Tre itinerari in Delhi

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Dalla tomba di Safdarjung alla Tibet house

 

 

 

 

 

Lungo la linea metropolitana gialla che da Jahangirpuri reca a Huda city, è dalla stazione di Jor Bagh, la più prossima alla tomba di Safdarjung, che  ha inizio il nostro itinerario. All’uscita basta seguitare per alcune centinaia di metri l'Aurobindo Marg,  verso nord, per ritrovarsi all'ingresso del  recinto  del monumento sepolcrale, sul lato esterno dell’incrocio con la Lodi Road.

Un portale d’accesso alveolato di fiori dipinti  immette nelle delizie della tomba giardino: Alla fine della Lodi Road si situa al termine opposto rispetto a quella di Humayun, il grandioso prototipo originario  di tale forma monumentale di tomba  Moghul,  di cui  quella di Safdarjung costituisce corrispettivamente  l’estrema realizzazione nel tempo.

In conformità con tale ideazione, la tomba ci apparirà sopraelevata su una piattaforma al  centro di un ampio giardino,  dove si intersecano i quadranti  articolati a loro volta in altri minori, per il tramite di canalizzazioni e di sentieri, che costituiscono il cha(ha)r bagh, l’impianto scenico che evoca i quattro giardini e i  rivoli celesti  del Paradiso coranico.

La tomba fu costruita nel 1753-54, per ospitarvi le spoglie di Mirza Muqim Abu’l Mansur  khan, detto Safdar Jung, vicerè dell’Oud ( 1739-1753 ) sotto Muhammad Shah,  ad opera del figlio Shuja’u’d –Daula.

"Mothi mahal", "Palazzo di Perle", "Badshah-Psand", “Favorita del re” e "Jangli-Mahal", "Palazzo Forestale”,  sono i nomi dei padiglioni che sorgono al centro dei lati del muro di cinta, ad esclusione di quello orientale,  in cui è inserito il  portale a due piani da cui si ha accesso al complesso, che ci prefigura e schiude gradualmente la vista favolosa della tomba.

Ma sarebbe uno sviamento deludente, e lesivo del suo incanto, focalizzarla con  la tomba di Humayun in controcampo, poichè il vagheggiamento di un riprodursi della sua stessa bellezza eccezionale, di proporzioni ed armonie di forme corrispondenti, finirebbe solo per rinvenirvi lo  sbilanciamento di una debole concezione architetturale, “lacking of  a pyramidal feeling”, e predisporrebbe a ritenere che un edificio definito come “ the last flicker  in the lamp of Mughal architecture  at Delhi”, dell’arte Moghul sia l'estremo tremolio più che l' ultimo balenio, sino a rimpiangere che per il suo rivestimento in arenaria e marmo sia stato spogliato del proprio arredo la pregevole tomba in Nizamuddin di  Abdu’Rahim Khan-i-Khanan.

La tomba di Safdar Jung è opera, in realtà, di una trascendenza di ispirazione tutta mondana, non ambisce, emblematicamente, ad apparire un trono di gloria del Misericordioso, dispiegato in altitudine quanto in latitudine, alla cui grandiosità,  nella sua dismisura rispetto alle sue funzioni sepolcrali, sarebbe assurto il Taj Mahal, se non già la stessa tomba di Humayun. Su due piani la tomba di Safdar Jung si erge alla stregua di un palazzo fatato ultraterreno,  con delle  torrette poligonali agli angoli, terminanti in chioschi -chattri, in luogo delle  sfaccettature, preludenti ai lati, dell'ottaedro baghdadi della tomba di Humayun o del Taj Mahal. Tali torricelle ne recepiscono ogni tensione espansiva laterale rinviandola alle sue origini nell'iwan del portale d'ingresso, per un sua permutazione che la converte in slancio verso l’alto, dove  su un tamburo di sedici lati ne  raccoglie l’anelito la cupola a forma di bulbo.

