|
“ E per
Gyaraspur? “ chiedo alla reception dell’hotel in Bhopal dove intendevo invano
fare trasloco, essendo il più popolare e il migliore tra quelli
economici. In quello dove alloggiavo la notte era stata travagliata dai topi
richiamati in stanza dalla fragranza profumata del fruit cake che avrei tanto
voluto essere l'unico a sbocconcellare.
Di Gyaraspur non ne sapeva niente il
giovane addetto al banco di ricevimento, di certo perché dei tanti turisti
che si erano avvicendati al banco, ero il primo a parglargliene chiedendogli
il modo di raggiungerlo.
E tanto è valso a rappacificarmi con
il mio destino di condivisione della mia stanza con i "ciua"
d'albergo, quanto a rassicurare il lettore che si ritroverà in Gyaraspur
nella più splendida solitudine, benché la via che vi reca sia delle più
importanti e agevole e piana del Madhya Pradesh.”
Non più di 46 Km, confortevolmente
percorribili, distanziano Gyaraspur da Sanchi, lungo il tratto stradale
che da Vidisha reca a Sagar, dell’arteria di più lunga percorrenza che
conduce da Bhopal a Kanpur e Lucknow, ricollegando le due capitali del
Madhya e dell' Uttar Pradesh.
Gyaraspur si distende e si slarga al
passaggio tra due dorsali collinari, in prossimità del lago Mansarovar, in
un biancore di case e di cuspidi di templi hindu tra cui si situano le
rovine dell'Atkhamba, che per la loro stessa accessibilità lasceremo
per buoni ultimi, per intraprendere la visita preliminare dei monumenti che
si situano all’esterno dell’abitato, distaccandocene lungo la
stradicciola che si diparte sulla destra per chi provenga da Vidisha, e
risalendo l’agevole china di un’erta.
Basta
inoltrarsi per qualche centinaio di metri, ed ecco apparire l'Hindola
torana, il magnifico portale d’accesso a ciò che resta di non meno
splendido di un tempio vishnuita, il Charkamba,
o i "quattro
pilastri" della sala del suo mandapa, risalente all ultimo
quarto del secolo decimo della nostra era.. L' Hindola torana nel suo fulgore ne anticipa l’equilibrio di
potenza e di grazia proprio dei templi Kachchapaghata, come si offre
alla luce che ne invasa il chiarore della pietra rilevandone alla base dei
pilastri (riquadri bhadraka,
cosiddetti per il variegato corso ornamentale centrale , bordato di fiori
mandara, sovrapposti a una padmapitha di motivi di fiori di loto e alle
modanature replicate di khura, kumba, kalasa, ) la
profondità di intaglio delle incarnazioni di Vishnu,- Varaha, Narashima, ,
Parasurama,
Buddha, od una presunta Mohini, con un
soggiacente Kalkeya, ossia
l'incarnazione di Vishnu a venire con la fine dei tempi del Kali yuga,
Matsya e Kurma, il pesce e la
tartaruga,
L'intaglio successivo di frontoni di udgamas
coronati da cornici perlinate che incastonano musici e attendenti, tra un
corso di rosette e rombi diamantini, quindi si diffonde nella
profusione vegetale delle coppe dell'abbondanza- o ghatapallava- ,
sorrette dall’ intrecciarsi di gemini nagas serpentini , e dei
volti di gloria di kirtimukkas rifluenti tra vyalas che ne abboccano i festoni.
Questo prima che la potenza della forza, come ancor più nelle trabeazioni del
mandapa
del tempio, esprima la sua esuberanza nelle protuberanze delle proboscidi
elefantine e nella predacità delle fauci leonine delle mensole sovrapposte ai
capitelli bharani , senza che tuttavia abbia
la meglio su quant'è la grazia della tornitura dei pilastri tra le
protomi, che le rifinisce in colonne vibranti di luce nelle loro intermittenze
reticolari, le jalakas, sulla preziosità successive dei capitelli
dadiniformi e della intercisioni delle scannellature. E' dalla sommità delle
mensole dei due capitelli inferiori che scaturiscono i festoni del torana,
gremiti di vidyadharas reggitori di ghirlande lungo tutta la volta della
loro inarcatura, che lambisce una trabeazione superiore poggiante sulle
mensole dei capitelli sovrastanti., in cui si
alternano divinità nelle nicchie e devoti nelle rientranze, tra il decorrere
dei fregi di volute .
