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Odorico Bergamaschi

In Amarkantak, Sohagpur

Prima edizione digitale 2016

marzo 2016

 

 

 

 

 

 

 

Nella luce nitente di un’alba di marzo incantevole,  erano appena le sei quando io e Kailash scendevamo alla  stazione di Anuppur,  per la quale puntualmente eravamo partiti  la sera avanti alle 10, 20 da Satna. Avevamo così deciso di attenerci alla destinazione del nostro biglietto ferroviario, benché sul treno, poco prima dell'arrivo in Anuppur, un viaggiatore ci avesse avvertito che alla seguente fermata di Pendra Road ci saremmo ritrovati  ad una distanza ben più ravvicinata ad Amarkantak,  cui gli avevamo detto che il nostro viaggio era rivolto. Ci eravamo infatti risolti, finalmente, a visitare una prima volta il gran "Teerthraj" alle sorgenti della Narmada, il fiume meraviglioso da cui trae Amarkantak la sua origine e  la sua rilevanza, e di una tale sacralità che  per molti Hindu è superiore a quella  dello stesso Gange, al punto che valeva quanto il sacrificio regale dei dieci cavalli, l'ashvameda, una sola immersione ove sia  il guado delle sue acque, e che la sola loro  contemplazione  può assicurare la moksha della liberazione dal ciclo delle reincarnazioni.( "Ganga snane, Yamuna paane, Narmada dhyane").

E' la Narmada  pur anche più antica del Gange di 150 milioni di anni, essendosi originata, ove  sorge ora Amarkantak, agli inizi di una rift valley situata tra le catene attuali settentrionali dei monti Vindhya, di arenaria, dei Satpura peninsulari, di basalto, e dei rilievi Maikal ricchi di bauxite. Tale faglia vi si formò dallo scontro tra la placca Gondvana e quella dell'Asia centrale, quando ancora, per il mito, il Gange era solo un balenio nello sguardo del dio Shiva, e tanto la Narmada è considerata dalla fede hindu, che secondo il Matsya Purana essa, e non il Gange, sopravviverà alla dissoluzione del mondo. Vuole altresì il mito che dalla distruzione compiuta da Shiva delle tre città ( "tripura") del demone Maya e della sua coorte di asuras , siano cadute le ceneri presso Amarkantak di una di tali città convertitesi in milioni di linga, uno dei quali sarebbe ancora visibile in loco nel tempio Srijvaleshvar  presso le sorgenti del Johila, il terzo dei fiumi che vi scaturisce, oltre alla Narmada ed al Sone.

 

Per recarci ad Amarkantak discendendo ad Anuppur, confidavo in realtà nel fatto, e Kailash concordava, che essendo Anuppur il capoluogo del distretto di appartenenza di Amarkantak,  mantenesse con  la  località dei collegamenti regolari di autobus anche in quel primo giorno della festa di Holi,  nel corso della quale abitualmente i pullman seguitano ancora a procedere lungo le strade dell'India, prima di arrestarsi il dì seguente per non essere coinvolti in schiamazzi, dal lancio di polveri e getti liquidi  di colori. Ma quando oltre il bazar su cui svettava un gran bel minareto, raggiungevamo il semplice spiazzo in cui consisteva l’autostazione,  lo trovavamo deserto.

In Anuppur, bazar e minareto

Non ci restava che domandare del prossimo treno che in direzione del Chattisgarh fosse in partenza per  Pendra Road, facendo due general ticket di seconda classe.

La nostra attesa non si sarebbe protratta che fino alle 7, 40, quando, pressoché puntuale, è sopraggiunto il treno proveniente da Haridwar e diretto a Puri, via Bilaspur, che  dopo poco più di mezz’ora di viaggio ci avrebbe consentito di scendere alla stazione ferroviaria della Gurela d'un passato ancora prossimo, che tale è il nome storico di Pendra Road, il profilarsi del cui centro ci si prospettava come una quinta scenica oltre un arco d’ingresso.

All'ingresso di Pendra Road

 Ma vi si sarebbe rivelata ben presto una corsa a vuoto, la nostra, in autorickshaw, verso un’autostazione che ci si è presentata ancora più minuscola ed ugualmente vuota d' autobus che quella di Anuppur.

Kailash aveva la prontezza  di proporre all'istante allo stesso conducente dell’autorickshaw, quanto gli  prefiguravo ch’era la sola cosa che ci restasse da fare, ossia chiedere a qualche auto- o rickshaw-wallah, nei paraggi, di condurci  in altura fino ad Amarkantak, e per non più di 500, 600 rupie, l’accordo con il guidatore era per davvero raggiunto in men che non si dica. Intercettavamo un altro viaggiatore, lungo le strada di ritorno alla stazione ferroviaria, ugualmente intenzionato a raggiungere  Amarkantak, ed eravamo già sulla sua via nell'arioso mattino.

Vi ci inoltravamo per una scorciatoia che abbreviava il tragitto da 41 a 28 chilometri, ma a costo di procedere  lungo l'inerpicarsi, a poco a poco, di una stradicciola secondaria  il cui asfalto era non più che un residuo scrostato tra ciottoli e buche.

Attraversavamo diversi piccoli villaggi le cui case tradizionali rammemoravano ancora quelle del Bagelkand, nella sopraelevazione di un piano centrale  e delle sue falde rispetto a quelle perimetrali,  prima di ritrovarci nell'ammanto forestale, non senza che un malaugurato infanticello mi desse modo di fare esperienza che non ovunque in India la festa dei colori impazza dopo il rogo di Holika, investendomi nel volto e nei vestiti di una secchiata di colorante rosaceo.

La boscaglia che poi si addensava lungo le pendici che risalivamo, sui fondali di un cielo di un blu smagliante immacolato di nubi, trasmutava in primavera incipiente l'estate, che giù nei fondovalle,  nelle piante decidue, quali i mahua, della piana dei dintorni di Khajuraho che  il giorno avanti avevamo lasciato, e lungo i pendii, rivestiti di teak-sagon, del parco di Panna che avevamo poi risalito, volgeva oramai  ad un autunno vegetativo polveroso ed arido. Infatti, rispetto alla caduta delle foglie che colà rinsecchivano nelle giungle spoglie e per i campi rimasti dissodati ed incolti a causa della gran siccità, lungo le erte che l'autorickshaw  intanto affrontava veniva invece prevalendo, tra le nuove infiorescenze, la  ricrescita gemmea degli ammanti fogliari, viridiscenti o vividi di tinte sanguigne ed ocracee,  avvivando la luce del giorno del loro brillio smagliante. Era un permutarsi delle stagioni che si manifestava lungo le pendici  al subentrare in altura delle piante di tendu,  fino al farsi ovunque dominante del sal, grazie allo scisto ed allo gneiss che vi  sovrastava le effusioni basaltiche del trap deccano, insieme con la bauxite e la laterite che rendevano il suolo fulgidamente ferruginoso

Tra Pendra Road ed Amarkantak

 

 

Una foresta di sal, prima di Amarkantak

Nei divallamenti, casolari sparsi tra radure di verde.

