Lungo la linea metropolitana gialla che da Jahangirpuri
reca a Huda city, è dalla
stazione di Jor Bagh, la
più prossima alla tomba di Safdarjung, che ha
inizio il nostro itinerario. All’uscita basta seguitare per alcune centinaia
di metri l'Aurobindo Marg, verso nord, per ritrovarsi all'ingresso del
recinto del monumento sepolcrale, sul lato esterno dell’incrocio con la Lodi Road.
Un
portale d’accesso alveolato di fiori dipinti immette nelle delizie della tomba
giardino: Alla fine della Lodi Road si situa al termine opposto rispetto a
quella di Humayun, il grandioso prototipo
originario di tale forma monumentale di tomba Moghul, di cui quella di Safdarjung
costituisce corrispettivamente l’estrema
realizzazione nel tempo.
In conformità con tale ideazione, la tomba ci apparirà
sopraelevata su una piattaforma al centro di un ampio giardino, dove si intersecano
i quadranti articolati a loro volta in altri minori, per il tramite di
canalizzazioni e di sentieri, che costituiscono il cha(ha)r bagh, l’impianto scenico che evoca i quattro
giardini e i rivoli celesti del Paradiso coranico.
La tomba fu costruita nel 1753-54, per
ospitarvi le spoglie di Mirza Muqim
Abu’l Mansur
khan, detto Safdar Jung,
vicerè dell’Oud ( 1739-1753 ) sotto Muhammad Shah, ad opera
del figlio Shuja’u’d –Daula.
"Mothi
mahal",
"Palazzo di Perle", "Badshah-Psand",
“Favorita del re” e "Jangli-Mahal",
"Palazzo Forestale”, sono i nomi dei
padiglioni che sorgono al centro dei lati del muro di cinta, ad esclusione di
quello orientale, in cui è inserito il portale a due piani
da cui si ha accesso al complesso, che ci prefigura e schiude
gradualmente la vista favolosa della tomba.
Ma sarebbe uno sviamento deludente, e
lesivo del suo incanto, focalizzarla con la tomba di Humayun in controcampo, poichè
il vagheggiamento di un riprodursi della sua stessa bellezza eccezionale, di
proporzioni ed armonie di forme corrispondenti, finirebbe solo per rinvenirvi lo sbilanciamento di una debole
concezione architetturale, “lacking
of a pyramidal feeling”, e
predisporrebbe a ritenere che un edificio definito come “ the last flicker in the lamp of Mughal architecture at Delhi”, dell’arte Moghul sia l'estremo tremolio più che l' ultimo balenio,
sino a rimpiangere che per il suo rivestimento in arenaria e marmo sia stato
spogliato del proprio arredo la pregevole tomba in Nizamuddin
di Abdu’r Rahim Khan-i-Khanan.
La tomba di Safdar
Jung è opera, in realtà, di una trascendenza di ispirazione tutta mondana, non ambisce, emblematicamente,
ad apparire un trono di gloria del Misericordioso, dispiegato in altitudine
quanto in latitudine, alla cui grandiosità, nella sua dismisura
rispetto alle sue funzioni sepolcrali, sarebbe assurto il Taj
Mahal, se non già la stessa tomba di Humayun. Su due piani la tomba di Safdar
Jung si erge alla stregua di un palazzo fatato
ultraterreno, con delle torrette
poligonali agli angoli, terminanti in chioschi -chattri,
in luogo delle sfaccettature, preludenti ai lati, dell'ottaedro baghdadi della tomba di Humayun
o del Taj Mahal. Tali torricelle ne recepiscono ogni
tensione espansiva laterale rinviandola alle sue origini nell'iwan del portale d'ingresso, per un sua
permutazione che la converte in slancio verso l’alto, dove su un
tamburo di sedici lati ne raccoglie l’anelito la cupola a forma di
bulbo.
Si sale alla tomba per il tramite
delle scalinate che vi ascendono dalle aperture inarcate di una sua verandah, al cui termine ci
si ritrova sotto le archeggiature
incorniciate di marmo e gli alveoli, a nido d'ape, delle muqarnas dell'iwan
principale,
Esso si
slancia tra le efflorescenze ed il laminarsi fogliare dei cespiti delle
colonnine che l’affiancano, ingentilendolo quanto l'aggrazia il bengaldar della sua apertura superiore
centrale, cui soggiace l'accesso alla camera centrale quadrata del cenotafio.