E nelle trabeazioni rette dai
magnifici pilastri bhadrakas del mandapa,
anch'essi
quadrati e con una proiezione centrale,
o bhadra,
come
simili a quelli di sostegno del torana d'ingresso, di cui
riproducono la decorazione mirabile, le ninfe surasundaris superstiti lasciano ben intendere come tra
queste rovine sia stato possibile ritrovare la sulabanjika che
è la meraviglia ben nascosta in cassaforte del museo
archeologico del Gurjari Mahal di Gwalior.
La strada che occorre riprendere
quindi s’inerpica in una lieve salita, mentre si diradano le abitazioni
e s’infolta ai suoi lati la vegetazione d'altura, finché, in prossimità della
sommità del colle, appaiono l’amalaka, il chandrika,
il kalasa
della coppa ed il pinnacolo o vijapuraka in cui ha il suo
culmine il tempio sottostante della Maladevi, addossato
al fianco del colle su di una piattaforma, e in parte intagliato con
essa nella sua roccia.
Occorre discendere una rampa di scalini
per ritrovarsi ad esso di fronte, nella sua magnificenza solenne di santuario
recondito di numinosità femminili Jain, da cui la vista può allargarsi alle
distese sottostanti delle risaie della vallata, dei casolari che vi sono
sparsi nel verde smagliante
L’austerità arcana delle sue vestigia
fascinose traspira dalla preziosità
d’intaglio delle trame linguiformi - gli udgamas delle carenature dei gavakshas
che ne accorpano i fianchi al sovrastante sikhara, delle fasce orizzontali di
motivi di foglie,- i parna-bandhas, di pendenti
vascolari- i lumas-, di testate di travettini - i tula-pithas- , di
miniedicole seriali, su uno sfondo, lumeggiante, di reticoli di scacchi
vibranti di luce crepitante, contro cui si staglia con ancora più risalto il
rilievo più aggettante delle sfarzose balconate, in un' emergenza alla
luce che ha la sua scaturigine interiore nel manifestarsi al mondo del divino
che promana dall'interno del tempio.
Di epoca Pratihara e risalente
si presume all'850-870, 900 dopo Cristo, il tempio è volto a oriente e
composto di un portico d'accesso, o mukha-mandapa, della
sala di un mandapa, del vestibolo-kapili di un antarala e del
santuario con un ambulatorio interno illuminato da finestre reticolate jalaka,
che ne fa un tempio sandhara. Le pareti esterne, come
quelle corrispettive interne del
sanctum del garbhagriha sono triratha , ossia contrappuntate da
tre proiezioni, mentre lo sikhara che si
sovraerge è pancharatha,
presentandone cinque, ed appare replicato in otto sikharikas o sringas
minori.
Il basamento del tempio consta alla
vista di una duplice serie di corsi piatti, prima del vedibhanda che
canonicamente figura costituita di kura. khumba e kalasa, e si
presenta sormontata da un kapota fregiato di takarikas,
di dentellature e dei lumas di boccioli pendenti, cui fa
seguito l'ornamentazione fogliare di un parna-bandha.Alla loro altezza
trovano il loro culmine le carenature dei frontoncini delle edicole,
o
rathikas. ,
la cui devastazione evidenzia la
compenetrazione con le modanature
aggettanti dell’ adhishthana del tempio, ma fa ancor più risaltare come
Nicchie e
frontoncini di tali edicole siano sono
di dimensioni maggiori o minori a seconda che campeggino nelle
proiezioni centrali o in quelle che le affiancano Di tali ratikhas sono vuote quelle lungo la
parete sud, mentre le due nicchie situate nella parte nord ospitano le statue
di due Yasksi, una delle quali ha dodici braccia e sta su un
leone, la seconda ne ha quattro ed è in posizione eretta.
