teologo, o una sua preziosa
sintesi, anche per chi intenda riprenderne i lineamenti e l’ispirazione di
fondo.
Coloro, poi, che attenendosi al principio “ Esaminate ogni cosa, tenete ciò
che è buono”, (1 TS, 5, 21), nell’accesso primario all’opera di Panikkar, o ad essa di ritorno,
muovano dai testi spirituali di quei pensatori religiosi che per innovare il
pensiero cristiano, in sintonia con lo spirito dei tempi, si sono
contrapposti polemicamente ai magisteri ecclesiastici, vi troveranno il
frutto di una mirabile saggezza che tutto ha anticipatamente pensato,
recepito e ricondotto nell’alveo, di quanto in esso poteva essere recepito e
raccolto, trasformandone le “ tensioni distruttive in polarità creative”(pg.36).
Raimon Panikkar, al
contempo cristiano, induista e buddista per tradizione familiare, essendo
figlio di madre cattolica, della borghesia catalana, e di padre aristocratico
indiano, nel saggio Filosofia e teologia, di questa raccolta, rivela che è la
tensione originaria tra le polarità di tali diverse vocazioni religiose che
l’intera sua esistenza ha cercato di rendere creativa anziché distruttiva,
assumendo tali polarità come complementari invece che esclusive l’una
dell’altra, nel tentativo di pervenire a comprenderle insieme e di
realizzarne la comunione nella sua spiritualità personale, in un raccordo tra
cristianesimo, induismo, e buddismo, che procedesse
così come all’interno dei loro orizzonti di fede cristiani, induisti e
buddisti, comprendono le proprie credenze.
Tale esperienza intrareligiosa è stata intrapresa
da Raimon Panikkar in
spirito di fedeltà al Cristo del cristianesimo e nel rispetto dell’assunto,
al contempo, di non violare altre tradizioni religiose, perseguendo alla loro
luce l’esame critico della cultura contemporanea (pg.
102)
(“ E una volta chiesi a Paolo VI, con il quale ho avuto più libertà di
rapporti, se per essere cristiano uno deve essere spiritualmente semita e
intellettualmente cristiano,” ebbe a confidare a
Raffaele Luise, come questi rivela in Raimon Panikkar, profeta del posdomani, Edizioni Paoline 2011, pgg. 67-68).
Se è il Dio evangelico trinitario il Dio in cui si è consolidata consequenzialmente la sua fede, è perchè in esso Panikkar è pervenuto alla
comprensione reciproca delle sue religioni di appartenenza, in quanto in
esso, poiché è Trinità, Spirito, nella suo essere Amore relazionale, e non
solo Logos razionale,- a differenza del Dio dei greci e della generalità dei
filosofi occidentali-, può essere condotto ad unione tutto ciò, che se si è
distaccati dalla sua rivelazione interiore, si tende invece a pensare che sia
separato, integrandolo in un’unione di polarità che permangono distinte ma
che non sono separate, innanzitutto nell’“unione, con distinzione, ma senza
separazione, tra umano e divino” nell’”evento cristico”.
“ L’evento cristico unisce la trascendenza (
divina) con l’immanenza (umana), ma senza cadere in alcun monismo- spirituale
o materiale-, né in alcun dualismo metafisico. Non solo Cristo è totalmente
divino e totalmente umano; anche l’uomo è chiamato ad essere pienamente umano
e pienamente divino”( pg.32).
Oltre ogni dualismo, secondo lo spirito indiano advaita-adualistico-,
la spiritualità religiosa è l’esperienza integrale della vita nella sua
totalità, ossia è l’esperienza dell’interpenetrazione reciproca di Dio e uomo
e mondo, (secondo la concezione cosmoteandrica di
cui Raimon Panikkar si fa
continuatore), in cui l’uomo è coinvolto nella sua pienezza, nella trinitarietà umana di corpo, mente razionale e spirito,- o nell’essere egli,altrimenti, inseparabilmente, corpo,
( soma), psiché, (spirito), polis ( società), e
cosmo, una quaternità in cui in noi si trova e si
incontra il divino, tanto immanente quanto trascendente.
“Dio- in tal senso- non è altro, un altro, per quanto grandioso lo si possa immaginare.
Dio è tanto trascendente quanto immanente” (pg.24).
Nell’essere tutto in tutte le cose “Dio non sta au dessus de la melée fuori da tutto, separato. Anche Dio sta all’interno di questa interpenetrazione del tutto con tutto”( pg.64)- dell’eterno con il tempo, nel presente della
escatologia realizzata della “tempiternità”
L’esperienza integrale in cui l’uomo, in quanto spirito incarnato, gode la
pienezza della vita in cui si interpenetrano
reciprocamente uomo, mondo, e Dio, come in Dio, in sé, sono perichoreticamente interpenetrate
le persone del Padre, del Figlio e dello Spirito-, è la mistica, nel senso
proprio del termine, in cui è riposto per Panikkar
il futuro del cristianesimo, è l’ espressione della fede che proviene dalla
stessa vita e di cui ogni uomo è capace, quando in lui pervengono ad
un’unione trinitaria il corpo, nel piacere sensibile, la mente, come
esperienza intellettuale, e lo spirito. Lo Spirito è il divino del cuore che
in noi, in quanto amore, come identità relazionale, sente di essere il tutto
che è tutto se stesso in tutte le cose ( sulla purezza del cuore che presso
tutte le culture porta all’azione giusta, Panikkar
scrive a pg 86 in particolare), e che nell’amore del
prossimo perviene ad amare il prossimo come un’altra parte di se stesso (pg.23).
Il Dio che è Spirito, in quanto è Amore, come Amore non è soltanto Logos,
Verità razionale noetica, e dunque non è soltanto
Essere intelligibile, un Essere totalmente intelligibile, che si rispecchia
nella sola coscienza logica (pg.80), lo Spirito,
Sorgente apofatica, “ non inferiore né differente
dal logos, ma neppure riducibile ad esso”( pg.83) né ad esso subordinato, in tale sua irriducibilità
alla logica razionale è la ragione d’essere stessa della incommensurabilità
del reale e della sua non trasparenza, della rivelazione della pluralità del
reale nei veli di una pluralità di credenze e religioni,( pgg.
78-80), dell’impossibilità, dunque, di una teologia, o religione generale,
che sia universalmente compresa ed abbracciata, come è
inattuabile qualsiasi corrispettivo pensiero unico,- Ma lo stesso Dio che è
Spirito, poiché in esso tutto è in relazione con tutto, è la scaturigine
stessa della possibilità nello spirito medesimo, e non già nella ragione
soltanto, di una mutua fecondazione fra le diverse saggezze dell’umanità”, di
cui il pensiero di Panikkar è così alta
espressione. interculturale e interreligiosa”, in
seno al vincolo che nella tradizione cristiana “è lo Spirito, in quella hindu brahman”, in quanto
simbolo, mito, culto, “saggezza dell’amore”1
1 In scritti in cui la lucidità critica si fa a volte aridità di tono, è
mirabile tale illustrazione esemplare della superiore saggezza spirituale di
Salomone “ Le nostre molte soluzioni vogliono tagliare il bambino in due
quando non possiamo averlo per noi. La verità è nostra, come lo è il bambino.
Ma per mantenere vivo il bambino, per mantenere viva
l’umanità, per mantenere viva la polarità delle realtà umane, per mantenere
viva la buona fede delle persone, per mantenere viva la libertà come la
dignità più elevata, non possiamo giudicare con la Ragione soltanto. Salomone
ci ha fatto vedere che il suo giudizio finale era quello corretto, perché
quando interviene l’amore, quando il bambino è tuo, tu preferisci perdere, tu
preferisci perfino essere battuto, ma il bambino
deve vivere”(pg.82).
martedì 18 ottobre 2011
Caro don
Ulisse,
sono Bergamaschi.
Finalmente mi sono risolto ad inviarle la mia recensione de “La lotta per la
vita” di Enzo Bianchi, che già mi ero ripromesso di
scrivere per inoltrargliela ai primi di maggio, allorchè
mi ha incontrato in Sant’Andrea e mi ha chiesto che
cosa ne pensassi, senza da me ricevere una effettiva risposta. .
I giorni avanti, infatti, avevo lasciato in sospeso la lettura in cui mi ero reimmerso sotto i suoi occhi, una settimana prima, nella
saletta d’attesa dell’ambulatorio medico in cui ci siamo
ritrovati alcune settimane or sono, a distanza di mesi.
Nel frattempo sono mutate le aspettative e le
sollecitazioni con cui mi sono rivolto al testo , come si può intendere in
controluce nelle conclusioni seguenti.
La lotta per la vita di Enzo Bianchi non è una lotta
per la vita di natura puramente spirituale nella sua universalità. E' una
lotta per la vita eminentemente cristiana. Nella fede nella resurrezione di
Cristo è fondata in radice. E non può essere vinta
senza l'apertura dello spirito alla grazia divina. E' una lotta che può
incorporare la meditazione buddista o di altre
tradizioni, ma che non può essere incorporata in una pratica buddistha, o altrimenti ispirata, che sia ateologica.
Per la mia esperienza dell’amore in Dio del prossimo, e dell'amore di Dio
mediante l’amore del prossimo, per quanto trovi ammirevole l’opera,
soprattutto nel raffronto esegetico tra le pagine della tentazione di Adamo e di quella di Gesù e
la Lettera ai Filippesi, non so dirle quanti
anticorpi contenga il pensiero spirituale di Enzo Bianchi, per aiutare a
discernere se la propria lotta spirituale è animata nella sua dinamica dalla
conformità con Cristo o dalla fede dei diavoli.
Opere spiritualmente meno accreditate, o screditate, come quelle di Anthony de Mello, mi sono in questo un sostegno più illuminante
Quanto alle altre letture di cui le inoltro le recensioni, che ho redatto per
ordinare le mie idee e per una loro pubblicazione impossibile sulla
Cittadella, nonostante tutta la benevolenza di Benito Regis
nei miei riguardi, l'una concernente le introduzioni di Ramon Panikkar alla propria Opera omnia, l'altra un raffronto
illuminante tra l' umanesimo ateo di Camus ed il
cristianesimo di Dietrich Bonhoeffer,
lo Spirito unificante che vi ho inteso soffiare, così come nell' ispirazione
della generalità delle teologie critiche dei Magisteri ecclesiastici
recentemente edite in Italia, è in verità la concelebrazione della stessa
cristologia calcedoniana, che è pienamente
riaffermata dall'ontologia che le accomuna, ossia dalla loro concezione della
realtà divina quale realtà al tempo stesso dell' uomo e del mondo, che s'invera in un'ontonomia secondo
la quale la separazione o la confusione di ciò che in Cristo o nello Spirito
è indiviso e distinto, costituisce la natura del peccato o l’errore del male,
per quanto della realtà del peccato può essere comunque compreso dal lume
naturale e dalle altre esperienze religiose-. Quanto sostengo
l'ho ritrovato enfaticamente esaltato da Fabrice Hajadi nel suo ammirevole – e urticante- “La Fede dei
demoni” ( vedi il capitoletto Il principio di Calcedonia
sestuplicità dell'errore e altro..,” a pg. 144 dell'edizione italiana)
La saluto con gratitudine e affetto.
Odorico Bergamaschi
Post Scripta
A) Arnaud Corbic
riferisce come “ Bonhoeffer che aveva insegnato
cristologia all'università nel 1933, avesse trattato del Concilio di Calcedonia. Aveva dimostrato che non si deve “
cosificare” la formulazione dogmatica di questo concilio ma vedervi
l'apertura al mistero concreto dell'Unico. ...Il
Verbo illumina ogni uomo e ogni cosa. … Se Dio ha
riconciliato in Gesù Cristo il cielo e la terra, né
il dualismo né il monismo si concilieranno con un pensiero cristiano, ma solo
una polifonia” (a pgg. 36 e 37 dell'edizione
italiana di Camus e Bonhoeffer
)
B) In India ho riscontrato una profonda corrispondenza tra la concezione cristologica della kenosis e quella hindù, diffusa tra i
comuni pandit più che nei testi autorevoli, della umana paro-upkar
o donazione di sè, al pari di come l'albero dona ad
animali ed uomini la sua ombra ed i suoi frutti, senza nulla pretendere di
ricevere o di potersi attendere in cambio.
(Nota ulteriore, non integrata nella
lettera
La cosmoteandria
non riduce forse la trascendenza divina all' infinità e alla libertà della
creatività continua della Natura Naturans che è
immanente alla Natura Naturata?
