Ritratto
di artista virtuale
Rientra
dai negozi che sono le sei di sera, i viveri acquistati occorre adesso
disporli in frigorifero, con il risultato che i vuoti a perdere ulteriori, i
sacchetti e gli involucri di cellophane e d'alluminio di cui si satura la
pattumiera, gliene impongono l'indifferibile svuotatura. Ma prima di avere da
preparare la cena, c'è ancora il tempo per ritagliare dai giornali del
mattino gli articoli da conservare, infastidendolo quel loro cumularsi
cartaceo, e per raccogliere il resto dei fogli e le rimanenti carte e cartacce
in un unico ammasso, così come le bottiglie in un solo cumulo, e scendere
quindi a rigettare i mucchi tra loro distinti, e col pattume, negli appositi
raccoglitori distanti.
Poi
è solo ciò che in lui è assuefatto tormento, che inoltra il da farsi per la
cena, meditando, mentre passa il panno sulle stoviglie, che se non si fosse
trattato di portare fuori i rifiuti, al rientro dal supermarket magari non
avrebbe sostenuto la vista dei panni ancora da stirare accumulati sul banco...
Ed
anche a tal punto di sfinimento, può restare indifferente a questa macchia o
a quell'incrostatura? Non raccogliere quel suo ennesimo lascito di sporco?
E
protraendosi così di affanno in affanno domestico, senza soluzione odierna di
continuità,- dall'inizio del
giorno, per ore e ore, al servizio dell'ordine domestico egli differisce
ancora di vivere...- è solo dopo che delle ultime briciole è ripulita la
tavola, tacitato a forza il televisore, che per attendere alfine alle attività
dello spirito, non gli restano disponibili che gli ultimi avanzi dei suoi
residui diurni, in cui non può più seguitare che di qualche pagina le sue
letture; l'altezza dei cui autori, siano Yates o Pessoa o Melville, appena gli
discorre, lo fa precipitare nella disperazione sconsolata e vana della sua
dissoluzione in nullità domestiche.
Tanto
più, che domani, sarà di nuovo lo stesso giorno
.
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Ora
che singolo" Il
nostro, un ancor giovane uomo di lettere, ed insegnante, giacché
insipienza di padre, e lo sciupio di lor figli, insieme congiurando ne
hanno condotto al fallimento l'economia familiare, oramai da mesi vive
da solo in città, nel ritiro del bilocale di fortuna in cui gli è
riuscito di insediarsi; della propria signoria, per la rovina
incombente, così risolvendosi ad affrancare definitivamente il caro
servaggio materno, all' atto stesso di dire addio anche alla vita di
provincia, al natio paese in cui è immalinconito ed emerso a poeta. Ma
in tal modo resosi "singolo", egli che credeva, pur coi suoi
poveri mezzi, con tal cambio di vita di diventare per se stesso più
libero, da allora invece, in un incessante tormento, deve continuamente
farsi il maggiordomo e la indefessa serva di se stesso, l'economo
factotum al proprio incessante servizio; ogni qualvolta egli si accinge
agli studi, od all'esercizio di scrivere, le sue voci domestiche,
inservienti, importunandolo immancabili con il loro querulo richiamo a
questo o a quello da lui non ancora fatto oppure disfatto; quel bilocale
in affitto ove la sua interiorità si è ristretta in poche decine
speculative di metri quadri, le loro insinuazioni così rovinandoglielo
in un insostenibile assetto di polverosi mobili, e scompigliate coltri,
di incrostature e sporco di posate e piatti o di lenzuola. E
la sera, alfine, allorché spossato tenta di concedersi almeno lo scampo
della lettura prima del sonno, è l'interno contabile, ineludibile, che
per assicurarlo nel dipendere da se stesso soltanto, si fa avanti sulla
soglia del conscio per il suo rendiconto finale, richiamandogli quanto
ancora resti di incalcolato nel budget. Così
l'opera di narrativa o di poesia che stava intraprendendo, è presto
abbandonata per il suo minicalcolatore elettronico o l'agenda dei conti,
finché raccolti dalle tasche tutti gli scontrini del giorno, detratti
gli importi percentuali di affitto e luce e gas, le spese quotidiane in
pane e latte e verdure ed inscatolamenti o carni, al netto che avanza
sempre più a stento, nel calcolio dell' ansia e nel fare i conti con il
proprio gramo stipendio di insegnante, sempre più rari gli risultano
gli acquisti possibili di libri o di audiovisivi, mentre gli si viene
risicando il margine, di speranza superstite, per ancora dei viaggi o
dei raffinati consumi; il viaggiare ancora all'estero o in Italia, su
lunghe distanze, vanendo nella malinconia sofferta di possibilità per
lui sempre più remote... L'amarezza,
allora, è l'ancella che lo sconforta a reclinare il capo sul libro, e
quindi nel sonno; intanto che ritorna ai macellai che gli incartano ogni
più sottile affettatura di carne, od ai panettieri che nel suo
sacchetto rimettono lo scornotto appena caduto e già sottobanco da essi
raccolto; a quanti, per strada, gli ostentano il lusso della loro
volgarità arricchita di ignoranti senza fisime o scrupoli, alle
miserabilità delle voci contente
e asservite sui media; ed il dolore sempre di più si serra sulla sua
fame di insegnante senza allievi reali, sulla assoluta insignificanza
della sua arte nel mondo; quando, se solo riuscisse a venir meno a se
stesso, si affligge ...Reinghiotte, riacceso
il video, nel mentre arretra nello sguardo distante, di canale in
canale, infine spento osservatore di tutto. |
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Il
lusso nella miseria d'antan Nella
sua vita cittadina così egli ora già vagheggia, come l'età dell'oro,
il passato prossimo della sua vita familiare, allorché permanendo nel
retaggio allo sfascio della sua economia parentale, benché vi fosse
recluso in un cantuccio di provincia, eppure ne traeva di che studiare e
scrivere, e di che vestire con estrema eleganza, oltre che il necessario
per viaggiare sia pure fortunosamente in paesi stranieri; come nulla
importandogli, in quella sua casa perduta, di giacervi in letti
perennemente disfatti, tra i cumuli limitrofi di pile di giornali
muffiti; nell'impolverio d'intorno degli squinternati libri, dentro le
più periclitanti scaffalature ammonticchiati nel caos. Ora
invece, vivendo in città in affitto, fra la circostante sua miseria
cartacea di insegnante, gli accade che quanto più deve sovvenire
autarchicamente a se stesso, senza potersi avvalere di serve ed
economizzando servizi,ne esca stremato di dover disattendere le esigenze
dello spirito, per lavarsi ancora i panni o rifarsi una cena e
rigovernare di nuovo. E’
nell’ intimo stesso, innanzitutto, che
è sempre più coatto ad un agire siffatto, poichè non può più patire
disordine o incuria nella sua intima sfera. Vi infeliciterebbe nella
nera figura altrimenti del suo ammanco di scapolo, e finirebbe con l'obbrobriarsi
l'anima, desolandola, se l' appercepisse ad aggirarvisi in un sudiciume
circostante che le sia speculare. In tale sporco si ammorberebbe
deperendovi sempre più occlusa, da che la sua solitudine viene sempre
più esternandosi ed involvendosi, quale maniaca monade, negli interni
rimessi alla cura sua propria. Ma
pur così economizzando in autarchia, egli deve razionare il vitto ad
una sola pietanza per pasto,
ed anche l'andare a passeggio, per minuti piaceri, ora gli è tempo e
denaro di un superfluo che sempre meno spesseggia... E
dire che egli si vagheggiava un tempo, quando in città, snobistico
poeta abitudinario dei più mondani ritrovi... |
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Un
buffone che se ne fa beffe E
ogni volta che purtuttavia la sua solitudine ricerca e smania, in modi
snobistici, di essere riconfortata in spiritualità e in raffinatezze,
di dentro lo provoca un buffone che se ne fa beffe. "
Tu simuli di essere ora in strada un giovine uomo elegante, mentre sei
costretto ogni giorno a un solo piatto per pranzo, e tremi ad ogni
richiesta del prezzo e del conto, speculando su vitto e salute per il
buon gusto che ostenti. E
di te siffatta grossolanità intimidita, o la frettolosa goffaggine che
urtona e spinta, tradiscono la tua risibile manieratezza nei modi, a
tutti rivelando, stanne pur certo, il reietto e il succube che si fa in
te ipertrofico." Accade
ugualmente che quel singolare compare, che in lui alberga e lo detesta,
lo faccia sonnecchiare, se non assopire, alla variazione ulteriore di
una sonata sublime, oppure che nell'ascolto di un duetto d'amore, lo
stimoli a recarsi in bagno alla stretta finale, o che ad un' ulteriore
ripresa della lettura di Proust, lo faccia desistere per la ricerca
piuttosto della ricetta sfiziosa di una insalata autunnale, e gli
carpisca il dover ammettere che l'interesse per l' accostamento del Kiwi
con l'insalata belga e il radicchio di Chioggia, unitamente a pomodori
perini e olive nere e ora più non ricorda, ah sì, i peperoni tagliati
a falde sottili, debiliti in lui quello, di una natura superiore, per l'
inventariato di analogie dell"Uomo senza qualità". E
se lo rimorde la voce di Sua Signoria lo Spirito, egli si dice che non
è il caso di pentirsi più di tanto, nei Suoi sublimi riguardi, se
l'averLa servita fino ad ora, con così tanto scrupolo, l'ha ridotto a
una tal vita da cani, mentre chi l'ha tradita, Sua Signoria
Reverendissima, e l'irride sui libri e i teleschermi, si gode beato
tutti i piaceri ed i favori del mondo; intanto che egli, per le sue
fisime artistiche, invece ritorce di nuovo dentro di sé la sua smania
di emergere, e deve reinghiottire l'umiliazione dei propri stenti, ad
ogni rinuncia e rincaro crescenti; se gli basta che schiacci del
telecomando il tasto lì accanto, per rivedere quel che più serve per
farsi acclamare... |
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Inestimabile
e indigente Nella
privazione persistente della sua indigenza, quando il rendiconto del
mese gli preclude di nuovo l'acquisto agognato di una sua bicicletta da
corsa, così egli medita e rimedita con i pugni sulla tavola: "
Se un molleggiato è pagato fior di miliardi dalle pubbliche autorità,
per insolentire la cultura e lo spirito con la sua sfrontatezza, e lo
plaudono le stesse istituzioni come il re degli ignoranti, e se la
demenza è un richiamo musicale di gran voga, tale è il rigurgito di
volgarità insolente che disfoga, e il non pensiero è un merito per
assurgere a direttore artistico, la critica d'arte, sugli schermi,
risoltasi in che clamoroso successo nel maledirsi a morte, allora tutto
quanto è espressione di altezza, di sensi e di ingegno, non può essere
che impagabile. Che sono mai pertanto, in proporzione, anche solo
centomila miliardi di miliardi per un dipinto di Cezanne, o per un solo
sonetto di Rilke? E
siccome egli presume di avere un reale valore poetico, si pone famelico
al di fuori di qualsiasi logica di mercato. E
non ricerca in alcun intellettuale un eminente tutore, evita
irresistibilmente cenacoli o gruppuscoli artistici, presagendoli con un'
anima che non è che promozionale, serbandosi geloso del suo anonimato
come della sola aria che gli sia respirabile. Egli ch' è inestimabile
quanto indigente. Secondo
il suo vincolo e destino, in una bottiglia, nella cassapanca in
soffitta, in tracce virtuali sui dischetti, alla sola voragine del Tempo
tramandando i suoi scritti. Mentre
ciò che é di pubblico dominio, e di successo, sui titoli o nelle
colonne di libri e giornali, non può che suggellare il suo orrore
reclino. Attavolato
alla solita sua scarna mensa, palpitando a una luna più alta nel vuoto
dei cieli. |
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I
giorni che passano E
i giorni per lui passano nel rovinio continuo di lavare piatti e
correggere compiti, di levare uno sporco ed errori ch'eppure riavanzano.