Ad ambo i lati del ratika
ch'è all'altezza del santuario, la modanatura del kalasa è
decorata con due teste di trave in pietra, o tulas, in cui sono
scolpiti kirtimukkas e forme animali e vegetali. E' un motivo
che si ripresenta nella facciata d'ingresso, e che a qualche decina di
chilometri di distanza è dato di ritrovare nel tempio Gadarmal
di Patari Badoh, dove ugualmente ricorre il motivo di due
semi-kirtimukkas agli angoli che ne compongono un volto
integrale,
Le nicchie dei rathikas
hanno il loro proprio basamento in un padma-pithika di foglie di loto, e
il loro coronamento in un sukanasika al cui centro campeggia
in guisa scattante una scimmietta, a conclusione delle carenature o
finestrelle-chaitya del frontone, sopraelevate sulla gronda, o khura-chhadya,
dal tula-pitha di un filare di testate di travetti di pietra.
E' all'altezza di tale rifluenza
perlinata sommitale, che il corso di un parna-bandha fogliare, che già si
è rilevato, dà inizio alla parete del jangha, ancora il
duplice recesso di due antarapattas a scacchiera
luminescente, su cui risaltano edicolette carenate, e poi due vasi
dell'abbondanza, o ghata pallava , saranno di
sostegno, e si porranno in conclusione, dell'integrarsi di (simulacri di)
pilastri ai balconi nelle tre proiezioni centrali del mandapa
e del santuario del lato
meridionale che fronteggiamo, e all'affiancarsi di altri
(simil-)pilastri , -in cui un patra-lata rampicante ed un pattika
con un semi-kirtimukka intercorrono tra i gatha
pallava dell'abbondanza alle due estremità,-accanto alle carenature
di lunghi ugdamas laterali che si alternano ai balconi
nei salilantaras dei recessi, sormontando nicchie. Ad essi
fanno seguito i frontespizi delle edicole delle proiezioni minori, i cui udgamas
si prolungano a loro volta, oltre le gronde dei kura chhadyas,
per tutta l'altezza restante del jangha. Caratterizzano tali udgamas
il profilarsi, ai lati dei chaitya gavakshas centrali,
di due serie di bhumi-amalakas alternantesi a kapotikhas,
come avviene di norma nelle proiezioni agli angoli, o karnas,
di un sikhara, che ne articolano la mole in bhumi
di piani susseguentisi. E' una variante degli udgamas che
è dato ritrovare in altri templi Pratihara, quali quello al dio Surya di
Madhkera, il Chaturmukha Mahadevi di Nachna Kuthara, il Jarai
Math di Barwa Sagar.
Nella parte inferiore dei balconi
preminenti, un corso di lumas pendenti a guisa di
boccioli, uno di tulas ed una vasantapattika
floreale ne precedono la kashasana inclinata, ove si
susseguono terne di fusti che evocano mimeticamente quelli di bambu delle sue
origini lignee. Essa si erge su di una padma-pithika a guisa di
foglie di loto, ed è bordata di una serie ulteriore di lumas che
fanno una seconda comparsa nei balconi, e di un fregio vegetale
che fa da bordo.
I vasi dell'abbondanza che terminano i
pilastri laterali sono di supporto al capitello bharani che si
compone di un duplice amalaka scanalato, il cui fremito di luce
ed ombra è intensificato dalla duplice trabeazione traforata della
reticolatura di un jalaka-pattern, posta al di sopra di
mensole ornamentate di parna-bandha fogliari, ed intervallata
dal ricorso ulteriore- ed è il quarto- a filari di boccioli di lumas
pendenti.
Una serie di tulas a
guisa di simha-mala, ossia di una successione di sembianze
leonine, ne precede il fastoso frontone di udgamas carenati.
Sopra un varandika al
mezzo dei cui rilievi rientra una fascia di fregi triangolari o ardharatna,
si stacca lo sikhara, di sette piani, con l'appiglio di sikharikas,
culminante oltre il collo del griva in amalaka, chandrika,
amalasarika, kalasa e vija-puraka.
