Storia
di una morte |
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Affaticato
dal caldo già estivo di un pomeriggio d'aprile, il giovane poeta può infine sedersi, accaldato, su di una
panchina del parco fino a cui si è inoltrato, il parco che alla sua
estremità occidentale illeggiadrisce la città di provincia dove vive
da anni, da che gli è dato di guadagnarsi l'esistenza come professore
di Lettere. Vorrebbe appartarvisi, ma lungo i viali non tardano a
sopraggiungere dei bimbi su dei loro tricicli, che all'attrito della
ghiaia stentano fra le distese di verde, mentre ansiose mamme li
sorvegliano e li richiamano a tratti, sedendo a chiacchierare fra di
loro o a lavorare a maglia. Poi è un cagnolino, nei paraggi, che lo
infastidisce nel suo uggiolio insistente, intanto che il suo anziano
proprietario seguita a trattenerlo dallo sconfinare nell'erba. E
nell'aria che cinguettio frenetico degli uccellini, immersi o in volo
fra le fronde degli alberi. Di lontano, da un bar, i suoni di un
juke-boxe, l'anfanare e le accelerazioni d'intorno di macchine e tram. Contrariato
da tale rumorosità del parco, non tarda egli a levarsene, in cerca
altrove di più distensione di vita. Così
finisce dove i laghi circondano la bella città, oltre le sue dimore
signorili e le piazze e le antiche torri. Riducendovisi dove a riva, lo
spazio circostante gli appare disseminato di rifiuti domenicali: torsoli
di mele, bucce di arance e di banane, ritorte lattine di Coca Cola,
innumerevoli pacchetti vuoti di sigarette. Nel vento, brani di
cellophane e dei tovagliolini di carta consumati, mentre un'increspatura
trascorre lieve la superficie acquea, intorno del tutto vuota ora al suo
sguardo, non fosse per la barca verde che oscilla poco distante da riva. In
cerca di più tregua di vita, è pervenuto ad un litorale desolato e del
tutto deserto, benché non sia distante il traffico della
circonvallazione. Fissa
triste dei salici cinerei oscillanti, poi ripercorre il freddo azzurro
delle acque. Il lucore degli specchi gli richiama allora alla memoria le
verdi acque balenanti della laguna veneta, dove solo pochi giorni prima
si è recato in gita con i suoi studenti. "
Ah, i giovani, si dice, che ovunque vadano immediatamente cercano,
timorosi dell'insolito, ciò che di più comune hanno appena lasciato...
Più non pensando che quanto prima a ritrovarlo pronto ... Ma come posso
io deprecarli, se io stesso che li esecro tanto, - sospira -, sempre e
ovunque ho solo quel volto nella memoria, che crudele socchiude gli
occhi e mi sorride. Come a risoggiogarla sempre tutta... Piangendone le
dolci labbra, quei dolci occhi così belli, così cari nel mentirmi... Il
loro incanto trattenendomi distante dagli altri uomini e dalle loro
opere, estraneo alla natura e alle sue ricorrenti stagioni...splendido
di morte e di dolore, solo luminoso a me quel viso..." Come
egli può, dunque, serbare tuttora tanto disdegno dei suoi allievi, se
in gita, non appena mettevano piede su un nuovo approdo, si arrendevano
subito al primo chiosco, contrari a ogni procedere oltre? La sera
iniziale, di domenica, non altro ricercando, pur se risultava distante,
che una discoteca ove reimmergersi a ballare? Come ogni altro sabato e
domenica, per quel solito genere di cose... E
il lunedì seguente, giunti a Murano, se alle Fondamenta si erano
lasciati sedurre dalla maestria dei vetrai, e non era stato possibile
sospingerli più avanti, ove già a San Pietro martire, quale tela del
Bellini si poteva ammirare... Nel
recarsi a Torcello, poi, a riversarsi come formiconi storditi sul
vaporetto; una volta discesi nell'isola, lungo quel breve tragitto, per
arrendersi ad uno ad uno in precipitosa sequenza,
tra di loro già imprecando, esausti, allo sbarco che ve li aveva
fatti giungere, e come a richiamarsi chiassosi nell'idioma dialettale,
sentendosi già degli estranei in estraneo suolo in un altro luogo
d'Italia... Solo
il residuo dei fedelissimi aveva saputo resistere sino a Santa Fosca, ma
per lasciarsi rammollire poi anch'essi, ivi giunti, dal refrigerio
all'interno della Chiesa; per cui egli aveva dovuto inoltrarsi solo e
sconfitto nella Cattedrale. Uscendo
afflitto dalla chiesa, si sentiva già pentito di come in uno sfogo
inopportuno con l' allieva prediletta, prima che sulla stessa soglia