Prometeo incatenato, nella miseria dei tempi, alla montagna più aspra
delle vane pile dei piatti
e di compiti, roso nel fegato, sgrassato ogni unto, dalla mortificazione
di quale degli allievi sia mai la indifferenza, in classe, a quanto non
è affare di tecnica e calcolo... Vana Danaide, egli così, nel versare
e riversare ciò che eleva l'Anima, nel solo tubo di discarica del loro
domandarsi a che mai serva... Eppure ad uno ad uno, sull'umido della
tavola prosciugata, ora di nuovo ne contrassegna ogni luogo comune, allo
stesso tempo fornisce le motivazioni di ogni rilievo, rivaluta ogni
svolgimento in rapporto ad ogni altro; pur sapendo che per i più sarà
solo il voto numerico che importerà domani, quando ugualmente inutile
fatica, al successivo riscontro, risulterà la delucidazione ulteriore
dei fraintendimenti, inesorabilmente gli stessi dall'inizio dell'anno;
ridicendosi invano, senza consolarsene affatto, che non può essere che
così, quando ciò che è impagabile non ha affatto valore. |
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Soldi,
soldi, soldi Soldi,
soldi, soldi, oh, sì, si è deciso, finalmente, a scrivere e a dannarsi
unicamente per fare soldi, un bel mucchio di soldi, così tanti soldi da
non patire più stenti e umiliazioni... Si,
soldi, soldi, soldi, in una scrittura di cose e di fatti quanto più
elementare, tutta coordinazione e scarsa di riflessioni, scrivendo
soltanto ciò che intendono sentirgli dire, che in fondo è solo
questione di pensarci di meno e di saperci fare, e poi, al posto loro
chi è che non farebbe lo stesso? E che è mai, l'assenza di scrupoli,
se non l'utile irrinunciabile del trarre profitto, sarebbe un rompersi
l'anima, già un soccombere, chiedersi ancora se sia giusto, se uno ci
sta ci avrà pure un tornaconto, e poi, a questo mondo, ci devono pur
essere i perdenti, sì, va benissimo così, avanti, eppure concedendo
ancora una chance, per l'amore e per i migliori sentimenti, purché la
vincano alla fine di intrighi a sensazione, di sesso e affari e
tradimenti, e ci risiamo, ahinoi, quasi che la cosa più importante
fosse la vita di chi è un uomo di successo, la realtà nient'altro che
uno sporco imbroglio generale, una stessa corruzione che ci immischia
tutti, eppure restando sempre una speranza..., certo, anche se chi ne
scrive è ugualmente fino ai capelli nella merda, ben intento ad
ingozzarcisi senza scampo come il suo lettore, la classica bottiglia
accanto ammazzascrupoli... Basta,
basta così, egli nemmeno deve appallottolarsi e gettarsi nel cestino a
quel primo tentativo ... Piuttosto,
si chiede, se si rassegna ad essere un autore fallimentare,
irrimediabilmente virtuale, vivendo e morendo infelicemente misero e
ignoto, se in vita, pur di salvaguardarsi, è disposto a farsi
sopravanzare e mortificare tanto, non è forse perché crede ancora,
nonostante tutto, di potersi affidare ai pochi fortunosi che lo
leggeranno di età venture? Ebbene, non è questa la illusione ultima
della sua morta vita, l' ultima dea che non ne è ancora fuggita?
Ma
che importa, replica allo sgomento, che importa se non c'è futuro? Se
ogni tradizione che si tramanda è tradimento, e già è troppa la
memoria conservatasi dopo alcuni millenni di storia, perché un
qualsiasi scrittore possa ancora esservi ritrovato e ricordato nel
tempo, quale che sia l' infinità dei modi in cui può ora rimanere
registrato in un archivio dati? L'istante
d'eterno della creazione poetica, si conforta, è un illusione che vale
ogni suo tormento nella dissipazione. E i vincoli della sua prigionia
mondana li ama fin troppo fedelmente: poichè è quel suo "fiorito
asil" di stenti, ora ch'è singolo e solo, che per il tramite della
propria stessa servitù domestica, lo accomuna alla medesima
segregazione di lavoratori oppressi e di reietti; come lui,
irreversibilmente, in un Tempo di perdizione senza più un Avvento |
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Una solitudine sociale Infatti,
c' è una cittadinanza sociale nella sua solitudine estrema. Ne
rinnova l'inviolato patto la sua povertà nel talento, in cui si
suggella la sua solidarietà di vita con ogni inferiore. Nella
continua provocazione di assistere frattanto, sugli schermi, a chi
invece riscuota assenso e successo, nel ritornello di quanto, di
appetibile e bello, secondo il suo demone deve egli invece seguitare a
negarsi. E
la sera, quando reclina il capo sulla sua solitudine stanca, il suo
lungo tunnel ha echi di gemiti nella soffocazione. Sanguinandogli
i brandelli di carne, di mani che a pareti ancora si straziano a smurare
carceri. |
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A intervalli di
mesi, con i suoi cari.
A
intervalli di mesi si ricongiunge con i suoi cari, mentre sullo schermo si
irradiano i loro predatori sociali.
E
i discorsi in famiglia non parlano più che di costi e di consumi, che di
stipendi e di pensioni immiserite da ritenute ed imposte, i suoi vecchi
confortandosi di invecchiare senza ingrassare oltre e senza più debiti,
contenti dei suoi soli progetti evidenti di acquisti ulteriori.
Eppure
l'affetto è il senso più che mai delle loro parole, anche se ne divora la
miseria ogni significato.
Ma
in quei frangenti che tormento, che si fa in lui più lacerante, gli è
l'impotenza a risollevarsi con loro dalla miseria stremante, il ritrovarli
sempre più invecchiati e senza mai scampo tra quelle pareti scalcinate, il
mobilio dintorno dei raccolti relitti della loro casa dispersa.
Ove
lui, nel suo solitario fervore, come sente eppure di amarla la loro miseria,
che i suoi vecchi li fa candidi e dolenti come devoti bambini, da sempre di
null'altro capaci che di seguitare nel solco.
E
un nodo gli stringe la gola alla loro remissione in angoscia, rimordendolo
l'infinito male che a loro ha inflitto per vivere; mentre loro come ancora
seguitano a sperare e ad amarlo, a vedere in lui la loro luce più cara, in
colui stesso che perché non rinuncia a se medesimo, e nel suo perfezionismo
d' artista virtuale non sa che differirsi sino alla morte, sino alla morte li
condanna ad infilare quel cappio.
Quante
volte, in loro assenza, la sua trepidazione in ansia li presagisce già morti,
appena stia da solo nelle loro stanze deserte, o nel ritornare da solo sugli
stessi sentieri già percorsi con essi, egli sempre più attento alla sua vita
come al loro bene più caro; ad ogni ritorno fra loro ancor vivi,
commuovendosi che ancora gli parlino e siano ad attenderlo; consolandosi, ad
ogni partenza, ch'eppure potrà ancora ritornare a vederli.