 

Un casolare nello  stile del Bagelkand  tra Pendra Road e Amarkantak

 

In Amarkantak, districandoci tra le vie multiverse del bazar alla cui altezza il conducente ci lasciava,  insolitamente ci contentavamo del primo alloggio in cui ci imbattevamo, per la spaziosità e la pulizia di camera e bagno mostratici,  essendo nella guest house l'unica sistemazione  che vi fosse ancora disponibile con una latrina occidentale, - altri visitatori e turisti indiani stavano intanto pervenendo in Amarkantak per le festività di Holi. Dispostivi i bagagli bastava una doccia a ritemprarci,  ed a che Kailash mi precedesse di un'alacrità insolita nel tratto di strada che avviava alla discesa verso l'Udgama  Narmada,  il complesso di templi che sorge intorno alla sorgente del fiume sacro.

Ma il sito di culto era stato chiuso a mezzogiorno per essere riaperto solo alle quattro,  mentre erano ancora le due del pomeriggio, per cui oltre il suo calcinato biancore  ci incamminavamo verso i templi Kalachuri che si sopraelevano appresso.

Nel parco archeologico li precedevano alcuni santuari postumi e prima ancora il Narmada kund, cui si fa corrispondere il sito del soggiorno in Amarkantak di Shankaracharya, l'esponente supremo del pensiero kevala-advaita-vedanta, la dottrina del «puro non dualismo”

tra l'Assoluto, il Brahman, e l'anima individuale o Sé, l' atman, il fondamento del nostro esserci  che secondo tale concezione metafisica va distinto dalla nostra mutevole individualità empirica, Vi avvenne, tra la metà del VIIo e gli inizi dell’VIII o secolo d. C.,  quando ancora fanciullo ed appena orfano di padre, alla sola età di otto anni egli vi fu precocemente iniziato alla vita rinunciante del samnyasin dal maestro Govinda.

La Narmada Kund

La visita di quelli Kalachuri  quindi  esordiva  da due templi contigui , in onore l'uno di Shiva e l'altro di Vishnu , entrambi  con una sala mandapa,  preliminare, racchiusa da balconi con bancale reclino kakshasana, e  sormontata da un tetto piramidale phamsana. Ma se nel primo tempio essa dava  accesso ad un singolo vestibolo-antarala e ad un solo santuario garbh.agriha, in quello vishnuita preludeva eccezionalmente a due vestiboli ed ai successivi santuari tra loro perpendicolari , cui corrispondevano due sikhara in luogo dell 'unico,  per un'unica cella, allineato con il portale d'ingresso al mandapa  nel primo dei due templi.

 

Amarkantak, templi Kalachuri shivaita e vishnuita (secolo XIo )

Amarkantak, templi Kalachuri shivaita e vishnuita (secolo XIo)

 

Erano essi pancharata  quanto al novero, di cinque, delle loro proiezioni parietali e di quelle laterali dei loro sikharas,  del tipo semplice  Latina, senza repliche di sikharikas minori.  Quindi era la volta di un mandapika e di un tempio ad esso di fronte, il Johila, che sorgevano all'altezza dei precedenti, entrambi con sovrastruzione  piramidale sovra la cella del santuario.

 

Amarkantak, templi Kalachuri  Johila e mandapika

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due prototipi più rudimebntali  del tempio Johila e  del mandapika di Amarkantak, rinvenibili presso  Dhubela, ( Chhatarpur Distt.), l’uno  nel gruppo di templi Bhim Kund , e l’altro il Naag mandir,   (10° secolo circa)

 

e l esempio, al contrario, di come in una piccola capitale dei  Kachchhapagata ,come Kadwaha, ( Guna Distt.) anche un tempio a copertura phamsana quale il tempio Chandla abbia più alto tenore di stile.

 

 

Poi  poco più oltre, in discesa, verso l'affiorare delle acque sorgive della  Narmada in polle d'acqua, in un sito che la tradizione vuole santificato anch'esso dallo stesso Shancaracharya, ( quale istitutore del suo pratishtha, prima del re Kalachuri cui ne risale il prakara), compariva l'armonioso Pataleshvar Mahadev, dalle forme simili a quelle dei due primi templi ma conservatesi più integre, illeggiadrito, al pari del tempio vishnuita , dal reticolato di un fine jalika prima del sopraelevarsi dei ripiani del phamsana.Come i precedenti  culmini piramidali, ed alla stregua dei sikharas, era esso coronato da chandrikas campaniformi e da un amalaka intermedia, prima del vaso di un kalasa e del vijapuraka a guisa di agrume quali pinnacolo finale

Amarkantak, templi Kalachuri, il Pataleshvar Mahadev,  (secolo XIo)

Amarkantak, templi Kalachuri, il Pataleshvar Mahadev,  (secolo XIo)

Più in altura si profilava alfine  il tempio che di tutti si sarebbe rivelato il più fascinoso,  il tempio Karna, dal nome del re Kalachuri da cui fu fatto edificare in onore al dio Surya, un tempio che la descrizione di Krishna Deva in Temples of North India ( 1969) prefigurava come comprensivo di tre santuari, e sapta-ratha, con sette proiezioni pertanto lungo i janghas di ognuna delle loro pareti laterali , e di fondo, e lungo il corso dei lati dei loro rispettivi sikharas, uni e trini benché la perdita integrale del mandapa, di raccordo, e d'accesso, li facesse risultare l'uno separato oltre che distinto dall'altro.