anch' ella l'abbandonasse, all' ingresso amaramente le avesse esternato,
senza più ritegno, al vedere i suoi compagni che si reintroducevano in
un bar: "
Eccola, realizzata, la metafora in atto della vita! Il loro perdersi ad
uno ad uno lungo un breve sentiero, per doversi ritrovare nel procedere
sempre più in pochi..." "
Ma professore,- lei aveva replicato, indi tradendolo di lì a poco,- chi
le dice che loro così non siano felici ? E magari anche più di
lei?". "
Oh, questo è certissimo, le aveva ribattuto, solo che non è la felicità
ciò ch'io cerco. Ma il pervenire sempre più oltre. Oltre la mediocrità,
prima di tutto, il cui conforto soltanto li fa
felici". "
Come ella poteva non tradirmi,- scuote la testa-, se voleva ancora
difendere i suoi anni...", mentre viene riaffiorando alla
superficie intorno delle prode e dei laghi, dalle acque della laguna
lentamente lontanantisi nella memoria. "Non
le ero venuto indicando che un sentiero di capre sempre più sconnesso e
franante. Ove non si può più procedere che da soli verso la
desolazione. Perché non c'è né un Piccolo né un Grande Veicolo che
non sia solitario, per la grandezza dell'anima interiore... Tanto di
meno per chi è in coppia con chi ama. E vano è soffermarsi sull'orlo,
ad attendere che chi si ama porga la mano al suo boddishatva che
indugia... Perché mai, se non al fine, al più, che ne illumini l'anima
al suo senso del nulla... Sino a vivere ogni cosa, nudo lo sguardo, nel
suo volto di dolore anche nel godimento." Nell'acqua
lacustre a lui dinnanzi, a fondersi la luce con la morte. "Ed
io stesso, soggiunse, che pure aspiro ad un destino di artista superiore
alle loro sorti, non sto forse più di loro impaludandomi, e già senza
scampo, nella secca pozza di tale mio misero amore? In che immobile
monotonia di questa mia pena... Che determina tale mio stato di morte
senza mai fine, se la carne non gode più di quell'infimo, che fa così
mediocri e solo un poco felici. La
perdita inesorabilmente sfociando in un'inclinazione letale, istigato su
di me stesso a levare la mano, dalla cecità comunque sia di farmi
vendetta!" A
che cosa non aveva forse pensato tra cielo e fondali, allorché
sull'imbarcazione che li riconduceva a Venezia, poco distante aveva
visto trascorrere quel motoscafo con l'angelo a prua? Funereo verso
l'isola dei morti fra i cipressi, cinta sul mare
da mura severe a lui invitanti..., quell'angelo-polena,
fascinante, la sua apparizione d' incanto nella laguna... memore nella
scia di quel profilo celeste, di quanto aveva disperato nella sua
solitudine sessuale, la sera stessa innanzi quella gita, la sera di un
altro dei suoi innumerevoli sabati solitudinari, doppiati da che
squallide domeniche susseguentisi, come già a differenza di quanti suoi
allievi... E più ancora di chi amava...
I
propri sabati, e domeniche, sempre ugualmente vuoti di atti sessuali;
viaggi, visite di mostre, l'ascolto di concerti e di opere liriche, in
lui esperienze rivissute quali sublimazioni mortificanti la sua passione
fisica; quali rimedi per consentirgli di sussistere ancora, mentre loro
due, intanto, chi la sua disperazione ancora amava e chi ne era
l'amante, a lui subentrato, era certo che stessero godendo ancora
insieme, sempre di nuovo reciprocamente disponibili, intanto che egli,
solo come prima, era lì in stanza che si feriva sempre di più, lì a
rappresentarsi, senza tregua, le più crudeli certezze sui loro atti
sessuali, nella persuasione che la sola verità, implacabilmente, è ciò
che di atroce ci fa più soffrire, così seguitando senza sosta a
torturarsi, finché sopraffatto non aveva implorato se stesso di
desistere." Basta! Basta! - si era gridato soffocandone; ma
riafferrato dalla sua ossessione, di lì a poco aveva reimmerso ancora
più a fondo quella lama nella sua anima, sempre più dentro la pena
della sua sofferenza, tanto più intollerabile, nello spasimo, quanto più
gli appariva non altro che umana miseria. Quella
sera era andato così sempre più rigirando dentro se stesso quella
lama, credendo di riservarsi fedele alla sua vera natura, solo se in tal
modo non desisteva da invidia e gelosia sessuale. Ora
lo distoglie, mentre vi ripensa, l'acqua che turbina in un piccolo
vortice ad un palo, che presso la riva è stato disposto ad ormeggio.
