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L' |
Aragvi
che a lungo avevamo costeggiato nel suo corso schiumante, sempre
più sprofondava giù in basso, via via che risalivamo i tornanti
del passo Divari; vi si vedevano ora precipitare tumultuosi i
torrenti di montagna, mentre intorno la natura seguitava a
fiorire smagliante, sino a farsi oltre il passo una distesa
erbosa di acquitrini circostanti
Poi
i monti si sono rinserrati intorno, cupi di nude rocce, prima di
riallargarsi nella vastità della valle in cui serpeggiava il
Terek, per poi richiuderla in lontananza ad altezze sublimi,
lasciando il solo varco per la vicina Russia.
Da Kazbegi, il tempo di trovare alloggio presso la prima donna che me lo ha offerto, alla fermata della marsukta, di ricercare il forno, le botteghe o gli spacci alimentari, che già nel pomeriggio risalivo sino alla chiesetta della Tsminda Sameba, lungo l'itinerario immortalato da Puskin.
E
superavo nel fondovalle il Terek, raggiungevo le povere case del
villaggio di Gergeti, procedendovi per le lastre e i ciotoli
degli sconnessi camminamenti che ne colmavano i dislivelli tra le
case, oltre il cimitero ero di nuovo tra il verde ora di pascoli
e prati. Seguitava ai margini il percorso che non s'addentrava
nel bosco, l'aria fragrante di fieno falciato, intorno i covoni e
i campi di erbagioni, finché il bosco non sopraggiungeva anche
lungo quel camminamento, senza che ai bordi del sentiero, come
tra le distese di verde lasciate più a valle, cedesse il
profluvio dei colori dei fiori-anche delle roselline
ingentilivano il percorso -. Intanto alle spalle, se mi volgevo,
vedevo i monti sorgere sempre più immani dal fondo, laggiù
della valle, mentre di fronte più ancora elevato, di una potenza
sovrastante impressionante, intravedevo finalmente il picco
innevato del vulcano spento del prometeico Kazbeg, tra le nubi
che ne coronavano la sovranità solitaria.
Il
piacere di cui ero estatico, più che lesaltazione di
Lermontov, e del suo eroe Pecorin, di salire più in alto di
quanto mai prima essi fossero ascesi, era di ritrovarmici nella
più amena natura tra delle vette intorno cosi vertiginose, le
cui sommità risorgevano dove credevo che non ci fosse più che
il cielo, oltre le nubi che ne fasciavano i fianchi, che
veleggiavano dentro la valle,- formandovi nel cielo, come nelle
pagine di Lermontov, una seconda aurea catena di montagne.
Ma
che era pur tanta gioia estatica, di fronte allo spettacolo che
mi si è offerto al termine del bosco, quando in fondo a una
prateria sommitale, su un culmine, mi è riapparsa la Tsminda
Sameba, di vivida pietra in un verde smagliante sconfinato, le
cuspidi della chiesa, del campanile, sullo sfondo di altitudini
immense fosche di nubi.
Al
rientro in Kazbegi, a sera inoltrata, ero così sfinito e
stremato nel mio appagamento, che prima di ritornare nell'
alloggio mi sono intrattenuto sugli scalini del forno del paese,
uno dei pochi abitati che fossero illuminati nel villaggio,
intento, tra quanto compivano gli uomini dintorno, ai soli
gesti complimentosi che un uomo faceva al proprio cane, docile ed
enorme, che non voleva saperne di risollevarsi da dove giaceva.
Sulla
veranda, in stanza, ho solo accennato che avevo capito, quando la
signora, in russo, mi ha chiesto se avessi un accendino per la
candela, dopo di che, nei suoi modi ruvidi di popolana, mi ha
portato una lampada a petrolio in stanza.
Ha
tentato di spiegarmi in russo come dovessi usarla, al che io ho
solo annuito vagamente, prima di precipitare di lì a un' istante
nel sonno.
Quando
l ' indomani ve li riapro, è su un disordine intorno che non mi
è abituale.
Risistemo
subito un poco le cose, ma come tocco la mia tracolla con la
chiusura a doppia cerniera, ne ricadono insieme, e all'
istante, Iconostasis di Florenskji, con la copia di Un Eroe
del nostro tempo che mi ero portato appresso verso la
Tsminda Sameba.
Com'
è possibile... non è una mia distrazione possibile, la tracolla
lasciarla talmente aperta....