,
E' in una stanza sotterranea
sottostante al vano cui siamo giunti, che
stanno gli effettivi sepolcri di Safdarjung e
della moglie. Come nelle maggiori tombe-giardino Moghul
antecedenti, al suo interno ci ritroveremo nel vano di convergenza di
quattro celle ottagonali agli angoli dell’edificio, e di quattro stanze
intermedie rettangolari,tra esse comprese,
Solo che
solleviamo lo sguardo, a trasporci in una sublimazione che parrebbe
rococò, vedremo circonvolversi gi stucchi floreali che quali nuvole di petali decorano
le volte della sala,
o che tra nervate
corolle tramano in parvenze di infiorescenze i soffitti dei vani d’accesso
intermedi in cui si transita tra le salette ottagonali agli angoli:
Tutto vi
si fa delicatezza vivida di grazia.
All’uscita in questo mondo dalla tomba
giardino di Safdarjung, la Lodi road è da
intraprendere alla nostra sinistra, lungo la
quale già si affianca l’oasi urbana degli incantevoli Lodi gardens.
E’ la denominazione invalsa dell’originario Lady Willingdon
Park, che fu intitolato alla moglie del Vicerè e Governatore
generale dell' India Freeman-Freeman Thomas, durante gli anni trenta del secolo scorso, in
quanto ne concepì la conformazione iniziale, intorno ai quattro
monumenti sepolcrali dei sultani Sayyid e Lodi che
vi sono ora compresi.
L’architetto Joseph
Allen Stein ebbe poi
l'incarico di ridisegnarli insieme a Garett Eckbo, riconfigurando
l' intera zona. Una Glass House venne
allora aggiunta ai giardini, presso una porta d’ ingresso d'epoca britannica.
L’accesso che vi si apre da Lodi Road,
pur se appare secondario, ci permette di visionare le tombe in ordine
cronologico, a iniziare da quella di Mohammad Shah
, il terzo sovrano Sayyid ( 1434-44,
che già si intravede sull'altura di una radura oltre i palmizi
Le conferisce importanza anche il dato
che è uno dei pochi edifici superstiti di epoca Sayyid, per la ragione eminente che i sultani di tale
periodo dovettero soprattutto contenere la violenza distruttiva delle
campagne di conquista dei sovrani Timuridi.
Tale
tomba è a pianta ottagonale, sia nella sala
centrale che nella verandah che vi dà
accesso, con tre arcate ad ogni lato, dei quali quello ad ovest venne
tamponato, per fungere da mirhab
di una moschea interna.
Agli angoli sono di supporto dei
contrafforti inclinati, mentre una cornice, o chhajja,
ricorre intorno alla verandah, al di sotto di smerlature kangura.
Al
centro di ogni suo lato emerge dal soffitto un
padiglione chattri ugualmente
ottagonale, a contornare la cupola centrale. Essa si erge su un tamburo di
sedici lati, con una torretta ad ogni vertice d’angolo.
In
Delhi tale tipo di edificio sepolcrale ha un suo
antecedente nella tomba
dimessa Khani-Jahan
Tilangani, ch'è ora difficilmente rintracciabile nel Kotla dell'enclave islamica di Nizamuddin,
e nella tomba successiva di Mubarak shah, predecessore Sayyid
di Mohammad Shah. Troverà
invece già un seguito nell'ultima tomba del periodo Lodi che ospitano i giardini, il sepolcreto di
Sikandar Lodi, e in epoca Moghul
sarà ripreso più volte, nella magnifica Isa Khan tomb compresa
nella recinzione muraria esterna della tomba di Humayun,
e successivamente nella Adham Khan
tomb in Merhauli
, che ospita la salma di tale fratello di latte del grande sovrano Moghul Akbhar. Egli ve lo fece
seppellire insieme alla madre Maham Anga, morta di crepacuore per la tragica fine del figlio,
assassinato dietro ordine dello stesso Akbar, che
lo fece uccidere a capofitto per avere egli ordito la morte del suo
consigliere Atagha Khan,
marito di un’altra balia di corte.
Ma di tale forma di tomba è al di
fuori di Delhi che si può ritrovare la realizzazione più alta, nell’edificio
sepolcrale del grande governatore afghano Sher Shah Sur in Sasaram, nell'attuale Bihar,
.