Il tempo di rimirare nelle edicole
d'angolo tra la parte meridionale e quella volta ad oriente, del portico d'ingresso,
una Yakshi Vahnisikha seduta in lalitasana su un uccello a due
teste, il kukkuthai, ed una seconda Yakshi accomodata su
un elefante,- ambo i veicoli animali essendo alleviati nel loro sostegno che
offrono dall'interposizione di un cuscino di foglie di loto,e si è
all'entrata del tempio. Nel vertice opposto sono un cavallo ed un pesce a
sottostare al seggio di altre due dee, precedendo lungo il lato nord un
raggiante Kubera.
Il portico d'accesso cui ora ci si
volga, lo fiancheggiano due balconi ed è retto da quattro
pilastri. Essi sorgono su un upapitha che replica le
modanature del vedibhanda, - con tanto di pithika soggiacente
coronata con un motivo di foglie di loto, o padma patra, e di kumbikha
con un'edicoletta sovrapposta con il suo frontoncino . Tali pilastri sono del
tipo misto,o misraka, in quanto il cubo di base in cui è
inserito un ghata-pallava, o vaso dell'abbondanza, si evolve in
una sfaccettatura di sedici lati che si fregia della ricaduta di festoni di
ghirlande di campane, o gantha-malas, prima di riconvertirsi in
profili cuboidi comprensivi di gatha pallava e di kirtimukkas,
tra cuscinetti scanalati che preludono a quelli del capitello barhani,
cui fa seguito una mensola taranga, per i suoi profili
ondulati.
Il portale d'accesso alla sala del mandapa
ha cinque bande laterali, i sakhas, delle quali la più
esuberante nel suo rigoglio vegetativo rampicante è quella più esterna.
Sottostanno ad esse le dee Ganga e Yamuna, che presidiano l'adito
insieme a inservienti e custodi Jaina dvarapalas, queste ultime con
in testa una kiritha mukuta quale tiara a guisa di corona, ed
un bastone-gada ad ogni buon uso. Chakresvari, la Yakshi di Adinath, il
primo tirthankara jain, campeggia al centro della trabeazione,
sormontata da due file di nicchie.
Di particolare interesse è la ricorrenza sopra le due dee fluviali, dentro la
schiusa ai lati di un fiore di loto, di una figura di guru in padmasana
e con le mani intente nel mudra espositivo, che è attorniato da quattro
discepoli e reca un bastone sopra le spalle, mentre lo sorvolano dei
vidyadharas con le loro ghirlande .
L' identificazione del personaggio centrale
con Lakulisha , intento a dialogare con i discepolo Mitra, Kusika, Garga e
Kaurushya, secondo una suo raffigurazione che si può riscontrare al di sopra
della dea Yamuna del Teli ka mandir di Gwalior, e di ambo le divinità
fluviali nel tempio Jarai Math di Barwa Sagar, può indurre a supporre che il
Maladevi di Gyaraspur sia stato prima ancora un tempio shivaita,
che jain, od un edificio di venerazione sincretistica, consacrato alla
energia divina femminile o Sakti del Dio, come il Teli ka
mandir e il Jarai Math o il Gadarmal di Patari
Badoh, secondo quanto attesterebbe la forma oblunga della loro
pianta comune, intesa ad albergare le immagini plurime della potenza
della Sakti. Avvalora l' ipotesi il dato che al centro del garbha-griha
stia l' immagine di Vaishnavi, la divinità hindu corrispettiva di
Chakresvari , la Yakshi
del primo tirthankara jain Adinath. Come il tempio Parshvanatha
di Khajuraho, si può pertanto presumere che il Maladevi fosse comune
alle fedi hindu e jain, in virtù del culto che vi si tributava a
Chakreshvari Vishnavi, al cui tirthanhara corrispondeva in Khajuraho il
tempio in onore di Adinath contiguo al Parshwanatha
R. D. Trivedi in Temples of
the Pratihara Period in central India rileva come i soffitti siano
di tipo Kshipta-vitana, nelle loro concavità,
"carved with an elongated scalloped recess of diamond shape"
I quattro pilastri del portico ed il
portale d'accesso al mandapa sono replicati al suo interno,
dove il portale del garbha-griha in larga parte scolpito nella
roccia, reca le immagini di Sarasvati e di una Jaina Vidyadeva ai termini
della trabeazione, la cui figura centrale è irriconoscibilmente deturpata. Ai
lati due portali con tre sakhas (di fasce )di rilievi
laterali, a incorniciarli, immettono nell'ambulatorio interno. Quello a sud
alberga un'altra Yakshi Chakresvari al centro della propria
trabeazione, cui fanno seguito quattro piani di nicchie, due delle quali
recano 18 figure di Jain eretti. Anche la porta settentrionale di
ingresso nel deambulatorio è sovrastata da nicchie, in cui alloggiano
le immagini delle saptamatrikas, precedute e seguite da Shiva
Virabhadra e da Ganesha.