Npn risolve forse Dio nella sua sola natura
economica in relazione al Creato, senza lasciare residui all'intima vita
divina intratrinitaria, alla sofia
increata dell'autorivelazione
di Dio in sè stesso?( Bulgakov).
E ancora. c’è una realtà effettiva (positiva) del
male, o il male è solo privazione del bene? è
effettuale una ontologia e ontonomia satanica, ci
sono comunioni e condivisioni maligne, od ogni reale comunione e condivisione
è benigna, e il male è solo unione apparente, sempre oppone e distrugge,
tanto più quando sembra unificare e interpenetrare,
secondo una dinamica del male mimetica e antitetica al contempo?
lunedì 17 ottobre 2011
“Vado a dormire ora, domattina devo alzarmi prima delle
cinque, per il treno ch’è in arrivo da Varanasi.”, quando Kailash
dovrà recarsi alla stazione di Khajuraho per
tentare di avviare all’hotel Zen i turisti che vi discendano
Poi Kailash avrà da attendere l’arrivo ulteriore
del treno da Delhi, di lì a un’ora, per tentare lo stesso o stesso
abbordaggio con i turisti che provengano dalla capitale, e in autorisciò gli toccherà in mattinata di recarsi a Bamitha, o a Chhattarpur, ed
esserne di ritorno, per due volte, con altri turisti che vi si scendano per Khajuraho, da uno dei bus in arrivo da Satna o da Jhansi.
Sa oramai alla perfezione come intrigare i turisti, è consapevole che non
deve far loro parola dell’hotel dove li farà finire pressoché
immancabilmente, ma che è bene che chieda loro dei viaggi che compiono in
India di cui ha fatto con me esperienza, e se essi si lasciano così irretire,
per Kailash il gioco è fatto e l’esito
irresistibilmente ottenuto, il più delle volte, i turisti siano spagnoli,
svizzeri, polacchi, indiani, o il brasiliano inavveduto che oggi ha
ammaestrato a dovere.
Poi, quando cercherà di fare il proprio di interessi,
anziché quello del padrone, si
ingegnerà con scarsa fortuna di ottenere di poter prenotare il biglietto
ferroviario, o un mezzo di trasporto per un’escursione nei dintorni, senza
ricavarne nulla i turisti li inviterà pur anche a cena a casa propria,
quando entri con loro più in
confidenza, ritentando l'azzardo, nella speranza indefettibile che poi lo ricambino in denaro, a dispetto
del riscontro che anche i giorni scorsi le sue aspettative siano andate
ancora di nuovo puntualmente deluse, sia con la coppia di turisti spagnoli che con il giovane svizzero, a suo dire
cosi semplice e affettuoso, che asseriva di averlo nel suo cuore, Kailash
- “Io ho offerto loro cibo da mangiare, e non mi hanno dato niente! nothing...”
L’amico si è mostrato talmente capace di attirare turisti nell’hotel Zen,
benché esso non figuri più nella Lonely Planet, appare talmente in grado di compensare con la sua
intraprendenza uno svantaggio di cui si tormenta ogni giorno (ch’è il
tormento quotidiano del) il suo padrone bestiale (predatorio),
che dopo l’ una adesso può restarsene a casa con la sua famiglia fino alle
tre del pomeriggio, ed è il padrone ora a pregarlo di fare ritorno al lavoro,
se tarda, anziché minacciare di cacciarlo od
infuriare su di lui con parole, che a Kailash,
i primi giorni levavano la pelle come scudisciate, perché il mio amico si
riavvii per Bamitha, di nuovo, quanto prima, a
calamitare i turisti in arrivo con il bus di Agra, dopo di che egli dovrà
stazionare in hotel fino alle dieci di sera, (stazionando egli in hotel fin che solo alle dieci di sera),
allora soltanto potrà essere di ritorno a casa, per risvegliarsi sul far
dell'alba se non alle quattro, non oltre le cinque, il giorno seguente, e
farsi trovare alla stazione nuovamente in attesa del treno da Delhi, per suo
(minimo) sollievo essendo sospeso più volte alla settimana quello precedente
da Varanasi.
La paga è sempre la stessa miseria per tanto dannarsi, 50 rupie al giorno,
l’equivalente, al più, di un dollaro, è niente, "nothing",
come Kailash inveisce, ma per lui non è ciò che più
importa, così mortificandosi egli conta di farsi valere, ed al fine di
prevalere, come lavoratore onesto, ed io non posso che compatirlo e
consentire, benché mi sia insostenibile la sua remissività ad un simile trattamento da bestie, giacché
nel suo fervore succube avverto (sento) che egli è riemerso dal fondo della
nostra sventura, e che sino all’eccesso riafferma la vita
E' stupefacente come egli sa nuovamente illudersi e può davvero credere,
sospinto dallo slancio, che siano in gran ripresa gli affari dei nostri
negozi, che costituiscano chissà quali proventi il quintale di grano e i
chili di sesamo e di lenticchie con cui dopo i recenti raccolti i dalit del villaggio sono venuti pagando i loro acquisti,
in tutto appena due mila rupie, alla resa dei conti, ma gli acquisti, mi
assicura, saranno ancora più in crescita per Dipawali,
quando da Delhi faranno ritornano al villaggio i dalit
che vi si sono trasferiti per lavorarvi come muratori.
“ Ora penso più al mio lavoro, che alla mia famiglia”, è il suo presente
rammarico, tant'è che (e ) solo ora che a Vimala è ricomparsa purulenta l’infiammazione in bocca,
si è riscosso al punto di preoccuparsene davvero, e di chiedermi di
anticipargli il denaro che può occorrere se la farà visitare da un
odontoiatra di Chhattarpur.
“ Sarebbe un vero problema se l’infezione fosse invece un cancro, Vimala potrebbe morire ed io resterei senza mia moglie…”
( è come se sapesse soltanto dispiacersene).
martedì 1 novembre 2011
Ma
ora appare meno convulsa e più appagata la vita di Kailash.
Si è conquistato più rispetto e più tempo disponibile presso il suo padrone,
la piorrea di Vimala è regredita (receduta), e
tutti quanti i bambini crescono e stanno bene.
Ajay e Ashesh hanno
trascorso nel villaggio le intere festività di Deepawali,
e vi sono rimasti ad accudire il negozio ed il
bestiame da soli, vi si sono intrattenuti anche in assenza dei nonni,
allorché il babbo e la mamma di Kailash si sono
recati per alcuni giorni ad Orcha.
Con i turisti Kailash ha riappreso
a dare senza attendersi in cambio denaro, ad invitarli a casa sua e ad essere
felice di cucinare e servire per loro il dhali, con
vegetali e chiappati, anche se non ne sarà affatto remunerato.
“ But I am happy, Sono
felice anche così”.
Così facendo acquisisce comunque good Karma.
Nel suo agire c’è pur sempre calcolo, certo, ma Kailash
gli conferisce una natura superiore.
“ Essi mi avessero dato mille, due mila rupie le avrei accettate. Ma duecento
rupie, no, - mi ha detto oggi, che è Ognissanti, a
proposito della coppia di turisti francesi che sono stati di ritorno a casa
sua prima di partire per Varanasi. "Avrebbero
pensato che l’ho fatto solo per denaro. Così almeno
parleranno bene di me, e faranno sì che a me si rivolgano altri turisti,
indirizzandoli al mio hotel”
Beati davvero quelli che piangono, Kailash, perché
saranno consolati. I puri di cuore perché come te
vedranno il nirvana del regno dei cieli.
martedì 1 novembre 2011
.
"Il mio
amico indiano si sta ora alienando nel lavoro. “ I like
only to bring tourists to my hotel!” mi ha detto oggi
al telefono, indispettito con se stesso di non avere recato in hotel il suo
tributo quotidiano di turisti. Dal far dell’alba sino alle dieci di sera si
sta dannando in tal modo per un padrone animalesco che gli deve ancora
corrispondere le 1500 rupie che gli spettano per il mese di lavoro trascorso,
Si è così involuta la sua elaborazione del lutto in un lavoro faticoso. Per
lui devo ripetermi il discorso delle beatitudini.,
anche perché nonostante tutto lo so felice, e i nostri bambini crescono bene.
Oggi al telefono ne ho curato con gioia la dizione in inglese di una
poesia."
Buon viaggio, cara Luigina, ed arrivederci in India a primavera...
Ho dimenticato di dirti il finale per quanto
riguarda il mio amico: egli invita a casa sua i turisti che con lui
simpatizzano, auspicando di trarne un provento in contraccambio delle
pietanze squisite che a loro imbandisce, ed ogni volta finisce per rimetterci
tutto quello che spende per loro ma ne è contento. Oggi mi ha confidato che lascia al cuoco le mance dei clienti che serve a tavola,
perchè sono dovute alla bontà della sua cucina…
Venerdì 4
novembre 2011-12-28
Pietà ora per Gheddafi
Che immensa sofferenza deve avere inflitto Gheddafi
al popolo libico, che liberazione si è creduto che abbia significato la sua
fine, se nessuna forma di pietà ha inibito il giubilo del suo popolo
festante, alla diffusione senza ritegno delle scene della sua fine tremenda,
in cui non più dittatore sanguinario ma inerme
vittima sanguinante, appare suppliziato, oltraggiato, messo a morte ed
esposto al ludibrio esultante degli insorti gioiosi assiepatigli intorno,
animati dalla stessa ferocia già da lui riservata alle sue vittime. “ Wow”,
se ne è compiaciuta Hilary
Clinton. E mentre le segreterie europee d’oltralpe
hanno accolto in silenzio l’esecuzione orrenda, propiziata dai bombardamenti
delle loro aviazioni, in cui è finito massacrato lo stesso Rais che avevano
accolto con tutti gli onori solo un anno prima di muovergli guerra, il nostro
premier non ha mancato l’occasione per essere e dire l’opposto di quello che
avrebbe dovuto essere e dire nei riguardi di Gheddafi:
come è accaduto non più tardi dell’altra estate ,
quando si è prosternato nel baciamano di chi era sceso in Italia per
insultare una seconda volta al suo cospetto le nostre istituzioni e
tradizioni, o allorché ha manifestato pietà per il Rais nelle circostanze in
cui avrebbe dovuto esprimere sdegno per la sua volontà di infuriare sulla
ribelle Bengasi, ora in luogo della pietà
riservando il proprio cinismo alla fine miserabile e atroce di chi aveva
folleggiato d’essere il re dei re d’Africa e l’aveva reputato suo amico, un
assassinio che ha liquidato con il gelido ricorso alla stessa formula
liturgica, “ sic transit gloria mundi”, che celebra
in latino le incoronazioni dei pontefici. Superato in questo solo dai suoi
accoliti di governo. Certo, così passa la gloria del mondo, basta soltanto,
dopo che si è atteso la scomparsa del messaggio promozionale, per assistere
all’ulteriore ripresa del massacro del Rais, voltar
pagina, aprire un nuovo capitolo di storia, come richiede l’assuefazione alla
realpolitik planetaria.
Odorico Bergamaschi insegnante
Pubblicato sulla Gazzetta di Mantova il 22 ottobre 2011
Nell’imminenza, domenica 6 novembre dell
eid al adha,
la festa islamica del sacrificio e dello sgozzamento,
vorrei intervenire su ciò che in “500 battute” della Voce di Mantova del 21
ottobre 2011, ha
espresso Dino Bertolini sulla macellazione islamica
della carne halal.
Egli ha allora deprecato che la Lav abbia dato credito alle “emerite bugie” di non meglio
precisati mussulmani, che avrebbero assicurato che in Italia gli animali sarebbero
storditi prima di essere sgozzati e lasciati morire per dissanguamento, una
forma di pietà che del resto essi non sarebbero tenuti a esercitare, perché
consente a loro di non praticarla una deroga della legislazione italiana che
tutela “gli animali da inutili e crudeli sofferenze”, secondo la denuncia
dell’ENPA, l’Ente Nazionale Protezione Animali.
Se Dino Bertolini avesse tempo e modo di leggere le
pagine che in “ Maximum City, Bombay città degli
eccessi”, Suketu Metha ha destinato alla celebrazione islamica di Bakri Id , alle pagine 189-194,
avrebbe di che invocare l’apertura delle cateratte del cielo insieme con
l’apertura dei fondali terreni.