Si sale alla tomba per il tramite delle scalinate che vi ascendono dalle aperture inarcate di una sua verandah, al cui termine ci si ritrova sotto le archeggiature incorniciate di marmo e gli alveoli, a nido d'ape, delle muqarnas dell'iwan principale,

 

 

 

Esso si slancia tra le efflorescenze ed il laminarsi fogliare  dei cespiti delle colonnine che l’affiancano, ingentilendolo quanto l'aggrazia il bengaldar della sua apertura superiore centrale, cui soggiace l'accesso alla camera centrale quadrata del cenotafio. ,

E' in una stanza sotterranea sottostante al vano  cui siamo giunti, che stanno gli effettivi  sepolcri di Safdarjung e della moglie. Come nelle maggiori tombe-giardino Moghul antecedenti, al suo interno ci ritroveremo  nel vano di convergenza di quattro celle ottagonali agli angoli dell’edificio, e di quattro stanze intermedie rettangolari,tra esse comprese,

Solo che solleviamo lo sguardo, a  trasporci in una sublimazione che parrebbe rococò, vedremo circonvolversi gi stucchi floreali che quali nuvole di petali decorano le volte della sala,  

o che tra nervate corolle tramano in parvenze di infiorescenze i soffitti dei vani d’accesso intermedi in cui si transita tra le salette ottagonali agli angoli:

 

Tutto vi si fa  delicatezza vivida di grazia.

 

All’uscita in questo mondo dalla tomba giardino di Safdarjung, la Lodi road è da intraprendere alla nostra sinistra,  lungo la quale già si affianca l’oasi urbana degli incantevoli Lodi gardens

E’  la denominazione invalsa dell’originario Lady Willingdon Park, che fu  intitolato alla moglie del Vicerè e Governatore generale dell' India Freeman-Freeman Thomas, durante gli anni trenta del secolo scorso, in quanto ne concepì la conformazione iniziale, intorno ai quattro  monumenti sepolcrali dei sultani Sayyid e Lodi che vi sono ora compresi.

L’architetto Joseph  Allen Stein ebbe poi l'incarico di ridisegnarli insieme a Garett Eckbo,  riconfigurando l' intera zona. Una Glass House venne allora aggiunta ai giardini, presso una porta d’ ingresso d'epoca britannica.

L’accesso che vi si apre da Lodi Road, pur se appare secondario, ci permette di visionare le tombe in ordine cronologico, a iniziare da quella di Mohammad Shah , il  terzo sovrano Sayyid ( 1434-44, che già si intravede sull'altura di una radura oltre i palmizi

Le conferisce importanza anche il dato che è uno dei pochi edifici superstiti di epoca Sayyid, per la ragione eminente che i sultani di tale periodo dovettero soprattutto contenere la violenza distruttiva delle campagne di conquista dei sovrani Timuridi.

Tale tomba è a pianta ottagonale, sia nella sala centrale che nella verandah che vi dà accesso, con tre arcate ad ogni lato,  dei quali quello ad ovest venne tamponato, per  fungere da mirhab di una moschea interna.

Agli angoli sono di supporto dei contrafforti inclinati, mentre una cornice, o chhajja, ricorre intorno alla verandah, al di sotto di smerlature kangura.

Al centro di ogni suo lato emerge dal soffitto un padiglione chattri ugualmente ottagonale, a contornare la cupola centrale. Essa si erge su un tamburo di sedici lati, con una torretta ad ogni vertice d’angolo.

 In Delhi tale tipo di edificio sepolcrale ha un suo antecedente nella  tomba dimessa Khani-Jahan Tilangani,  ch'è ora difficilmente rintracciabile nel Kotla dell'enclave islamica di Nizamuddin, e  nella tomba successiva  di Mubarak shah, predecessore Sayyid di Mohammad Shah. Troverà invece già un seguito nell'ultima tomba del periodo Lodi che ospitano i giardini, il sepolcreto di Sikandar Lodi, e in epoca Moghul  sarà ripreso più volte, nella magnifica Isa Khan tomb compresa nella recinzione muraria esterna della tomba di Humayun, e successivamente nella Adham Khan tomb in Merhauli , che ospita la salma di tale fratello di latte del grande sovrano Moghul Akbhar. Egli ve lo fece seppellire insieme alla madre Maham Anga, morta di crepacuore per la tragica fine del figlio, assassinato dietro ordine dello stesso Akbar, che lo fece uccidere a capofitto per avere egli ordito la morte del suo consigliere Atagha Khan,  marito di un’altra balia di corte.