 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna  (secolo XIo)

 

 

 

 

 

 

I primi due templi, il Pataleshwar e il Karna, li si faceva risalire a non prima del secolo XIo, ovvero ai tempi del re Karna Deva, ( 1041-1073),  a dispetto di quanto potevano lasciare intendere la rudimentalità d'intaglio della pietra in cui erano costruiti e l'ornamentazione che escludeva statue nelle stesse nicchie dei bhadra centrali e delle kapili dei vestiboli, dove in loro vece era scolpito un rombo diamantino floreale,

 

Amarkantak, templi Kalachuri,  tempio vishnuita, adhishthana e jangha (secolo XIo)

 

 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, adhishthana e jangha (secolo XIo)

 

 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna (secolo XIo)

 

come nei templi dei centri minori dei  domini dei Chandella, eccezion fatta in Amarkantak  per le edicole vuote del  tempio shivaita, di uno dei due santuari vishnuiti e di quello centrale del tempio Karna, (quello vishnuita  ospitando in una delle sue celle i resti di una statua del dio, sostitutiva di quella di cui era stato depredato). Si trattava in realtà dell'umiltà architettonica di uno stile "provinciale" che nell 'India centrale,  come si diede per quello occidentale pagano della romanità imperiale lontana dall'Urbe  e poi per quelli cristiani più devozionali, ebbe a preesistere ed a coesistere con quello più sontuosamente raffinato delle capitali religiose dei regni, fin anche sopravvivendogli. Al pari  del configurarsi in ruvidi accenti dello stile dei templi Chandella situati nei  dintorni di Dhubela o di Mahoba, in Makarbai od in Vyas Badhora,  esso al contempo era di complicanze meno lineari, ammettendo una pluralità di aditi o di esiti terminali, di scalinate d'accesso e di santuari,-garbagriha, e si presentava ridotto ai minimi termini statuari od ornamentali, -a) negli udumbaras stessi delle soglie d'accesso al mandapa e al santuario, tra loro similari, dove fluenze di volute la cui stenografia litica può equivalere a vasi dell'abbondanza, florilegi di loto, o circonvoluzioni di archi carenati, ricorrevano in luogo del mandaraka altrimenti imperante a  forma di steli e fiori di loto intrecciati, di devoti e dei gajakranta-simha di cimenti leo-elefantini ai lati, e quant'altro ancora, più ai bordi, 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio shivaita, soglia udumbara  (secolo XIo)

 

 

 

Esempio di  soglia di portale similare desunto dal Chausat Yogini mandir di Vyas Badhora ( Chhatarpur Distt)

- b) nei sakas dei fregi degli stipiti laterali, limitati a pochi lineamenti decorativi, assenti Ganga e Yamuna e qualsiasi assistente delle divinità fluviali, o guardiano dvarapala delle porte,

Amarkantak, templi Kalachuri,  tempio vishnuita, portale d'ingresso al santuario-garba-griha (secolo XIo)

Amarkantak, templi Kalachuri, tempio shivaita, portale d'ingresso al mandapa  (secolo XIo)

 c) nel lalata bimba della trabeazione, che  in luogo della Trimurti o di Navagrahas planetari e Saptamatrikas esibiva in Amarkantak l'abbozzo della sola divinità di Ganesha in quello shivaita,

Amarkantak, templi Kalachuri,  tempio shivaita, trabeazione lalata bimba con inciso Ganesha (secolo XIo)

ostentando l' eleganza al più un fiore di loto inciso,

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, fronte d'ingresso al santuario centrale  (secolo XIo)

 

Raffronti  di stile con le facciate di altri templi provinciali localizzati in Mau Suhania vicino a Dhubela Chhatarpur Disst. M. P., di ascendenze Chandella

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna  (secolo XIo)

 Mahu Suhania, Dhubela, Chhatarpur Distt. tempio di Ganesha (X° secolo circa)

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna ( secolo XIo)

Dhubela, Chhatarpur Distt. tempio di Shiva del complesso Bhim Kund (X ° secolo circa)

Amarkantka, templi Kalachuri, il tempio Karna lesene laterali badrakas appaiate del portale d'ingresso del santuario centrale ( secolo XIo)

 Dhubela, Chhatarpur Distt. tempio di Shiva del complesso Bhim, Kund, lesene laterali appaiate  badrakas del portale d'ingresso( X° secolo circa)

 

 

 

( Si trattava di ) una penuria di effigie statuarie che si riproponeva nelle nicchie dei bhadras centrali e delle kapili vestibolari, o per ogni piedistallo di karna agli angoli e di pratiratha intermedia,

Amarkantka, templi Kalachuri,  tempio vishnuita, adhishtana e jangha( secolo XIo)

 che anziché alle manifestazioni radianti del dio del tempio, alle grazie di ninfe apsaras od alla propiziazione di dikpalas reggenti, nelle direzioni cardinali, si offrivano solo a simbolizzazioni ornamentali.

 

In Chandpur, la cittadella Chandella nel Distretto di Lalitpur , U.P.

 

 

Vista posteriore del tempio con tre santuari in Makarbai, centro dei Chandella nei pressi di Mahoba, U.P

 

 

Come lo stesso motivo ritorni in più elevata incastonatura stilistica in una cittadella Chandella di più alto tenore stilistico architettonico che non Makarbai,  quale Dudhai ( U-P. Lalitpur District)-

 

 

 

 

 

 Negli interni i  pilastri dei mandapas assumevano per lo più vaghe sembianze misrakas mistilinee, di profili ottagonali evolventi in contorni circolari, al contempo in cui altri pilastri e le  lesene permanevano arcaicamente bhadrakas, con due vasi dell'abbondanza ai termini dell'intaglio centrale.

Amarkantka, templi Kalachuri, il tempio shivaita, mandapa, interno ( secolo XIo)

Era un minimalismo che se risolveva il basamento dei templi a valle nel solo vedibhanda di kura, kumba, kalasa e kapota, nel tempio Karna lo rialzava possente su due spogli bhittas* , un kapota con i più sommari dei takarikas  ed un karnika  accentuantivo,

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, adhishthana ( secolo XIo)

 

ed ai balconi dei templi contigui dedicati a Shiva e a Vishnu, e del Pataleshvar, non aveva fatto mancare ogni ornamentazione di rito, un loro rajasena di rombi diamantini, un  vedika, l'asanapatta, decorati di volute,  e il kakshasana fregiato di rilievi di lastre phalakas e di fusticini di bambu abbinati.

 

Amarkantak, templi Kalachuri, tempio shivaita, balcone ( secolo XIo)

 

 

Amarkantka, templi Kalachuri, tempio shivaita, balcone,( secolo XIo),didascalie illustrative

 

Inoltre l'antefissa di un sukanasa, che si evolveva nelle carenature di chaitya gavakshas solo nella sua sommità, eppure su edicole-ratikas di rombi floreali profilava le commessure delle sue tessere a fregiare ogni tempio di un frontone, eccettuato il solo mandapika.

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, sukanasa( secolo XIo)

 

 

Mau Suhania, Dhubela, Chhatarpur District, M.P., tempio di Ganesha , sukanasa (X° secolo circa)

 

Mau Suhania, Dhubela, Chhatarpur District, M.P., tempio di Ganesha (X° secolo circa)

 

 

 

Mau Suhania, Dhubela, Chhatarpur District, M.P.

tempio shivaita del complesso  Bhim Kund, (X° secolo circa)

Mau Suhania, Dhubela, Chhatarpur District, M.P. tempio shivaita del complesso  Bhim Kund, sukanasa (X° secolo circa)

 

 

Del complesso era  l'austerità sacrale del tempio Karna che più mi permeava, esaltata dalla sua pietra rossiccia muschiata di argenteo grigio verde, nelle sue pure forme ascendenti che trascendevano la loro matrice hindu.