E’ terrificante la crudeltà verso il mondo animale cui può indurre una
religione. Pietà verso gli animali, è sacrosanto e legittimo invocare, con il
grande filosofo cristiano -kantiano Piero
Martinetti, pretendendo che una legislazione che ne eviti inutili sofferenze
sia fatta valere nei riguardi di tutti, nessuno escluso.
E nessun indebito riguardo interculturale può giustificare deroghe speciali,
o che un’associazione animalista certifichi il falso, dando via libera alla
macellazione senza stordimento preventivo dell’animale che
sarà sgozzato. Ma la pietà per gli animali non può mai diventare una
legittimazione della nostra disumanizzazione nei
riguardi della specie umana, di chi è innanzitutto
il nostro prossimo, proprio perché è lo straniero o in esso avvertiamo un
nostro nemico.
E’ più che umano, quando la nostra capacità di amare
è mortificata dagli uomini, rendersi “ sprezzator
degli uomini” e donare tutto il proprio affetto all’innocenza animale. Ma non
è condivisibile che l’affetto per gli animali sia razionalizzato in un
ripudio argomentato e pubblicizzato di un intero universo umano, quale la immensa civiltà e popolazione islamica..
Rammento ancora vividamente quanto ebbe a dirmi un giovane tunisino della Crumiria, oramai tanti anni fa, raccontandomi delle
lacrime che pianse per più giorni, quando per l’eid
in famiglia venne sgozzato inesorabilmente l’agnellino che aveva più caro.
Tale festa dell’eid , con
il sacrificio rituale di moltitudini sterminate di animali,” un massacro”
come lo definisce Suketu Metha
nelle sue pagine impressionanti cui mi sono riferito, è una carneficina che
ricorda il sacrificio di un montone effettuato da Abramo, sostitutivo di
quello che egli stava per compiere del figlio Isacco, perché così credeva che
volesse Dio.( rimando in proposito a quanto ne scrive Vito Mancuso in Io e Dio, alle pagine 173-182, che condivido
assolutamente).
Ora, prima ancora che della religione islamica, Abramo è un capostipite della
religione ebraica e di quella cristiana. Nel suo nome, in cui echeggia il
tremendo di ogni senso del sacro, l’uomo di presunta
fede perfetta, inossidabilmente cristiano e
occidentale, può dunque sentirsi obbligato a compiere in obbedienza al suo
Dio un sacrificio maggiore di quello di un animale. Il sacrificio, di cui la
Croce è il simbolo eterno testimoniale, che Dio stesso, come Amore
trinitario, ha compiuto del Suo Figlio medesimo secondo il cristianesimo.
Liberando l’uomo dalla richiesta di ogni ulteriore
olocausto che non sia il sacrificio perenne di se medesimo..
Attenzione, dunque, rispetto e riguardo, allorché si affronta in tali
questioni ciò che è fondamentale per ogni uomo, stando in ascolto di tutte le
risonanze che assume ogni nostro discorso
lunedì 7 novembre 2011
Mantova,
2 novembre 2011
Cara Valentino
sono Odorico. Come va? E come procede il progetto
Alice? Quale buona novella? Od implica novità dolenti l’avvertenza che non accettate più volontari?
Quanto al documentario di Matteo Passigato, è
davvero molto bello. Ti allego una correzione del testo della versione in
italiano.
Sono rimasto commosso, due mesi or sono, dalla
scomparsa del vostro bambino così atrocemente sofferente di cancro alla
pelle.
Per me in quel cortile si è rinnovato lo scandalo del dolore innocente.
Per quello che riguarda la mia sorte futura, prima di comunicarti come si sta
modificando intendo dirti che cosa penso della
sinossi del Progetto Alice che mi hai inviato a suo tempo- L'ho riconsiderata
in questi giorni, e la sua versione più avvincente mi è parsa Pankash and the daisy.
Io non posso che condividere l’anelito dell’ispirazione della tua sinossi,
che da un versante buddista ti anima a condurre le menti all’identica
esperienza mistica contemplativa di ogni religione,
così come avviene nel silenzio in cui oltre ogni concetto e giudizio e
pensiero, siamo tutt’uno – o in unità- con l’essere
che è Amore infinito, Pace infinita, beatitudine infinita saggezza infinita (
la mente della chiara luce), per esprimermi con le tue bellissime parole.
Ciò che però non mi trova consenziente è che sia concepita come l’unica forma
di esperienza mistica che consenta di accedere alla
vacuità del divino, e che per pervenirvi sia obbligatorio credere e indurre a
credere, insegnandolo, che non esiste una realtà esterna indipendente dal
nostro pensiero. ( pur se riconosci che non si può
nemmeno dire -monisticamente- che c’è solo mente).
Io non intendo, così dicendo, entrare nel merito della tua concezione dell’Io-pensiero creatore , che nella Sinossi hai ripreso e
riproposto come l’ispirazione di fondo imprescindibile della ricerca
educativa del tuo progetto. Considero opportuno, piuttosto, fare appello al
criterio buddista dell’upaya-khausalya, come l’ho
trovato espresso nel Sutra del loto della buona
legge, in ragione del quale mi sembra sconsigliabile impartire l’insegnamento
filosofico basilare e inderogabile dell’insussistenza di una realtà esterna
indipendente Può darsi e non discuto che implichi tale principiuo
il grande veicolo, ma il riconoscimento delle nostre
deboli propensioni comuni, e il giusto ricorso conseguente all’abilità nei
mezzi, mi fa ritenere che non sia conveniente che si ricorra a tale
concezione nell’istruzione generale universale. Invece seguito a condividere
pienamente, come giusti mezzi necessariamente impliciti in ogni formazione
inter-religiosa e interculturale , compresenti n
ogni dimensione scientifica avanzata dell’insegnamento convenzionale, che si
trasmettano la consapevolezza e la conoscenza "of the laws of interdependence; the laws of cause and effect; the subjectivity of perceptions and
dynamic of projections;
the relativity of boundaries;
the ever changing nature
of our thoughts and feelings.", come asserisce la dichiarazione dei
principi formativi del Progetto Alice..
Per quanto mi attiene, il 2 novembre potrò inoltrare la domanda di
pensionamento. Se tutto procederà come auspico, sarò così più libero di venire in India, di stare con la mia sacra famiglia
indiana e di restare in contatto e di cooperare con te, ad esempio nell’
insegnamento della lingua italiana presso la scuola di Sarnat,
non fosse per l’avvertenza che non accettate più volontari
Versione ulteriore
Mantova, 2 novembre 2011
Cara Valentino
sono Odorico. Come va? E come procede il progetto
Alice? Quale buona novella? Od implica novità tristi l’avvertenza che non accettate più volontari? Quanto al documentario di Matteo Passigato, è davvero molto bello. Ti allego una
correzione del testo della versione in italiano.
Sono rimasto tristemente emozionato, due mesi or sono,
dalla scomparsa del vostro bambino così atrocemente sofferente di cancro alla
pelle.
Per me in quel cortile si è rinnovato lo scandalo del dolore innocente.
Per quello che mi riguarda, prima di comunicarti come si sta modificando la
mia esistenza, intendo dirti che cosa penso della
sinossi del Progetto Alice che mi inviasti a suo tempo, che ho riconsiderato
in questi giorni, e di cui la versione più avvincente è Pankash
and the daisy.
Io non posso che condividere l’anelito dell’ispirazione della tua sinossi,
che da un versante buddista ti anima a condurre le menti all’identica
esperienza mistica contemplativa di ogni religione,
che avviene nel silenzio in cui oltre ogni concetto e giudizio e pensiero,
siamo tutt’uno – o in unità- con l’essere che è
Amore infinito, Pace infinita, beatitudine infinita saggezza infinita ( la
mente della chiara luce), per esprimermi con le tue bellissime parole.
Ciò che però non mi trova consenziente è che sia l’unica forma di esperienza mistica che consenta di accedere alla
vacuità del divino, e che per pervenirvi sia obbligatorio credere e indurre a
credere, insegnandolo, che non esiste una realtà esterna indipendente dal
nostro pensiero. ( pur se riconosci che non si può
nemmeno dire -monisticamente- che c’è solo mente).
Io non intendo, così dicendo, entrare nel merito della tua concezione dell’Io-pensiero creatore , che nella Sinossi hai ripreso e
riproposto come l’ispirazione di fondo imprescindibile della ricerca educativa
del tuo progetto. Considero opportuno, piuttosto, fare appello al criterio
buddista dell’upaya-khausalya, come l’ho trovato
espresso nel Sutra del loto della buona legge, in
ragione del quale seguito a reputare sconsigliabile impartire l’insegnamento filosofico
basilare e inderogabile dell’insussistenza di una realtà esterna indipendente
Può darsi e non discuto che sia effettivamente il
grande veicolo, ma il riconoscimento delle nostre deboli propensioni comuni,
e il giusto ricorso conseguente all’abilità nei mezzi, mi fa ritenere che non
sia conveniente che si ricorra a tale concezione nell’istruzione generale.
Invece condivido sempre di più pienamente, come giusti mezzi necessariamente
impliciti in ogni formazione inter-religiosa e interculturale , compresenti n ogni dimensione scientifica avanzata
dell’insegnamento convenzionale, che si trasmettano la consapevolezza e la
conoscenza "of the laws of interdependence;
the laws of cause and effect;
the subjectivity of perceptions
and dynamic of projections;
the relativity of boundaries;
the ever changing nature
of our thoughts and feelings.", come asserisce la dichiarazione dei
principi formativi del Progetto Alice..
Per quanto mi attiene, il 2 novembre potrò inoltrare la domanda di
pensionamento. Se tutto procederà come auspico, sarò così più libero di venire in India, di stare con la mia sacra famiglia
indiana e di restare in contatto e di cooperare con te, ad esempio nell’
insegnamento della lingua italiana presso la scuola di Sarnat,
non fosse per l’avvertenza che non accettate più volontari
Con affetto
Odorico
Caro
Odorico
Ho letto le tue osservazioni sulla sinossi. Mi rendo conto che il topic relativo alla realta' esterna, oggettiva, e' difficile, complesso e
tale da suscitare perplessita', reazioni forti e
critiche.
Ma questo non mi fa retrocedere di un millimetro rispetto alla
tesi che sostengo (e provo!).
Non esiste la possibilita' di dimostrare
scientificamente e razionalmente l'esistenza di una realta'
indipendente dalla mente. Certo, convenzionalmente parlando nessuno nega che
esista un fenomeno la' fuori, ad esempio un albero
che non e' mente, etc. Ma solo convenziolmente,
non "realmente". La realta' fenomenica e' una esperienza e nulla più. La realta'
esiste perche' io la percepisco.
Gli altri esistono perche' sono
una mia esperienza. Che cosa esiste oltre la mia
esperienza? Nessuno può rispondere, a meno di non cadere in evidenti
contraddizioni. Oltre la mia esperienza non posso
andare, se non con il pensiero. Ogni ipotesi, ogni affermazione che faccio e' sempre un prodotto, una costruzione del mio pensiero.
Non non ne usciamo. Posso affermare che esiste una realta' esterna che non e'
mente. Certo! Ma e' pur sempre una affermazione che
viene dalla mente. Posso dire che esiste la mente e
la materia che non e' mente. Ma si tratta di una affermazione
fatta, appunto, con la mente, quindi pura costruzione psichica. Posso
speculare sulla materia, su Dio... ma e' sempre una
speculazione frutto di un dinamismo psichico. Attenzione, non sto dicendo che non esiste Dio, che non esiste la materia,
etc. Sto affermando che Dio, la materia esistono, ma come prodotti della mia
mente. Non sono totalmente non esistenti. Ma non
sono oggettivi, come crediamo comunemente. Sono fenomeni soggettivi. Ed e' proprio questo il significato del Sentiero spirituale:
andare oltre la mente, oltre il pensiero di Dio, per scoprire, appunto, la realta' di Dio. E come si scopre
la realta' del Divino? Attraverso
il silenzio, come giustamente osservi tu. Ma
dobbiamo metterci d'accordo sul significato di quel silenzio. E' un silenzio
della mente pensante, della ragione, per lasciare spazio all'intuizione, al transpersonale. La mia domanda: sei capace di dimostrarmi
- con la mente - che esiste qualcosa che trascende la mente?
Mi fermo qui, per ora.
Un abbraccio
Valentino
Caro Valentino,
è come se tu stessi monologando con me.
Ti ripeto che non intendo entrare nel merito dei tuoi principi filosofici,
che non intendo metterli in discussione, anche
perché sono consapevole che tu sei irremovibile, ed ho troppo rispetto dei
tuoi convincimenti per atteggiarmi altrimenti che a un retto sforzo di
comprensione.
