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Ultima domenica di Luglio
del 2005
Così ho scritto, di Delhi, all' amico Claudio,
il Mago di Oz
Mago
carissimo, sono ancora a Delhi, un ultimo giorno Io sto
bene, chi manifesta dei guai è piuttosto la mia
fotocamera. Spero sia solo questione di batterie.
Altrimenti dovrò acquistarmi un altro assistente tecnico..
Qui il tempo si e fatto per me sopportabile, nella sua afa
grigia, l 'inquinamento atmosferico lo è assai di meno.
Delhi unisce il pregio di essere una delle città più verdi del
pianeta ai rilevamenti che la attestano di di sicuro quale la
più inquinata L animazione della Vecchia Delhi in cui sono
immerso mi piace davvero molto, vi sopporto tranquillamente
anche il canto del muezzin dalla vecchia moschea presso la quale
alloggio, a ridosso dei minareti, come mi piacciono,
della altra Delhi, i parchi immensi in cui ogni
rumore del traffico cede al solo gridio degli uccelli, e
certi suoi siti monumentali davvero eccezionali. Quanto
a ciò che mi si prefigurava dell'India nelle fantasie e
chiacchiere d'Istituto, anticipandomela quale un Paese solo di
merde e puzze e gechi e stufati immangiabili, ora più
che allora preferisco un pietoso no comment. Non sai, invece,
quanti scoiattolini meravigliosi, in India si vedono
ovunque vi sia un luogo verde. Oggi mi è apparsa finanche una
scimmietta mentre mi recavo a visitare un monumento funerario,
( in Tuglaqabad), dove Delhi cede finalmente alla campagna.
Quanto alla vacche, per strada, ne ho vista solo qualcuna,
fino a tuttora. |
Nel Forte rosso di Delhi
è il succedersi dei
padiglioni nei meravigliosi giardini, prima del loro allinearsi
lungo il fiume Yamuna, che mi ha agevolato l'adito alla loro bellezza.
In quello di Lahore la sua bellezza mi si era invece disvelata con più difficoltà,
perché la cinta muraria mi lasciava supporre che racchiudesse un Palazzo
quale quello di Spalato dioclezianeo, o quelli omayadi dell' VIII
secolo, un palazzo che fosse inquartato come un castrum intorno a una sala d'udienze, nel
fortilizio quadrangolare dei suoi quartieri raccolti intorno a
corti interne, anzichè quanto mi è apparso, il distanziamento in padiglioni aerei
fra rivi d 'acque e aiuole di giardini, come gli edifici di una villa quale quella adrianea, o dei palazzi
bizantini o delle corti islamiche di Spagna. Inoltre ho dovuto traversarvi la spogliazione dei quartieri edificati da
Jahangir, prima di scoprire gli incanti marmorei della lievità del
Diwan-i-Kass, delle trame lobate degli archi delle sale
di preghiera e del cortile della piccola Moschea della Perla,
raffinata e nobile quanto le dame di corte al cui uso era stata eletta, lo splendore dello sfavillio preziosissimo del
Palazzo degli specchi.
Nel Forte Rosso di Delhi,
il transito degli alloggi
riservati alle truppe e della galleria dei vani del bazar interno, una
volta ch'era superata la porta
della Casa dei suonatori di tamburi, immetteva nella quieta distesa dell'
incrociarsi delle aiuole del chahar bag, oltre i traffici e i clamori
della quotidianità economica moghul, sublimandola nell'accesso
alla trascendenza della regalità e delle sue decisioni sovrane, nel
Divan - i -Am ove erano esercitate
Sotto un baldacchino
bengalese, la sua dignità
salomonica, secondo l'ispirazione edificatrice di ShahJahan, quale novello
Orfeo conciliatore del creato divino, vi troneggiava tra i delicati paramenti dei pannelli
retrostanti, in pietra dura di scuola italiana, e le sottostanti tarsie
floreali di squisita fattura.
E i giardini in cui il
Diwan - i-Am si prospettava, erano il tappeto
paradisiaco in cui si profilavano adagiati gli ulteriori padiglioni degli
appartamenti privati e del Diwan i-Kass, spoglio del trono del Pavone
e del suo pappagallo in un unico smeraldo, tra un fulgore di oro e
di perle, dopo che così volle la vendetta dell' odio iranico di Nadir
Shah, per tutto quanto discendesse dai lombi di Timur Lenk, ma
nel profilarsi delle quinte sceniche finali, meravigliosamente
allineato e congiunto agli hammam, alla casa di riposo regale
del Khas mahal, e al Rangh Mahal in cui avevano dimora le
mogli, dal deflusso del fiume gorgogliante del Paradiso, che
nel Palazzo del Colore, ossia il Rangh Mahal, in che effetti di luce si
combinava per le cortigiane trasfigurando le loro gioie terrene, nei
variegati trafori incastonati di pietre preziose, nelle stanze ad esse riservate.
Lo stesso mausoleo di
Humayun, il progenitore di Akbar,
che ho visitato il giorno seguente,
è forse concepibile astraendolo dalla sterminata distesa del verde in cui
si sopraeleva, un
reticolato di trentasei tessere, smaglianti, irrorato dai quattro
fiumi del paradiso che
simboleggiano le acque che bordeggiano i quadranti del char bag, nella
cui beatitudine siamo già immersi, accedendovi ?
E' assolutamente perfetta la chiarità costitutiva della
sua mole, l'attuazione in essa della sussunzione della civiltà dell'
Indostan a quella dinastica dell' Iran e del Turan, in virtù della sua
spogliazione di ogni preziosità di marmi, di ceramiche e di smalti, per
farsi più nitidamente ordinativa, nella sua assialità geometrica, di ogni
proliferazione induistica di una molteplicità infinita. L'ottagono
celeste dell' Hast Behest, in cui le Porte del Paradiso islamico si
schiudono dai quattro quadrati ai vertici di un quadrilatero
sublime, vi è trasmutato in quattro ottaedri ai vertici dell'ottaedro posto al centro, fondamentale: così, attorno all' ottaedro del
sepolcro centrale,
, sulle sue diagonali sono raccordati quattro sacelli
anch'essi ottagonali , ciascuno di essi, in ogni sua facies,
strutturato in un ivan, quale volta di adito, ossia nell'elemento architettonico
principe iraniano, ciascuno di essi ugualmente sfaccettato nelle sue
nicchie esterne d'accesso, secondo un profilarsi irradiatosi da Bukara.
E lo slancio verticale è rallentato dai basamenti e dagli
involucri dei sepolcreti, per raccogliersi traverso gli chattri intorno ad
una doppia cupola finale, come accade nel sepolcro dell' avo Timur Lenk,
come accadrà nel Taji Mahal, il suggello sublime -su progetto si
presume di un architetto bucariota, -della riaffermazione moghul di
una dominanza iranico islamica sull' India, a chiusura della parentesi
intermedia della simbiosi grandiosa tra islam e induismo, intrapresa da
Akbar e dal figlio Jahangir.
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