Nella
magnificenza di tale sua ripresa ad opera dell’architetto Aliwal
Khan, la tomba ottaedra che fu quella ad
essere privilegiata dai sultani Sayyid, rivela
appieno come le sue origini estreme risalgano al mausoleo greco-
romano, per il tramite della sua riproposizione
nell'anastasis del Santo
Sepolcro di Cristo, ed in conformità con tale modello esemplare in
Gerusalemme, della sua trasposizione nel mondo islamico costituita
dalla moschea della Cupola della roccia.
Tale
tomba fu concepita infatti per il concorso da
ogni direzione nella venerazione di spoglie eroiche e sante, del cui spirito
la cupola tra i chattri esalta
la traslazione nei cieli divini. A tale significazione forse poi si
sovrappose quella degli hasth bihist, gli otto paradisi a
cui danno accesso otto forme diverse di santità, secondo i detti o hadith del Profeta Mohammad.
Ben
diverso è lo spirito religioso del tipo di tomba che rinveniamo seguitando il
nostro cammino all'interno dei Lodi gardens, alla
visione susseguente della Badha
e della Shesh
Gumbad che incantevolmente si
fronteggiano.
Esse sono pressoché coeve e risalgono
ai primi anni del regno di Sikandar Lodi (
1489-1517).
A pianta quadrata, anziché ottagonale,
nelle loro simulate vestigia di palazzi a due piani appaiono come una
prefigurazione terrena della dimora celeste dei dignitari che vi furono
sepolti (a differenza, riassumendo le tipologie evocate, dei
mausolei celebrativi ottagonali dei Sayyid
appena focalizzati, o dei presumibili troni di gloria divini delle successive più sublimi tombe-giardino dei Moghul).
Alle apparenze esterne di due piani
corrispondono le arcate di cui sono aperte solo quelle adiacenti alle
entrate. Tali accessi consistono in portali trabeati con mensoloni,
sovrastati da aperture di luce e compresi entro archi incorniciati dai pistaq di proiezioni rettangolari, le
quali traggono enfasi dai pinnacoli delle guldastas.
Torrette agli angoli, ad esse
similari, esaltano invece la cupola centrale.
L'austerità delle due tombe,
così sublimemente ponderate, è rianimata dagli inserti di pietra
rossa, e bianca, che ravvivano la pietra verde di
fondo.
La Shesh Gunbadtrae il suo nome dall’essere stata un
tempo rivestita da piastrelle blu, ma di tale ornamentazione sopravvivono
ancora solo labili tracce .
Motivi floreali ed iscrizioni coraniche ne adornano la volta
interna.
Dal tamponamento della parete ovest vi
è desunta una moschea costituita dal solo mirhab.
La tomba Badha Gumbad, sulla piattaforma che la sopraeleva, é
affiancata da due edifici con cui delimita un cortile aperto. Quello ad est presumibilmente era
una foresteria, o mihman-khana, mentre ad ovest si staglia una moschea edificata
nel 1494, (così come riporta l’iscrizione di un mirhab).
Essa riveste grande importanza soprattutto nell' ambito
della trasmissione di forme architettoniche della Delhi dei sultanati e dei
primi tempi Moghul
.
La
sua edificazione concorse infatti alla
canonizzazione ulteriore della moschea a cinque arcate, le tre centrali
sormontate da altrettante cupole, che venne caratterizzata da sporti di jharokhas ai lati, indianificanti,
nonché da torrette d'angolo posteriori , e da altre ancora erette a
fianco della proiezione retrostante del mirhab.
Tali torrette decrescenti verso l'alto, furono realizzate a guisa di minareti
ed in forme inclinate, secondo lo stile che
invalse con i sovrani Tugluqidi antecedenti.
Ne è un esempio coevo la Mothi Masjid, e
ne ritroveremo ripresa la tipologia architettonica, durante i primordi Moghul e l' interregno di Ser Shah Sur, nelle moschee Kamali Jamali in
Merhauli, e nella Qal’a
-i-Kuhna Masjid, situata
nella Purana Qila.
(Per il tramite di queste moschee, ed
inoltre della tomba di Atagha Khan in Nizamuddin,
all’arte Moghul si trasmise altresì il
motivo ornamentale della combinazione di arenaria rossa e marmo
bianco, già presente nell’Ala’i-Darwaza
della remota architettura Kaliji, mentre nella moschea Badha
Gumbad ad essere utilizzata è pietra di
concio).
