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L indomani é
stata Konark la meta indifferibile del nostro viaggio.
Alla partenza, io non ho voluto
recepire l' invito a servirci del taxi che l 'hotel ci poneva a
disposizione, di cui K- si è fatto interprete. Non era
oneroso, ma supponevo che l' autobus potesse andare benissimo, per
percorrere i sessanta chilometri e poco più che separavano Bhubaneshvar da
Konarak, e K. mi assecondava, apparentemente persuaso dalla mia
scelta. Il giorno avanti,per la prenotazione dei biglietti ferroviari, di
ritorno fino Benares, ci era stato richiesto un importo spropositato, ei
io diffidavo di ogni ulteriore loro proposta.
Che problemi potevano
insorgere, anche se partivamo a mattina inoltrata.
Ma il primo pullman che
al punto di sosta finalmente avvistavamo sopraggiungere, con destinazione
Konarak,
e su cui salivamo, era in minibus talmente gremito, che con K ci
sono finito pigiato in un ressa asfissiante.
Fosse accaduto il minimo
incidente, c'era da restarvi intrappolati senza possibilità
di scampo.
Quando si è
approssimata la prima fermata, dopo una quindicina di chilometri, non
è occorso neanche un cenno d'intesa perchè io e K. ci ritrovassimo
fuori del minibus respirando di sollievo.
Eravamo in Pipli,
il trafficatissimo centro artigianale al bivio che si dirama verso
Puri oppure Konarak, in direzione del mare, meraviglioso
di miriadi di lampade in tessuti multicolori appese ai negozi lungo
l'arteria stradale, di stendardi e drappi con figure umane e animali, di
divinità hindu.
Soltanto un'ora dopo
trovavamo il modo di lasciarle Pipli, affardellati dei primi acquisti di
mirabili lampade e borse ricamate, su un moto rikscio che
noleggiavamo, per percorrere i 45 chilometri che ancora ci
separavano dal tempio del Sole di Konarak.
E come ci siamo
ritrovati nella calda brezza della meravigliose ore pomeridiane di
quella luminosissima giornata d'inverno, ho immediatamente compreso
perchè sarebbe valsa la pena di noleggiare una autovettura da
Bhubneswar: era cosi incantevole il paesaggio circostante, che di
per se era già una continua meta finale. Una giungla
lussureggiante di palme di noci di cocco era il limitare dell' orizzonte,
oltre le radure di risaie, di specchi lacustri di ninfee, di
smaglianti e umide pasture di bovini e volatili, gli aironi e le gru che
vi si aggiravano. E tra giungle e radura, al bordi della
strada, tra le fronde svettanti che si infoltivano verso l' interno,
apparivano villaggi di linde capanne,
ornamentate della bianca trama di archetipi motivi floreali e geometrici
nelle pareti di malta
,
dei templi
digradanti ini affollati bacini di acque rituali.
Interminabili la
successione di locande felicemente frequentate e sporche, il cui
infittirsi ci annunciava che eravamo prossimi a Konark.
Mi premeva talmente che
K, il mio amato amico, vedesse finalmente per la prima volta il mare, che
gli chiedevo di esortare il conducente a
recarci innanzitutto alla spiaggia.
Il vasto respiro celeste
delle acque del golfo del Bengala lasciava K. senza parole: l'andare
su e giù delle acque lucenti, il loro rovesciarsi continuamente a riva,
sarebbe rimasta nella sua memoria l'autentica meraviglia dell'Orissa. ciò
che più lo avrebbe incantato dell intera Orisa.
