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IN GYARASPUR

 

febbraio 2014

 

 

E per Gyaraspur? “ chiedo alla reception dell’hotel in Bhopal dove intendevo invano fare trasloco,  essendo il più popolare e il migliore tra quelli economici. In quello dove alloggiavo la notte era stata travagliata dai topi richiamati in stanza dalla fragranza profumata del fruit cake che avrei tanto voluto essere l'unico a sbocconcellare.

Di Gyaraspur non ne sapeva niente il giovane addetto al banco di ricevimento, di certo perché dei tanti turisti che si erano avvicendati al banco, ero il primo a parglargliene chiedendogli il modo di raggiungerlo.

E tanto è valso a rappacificarmi con il mio destino di condivisione della mia stanza con i "ciua" d'albergo, quanto a rassicurare il lettore che si ritroverà in Gyaraspur nella più splendida solitudine,  benché la via che vi reca sia delle più importanti e agevole e piana del Madhya Pradesh.”

 

 

Non più di 46 Km, confortevolmente percorribili, distanziano Gyaraspur da Sanchi, lungo il tratto stradale  che da Vidisha reca a Sagar, dell’arteria di più lunga percorrenza che conduce da  Bhopal a Kanpur e Lucknow, ricollegando le due capitali del Madhya e  dell' Uttar Pradesh.

Gyaraspur si distende e si slarga al passaggio tra due dorsali collinari, in prossimità del lago Mansarovar, in un  biancore di case e di cuspidi di templi hindu tra cui si situano le rovine dell'Atkhamba, che per la loro stessa accessibilità lasceremo per buoni ultimi, per intraprendere la visita preliminare dei monumenti che si situano all’esterno dell’abitato,  distaccandocene lungo la stradicciola che si diparte sulla destra per chi provenga  da Vidisha, e risalendo l’agevole china di un’erta.

Basta inoltrarsi per qualche centinaio di metri, ed ecco apparire l'Hindola torana, il magnifico portale d’accesso a ciò che resta di non meno splendido di un tempio vishnuita, il Charkamba,   o i "quattro pilastri" della sala del suo mandapa, risalente all ultimo quarto del secolo decimo della nostra era.. L' Hindola torana nel suo fulgore ne anticipa l’equilibrio di potenza e di grazia  proprio dei templi Kachchapaghata, come si offre alla luce che ne invasa il chiarore della pietra rilevandone alla base dei pilastri (riquadri bhadraka, cosiddetti per il variegato corso ornamentale centrale , bordato di fiori mandara, sovrapposti a una padmapitha di motivi di fiori di loto e alle modanature replicate  di khura, kumba, kalasa, ) la profondità di intaglio delle incarnazioni di Vishnu,- Varaha, Narashima, ,

Parasurama,

 

 

Buddha, od una presunta Mohini, con un soggiacente Kalkeya, ossia  l'incarnazione di Vishnu a venire con la fine dei tempi del Kali yuga,

 

Matsya e Kurma, il pesce e la tartaruga,

 

 

 

L'intaglio successivo di frontoni di udgamas coronati da cornici perlinate che incastonano musici e attendenti, tra un corso di rosette e rombi diamantini,  quindi si diffonde nella profusione vegetale delle coppe dell'abbondanza- o ghatapallava- , sorrette dall’ intrecciarsi di gemini nagas serpentini ,  e dei volti di gloria di kirtimukkas rifluenti  tra vyalas che ne abboccano i festoni. Questo prima che la potenza della forza, come ancor più nelle trabeazioni del mandapa del tempio, esprima la sua esuberanza nelle protuberanze delle proboscidi elefantine e nella predacità delle fauci leonine delle mensole sovrapposte ai capitelli bharani , senza che tuttavia abbia la meglio su quant'è la grazia della tornitura dei pilastri tra le protomi, che le rifinisce in colonne vibranti di luce nelle loro intermittenze reticolari, le jalakas, sulla preziosità successive dei capitelli dadiniformi e della intercisioni delle scannellature. E' dalla sommità delle mensole dei due capitelli inferiori che scaturiscono i festoni del torana, gremiti di vidyadharas reggitori di ghirlande lungo tutta la volta della loro inarcatura, che lambisce una trabeazione superiore  poggiante sulle mensole dei capitelli sovrastanti., in cui si alternano divinità nelle nicchie e devoti nelle rientranze, tra il decorrere dei fregi di volute .