2
La ridiscesa nel villaggio dalla
magnificenza remota del tempio Mahadevi , ci condurrà, proprio in centro,
presso la fermata degli autobus, alle rovine dell'Athkamba, ( otto
pilastri), già tralasciate, D'acchito,
come lascia già intendere la denominazione locale del tempio, i suoi
resti sono quanto rimane di un colonnato superstite doppio,
meno raffinato nel suo intaglio di
quello del Chaukhamba.
E' un tempio shivaita risalente al
decimo secolo dopo Cristo, coevo al tempio precedente, come lasciano
intendere anche alcune incisioni scritte di pellegrini. In una di esse, del
982, è definito Krishnesvara, il che può lasciare intendere che sia
stato fatto erigere da Krishnapa, fratello del re Chandella Dhanga
(954-1002), sotto il cui regno venne edificato in Khajuraho il tempio
Vishvanata.Ne rimangono i quattro pilastri bhadrakas di
un mandapa, due ulteriori similari del vestibolo, e quelli
le
sembianze di pilastri degli stipiti d'ingresso al santuario del garbha-griha.
La loro ornamentazione appare un
compendio di quella dei pilastri del tempio Chaukhamba, di cui riproducono la
successione dei vasi ghata-pallava, sottostanti e sovrastanti,
ma intervallati da volute vegetali oltre ché da grasapattikas
di da kirtimukkas. In quelli del mandapa
un capitello con minore esuberanza di mensole di protomi animali costituisce
una interposizione più raccorciata di quella di capitelli e mensole del
tempio precedente, prima della successione di un'analoga sezione attica
circolare. Essa è assente nei pilastri del vestibolo, ed è reticolata
anch'essa a scacchiera, prima che vi ricorra un grasapattika
che non è presente nell'uchchalaka della sezione attica del
tempio Charkamba, e che la sua superficie si faccia liscia.
I capitelli superiori sono dei tipo taranga,
per le loro ondulazioni, e sorreggono trabeazioni figurative sormontate da udgamas.Un
makara torana di grande eleganza nei suoi quattro festoni, si
diparte quindi all'altezza delle mensole cruciformi che sono rette dai
capitelli scannellati dei pilastri dell'antarala, per più
precisione distaccandosi da un pattika fregiato di rombi diamantini
e rosette, e che è sorretto da degli atlanti assai prominenti. Repliche dei
capitelli e mensole su cui poggia il torana reggono la
trabeazione sovrastante, ove figurano immagini di mithunas
di coppie erotiche e di musici e danzatrici.
Dei cinque sakhas o
bande del portale del tempio ne sopravvivono solo quattro, tra tali cornici
primeggia quella costituita di edicole coronate di udgamas enelle
quali campeggiano Shiva e Parvati, tra i festoni ai lati di intrecci e
viluppi di coppie di ganas .
Nella lalata bimba dell'architrave
stanno insediati Shiva al centro e Brahma e Vishnu alle estremità, oltre
il dispiegarsi intermedio delle Sapta-matrikas danzanti con Ganesha e
Virabhadra.
Risalendo la strada verso Vidisha, si
perviene alle vestigia ulteriori di estremo interesse del tempio Bajramath.