Quello che ho cercato di dirti è che tali presupposti della tua ricerca
educativa a mio avviso debbono restarne il cuore
esoterico, che ritengo che non sia proficuo che ne sia impartito
l’insegnamento dottrinale a bambini e adolescenti, il cui principio di realtà
in generale è troppo difforme da tali principi, in Oriente come in Occidente.
Inoltre ho motivo di supporre che il porli come un requisito imprescindibile
per riconoscersi nel Progetto Alice possa alienarti- ed averti già alienato-
il seguito di molti sostenitori occidentali e cristiani, perché con le tue
conclusioni tu dai scacco matto a ogni possibilità che il vero sia a noi
rivelato. Come recitava il titolo di un libro che ho visto esposto in
vetrina, presso le Paoline, un cristiano può
convenire che “ Dio non è quel che credi”, che Dio trascende ogni nostra
immagine e idea che ne sia una concezione, che ciò che Ne pensiamo Ne possa
essere una nostra perversione mentale, e come Maister
Eckhart pregare Dio che ci liberi di Dio, ma non
potrà mai ammettere, come tu sostieni, che Dio sia
un prodotto soggettivo della nostra mente. Nel silenzio per chi è cristiano Dio ci si rivela comunque come una realtà che ci impronta,
da cui dipendiamo e a cui dobbiamo obbedienza. Pensare che sia altrimenti per
un cristiano è il peccato radicale e originale del
nostro orgoglio.
Ed è così per un islamico rispetto ad Allah, per un ebreo rispetto alla
stessa Torah.
Con affetto
Odorico
Lettera effettivamente inviata
Caro Valentino,
sono Odorico
Come torno a dirti, non ti ho scritto per entrare nel merito dei principi
filosofici della tua sinossi, che non intendo tuttora mettere in discussione,
anche perché sono consapevole di quanto tu ne sia
persuaso, ed ho troppo rispetto dei tuoi convincimenti per atteggiarmi
altrimenti che a un retto sforzo di comprensione.
Quello che ho cercato di chiarirti è che ritengo che tali presupposti della
tua ricerca educativa debbano restare il suo cuore esoterico, e che temo che
non sia proficuo che ne sia impartito l’insegnamento a dei ragazzi, il cui
comune principio di realtà ne è troppo difforme, in
Oriente come in Occidente.
Inoltre ho motivo di supporre che il porre tali principi come un requisito
imprescindibile per riconoscersi nel Progetto Alice possa alienarti- ed
averti già alienato- il seguito di molti sostenitori occidentali e cristiani,
perché con le tue conclusioni tu dai scacco matto a ogni possibilità che il
vero sia a noi rivelato come alcunchè che ci si
impone. Come recitava il titolo di un libro che ho visto esposto in vetrina,
presso le stesse Paoline, un cristiano può
convenire che “ Dio non è quel che credi”, che Dio trascende ogni nostra immagine
e idea che ne sia una concezione, può temere che ciò che Ne pensiamo Ne possa
essere una nostra perversione mentale, e come Maister
Eckhart pregare Dio che ci liberi di Dio, ma non
potrà mai ammettere, come tu sostieni, che Dio sia
un prodotto soggettivo della nostra mente. Nel silenzio, per chi è cristiano Dio ci si rivela comunque come una realtà che ci impronta,
da cui dipendiamo e a cui dobbiamo obbedienza. Pensare che sia altrimenti per
un cristiano è il peccato radicale e originale del
nostro orgoglio.
Ed è così per un islamico rispetto ad Allah, per un ebreo rispetto alla
stessa Torah.
Con affetto
Odorico
Caro
Odorico,
ho qui due feed back alla corrispondenz
che hai pubblicato sul tuo blog. Forse puo' essere utile sapere che cosa pensano altri...
Love
Valentino
………………………………………………..
Caro Valentino Ti ringrazio. Come ringrazio Sonia per quello che ha detto di
così vero e di così bello su Le Saux..Ma debbo invitarti, con lei, a riconsiderare, di quello
che ho scritto, il passo in cui ricorreva il verbo alienare e a chiedervi
come e perché è stato reinterpretato e distorto a
tal punto, mutandone contesto e riferimenti. Ringrazio, inoltre, chi tra me e
il cattolicesimo ha messo almeno un e distintivo. Todo modo, per conformarmi alla volontà divina, stando
sulla soglia mi si impone la formulazione di un voto
di distacco e di silenzio
Love
Odorico.
Ciao
Odorico. Mi spiace cogliere una venatura di dispiacere nella tua risposta ai
due commenti. Ognuno esprime quello che pensa, ma non e'
detto che si tratti di posizioni definitive. Insomma, il dogmatismo non e' una buona qualit°', sia che venga dai cattolici (ne
sono maestri!) che da altre religioni o sette. Tu hai le esperienze, le tue
certezze, i tuoi punti di riferimento dottrinali,
teologici, culturali. Altri si muovono secondo bussole diverse, ma con l'ago
che punta, forse, nella stessa direzione. Non te la prendere, quindi. Non si
tratta di una questione personale, ma di un confronto.
In fin dei conti, chi ha ostracizzato il Progetto Alice sulla
base di una totale ignoranza dei suoi principi e orientamenti? Non
sono stato io che ho rifiutato di benedire i bambini indiani "perché non
cristiani", ma l'ex Vescovo di Varanasi. Non
sono stato io che mi sono messo in rotta di collisione con le suore alle
quali avevo intenzioni di lasciare una parte delle proprietà e l'eredita'
pedagogica (povero illuso!) del Progetto Alice, ma
suor * che in classe, ai chakma, buddhisti theravada, insegnava
che Dio ha creato il mondo in sette giorni, ben sapendo che il pilastro base
della filosofia del P.A. e' quello della mente che crea il nostro mondo
soggettivo e percepito (attenzione alle parole che vengono usate, perché sono
importanti!). E suor * era così brava (perché le
addestrano con professionalità') che era riuscita a
"confondere" gli studenti: primo passo verso una conversione. Non
sono io che vado nei villaggi dei poverissimi chakma
con il portafoglio gonfio, le scuole prefabbricate in una mano e il vangelo
nell'altra per un disdicevole scambio: lavoro, studio, sicurezza economica,
in cambio di un'abiura della propria tradizione, religione praticata da
millenni. Non sono io che predico che lo yoga tibetano è dannoso (sic!),
come fece questo Papa, quando era a capo del Sant'Uffizio.
E nemmeno spargiamo in giro dicerie blasfeme come succede in America,dove i fondamentalisti
cristiani attaccano la meditazione orientale perché predica la liberazione
della mente dei bambini dalla schiavitù dei loro pensieri. "Guai a
svuotare la mente!", sostengono questi grandiosi cattolici tutti d'un pezzo. "Nel vuoto si inserisce
il diavolo!". Incredibile!
Scrivo questo perche', tra le righe della tua
lettera ho letto una condanna, da parte dei cattolici, del nostro Progetto
(là dove parli di alienazione). Peccato, perché
credo che i cattolici stiano perdendo una occasione
storica di rinnovamento e scoperta del senso profondo del loro essere
cristiani, riscoprendo, finalmente. la loro anima
mistica, sempre repressa e ostacolata dai "secolari", i pragmatisti
del potere temporale della Chiesa (i moderni amici di Berlusconi,
che difendono le sue perversioni sostenendo un pericoloso relativismo morale,
vedi la bestemmia che va contestualizzata). D'altra
parte, che cosa possiamo aspettarci da delle gerarchie che hanno avuto il
coraggio di "condannare' i libri di De Mello, al punto che le Paoline
sono costrette a scrivere, in prefazione, che le tesi, il pensiero del grande gesuita vanno contestualizzate
nell'ambiente i cui viveva. Come dire: deve dire queste cose per adeguarsi
alla cultura del posto dove vive, ma... E’ un “ma” che si intuisce,
anche se non chiaramente espresso. “Ma la “Ma la verità e’
un’altra!” “Ma non siamo d’accordo!”
Ecco quanto scrive Sonia, ad integrazione della sua precedente lettera.
Ciao Valentino,
Ecco, mi sono ricordata quella formuletta ridicola
che mi hanno ripetuto in diversi in ambito cattolico quando venivano a sapere
che studiavo le filosofie e religioni (orrore, al plurale!) dell’India,
perché temevano che mi “perdessi” nell’errore (forse che diventassi hindu o buddhista???!!!).
La raccomandazione era questa (testuali parole): “ricordati
che due cose non ha nessun’altra religione (per cui
la nostra è l’unica vera): la misericordia e la resurrezione”.
Ora, dal punto di vista storico-religioso sappiamo che non è vero, ma mi colpiva molto il fatto che pretendessero di “mettermi in
guardia”, di “salvarmi” in diversi con questa stessa formuletta
(tipo amuleto da portare al collo contro il malocchio).
Eppure, l’approccio dell’Università è puramente “scientifico”: io STUDIAVO
storia, fenomenologia, psicologia delle religioni, storia della filosofia e
delle religioni indiane, come pure storia del Cristianesimo (che mi serviva
per la tesi particolare che c ho scritto). Certo che
da una conoscenza, a maggior ragione se approfondita con passione, può scaturire un interesse più profondo, anche per il
livello esperienziale, ma quello esulava
assolutamente dall’ambito dell’Università. Nessuno era lì per “convertirci”
ad alcunché. Né io ero lì
alla ricerca di un guru che mi facesse il lavaggio del cervello, sarebbe
stato ben più facile entrare in una qualsiasi settariola
che studiare 5 anni per laurearmi in lingue orientali, non credi?
Eppure questo era l’atteggiamento, la paura basata
sull’ignoranza. E ne ho avuto la riconferma quando
ad un convegno, parlando a tu per tu con dei relatori (incluso un rabbino)
avevo espresso la mia speranza che nella scuola italiana venga prima o poi
introdotto l’insegnamento della storia delle religioni (almeno). Pensavo che
un’ipotesi così “pluralista” sarebbe stata apprezzata e condivisa dagli altri
e invece tutti hanno espresso scetticismo e timore
di “travisamenti” perché non accettano che un “laico” possa parlare
correttamente della loro fede. Pretenderebbero piuttosto che solo un rabbino
o un ebreo praticante possa parlare dell’ebraismo, solo un musulmano
praticante possa parlare dell’Islam, etc… così come ora solo gli insegnanti selezionati dalla
Curia, praticanti “certificati” possono insegnare questa strana materia
“Religione Cattolica”. Per forza che chi non ci crede rifiuta l’insegnamento:
è inteso come un Catechismo all’interno di una scuola che si dice laica! Mi
rendo conto che un tipo di approccio storico/fenomenologico in questo ambito risulta ancora
assolutamente inaccettabile, per prima alla Chiesa ma anche agli altri, che
non sono migliori. Figurati che impressione può fare la
vostra sperimentazione che va ancora oltre (e molto) a questo.
Eppure io che studiavo alla facoltà di lingue orientali non
è che mi facevo esonerare dalle ore in cui si parlava di Induismo
e Buddhismo e neppure ero lì per convertirmi ad
alcunché. Ero lì per conoscere, confrontare, studiare… Pensa che a praticare
yoga e un po’ di meditazione ho iniziato solo dopo
essermi laureata. Pare impossibile.
Mi è sempre parsa una differenza assolutamente grossolana eppure i cattolici
non capiscono neppure questa, figurati la tua distinzione fra i due livelli
di realtà. E per finire un’ultima chicca: qualcuno mi ha anche chiesto per
che genere di lavoro mi preparasse questa insolita
facoltà? Forse da grande sarei diventata un “guru”? (ti giuro che me l’hanno chiesto sul serio!)
Eh magari! Sarebbe stato un ottimo sbocco occupazionale. Se almeno fossi
diventata una “guru” donna (accidenti, non ricordo più come fanno al femminile questi sostantivi in u, forse “gurvi”? 5 anni per niente davvero…) almeno adesso non
rischierei la disoccupazione! Ma faccio sempre in
tempo a riciclarmi, volendo. “
La formuletta! Vale ancora. la
ripetono ai chakma, per convincerli che il Buddhismo e’ inferiore alla loro religione. “Noi siamo la
religione dell’Amore della compassione!”. Che grande
bugia! Personalmente ho preferito approfondire un altro sentiero spirituale proprio quando ho scoperto i limiti dell’amore dei
cristiani. Sia chiaro, non ho rifiutato la mia religione di ... nascita, ma
ho preferito fare un passo in avanti, integrandola con principi che la completino. Proprio il tema della compassione e’ stato determinante nella mia scelta. I cristiani sono
riduttivi nel loro amore: amano solo una parte piccolissima del creato e
trascurano una fetta consistente del Regno di Dio (gli animali, ad esempio).