E nelle trabeazioni rette dai magnifici pilastri bhadrakas del mandapa anch'essi quadrati e con una proiezione centrale, o bhadra,  

  come simili a quelli di sostegno del torana d'ingresso, di cui riproducono la decorazione mirabile, le ninfe surasundaris superstiti lasciano ben intendere come tra queste rovine sia stato possibile ritrovare la sulabanjika che è la meraviglia ben nascosta in cassaforte del museo archeologico del Gurjari Mahal di Gwalior.

La strada che occorre riprendere quindi s’inerpica in una lieve salita,  mentre si diradano le abitazioni e s’infolta ai suoi lati la vegetazione d'altura, finché, in prossimità della sommità del colle, appaiono  l’amalaka,  il  chandrika, il kalasa della coppa ed il pinnacolo o vijapuraka in cui ha il suo culmine il tempio sottostante della Maladevi, addossato al fianco del colle su di una piattaforma, e  in parte intagliato con essa nella sua roccia.

 

Occorre discendere una rampa di scalini per ritrovarsi ad esso di fronte, nella sua magnificenza solenne di santuario recondito di numinosità femminili Jain, da cui la vista può allargarsi alle distese sottostanti delle risaie della vallata, dei casolari che vi sono sparsi nel verde smagliante

 

 

 

 

L’austerità arcana delle sue vestigia fascinose  traspira dalla preziosità d’intaglio delle trame linguiformi - gli udgamas delle carenature dei gavakshas che ne  accorpano i fianchi al sovrastante sikhara, delle fasce orizzontali di motivi di foglie,- i parna-bandhas, di pendenti vascolari- i lumas-, di testate di travettini - i tula-pithas- , di miniedicole seriali, su uno sfondo, lumeggiante, di reticoli di scacchi  vibranti di luce crepitante, contro cui si staglia con ancora più risalto il rilievo più aggettante delle sfarzose balconate, in un' emergenza alla luce che ha la sua scaturigine interiore nel manifestarsi al mondo del divino che promana dall'interno del tempio.

Di epoca Pratihara e  risalente si presume all'850-870, 900 dopo Cristo, il tempio è volto a oriente e composto  di un portico d'accesso, o mukha-mandapa, della sala di un mandapa, del vestibolo-kapili di un antarala e del santuario con un ambulatorio interno illuminato da finestre reticolate jalaka, che ne fa un tempio sandhara. Le pareti esterne, come quelle corrispettive  interne del sanctum del garbhagriha  sono triratha , ossia contrappuntate da tre proiezioni,  mentre   lo sikhara che si sovraerge è pancharatha,  presentandone cinque, ed appare replicato in otto sikharikas o sringas minori.

Il basamento del tempio consta alla vista di una duplice serie di corsi piatti, prima del vedibhanda che canonicamente figura costituita di kura. khumba e kalasa, e si presenta sormontata da un kapota fregiato di takarikas, di dentellature e dei lumas di boccioli pendenti, cui fa seguito l'ornamentazione fogliare di un parna-bandha.Alla loro altezza trovano il loro culmine le carenature dei frontoncini delle edicole, o rathikas. , la cui devastazione evidenzia la compenetrazione con le modanature aggettanti dell’ adhishthana  del tempio, ma fa ancor più risaltare come Nicchie e frontoncini di tali edicole siano sono di dimensioni maggiori o minori a seconda che campeggino nelle  proiezioni centrali o in quelle che le affiancano Di tali ratikhas sono vuote quelle lungo la parete sud, mentre le due nicchie situate nella parte nord ospitano le statue di due Yasksi, una delle quali ha dodici braccia e sta su un leone, la seconda ne ha quattro ed è in posizione eretta.