 

Ma di tale forma di tomba è al di fuori di Delhi che si può ritrovare la realizzazione più alta, nell’edificio sepolcrale del grande governatore afghano Sher Shah Sur in Sasaram, nell'attuale Bihar,

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Nella  magnificenza di tale sua ripresa ad opera dell’architetto Aliwal Khan,  la tomba ottaedra che fu quella ad essere privilegiata dai sultani Sayyid, rivela appieno come le sue origini estreme risalgano al mausoleo greco- romano, per il tramite della sua riproposizione nell'anastasis del  Santo Sepolcro di Cristo, ed in conformità con tale modello esemplare in Gerusalemme, della sua  trasposizione nel mondo islamico costituita dalla moschea della Cupola della roccia.

 Tale tomba fu concepita infatti per il concorso  da ogni direzione nella venerazione di spoglie eroiche e sante, del cui spirito la cupola tra i chattri esalta la traslazione nei cieli divini. A tale significazione forse poi si sovrappose quella degli hasth bihist, gli otto paradisi a cui danno accesso otto forme diverse di santità, secondo i detti o hadith del Profeta Mohammad.

 

Ben diverso è lo spirito religioso del tipo di tomba che rinveniamo seguitando il nostro cammino all'interno dei Lodi gardens, alla visione susseguente della Badha e della Shesh Gumbad che incantevolmente si fronteggiano.

Esse sono pressoché coeve e risalgono ai primi anni del regno di Sikandar Lodi ( 1489-1517).

A pianta quadrata, anziché ottagonale, nelle loro simulate vestigia di palazzi a due piani appaiono come una prefigurazione terrena della dimora celeste dei dignitari che vi furono sepolti  (a differenza, riassumendo le tipologie evocate, dei mausolei celebrativi ottagonali dei Sayyid appena focalizzati, o dei presumibili troni di gloria divini delle successive più sublimi  tombe-giardino dei Moghul).

Alle apparenze esterne di due piani corrispondono le arcate di cui sono aperte solo quelle adiacenti alle entrate. Tali accessi consistono in portali trabeati con mensoloni, sovrastati da aperture di luce e compresi entro archi incorniciati dai pistaq di  proiezioni rettangolari, le quali traggono enfasi dai pinnacoli delle guldastas.

Torrette agli angoli, ad esse similari, esaltano invece la cupola centrale.

L'austerità delle due tombe, così sublimemente ponderate, è rianimata dagli inserti di  pietra rossa, e bianca, che ravvivano la pietra verde di fondo.

La Shesh Gunbadtrae il suo nome dall’essere stata un tempo rivestita da piastrelle blu, ma di tale ornamentazione sopravvivono ancora solo labili tracce .

Motivi floreali ed iscrizioni coraniche ne adornano la volta interna.

Dal tamponamento della parete ovest vi è desunta una moschea costituita dal solo mirhab.

La tomba Badha Gumbad, sulla piattaforma che la sopraeleva, é affiancata da due edifici con cui delimita un cortile aperto. Quello ad est presumibilmente era una  foresteria, o mihman-khana,  mentre ad ovest si staglia una moschea edificata nel 1494, (così come riporta l’iscrizione di un mirhab). Essa riveste grande importanza soprattutto nell' ambito della trasmissione di forme architettoniche della Delhi dei sultanati e dei primi tempi Moghul

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 La sua edificazione concorse infatti alla canonizzazione ulteriore della moschea a cinque arcate, le tre centrali sormontate da altrettante cupole, che venne caratterizzata da sporti di jharokhas ai lati, indianificanti, nonché da torrette d'angolo posteriori , e da altre ancora erette a fianco della proiezione retrostante del mirhab. Tali torrette decrescenti verso l'alto, furono realizzate a guisa di minareti ed in forme inclinate,  secondo lo stile che invalse con i sovrani Tugluqidi antecedenti.

Ne è un esempio coevo la Mothi Masjid, e ne ritroveremo ripresa  la tipologia architettonica, durante i primordi Moghul e l' interregno di Ser Shah Sur,  nelle moschee  Kamali Jamali in Merhauli,  e nella Qal’a -i-Kuhna Masjid, situata nella Purana Qila.

(Per il tramite di queste moschee,  ed inoltre della tomba di Atagha Khan in  Nizamuddin, all’arte  Moghul si trasmise altresì  il motivo ornamentale  della combinazione  di arenaria rossa e marmo bianco, già presente nell’Ala’i-Darwaza della remota architettura Kaliji, mentre nella moschea Badha Gumbad ad essere utilizzata è pietra di  concio).