Mi viene in mente ancora l’ineffabile suor * che ridicolizzava il rispetto
dei buddisti per gli animali. E’ un atteggiamento che non trova alcuna
giustificazione per una persona religiosa. L’aggressività che tirano fuori i cattolici quando si parla di animali e’
disturbante. “Perche’ sprecare risorse per un cane
quando ci sono tanti bambini che muoiono di fame?” Questo il loro “ragionamento”.
Pericolosissimo questo modo di pensare che relativizza,
appunto, la compassione, gerarchizzando i valori.
Un dolore e’ forse più importante di un altro
dolore. il dolore e’ tale per un cane, un gatto, un
topo e un essere umano. Ci vuole la realizzazione di Mahamudra
per capire questo?
Poi possiamo discutere sulle strategie per affrontare i diversi tipi di
dolore, sulle opportunità, sui mezzi che abbiamo a disposizione...
Ma non si può transigere sui principi. Ogni essere e’
sacro. Punto e basta. Non c’e’ sacralità minore o maggiore.
Tutto questo per demolire la formuletta sulla
compassione insegnata a Sonia.
Resta il secondo pilastro della fede (suggerito dalla formuletta):
la resurrezione. Qui ci addentriamo in un terreno minato che tante incomprensioni
ha portato tra i cattolici e “gli altri”. I missionari cristiani, ad esempio,
quando sono andati in Tibet e hanno assistito a fenomeni miracolosi che non
potevano negare (espressione dei siddhi dei
meditatori), non trovando altra spiegazione razionale a questi “miracoli”
(che solo Dio poteva compiere), non hanno esitato a tirare in ballo il
diavolo. Ecco la loro soluzione: e’ vero, anche i
non cristiani fanno miracoli, ma e’ opera del diavolo. Così tirando in ballo
la famosa Ombra negata (altro capitolo oscuro e inquietante per i cattolici),
hanno pensato di risolvere la contraddizione tra la loro fede e quella degli
altri.
Tutto questo per dire che non e’ certo il tema della
Resurrezione il punto di forza del cattolicesimo, secondo me. Gli yogi buddisti non solo decidono il giorno della loro
morte, ma anche del loro ritorno, lasciando chiare indicazioni al riguardo. A
volte, come sai, come accadde a Gesù, il corpo dei
meditatori scompare per essere trasformato nel “corpo di Luce”. Fenomeni ben
noti a chi studia il misticismo delle vette nelle
gradi religioni storiche. Per non parlare dell’assoluta ignoranza dei
cristiani circa il processo della morte, i vari stadi di dissoluzione degli
elementi grossolani e sottili... Ad esempio, i nostri poveri Papi , appena il loro respiro cessa, vengono sottoposti ad un
trattamento orribile per l’imbalsamazione. Questo fa inorridire i meditatori
orientali, perché la
cessazione del respiro non coincide con la morte, ma e’ solo uno dei
passaggi. La cessazione del respiro, e quindi del battito cardiaco,
significa, per gli yogi indiani e buddisti, che siamo a metà del processo di morte. Intervenire a questo
punto sul morente e’ devastante, sempre secondo la
tradizione orientale (tanto disprezzata dai missionari occidentali). Quindi, poveri Papi!
Mi rendo conto che mi sono addentrato in un terreno minato, ma prendi tutto
questo come uno scambio di vedute, una informale
conversazione, giusto per capirci meglio.
Dove voglio parare? Vorrei che i cristiani
diventassero più umili, meno saccenti e arroganti, più rispettosi delle idee
e credenze degli altri, senza la pretesa di essere i più bravi, gli unici
detentori della Verità, perchè non e’ vero. Se
avessero questo atteggiamenti, forse tante suore e
preti la finirebbero di andare a destabilizzare i villaggi dei poveri
contadini indiani per portare la Fede, la verita’,
ma resterebbero un pochino di più con se stessi, alla ricerca di questa Verità’ al loro interno.
Scusa la lunga lettera, ma mi sentivo di scriverla.
Un abbraccio
Valentino
Ciao, Valentino.
grazie della lunga lettera dai contenuti
meravigliosi che mi hai dedicato. Avrai risposta non appena cesserò di essere
afflitto dalla bronchite che mi toglie il respiro
Odorico
Brevi
poster-stories per i nostri studenti.
Love
Valentino
Grazie, sono post- stories bellissime.
Odorico
Tre nuove storie di Valentino Giacomin
The Dead Village and the Wise Old Man
The neighbours just used to switch on the electricity and the sucking
machines were indiscriminately pumping out millions of litres of underground
water.
“Why are you wasting the blood of Earth?” sadly, asked an old, wise man of
the village. The ignorant villagers laughed at him and teased him while
eating meat and drinking wine, in night. The more the time was passing the
more the villagers became corrupt and violent against each other and against
Nature. One dramatic day, the sucking machines poured out only sand. The
village agony lasted for a while, and then the exodus started. “Keep our dry
land, if you like!” they said, making fun of the old wise man, who refused to leave the dying village. “I will buy it!”
said the old wise man. The villagers thought he was crazy and sold their land
for a token, making fun of him. At the end, only the old wise man remained with
his grandson. One night the old wise man was silently lost contemplating the
shining stars in the sky.
The boy asked, “What is the cause of our misery? Only death surrounds us!”
“My child, death came from villagers’ heart.” “Why we do not leave this dry
land like all the villagers?” enquired the boy. “Death and misery are
following the villagers because their hearts are dry. My child, keep your
heart alive with love for Mother Earth and for all the
Universe and life will be back!” “Thank you, grandpa. I will follow your
advice!” Suddenly the sky was covered by clouds and rain poured from the sky
for several days. After the miraculous rain, green grass was everywhere. “My
child, now I do not have anything more to teach you!” said the wise old man.
“You are the wise, because you know the secret of life and death.”
The boy smiled at his wise grandpa and the Nature smiled at him and life
returned to the dead village.
Snow father and Snow son
The little snow son said,“Father,
I am so happy! Everything is so beautiful here. Life is like a wonderful
dream!” “My son, I have to disclose you a secret...”“Yes, father. Tell me!”
“The wonderful dream will finish very soon!” “What do you mean? You are
strong and healthy. I am young and I have a fantastic life to live...” “Soon
the winter will finish and spring will bring back the warm of the sun...”
“Then we will enjoy that season too!”“I am sorry,
my child, but that will be the end of our life!”
The little snow child was very sad. He did not talk for several days. One
night full of shining stars, the snow father decided to break the silence.
“My child, I am sorry you are sad, but there is no reason to be worried. Look
around us: everything you see has our nature. When spring will arrive, we
will merge one into other and become water. We will die as snow child and
snow man, but we will live in the rivers and, finally, in the infinite ocean.
Then, the time will arrive that even the ocean will be transformed into
energy: the same energy of the shining stars over there, in the sky. We will
live as the infinite, one with the entire Universe!” The little snow child
smiled and said: “I love you snow father and I love the entire Universe!”
The stars listened to the little snow child and twinkled happily saying: “We
love you too, little brother!”
Towards the Great Light
“Grandma, where are you going?” “My child, I have to leave you. This is our
destiny: birth and death ! I am going to meet the
Great Light!”. “What is the Great Light?” “It is the kingdom of love!” “Can’t
you find it without going so far?” “Yes, my child, but I did not succeed and
my time is over”. “Shall I meet you again, grandma?” “Sure, my child!”
“Where?” “In the kingdom
of Love, my child!”
“Where is it?” “It is in your heart. Start your journey right now!” “How can
I start, right now, grandma?” “Sit quietly. Close your eyes. Look and smile
at your mind. Beyond your thoughts there is the kingdom of love!” The child
closed his eyes and looked at his mind, he looked and smiled at all his
thoughts and he felt peace. Then he smiled at his grandmother, but she was no
more there. “Grandma’ – he cried – where are you?” He listened to a voice
coming from his inner mind: “I told you, I am in your heart, in the kingdom
of love!”
Caro Valentino,
sono Odorico.
In attesa di poterti scrivere di più, ti inoltro tre
mie recensioni che possono fornirti qualche ragguaglio ulteriore sulle
inquietudini teologali che fervono in seno al cristianesimo della chiesa
cattolica. Sono ben consapevole, per come e quanto vi vivo all'interno, di
come occorra esservi candidi come colombe e astuti
come serpenti.
Il mondo cattolico sa accettare più il dialogo con l'ateismo, che con le
altre fedi, e più quello con le altre fedi che quello interconfessionale.
Assisto a impreviste cadute di stile degli uomini
credenti cristiano-cattolici più ammirevoli, quando il loro discorso, ad
esempio, si volge a considerare i testimoni di Jehova,
e quando nei loro siti web gli apostolici romani tradizionalisti si misurano
con teologi di frontiera come Enzo Bianchi, o con quelli che hanno
oltrepassati i confini del principio di autorità, come Vito Mancuso, assumono il sibilo del serpente velenosissimo.
Difficilmente dentro la chiesa cattolica sei ascoltato come innovatore, se
non hai indosso l'autorità di una tonaca.
Ma credo che ogni universo religioso, quale di più o quale di meno, più
l'islam che lo zoroastrismo, più l'induismo che il jainismo, debba salvaguardarsi dalla venalità mondana,
dalla corruzione, dalla credenza fanatiche in un'autorità e dalla
intolleranza . Non condivido in tal senso la credenza di Sonia in un paradiso
delle fedi orientali, che si schiude radioso non appena si lasci il sordido e
oscuro covile del cattolicesimo asfittico e asfissiante.
Nela seconda delle tue poster-stories
mi sembra che il Dio che vi figura sia Shani God.
Nel giugno scorso il mio amico Kailash, su mio
consiglio, perchè la fede hindu ne corroborasse la
mente ancora afflitta dal lutto- pietra su pietra del suo dukan,
il mio amico si affaticava a levare dalla mente il dolore del nostro bambino
morto- si era rivolto a un santone o pandit indiano,
e costui lo ha reso inerte, ne ha paralizzato la mente, suscitandone il
timore che il dio Shani gli fosse ostile per le
iniziali del suo nome, pur di potere ricavare rupie dalla sua soggezione
mentale.
La vita degli indiani induisti, in generale, mi sembra corrispondere all' agire disinteressato al proprio frutto della Bhagavad gita, come la vita degli italiani cattolici, in
generale, corrisponde alla kenosis della donazione
di sé del Vangelo cristiano.
Post- scriptum
Quanto in una nota dico di cristianesimo e buddhismo,
è la loro coincidenza possibile dentro gli orizzonti di fede di Enzo Bianchi.
Non esprime le mie effettive posizioni.
Love
Odorico
Ciao,
Odorico. Ho letto con interesse la tua lettera.
Una sola precisazione molto importante: nella mia seconda storia, quella del
Signore della Morte, ancora una volta ho l'impressione di cogliere nel tuo
commento un fraintendimento di base che e' comune
soprattutto tra i cristiani "vittime" di visioni dualiste
(separazione tra Dio e la sua creatura), ma anche a certi induisti vittime
della credenza creazionista induista male
interpretata. L mitologia induista, come quella
buddista, e' complessa e, se male interpretata, può portare a gravi errori
interpretativi. I miti, come ben sai, esprimono l'inesprimibile
attraverso simboli e un linguaggio comprensibile a chi e' ancora
condizionato dalla coscienza della... buca (cito nuovamente la storia di Sant'Agostino e l'Angelo). Quindi,
le divinità vanno viste come un ponte per trascendere la coscienza razionale
e arrivare al silenzio (la famosa notte dell'anima di San Giovanni della
Croce). Per arrivare oltre le stesse divinità. Oltre Dio stesso. Infatti, e' impressionante il racconto di San Giovanni quando parla
del tormento della sua anima che aveva "perso Dio". Bellissimo e
profondissimo quel passaggio, quello stadio del
percorso spirituale.
Dunque, il Signore della Morte non e' affatto un
ghost, un demone, un dio, come crede il tuo amico. Quella e'
una intepretazione infantile, dualistica, come i
cristiani che credono che Dio abbia creato questo schifo di mondo (per
amore!), svegliandosi un bel giorno dal suo lungo sonno eterno e solitario...