Procedendo
verso nord, si giunge in prossimità del ponte Athpula
che venne fatto erigere durante il regno
di Akbar da un Nawab Bahadur. Consiste di sette arcate decrescenti dal centro
alla riva, per un totale di otto piloni, o pula,
da cui il ponte trae il nome.
Nelle sue adiacenze si perviene
ben presto alla tomba di Sikandar Lodi,
racchiusa in un giardino tra alte mura.
Essa è similare a quella di Mohammad Shah, da cui la
differenzia l’assenza di chhattri.
Una
moschea murale è ricavata nella parete ovest del muro di cinta, che
delimita un complesso che richiama le fortificazioni difensive
delle tombe Tugluqidi,-
quali quella mirabile di Ghiyathu'd-Din ,
esemplificando-, più di quanto nel suo austero recesso non preluda che
alle mura più esterne delle tombe- giardino Moghul.
L’ uscita a cui volgere, nelle
vicinanze, è quella che immette in Max Muller Marg, che ci avvia a una
conclusione dell'itinerario tra eccellenti opere di architettura
contemporanee.
La prima di esse
che si ravvisa sulla sinistra è l’India International
Centre, l'ICC, di Joseph
Allen Stein,
iniziato nel 1950 e concluso nel 1962.
Concepito
come un centro di simposi e conferenze, di attività
artistiche e di studio, per ispirazione di John Rockfeller III e di Sarvepalli
Radakrisna, studioso di religione e di filosofia, il
complesso è di intensa luminosità e leggerezza distensiva
Pannelli
grigliati di mattoni frangisole,
quali jali,
e tettoie ondulate modulano le pareti e i portici e le verande delle
sue articolazioni,
Esse si estendono nel verde di giardini e di
cortili che attorno al gettito d'acqua di una fontana s'aprono alla vista dei
Lodi Gardens,
insieme con il lounge e la dinner room degli
ospiti, che concludono l'edificio
principale ad arco di cerchio. Un’oasi invero dello spirito
colto, ristorata dalla biblioteca e dalla sala di lettura a vista esterna,
sull'altro lato del complesso.Ne è un
ampliamento la Ghandi King memorial plaza, “ri-landscaped”
alla luce degli ideali di non violenza del Mahatma Gandhi
e di Martin Luther King, a ideale ricongiungimento dell' ICC e della Ford foundation, oltre la
strada seguente, ideata anch'essa da Joseph Allen Stein.
Seguitando
lungo la
Max Muller Marg, ci si ritrova alla confluenza della Birla Marg, sulla destra, lungo
la quale sorge l'edificio dell'Alliance française, , risalente al 2004 E' composto di proiezioni di blocchi sotto una copertura a
pergola di pannelli solari, ariosa e leggera, a protezione non
solo di visitatori e frequentanti, ma dei diciassette alberi che vi
sono stati preservati. La sua edificazione è finalizzata
all'integrazione di " French technology" and "Indian crafts", nelle cui tradizioni sono contemplate per l'appunto, a guisa affine di pergole, le tende cerimoniali di
origine Moghul dette shamianas.
Sullo
stesso lato della strada sorge poco oltre l'edificio della sede centrale e di
promozione e documentazione del proprio operato
dell'INTACH, un'organizzazione non governativa
volta alla tutela del patrimonio ambientale architettonico e naturalistico
dell'India. All'esterno le sue pareti granitiche irretiscono lo sguardo con
l'assumere un decorso flessuoso tra estremi avamposti spigolosi. Tale
andamento si riproduce anche all' interno, in un'
animazione dinamizzata dalle asimmetrie del libero
profilarsi delle forme architettoniche quasi come ritagli di sagome ,
tra lo svilupparsi delle attività amministrative, di informazione e di
ricerca, su più piani e intorno ad un atrio e ad un cortile
centrale.. Quest'ultimo evoca le funzioni di
raccordo della vita domestica , di ventilazione e illuminazione che ha
il cortile delle case indiane, mentre una vasca a gradini lo assimila
nelle sue rampe superiori ad un baoli,
All'altro
lato della strada che fiancheggia l'INTACH, fa la sua
rasserenante comparsa la World Bank
regional mission,
( 1994), di Raj Reval,
Pietra
arenaria beige e rosa, e cemento, vi si integrano magnificamente,
ad aggraziare l’eleganza ritmica di sporti e avancorpi laterali, rispetto
all'arcone sopraelevato centrale.