Ad ambo i lati del ratika ch'è all'altezza del santuario, la modanatura del kalasa è decorata con due teste di trave in pietra, o tulas, in cui sono scolpiti kirtimukkas e forme animali e vegetali. E' un motivo che si ripresenta nella facciata d'ingresso, e che  a qualche decina di chilometri di distanza  è dato di ritrovare nel tempio Gadarmal di Patari Badoh, dove ugualmente ricorre il motivo di  due semi-kirtimukkas agli angoli che ne compongono un volto integrale,

 Le nicchie dei rathikas hanno il loro proprio basamento in un padma-pithika di foglie di loto, e il loro coronamento in un sukanasika al cui centro campeggia in guisa scattante una scimmietta, a conclusione delle carenature o finestrelle-chaitya del frontone, sopraelevate sulla gronda, o khura-chhadya, dal tula-pitha di un filare di testate di travetti di pietra.

E' all'altezza di tale rifluenza perlinata sommitale, che il corso di un parna-bandha fogliare, che già si è rilevato, dà inizio alla parete del jangha, ancora il duplice recesso di due antarapattas a scacchiera luminescente, su cui risaltano edicolette carenate, e poi due vasi dell'abbondanza, o ghata pallava , saranno di sostegno, e si porranno in conclusione, dell'integrarsi di (simulacri di) pilastri ai balconi nelle tre proiezioni centrali del  mandapa e del santuario del lato meridionale che fronteggiamo,  e all'affiancarsi di altri (simil-)pilastri , -in cui un patra-lata rampicante ed un pattika con un semi-kirtimukka intercorrono tra i gatha pallava dell'abbondanza alle due estremità,-accanto alle carenature di lunghi ugdamas laterali che si alternano ai balconi  nei salilantaras dei recessi, sormontando nicchie. Ad essi fanno seguito i frontespizi delle edicole delle proiezioni minori, i cui udgamas si prolungano a loro volta, oltre le gronde dei kura chhadyas, per tutta l'altezza restante del jangha. Caratterizzano tali udgamas il profilarsi, ai lati dei chaitya gavakshas centrali, di due serie di bhumi-amalakas alternantesi a kapotikhas,  come avviene di norma nelle proiezioni agli angoli, o karnas, di un sikhara, che ne articolano la mole in bhumi di piani susseguentisi. E' una variante  degli udgamas  che è dato ritrovare in altri templi Pratihara, quali quello al dio Surya di Madhkera, il Chaturmukha Mahadevi di Nachna Kuthara,  il Jarai Math di Barwa Sagar. 

Nella parte inferiore dei balconi preminenti, un corso di  lumas pendenti a guisa di boccioli, uno di tulas ed una vasantapattika floreale  ne precedono la kashasana inclinata, ove si susseguono terne di fusti che evocano mimeticamente quelli di bambu delle sue origini lignee. Essa si erge su di una padma-pithika a guisa di foglie di loto, ed è bordata di una serie ulteriore di lumas che fanno una seconda comparsa nei balconi,  e di un  fregio vegetale che fa da bordo.

I vasi dell'abbondanza che terminano i pilastri laterali sono di supporto al capitello bharani che si compone di un duplice amalaka scanalato, il cui fremito di luce ed ombra è intensificato dalla duplice  trabeazione traforata della reticolatura di un  jalaka-pattern, posta al di sopra di mensole ornamentate di parna-bandha fogliari, ed intervallata dal ricorso ulteriore- ed è il quarto- a filari di boccioli di lumas pendenti.

Una serie di tulas a guisa di simha-mala, ossia di una successione di sembianze leonine,  ne precede il fastoso frontone di udgamas carenati.

Sopra un varandika al mezzo dei cui rilievi rientra una fascia di fregi triangolari o ardharatna, si stacca  lo sikhara, di sette piani, con l'appiglio di sikharikas, culminante oltre il collo del griva in amalaka, chandrika, amalasarika, kalasa e vija-puraka.