No, il Signore della Morte e' una proiezione della nostra mente nel momento
del passaggio da una esistenza terrena condizionata dal corpo fisico ad una
esistenza di bardo, dove il corpo e' solo mentale (possiamo parlare di
anima). Forse ti e' sfuggita la conclusione della
storiella: il libro della contabilità non e' nelle mani di nessuno; non c'e'
nessun dio che ci giudicherà (lo dice anche il Vangelo), ma le nostre azioni
saranno i nostri giudici. Ecco che torniamo ancora alla nostra coscienza che
conserva le tracce delle azioni positive e negative
e proietta divinità, demoni e il signore giudicante. Niente e' fuori dalla coscienza del bardo. Credere all'esistenza
di un dio, come il tuo amico, ripeto, e' infantile e
fuorviante. Comunque, non era proprio questo il
messaggio che volevo far passare con la mia storia.
Tutto questo per capirci meglio.
Un abbraccio
(
Copia poi riveduta e corretta della lettera effettivamente inviata a
Valentino)
caro Valentino,
per carità.
non mi è passato minimamente per la testa di rifarmi
alla tua storia ed ai suoi contenuti in ciò che ti ho detto, io ho soltanto
colto l'occasione dell'immagine perturbante di Shani
God- se è il Saturno indiano che era raffigurato
nel tuo documento- per raccontarti di un abuso della credulità popolare
evocatami da essa
che in suo nome è stata intentata contro il mio amico.
Quanto a Kailash, ciò che mi importa,
delle sue credenze, non meno contraddittorie delle mie, non è quanto siano o
meno aduali, ma che non pregiudichino in lui la
vita che vuole vivere se stessa.
Incoraggiandolo a non credere alle paure di Shani God, di fatto il dio l'ho riassorbito in lui come una sua
proiezione mentale cui non ha dato seguito.
Per me il problema di Dio è eminentemente una questione d'amore- Dio è Amore,
e solo crescendo in amore cresco nella sua conoscenza, e in lui ho sempre più
vita eterna- Meditazione, silenzio, distacco, un diverso stato dell'essere , per me devono corrispondere all'essere più amore di Dio
nell'amore del prossimo, più amore del prossimo nell'amore di Dio, amando il
prossimo così come Dio lo ama, amandoci come Dio in noi ama se stesso, in una
espressione del suo amore che in ciascuno di noi è diversa da ogni altra.
Comprendi ora solo in che misura e come per davvero tutto veramente mi tocca?
che l'adualismo mi riguarda
perchè solo adualisticamente posso sentire e amare
il mondo e gli altri come una parte di me stesso o una realtà di cui sono
parte?
Ma adualismo, ripete Panikkar,
è non essere due senza essere uno.
Certo, saremo giudicati solo per amore, solo ciò che saremo
stati per amore sopravviverà al giudizio, solo per quanto saremo morti a noi
stessi sopravviveremo, tutto il resto, tutto ciò
cui ci saremmo attaccati egocentricamente andrà
perduto.
Di san Giovanni ho l'opera omnia recentemente
uscita. Vedrò di procedervi oltre, nella notte oscura. in
cui sono entrato con la morte di Sumit, che è diventasta la mia potatura chirurgica.)
Caro Valentino,
per carità. La storia del Dio della morte mi sta benissimo.
Io ho soltanto colto l'occasione dell'immagine per me perturbante di Shani God- siccome mi è parso
che nel tuo documento invece di Yama fosse
raffigurata tale divinità, una sorta di baffuto Saturno indiano, - per
raccontarti di un abuso della credulità del mio amico che in nome di Shani God è stata
intentata contro di lui da un pandit ,o santone, in anteprima di quanto ti
avrei detto di disincantato sull' induismo indiano,
così come viene per lo più praticato e vissuto. Quanto al mio amico Kailash, ciò che mi importa
delle sue credenze, non meno discutibili delle mie, è che non pregiudichino
in lui la vita che vuole vivere se stessa. Debbo
così ricorrere all' abilità dei mezzi in conformità alle sue propensioni.
Incoraggiandolo allora a non credere alle sue paure di attacchi
di Shani God, di fatto il
dio l'ho così riassorbito in lui come una sua proiezione mentale cui non ha
dato seguito.
Solo una domanda in merito a quello che sostieni: dobbiamo inoltrarci oltre
Dio, od oltre ogni nostra immagine e idea di Dio?
Da un punto di vista cristiano, a questo interrogativo
soggiungerei che Dio è il dinamismo trinitario- che è. in
noi immanente, come in tutta la realtà- per il quale io e te ci cerchiamo e
ci rispondiamo.
Le tue ultime storie sono altrettanto brevi quanto intense e belle. Congratulations. Nella prima storia le immagini con
didascalie si sovrappongono al testo, e tecnicamente ne pregiudicano la
lettura.
Post scriptum:
Una puntualizzazione conclusiva: Sono concorde che nel Vangelo di Giovanni Gesù seguita a ripetere che ci giudichiamo . ed eventualmente ci danniamo-
da soli, che ci salviamo per quanto perdiamo la vita per amore.
Love
Odorico
Caro
Odorico,
prendo atto della precisazione. Non avevo capito che si trattava di
"mezzi abili" finalizzati alla comunicazione semplificata.
La tua domanda: "dobbiamo inoltrarci oltre Dio,
od oltre ogni nostra immagine e idea di Dio?"
Credo sia ovvia la risposta. L'idea di Dio prevede l'uso di un tipo di
coscienza che possiamo definire "razionale" .
E' un'idea, appunto. Un prodotto della mente pensante. La mente pensante si
esprime in modo duale, polare. Dalla mente pensante nasce quella che definisco la "trinità laica": soggetto (Io),
azione (pensare), oggetto (la cosa pensata). Ed e'
questa "trinità" la causa prima dei nostri conflitti e della nostra
sofferenza esistenziale. Perché? Perché
è una pura costruzione mentale che non regge ad una verifica circa la sua
esistenza oggettiva. Il problema qui non e’
se esista oppure no Dio, ma se debba essere preso sul serio il contenuto dei
nostri pensieri. Cosa intendo per “prendere sul serio?” Intendo questo:
dobbiamo credere oppure no alla oggettività del
contenuto del pensiero? In altre parole, esiste davvero ciò che pensiamo?
Oppure e’ soltanto un fenomeno soggettivo, senza
alcun riscontro oggettivo? Non si nega l’esistenza del pensiero, ma viene messa in discussione la sua “realtà”. Per capirci
meglio possiamo portare l’esempio del sogno.
Nel sogno, la mente pensa (crea) qualcosa o qualcuno. Per la mente sognante
non consapevole esiste un sognatore (Io) e la cosa o persona sognata. Ma esiste davvero un sognatore diverso dalla cosa sognata?
Convenzionalmente, esiste, perchè penso che esista.
Ma, in realtà, non esiste affatto una cosa sognata
diversa dal sognatore. Si capisce facilmente che sia il sognatore che la cosa o persona sognata non sono separati dalla
mente e sono della stessa natura. Quindi non c’e’ alcuna
sostanziale differenza tra mente, sognatore e cosa o persona sognata.
In breve, se cerco il sognatore troverò la mente. Se
cerco la cosa sognata, troverò ancora la mente. E se
cerco la mente, che cosa trovo? Qui la risposta deve essere trovata non nei
libri di filosofia ma nell’esperienza personale. E
l’esperienza (che tutti possono fare) porta alla conclusione che se cerco la
mente non riuscirò a trovarla.
La logica insegna che se cerco un milione di dollari e non riesco a trovarlo
da nessuna parte, forse vuol dire che quel milione
di dollari non esiste affatto.
Applicando l’esempio alla mente, se la mente non può trovare la mente forse vuol dire che non c’e’ nulla da trovare e che
esiste solo un “vuoto” (cosciente) in cui appare l’idea e l’immagine dei
pensieri, incluso il pensiero dell’io e della mente stessa. Come puoi notare,
l’analisi si sposta dal contenuto allo spazio che contiene quel contenuto. E quello spazio che
contiene o manifesta dei contenuti deve per forza essere vuoto dei contenuti
stessi, altrimenti non potrebbe rifletterli, esprimerli, manifestarli.
Lo specchio deve essere libero dalle immagini che riflette. Deve essere vuoto delle immagini per rifletterle. Proprio
perché e’ vuoto riflette le immagini. E le immagini
appaiono perchè lo specchio e’ vuoto. Se e’ vuoto, le immagini non possono essere trovate,
altrimenti lo specchio non sarebbe vuoto. Ma non si
nega l’esistenza delle immagini in assoluto, perché appaiono.
Quindi, nello specchio vuoto appaiono le illusioni delle immagini che non
sono reali (maya).
Se lo specchio non fosse vuoto, le immagini, i
riflessi non potrebbero manifestarsi.
Ecco, mi sono dilungato sull’esempio per far comprendere come
la mente possa essere paragonata allo specchio. Deve
essere vuota di tutto per poter riflettere tutto. Deve
essere vuota di Dio per poter riflettere l’idea, l’immagine di Dio. Ma
quell’immagine, quel riflesso non può essere
trovato, non e’ oggettivo, non esiste veramente.
Quel Dio pensato e’ una illusione, anche se non si
può affermare che e’ totalmente non esistente.
Aggrapparsi a quell’idea di Dio sarebbe come se ci
aggrappassimo alle apparenze in uno specchio. E’ ovvio che commetteremmo un
grossolano errore. Primo: perché crediamo in qualcosa che
non esiste assolutamente. Secondo, perché perdiamo
di vista la vera essenza dello specchio.
Fuor di metafora, aggrapparsi all’idea di Dio e credere che “quel” Dio pensato esista porta l’uomo a livello di Lucifero e si
cadrebbe nell’errore del panteismo: credere che l’oceano sia contenuto nella
buca! ( Riduzionismo pericoloso).
E’ evidente che Dio non e’ il contenuto del pensiero, ma va cercato in una
dimensione che trascende ogni contenuto (illusione). E questa dimensione
trascendente e’ lo spazio luminoso (nel senso che e’
autoconoscente, pura coscienza), vuoto, oltre le
immagini, i pensieri brutti o sublimi, oltre le filosofie, le dottrine, i
catechismi e la stessa “rivelazione” di Dio (attenzione, non fraintendiamo!).
E’ vero che Dio si rivela a noi, ma perché arrivi il suo messaggio, la sua
rivelazione dobbiamo liberare la mente da ogni
contenuto, quindi anche la stessa idea della rivelazione! La buca deve aprire
i suoi confini e permettere all’acqua contenuta di unirsi all’Oceano. Ma quando la buca si apre all’oceano, la buca muore come
buca. La mente deve “morire” come mente per permetter all’infinito di
rivelarsi.
Mi fermo qui. Scusami il pistolotto...
Valentino
Intermezzo autoriflessivo
Ahimè, Valentino parla tanto dei limiti della
ragione, e poi le ha dato il potere di mettere in scacco tutto, il suo gran
cuore , la realtà e Dio , la sua e l’altrui libertà,
ogni verità possibile.
Si è imprigionato in un inferno mentale dal quale esiste una semplice via d’uscita.
Accettare che la realtà esterna c’è, indipendentemente da noi stessi,
infinitamente diversa da come crediamo che sia, perché ha la libertà di
resisterci se non la rispetti, non la puoi modellare come tu ti illudi. No, io non credo affatto
di essere il prodotto mentale dell'io di un altro soggetto che mi venga
pensando, un attante del sogno o dell'incubo ch'è
la vita che sta vivendo, non lo credo affatto appunto e semplicemente perchè
ho la libertà di resistergli, e non sono malleabile com'egli intende
plasmarmi. E' ciò che è vero per ciascun essere vivente nel creato. Non posso
concedere ad alcun altro io ciò che posso concedere solo a Dio, di essere
un'idea della sua mente, un'idea a immagine e
somiglianza del suo essere Amore nella mia capacità d'amare.
E quanto alla mistica che pretende di trovare Dio mediante la messa in scacco
del mondo comune della ragione e dei sensi, valgano almeno le parole di Dietrich Bonhoeffer:
Chiunque “ fugge il mondo non trova Dio, un altro mondo, cioè
il proprio mondo, migliore, più bello, più tranquillo, un “retro-mondo”. Chi
fugge la terra per trovare Dio troverà solo se
stesso” “ è al centro della nostra vita che Dio è al di là”.