 

 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna ( secolo XIo)

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, santuario centrale ( secolo XIo)

 

 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, santuario laterale a destra ( secolo XIo)

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, santuario laterale a sinistra ( secolo XIo)

 

 

Amarkantak, templi Kalachuri, il tempio Karna, vista retrostante( secolo XIo)

 

Oltre la cancellata io e Kailash potevamo intanto intravedere il volto radioso di Amarkantak, nella luminosità delle acque degli invasi che ne fronteggiavano gli edifici cremisi scolastici e religiosi, mentre sulla sommità dei rilievi circostanti ostentava la sua apparizione la mole in costruzione di un grandioso tempio jain.

 

Amarkantak ci sarebbe apparsa ancora più luminosa, già al tramonto, nel candore dei tempietti multiformi dell' Udgama Narmada,  tra le cui vestigia avremmo concluso la giornata, Nel visitarli ci univamo ai fedeli che convenivano per la puja alla dea Narmada, il cui  compimento corrispondeva alle abluzioni della sua statua di basalto situata nel tempietto che si ergeva al capo opposto, nella successione dei vari mandir, di quello che racchiudeva la sorgente del fiume. E vi ci saremmo potuti intrattenere particolarmente a lungo perchè proprio quella sera vi si sarebbe svolta la cerimonia di una maha-arti,  la cui devozione era soprattutto nei riguardi della divinità femminile del fiume.

Tra tutti quei  tempietti l’attesa ci intrigava  nelle innumerevoli  storie che si raccontano sulle origini della Narmada, la Maheswari Ganga del Mahabharata, od il gran fiume Rewa , lo "slanciantesi", dei testi Purana che ne parlano, e di cui Kalidasa cantò i "rivoli propagginantisi turbinosi ai piedi delle rocce Vindhya, come  cinerei solchi sui fianchi di un elefante", ( secondo un immagine della Narmada diramantesi in innumerevoli torrenti che si ritrova anche  nel Kadambari di Bhanabhatta) ,  miti e leggende nati pure dal folklore dei Bind o dei Gond che popolarono e popolano ancora le sue rive, oppure  ereditate dal Vayu, Skanda, e Matsya Purana. Una, la più patetica, vuole che la sua scaturigine, come quella del Sone, si sia originata da una delle due lacrime che irrigarono un tempo il volto di Brahma, un'altra, tra le più diffuse, la credeva felicemente effusa dall'essudorazione del dio Shiva in dura penitenza sacrificale sui colli sovrastanti, mentre una ulteriore narra che in un'avvenente fanciulla avesse preso forma la bellezza estatica del dio in trance meditativa, che l'avrebbe benedetta e detta " Narmada", “ tenerezza ( " narma") infinita", per tutta la dolcezza che ispirava al suo cuore, assicurandole una libertà perpetua. Ma al tempo stesso in cui la fanciulla ne venne emanando, uno degli altri dei fu colto dal raptus di volerla ghermire, esaltato come le altre divinità, e gli asceti circostanti.  da cotanta sua bellezza in fieri, al che colei si convertì in fiume e defluì dalle sue mani come la sacra Narmada. Comunque sia avvenuta e si riproponesse l’origine mitica del fiume, le ultime due leggende ci avrebbero fatto intendere come mai, nella Maha-aarti vespertina, l'aarti alla dea sarebbe stata preceduta da un'aarti al dio Shiva.  Altre leggende ne tramandarono invece  la superiorità sullo stesso Gange, che contaminato dai suoi fedeli, si sarebbe convertito in un'oscura signora per potersi recare in visita alla Narmada, al solo scopo di un' immersione purificatrice nelle sue sacre acque, di una tale virtù, secondo i loro tramandi, che se il fiume Saraswati purifica e rende sacro Kurukshetra, ed il Gange purifica e rende sacri Haridwar, Allahabad o Varanasi, esse purificano e rendono sacre tutto quello che toccano o lambiscono. C'era una leggenda ancora, di tono ben diverso da tutte quelle che celebrano  la grazia muliebre della Narmada, e che  lasciava intendere come il fiume fosse invece un tempo altero e oltraggioso,  spargendo ovunque danni e rovina, al punto che Shiva ebbe a richiamarlo all’ordine, confinandolo, a contenerne l impeto, tra i Vindhya a nord ed a sud  i Satpura, che altro non sono che i sette gagliardi figli della antecedente catena.

Amarkantak, Narmada Udgama

Amarkantak, Narmada Udgama

 

"Ma Narmada "dell'artista gond Venkat Singh Shyam ( da Along the Narmada)

 

 

 

Narmada Ma

 

 

L'indomani Amarkantak ci sarebbe riapparsa nella stessa luce abbacinante, che sfolgorava splendida sulle sue radure assolate, traluceva nelle foreste di sal, ove le piante spumavano efflorescenze tra i brividii del verde delle foglie, non appena le sommuovesse il più tenue vento.

Amarkantak, foreste circostanti

Amarkantak, foreste circostanti

Tra i loro ammanti forestali, dopo una sosta lungo la strada al Karna Math mandir aka Maha Meru Sri Yantra Mandir di Tripur surandari, al cui ingresso una Dea Madre  manifestava i profili di quattro volti corrispettivi di quelli di Shiva Chaturmukka, preludendo ad un tempio che al suo centro si elevava in un’ìcona rubescente del monte Meru, circolarmente aggirato dalle edicole delle 64 Yogini come dalle spire di un serpente che traeva le sue origini dal magma primordiale,

Amarkantak, Karna Math mandir aka Maha Meru Sri Yantra Mandir di  Tripur surandari.

 

il conducente di un  fuoristrada al nostro servizio ci  recava alle vicine sorgenti del Sone, l'altro dei due fiumi, insieme al Johila, che con la Narmada scaturisce nei pressi di Amarkantak. Seguivamo le tracce  del Sone fino al  repentino ricadere delle sue acque  giù a valle,  verso oriente, in opposizione al corso verso occidente della Narmada.  Vuole una leggenda, sul divergere dei loro corsi, che così sia perchè Sone e Narmada erano in procinto di sposarsi, e che alla Narmada, come la tradizione impone, non fosse consentito di vedere lo sposo prima delle nozze. Così ella inviò l'amica rivierasca Johila, sua tributaria, perchè lo vedesse in sua vece e glielo descrivesse. Solo che alla sola vista di Johila Sone ne cadde innamorato. Narmada, furiosa a causa del tradìmento,  non volendone più saperne di maritare il Sone si risolse a tal punto per la verginità perpetua, volgendogli per sempre le spalle  verso occidente.