Vi
frugo dentro, per accertare se dalla apertura può essermi caduto
fuori dell' altro, e all' appello constato che manca lo zainetto
piccolo che tenevo al suo interno, in cui con lo scatolame e con
altro, per le escursioni, custodivo la macchina fotografica con
tutte le foto che ho già scattato..., i quaderni con le mie
impressioni di viaggio...
Metto
sottosopra anche ciò che è rimasto in ordine, rovisto nel letto,
scruto dappertutto entro lo spazio della stanza che mi è
riservato, non ritrovo alcunché da nessuna parte.
Sono
dunque andate perdute, di rientro da Tsminda Sameba, le immagini
di Mtsketa, della cattedrale di Gelati, dei due amabili
maialini che vi grufolavano appisolati lungo la strada?
Le
tante immagini e le descrizioni di scorci architettonici, di
dettagli ornamentali inusuali, che dovevano visualizzare i miei
ipertesti sull' arte armeno-georgiana?
Non
mi do alcun tempo per decidere altrimenti, nemmeno mi preoccupo
di non disporre che di un sorso d'acqua e di un pacco di biscotti,
nell' avviarmi a ripercorrere la salita verso la Tsminda Sameba.
Nella
frescura mattutina appare incantevole lassù in cima, così come
la inquadro con uno degli apparecchi usa e getta che mi è
rimasto, sullo sfondo igneo roseo del Kazbeg velato e disvelato
di nubi.
Riecco
il Terek, il tratto d'asfalto sconnesso che conduce a Gergeti,
lungo il quale ricerco tra i rifiuti al margine del torrente.
Sia
fatta, sia fatta anche così la Tua volontà, dico in me a Lui
rivolto, anche se mi è così duro l'accettarla...
Se
solo penso che l'immagine dei mie due maialini non vedrà più
che la luce della mia vaga memoria, sempre più vaga, quando loro
non saranno più altro che carne insaccata, tranci salati e fatti
seccare, che la loro inermità dolce non potrà più perpetuarsi
così, in nessun altro che in me che ne ho avuto pietà, quando
si sono spaventati a tal punto perché mi sono accostato a loro
solo un poco di più, se solo penso che si viene vanificando ogni
mio ulteriore sopraluogo in Mtsketa, lavervi fatto ritorno,
tutto ciò che ho impresso di Bagrati e di Gelati, del suo angelo
cherubico mirabile...
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E
riaffronto in salita l'erta scoscesa tra i tumuli e le tombe del
cimitero di Gergeti, ove ho più speranza di potere ritrovare
quanto ho perduto, è lì che mi può essere fuoriuscito o che
posso averlo deposto e dimenticato, abbandonandolo, nell' atto di
appoggiarmi mentre il pendio ripido mi franava di sotto.
Ma
per quanto scruti tra le pietre e i cespi, non ritrovo nulla di
nulla.
Oltre
la radura dei prati è magnifico il Kazbegi come mi si disvela
nella sua roccia brunastra, nei suoi nevai, - ma alla sua vista
il mio cuore è velato da una cupezza sorda.
Poteva
l'Essere Onnipotente, più semplicemente prendersi gioco di me?
Quando
sembrava che tutto mi fosse stato da Lui propiziato, ...
Avessi
perduto rotoli di dollari, non mi sarebbe stato inflitto un
simile male.
Che
mi è valso essere stato due volte di ritorno a Mtsketa, pur di
acquisire le immagini della fronte absidale della sua cattedrale,
per poi tradurla in parole che sono andate con esse smarrite...
Col
cuore affranto, pur senza dare per perse le residue speranze, mi
riaddentro nel sentiero del bosco, confidando che lungo il suo
percorso, più oltre, mi sia dato di ritrovare lo zainetto in cui
sono recondite le mie immagini perdute, o piuttosto presso la
stessa chiesetta di Tsminda Sameba, se non lungo il crinale
sottostante, dove posso averlo lasciato, distrattamente, mentre
vi ero intento a fotografarne il profilarsi sullo sfondo del
monte Kazbegi, quando nel tramonto si era manifestato sgombro di
qualsiasi nube.
(
Sempre che lo zainetto non sia scomparso altrimenti, su quella
scalinata, mentre stavo tra quegli uomini, ed ero intento ad
osservare quel caro bestione di cane...
Non
è strano che l'apriscatole ch'era contenuto nello zainetto,
insieme al resto, l'abbia ritrovato dentro la sacca a spalla in
cui tenevo lo zainetto stesso...