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E'
inutile, ancora di notte. E'
inutile, ancora di notte, si ripete deponendo la chiave, se l'impulso è
una morta forza a se stessa superstite. Che
importa, mai, che ora viva singolo
e solo in una città... quando
nessuno vi accoglie il suo invito, né da nessuno egli si lascia
invitare. E
non vi ha incontri privati o appuntamenti di sorta. Ma
nell'intimo di ogni suo querelarsi, del suo dolersi che non può
confidare negli altri, che gli fa suonare falsa la voce, già al
mormorarsi, è la consapevolezza che è innanzitutto lui, comunque loro
reagiscano, che ha in orrore di disvelarsi, ben intento, in quella città,
a celare quanto già nel suo dilacerarsi, lo rivelò quel gridio
pateticamente reclino sulla spalla di tutti... Sarebbe
egli stesso, prima che ogni altro, che altrimenti non potrebbe più
tollerarsi. Non
è comunque il minore dei mali, vorrebbe ora persuadersi, il disdegno
del suo ritrarsi che pure lo mortifica tanto? Se il suo sguardo sul suo
desco, ora più limpida, vi filtra la luce della luna nel vaso di
giacinti? "
Eppure un giorno sapranno della tua natura più intima, mia pallida Musa
che ultimi un tuo scarno desinare senza compromissioni fatali, giacche
tu non esisti che per destinarti, ma non ti avranno che pura e cadavere
a memoria futura...Pura, è per te ben inteso, di ogni malcontento e
malumore. Di ogni querulo rancore che rivendichi ancora nella spirale
del ciclo. Poiché
tu ben sai, quante esistenze subumane eppure consentano la tua
melanconica inerzia. E
di ogni tuo inoltrare appello, che tutto ha senso tranne il
lamento." Infine
nettando la tovaglia, rimesso ogni debito, nel silenzio della sera trae
respiro, se così può trovarsi solo con se stesso attavolato di nuovo. |
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Tra
i morti Non
ha ancora chiuso la porta che già ha acceso il televisore: e la sua
solitudine si affolla già di una ressa di voci e di eventi, di
insignificanti ectoplasmi televisivi blateranti. Immette
pertanto una videocassetta per ascoltare una recitazione, mediante
interpreti defunti, dell'opera celeberrima del grande drammaturgo del
passato, o il disco con la splendida voce di Alfred Deller,
nell'incisione che lo commemora. Almeno
scampandone nel proprio recesso, così egli persegue il proprio
isolamento dal torto e dagli inesorabili vivi, nel restarvi solo tra gli
spiriti dei morti. Suggellati lungo gli scaffali in libri ed in solchi
di tracce. Per
quanto vi interferiscano poi irrevocabili le liturgie domestiche, e a
lunghi tratti la videoregistrazione si interrompa tra le pareti vuote,
ma oggi, più che in altri giorni, non può non ricongiungersi con loro,
tale è il dolore di cui spasima e risente, per l'offesa vociferata sul
suo conto nei corridoi della scuola, sin che la ferita atroce disgorga
in una melodia di Purcell, e invoca balsami di pace la sua anima lesa,
per un istante ancora musica di cieli supremi; come già a scuola il
fetore di urine, o la animalità splendida di un
volto, lungo gli atrii lo
reincarnarono nei sensi, e in lui risuscitarono la voce, " che
l'amore si ingenera/ dove cade l'escremento". E'
altrimenti difficile, lì in casa, che il travaglio domestico non
incomba a soffocare i geni dei morti, o che non ne protragga la
rivisitazione in un differimento incessante. Sempre
più tardi, pertanto, rientra da scuola in quel suo bilocale gremito di
libri, attardandosene al di fuori con qualche esemplare che vi ha
prelevato. O
se è un giorno di maltempo, in attesa che anche la pioggia passi, cerca
magari il conforto di una fermata dell'autobus, o di una sosta ritto in
piedi in una libreria, pur di stralciare letture e memorizzare versi,
quando non divengono i portici il suo
pensatoio reale, in immaginari dialoghi con gli irraggiungibili
viventi sui grandi spiriti defunti. E
può essere allora l'aria ventilata nella luce trepida d'ombre,
d'autunno, che gli reca la disperazione ossessa del grande scrittore
austriaco recentemente scomparso, consentendogli in quella voce, ancora
carcerata nel mondo, di rinvenire la sua stessa ansia di trovare respiro
nella morsa coatta. Così
la sua anima, gravida di morti, nel chiarore grigio del giorno di
novembre ne vaga risanata, tra le folle dei vivi che non ne hanno
bisogno e pensano ad altro. |
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Loro Loro,
già lo presagiva, che per lui non sarebbero rimasti solo confezioni di
tessuti. E
come sue solidali creature, cui fa il bagno, li immerge nella vasca e ve
li lava con delicatezza, o quali révenants, di riguardo, li ritira
emozionato dalla lavanderia, eppoi ripassa su una loro stazzonatura il
ferro da stiro, ogniqualvolta egli aneli, che impeccabili, con lui
riescano rinnovati agli sguardi nella loro bellezza, smaniando di
inaccessibili maglie e camicie, o di intonate cravatte meravigliose, che
ne attuino quali ulteriori accoppiate perfette... E
che dire degli stessi utensili domestici, servizievoli ad ogni uso e
riuso nell'acqua e sul fuoco? Come smaltati lucenti, nella disposizione
d'ordine, pur ad ammaccature e graffi di un logorio ch'è lento... Quando
così li ama, sente di amare la stessa sua schiavitù domestica. Ed
il pensiero stesso della sua morte, diventa il pensiero di loro nella
sua assenza. |
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Ma da quando è primavera,
Ma
da quando è primavera, la sua solitudine di quante entità sensibili
non umane la vede popolarsi . Le
pianticine che vi crescono
e gli insetti che vi si avventurano, sono tra le sue pareti tali amiche
presenze, ed è alle vegetative esistenze, rigogliose nei vasi, che sono
ora dediti gli atti che in lui si sono dispenti per l'umano vivente:
nella cura tenera con cui, ogni mattina, irrora le pianticine fragranti
di basilico, con quale letizia ristorandole, quando le loro foglioline,
già vizze e recline, insieme con lo stelo le vede riergersi più ancora
vitali, o con che trepidazione, se l'assenza è protratta, dubitando se
potrà ritrovarle al ritorno ancora inestinte, per la gioia con la quale
ad un filo residuo di vita, al rientro accerta che può ancora
soccorrerle. E
dei fiori recisi, acquistati dal fioraio, dopo l'estinzione conserva tra
i vimini l'essicazione raccolta; e quando dallo stelo che langue vede
risbocciare le violette o la glocsinia, è con la cura di un padre per
le sue piccole, che ne segue lo schiudersi a poco a poco dei boccioli,
che le orienta tenerelle alla luce, o che le protegge da troppo vividi
raggi. Gli
è di conforto tale affetto, come un tempo la sua paternità fraterna
verso ogni suo allievo; e stamane nel negozio di frutta e verdura,"
me ne dia qualche piantina", ha chiesto d'impulso, nella cassetta
vedendovi fragrante un basilico così tenero e verde. |
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Così
ora in compagnia solo di vegetali ed insetti,...
Così
ora in compagnia solo di vegetali e di insetti, riscopre con essi i limiti e
le difficoltà medesime dei rapporti con gli uomini.
Se
è una farfalla che in camera svaria nei voli, piacevolissima ne è la
convivenza momentanea; ma se sono le blatte e i pappataci?
Quasi
che fosse motivo valido, eppure irresistibile, la loro orridezza per
sfracellarli.
E
le pianticine, sempre bisognose di cure e così indecifrabili nelle loro
esigenze...
Or
eccole sitibonde già insecchite, o turgide reclinarsi tumescenti per il
troppo risucchio.
E
dunque egli lascia un poco d'acqua all'occorrenza, nel sottostante piattino,
con la stessa discrezione che gli è imprescindibile in ogni circostanza con
gli uomini, senza mai forzare o sovraimporsi quando non è il caso.
Ma
se nelle sue stanze ogni rumore è spento, quelle difficoltose pianticine le
sente insieme dintorno.
A
bimbette stille, anche il gocciolio dell'acqua gli è allora compagnia...
Quelle
vittime della vita domestica.
(
Il testo va forse espunto da
questa serie, ed inserito in quella più scherzosa.**+* 20 giugno 2000)
Quelle
vittime della sua vita domestica
Come
è di ogni ordine effettivo, anche la sua intimità domestica gli richiede le
proprie vittime sacrificali.
Potevano
forse ancora annidarsi impunemente negli angoli, tramandone polverose filagne
pendule ad ogni cantone? Non un istante di più, egli si dice un dato giorno
contrariato del tutto; e con la scopa dà inizio immediato al repulisti.
Finora
egli li ha lasciati indisturbati; ma il vivere e il lasciar vivere si è
rivelato di nuovo un inevitabile equivoco, e la più bella indifferenza si è
acuita in antagonismo reale,
precipitando nella più insanabile contraddizione di ogni coesistenza
reciproca, secondo l'acqua stessa con il bambino lurida e sporca, della più
benedetta dialettica hegelo-marxiana che irride, franata con le rovine
filosofiche del suo pensiero d'un tempo; egli argomentando che il fattore
demografico si è rivelato di nuovo la causa prima, nell' abuso prolifico dei
ragni che ne rende oramai improcrastinabile il decremento immediato.
Monta
sulla sedia, già con le vertigini, dicendosi che si limiterà comunque a
stracciarne le tele, qualcuno di loro sì, magari uccidendolo, ma di quelli
che siano posti in una posizione strategica, l'importante è in ogni caso
spezzarne la rete dei collegamenti. E sia quel che sia, anche se egli deve
fare i conti, purtuttavia, con i pregiudizi tenaci della sua anima buona.
Inizia
dunque a devastarne le tele con circospezione cauta, battendo un colpo a vuoto
preliminare per spaventarli, onde volgerli altrove e così non avere da
abbattere il ragno e la tela.
Ma
è all'angolo della parete divisoria tra il tinello e la stanza da letto, che
già l'esaspera ritrovare ben quattro ragni annidati tra quei filamenti.
Un
colpo, per errore o per prova, che anziché la tela ne annienta l'artefice, è
allora il caso che origina lo sfrenamento improvviso; sicché la sua frenesia
micidiale, repentinamente, schiaccia
tre ragnucoli lasciando superstite solo il maggiore.
Ne
ha istantanea vergogna di se stesso, tanto più che pur essendo egli
schiacciante, è soggiaciuto al calcolo di eliminare comunque i meno
minacciosi dei soccombenti, di essi salvando solo, chi già più forte, è ora
impotente senza più il gruppo; e al torto che ha recato agli infimi pone
subitaneo rimedio, livellatore, sfracellando in un grumo l'articolazione
intimorente del ragno maggiore.
Così
è estinta forse un'intera discendenza, si dice a commento, se quello era il
ragno padre e i ragnucoli ne erano la prole e la femmina.
E'
la volta quindi del bagno; e i ragni vi sono tutti enormi e in ogni cantone.
Troppi,
perché la pulsione non lo induca ad uno sterminio totale. Un principio
d'ordine, che sia tale per davvero, non richiede pur sempre che lo si attui
sino all'estremo?
Così
nello schiacciarli, ad uno ad uno, più che delle loro retrattili movenze,
invano sfuggenti, per un istante è di sé stesso
che ha avuto sgomento: avendo vissuto quanto minimo sia lo scarto, o la
variazione d'impulso, perché una misura che si presumeva solo limitativa, o
di controllo, di semplice prevenzione cautelativa, possa degenerare
nell'immondo sfracello di esistenze senza più scampo, pur sotto gli occhi
lucidi della coscienza che esegue; se quella stessa coscienza che vigila
attonita, è lo stesso mandante che non si placa fino alla soluzione totale...
Eccolo
l'ultimo ragno, scappato a un suo colpo, che si raccoglie più indifeso più
in alto. Egli lo umana rappreso in un moto estremo di difesa e terrore, mentre
il rapporto di forze infinitamente sfavorevole al ragno, che gli arma ora la
mano ad abbattere il colpo, lo vede così come vi è appercepito ogni
inesorabile forte, rivedendosi in classe di fronte all'allievo che ieri
interrogava di nuovo, su quanto quello non sarà mai in grado comunque di
apprendere...
Ma
l'immagine ora gli si annera del ragno superstite, ecco che lo vede, intento
di notte, che sul suo volto trama vendette malefiche... ed il colpo cala
riducendolo a una chiazza sul muro, alla striscia di una semplice traccia, ma
che nessuna tinteggiatura gli può cancellare...