Già Alexander
Cunningham ebbe a suo tempo a rilevarne la particolarità di presentare tre
celle, o garbaghriha, in un dispiegamento frontale che a suo
avviso pregiudicava lo slancio in altezza dello sikhara centrale,
di guise Latina e pancharatha, ossia senza sikharikas e
con cinque proiezioni
essendo esso affiancato da due
coperture laterali piramidali, semi-phamsana. Il maggiore riscontrò come tale
peculiarità lo accomunasse al tempio Chandella di Makarbai, nei paraggi di
Mahoba, cui si può aggiungere il tempio trigemino di Dudhai, il che egli non
potè o non ebbe modo di rilevare, dato lo stato allora ruderale di due dei
suoi tre garbha-ghiha Ben poco sopravanza di quanto del tempio
precedeva l’accesso alle celle allineate, un ranga-mandapa
aperto di nove campate, sorretto da dodici pilastri e da quattro colonne,
recintato da una balaustra reclina, kakshasana, da cui si
accedeva alle entrate alle tre celle del tempio. Resta invece molto, di
grande rilievo, dell'apparato statuario dei santuari dei garbha-griha,
disposto sul primo livello della parete del jangha e lungo il varandika
disposto a ridosso dello sikhara centrale, da cui si
elevano i phamsanas piramidali laterali. Nella
trabeazione del portale d' accesso alla cella centrale primeggia l'evocazione
di Surya, dio del Sole, quale genitura di Aditi, l'illimitato apeiron origine
di ogni determinazione creatrice e di ogni liberazione da vincoli, mentre
Vishnu, nella sua incarnazione come Sankharsana Balarama, e Shiva,
campeggiano in quelli laterali.
Le raffigurazioni di otto dei 12
Adityas corrispondenti
a 12 manifestazioni benefiche dell'energia vitale solare, una per ogni mese
dell'anno, ricorrono nella banda più larga dei sette sakhas
che fregiano gli stipiti del santuario mediano, la fiancheggino tre sakhas
che irretiscono nel loro intrigo di vegetazione di loto rampicante
uccelli, animali, kinnaras, yakshas e gandharvas, nonché Usha
e Pratyusha, l'Aurora dai seni perennemente scoperti e
il Sole assimilato a uno degli otto Vasus nella sua calura cocente, mentre un
ulteriore Aditya compare nella prima trabeazione sovrastante, ed i tre
restanti completano la serie nell'architrave superiore, insieme con Danda e
Pingala. Guardiani solari affiancano le divinità fluviali, al pari di come le
affiancano guardiani shivaiti nel portale alla sinistra del tempio,
lungo i cui sakhas laterali principali si susseguono 8
degli 11 Rudra compagni di Shiva, otto quanti sono i
principi vitali delle manifestazioni propizie. I tre Rudra ulteriori
compaiono nell'architrave, dove restano confinati in quanto sprigionano gli infuocati
aspetti temibili del dio Shiva da tenere a debita distanza.
Nella cella sulla sinistra, similare
alla precedente, immagini di Sankharshana Balarama
rimpiazzano i Rudra antecedenti.
Indugiando sul retro, oltre l'apparato statuario dispiegato sui
fianchi,
,
è dato di cogliere come alle immagini
antistanti di Shiva corrispondano quelle retrostanti di manifestazioni o incarnazioni
di Vishnu,
al punto da accreditare che il
tempio sia trilaterale perché era in onore di Surya Hari Hara
Hiranyagarbha
ossia
di Surya in quanto dio solare sintetizzzatore dei poteri di creazione,
preservazione e distruzione, propri della classica Trimurti di Brahma, Vishnu
e Shiva, in lui interpenetrantesi.