Procedendo verso nord, si giunge in prossimità del ponte Athpula

che venne fatto erigere durante il regno di Akbar da un Nawab Bahadur. Consiste di sette arcate decrescenti dal centro alla riva, per un totale di otto piloni, o pula, da cui il ponte trae il nome.

Nelle sue adiacenze  si perviene ben presto  alla tomba di Sikandar Lodi, racchiusa in un giardino tra alte mura.

 

Essa è similare a quella di Mohammad Shah, da cui la  differenzia l’assenza di chhattri.

Una moschea murale  è ricavata nella parete ovest del muro di cinta, che delimita un complesso che  richiama  le fortificazioni difensive delle tombe Tugluqidi,- quali quella mirabile di Ghiyathu'd-Din , esemplificando-, più di quanto nel suo austero recesso non preluda che alle mura più esterne delle tombe- giardino Moghul.

 

L’ uscita a cui volgere, nelle vicinanze, è quella che immette in Max Muller Marg,  che ci avvia a una conclusione dell'itinerario tra eccellenti opere di architettura contemporanee.

La prima di esse che si ravvisa sulla sinistra  è l’India International Centre, l'ICC, di Joseph  Allen Stein,  iniziato nel 1950 e concluso nel 1962.

Concepito come un centro di simposi e conferenze, di attività artistiche e di studio, per ispirazione di John Rockfeller III e di  Sarvepalli Radakrisna, studioso di religione e di filosofia, il complesso è di intensa luminosità e leggerezza distensiva

Pannelli  grigliati  di mattoni frangisole, quali jali,  e tettoie ondulate  modulano le pareti e i portici e le verande delle sue articolazioni, 

Esse si estendono nel verde di giardini e di  cortili che attorno al gettito d'acqua di una fontana s'aprono alla vista dei Lodi Gardens,  insieme con il lounge e la dinner room degli ospiti,  che  concludono l'edificio principale ad arco di cerchio. Un’oasi invero dello spirito colto, ristorata dalla biblioteca e dalla sala di lettura a vista esterna, sull'altro lato del complesso.Ne è un ampliamento la Ghandi King memorial plaza, “ri-landscaped” alla luce degli ideali di non violenza del Mahatma Gandhi e di Martin Luther King, a ideale ricongiungimento dell' ICC e della  Ford foundation, oltre la strada seguente,  ideata anch'essa da Joseph Allen Stein.

Seguitando  lungo la Max Muller Marg, ci si ritrova alla confluenza della Birla Marg, sulla destra, lungo la quale sorge l'edificio dell'Alliance française, , risalente al 2004 E' composto di proiezioni di blocchi sotto una copertura a pergola  di pannelli solari, ariosa e leggera,  a protezione non solo di visitatori e frequentanti, ma  dei diciassette alberi che vi sono stati preservati. La sua edificazione è  finalizzata all'integrazione di " French technology" and "Indian crafts", nelle cui tradizioni sono contemplate per l'appunto, a guisa affine di pergole, le tende cerimoniali di origine Moghul dette shamianas.

 Sullo stesso lato della strada sorge poco oltre l'edificio della sede centrale e di promozione e documentazione del proprio operato dell'INTACH,  un'organizzazione  non governativa volta alla tutela del patrimonio ambientale architettonico e naturalistico dell'India. All'esterno le sue pareti granitiche irretiscono lo sguardo con l'assumere un decorso flessuoso tra estremi avamposti spigolosi. Tale andamento si riproduce anche all' interno, in un' animazione dinamizzata dalle asimmetrie del libero profilarsi delle forme  architettoniche quasi come ritagli di sagome , tra lo svilupparsi delle attività amministrative, di informazione e di ricerca,  su più piani e intorno ad un  atrio e ad un cortile  centrale.. Quest'ultimo evoca le funzioni di raccordo della vita domestica , di ventilazione e illuminazione che ha  il cortile delle case indiane, mentre una vasca a  gradini lo assimila nelle sue rampe superiori ad un baoli,  

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 


 

 


 

 

 

 


 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

All'altro lato della strada che fiancheggia l'INTACH, fa la sua  rasserenante comparsa la World Bank regional mission, ( 1994), di Raj Reval,

 


 

 


 

 


 

 

 

 

 

Pietra arenaria beige  e rosa, e cemento, vi si  integrano magnificamente, ad aggraziare l’eleganza ritmica di sporti e avancorpi laterali, rispetto all'arcone sopraelevato centrale.