Così
tutto è ultimato, si dice, e non è il caso di certo di impietosirsi: quel
ragno stesso chissà quanti esserini, su quelle stesse pareti, senza ubbie di
sorta già ha irretito e disfatto, e non altrimenti che perché il più forte;
fosse stato a sua volta di lui mille volte più grande, forse che non gli
avrebbe riservato di certo la stessa fine cadavere?
Eh,
quasi avesse perpetrato la notte di San Bartolomeo, o fosse un Erode Antipa
sanguinario di fresco...
Ma
non v'è facezia che valga, ora a cancellargli di mente, la sensazione gelida
che il suo abitato sia adesso infinitamente più vuoto: e tutto quanto, è
accaduto or appena per mano sua: animata forse soltanto, nel suo subconscio,
dal timore d'un occhio perscrutante del locatario, d' un suo giudizio
d'incuria, se inatteso subentri, alla vista così preclusagli delle ragnatele
pendule.
Ma
il dominio dell'uomo in natura, nelle sue ineludibili leggi, in lui persiste
come l'orrore in cui di nuovo immedesimarsi ed all'istante: ed aperto il
frigorifero, con rucola cipolla e grana padano, in limone e olio e sale, è
una squisita carne al carpaccio che si riserva a pranzo.
Nel
cerchio a conchiudersi della sua piccola vita L'umido
esterno che lo intirizzisce, il bocciolo stroncato di un ciclamino nel
cesto; accanto, nella conca celeste, la mela fragrante appena tagliata,
mentre alla TV è giunta al secondo atto la tragedia di Madama Butterfly:
così intorno, ancor oggi stremata, la sua piccola vita si conchiude
reclusa, nello struggersi, sempre più flebile, di ciò che in
lui langue e pur sempre è il vivo che espira, tuttora egli assorto,
quale in una sua consolazione, in quel lindore stesso di faccende già
svolte, ora che l'assillo, sorseggiato il caffè, più non è altro che
un'ansia di spese; indugiando perplesso nella sola incertitudine, di
fronte al futuro, di quale sia mai la compera che va differita; ed in
tale interrogarsi ancor oggi fluttua a lungo, finché non privilegia
l'urgenza di un pentolino smaltato; ogni giorno il lavaggio dell'attuale
in acciaio, costandogli una perdita costante di minuti preziosi. Oh,
come se ne fosse rilevante ancora la perdita, in un ammanco che è
divenuto totale... Intanto
che l'ictus insorge, e l'insanguina, di un nucleo patogeno révenant:
rieccoli, gli allievi, usare dell'aula come di una latrina in sua
presenza, a mezza voce riode quel loro mormorio sul suo conto, prima che
la spietatezza di uno di loro si levi, poi a pretendere il carcere
contro ogni altro che l' inquieti; nel mentre egli sospira e si
conforta, tra deliquio e pagina, di non avere più che mezzo bicchiere
della sua vita davanti |
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Mania dell' infimo Che
monotona, inesorabile mania, per la quale egli ogni giorno,
irresistibilmente, si astringe nello stile di vita a cui la depressione
atteggia la sua solitudine, entro il più rigido bilanciamento dietetico
e il riaccordo continuo degli abiti. E
se una sera, poiché esausto, si è attentato di cibarsi di sola carne
in scatola o di insipidi sgonfiotti surgelati, o ha rimediato come cena
due uova al tegamino strapazzate, il senso di desolazione celibataria
che lo ha poi sconfortato è stato tale, che a sé ha giurato, fin che
vive, di né più mai commettere di tali ripieghi sordidi. La volta
seguente ha dunque riconsultato i più vari ricettari, per il ripristino
riparatore degli ingredienti naturali di più ricercate pietanze, pure,
se così, sempre più lo soffoca lo stento, e sempre di più gli
scarseggia anche il respiro all'aperto; nel succedersi del cicorino
all'erba pasqualina, o delle fresie alle astroemerie nei vasi, a lui
residuandosi i segni superstiti delle stagioni nel tempo. Ed i frutti di
mare surgelati sono tutto ciò, che di reale, gli sopravvive dei flutti
salmastri dell'estate. E
quando valica alfine le
implorate soglie di qualche pagina, ecco che la mente domestica,
ipervigile, allora gli traslittera il rigo od il verso, e che in un
assillo, od in un vagheggiamento di spese, gli vaneggia anche i versi più
spirituali di Donne, o le pagine a lui più intime di Pessoa;
nell'intermittenza, il deliquio inducendolo al richiamo del sonno, sinché
egli non capitola per il letto lì accanto; a tale mancamento perpetrato
fino in fondo, infine irridendosi, disfatto, di non essere più
null'altro che lo schiavo dell'infimo |
Il
trascorrere dei mesi
Così
il trascorrere dei mesi, oramai, non è più che la successione dei suoi
scarni stipendi, senza mai margine alcuno d'avanzo, che la mortificazione
sfinita del variare astratto della luce dei giorni, nell'ansia uniforme solo
di computi e spese; il decorso del tempo, in accelerazione costante, a lui
sempre più sordido di voci e d'ascolto, sempre più vuoto di visioni e di
impulsi; la fatica e l'assillo demordendo, in una concatenazione sfibrata,
ogni estasi od intento di un senso, finché egli non strema ogni mancato
trascendere nelle più inani fantasie sessuali, ove ciò che più gli è
impossibile gli è infine d'accanto, ed ogni fisicità di umore più non odora
che di seme di morte.
Rate
Ma
da quando, con le sue risorse, anche i suoi interessi si sono rarefatti alle
sole ricorrenze abitudinarie, e la privazione è divenuta in lui l' inerzia
anche di desiderare, la desistenza dall'andare anche solo qualche volta via, (
- intanto che aumentano la sua precarietà sociale, le imposizioni e gli oneri
cui sottostà), gli accade che appena al termine di ogni mese gli si riforma
un reddito, invece che di acquistare, o di recarsi altrove, insorga in lui l'
assillo di appianare tutto, di porsi al più presto in regola con ogni
termine: così si pone in anticipo, quello stesso giorno dell' accredito, nel
pagare le rate in scadenza le settimane a venire, e com'è soddisfatto di sè
stesso, se con i soldi che potrebbe usare per libri o dischi o per il suo
vestiario, per uscire finalmente in pizzeria o al ristorante, paga un acconto
delle spese condominiali.
Tanto
più, a questa fine del mese, che può già rimirare come la sua impresa
dell'anno, portata a compimento, che sia ora già a suo favore, di quasi
centomila lire, il conguaglio a fine gestione delle spese condominiali, il cui
saldo precedente era ancora profondamente in rosso, mentre ora figura con uno
zero alla voce degli interessi di mora.
Peccato,
che tale pareggio gli sia costato la privazione di ogni vacanza, come
l'acquisto del computer gli ha imposto anni or sono tra le lacrime, in Atene,
il rientro anticipato da Israele.
E
che gli importa più di tanto, poi, l' irrisione di verificare che sussiste
invece un passivo, e ingente, nel
saldo totale della gestione dell'intero condominio, e a un ulteriore
accertamento, condomino per condomino, che tale disavanzo risulta da
addebitare alla totalità dei proprietari, incluso un solo inquilino.
Guarda
caso il suo stesso consulente, del cui debito risulta superiore lo stesso
ammontare della parcella che da tempo ha finito di saldargli...
Ma
è così di ogni onere sociale, torna a ripetersi, che gli importa, quando
un'esistenza civile, una casa e un lavoro, gli sono comunque riassicurati,
senza angosce di debiti o rischi di perdite.
Come
se più gli importasse di quella sua esistenza che gli è garantita, del
sentirsi nel giusto della sua coscienza, che non vi sia chi di lui possa
lamentarsi, quando adempiendo di nuovo i suoi doveri, nell' essere degno di
generale fiducia, tale esistenza se la è assicurata, un altro mese ancora,
sotto la sua maschera soffocando una carne e un'anima senza più speranze.
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Che
stanchezza, sempre più spesso Che
stanchezza, sempre più spesso, di tutto, infinitamente. Anche ogni
lettura residua, sempre più spesso, gli s'interrompe in deflussi del
sonno, il suo tempo disponibile disfacendosi nello incessante tracollo
di una tensione sfinita. E'
invece nelle attività necessarie cui è coatto, nelle dissipazioni che
talmente lo esasperano e che lui dispregia, è piuttosto nella sua vana
reattività risentita ed orgogliosa, che trova ancora vigoria soltanto a
resistere. E
quando cessati il lavoro scolastico e le attività domestiche, egli
potrebbe attendere a se stesso, la negatività interiore in lui attiva
in agguato, immancabilmente, le arti di perdere quanto più tempo è
possibile. Così
ritarda interi pomeriggi il rientro a casa, per indugiare nel
Laboratorio in interminabili attività didattiche benché minimali; pur
di guadagnare i minuti di tempo della dettatura degli Esercizi
scolastici, per in tal modo ore e ore, per trascriverne e stampare al
computer la formulazione; così come di fatto non fa più nulla di
nulla, per affermarsi e far valere ragioni. E
il campanello all'ingresso, quanto la sua cassetta della posta, ancora
non recano la targa del suo nome, nè ha provveduto a che sia riparato
il guasto al teleriscaldamento, o a farsi radiografare l'arto che gli fu
investito in un incidente, anni addietro, e che gli dà fitte ogni
giorno sempre più frequenti. Si
dice sovente, a consolazione umbratile, che con l'incuria di queste
misure manifesta tutto il suo distacco e isolamento, che rifiutando
anche il telefono può esprimere quant' è l'orrore che ha di ogni
relazione, nel suo divergere dagli intenti e dagli interessi dei più. Quando
la verità, piuttosto, è che il tempo che perde è il perdurare di una
vita che non è quella che vuole vivere, di una vita che egli con la sua
ansia, sempre più soffocante, mossa dall'assillo di assicurarla, viene
sempre più riducendo solo a un vuoto a perdere, in cui lo annientano
prudenza angosciata e sconsolato sconforto, debolezza e assennatezza
congiunte, sotto mentite spoglie così infelicitando in una rovina
attonita. |
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Un
sogno domestico Ma
nell'interna penombra che velano le trine dei tendaggi, tra
l'acciottolio dei piatti o il solo brusio del metano, se scruta l'anima
che soffre, quel suo sogno domestico, di sempre, soggiace inesausto alla
sua pena reclusa. E'
docile un angelo devoto, ch'egli pur evoca nell'infinito vuoto, ch'evoli
dalle finestre per le vie del cielo, appena lasci le stanze per il
lavoro; eppure lì già ad attenderlo ad ogni rientro, trepido e già
disciolto sulla poltrona assorto. L'angelo, senza sue parole, lieve e
leggero nel farsi accudire, per un'intimità senza più fine poi fino al
mattino. Intanto
alla sera, dopo lo spogliarsi, egli stremando il suo solo corpo, da
quanti anni lui solo a dibattersi fra le sue lenzuola.
