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Varanasi, 17 agosto 2005 Ieri sera, quando dall'hotel in cui alloggio in Varanasi mi sono affacciato sul Gange, il fiume mi è apparso immenso nella divinità quieta delle sue acque sotto la luna. Già una prima volta mi era apparso all'ingresso in Allahabad, dal finestrino dell'autobus che in un viaggio spossante mi ha condotto a Varanasi da Khajuraho. Il viaggio si è protratto dalle sei del mattino fino alle nove di sera, giacché l'autobus ha sostato in tutti i villaggi di campagna che ha traversato del Madhya e dell'Uttar Pradesh, sotto lo scosciare e il rapido cessare intermittente delle piogge monsoniche che irroravano la sconfinata campagna circostante, ad ogni riavvio dell'autobus sempre più distanziandomi dal caro, meraviglioso amico che ieri notte ho lasciato forse per sempre in Khajuraho. Lo stesso rigoglio del verde delle campagne dell'Utttar Pradesh alcuno giornate fà aveva salutato finalmente il mio distacco dal Rajasthan, quando da Adjmer, partendo in nottata, avevo raggiunto in autobus Gwalior. Già ne ricordo a fatica l'hotel, la stanza in cui ho alloggiato si è dileguata dalla mia memoria, mentre vi è ancora impressa la ricerca del labor colour del fotoshop, di un internet point, il pranzo consumato nell'hotel presso la stazione ferroviaria, servitomi da un cameriere in turbante. Poi che bello l'inerpicarsi di fronte alla Gwalior Gate, distanziandomi dal clamore e dagli squallori della vita urbana nel silenzio dei dirupi, tra i tanti Tirthankara che si ergevano scolpiti nella roccia, fino all'apparizione del Man Mandir*, in cui forse consistono le vestigia meglio preservate dell'architettura palaziale hindu che ha preceduto l'avvento dei moghul. Era smagliante del rivestimento superstite di ceramiche e pannelli di trafori di grate,, in cui al succedersi di mostri makara subentravano file di oche e di elefanti. All' interno della zennana altri makara e animali involuti su se stessi nell'intaglio della pietra, come fosse materia lignea, animavano incantevolmente della loro vitalità vorace gli ornati floreali e geometrici che finemente tramavano le porte. Quando credevo oramai che i templi Sasbau- suocera e nuora., sotto il cumularsi piramidale delle forme a campana dei loro samvarana, fossero il meglio di quanto mi era riservato, nella solennità dell'interno che vi soggiaceva, trabeato da sostegni timpani, troppo tardivamente giungevo al Teli ka mandir, per poterne ammirare doviziosamente la singolarità affascinante dell'ascesa rilanciata del doppio sikkkara, splendidamente ornamentata delle inflessioni dei gavaksha. L'indomani ho differito la partenza per Khajuraho sino a quando non avessi visitato il mausoleo di Muhammad Gauth e la tomba del musico Tansen, risalenti all epoca di Akbar. Il mausoleo è un edificio magnifico, nel distacco del corpo della cupola dal deambulatorio circostante , rimarcato dalle gronde spioventi, in un librarsi ascensionale bilanciato dal contrappunto di torri e padiglioni e chattri.
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