Secondo un'ulteriore versione, più romantica, raccolta dal quacchero inglese Geoffrey Maw, Johila sarebbe stata la figlia del barbiere di Narmada, e Sone, scambiandola per Narmada stessa, avvinto dalla sua bellezza le sarebbe corso incontro per maritarla. Narmada, mortalmente offesa, schiumò via di rabbia tra rocce e precipizi, volgendogli il dorso nel suo riversarsi ad occidente, in rapide e cascate che risuonano ancora degli accenti del suo dolore, mentre Sone, respinto, si scagliò a capofitto giù dall'alto di un dirupo, dando inizio ad una  sua esistenza residua  che volgendosi verso est, e quindi a nord est, si sarebbe risolta nell'andare a  defluire nel remoto Gange, a che il suo empito maggiore la portasse a sfociare nel  Golfo del Bengala.

Del corso originario della Narmada seguivamo quindi  l' inoltrarsi, dopo gli slarghi dei bacini lacustri di alcuni sarova,  in rivoli d'acqua tra  massi rocciosi,

Amarkantak, Narmada,

 fino alla prima sua cascata  del Kapildhara, in cui ricadeva dall'alto delle rocce basaltiche dove si congiungevano le catene dei monti Satpura, Vindhya, Maikal. Trae essa il suo nome dal saggio Kapil, o Kapila, che avrebbe soggiornato meditativamente nei suoi paraggi per non meno di dodici anni, nel corso dei quali egli vi avrebbe scritto il suo trattato di matematica.

 

Amarkantak, Kapildhara

Amarkantak, grotta con sadu e immagine di sadu presso la Dughdhara

 

 

E' assecondando il salto delle acque, in uno scintillio evanescente, che un tempo i devoti estremi  alla dea Narmada si  precipitavano di schianto sulle rocce sottostanti della Kapildhara, soddisfacendo la voluttà di sangue,  quale Manasvardani, di colei ch’eppure è per antonomasia " la dilettevole che dà felicità e gioia"-

Alla Kapildhara  faceva seguito poco oltre la cascatella Dughdhara, cui  per sentieri e gradoni discendevamo più in basso.

Amarkantak, presso la Dughdhara

Amarkantak, presso la Dughdhara

 Il suo nome vorrebbe che schiumasse come latte, mentre autentico latte avrebbero stillato nel primo mattino le scaturigini che  affioravano nei pressi del Kabir Chabutara, tra l'immensità delle foreste di sal che sorgono al limitare del distretto di Bilaspur, secondo il dire che stentava ad esserne  convinto, prima ancora che persuasivo,  di alcuni visitatori provenienti dal Chattisgarh

Kabir Chabutara

 

Al pari  dell'enorme banyan , o bargad, che poco oltre protendeva  verso i pendii le sue immani radici, il  Chabutara commemorava il luogo dove nel corso del XVo secolo d.C. il grande mistico Kabir avrebbe sostato quanto mai a lungo, secondo alcune tradizioni intrattenendovisi  in meditazione con il guru Nanak, che con il proprio pensiero egli avrebbe coadiuvato nella fondazione del movimento sikh. Se ne è ingenerato un sito che è sacro particolarmente per la Satguru Kabir Panth, la “comunità dei seguaci del sentiero di Kabir". Ad  esso è soprattutto Kailash che non ha voluto mancare di pervenire.

Banian nei pressi del Kabir Chabutara

 

Ciò che nell'aria spirava di meraviglioso era intanto l'unisono dei nostri animi, che si sarebbe ricreato anche nel May ky Bagya al cui ingresso il conducente del fuoristrada ci avrebbe lasciato, un boschetto di alberi di mango quale quelli che è dato di vedere crescere di frequente dove, come in quel sito, corsi d'acqua irrorano gli avvallamenti tra i monti, ma di una tale amenità che avrebbe indotto la dea Narmada, il condizionale è d'obbligo, a coglierne un giorno i frutti nel giardino che meravigliosamente componevano.

 

Una lenza al cui magnete abboccavano dei pesciolini di plastica, ed un pappagallo meccanico il cui sensore ne animava il canto e le ali al solo fischio o battito di mani, i regali per il nostro Chandu amatissimo che sulla via del rientro a piedi non avremmo mancato di acquistare nel bazar del villaggio che a poco a poco stava riaprendo, venuta meno oramai ogni riviviscenza possibile della festa di Holi, prima del nostro rientro già  l'indomani da Amarkantak Di privativo, fino ad allora, di quanto Amarkantak  ci aveva riservato, solo il rigorismo dell' alimentazione vegetariana di hotel e ristoranti, da jolies colonies de vacance o  refezione dopolavoristica.

L’autobus su cui  l' indomani mattina, in un cielo ancora sfolgorante d’azzurro,  lasciavamo Amarkantak alla volta di Shahdol, cui era inizialmente  diretto, per visitarvi il tempio Kalachuri  Virateshvara nella contigua Sohagpur, una volta giunti ad Anuppur assumeva tutt’altra destinazione,

e  nell'autostazioncina dovevamo attendervi per quasi due ore l’arrivo di una coincidenza per Shahdol, il primo treno che vi era diretto non essendo in partenza che all’una del pomeriggio.

Dopo un tragitto sonnolento io e Kailash ci ritrovavamo così in Shahdol poco dopo le due.

Ma prima di dirigerci a Sohagpur era d'obbligo fare sosta alla stazione ferroviaria  per  chiedere dei treni che fossero in partenza per Satna, o solo per Katni,  non avendo avuto modo di prenotare  tempestivamente alcuna sistemazione almeno in sleepers class, data l'imprevedibilità dei tempi e dei modi in cui nel corso di Holi avremmo potuto lasciare Amarkantak. Così facendo,  non potevamo ritrovarci entrambi che nella waiting list di un treno, delle 20,20, che sarebbe giunto a Satna sette ore dopo, quando vi sarebbe stata ancora notte fonda.

Con lo stesso conducente dell' autorickshaw  con cui avevamo raggiunto la stazione ferroviaria, ci avviavamo quindi alla volta di Sohaghpur, in una solarità ancora abbagliante, nel blu più profondo, non senza avere fatto sosta  lungo il percorso in una piccolo bar attavolato all’aperto per uno spuntino che ci rifocillasse.

Il tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur,  da che in capo a qualche decina di minuti l’avevamo intravisto, defilato di qualche centinaio di metri dalla strada che recava a Rewa,  ci è quindi apparso, di primo acchito, ciò che si sarebbe confermato ad una disamina più attenta, una magnifica replica postuma  a tutti gli effetti di quelli di Khajuraho nirandhara, ovverosia senza deambulatorio interno

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur ( seconda metà secolo XI O )

“E' un tempio Duladeo” avrebbe concluso liquidatoriamente Kailash, che sembrava non apprezzare gran che, d'ambo i templi, nemmeno le peripezie cui sottoponevano le ladies in mithunas acrobatici, se " she's used like one chair", poteva dirmi di una partner  in Shohagpur che figurava adibita sottoinsù a seggiola, in una prestazione davvero scavezzacollo.