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Nella
gabbia della solitudine
Anche
oggi, come altri giorni, la giornata a lui si stende povera di impegni
incombenti. Ma i libri sono appelli allineati invano, - già nel riporne di lì
a poco un tentato volume, il suo snervamento oramai resosi a una qualsiasi
necessità esteriore; poi egli allo specchio, in chi lo scruta mentre si
riordina, ora la vede, immane nel ringhio, la belva che inesausta lo annienta
incarnata nel petto.
La
sua solitudine l'impianto della gabbia, scaffali e mensole il traliccio.
E
la coazione alla lettura, od alla rigovernatura, vi sono i due versi di una
perdizione identica.
In
riti ed uffici, la belva divorando tutta la sua animalità.
Se
trapela la vita "Non
può più sfuggire al più spietato carnefice, torna a ripetersi, chi
non può più sottrarsi in nulla a se stesso." Eppure,
a volte, il carnefice sembra mostrargli cenni di intesa, pare
quasi che l'abbia in simpatia, come se si divertisse a divertirlo,
lasciando che cada nella tentazione di nullerie piacevoli. Come
allorché, in moduli di schemi, piuttosto di riprendere Joyce, si perde
in un manuale di psicotattica del calcio, o nel passeggio ritorna
l'ennesima volta alle vetrine di una boutique, -
di questo monopetto, o di quel doppiopetto, anche solo per
guardare e riguardare come siano profilati i revers. Divagando
allora per strada, o se si irretisce nelle azioni di gioco di una
partita trasmessa, sente resistere ancora la fibra, ed il supplizio
continuo pare gratificarlo di un sollievo benefico. Ma
la stessa catatonia che lo intorpidisce a intentare la pagina, come lo
sfinimento che poi lo ritrae nel fluire nel sonno, o la palpitazione di
uscire nell'animazione non appena lo studio diventi snervante, la stessa
ricerca di incombenze qualsiasi che saturino lo squarcio, quando l'
ispirazione che lo inghiotte è una voragine aperta,
che altro sono, forse, se non l'insorgenza ancora, tra l'arte e
il pattume, della vita che qui e ora per se stessa vuole vivere e basta? Ed
esce allora per strada, incantato al miracolo di esistere ancora, negli
stessi suoi passi eppure presente in un corpo che vive, carne infrescata
e sangue che pulsa; passo dopo passo, nel rombo che sale, l'incanto in
lui una vertigine di orrore e stupore, passo dopo passo, in ogni
respiro, nel sentirsi mancare al sentirsi incessante. |
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Al computer
Solo
allorché il treno che passa fa vibrare la sala, al suo dileguarsi risolleva
lo sguardo: un'infinità di stelle nel sereno, le sue parole vibranti sullo
schermo,- nel piazzale dell'Istituto i fari ora ad accendersi; alla conferma
quindi del tasto, la memoria di luce e tormento suggellata sul disco.
E
in quel fondaco azzurro di epifanie di caratteri, egli si esalta di digitare
la sua pena nell'infinito a inoltrarsi, come se vi stazionasse al limitare
luminoso di sterminati discorsi; assortovi di miriadi di menti a un terminale
remoto, donde ancora di nuovo illimitare loro, l'approdo del suo tormento or
appena salvato su tracce.
E
traduce in ordinati caratteri la sua angustia domestica, con lo zoom ne
visualizza l'intero discorso, vi cancella e sostituisce termini, altri li
annulla o poi li ripristina, dicendosi che una dato formulazione stilizza
troppo la sua miseria, mentre la narrazione dei fatti ancora non occlude a lui
il respiro di lettore, come la soffocazione che vuole che ne traspiri
ansimante; lo scontento formale sempre più in lui riaddensandosi in una
nevrastenia inesausta, alla tastiera reintento nel rinnovato martirio di una
ascesi suprema.
Ma
nella parola che viene ad esprimerlo, sullo schermo si rischiara ciò ch'è
orrore confuso, si allenta la morsa protratta, e pace e quiete subentra nella
sua morte domestica; fintanto che nell'ombra, al respiro più libero, alle sue
spalle si dirada la belva.
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Nell'attesa Ogni
nuovo giorno l'assimilazione è più definitiva, ogni nuovo giorno ch'
egli è più perduto nell' assuefarsi angosciato, tanto più inane
quanto più fattivo, quanto più morto quand' è febbrile ed intento; la
sua remissione oramai adempiuta, se non concepisce più che le
matematiche speranze, di soli margini utili ad acquisire di più. All'estinguersi
finale del sublimarsi a trascendere. Senza
che in lui la diserzione abbia mai fine, di ciò che il desiderio
vanamente incarna nel corpo. E nella notte, tra le coltri, interminata
la pagina o rigettato un frammento, egli non è più che l'estenuarsi,
negli atti mancati, di una impotenza che più non avvinghia che le ombre
nei sogni; eppure, anche nei sogni, intento negli atti con desiderio ed
orrore. Nel seguitarsi, allo stremo, vivendo di letture e di ascolti
sempre più rari, dello scrivere le stente parole di sbocchi di fatica e
pena, di quanto, d'incanto, solo balugini alla pupilla attonita, in
orizzonti che sempre di più recedono irreali. Nell'attesa
che si compia, un giorno come gli altri, ciò che gli è presente ad
ogni istante . |
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Progettualità
Storie
della vita urbana di un poeta
Mentre
Una Perdita intendo integrarlo in Altre Storie della Vita di paese di un
poeta, invece , titoli provvisori, Storia di una morte, " In treno",
" Ritratto di artista
virtuale" e "Artista virtuale, matto di fatto", intendo
comprenderli in Storie della vita urbana di un poeta,
Da " Storie della
vita urbana di un poeta."
Storia di una morte
Ritratto di un artista
virtuale
In Treno
Il furto di Nimes
Premessa
Le
"Storie della vita urbana di un poeta", come sia pur
provvisoriamente, ma di necessità, segnalano anche troppo orientativamente le
mie titolazioni, fanno da pendant alle "Storie della vita di paese di un
poeta", in cui ho compreso le due mie precedenti raccolte di racconti così
rubricandole,- quella che include "La festa nuziale" e " La
"Fiera di paese", e quella che è invece costituita da "
Essere uomini", "Il giardino pubblico" " Petite
Histoire de ma mère et de sa chatte", e dalla mia bizzarria(?) " Il
necrofilo",- e ove insieme a tali raccolte, intendo che figuri la
"suite" di " La perdita".
A
tale "suite", " Ritratto di artista virtuale" è la serie
corrispondente nelle " Storie della vita urbana di un poeta".
Solo
per causa di forza maggiore, ahimé, - i tempi, la moralità vigente....-
delle brevi ma a me carissime pagine del raccontino " Sul treno",
temo, per ora, di potere soltanto evocare la sistemazione cimiteriale in
questi miei loculi letterari.
In
Mantova, durante la notte del 7 luglio del 1998
e
il dì seguente
Odorico Bergamaschi
Post
scriptum.
In
un edizione ulteriore, la presente, ho portato a provvisorio compimento ed
edito anche " Il furto di Nimes", con il quale auspico che gli esiti
di questa seconda raccolta controbilancino più compiutamente quelli della
precedente, e che mi consentano il definitivo trapasso ad altro, da riesumare
e raccogliere, o neogenito far venire alla luce.
In
Mantova il 23 luglio 1998
Odorico Bergamaschi
Redazioni
precedenti.
Il lusso nella miseria d'antan
Nella
sua vita cittadina così egli ora già vagheggia, come l'età dell'oro, il
passato prossimo della sua vita
più ricca nella miseria familiare, allorché permanendone nel retaggio allo
sfascio, benché reclusovi in un cantuccio di provincia, eppure ne traeva di
che studiare e scrivere, e di che vestire con estrema eleganza, oltre che il
necessario per viaggiare fortunosamente in paesi stranieri, come nulla
importandogli, di giacervi in letti perennemente disfatti, tra i cumuli
limitrofi di pile di giornali muffiti, nell'impolverio d'intorno degli
sterminati libri, i loro volumi, squinternati, dentro le più periclitanti
scaffalature ammonticchiati nel caos.
Ora
invece, in tempi irrevocabili, in cui i supermarket sono le cattedrali
materiali di ogni utopia del suo secolo, e che ogni sogno ideale lo si
realizza industrialmente,- e più non importa, se l'effetto è speciale, quale
sia la voce o la scocca del toro di Falaride-, deve commiserarsi che la
miseria retributiva e cartacea cui si è ridotta pertanto la sua professione,
ora ch'egli deve vivere da solo in città, ed in un appartamento ammobiliato
in affitto, lo obblighino ad affidarsi, in tempo e denaro, quanto gli è più
possibile soltanto a se stesso per ogni evenienza.
Quand'egli,
così necessitato, ora meno che mai sente di potere disattendere le esigenze
dello spirito, nè può più patire disordine o incuria nella sua intima
sfera. Senza più intorno la madre o i congiunti a cui riferire il disordine,
vi infeliciterebbe nella nera figura altrimenti del suo ammanco di scapolo, e
finirebbe con l'obbrobriarsi l'anima, desolandola, se avesse ella ad
aggirarvisi in un sudiciume circostante che le sia speculare; ché in tale
sporco si ammorberebbe deperendovi sempre più occlusa, da che la sua
solitudine viene sempre più esternandosi ed involvendosi, quale maniaca
monade, negli interni rimessi alla cura sua propria.
Ma
pur nel sovvenire così autarchicamente a se stesso, non avvalendosi di serve
ed economizzando servizi, egli deve razionare il vitto ad una sola pietanza
per pasto, ed anche l'andare a passeggio, per minuti piaceri, ora
gli è tempo e denaro di un superfluo che sempre meno spesseggia...
E
dire che egli si vagheggiava un tempo, quando in città, snobistico poeta
abitudinario dei più mondani ritrovi...
Il
nostro ancor giovane uomo di lettere, e insegnante - verrebbe da dire
nulla più al secolo che un insegnante di Stato di un Istituto
Tecnico-, giacchè insipienza di padre, e sciupio di figli, insieme
congiurando ne hanno condotto al fallimento l'economia familiare, della
propria signoria, per la rovina incombente, affrancato definitivamente il caro
servaggio materno, (nel dire in ciò addio anche alla vita di provincia, al
natio paese in cui è immalinconito ed emerso a poeta), oramai da mesi vive da
solo in città, nel ritiro del bilocale di fortuna in cui gli è riuscito di
insediarsi.