" Com'io vortico nel mio ingorgo, si dice. Ad ogni voce e passo
trasalendo nell'attesa, sempre più vana, felpato di un ritorno...I miei
passi, insensatamente, che cercano la sua anima soltanto, e si
smarriscono a ogni via ... Mentre
dovrei farmi come l'acqua distesa più oltre in superficie, comunque
avido d'esistere e di attingere la luce, come già d'estate, nel sole,
fra i pioppi in riva al fiume, nudo a sfogarmi nella sabbia o nel limo
del fango, o sull'isola vulcanica nel mare",-
dal lago divenuto scintillante, come selvaggia e paurosa, nel suo
cratere, per lui a riemergere ora impervia dalla distesa dei flutti, in
un rombo sordo di continuo... Vi
si era recato l'anno precedente ai primi di settembre, nell'illusione di
potervi vivere per giorni e giorni in una sua solitudine naturale,
dentro l'acqua, fra gli scogli, o assorto nella luce fra la nera sabbia.
E vi aveva trascorso solo e nudo in riva al mare, a lasciarsi possedere
dal sole torrido nell' estuo, o a rinfrescarsi nell'onda livida dei
flutti, risospinti pacati e limpidi a quei lidi lavici. Mentre il sordo
rumore che risaliva dalle visceri fumanti di quel monte, il sublime di
che angoscia in lui suscitava, di continuo, di esservi in balia del
tremendo nel mare circostante... Ancora
negli occhi, del mare, ne ha l'incanto splendido di luce; oltre le
bianche case, calcinate, il suo blu intenso perpetuamente immoto all'
orizzonte, a trascolorarvi fra l'amaranto delle bougainvilles
sfolgorante... Ma
l'ebbrezza nel sentirsi inturgidire dalla luce del sole, per poi
inoltrarsi nel fresco liquido delle limpide onde, lo aveva risospinto
verso degli altri corpi nudi al sole, a fissarne il sesso in
un'ossessione crescente, avvicinandosi e importunando con la sua sola
presenza, per poi ritirarsi umiliato, e scrutarli di nuovo, di
nascosto... Così la natura si era oscurata nell' insaziabilità con cui
li fissava; finché, esasperato, si era deciso infine a partire,
incontro al destino di
quell'amore che già era in attesa di vivere. Il cui decorso, o la cui
fine, che oramai per lui
sono l'identica cosa, da quando la sera prima ancora ha
telefonato invano, gli sono diventati la sua stessa fine, o la
sua morte di sempre, che per lui ugualmente si immedesimano. Nel
sole morente oltre le rive, quell'isola in mezzo al mare, splendida e
fosca, intanto è scomparsa dall'orizzonte del lago.
Nella brezza della sera ne tremola lieve la superficie vuota, con
le foglioline e le fronde degli alberi d'intorno. Oltre il balenio
ceruleo del lago, a sventare più alte nel cielo, le fiamme perenni di
impervie ciminiere. E l'azzurro ne rabbrividisce già ingrigendo, "
come trascolora il volto di tutto, egli soggiunge. E ciò che
comunemente è normale che accada, la ricorrente miseria di ciò che è
umano, incupisce a orrida tragedia s'è più a fondo vissuta, per
trasparire nel suo abisso quale vuota follia, alla tersa ironia che
schiarita sorride. Eppure come già trepida, e increspata, di che arida
e stenta malinconia... Ma
in lui, lo sente, forse è giunto il momento di andarsene.
Evitando
l'altro modo di farlo. Ora
che il suo agitarsi riposa in una quiete più profonda. In
una luce che affina e decanta ogni cosa. La
luce del dolore ch'è in ogni cosa vivente. Nella quale, per le vie
della città, gli amanti ad abbracciarsi ed i giovani nei prati ai primi
soli d'aprile, più non appaiono che delle illusioni patetiche nella
loro vita bella. Mentre
attorno, quei vecchi a trascinarsi per i viali sempre più deboli, gli
invalidi accasciati e i solitari assorti, velati agli altri nella loro
morte civile, come fulgono più vividi della luce del vero. Il
cielo, rarefatto, quale purissimo azzurro ora fra i rami degli alberi.
Solo un alito di vento fra le foglie. Mentre fra le ombre e le luci nel
verde del parco, dei cani si rincorrono, abbaiando, saltabeccano delle
colombe e dei passeri. Senza atrocità di spasimi, in sé assorti e in
ogni cosa che compiono . E le presenze umane e i rumori di fondo della
città- una sirena ora dispiegata- , pur nella loro animazione
incessante, seguitano a perdersi nel silenzio di quella calma. La calma
e il silenzio della sua esistenza raggiunta: anziché ritorcersi e
patire, sia ora per sempre, anima stigia, la vita a vivere dei morti. Ritorni alla Pagina indice
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