In realtà, mentre i  Kachchhapagata, nel Kakanmadh in Sihonia, senza poi ripetersi  nel tempio ugualmente emulativo Murayat , in  Kadwaha,  si erano rifatti ai templi di Khajuraho maggiori del tipo sandhara , ossia con deambulatorio, (- nel tempio eretto in Sihonia, ai tempi di re Kirttiraja          (  1015-35 d. C.) ,  pur anche superandoli di gran lunga in grandiosità, ma quando è da presumere che ancora non fosse sorto il Kandariya), i Kalachuri avevano ripreso in Sohagpur i templi posteriori Chandella, di dimensioni assai minori e senza alcun deambulatorio, che ottemperavano pur su scala  più ridotta al nuovo paradigma saptaratha,  e  più compiutamente ancora di  com'era era invalso in Khajuraho solo ad iniziare dal tempio Kandariya, il primo ad essere saptaratha dei templi deambulatoriali hindu in grande stile.  Nei templi sandhara hindu antecedenti, il  Lakshmana ed il  Visvanatha,  solo sussidiariamente, nella parete interna del sanctum che volgeva sul deambulatorio di cui i templi necessitavano appunto per l'occorrenza,  si era adempiuto ad un canone ancora pancharatha, di cinque proiezioni, su ogni lato, per il jangha come per il sikhara, per dare spazio piuttosto, sulle pareti esterne dello stesso mula prasad, alla continuazione della galleria iniziatasi lungo le pareti del primo mandapa , e svolta poi pure lungo quelle del mahamandapa, delle nove immagini di sette divinità planetarie e di  Ganesha e Durga, o delle saptamatrikas e dello stesso Ganesha corifeo e Shiva Virabhadra.

Il tempio di Sohagpur poteva quindi ritenersi una conclamazione imitativa della appagatività del nuovo canone saptaratha così invalso, nei modi in cui  nel Devi Jagadambi, o nei templi hindu Chitragupta,  Vamana, Chaturbhuja e Duladeo, di Khajuraho, non che in quello al tirthankara Adinath, jainista, era stato trasposto in un "formato" minore, ma con piena osservanza  diretta del suo paradigma anche lungo le pareti esterne del santuario del tempio, sicché alle proiezioni  lungo il corso dei lati del sikhara, del  madhya lata centrale, di un anuratha,  un pratiratha ed un  karna , ad ambo i fianchi della proiezione mediana maggiore, venivano a corrispondere appieno, lungo il  jangha parietale,  il bhadra in cui era ripristinata esteriormente, nell'edicola del  rathika, una manifestazione radiante del dio interno alla cella, due pratirathas, per parte, con apsaras, ed un karna d'angolo, sempre per parte, con i Reggenti dikpalas protettori del tempio, i salilantaras dei recessi ospitando vyalas rampanti ed erotici mithunas, quali controcanto terreno delle glorie celestiali ( rispetto all' antecedente inottemperanza esteriore della norma dei templi Lakshmana, Visvanatha, e solo per certi versi risolta nel Kandariya Mahadeva, per cui il jangha del mulaprasad, ossia del santuario, in tali templi sandhara precedenti non differisce in proiezioni e ordinamento statuario  da  quello del mahamandapa, cui è del tutto similare, e  si uniforma allo stesso mandapa nell'albergare  in subordine,  dentro le  edicole dell'adhishthana, le immagini in serie di divinità planetarie o di saptamatrikas, per quanto i balconi dei transetti e  aggettanze sussidiarie, intermedie e terminali, in luogo di  bhadhra, ed  upabhadras, ed a fungere da karna esteriore, nella loro tensione ascendente si integrino  appieno con quella superiore degli sringas del sikhara).  Nel tempio di Sohagpur, come già nel Devi Jagadambha in Khajuraho, erano piuttosto rientrate le pretese sfarzose del Lakshmana, del Visvanatha, e del Kandariya, di sollevare su di un adhishthana mirabile di zoccolo e plinto e podio il tempio cui si risaliva ulteriormente al loro interno, elevandone il dio e le sue manifestazioni, che vi si rinvenivano, ad un livello superiore a quello delle divinità planetarie navagraha o delle saptamatrikas che cosmicamente vi procedevano intorno nelle nicchie ribassate dell'adhishthana  per cui nel mandapa del Virateshvara, - che la rovinosità del tempo, ad opera di terremoti più che di devastazioni umane, aveva fatto si che finisse conglomerato con l'ardhmandapa che lo precedeva, - la  balconata della finestra del transetto sorgeva allo stesso livello di kura, kumba e kalasa del podio dell'adhishthana,

 

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, balcone del mandapa ( seconda metà secolo XI O )

 

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur( seconda metà secolo XI O )

 

Egualmente che nei templi posteriori di Khajuraho, pertanto il balcone del Virathesvara si sopraelevava  solo su bhitta e pitha,  di uno zoccolo e di un plinto di ben modesto risalto, profilati in Sohagpur da una prima modanatura con rilievi di petali di loto, da un pattika di volute ondulate con takarikas, da un affilato karnika con un fregio sottostante di ardharatnas triangolari, un  pattika di rosette.

 

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, adhishtana ( seconda metà secolo XI O )

 

 

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, adhishtana ( seconda metà secolo XI O )

 

 

Tempio Virateshvara di Sohagpur, balcone del mandapa( seconda metà secolo XI O )

Le balconate presentavano  invece un  rajasena inferiore  di rombi diamantini,  un vedika di apsaras alternate a vyalas, come a onore del vero non in Khajuraho è dato di vedere, ma limitatamente alle sole apsaras nel tempio a Shiva Nilkanteshwara di Udayapur

Uudayapur, ( Vidisha Distt.) tempio Nilkanteshvara, balcone a raffronto del mahamandapa ( seconda metà secolo XI O )

 

 un asanapatta di più minuscoli rombi e coronata da dei kuthas a guisa di pidhas, o ripiani di tetti piramidali, un  kaksasana- schienale  decorato  da un'  alternanza di lastre phalakas e di fusti di bambu abbinati, a memoria delle origini lignee della balconizzazione di sale o transetti del tempio. Un fregio superiore di volute intersecantesi ultimava il tutto.

   Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, balcone ( seconda metà secolo XI O )

 

 

 

Tre ordini di sculture si succedevano lungo la kapili del vestibolo dell'antarala e le pareti del mulaprasad, i loro corsi albergando statue di divinità, entro nicchie, nell'eminenza visuale  di badhra centrale e kapili  vestibolare, apsaras allocate sui pilastri* dei pratirathas,   ed i dikpalas e gli astavasus su quelle di karnas , nella loro terza  serie guizzanti  o posati vidyadharas recanti ghirlande.