_Soldi,
soldi, soldi
Soldi, soldi, soldi
Soldi,
soldi, soldi, oh, sì, sì è deciso, finalmente, a scrivere e a dannarsi
unicamente per fare i soldi, un bel mucchio di soldi, tanti soldi da non
patire più stenti e umiliazioni...
come
quella di versare e versare , e non avere ugualmente i quattrini che
ciononostante occorrono per potersi curare, o tentare di insegnare a dei
ragazzi quello che comunque disdegnano nel chiasso, a meno che il genitore non
regali a loro in cambio una supermoto nipponica; quand'egli ora soltanto, si
è potuto concedere l'acquisto della sua bicicletta da montagna, acquistandola
bellissima, è vero, nella sua cromatura striata gialloverde, con il cambio a
più leve installato sul manubrio, ma squinternando per mesi a venire il suo
bilancio, tant'è che la bolletta del gas, in pagamento, lo ricostringe a
nuove gramizie, per il furore rinserrando i denti, quando deve uscire tra le
folle volgari intente allo shopping.
Si,
soldi, soldi, soldi, in una scrittura di cose e di fatti quanto più
elementare, tutta coordinazione e scarsa di riflessioni, scrivendo soltanto ciò
che i più intendono sentirgli dire, che in fondo è solo questione di
pensarci di meno e di saperci fare, e che al posto loro chi non farebbe lo
stesso? L'assenza di scrupoli, in fin dei conti, non è che l'utile
dilettevole del trarre profitto, sarebbe già un rompersi l'anima, un
infiacchirsi, chiedersi ancora che vi sia di giusto, ognuno ci ha il suo
tornaconto, e al mondo ci devono pur essere i perdenti, va benissimo così,
eppure concedendo ancora una chance, per l'amore e per i migliori sentimenti,
purchè in intrighi a sensazione di sesso e affari e tradimenti, quasi che
fosse più importante la vita di chi è un uomo di successo,
e la realtà nient'altro che uno sporco imbroglio generale, là di
fuori una stessa corruzione che ci immischia tutti, eppure restando sempre una
speranza, anche se pure chi ne scrive è fino ai capelli nella merda, ben
intento ad arricchircisi ancora come il suo lettore, la classica bottiglia
accanto ammazzascrupoli...
Già
a tal punto, egli nemmeno deve appallottolarsi e gettarsi nel cestino a quel
primo tentativo ...
Piuttosto,
si chiede, se ti rassegni ad essere un autore irrimediabilmente virtuale, se
in vita, pur di salvaguardarti, sei disposto a farti sopravanzare e
mortificare tanto, non è forse perchè credi ancora, nonostantetutto, di
poteri affidare ai pochi fortunosi che ti leggeranno di età venture? Ebbene,
non è questa la illusione ultima della tua morta vita, l' ultima dea che non
ne è ancora fuggita?
Ma
che importa, replica allo sgomento, che importa anche se non c'è futuro? Se
ogni tradizione che si tramanda è tradimento, e già è troppa la memoria
conservata dopo alcuni millenni di storia, perchè ci sia ancora, per un
qualsiasi scrittore, anche solo il modo di rimanere registrato in un archivio
dati?
L'istante
d'eterno della creazione poetica, si conforta, è un illusione che vale ogni
suo tormento nella dissipazione. E i vincoli della sua prigionia mondana li
ama fin troppo fedelmente: quel suo fiorito asil di stenti, singolo e solo,
per il tramite della propria stessa servitù domestica, accomunandolo alla
medesima segregazione di lavoratori oppressi e di reietti, come lui,
irreversibilmente, in un Tempo di perdizione senza più un Avvento.
E' inutile, ancora di notte.
E'
inutile, ancora di notte, si ripete deponendo la chiave, se l'impulso è una
morta forza a se stessa superstite.
Che
importa, mai, che ora viva singolo e
solo in una città...
quando
nessuno ne accoglie l'invito, nè da nessuno egli si lascia invitare.
E
non vi ha incontri privati o appuntamenti di sorta.
Ma
anche qualora non fosse intima, quale conversazione può ancora prefigurarsi a
lui sostenibile, quando, tentasse egli pure l'onesta dissimulazione della
seppia, c'è pur sempre chi prima del dolce o dopo la frutta, non mancherà di
chiedergli, pur con le più affettuose maniere, perchè non abbia ancora una
donna e un'automobile...
Ed
egli, se è in compagnia, deve pur stare al gioco comune...
simulare
identità di vedute e di interessi...
di
necessità e di possibilità di vita....
La
qual cosa, purtroppo, si dice, gli è di scampo oltreché di sconforto.
Perché
lo sottrae alla perdita di quella accettabilità sociale,
che la sola menzogna velata gli assicura.
Lo
sa benissimo, quanto possa confidare nei suoi conoscenti,- talmente tanta è
l'avversione, e lo schifo, che palesano in sua presenza verso chi è suo
simile; ignorando, allora, che ne è il destinatario anche il suo odio
silenzioso nei loro riguardi.
E
quando incuriosiscono solleciti per le sue faccende, perciò non fanno che
ulteriormente rivoltarlo.
Perché
è ogni sua anomalia, e stranezza, che deve giustificarsi al loro legittimo
cospetto di gente comune; (e quando parla con loro delle sue angustie
domestiche, tra lo scherzevole e il serio, senza ch'egli di certo chieda
consiglio, quant'è irresistibile, per i più, suggerirgli di trovarsi in una
moglie una sua serva domestica.-)
Oh,
di lui che mai ne sarebbe, si ripete sommesso, se divulgasse ciò che nei suoi
sensi avvinghia con lo spirito la carne, qual'è l'intimità della sua Musa
solitaria con l'indecenza dei vicoli...
Se
disvelasse a quale scoria il fuoco di tutto, si alimenti nell'amorosa lotta
del suo insegnamento?
Ma
nell'intimo di ogni sua querela, che gli falsifica la voce già al mormorarsi,
è la consapevolezza che è lui, comunque loro reagiscano, che non sopporta più
di disvelarsi, ben intento del tutto a celare da vivo, in quella città,
quanto nel suo dilacerarsi, allora in paese, lo rivelò quel gridio patetico e
penoso...
Altrimenti
egli stesso, prima che ogni altro, non potrebbe più riservarsi stima e
riguardo...
Non
è comunque meglio del proprio cuore a nudo, vorrebbe ora persuadersi, la viltà
di quell'ammanto che pure lo mortifica? Se il suo sguardo, ora
deterso, più limpida, sul suo desco, vi filtra la luce della luna nel
vaso di giacinti?
"I
pochi eletti eppure un giorno sapranno della tua natura più intima, mia
pallida Musa che ora disfi gli avanzi di un tuo scarno desinare senza
compromissioni fatali, - nel tormento rianima intanto la sua ispirazione,
-poiché tu non esisti che per destinarti, ma non ti avranno che pura e
cadavere a memoria futura..."
Pura,
è per te ben inteso, di ogni malcontento e malumore. Di ogni querulo rancore
che rivendichi ancora nella spirale del ciclo.
Poiché
tu ben sai, quante esistenze subumane eppure consentano la tua melanconica
inerzia.
E
di ogni tuo inoltrare appello, che tutto ha senso tranne il lamento."
Lo
riassale intanto lo sgomento, anche solo al ricordo, di quando già distorse
lo sbadiglio all'amabilità convenevole, ripetendo la mimesi facciale di un
obbligato sorriso; o come ebbe a risollevare in occhiate di riguardo lo
sguardo sfinito, pur di presenziare ancora a delle chiacchiere per
interminabili ore; intanto che il corpo, simulandosi accomodante, non smaniava
che di andarsene in convulsioni protratte...
Infine
nettando la tovaglia, rimesso ogni debito, nel silenzio della sera respira di
sollievo, se così può trovarsi solo con se stesso attavolato di nuovo.
E'
inutile, ancora di notte.
E'
inutile, ancora di notte, si ripete deponendo la chiave, se l'impulso è una
morta forza a se stessa superstite.
Che
importa, mai, che ora viva singolo e
solo in una città...
quando
nessuno ne accoglie l'invito, né da nessuno egli si lascia invitare.
E
non vi ha incontri privati o appuntamenti di sorta.
Ma
anche qualora non fosse intima, quale conversazione può ancora prefigurarsi a
lui sostenibile, quando, tentasse egli pure l'onesta dissimulazione della
seppia, c'è pur sempre chi prima del dolce o dopo la frutta, non mancherà di
chiedergli, pur con le più affettuose maniere, perché non abbia ancora una
donna e un'automobile...
Perché
è ogni sua anomalia e stranezza che deve fatalmente giustificarsi, al loro già
di per sé legittimo cospetto di gente comune.
Ed
egli, se è in compagnia, deve pur stare al gioco comune...
simulare
identità di vedute e di interessi...
di
necessità e di possibilità di vita....
La
qual cosa, purtroppo, gli è di scampo oltreché di sconforto.
Perché
lo sottrae alla perdita di quella accettabilità sociale,
di quella cordialità amabile, che la sola menzogna velata gli
assicura.
Lo
sa benissimo, quanto possa confidare nei suoi conoscenti,- talmente tanta è
l'avversione, e lo schifo, che palesano in sua presenza verso chi è suo
simile; ignorando, allora, che ne è il destinatario anche il suo odio
silenzioso nei loro riguardi.
Oh,
di lui che mai ne sarebbe, si ripete sommesso, se divulgasse ciò che nei suoi
sensi avvinghia con lo spirito la carne, qual è l'intimità della sua Musa
solitaria con l'indecenza dei vicoli...
Se
disvelasse in lui a quale scoria il fuoco di tutto, si alimenti nell'amorosa
lotta del suo insegnamento?
Ma
nell'intimo di ogni suo querelarsi, che gli fa suonare falsa
la voce, già al mormorarsi, è la consapevolezza che è innanzitutto
lui, comunque loro reagiscano, che ha in orrore di disvelarsi, ben intento, in
quella città, a celare del tutto,. fin che vive, quanto nel suo dilacerarsi,
in una piazza di paese, lo rivelò quel gridio pateticamente reclino sulla
spalla di tutti...
Sarebbe
egli stesso, prima che ogni altro, che altrimenti non potrebbe più riservarsi
stima e riguardo...