Il tempo di rimirare nelle edicole d'angolo tra la parte meridionale e quella volta ad oriente, del portico d'ingresso, una Yakshi Vahnisikha seduta in lalitasana su un uccello a due teste, il  kukkuthai, ed una seconda Yakshi accomodata su un elefante,- ambo i veicoli animali essendo alleviati nel loro sostegno che offrono dall'interposizione di un cuscino di foglie di loto,e si è all'entrata del tempio. Nel vertice opposto sono un cavallo ed un pesce a sottostare al seggio di altre due dee, precedendo lungo il lato nord un raggiante Kubera.

Il portico d'accesso cui ora ci si volga, lo fiancheggiano due balconi ed è  retto da  quattro pilastri. Essi sorgono su un  upapitha che replica le modanature del vedibhanda, - con tanto di pithika soggiacente coronata con un motivo di foglie di loto, o padma patra, e di kumbikha con un'edicoletta sovrapposta con il suo frontoncino . Tali pilastri sono del tipo misto,o misraka, in quanto il cubo di base in cui è inserito un ghata-pallava, o vaso dell'abbondanza, si evolve in una sfaccettatura di sedici lati che si fregia della ricaduta di festoni di ghirlande di campane, o gantha-malas, prima di riconvertirsi in profili  cuboidi comprensivi di gatha pallava e di kirtimukkas, tra  cuscinetti scanalati che preludono a quelli del capitello barhani, cui fa seguito una mensola taranga, per i suoi profili ondulati.

Il portale d'accesso alla sala del mandapa ha cinque bande laterali, i sakhas, delle quali la più esuberante nel suo rigoglio vegetativo rampicante è quella più esterna. Sottostanno ad esse le  dee Ganga e Yamuna, che presidiano l'adito insieme a inservienti e custodi Jaina dvarapalas, queste ultime  con in testa una kiritha mukuta quale tiara a guisa di corona, ed un bastone-gada  ad ogni buon uso. Chakresvari, la Yakshi di Adinath, il primo tirthankara  jain, campeggia al centro della trabeazione, sormontata da due  file di nicchie.      Di particolare interesse è la ricorrenza sopra le due dee fluviali, dentro la schiusa ai lati di un fiore di loto, di una figura di guru in padmasana e con  le mani intente nel mudra espositivo, che è attorniato da quattro discepoli e  reca un bastone sopra le spalle, mentre lo sorvolano dei vidyadharas con le loro ghirlande .

 

L' identificazione del personaggio centrale con Lakulisha , intento a dialogare con i discepolo Mitra, Kusika, Garga e Kaurushya, secondo una suo raffigurazione che si può riscontrare al di sopra della dea Yamuna del Teli ka mandir di Gwalior,  e di ambo le divinità fluviali nel tempio Jarai Math di Barwa Sagar, può indurre a supporre che il Maladevi di Gyaraspur  sia stato prima ancora  un tempio shivaita, che jain, od un edificio di venerazione sincretistica, consacrato  alla energia divina femminile o Sakti del Dio, come il Teli ka mandir e il Jarai Math o il Gadarmal di  Patari Badoh,  secondo quanto attesterebbe la  forma oblunga della loro pianta comune, intesa ad albergare le immagini plurime  della potenza della Sakti. Avvalora l' ipotesi il dato che al centro del garbha-griha stia l' immagine di Vaishnavi, la  divinità hindu corrispettiva di Chakresvari , la Yakshi del primo tirthankara  jain Adinath. Come il tempio Parshvanatha di Khajuraho, si può pertanto presumere che il Maladevi fosse  comune alle  fedi hindu e jain,  in virtù del culto che vi si tributava a Chakreshvari Vishnavi, al cui tirthanhara corrispondeva in Khajuraho il tempio in onore di Adinath contiguo al Parshwanatha

 R. D. Trivedi in Temples of the Pratihara Period in central India rileva come i soffitti siano di  tipo Kshipta-vitana, nelle loro concavità, "carved with an elongated scalloped recess of diamond shape"