Io vi ritrovavo , come
poi a Puri, su scala ridotta lo stesso spettacolo di folla delle spiagge
marine di Karachi: il viavai di villeggianti tra conduttori di
cammelli, venditori di bibite e di noci di cocco, fotografi in cerca di
chi volesse scattare una foto
Arrivavamo al tempio del
Sole che erano già trascorse le tre del pomeriggio:
attraverso il padiglione delle danze, il natamandir,
le tante mahari,
o ancelle di Dio che vi danzavano in suo onore scolpite nella roccia, ci
inoltravamo verso l' immenso jagamohana e il retrostante sacrario della
cella, la "Pagoda nera", secondo gli antichi naviganti lungo le
coste del golfo, franata nell'alto shikhara: era il carro del sole,
pietrificato, sospinto dai sette cavalli dei giorni della settimana, sulle
ventiquattro ruote delle ore del giorno o dei volti di sole e di luna dei
dodici mesi del anno, stupendamente cesellate, a imitazione della
intagliatura lignea delle ruote dei carri umani quotidiani. Lo precedevano gli
elefanti recanti un demone vinto nella proboscide, e gli stalloni
guerra slanciati in avanti con il loro attendente sul nemico travolto, le
sculture, dislocate
ora nei giardini accanto, che sopravvivevano più ammirevoli di quante ornamentavano
il tempio, nella inesorabile possanza elefantina e nell' impeto
equino ascensionale che avevano tramandato nella pietra.
Cortei militari,
processioni e scene di caccia
,
danzatrici e musici terreni, deità, musici e ninfe dei mondi celesti,,
Mithuna
, naga e nagina
affusolati insieme,
animali e mostri
d una vitalità inesausta, , erano lungo le pareti la profusione
scultorea abrasa dalla salsedine salmastra e, dalla sabbia nel
vento, di cui l 'erosione non lasciava supporre. spesso, che fossero le
residue parvenze di statue di un'alta qualità originaria.
In esse si
manifestava ai devoti la pienezza di vita espansa da Surya, il
Dio-sole irradiante la ruota della legge dei cicli cosmici- il
Dharma del samsara,- il Dio-sole della luce di vita al di là di
ogni ciclo.
K. mi lasciava da solo
nelle mie deambulazioni intorno al tempio, non lo aveva interessato che
l'immagine del dio Surya, in clorite, come i magnifici portali del
jaghmoana, cui eravamo risaliti lungo fianchi della cella.
Quanto più mi
attardavo, mentre il sole era già volto al tramonto, quanto più in lui
cresceva l' inquietudine.
E quanto più lo
avvertivo in ansia, tanto più ritornavo sui miei passi , per decifrare
gli edifici annessi, per un ultimo sguardo, per cercare di intravedere un
ulteriore dettaglio
Nel buio serale, una
buona vota usciti, cercavamo invano un autobus per Bhubaneshvar,
chiedevamo invano quando e da dove ve ne fosse uno in partenza.
La sua pazienza sfinita
intanto si esternava in una tiritera di lamentele.
Eh, avessi
ascoltato l'addetto della réception, avessimo preso il taxi come ci
aveva consigliato...Ora, prendendo un taxi, per il solo rientro avremmo finito per spendere ancora di più.
Io che avrei voluto e
che rimpiangevo di non avere visto di più, come immaginavo che mi sarebbe
stato possibile in sua assenza, che per questo mi sentivo in colpa, che al
tempo stesso sentivo quanto pur tuttavia avessi profittato della sua
pazienza di indiano, attardandomi talmente tanto a videoregistrare
il tempio, mentre lui restava di me in prolungata attesa in un angolo del
bhag circostante, al colmo della sofferenza gli gridavo , solcando il
sotto mento con un mano : "K, va bene anche l 'aereo per tornare a Bhubaneshvar,
mi taglierò anche la gola se a questo serve-, ma finiscila!"
In un silenzio irrorato
dalla luna, un taxi ci riconduceva a Pipli- ove sostavamo per
altri acquisti- in Bhubaneshvar immersa nell' afa e nel traffico.
Prima che rientrassimo nel
hotel K. acquistava un mazzolino di fiori, che in stanza, nella sala del
ristorante, avrebbe reso fragrante di sé la celebrazione del capodanno
della nostra amicizia .
(continua)
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