UNIVERSAL EDUCATION SCHOOL
PROGETTO ALICE
Lettera di Natale
Cari amici,
il tempo vola, un altro anno è trascorso e siamo arrivati al nostro consueto
appuntamento natalizio. Se i tempi sembrano
accorciarsi significa che stiamo invecchiando. Così dice la saggezza
popolare. Se è vero per quanto riguarda il feeling della nostra età, è anche
vero per l’età del nostro Progetto, che sembra, nonostante tutto, volare,
quasi senza che ce ne accorgiamo. Ogni anno, c’è
qualcosa di nuovo. Sia chiaro: non che cerchiamo di ingrandirci, ma si tratta
quasi di un processo naturale, come la crescita dei figli. Non puoi fermarla,
né rallentarla. Luigina funge da coscienza critica per quanto riguarda questa
“dinamica della crescita”. “Da diciassette anni il
cantiere di Alice è sempre attivo!”, scherza. “Ogni
volta che torno, mi chiedo: saranno finite le costruzioni?” La risposta è
scontata. Se non ci sono lavori in corso alla sede
centrale di Sarnath, sono in corso nelle altre
scuole: a Bodhgaya ( Bihar)
e Bodisatta ( Arunachal Pradesh ).
La novità più importante di quest’anno
è stata l’inaugurazione dell’ostello per ragazze a Sarnath.
Abbiamo deciso, non senza trepidazione e conflitti, di iniziare un progetto
impegnativo: la formazione di un gruppo di ragazze come residenti presso la
scuola, quindi totalmente a carico (in tutti i sensi) della nostra organizzazione.
Una responsabilità non indifferente, come si potrà intuire.
perché, un domani, nell’eventualità che possano
sorgere dei problemi, non potremmo dire: “Colpa della famiglia!” oppure
“Colpa della società!”, come spesso capita di sentire di fronte ad un
insuccesso educativo. Abbiamo scelto di privilegiare,
per questo nuovo percorso educativo di Alice, le ragazze più svantaggiate. Le
abbiamo scelte tra i profughi chakma: una minoranza
etnica proveniente dal Bangladesh. La scelta non è
stata facile, perché, nonostante tutti i progetti del Governo a favore delle
bambine, la situazione delle donne in generale non è migliorata di molto,
rispetto al passato. Anzi, a causa del tipo di sviluppo scelto da questo
Paese (sul modello occidentale), ci sembra di notare una regressione, un
peggioramento delle condizioni di vita delle
famiglie dei nostri studenti, che appartengono per l’80 per cento al ceto
basso (agricoltori, operai). Le ragazze chakma
vivono in condizioni di grande precarietà, in un
ambiente ostile e insicuro. Sulle spalle delle donne cade la responsabilità
dell’educazione dei figli, della loro sopravvivenza. Sono loro che devono,
ogni giorno, procurare l’acqua, che spesso si trova lontano dal villaggio. Inoltre hanno il compito di cucinare, tessere, e, come se
non bastasse, devono anche aiutare il marito nel lavoro della terra, lottando
contro i nemici naturali (alluvioni, animali selvaggi) e quelli umani (i
tribali del posto che mal sopportano la presenza dei profughi chakma e spesso li attaccano fisicamente oppure bruciano
le loro case).Raramente, le ragazze chakma
continuano gli studi dopo la X classe, perché dovrebbero lasciare il loro
villaggio per vivere in costosi ostelli, in città. Come succedeva anche in
Italia, 50 anni fa, le famiglie preferiscono
indebitarsi per far studiare i figli maschi, nella speranza che questi
possano trovare un lavoro capace di rendere la loro vita meno difficile. Alle
ragazze non resta che la scelta del matrimonio. Ma l’orizzonte dei chakma rimane oscuro sia per i ragazzi che
si diplomano oppure si laureano, sia per le ragazze che interrompono gli
studi. È un problema culturale, prima di tutto. I chakma
stanno perdendo la loro identità, le loro
tradizioni, la loro lingua. Così, non sono né indiani ,
né chakma. Di qui, la frustrazione, la confusione,
il disagio che sfociano, spesso, nella dipendenza dall’alcool dei maschi e,
come conseguenza, nella depressione delle donne, che devono subire i
comportamenti spesso violenti dei mariti. L’unica alternativa
per queste donne è accentuare la loro lotta per sopravvivere, nonostante
tutto, oppure soccombere, ricorrendo ad atti estremi, come il suicidio. Significativo, a questo riguardo, il racconto drammatico
fattomi da uno studente chakma, arrivato quest’anno alla scuola di Bodhgaya.
“Quando ero un bambino, a casa mia i genitori
litigavano in continuazione. Mio padre , vittima
dell’alcool, ricavato dal riso, insultava e picchiava mia madre. E lei, per
evitarmi la sofferenza di questa violenza , quasi
quotidiana, decise di mandarmi a vivere dai nonni. Rimasi con loro per alcuni
anni. Un giorno, i nonni mi proposero di far visita alla mia famiglia. Tornai
a casa , ma trovai solo mio padre. ‘Dov’è la mamma?’, chiesi. ‘Non lo so!’, rispose mio padre. Aspettai e aspettai, ma la mamma non tornava. Allora, decisi di
andarla a cercare nella foresta intorno al nostro villaggio. Cercai a lungo
finché la trovai. Stava sotto un albero con una corda... ‘Mamma!
- gridai – che cosa stai facendo?’ Lei allora gettò per terra la corda e mi
abbracciò, piangendo. Non riesco a cancellare questo ricordo dalla mia mente,
concluse il ragazzo.” Una storia
che fa riflettere e, forse, ci aiuta a comprendere perché abbiamo deciso di
aprire un ostello per le ragazze chakma anche a Bodhgaya. Si tratta di una nuova costruzione, non
ancora finita, che potrà ospitare una quindicina di ragazze, oltre a quelle
che già vivono a Sarnath (vedi foto). Il primo
gruppo di ragazze adolescenti arrivato a febbraio. Tra loro anche una bambina
orfana di entrambi i genitori, che viene protetta,
con tanto affetto, dalle sue compagne.
A proposito di protezione, dobbiamo evidenziare un aspetto davvero positivo tra i nostri studenti residenti: la solidarietà.
I più grandi aiutano i più piccoli e li proteggono. Il nostro obiettivo era, appunto,
quello di formare una “famiglia” , vecchio stile
(tipo quelle patriarcali) dove non c’era spazio per i capricci e l’egoismo;
dove i bambini dovevano imparare in fretta ad essere autosufficienti; dove la
solidarietà era un valore vissuto e praticato, perché serviva per la
sopravvivenza, prima di tutto, ma anche perché veniva impartita un’
educazione religiosa e morale di base (non uccidere, non rubare, non dire
bugie...). I nostri lettori non più giovani, sicuramente, comprenderanno il
messaggio che cerchiamo di comunicare .Ricorderanno
anche quanto erano poco costosi i nostri giochi:
palloni e bambole di pezza; giocattoli di legno; corde e ... tante corse e
salti nella “palestra” dei cortili o dei campi .Ai nostri residenti
proponiamo giochi simili, i soli che si possono permettere. Vogliamo far
comprendere che ci si può divertire con poco, usando cose semplici. Il
giocattolo complesso (la play station, ad
esempio),come dire?, dissocia, aliena il bambino; mentre quello non
strutturato (tipo una corda, le palline di vetro…) e quello “naturale” (
saltare, correre, giocare a nascondino...) aggrega, favorendo la
socializzazione e, soprattutto, non intacca il portafoglio. In tempo di crisi
come quello che stiamo vivendo in Italia,f orse,
andrebbe ripensato anche il gioco, valorizzando il patrimonio di esperienze
del nostro passato. Per completare il discorso sull’ostello, dobbiamo
ricordare che un secondo ostello per bambine è in
costruzione accanto alla nostra terza scuola: a Bodisatta,
nel villaggio di Deban, vicino alla foresta del
Parco Nazionale Namdpha. Circa trenta bambine
provenienti dai villaggi della zona (che rimangono isolati durante il
monsone), potranno frequentare la scuola elementare che segue la metodologia
del Progetto Alice, ricevendo, così, una precoce "educazione di
qualità" (quality education
- la definiscono gli esperti). Noi crediamo che le impronte che i bambini
ricevono alla scuola materna ed elementare non verranno
mai cancellate negli anni futuri. I messaggi trasmessi, attraverso le storie,
le fiabe, le preghiere, il comportamento stesso dell’insegnante, resteranno per sempre nella memoria profonda degli
studenti. Forse ricorderete che, due anni fa, in Bhutan si è svolto un
workshop internazionale , per una Nuova Educazione,
per essere felici. In quell’occasione, Luigina,
come rappresentante del Progetto Alice, ebbe modo di parlare con il Primo
Ministro, e gli suggerì di iniziare fin dalla scuola primaria il suo Progetto
di Educazione alla Felicità. Lavorare in questa
direzione soprattutto con gli studenti delle superiori,
secondo noi, aiuta molto a risolvere i loro problemi.
Recentemente, Siok Sian Pek-Dorji, responsabile di una NGO, che lavora nelle
scuole del Butan, è venuta a visitare la nostra
scuola di Bodhgaya, assieme ai rappresentanti di
altre NGO internazionali. Dopo aver constatato che nella nostra scuola si “respirava un’atmosfera di serenità” (parole sue),
disse che , recentemente, aveva fatto una ricerca nelle scuole superiori del
Bhutan ed era stata colpita dal livello di “occidentalizzazione” degli
studenti, che si esprimeva soprattutto in una competitività esasperata e un
rifiuto palese delle tradizioni e della cultura locale. Era appunto il
rischio che Luigina aveva paventato al Primo Ministro!
Ci dilunghiamo su questi temi educativi perché crediamo sia importante
precisare gli obiettivi che ci proponiamo: superare gli esami di Stato con
buoni voti (cento per cento i promossi in X e XII classe ); sperimentare praticamente l’efficacia di un nuovo metodo educativo,
fondato non solo su valori etici e morali che l’Occidente (ed ora anche
l’Oriente) ha dimenticato, ma anche su un nuovo modo di vedere se stessi e la
realtà che ci circonda. Una ricerca che potrà beneficiare non solo i nostri
studenti indiani ma anche quelli di altri Paesi.
Abbiamo accennato alla visita dei rappresentanti di alcune
NGO internazionali che lavorano nel campo dell’educazione. Molti sono stati
gli ospiti importanti quest’anno.
Ricordiamo la visita, in marzo, di due responsabili delle scuole per i tibetani (13mila studenti): Mrs
Sonam Dolkar Samkhar e Mrs Tenzin Pelmo. Le due ospiti
cercavano nuove proposte per risolvere problemi di disciplina e di apprendimento nelle scuole da loro gestite. Armate di
blocchetto - appunti e penna, trascrivevano integralmente le nostre
indicazioni , immortalando gesti ed espressioni dei
bambini con le loro digit-camera. Convinte che i
problemi dell’educazione si possano risolvere
ricorrendo a tecniche, se ne andarono soddisfatte, pronte a mettere in
pratica quanto “imparato”. Inutili i tentativi di Luigina
di far loro capire che non si risolvono i conflitti solo con le tecniche, ma
offrendo agli studenti un più alto punto di vista rispetto ai loro problemi.
I conflitti, la violenza, la depressione sono la
conseguenza di un nostro comune modo di pensare che noi riteniamo non sia
corretto. Quindi, se vogliamo affrontare, ad esempio, il problema del bullismo nelle nostre scuole, dovremmo innanzitutto
verificare il modello cognitivo che sta alla base del comportamento anomalo.
Si tratta, lo ripetiamo, in definitiva, di modificare il nostro modo di
pensare, ed era proprio questo che Luigina aveva
cercato di suggerire alle due illustri ospiti. Ma ci
vuole tempo per questa trasformazione interiore. È più facile ricorrere alle
tecniche. Infatti, appena tornate nella loro sede, per migliorare
l’attenzione , la concentrazione, la memoria… hanno
adottato le nostre tecniche, in alcune scuole del Ladhak.
Ci hanno scritto, dopo qualche settimana, dicendo
che “funzionano”.
Altre visite:autorità religiose e politiche, che hanno promesso di sostenere
e diffondere il nostro Progetto. Tra queste, ricordiamo due docenti
universitari della lingua Pali, in America, Bhante Madawala Seelawimala e Bhante Walpola Piyannanda. Il loro commento: “Non sapevamo che esistesse
una scuola di questo tipo in India. Di sicuro, unica
nel suo genere non solo in India, ma anche in altri Paesi!”.Di recente, è
venuto un giornalista di Delhi, Mr. Gurvinder Marwah che ha molti contatti politici. Ha
suggerito la necessità di difendere meglio la nostra“proprietà
intellettuale”(libri, metodologia, tecniche), ponendo attenzione al
copyright, contro i “ladri di idee”.