Mentre altrove, come in Khajuraho,
tale sincretismo, in ragione della compenetrazione reciproca delle divinità
venerate, ebbe ad esprimersi e a dispiegarsi nel richiamo reciproco
delle loro manifestazioni templari, ( sicchè Vishnu Vaikunta,-elevato da
manifestazione vishnuita secondaria a Essere Supremo e aRealtà primaria
nel tempio Laksmana-, figura nell'antefissa e in una nicchia del santuario
del Kandarya Mahadeva, e Surya, oltre ad avere un proprio tempio, compare
nella fronte d'ingresso del Lakshmana e di tre dei santuari minori
che lo attorniano per costituire un complesso panchayatana,
non solo, ma in quanto Hiranya garbha ricorre nelle proiezioni
principali in direzione del suo volgere al tramonto nei templi
Laksmana, Duladeo, Javari, oltre che nel tempio Chitragupta che gli è
dedicato, a esaltazione della sua natura di divinità in sè integrante ogni
manifestazione del divino), in Gyaraspur, come negli altri templi trigemini
in Makarbai od in Dudhai, è lecito supporre che sia stata tale natura
trimurtica di Surya ad originare la soluzione inusuale del tempio a tre
celle.
Resta ancora, a 1, 6 km di distanza dal tempio
Athkamba, lo stupa Dhekhinath, sulla collina omonima, dell’ ottavo, nono
secolo dell'era cristiana, per completare il nostro itinerario nella meravigliosa
Gyaraspur, la cui visita può ben inserirsi nel circuito che da Vidisha ,o
Bilsha, che dir si voglia, risalendo al suo insediamento originario in
Besnagar, in prossimità del quale si situano la colonna vishnuita di
Heliodoro e alle grandi sculture hindu delle grotte di Udayagiri, ci
conduca al mirabile tempio Neekanteshwara di Udaypur, e
quindi ai templi Gadarmal e Dashavatara di Badoh- Patari, alfine in Eran.
IN
GYARASPUR Maggio del 2016
Con
il tempio Santinath jainista
di Deogarh, il numero 12, il tempio jainista Maladevi in Gyaraspur è il solo tempio
antecedente ai quattro templi maggiori di Khajuraho
che come essi abbia un ambulatorio interno, e sia dunque sandara,
con il tratto distintivo comune di presentare sui fianchi lo
sporto di tre balconi con kakshasana
reclini, ed un’edicola soggiacente ad ognuno di essi all’altezza
ribassata del basamento dell’adhishthana
In esso le cinque proiezioni dello sikhara,
pancharata non trovano un riscontro sottostante nella parte esterna del mula
prasad del santuario del tempio. In luogo
del bhadra centrale vi è accampato un balcone con due fasce laterali sussidiarie, laddove due nicchie sovrastate da
lunghi udgamas di archi
chaitya-gavakshas carenati
fungono da karnas d’angolo.
I latas intermedi dello
sikhara trovano invece un seguito
inferiore nei recessi fregiati ugualmente di udgamas
dei salilantaras delle
pareti del tempio..
Altresì il
vestibolo dell’antarala non
emerge in una Kapili rilevata nella
superficie esterna, come nel tempio jainista Parshvanatha di Khajuraho, al pari del quale il tempio Maladevi ugualmente non riporta in sporgenze
sfalsate su più piani, ( la cui articolazione ne farebbe un
antecedente più certo dei templi sandara
induisti di Khajuraho), la scansione interna
in sala del mandapa,
vestibolo, santuario, cui contrappone il continuum di una parete che tutto
comprende dell’interno nella sua estensione, su uno sfondo tutto allineato
sullo stesso piano, come è proprio di templi jain
quali lo stesso Parshvanath in Khajuraho.
In esso i balconi si succedono ai pilastri di udgamas di archi carenati, uno dei quali, a guisa
di sikhara, per il
seguito di bhumi amalakas lungo i balapanjaras delle fasce laterali, era stato interposto tra gli stessi balconi del
mandapa per ribadire
tale seguito di baluardi ostensivi di icone,
incrementati dai pilastri in cui erano istallate edicole degli stessi
recessi. I templi
sandara,
jain od hindu, risultano
così, secondo tipologie proprie, dalla adibizione
del loro profilo parietale esterno a galleria uniforme di
immagini divine, Yakshis e Yakshas nelle nicchie dei pilastri del
tempio Maladevi, mentre nei balconi bhadras si può
presumere che fossero insediati i tirthankaras
cumulati nella cella del santuario .
Nell'
ornamentazione rimarchevole è la frequenza del ricorso di lumas pendenti, nei balconi l’assenza del vedika.
|
|