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha ( seconda metà secolo XI O )

I recessi dei salilantaras erano invece alquanto miscellanei, ospitando  effigie di Vishnu , o di altre divinità, insieme con vyalas e mithunas  di coppie dedite eminentemente al sesso orale, in performances alcune delle quali  figuravano di alto tenore acrobatico

 

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna  ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna  ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna  ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, jangha, mithuna ( seconda metà secolo XI O )

Nelle nicchie principali dei bhadras campeggiavano a sud un Shiva bellamente Tripurantaka, nell'atto con la sua freccia di trafiggere d'un sol dardo le tre fortezze, fusa in una sola, del demone Maya impadronitosi della terra, del firmamento, dell'atmosfera di mezzo,

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Shiva tripurantaka ( seconda metà secolo XI O )

 

a occidente Shiva Nataraja,

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Shiva nataraja  ( seconda metà secolo XI O )

 a Nord una terrifica Chamunda.

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Chamunda ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Chamunda ( seconda metà secolo XI O )

Un verandika di due pattikas  istoriate di volute  vegetali ,  che precedevano ratikhas, di smaglianti rombi floreali, cui faceva seguito il loro  inserto in un frontoncino a guisa di sukanasa,  era di transizione al sikhara di stile sekhari, bello più che nello slancio ascensionale del mulamanjari complessivo, , fin anche troppo longilineo e snello,  in quello dei suoi addendi di sikharikas.

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Sikhara  ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Sikhara ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Sikhara, urah-sringas e anga-sringas ( seconda metà secolo XI O )

 

 

Li costellavano i due urah-sringas o uromanjari centrali,  il maggiore dei quali era esso pure saptaratha, affiancati nel loro primo  anelito da quello di uno sringa  per ogni proiezione ad ascendere del jangha, per un totale saptaratha  di sette, per ogni lato che non fosse quello frontale, quanti i rathas  del jangha ed i latas del sikhara. Due tilakas, a forma di edicole templari sormontate dai pidhas dei ripiani di un tetto piramidale, e da chandrika e amalaka ugualmente miniaturizzati, si stagliavano di lato alle istanze iniziali del primo urah-sringa, mentre il penultimo dei sikharikas od anga-sringas era  duplicato da uno sringa di grado superiore,  tra vyalas e apsaras, e schiuse floreali, ascendenti ancora finanche  lassù.

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Sikhara, urah-sringas e anga-sringas ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, Sikhara, urah-sringas e anga-sringas, apsaras e vyalas ( seconda metà secolo XI O )

Krishna Deva che del tempio Virateshvara di Sihagpur ebbe ad occuparsi in Temples of North India, (1969), eludendone la riconsiderazione nel più complessivo Temples of India, (1995) nella sua impeccabile sintesi descrittiva del tempio, pur se di appena mezza paginetta soltanto,  ebbe  l'acuzie di rilevare come il sikhara sia così tall and slender, alto e slanciato, che dei due livelli di sringas o sikarikas " so attenuated  in height and bulk", " the upper attached spires hardly reach half the height of the main spire " ( pg.50-51)

Amalaka, chandrika, ancora due amalasarakas, eccezionalmente, in luogo di una, kalasa e il vijapuraka, a guisa di agrume, oltre il collo del greva il coronamento finale.

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, pinnacolo ( seconda metà secolo XI O )

L'interno riservava l' unica conferma alla pre-dizione di Kailash che il tempio fosse un facsimile del Duladeo, presentandosi come ottagonale e  volto in una pseudo-cupola, con gli sporti di resti di cariatidi apsaras , un tempo su mensole ad ogni spigolo d'ottagono

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, interno del mandapa( seconda metà secolo XI O )

Il portale d'ingresso al garbagriha mancava della soglia originaria, non di certo di Ganga e Yamuna ai piedi degli stipiti, che in flessuosa tribhanga si lasciavano affiancare da attendenti e da tremendi  dvaparala Bhairava, uno dei due con katvanga teschiuto.

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, portale d'accesso ( seconda metà secolo XI O )

 

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur,portale d'accesso al garbagriha,  Ganga ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, portale d'accesso al garbagriha,  Yamuna ( seconda metà secolo XI O )

Esse fornivano il loro supporto a sei bande di sakas tutt'altro che di sola ordinanza, se nello stambha sakha centrale, nelle nicchie del suo rilievo in forma di pilastro, albergavano divinità in luogo dei più consueti mithunas, come è dato di riscontrare nello stesso Duladeo, a onore sempre del vero. Fiancheggiavano lo stamba- sakha  le corrispondenze di due sakas, ai lati, entrambe festose di ganas o gandharvas musici e danzanti, preceduti all' interno da una prima banda di eleganti roselline e da una seconda di nagas intrecciati in guisa di nodi.  Verso l'esterno suonatori e ballerini erano attorniati da  un sakha di fiori mandara, cui faceva seguito  un fregio dalle forme più in rilievo di pelli rinsecchite di serpenti, nei templi di Khajuraho  quanto mai usuale.

More insolito, al centro della trabeazione di un  lalatabimba niente affatto trimurtico, Shiva Nataraja era sfrenantesi nella danza tra Saraswati e Ganesha,

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur,portale d'accesso al garbagriha, ( seconda metà secolo XI O )

 Le loro  immagini contrappuntavano ugualmente la sua centralità anche all' esterno, nelle kapili, -ove l' uno, Ganesha,  era sormontato da Kartikkeya,

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, kapili, Ganesha ( seconda metà secolo XI O )

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, kapili, Kartikkeya ( seconda metà secolo XI O )

 

 

l'altra, Saraswati,

Tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, kapili, Saraswati ( seconda metà secolo XI O )

da una ennesima replica di Shiva in un triplice ordine di edicole.

In un' unica  fascia superiore della trabeazione d’ingresso al garbhagriha, sembravano sfilare delle Chausat yogini , con Ganesha a condurne la processione, se era vera la sola supposizione che mi sembrava di poter raccogliere come valida  dal guardiano del tempio, sempre che non si trattasse delle saptamatrikas e dei navagrahas, con Ketu e Rahu nascosti da una rientranza rispetto ai muri laterali.


 

Non senza avere prima sostato ad acquistare frettolosamente anche una t-shirt, per Chandu, che al telefonino aveva sapientemente  chiesto a me un giocattolo, e a Kailash un capo di abbigliamento, a me kilona, a Kailash kaprà, - senza entrambi i quali e chi aveva l'animo di varcare la soglia di casa e di farsi rivedere dal bimbo adorato?-,  io ed il mio amico, al ritorno alla stazione di Shahdol , ci saremmo ritrovati ancora  in waiting listing, il che pur ci consentiva di salire sul treno, almeno nelle carrozze di seconda classe.