I quattro pilastri del portico ed il portale d'accesso al mandapa sono replicati al suo interno, dove il portale del garbha-griha in larga parte scolpito nella roccia, reca le immagini di Sarasvati e di una Jaina Vidyadeva ai termini della trabeazione, la cui figura centrale è irriconoscibilmente deturpata. Ai lati due portali con  tre sakhas (di fasce )di rilievi laterali, a incorniciarli, immettono nell'ambulatorio interno. Quello a sud alberga un'altra Yakshi Chakresvari al centro della propria trabeazione, cui fanno seguito quattro piani di nicchie, due delle quali recano 18 figure di Jain eretti.  Anche la porta settentrionale di ingresso nel deambulatorio è sovrastata da nicchie, in cui  alloggiano le immagini delle saptamatrikas, precedute e seguite da Shiva Virabhadra e da Ganesha.

 

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La ridiscesa nel villaggio dalla magnificenza remota del tempio Mahadevi , ci condurrà, proprio in centro, presso la fermata degli autobus, alle rovine dell'Athkamba, ( otto pilastri), già tralasciate, D'acchito, come lascia già intendere la denominazione  locale del tempio, i suoi resti sono quanto rimane di un  colonnato superstite doppio,

meno raffinato nel suo intaglio di quello del Chaukhamba.

 

 

 

 

 

 

E' un tempio shivaita risalente al decimo secolo dopo Cristo, coevo al tempio precedente, come lasciano intendere anche alcune incisioni scritte di pellegrini. In una di esse, del 982, è definito Krishnesvara,  il che può lasciare intendere che sia stato fatto erigere da Krishnapa, fratello del re Chandella Dhanga (954-1002), sotto il cui regno venne edificato in Khajuraho il tempio Vishvanata.Ne rimangono i quattro pilastri  bhadrakas di un mandapa, due ulteriori similari del vestibolo, e quelli le sembianze di pilastri degli stipiti d'ingresso al santuario del garbha-griha.

La loro ornamentazione appare un  compendio di quella dei pilastri del tempio Chaukhamba, di cui riproducono la successione dei vasi ghata-pallava, sottostanti e sovrastanti, ma intervallati da volute vegetali oltre ché da grasapattikas di  da kirtimukkas. In quelli del mandapa un capitello con minore esuberanza di mensole di protomi animali costituisce una interposizione più raccorciata di quella di capitelli e mensole del tempio precedente, prima della  successione di un'analoga sezione attica circolare. Essa è assente nei pilastri  del vestibolo, ed è reticolata anch'essa a scacchiera, prima che vi ricorra un grasapattika che non è presente nell'uchchalaka della sezione attica del tempio Charkamba, e che la sua superficie si faccia liscia.

I capitelli superiori sono dei tipo taranga, per le loro ondulazioni, e sorreggono trabeazioni figurative sormontate da udgamas.Un makara torana di grande eleganza nei suoi quattro festoni, si diparte quindi all'altezza delle mensole cruciformi che sono rette dai capitelli scannellati dei pilastri dell'antarala, per più precisione distaccandosi da un pattika fregiato di rombi diamantini e rosette, e che è sorretto da degli atlanti assai prominenti. Repliche dei capitelli e mensole su cui poggia il torana reggono la trabeazione sovrastante, ove figurano immagini  di  mithunas di coppie erotiche e di musici e danzatrici.

Dei cinque sakhas o bande del portale del tempio ne sopravvivono solo quattro, tra tali cornici primeggia quella costituita di edicole coronate di udgamas enelle quali campeggiano Shiva e Parvati, tra i festoni ai lati di intrecci e viluppi di coppie di ganas .

Nella lalata bimba dell'architrave stanno insediati Shiva al centro e Brahma e Vishnu alle estremità, oltre il dispiegarsi intermedio delle Sapta-matrikas  danzanti con Ganesha e Virabhadra.  

 

Risalendo la strada verso Vidisha, si perviene  alle vestigia ulteriori di estremo interesse del tempio Bajramath.