Non
è comunque il minore dei mali, vorrebbe ora persuadersi, la viltà di
quell'ammanto che pure lo falsifica? Se il suo sguardo, ora
deterso, più limpida, sul suo desco, vi filtra la luce della luna nel
vaso di giacinti?
"I
pochi eletti eppure un giorno sapranno della tua natura più intima, mia
pallida Musa che ora ultimi un tuo scarno desinare senza compromissioni
fatali, - nel tormento rianima intanto la sua ispirazione, -poiché tu non
esisti che per destinarti, ma non ti avranno che pura e cadavere a memoria
futura...Pura, è per te ben inteso, di ogni malcontento e malumore. Di ogni
querulo rancore che rivendichi ancora nella spirale del ciclo.
Poiché
tu ben sai, quante esistenze subumane eppure consentano la tua melanconica
inerzia.
E
di ogni tuo inoltrare appello, che tutto ha senso tranne il lamento."
Lo
riassale intanto lo sgomento, anche solo al ricordo, di quando già distorse
lo sbadiglio all'amabilità convenevole, ripetendo la mimesi facciale di un
obbligato sorriso; o come ebbe a risollevare in occhiate di riguardo lo
sguardo sfinito, pur di presenziare ancora a delle chiacchiere per
interminabili ore; intanto che il corpo, simulandosi accomodante, non smaniava
che di andarsene in convulsioni intime...
E
poi, che gli interessa più di loro, che non interessi anche ai suoi sensi?
Infine
nettando la tovaglia, rimesso ogni debito, nel silenzio della sera respira di
sollievo, se così può trovarsi solo con se stesso attavolato di nuovo.
Ma da quando è primavera,
Ma
da quando è primavera, la sua solitudine a lui si rivela solo sociale, da che
la vede popolarsi di entità sensibili non umane.
Sono le pianticine che
vi crescono e gli insetti che vi si avventurano, tra le sue pareti tali amiche
presenze, ed è alle vegetative esistenze rigogliose nei vasi, che sono ora
dediti gli atti che in lui si sono dispenti per l'umano vivente: nella cura
tenera con cui, ogni mattina, irrora le pianticine fragranti di basilico, con
quale letizia ristorandole, quando le loro foglioline, già vizze e recline,
con lo stelo le vede riergersi più ancora vitali, o con che trepidazione, se
l'assenza è protratta, dubitando se potrà ritrovarle al ritorno ancora
inestinte, per la gioia con la quale ad un filo residuo di vita, al rientro
accerta che può ancora soccorrerle.
E
dei fiori recisi, acquistati dal fioraio, dopo l'estinzione conserva tra i
vimini l'essicazione raccolta; e quando dallo stelo che langue vede
risbocciare le violette o la glocsinia, è con la cura di un padre per le sue
piccole, che ne segue lo schiudersi a poco a poco dei boccioli, che le orienta
tenerelle alla luce, o che le protegge da troppo vividi raggi.
Gli
è di conforto tale affetto, come un tempo la sua paternità fraterna verso
ogni suo allievo; poiché mai si vizia della possessione, e di quanto per lui
infetta ogni genitura carnale.
Eppure
stamane nel negozio di frutta e verdura," me ne dia qualche
piantina", ha chiesto d'impulso, nella cassetta vedendovi fragrante un
basilico così tenero e verde.
Ma da quando è primavera,
Ma
da quando è primavera, la sua solitudine a lui si rivela solo sociale, da che
la vede popolarsi di entità sensibili non umane.
Sono le pianticine che
vi crescono e gli insetti che vi si avventurano, tra le sue pareti tali amiche
presenze, ed è alle vegetative esistenze rigogliose nei vasi, che sono ora
dediti gli atti che in lui si sono dispenti per l'umano vivente: nella cura
tenera con cui, ogni mattina, irrora le pianticine fragranti di basilico, con
quale letizia ristorandole, quando le loro foglioline, già vizze e recline,
con lo stelo le vede riergersi più ancora vitali, o con che trepidazione, se
l'assenza è protratta, dubitando se potrà ritrovarle al ritorno ancora
inestinte, per la gioia con la quale ad un filo residuo di vita, al rientro
accerta che può ancora soccorrerle.
E
dei fiori recisi, acquistati dal fioraio, dopo l'estinzione conserva tra i
vimini l'essicazione raccolta; e quando dallo stelo che langue vede
risbocciare le violette o la glocsinia, è con la cura di un padre per le sue
piccole, che ne segue lo schiudersi a poco a poco dei boccioli, che le orienta
tenerelle alla luce, o che le protegge da troppo vividi raggi.
Gli
è di conforto tale affetto, come un tempo la sua paternità fraterna verso
ogni suo allievo; poiché mai si vizia della possessione, e di quanto per lui
infetta ogni genitura carnale.
Eppure
stamane nel negozio di frutta e verdura," me ne dia qualche
piantina", ha chiesto d'impulso, nella cassetta vedendovi fragrante un
basilico così tenero e verde.
Quelle
vittime della sua vita domestica
Come
ogni ordine ad imporsi, anche la conclusione dell'intimità domestica richiede
sue vittime.
Potevano
forse ancora annidarsi impunemente negli angoli, tramandone polverose filagne
pendule ad ogni cantone? Non un istante di più, si dice un dato giorno
contrariato del tutto; e con la scopa dà inizio immediato al repulisti.
Finora
egli li ha lasciati indisturbati; ma il vivere e il lasciar vivere si è
rivelato di nuovo un inevitabile equivoco, e la più bella indifferenza si è
acuita nell'antagonismo reale, cosicché è precipitata nella più insanabile
contraddizione ogni coesistenza reciproca, secondo l'acqua stessa con il
bambino sporca della più benedetta dialettica, come ora egli scherza con le
rovine filosofiche del suo pensiero d'un tempo; argomentando che il fattore
demografico si è rivelato di nuovo il principio di tutto, nell' abuso
prolifico dei ragni che ne rende oramai improcrastinabile il decremento
immediato.
Monta
sulla sedia dicendosi che si limiterà comunque a stracciarne le tele,
qualcuno sì, magari uccidendolo, ma di quelli che siano posti in una
posizione strategica, l'importante è in ogni caso spezzarne la rete dei
collegamenti. E sia quel che sia, anche se egli deve fare i conti,
purtuttavia, con i pregiudizi sensibili che sussistono ancora della sua anima
buona.
Inizia
dunque a stracciarne le tele con circospezione cauta, battendo un colpo a
vuoto preliminare per spaventarli, onde volgerli altrove e così non abbattere
il ragno e la tela.
Ma
è all'angolo della parete divisoria tra il tinello e la stanza da letto, che
già l'esaspera tra quei filamenti ritrovarne ben quattro annidati.
Un
colpo, che per errore o per prova anziché la tela ne annienta l'artefice, è
allora il caso che origina lo sfrenamento improvviso, sicché la sua frenesia
micidiale, repentinamente, schiaccia
tre ragnucoli lasciando superstite solo il maggiore.
Ne
prova un'improvvisa vergogna di se stesso, e vergogna al cuore di tale
vergogna, si accusa che pur essendo egli schiacciante, è soggiaciuto al
calcolo di eliminare comunque i meno minacciosi dei soccombenti, salvandone
solo, chi già più forte, è divenuto ora impotente senza più il gruppo; e
al torto recato agli infimi pone subitaneo rimedio livellatore, sfracellando
in un grumo l'articolazione intimorente del ragno maggiore.
Così
è estinta forse un'intera discendenza, si dice a commento, se quello era il
ragno padre e i ragnucoli la prole e la femmina.
E'
la volta quindi del bagno; e i ragni vi sono tutti enormi e in ogni cantone.
Troppi,
perché la pulsione non lo induca ad uno sterminio totale. Un principio
d'ordine, che sia tale davvero, non richiede pur sempre che lo si attui sino
all'estremo?
Così
nello schiacciarli ad uno ad uno, più che delle loro retrattili movenze
invano sfuggenti, per un istante è di se stesso
che ha avuto sgomento: avendo vissuto quanto minimo sia lo scarto, o la
variazione d'impulso, perché una misura che si presumeva solo limitativa, o
di controllo, di semplice prevenzione cautelativa, possa degenerare
nell'immondo sfracello di esistenze senza più scampo, pur sotto gli occhi
lucidi della coscienza che esegue; poiché quella stessa coscienza che vigila
attonita, è lo stesso mandante che non si placa fino alla soluzione totale...
Ecco
intanto l'ultimo ragno, scappato a un suo colpo, che si raccoglie più
indifeso più in alto. Egli lo umana rappreso in un moto estremo di difesa e
terrore, mentre il rapporto di forze infinitamente sfavorevole al ragno, che
gli arma ora la mano ad abbattere il colpo, lo vede come lo appercepisce ogni
inesorabile forte, rivedendosi in classe di fronte all'allievo che ieri
interrogava di nuovo, su quanto non sarà mai in grado comunque di
apprendere...
Ma
l'immagine ora gli si annera del ragno superstite, ecco lo vede, intento di
notte, che sul suo volto trama vendette malefiche... ed il colpo cala e riduce
il ragno a una chiazza sul muro, la striscia di una semplice traccia, ma che
nessuna tinteggiatura gli può cancellare...
Così
tutto è ultimato, si dice, e non è il caso di certo di sensibilizzarsi: quel
ragno stesso chissà quanti esserini, su quelle stesse pareti, senza ubbie di
sorta già ha irretito e disfatto, e non altrimenti che perché il più forte;
fosse stato a sua volta di lui mille volte più grande, gli avrebbe riservato
di certo la stessa fine cadavere.
Eh,
quasi avesse compiuto la notte di San Bartolomeo, o fosse un Erode Antipa
sanguinario di fresco...
Ma
non v'è facezia che valga, ora a cancellargli di mente, la sensazione gelida
che il suo abitato adesso sia infinitamente più vuoto:
E
tutto quanto, si dice, è accaduto or appena per mano sua: forse soltanto nel
timore d'un occhio perscrutante del locatario, in un pronunciarsi di un suo
giudizio d'incuria, che è un'eventualità che esiste nella sua immaginazione
soltanto.
Ma
il dominio dell'uomo in natura, nelle sue ineludibili leggi, in lui persiste
come l'orrore in cui di nuovo immedesimarsi ed all'istante: ed aperto il
frigorifero, con rucola cipolla e grana padano, in limone e olio e sale, è
una squisita carne al carpaccio che si riserva a pranzo.