Notizie in breve: abbiamo già accennato all’esito positivo degli esami di
Stato (tutti promossi). Da quest’anno,gli studenti delle superiori, oltre alle materie
letterarie, possono scegliere anche scienze e matematica. In questo modo, è
aumentato il numero degli studenti delle superiori che sarà destinato a
lievitare nei prossimi anni , vista la “fissazione”
delle famiglie per le materie scientifiche. I genitori non capiscono che la
società di domani avrà meno bisogno di ingegneri
elettronici e più di operatori e assistenti sociali, psicologi, consulenti di
vario tipo, operatori ecologici, assistenti per anziani, operatori per
comunità, esperti in agricoltura alternativa, per la preservazione e la
purificazione dell’acqua, inferiermieri/e,
meccanici, idraulici, giardinieri ... Quando abbiamo detto all’ Ambasciatore
italiano, in visita alla scuola di Bodhagaya, che
il nostro Progetto preparava gli studenti anche ad “essere disoccupati”,
forse non siamo stati capiti. La nostra scuola offre una preparazione
accademica di qualità che permette di superare senza problemi gli esami di
Stato, ma non inganna gli studenti, facendo loro credere che, una volta
“letterati”, troveranno un lavoro che cambierà la loro vita e quella delle loro famiglie. Noi cerchiamo di spiegare che, molto
probabilmente, non troveranno il lavoro che i loro genitori (e loro stessi)
sognano. Saranno, dunque, disoccupati, ma possono trovare altri tipi di
lavoro, se le loro aspirazioni diventeranno più realistiche e il loro modello
di vita meno artificioso e ambizioso. perché, dunque, assecondare le ambizioni degli studenti
organizzando il corso di matematica e scienze? perché
abbiamo pensato che era una grossa perdita non poter completare la nostra
proposta educativa: dalla scuola primaria alla scuola superiore ed,
eventualmente, all’Università. Si è trattato di un compromesso da parte
nostra, ma con una visione ben definita.
La vostra scuola è meravigliosa, perché voi siete meravigliosi..Siamo
stati colpiti dalle vostre meditazioni che vorremmo proporre anche nella
nostra scuola. Ma abbiamo bisogno di capire di più, per cui
ritorneremo, se voi ce lo permetterete”, ci hanno detto prima di partire.
Recentemente abbiamo avuto come ospiti alcuni studenti, della Scuola
Internazionale di Puna, accompagnati da due
insegnanti. Sono rimasti con noi per una settimana, durante la quale hanno lavorato con alcune classi. Sono stati a visitare Sarnath e Varanasi ed hanno
trascorso l’ ultima notte ospiti nelle famiglie di
alcuni nostri studenti. Ai residenti hanno offerto uno spettacolo divertente,
prima di partire.Questa positiva
esperienza con ragazzi, provenienti da varie parti del mondo, si ripete ormai
da tre anni .
La scuola di Bodhagaya, da quest’anno,
è stata scelta dall’Università di Sanskrito di Benares, come centro di esami per studenti provenienti da
diversi Stati dell’India. Un anno fa, era stata scelta la scuola di Sarnath. In questo modo, le nostre scuole sono state rese
visibili e apprezzate per l’organizzazione, le infrastrutture, i servizi e
l’accoglienza riservata ai docenti e agli studenti.
Sta per essere pubblicata in Italiano la nuova versione del libro per le
elementari “Coniglio Saggio.” Chi è interessato, si
rivolga a Luigina. Prossimamente, sarà ristampata anche la guida per gli
insegnanti “Il Percorso di Alice”. Un’altra
pubblicazione, in inglese, “Unknot Your Mind”, sarà pronta per la
fine di novembre.Da segnalare, il video prodotto da Matteo Passigato,
realizzato in sole tre settimane: compreso il viaggio in tre Stati dell’India.
È possibile vederlo su youTube
http://www.youtube.com/watch?v=W5Nm9dBByHU
oppure sul nuovo sito del Progetto Alice: www.aliceproject.it
Chi volesse il CD, può richiederlo tramite Luigina.
Una notizia triste: un alunno della scuola elementare ci ha lasciati. Era
stato colpito da una particolare malattia (bubboni dolorosi sulla pelle), che
in Occidente, forse, avrebbero potuto curare. Come spesso succede,
avevamo aiutato la famiglia a pagare l’operazione. Ma quando veniva asportato un bubbone, dopo un po’ ne spuntava un
altro, in una parte diversa del corpo. Dopo il terzo intervento, i medici si
sono dichiarati sconfitti. Come sempre, in questi casi, accanto all’aiuto
economico, la scuola offre anche un aiuto spirituale, attraverso le preghiere
degli studenti, dei pandits indiani e di altri
religiosi. Il bambino è morto durante il sonno, senza soffrire. Noi crediamo
che questo sia stato l’effetto delle “medicine spiritualì”.
L’effetto di queste medicine speciali, secondo noi,
è stato sperimentato anche in due gravi incidenti che hanno coinvolto i
nostri studenti.
Il primo incidente: un ragazzo mentre tornava, in moto, alla scuola, si
scontra frontalmente con un altro mezzo. La parte anteriore della moto è
completamente distrutta. Il ragazzo rimane a lungo in coma, sulla strada.
Nessuno lo soccorre. Quando Dio vuole, si sveglia.
Con il telefonino riesce a chiamare il responsabile della scuola. Viste le
condizioni della moto, tutti si aspettano il peggio. Lo facciamo trasportare
d’urgenza, con un’ambulanza, da Gaya-Bodhgaya a Varanasi (cinque ore di viaggio!), perché a Gaya non esistono ospedali per questo tipo di emergenze. A Varanasi abbiamo
la diagnosi: la mandibola fratturata e quattro denti in meno. Se la caverà
con un mese di convalescenza!
Il secondo incidente è accaduto in una notte
d’estate. Il caldo è insopportabile. Manca la corrente e i ventilatori non
possono funzionare. Uno studente della X classe ha la geniale idea di cercare
il fresco sul terrazzo della scuola. Ma non si
accontenta del terrazzo, e decide di salire più in alto, su una struttura in
mattoni alta un metro e mezzo, larga circa due metri quadrati. Verso l’una di
notte, si sveglia per andare in bagno. Non ricorda dove si trova e scende
dalla parte sbagliata, precipitando nel vuoto per una decina di metri. Cade
su un campo con il terreno duro come un mattone, a causa della siccità. Nella
notte nessuno si accorge dell’incidente. Il ragazzo si alza e si trascina
fino al cancello principale. Non si sa come, ma riesce, con le grida, a
svegliare i compagni, che esitano ad aprire il cancello, pensando che si
tratti di un “ghost” (uno spirito – dissero). Alla
fine, lo aiutano ad entrare. Non parla, ma riesce a far capire che era caduto dalla terrazza. Chiede dell’acqua , ne beve una bottiglia. (I
medici diranno poi che quell’acqua poteva essere
fatale!). Pensiamo al peggio. Minimo qualcosa di rotto
oppure una emorragia interna. Inizia il dramma dei soccorsi. Prima
all’ospedale governativo per una diagnosi, ma non ci sono medici. Perdiamo
undici ore in attesa del permesso di trasportarlo in
un altro ospedale , più attrezzato. Alla fine, nessun medico arriva e decidiamo
di rischiare e portiamo il ragazzo, in taxi, a Varanasi.
Arriva a notte fonda in un ospedale privato, dove viene
subito visitato. Conclusione: nessuna emorragia
interna, nessuna frattura seria, a parte una leggera incrinatura del bacino,
curabile con il riposo. Non si tratta di miracolo?
Ecco, il Progetto Alice è anche questo: un miracolo che continua perché
speriamo di poter creare un mondo migliore, cambiando il nostro cuore. Grazie
anche a voi tutti, perché con il vostro sostegno possiamo assicurare la vita
e la continuità della grande famiglia di Alice.
Grazie di cuore e Buon Natale!
Valentino
Cari amici,
vorrei aggiungere solo poche righe per ringraziare gli insegnanti ed i
bambini delle scuole, le Associazioni, i gruppi e le singole persone che, con
donazioni individuali o con iniziative diverse(mostre fotografiche, concerti,
mercatini, lotteria, asta di beneficenza...), stanno supportando il nostro
Progetto.Molti di voi hanno già aderito alla
proposta di acquistare il RISO SOLIDALE della Cascina Teglio
di Rovasenda ( Vc ). La
vendita ha portato buoni frutti, per cui verrà
riproposta anche quest’ anno. Regalare un chilo di
Riso Solidale, ai nostri amici, a Natale, potrebbe essere una buona idea! Per eventuali richieste, rivolgersi a:
mariadirov@libero.it, info@associazioneriso.org oppure shangri8la@liberi.it .
Auguro a tutti voi un Buon Natale ed un Sereno Anno Nuovo!
Luigina
Sarnath, 21 novembre 2011
Per eventuali donazioni
tramite banca è importante che le coordinate siano complete.
Associazione di Volontariato “Progetto Alice onlus”
Banca Popolare Etica- Filiale di Treviso,
Codice IBAN: IT43 I 050 1812000 000000116204
Codice SWIFT: CRTIT2T84A (Solo dall’estero)
Codice Fiscale della Onlus, se volete destinare il
5X1000 dell’ Irpef al Progetto Alice: C.F.
94059510266
Ref: Luigina De Biasi –
e-mail: luiginadebiasi@libero.it , tel.0438 893325
“Progetto Alice Universal Education
School ONLUS” (Friuli) ITALIA
Banca Popolare di Vicenza – Fil Cividale
del Friuli (UD)
Codice IBAN : IT41 N 05728 63740 731570528546
Codice BIC / SWIFT: BPVIIT22731 (Solo dall’estero)
Codice Fiscale della Onlus,se volete destinare il
5X1000 dell’ Irpef al Progetto Alice: C.F.
94103860303
Ref: Agata Montevecchi –
e-mail: progettoalicefvg@alice.it , aghifly@libero.it , tel. 0432 731021 –
339 4840132
Banca in India
Awakening Special Universal
Education – Bank of
India, branch Bodhgaya, Gaya (Bihar)
Swift Code BKIDINBBCOS – Fcra:
BKID0004479 – A.N. 447920100000010
Email: v_giacomin@hotmail.com ;
valentino1@rediffmail.com – Mob. 0091/9453908600 –
9670806060
Web. www.aliceproject.org ,
www.aliceproject.it
Per il
Dialogo con Enzo Bianchi su "Che cosa sperare"
Io spero di salvarmi perdendomi per amore, e che ciò avvenga
perché Dio in noi è Amore e lo è in quanto Spirito, e non solo Logos. Spero
pertanto che in quanto siamo spirito partecipe del Suo, anche noi possiamo
essere e ritrovarci nella sua vita eterna, non solo in quanto siamo una mente
razionale/intellettiva, ma nella creatività dell'immaginazione memore e dei
nostri affetti più cari, insieme a tutti coloro,
anche i nostri animali, che abbiamo amato di vero amore. Come spero che
questa sia la salvezza concessa a tutti, nell'adempimento del compito di
umanizzare gli uomini, così umanizzando noi stessi, che è
iscritto nel cuore di ognuno di noi
mercoledì 16 novembre 2011
Il buddismo può essere la religione comune ad ogni
religione, incluso l’ateismo, il loro comun
denominatore spirituale ateologico, come sostiene
il Dalai Lama, od esserne la negazione ateistica
alla luce di una spiritualità di natura eminentemente razionale, fondata,
nella stessa apertura del cuore, sulla stessa negazione razionale della
validità ultima della conoscenza intellettuale
Non esiste la sola mistica della trascendenza del mondo convenzionale della
ragione e dei sensi, – fondata sulla stessa negazione razionale della
validità ultima della conoscenza intellettuale - esiste anche la mistica
della pienezza vitale, che mediante il cuore e la ragione dello spirito,
cerca Dio al cuore del mondo e della realtà più tragica, in cui il proprio io
muore a se stesso nel suo agire per gli altri, si
veda ad esempio già Bonhoeffer, lo stesso Antony De Mello in Il Messaggio
ed. italiana pg. 196 -9, Panikkar,
attualmente Antonietta Potente.
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