Anch'esso
conferisce luce e aria agli uffici interni, oltre all'affacciarsi di ogni vano su un cortile interno, con un suo
giardino soggiacente.
Di ritorno alla Max
Muller Marg,
percorrendo la via fino al termine ci si ritrova al suo incrocio con Lodi
Road, ed è sul lato opposto della strada che vediamo sorgere l'India
Habitat Centre di Joseph.
Allen Stein, risalente al
1994.
I vari blocchi
ammattonati del complesso, nella loro scala e nel loro volume, appaiono
superiori a quelli degli altri edifici ideati da Joseph
Allen Stein
nel Lodi Estate, e sono sviluppati secondo la ripetizione delle stesse
serie di forme strutturali, anziché essere simmetrici.
Connettono i blocchi giganteschi raccordi
trasversali, all'interno
li pervadono altissimi cortili
sovrastati da pergole frangisole.
Vi
ricevono protezione dei rigogliosi giardini, altrettanto austeri quanto
ariosi ed ospitali, nella libera circolazione che ristorano, ,
tra terrazze,
le gradinate di auditorium. ,
Conclude il tratto di Lodi Road a cui si è risaliti, ed insieme il
nostro itinerario, la Tibet
house disegnata
per il Dalai Lama da Shiv
Nath Prasad. Meno
dirompente nel suo brutalismo che il Sri Ram centre for performing
art, è pur sempre anch'essa un cuboide sopraelevato e
sospeso sopra una base cilindrica.
Al
riparo dei frangisole delle sale superiori,
ispirati evidentemente a Lecorbusier così
come la rientranza delle finestrature rispetto alla
superficie parietale settentrionale vi si può accedere ad un piccolo
museo-reliquiario tibetano ed ad una
ospitale biblioteca, che del Tibet raccoglie e trasmette la
memoria buddhista.
2°Itinerario
-Sommario
All’uscita
dallla stazione-metro Jln
della violet line, appare in fondo
allo slargo stradale il Nehru stadium, dalle coperture a vela delle
gradinate connesse da potenti tralicci.
Giunti alla sua altezza, basta
volgersi a destra per vedere accamparsi allo sguardo lo Scope Building
ideato da Raj Rewal.
Appare come una fortificzione
turrita, ma tutt’altro che monolitica e compatta,
movimentata da sporgenze e rientranze e raccordi trasversali .
La sua pietra arenaria rosa,
intarsiata a quella ocra nelle torrette e nei
raccordi , è un richiamo continuo ai colori dell’arte Moghul
.Anziché procedere oltre
verso il vetro e l'acciaio del centro burocratico investigativo, si
preferisca essere di ritorno alla Lodi road, per percorrerla fino all’Aman hotel, ora Lodi hotel, in vero magnifico, ed immettersi
in Nizamuddin.
Nell’enclave islamica gli odori e i fumi delle
carni di pollo e di montone arrostite allo spiedo, o sulle braci, cedono ben
presto alle fragranze d'incenso e di petali di rosa che preludono al darghah del santo sufi
Nizamuddin.
Tra
tanti miseri e opulenti accoliti convenuti a ricercarvi la grazia di un santo Hazrat Nizamu'd-din
che non vi è affatto sepolto, sotto i loro cumuli di petali di rose e di
offerte rituali, la sua visita, più di quanto possa appagare la ricerca
del bello spirituale architettonico, sarà una confusione dei sensi ed
un evento di fraternità religiosa, esaltato dalla musica dei Qawwali.- (il suo istitutore Amir Khusraw , essendo stato
discepolo dello stesso Nizamuddin, ha qui la sua
tomba),.
Del resto sarà difficile non trovare
pellegrini attendati sui sepolcri Moghul, fra i
quali quelli della figlia di Shah Jahan, Jahanara, vanificata nella invocazione che sola l erba verde abbia a ricoprirne
il sepolcro, di Muhammad Shah,
di Mirza Jahangir.
Per tale
appagamento occorre ricercare di seguito l'Athaga tomb, nei
pressi immediati, un piccolo gioiello,
intarsiato di marmo e d’arenaria rosa.