Già Alexander Cunningham ebbe a suo tempo a rilevarne la particolarità di presentare tre celle, o garbaghriha, in un dispiegamento frontale che a suo avviso pregiudicava lo slancio in altezza dello sikhara centrale, di guise Latina e pancharatha,  ossia senza sikharikas e con cinque proiezioni  

essendo esso affiancato da due coperture laterali piramidali, semi-phamsana. Il maggiore riscontrò come tale peculiarità lo accomunasse al tempio Chandella di Makarbai, nei paraggi di Mahoba, cui si può aggiungere il tempio trigemino di Dudhai, il che egli non potè o non ebbe modo di rilevare, dato lo stato allora ruderale di due dei suoi tre garbha-ghiha Ben poco sopravanza di quanto del tempio precedeva l’accesso alle celle allineate, un ranga-mandapa aperto di nove campate, sorretto da dodici pilastri e da quattro colonne, recintato da una balaustra reclina, kakshasana, da cui si accedeva alle entrate alle tre celle del tempio. Resta invece molto, di grande rilievo, dell'apparato statuario dei santuari dei garbha-griha, disposto sul primo livello della parete del jangha e lungo il varandika disposto a ridosso dello sikhara centrale, da cui si elevano i  phamsanas piramidali laterali. Nella trabeazione del portale d' accesso alla cella centrale primeggia l'evocazione di Surya, dio del Sole, quale genitura di Aditi, l'illimitato apeiron origine di ogni determinazione creatrice e di ogni liberazione da vincoli, mentre Vishnu, nella sua incarnazione  come Sankharsana Balarama,  e Shiva, campeggiano in quelli laterali.

Le raffigurazioni di otto dei 12 Adityas corrispondenti a 12 manifestazioni benefiche dell'energia vitale solare, una per ogni mese dell'anno, ricorrono  nella banda più larga  dei sette sakhas che fregiano gli stipiti del santuario mediano, la fiancheggino tre sakhas che irretiscono nel loro intrigo di vegetazione di loto rampicante uccelli, animali, kinnaras,  yakshas e gandharvas, nonché Usha e Pratyusha, l'Aurora dai seni perennemente scoperti e il Sole assimilato a uno degli otto Vasus nella sua calura cocente, mentre un ulteriore Aditya compare nella prima trabeazione sovrastante, ed i tre restanti completano la serie nell'architrave superiore, insieme con Danda e Pingala. Guardiani solari affiancano le divinità fluviali, al pari di come le affiancano guardiani shivaiti nel portale alla sinistra del tempio, lungo  i cui sakhas laterali principali si susseguono 8 degli 11 Rudra compagni di Shiva, otto quanti sono  i principi vitali delle manifestazioni propizie. I tre Rudra ulteriori compaiono nell'architrave, dove restano confinati in quanto sprigionano gli infuocati aspetti temibili del dio Shiva da tenere a debita distanza.

Nella cella sulla sinistra, similare alla precedente, immagini di Sankharshana Balarama

rimpiazzano i Rudra antecedenti.

 

Indugiando sul retro, oltre l'apparato statuario dispiegato sui fianchi,

, 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

è dato di cogliere come alle immagini antistanti di Shiva corrispondano quelle retrostanti di manifestazioni o incarnazioni  di Vishnu,

 

 

al punto da accreditare  che il tempio sia trilaterale perché era in onore di Surya Hari Hara Hiranyagarbha

ossia di Surya in quanto dio solare sintetizzzatore dei poteri di creazione, preservazione e distruzione, propri della classica Trimurti di Brahma, Vishnu e Shiva, in lui interpenetrantesi.

 

 

Mentre altrove, come in Khajuraho, tale sincretismo, in ragione della compenetrazione reciproca delle divinità venerate,  ebbe ad esprimersi e a dispiegarsi nel richiamo reciproco delle loro manifestazioni templari, ( sicchè Vishnu Vaikunta,-elevato da manifestazione vishnuita secondaria  a Essere Supremo e aRealtà primaria nel tempio Laksmana-, figura nell'antefissa e in una nicchia del santuario del Kandarya Mahadeva, e Surya, oltre ad avere un proprio tempio, compare nella fronte d'ingresso del Lakshmana e di tre dei santuari minori  che lo attorniano per costituire un complesso panchayatana,  non solo, ma in quanto Hiranya garbha ricorre nelle proiezioni principali  in direzione del suo volgere al tramonto nei templi Laksmana, Duladeo, Javari, oltre che nel tempio Chitragupta che gli è dedicato, a esaltazione della sua natura di divinità in sè integrante ogni manifestazione del divino), in Gyaraspur, come negli altri templi trigemini in Makarbai od in Dudhai, è lecito supporre che sia stata tale natura trimurtica di Surya ad originare la soluzione inusuale del tempio a tre celle.