 



 

 

 Anch'esso conferisce luce e aria agli uffici interni, oltre all'affacciarsi di ogni vano su un cortile interno, con un suo giardino soggiacente.

Di ritorno alla Max Muller Marg,  percorrendo la via fino al termine ci si ritrova al suo incrocio con Lodi Road, ed è sul lato opposto della strada che vediamo sorgere  l'India Habitat Centre di Joseph. Allen Stein, risalente al 1994.

I vari blocchi ammattonati del complesso, nella loro scala e nel loro volume, appaiono superiori a quelli degli altri edifici ideati da Joseph Allen Stein  nel  Lodi Estate, e sono sviluppati secondo la ripetizione delle stesse serie di forme strutturali,  anziché essere simmetrici.

Connettono i blocchi giganteschi  raccordi trasversali, all'interno li pervadono altissimi cortili



 

sovrastati da pergole frangisole.

Vi ricevono  protezione dei rigogliosi giardini, altrettanto austeri quanto ariosi ed ospitali, nella libera circolazione che ristorano, ,

 tra terrazze,

le gradinate di auditorium. ,

 

 

Conclude il tratto di Lodi Road a cui si è risaliti, ed insieme il nostro itinerario, la Tibet house disegnata per il Dalai Lama da Shiv Nath  Prasad. Meno dirompente nel suo brutalismo che il Sri Ram centre for performing art, è pur sempre anch'essa un cuboide sopraelevato e sospeso sopra una  base cilindrica.

Al riparo dei frangisole delle sale superiori, ispirati evidentemente a Lecorbusier  così come la rientranza delle finestrature rispetto alla superficie parietale settentrionale  vi si può accedere ad un piccolo museo-reliquiario tibetano ed ad una ospitale biblioteca, che del Tibet  raccoglie e trasmette la memoria buddhista.

 2°Itinerario -Sommario

All’uscita dallla stazione-metro Jln della violet line, appare in fondo allo slargo stradale il Nehru stadium, dalle coperture a vela delle gradinate connesse da potenti tralicci.

Giunti alla sua altezza, basta volgersi a destra per vedere accamparsi allo sguardo lo Scope Building ideato da Raj Rewal.

Appare come una fortificzione turrita, ma tutt’altro che monolitica e compatta, movimentata da sporgenze e rientranze e raccordi trasversali .

 

La sua pietra arenaria rosa, intarsiata a quella ocra nelle torrette e nei raccordi , è un richiamo continuo ai colori dell’arte Moghul

.Anziché  procedere oltre verso il vetro e l'acciaio del centro burocratico investigativo, si preferisca essere di ritorno alla Lodi road, per percorrerla  fino all’Aman hotel, ora Lodi hotel, in vero magnifico, ed immettersi in Nizamuddin.

Nell’enclave islamica  gli odori e i fumi delle carni di pollo e di montone arrostite allo spiedo, o sulle braci, cedono ben presto alle fragranze d'incenso e di petali di rosa che preludono al darghah del santo sufi Nizamuddin.

Tra tanti miseri e opulenti accoliti convenuti a ricercarvi la grazia di un santo Hazrat Nizamu'd-din che non vi è affatto sepolto, sotto i loro cumuli di petali di rose e di offerte rituali, la sua visita, più di quanto  possa appagare la ricerca del bello spirituale architettonico,  sarà una confusione dei sensi ed un evento di fraternità religiosa, esaltato dalla musica dei Qawwali.- (il suo istitutore Amir Khusraw , essendo stato discepolo dello stesso Nizamuddin, ha qui la sua tomba),.

 

 Del resto sarà difficile non trovare pellegrini attendati sui sepolcri Moghul, fra i quali quelli della figlia di Shah Jahan, Jahanara, vanificata nella invocazione che sola l erba verde abbia a ricoprirne il sepolcro, di Muhammad Shah, di Mirza Jahangir.

Per tale appagamento occorre ricercare di seguito l'Athaga tomb, nei pressi immediati,  un piccolo gioiello, intarsiato di marmo e d’arenaria rosa.