Ma
non è che una congettura, nient'altro, la supposizione di una
mente che vaglia ogni possibile ipotesi prima di arrendersi...)
Lungo
il sentiero nel bosco, che cosa non sarei disposto a
ripromettermi, a sacrificare, se ciò che scintilla fra l' erba
non fosse scisto...
Uscito
dal folto, al colmo della prateria sommitale riappare l'incanto
della chiesa romita umile ed alta, nel sermo volgare in cui è un
esemplare di cattedrale alpestre.
Lungo
il verde crinale, recuperandone limmagine in una serie di
foto, ora ansimando ripercorro con speranza e desolazione il
tratto restante, col passo pesante che non sa farsi la fretta
gioiosa del giorno avanti, quando sono accorso verso la
rivelazione compiuta della sua apparizione, così come si
stagliava magnifica nell' orizzonte grandioso, mentre ora,
per quanto mi aggiri e scruti fra l'erba smagliante e i detriti
rupestri, vado verso la certezza compiuta che anche tra la cinta
della chiesetta, ed il declivio, non ritroverò niente di niente.
Né
vi hanno intravisto alcunché, di quel che cerco, un ragazzo ed
una ragazza di San Pietroburgo che mi ci hanno preceduto, di
primo mattino, e che distolgo dalle loro effusioni amorose.
Ma
quando con lo zaino in spalla, così come ci sono arrivati, lungo
il crinale si allontanano in discesa, mi ripromettono di
chiederne giù in paese.
E
rimasto solo, nonostante ciò che ho ripromesso al mio Dio, mi
sfogo tra l'erba nella pena cocente, vi invoco il mio padre
terreno, tra i morti, che mi venga a soccorso nella mia
sofferenza...
Ma
anche così, lo spasimo non è che dolore cocente...
Sopraggiungono
due anziani pastori, e mi salutano prima di sorseggiare e di
pasteggiare con dell' acqua del pane e del formaggio
Quando
ridiscendo, anziché ripercorrere ancora lo stesso sentiero, mi
inoltro per quello lungo il quale ero salito la prima volta, più
ripido e più breve, ma che mi riconduce nel verde ameno e
confortante dei prati fra i fiori, di contro la vastità
spalancata del fondovalle, l'immensa mole montuosa che sovrasta
tra le nubi il villaggio di Kazbegi.
Chissà,
per quale di questi percorsi, sarà risalito Puskin nella sua
ascesa sino " al monastero, oltre le nuvole", quando
Tsminda Sameba gli è apparsa così "come un'arca nel cielo
si libra, appena visibile, al di sopra delle montagne",
secondo quanto dicono i suoi versi, che reco appresso, dove
cantano il magnifico sito.
"
Là, dato l'addio alla gola montagnosa, vorrei sollevarmi nel
libero spazio, e in una cella oltre le nubi nascondermi in
vicinanza di Dio..."
E
mi faccio forza, mi riaffido alla fede, dallo zaino traggo lo
scampato Lermontov, e vi rileggo i passi che descrivono il
paesaggio caucasico.
Insieme
con le sue parole ora anche l'acqua mi è di copioso ristoro,
sgorga poco distante dalle condutture di alta montagna che la
desumono dai ghiacciai del Kazbeg, prima di farsi una pozza
acquitrinosa fra i pascoli rigogliosi.
E
quasi che vi attingessi alla fonte sorgiva di ogni speranza, vi
riaffiora la possibilità che dove alloggio possa non avere ben
cercato, che frugando meglio, perlustrando...
Ma
in stanza, anche quando vi sono prostrato di ritorno, giù nel
villaggio, e rimetto tutto sottosopra, non ritrovo niente di
niente.
E'
un'amara divagazione, mentre si fa pomeriggio, tra le misere case
di Kazbegi risalire sino all' "Ekotsentri", averne dal
responsabile la carta degli itinerari possibili fra i monti
circostanti, per individuarvi le cime e le valli di cui parla
Lermontov, e chiedergli della salvaguardia ambientale del Caucaso
senza venirne a sapere che vaghezze.
Oramai,
quand'anche volessi raggiungere i ghiacciai di Gergeti non farei
più a tempo, mi occorrerebbero altre tre ore di cammino, tre ore
e mezzo, per i crinali dei monti oltre Tsminda Sameba; ed io,
quand'anche in giornata fossi ancora in tempo ad alcunché, non
ho in mente che un solo percorso: ritentare ancora una volta di
ritrovare quanto ho perduto, risalendo una terza volta alla
Tsminda Sameba.