Tra i morti
Non
ha ancora chiuso la porta che già ha acceso il televisore: e la sua
solitudine si affolla già di una ressa di voci e eventi, di insignificanti
ectoplasmi televisivi blateranti.
Immette
pertanto una videocassetta per ascoltare una recitazione, mediante interpreti
defunti, dell'opera del grande drammaturgo del passato, o il disco con la
splendida voce di Alfred Deller, nell'incisione che lo commemora.
Tale
è il rimedio, che così tenta, alla violazione che ha perpetrato di nuovo del
suo recesso, vanificandovi il proprio isolamento dal torto e dagli inesorabili
vivi, nel restarvi solo tra gli spiriti dei morti. Suggellati lungo gli
scaffali in libri ed in solchi di tracce.
Non
importa, che poi la successione della liturgie domestiche, irrevocabile,
interferisca nel suo riunirsi con loro, allorchè mentre egli deve accingersi
nel bagno, la videoregistrazione dei "Sei personaggi" cade tra le
pareti vuote del tinello.
Oggi
egli non cede a ricongiungersi con loro, tale è il dolore per l'offesa
vociferata nei corridoi della scuola, sin che la ferita atroce disgorga in una
melodia di Purcell, e invoca balsami di pace la sua anima lesa, ancora musica
un istante dei cieli supremi; come già a scuola il fetore di urine, o la
animalità splendida di un volto,
lungo gli atrii lo reincarnarono
nei sensi, e in lui risuscitarono la voce, " che l'amore si ingenera/
dove cade l'escremento".
Ma
perchè sia la lettura ulteriore a riesumargli i geni dei morti, è al di
fuori della clausura domestica, che sovente, deve risolversi di spostarsi
perchè accada l' evento.
Prima
o poi, lì in casa, il travaglio domestico in agguato li vanificherebbe, come
altrimenti ne protrarrebbe la visitazione in un differimento incessante.
Sempre
più tardi, pertanto, rientra da scuola nel suo bilocale gremito di libri,
attardandandosene al di fuori con qualche esemplare che vi ha prelevato .
O
se è un giorno di maltempo, in attesa che anche la pioggia passi, cerca
magari il conforto di una fermata dell'autobus, o di una sosta ritto in piedi
in una libreria, pur di stralciare letture e memorizzare versi, mentre le
strade divengono il suo solo pensatoio superstite, in finti dialoghi coi vivi
sui grandi spiriti defunti.
Ed
oggi è l'aria ventilata nella luce trepida d'ombre, d'autunno, che gli reca
la disperazione ossessa del grande scrittore austriaco recentemente scomparso,
la sua stessa ansia di trovare respiro nella morsa coatta.
Così
la sua anima, gravida di morti, nel chiarore grigio del giorno di novembre
vaga risanata, a un loro evento, tra le folle dei vivi che non ne hanno
bisogno e pensano ad altro.
Tra i morti
Non
ha ancora chiuso la porta che già ha acceso il televisore: e la sua
solitudine si affolla già di una ressa di voci e eventi, di insignificanti
ectoplasmi televisivi blateranti.
Immette
pertanto una videocassetta per ascoltare una recitazione, mediante interpreti
defunti, dell'opera celeberrima del grande drammaturgo del passato, o il disco
con la splendida voce di Alfred Deller, nell'incisione che lo commemora.
Almeno
nel proprio recesso, così persegue il proprio isolamento dal torto e dagli
inesorabili vivi, nel restarvi solo tra gli spiriti dei morti. Suggellati
lungo gli scaffali in libri ed in solchi di tracce.
Per
quanto vi interferiscano poi irrevocabili le liturgie domestiche, e a lunghi
tratti la videoregistrazione dei " Sei personaggi" cada tra le
pareti vuote, oggi egli non cede a ricongiungersi con loro, tale è il dolore
di cui risente, per l'offesa vociferata sul suo conto nei corridoi della
scuola, sin che la ferita atroce disgorga in una melodia di Purcell, e invoca
balsami di pace la sua anima lesa, ancora musica un istante dei cieli supremi;
come già a scuola il fetore di urine, o la animalità splendida di un
volto, lungo gli atrii lo
reincarnarono nei sensi, e in lui risuscitarono la voce, " che l'amore si
ingenera/ dove cade l'escremento".
Ma
perchè sia la lettura ulteriore a riesumargli i geni dei morti, è al di
fuori della clausura domestica, che sovente, deve risolversi a uscire perchè
accada l' evento.
Prima
o poi, lì in casa, il travaglio domestico incombente li vanificherebbe, come
altrimenti ne protrarrebbe la visitazione in un differimento incessante.
Sempre
più tardi, pertanto, rientra da scuola nel suo bilocale gremito di libri,
attardandandosene al di fuori con qualche esemplare che vi ha prelevato .
O
se è un giorno di maltempo, in attesa che anche la pioggia passi, cerca
magari il conforto di una fermata dell'autobus, o di una sosta ritto in piedi
in una libreria, pur di stralciare letture e memorizzare versi, mentre le
strade divengono il suo pensatoio,
in finti dialoghi coi vivi sui grandi spiriti defunti.
Ed
oggi è l'aria ventilata nella luce trepida d'ombre, d'autunno, che gli reca
la disperazione ossessa del grande scrittore austriaco recentemente scomparso,
rinvenendo in quella voce ancora carcerata nel mondo, la sua stessa ansia di
trovare respiro nella morsa coatta.
Così
la sua anima, gravida di morti, nel chiarore grigio del giorno di novembre ne
vaga risanata, tra le folle dei vivi che non ne hanno bisogno e pensano ad
altro.
Nell'attesa
Ogni
nuovo giorno l'assimilazione è più certa, ogni nuovo giorno egli più
perduto nell' assuefarsi angosciato, tanto più inane quanto più attivo,
quanto più morto quant' è febbrile ed intento, la sua remissione oramai
definitiva, se non concepisce più che le matematiche speranze, di soli
margini utili ad acquisire di più.
L'estinguersi
di ogni sublimarsi a trascendere.
A
una diserzione che non ha mai fine, di
ciò che il suo desiderio incarna nel corpo. E nella notte, tra le coltri,
interminata la pagina o rigettato un frammento, egli non è più che
l'estenuarsi, negli atti mancati, di una impotenza che più non avvinghia che
ombre nei sogni; eppure, anche nei sogni, intento negli atti con desiderio ed
orrore. Come presentendo, nello sfinimento, dell'infinitesimo che basta perché
anziché la maniglia della porta, allora volga in capo a un istante la
manopola del gas.
Nel
seguitarsi, vivendo di letture sempre più rare, dello scrivere le stente
parole di sbocchi di fatica e pena, o di quanto per un attimo balugini
d'incanto, alla pupilla attonita, in orizzonti che sempre di più recedono
irreali.
Nell'attesa
che si compia, un giorno come gli altri, ciò che ogni istante gli è
presente.
Apolide
(Per "Singolo e solo"-Single)
Non
basta, per poter disporre ancora di un appartamento in affitto, che egli debba
seguitare a rinunciare a ottenere la residenza dove lavora già da dieci anni,
la condizione richiesta da ogni locatario (suo conterraneo) per concederglielo
solo ammobiliato.
Deve
patire ogni perdita del caso. E dunque, in quanto non é residente dove
lavora, ogni volta deve pagare la visita al medico ed ogni prestazione
sanitaria se ve ha bisogno,- egli non figura infatti della medesima Unitarà
Sanitaria Locale- benchè comunque, come lavoratore, gli siano regolarmente
detratte le ritenute assistenziali dall'Autorità centrale.
E
sempre perchè non risiede dove eppure è
domiciliato e vive e lavora da anni, deve pagare in sovrappiù un tributo
fisso ad ogni bimestre per l'energia elettrica.
E
come domiciliato benchè non residente, nei mesi alterni deve pagare invece le
tasse sui rifiuti urbani.
Perchè
meravigliarsi, dunque, se si stranisce eppure di viverci da anni, in quella
città che non riesce a definire "la mia città", smemorandone i
nome di edifici e di vie, disdegnandone ogni pretesa e protesta, o non sapendo
ancora che espressione usare, quando gli si chiede dove mai abiti, se non che
"vi alloggia" in una certa via...
Perchè
meravigliarsi, mai, se vi è più straniero che in Midan el Tahir al Cairo?
Ma
non basta tutto (neanche) questo,
non basta, nel paese di evasione e erosione e elusione fiscale, che paghi
regolarmente più tasse del dovuto, regolarmente versando ogni contributo.
Ora
i malgovernanti, forti del consenso che assicura lo stesso loro malgoverno
corrotto, per rabberciare lo sfascio che impuniti così hanno arrecato,
impuniti al pari della stessa criminalità dilagante ch'é il loro liquame (di
cui sono i diavoli nefandi che fanno i coperchi) ( cui sono conniventi), vanno
assicurando che a colui che ha molto evaso molto sarà condonato, e che a chi
ha pagato da sempre sarà ancora più tolto...
Sono
loro, dicono a soccorso superne (emerite) le autorità della Chiesa, coloro
che meglio incarnano il messaggio evangelico...
(Quando
quel loro eterno potere per lui è già negazione più che bastante, benchè
non necessaria,( come si torce e lamenta), di ogni qualsiasi esistenza
di Dio .)
E
il suo stipendio, pensa intanto in anima e corpo, sarà ancora più stremato
nel( di ogni) potere d'acquisto di beni della cultura.
Per
foraggiare ai loro servi la mangiatoia e le troie e i gioielli...
un tempo avrebbe gridato... e chissà che altro, contro i più forti al
millesimo di tergo ai più deboli, secondo il rapporto di forze che esprime
sempre lo Stato di classe...
Ora
invece, esausto, sospira ad un cielo grigio autunnale, ricorregge le sue
ultime carte senza destinatari esistenti, prepara l'ulteriore lezione,, per i
suoi allievi, sui miti e
i
feticci (le collezioni) della loro cultura (dei suoi allievi), confinata
dall'autorità scolastica in un'ultima ora impossibile... e si consola
dicendosi che la sua condizione è comunque migliore di quella di chi, benchè
lui abbia insistito, in risposta, di vivere nel suo alloggio come un uccello
su una frasca, non se ne capacita e lo scongiura, dalla Tunisia, di
assicurargli nel suo appartamento in affitto precario, l'"hebergement che
gli occorre per potersi trasferire e lavorare in Italia.
E
lo conforta che ora che anche l'ultima traccia di questo ultimo suo scritto è
stata memorizzata su un disco ulteriore, l'animo è pronto a lasciare già
l'indomani ogni cosa (questo tutto) per sempre.