Nemmeno il tempo di sistemarmicisi, che vi avrei ritrovato un inquietante indiano, non ancora attempato, con cui mi ero già imbattuto nel Mukunpur park, vicino a Govindgharh. Egli per prima mi aveva riconosciuto, ma con uno sguardo allarmante che avevo prontamente disconosciuto, fingendo di non sapere niente, degli zoo-safari di tigri bianche di cui mi avesse visto partecipe.

Le ragioni che avevo di eluderlo le avrei appurate di lì a poco,  quando mi sono ricreduto e l’ho riavvicinato, dicendomi confuso dal suo riferimento ad un safari, mentre in Mukunpur mi ero recato a piedi alle gabbie delle tigri.

Era in realtà uno di quei  tizi inquisitori che tende a mostrare di sapere tutto di tutti, e a individuare puntualmente negli altri proprio qualcosa che non va. Poteva dirmi nome e cognome del mio accompagnatore,  l'ora esatta ed i minuti primi, se non i secondi, del mio arrivo in Mukunpur,-  e, poi,  a proposito, perché mai, io che ero uno straniero, mi trovavo a viaggiare solo in seconda classe con un general ticket?  E davvero io ero sulla direttrice più propria per arrivare a Khajuraho, dove dicevo di volermi recare? Il mio passaporto, inoltre, ed  il mio visto, di sicuro erano in regola?

Scendeva a Umaria, dopo che me n’ero distaccato,  mancando io di tutta la virtù occorrente, nelle circostanze, per sostenere un indiano che non sa chiedere di te senza condurre un’indagine, quant 'è vero che non reggo senza  un certo nervosismo gli indiani che non sanno chiedere senza dare ordini, o  chi di loro una ne dice, un’altra ne pensa, ed un’altra ancora ne fa  delle sue. Kailash, che avevo convocato invano perché confermasse al cospetto dell'uomo quanto gli avevo detto sul mio conto, dalla sua discesa in Umaria ne arguiva che fosse una guida od una guardia forestale del vicino Bandhavgarh park. Dei passeggeri circostanti avevano  astrologato/ congetturato invece che l'uomo fosse alquanto su di giri alcolici, secondo la sola spiegazione che gli indiani sanno per lo più fornire degli stati di esaltazione o di alterazione mentale.

Non si sarebbe poi rivelato così penoso, come ci si prospettava alla partenza, quel viaggio di oltre sette ore in seconda classe, - si trattava  di un treno non sovraffollato, in quanto quotidianamente collegava soltanto due stati dell'India, da Bilaspur a Rewa,-, né sarebbe stata allucinante la sosta nella stazione ferroviaria di Satna , per quanto fosse infestata all'esterno da moscerini e zanzare, tirandovi mattina fino a qualche decina di minuti prima che gli autobus fossero in partenza per Chhatarpur, o solo più tardi per Khajuraho.

Preferivo prendere quello per Chhatarpur che avrebbe richiesto una sosta in Bhamitha, dove mi ripromettevo di comperare kaprà, nuovi capi di abbigliamento, anche per Poorti e per Ajay.

L’alba mattutina era di un  chiarore lattiginoso annuvolantesi, che ci preannunciava il ritorno nel grigiore campestre di una Khajuraho riarsa dalla siccità, ove il verde cedeva all’ocra dei terreni dissodati ed incolti, od alle stoppie ingiallite dei lasciti dei coltivi già raccolti,  come era stato possibile solo nei campi che avevano potuto beneficiare dell’acqua di un pozzo, al pari di quelli in cui fulgevano  le distese delle messi di grano non ancora mietute.

“ Tutto in Amarkantak era luminoso, ed ora si è fatto così fosco”, "All in Amarkantak was shining and now it's dark”, riassumeva Kailash il nostro rientro, al transito nella foresta calcinata del pulverulento parco di Panna,  dove l’estate  era tornata a vestire i panni di un autunno inoltrato, nell’ ammanto di foglie secche che ne ricopriva  i declivi,  a spogliazione avvenuta degli alberi di teak-sagon.

Ritrovandoci in Khajuraho, dopo Amarkantak, come al capo opposto del palo polare dell’Eden che vi avevamo lasciato.

 

Bibliografia

 

Krishna Deva, Temples of North India, National Book Trust, 1969

Krishna Deva Temples of Khajuraho, A.S.I, 1990

 

 Si ringraziano  per le informazioni attintevi il sito

 

 dictionary.sensagent.com/Amarkantak/en-en

e la voce wikipedia https://en.wikipedia.org/wiki/Sarvodaya_Digamber_Jain_Temple

 

https://en.wikipedia.org/wiki/Amarkantak#Shri_Sarvodaya_Digamber_Jain_Temple

 

e per le informazioni generali e le leggende sulla Narmada in esso raccolte e desuntevi

 

Along the Narmada travel guide Good earth, 2015 e

 Discovering Madhya Pradesh, 2008, a cura dell' M.P. State Tourism Development Corporation

 

 

 

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( cfr Il velo della veronica di Yeats.)


 

"Kallu, my best friend…"

"Really?"

"My best ennemy if you prefer"

Sulla via del rientro dal Mai ki bagya, poi all’udgama narmada

"Kailash potrò esser il tuo miglior nemico, ma è da due giorni  che lascio che tutto avvenga nel modo che può fpiù arti felice. Visitati i purana mandir ho lasciato a te l'ultima parola su ogni luogo dove recarci , cercando di offrirti il meglio di ogni cosa che mi è possibile qui in Amarkantak,  di trarti fuori per alcuni giorni di seguito da ciò che per te è il nostro mondo di vita in Khajuraho”


 

 

Situated behind the Narmadakund, these ancient temples are a living example of beauty and test of time. You will find many temples belonging to the 1000 AD and more like Keshav Narayan Temple, Pataleshwar Mahadev temple, Machhendranath temple, etc.
Ancient Temples of Kalachuri Period were constructed by Kalachuri Maharaja Karnadeva between 1042 and 1072 AD. These temples are situated just at the back of the Narmadakund towards the south. The Kalachuri architecture is very popular and comprises of the Pataleshwar Mahadev Temple and the Machhendranath Temple. As per myths, it is said that Adi Shankaracharya, born in 788 AD, has been sanctified on the banks of the Narmada River in Amarkantak. He is known as the founder of the Pataleshwar Mahadev Temple in Amarkantak, which is now called Surajkund. These shrines and temples are visited by a large number of tourists and devotees every year from all over the world.


 


 


 

la fascinosità della pietra rossastra muschiata di  grigio verde del tempio Karna


 


 


 

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