Sia
fatta la Tua volontà, mio Dio, mi ripeto, ma contro ogni mio
sforzo inesausto di riavere le immagini e le cronache perdute,
contro ogni mia possibilità di amarTi altrimenti che
sottomettendomi, Dio padre crudele onnipotente...
E
riaffronto il crostone d'asfalto, e la polvere, dell' erta verso
Gergeti, il fetore della sgozzatura animale fra le sue case, di
nuovo soggiaccio all' affanno dell' inerpicarmi nel sentiero fra
le sepolture, per riuscire di nuovo dove l'acqua sgorga dalle
tubature e si diffonde fra l' erba.
Traggo
fiato e mi volgo all' incombere della vertigine montuosa, quando
mi siedo ai margini di un prato e riaffronto la vista della
catena, già alle mie spalle, che dal fondovalle di Kazbegi sale
a incielarsi fra le nubi piovose.
Dal
fondo dell' erta risale verso i prati e i boschi circostanti
anche un gruppo di ragazze, mi avvicina una di esse, ed in
inglese mi chiede la strada più breve per la Tsminda Sameba.
E'
georgiana, come le sue amiche, tra le quali è sua sorella
maggiore, più riservata e in disparte, e quando dopo avermi
ringraziato di quanto ho loro detto, le vedo disperdersi più a
valle, verso le case più in alto di Gergeti, credo che
data l'ora, o per altro, abbiano oramai desistito dal raggiungere
la chiesa .
Riappaiono
invece intercettando il mio cammino, quando ho già intrapreso il
sentiero che nel bosco sale più agevolmente verso Tsminda Sameba.
Con
loro è una giovane donna di Gergeti, che ha la chiave della
chiesa e che le ha guidate per una scorciatoia.
Altro
che rinunciatarie...
Quella
giovane ragazza, Shorena, dai grandi occhi scrutanti, dal bel
riso aperto, ama parlare con me, e quando mi chiede le ragioni
per le quali scruto continuamente il fondo sterrato del sentiero,
o indugio a ogni chiazza vistosa di colore, viene a sapere perché
per la terza volta abbia affrontato quel cammino, comprende e ha
riguardo della mia pena, sente quanto per me sia importante ciò
che ho perduto.
Ma
oramai, se cerco ancora, è più che altro per un'ostinazione che
non si arrende, piuttosto che per la convinzione, o la speranza
residua, di ritrovare i miei beni lungo quel tragitto.
Raggiunta
la chiesa, quando è già sera, lei e le altre sue compagne,
prima chio mi allontani, mi chiedono di accompagnarle al
rientro nell' ora tarda.
Vagolo
intorno, tra le sue pietre, ma il mio cuore già sa che non vi
ritroverò niente, che il mio accertamento penoso non è che un
atto di doverosa indagine incredula.
Ma
io mi sono veramente arreso alla perdita di ogni mia immagine e
scritto di/ Mtsketa, Bagrati, Gelati, di ogni dolce ricordo
visivo dei miei due cari maialini georgiani?
Non
è forse perché ancora non mi do per vinto, mi dibatto, che
comincio oramai a dubitare della stessa donna presso la quale
alloggio,- confido alla giovane-, se penso al disordine
incredibile in cui la mattina ho ritrovato la stanza, alla
lampada che mi aveva recato prima che prendessi sonno e che ora
ricordo, non ho ritrovato poi al mattino...
Le
avrebbe parlato lei, si è offerta.
Ero
d'accordo, lo volevo? Certo, se anche lei lo voleva, se non le
pesava lassunzione di tale delicato compito sgradevole.
Come
le sono grato, cara, di prendere sul serio la mia pena, la
sofferenza di una perdita che tento invano di minimizzare, quando
la invito a parlare d'altro, di risollevarmene dal peso, perché
ne accetti definitivamente la perdita.
Di
quante cose veniamo così discorrendo, mentre lei con me ride,
pensosa, mi scruta intensa e si fa attenta non solo a quel che le
dico, - dei suoi studi di psicologia in Tbilisi, del suoi
interesse per l'Italia e la sua arte, l'opera ed il cinema.
E
dire, le ho rivelato amaramente, che per gli Italiani, per i miei
studenti, la Georgia è una realtà inesistente, che non è certo
a visitarne le meravigliose chiese, o i monti del Caucaso, che
pensano di destinare il tempo delle loro vacanze.