 

 

 Raggiunta anche l' irrintracciabile tomba Tilingani, la prima a pianta ottagonale in Delhi, interpenetrantesi con le case interne alla Kotla, restano da visitare una moschea Tugluqide, la Kali-or-Kalan masjid, la tomba del figlio di Athaga Khan, meglio conosciuta come la Chaunsat tomb, il recinto e l'avello adiacenti del poeta Galib, la Bara Khamba in un giardino ch'era a suo tempo in uno stato di degrado maleodorante.

La Sabz Burj, dal tamburo della cupola spropositato, ci avverte della vicinanza della tomba di Humayun e del suo complesso.

La precedono nel compound, oltre l'ingresso, la tomba di Isa Khan, con la relativa moschea, dei cui antecedenti esemplari si è detto illustrando la visita ai Lodi Gardens, i giardini Bu-Halima, l'Arab Sarai, con la moschea e la tomba Afsarwala.

La tomba di Humayun, al fine,

stupenda indianizzazione dell'arte islamica persiana e timuride.

L indianizzano, al centro del meraviglioso chahar bagh, ispirato ai giardini edenici coranici, le meravigliose chattri di raccordo tra la cupola e il dispiegamento dell'edificio fino alle sue sfaccettature d'angolo, in corrispondenza dei padiglioni interni ottagonali degli hest behest, gli otto versanti d'accesso al Paradiso coranico, quanto la loro alternanza ritmica a diversi livelli. E' un tratto dell'arte hindu che la caratterizza sin dalla disposizione, ad altezze alterne, dei sikharas in miniatura che si appigliano a quello principale nei templi di Khajuraho, per riproporsi nella modulazione dei chattris nei palazzi rajput di Orchha e Datia.

La tomba del Barbiere, quindi la Nil Gumbad, cui ora si accede tra migranti e miseri accampati e cani randagi, sempre che resti ancora tempo, talmente, per giungervi, può sfiancare l’aggirare la cinta muraria intorno al complesso della tomba di Humayun.

A  completamento imprescindibile del percorso di rientro dalla Nil Gumbad,  la visita della tomba Khan- i-Khanan, tra le antesignane più probabili del Taj Mahal

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3°itinerario- Sommario

 

Già prima di arrivare alla stazione di Indraprasta, ci si offre dalla metropolitana in superficie una sintesi visiva del nostro itinerario: gli ottaedri dell’Hall of nations di Raj Rewal, sullo sfondo delle porte che volgevano verso lo Yamuna della Purana Qila.

Precede l’ingresso ai padiglioni del Pragati Maidan la visita del National Science Centre, , un'opera di Kanvinde del 1992, animata da una proliferazione di torricelle raccordate da traverse che vi convergono e ne dipartono, che non assurge mai a monumentalità imponente.



 

Quindi l’Hall of nations e l'Hall of industries di Raj Rewal, diventate un monumento di se stesse per quanto restano inutilizzate,

e il Nehru pavillion, sempre di Raj Rewal, pur esso un tronco piramidale, che pur tra tanto cemento è nei suoi piani salienti integrato nella natura che li riveste.

Oltre l'uscita il Craft museum di Charles Correa, mirabilmente connesso in ombrosi padiglioni e cortili, come può articolarli un villaggio che faccia capo ad una residenza signorile.

 

Il Purana qila, infine,

 

 

 

la cui visita intreccia la memoria di Humayun,- che vi trovò una morte accidentale, al precipitarsi al richiamo della preghiera per gli scalini interni del padiglione ottagonale del Sher Mandal-,

e di Sher Shah Sur, che vi fece edificare, insieme con quanto comprendeva della sua città, una delle più belle moschee di Delhi, la Qala-i-Kunha masjid

 

della cui tipologia già si è detto, illustrando in un altro itinerario la Bhadha gumbad Masjid, situata nei Lodi Gardens.

 

Resta in programma, all'uscita, la Khairul-manazil Masjd, del 1561voluta dalla balia di Akbar Maham Anga, cui egli fece uccidere il figlio Adham Khan, con pochi residui del suo rivestimento in ceramica originario

 

e la porta di Sher Shah Sur, che è quanto rimane della cinta della città da lui voluta , forse insieme con la Khuna darwaza.

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