Raggiunta
anche l' irrintracciabile tomba Tilingani, la prima a pianta ottagonale in Delhi,
interpenetrantesi con le case interne alla Kotla, restano da visitare una moschea Tugluqide, la
Kali-or-Kalan masjid, la tomba del figlio di Athaga Khan, meglio conosciuta come la Chaunsat tomb, il recinto e l'avello adiacenti del
poeta Galib, la Bara Khamba in
un giardino ch'era a suo tempo in uno stato di degrado maleodorante.
La
Sabz Burj, dal tamburo della cupola
spropositato, ci avverte della vicinanza della tomba di
Humayun e del suo complesso.
La precedono nel compound,
oltre l'ingresso, la tomba di Isa Khan, con la relativa moschea, dei cui antecedenti esemplari
si è detto illustrando la visita ai Lodi Gardens, i
giardini Bu-Halima, l'Arab Sarai, con la moschea e
la tomba Afsarwala.
La tomba
di Humayun, al fine,
stupenda indianizzazione dell'arte islamica persiana e timuride.
L indianizzano, al centro del meraviglioso chahar bagh,
ispirato ai giardini edenici coranici, le
meravigliose chattri di
raccordo tra la cupola e il dispiegamento dell'edificio fino alle sue sfaccettature d'angolo, in
corrispondenza dei padiglioni interni ottagonali degli hest
behest, gli otto
versanti d'accesso al Paradiso coranico, quanto la
loro alternanza ritmica a diversi livelli. E' un tratto dell'arte hindu che la caratterizza sin dalla disposizione, ad
altezze alterne, dei sikharas in
miniatura che si appigliano a quello principale nei
templi di Khajuraho, per riproporsi nella
modulazione dei chattris nei palazzi rajput di Orchha e Datia.
La tomba del Barbiere, quindi la Nil
Gumbad, cui ora si accede tra migranti e miseri accampati e cani randagi,
sempre che resti ancora tempo, talmente, per giungervi, può sfiancare
l’aggirare la cinta muraria intorno al complesso della tomba di Humayun.
A
completamento imprescindibile del percorso di rientro dalla Nil Gumbad,
la visita della tomba Khan- i-Khanan, tra
le antesignane più probabili del Taj Mahal
.
3°itinerario- Sommario
Già prima di arrivare alla stazione di
Indraprasta, ci si offre dalla metropolitana
in superficie una sintesi visiva del nostro itinerario: gli ottaedri dell’Hall
of nations di Raj
Rewal, sullo sfondo delle porte che volgevano verso
lo Yamuna della Purana
Qila.
Precede l’ingresso ai padiglioni del Pragati Maidan la
visita del National Science Centre, , un'opera di Kanvinde del 1992,
animata da una proliferazione di torricelle raccordate da traverse che vi convergono e ne dipartono,
che non assurge mai a monumentalità imponente.
Quindi
l’Hall of nations e l'Hall of industries di Raj Rewal, diventate un monumento di se stesse per quanto
restano inutilizzate,
e il Nehru
pavillion, sempre di Raj
Rewal, pur esso un tronco piramidale, che pur tra tanto
cemento è nei suoi piani salienti integrato nella natura che li riveste.
Oltre l'uscita il
Craft
museum di
Charles Correa, mirabilmente connesso in ombrosi padiglioni e cortili, come
può articolarli un villaggio che faccia capo ad una residenza signorile.
Il Purana
qila, infine,
la cui visita intreccia la memoria di Humayun,- che vi trovò una morte accidentale, al
precipitarsi al richiamo della preghiera per gli scalini interni del
padiglione ottagonale del Sher Mandal-,
e di Sher Shah
Sur, che vi fece edificare, insieme con quanto comprendeva della sua città,
una delle più belle moschee di Delhi, la Qal’a-i-Kunha masjid
della cui tipologia già si è detto,
illustrando in un altro itinerario la Bhadha
gumbad Masjid, situata nei Lodi Gardens.
Resta in programma, all'uscita, la Khairu’l-manazil Masjd, del
1561voluta dalla
balia di Akbar Maham Anga, cui egli fece
uccidere il figlio Adham Khan, con pochi residui
del suo rivestimento in ceramica originario
e la porta di Sher
Shah Sur, che è quanto rimane della cinta della città da lui
voluta , forse insieme con la Khuna darwaza.
TOP
|