Preferiscono
i giovani miei connazionali, suoi coetanei, svagarsi divertendosi
altrimenti.
"
Come? Andando al cinema o a teatro?-
Se
per leducazione che lha formata, sono tali le
aspettative della giovane, su come da noi comunemente ci si
ricrei nel tempo libero, poteva ella fornirmi involontariamente
un'apologia migliore di che cosa, anche in Georgia, è stato nel
bene il socialismo reale?
Già
è scesa la sera fonda su Gergeti, sul Terek che trascorre a
fondovalle, quando raggiungiamo le prime case di Kazbegi, e lei
mi chiede intrepida di farle strada, insieme alle altre, verso la
casa dove alloggio.
Ma
perché insiste? E non lascia perdere al mio invito a non
scomodarsi? In che cosa crede, che mi lascia ancora credere, a
quale filo ella si appiglia, che è la viva luce che brilla
fiduciosa nei suoi occhi?
Glielo
ho detto, per scrupolo di completezza, che la sera avanti mi ero
trattenuto di fronte a quella panetteria, prima di fare rientro,
e lei vuole chiedere delle mie cose perdute innanzitutto al
fornaio, ai suoi familiari, agli uomini che vi ritrovo riuniti
davanti.
Nessuno,
a onore del vero, si schermiscono, che ne sappia od abbia
ritrovato niente.
Ma
perchè lei si assume intrepida ora anche il delicato onere di
interrogare in russo la signora? La quale, battendosi il petto,
si scagiona di ogni possibile sospetto.
No,
no, assolutamente, a quanto capisco dai suoi gesti vibranti.
Non
è così finita, a quanto pare? A quanto non voglio ancora
credere?
Non
sono ancora rassegnato, a quanto la donna ribadisce recisamente?
E accalorata senza mostrarsi offesa.
Ma
quando la ragazza le menziona con voce più circospetta la mia
sosta precedente, presso il forno, il suo modo di fare si fa tutt'altro,
con lei mormora e bisbiglia, alludendo ad alcunché che deve
restare confinato tra loro.
Capisco,
dai suoi gesti, che le dice di restare lì in attesa,
che
provvederà in qualche modo,capisco dal tono con cui le ragazze
mi dicono di aspettare quel che recano gli eventi, che c'è
appiglio alla speranza.
Intanto
la donna si avvolge in uno scialle ed esce dal cortiletto, scende
in paese guardandosi attorno.
Sia
fatta la tua volontà, mio Dio, dice il mio animo in attesa, che
trepida e palpita dell' insperabile.
Passa una decina e più di minuti, finché la donna riappare, dopo di lei si fanno al cancello due uomini anziani, e quello che intravedo tra le loro mani è il mio zainetto, proprio il mio zainetto, che mi viene trasmesso con tutto il suo contenuto intatto... con le immagini in serbo dei miei maialetti, delle cattedrali georgiane, del tramonto sulla chiesetta della Tsminda Sameba con lo sfondo del Kazbeg
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Dio
mio, Dio mio, come sono circonvolute le spire del Tuo amore... a
quale stremo mi hai ridotto per poterTI amare...
Alla
donna, alle ragazze, faccio dono in cambio di ogni mia scatoletta
di cibo.
" Ma com'è stato, com'è successo?, chiedo, quasi che non avessi capito.
"
Ciò che è importante, con un quieto sorriso mi dice la sorella
della giovane, di mone Maya, è che lei abbia ritrovato quanto
cercava. No?"
Il
resto deve rimanere silenzio.
E
che io stia riparato dentro, che non vada in paese, mi metta
tranquillo a dormire, la donna che mi ospita mi suggerisce in un
russo che riesco a capire benissimo.
E
alla sua vecchia che è sopraggiunta, che convive in famiglia, fa
intendere a gesti che cosa e come sia successo.
"
io non so che cosa sia avvenuto- dico alle ragazze in atto di
congedo.-So soltanto che simili cose accadono anche nel Sud
Italia".
Ne
ridono le ragazze, all' atto di accomiatarci, non senza esserci
scambiati gli indirizzi e la promessa di scriverci".
Che
male, sempre più intenso, mi fa l'arto in cui soffro d'artrosi.
Ma
prima o poi, ugualmente, potrò avventurarmi felice nel sonno.
In
un calore circostante, di cui sento lambirmi l'avvolgimento
amoroso.
(
Sei anche tu, padre mio morto, sui miei passi vigilante?)