Resta ancora, a 1, 6 km di distanza dal tempio Athkamba, lo stupa Dhekhinath, sulla collina omonima, dell’ ottavo, nono secolo dell'era cristiana, per completare il nostro itinerario nella meravigliosa Gyaraspur, la cui visita può ben inserirsi nel circuito che da Vidisha ,o Bilsha, che dir si voglia, risalendo al suo insediamento originario in Besnagar, in prossimità del quale si situano la colonna vishnuita di Heliodoro e alle  grandi sculture hindu delle grotte di Udayagiri, ci conduca al mirabile  tempio Neekanteshwara   di Udaypur, e quindi ai templi Gadarmal e Dashavatara di Badoh- Patari, alfine in Eran.


 

IN GYARASPUR   Maggio del 2016

 

  Con il tempio Santinath jainista di Deogarh, il numero 12, il tempio jainista Maladevi in Gyaraspur è il  solo tempio antecedente ai quattro templi maggiori di Khajuraho che come essi abbia un ambulatorio interno, e sia dunque sandara,  con il tratto distintivo comune di presentare sui fianchi lo sporto di tre balconi con kakshasana reclini,  ed un’edicola soggiacente ad ognuno di essi all’altezza ribassata  del basamento dell’adhishthana

In esso le cinque proiezioni dello sikhara, pancharata non trovano un  riscontro sottostante nella parte esterna del mula prasad del santuario del tempio. In luogo del bhadra centrale vi è accampato un balcone con due fasce laterali sussidiarie, laddove due nicchie sovrastate da lunghi udgamas di archi chaitya-gavakshas carenati  fungono da karnas d’angolo. I latas intermedi dello sikhara trovano invece un seguito inferiore nei recessi fregiati ugualmente di udgamas dei salilantaras delle pareti del tempio..

Altresì il vestibolo dell’antarala non emerge in una Kapili rilevata nella superficie esterna,  come nel tempio jainista Parshvanatha di Khajuraho, al pari del quale il tempio Maladevi  ugualmente non riporta in sporgenze sfalsate  su più piani, ( la cui articolazione ne farebbe  un antecedente più certo dei templi  sandara induisti di Khajuraho),  la scansione interna in sala del mandapa, vestibolo, santuario, cui contrappone il continuum di una  parete che tutto comprende dell’interno nella sua estensione, su uno sfondo tutto allineato sullo stesso piano, come è proprio di templi jain quali lo stesso Parshvanath in Khajuraho. In esso i balconi si succedono ai pilastri di  udgamas di archi carenati, uno dei quali, a guisa di sikhara, per il seguito di bhumi amalakas lungo i balapanjaras delle fasce laterali, era stato interposto tra gli stessi balconi del mandapa per ribadire tale seguito di  baluardi ostensivi di icone, incrementati dai pilastri  in cui erano istallate edicole degli stessi recessi.  I templi sandara, jain od hindu, risultano così, secondo tipologie proprie, dalla adibizione del loro profilo parietale esterno  a galleria uniforme  di immagini divine, Yakshis e Yakshas  nelle nicchie dei pilastri del tempio Maladevi, mentre nei balconi bhadras  si può presumere che fossero insediati  i  tirthankaras cumulati nella cella del santuario .

Nell' ornamentazione rimarchevole è la frequenza del ricorso di lumas pendenti, nei balconi l’assenza del vedika.

 

 

 

 

 

 

 up

 

.due delle quali, su ciascun fianco,  sui bancali reclini degli schienali dei kakshasanas, promanano dal mandapa che fa seguito al portico d’entrata, ed una dal santuario- triratha- con deambulatorio e vestibolo d'accesso.