Odorico
Bergamaschi
In Tigawa dicembre 2014
Dice il tramando storico trasmessoci
da Alexander Cunningham nel volume IX dei suoi reports, che Bahuriband era
ai suoi tempi un piccolo villaggio, mentre ora è una cittadina, situata ai
bordi dell'altopiano dei rilievi Kaimur, 32 miglia a nord ovest di
Jabalpur, costellata, tutt’ intorno, da un gran numero di distese d'acqua
arginate, o jhils, da cui trae il suo stesso nome, che significa
nient'altro che " molte dighe". Tali distese d'acqua sono ora
annerite dalle coltura che vi è praticata delle castagne d'acqua, che mi
rinviano ai trigoi di cui è famosa la mia città d'Italia.
Trae invece Bahuriband una certa qual fama da un'iscrizione che è ora ai
piedi di una colossale statua jain, ai tempi di Cunningham sotto un
pipal, la quale riconduce l'erezione
della statua ai tempi in cui il territorio era sotto la dominazione del
capo Rashtrakuta Golhana Deva, tributario del grande re Kalachuri Gaya
Karna Deva, sollevando una diatriba mirabilmente risolta dal gran
maggiore archeologo sulla sua datazione, in termine di samvat. Di essa, per
l'abrasione della terza e quarta lettera è certo solo il secolo,
l'undicesimo dell'era cristiana , come attesterebbero le prime due lettere
10**.
Fosse vera o falsa la
diceria, raccolta come non destituita di fondamento da Cunningham, che
vi sorgesse un tempo una delle città dei Parihars, la stessa Tholabana
di Tolomeo, altrimenti detta
Volabana, da cui è facile desumere una meno remota Bahulaband, più prossima
nel nome a quello della Bahuriband attuale, in ragione della diffusa
presenza, sull'altopiano circostante, di cocci di vaso e di frammenti di
antichi mattoni, l’abitato attuale è
un raggruppamento di insediamenti raccordati dalla via di transito che
l'attraversa. Esso ha il suo centro
nello spiazzo che ne è tagliato in due dell'autostazione, lungo i cui lati
si dispongono file di negozi e negozietti e spacci e locande in cui si
concentra l'animazione della vita cittadina. Essi si affacciano su un
vasto o sterrato annerito di lasciti di carburante e di liquame
……E' tuttora Tigawa il
piccolo villaggio rilevato da Cunningham, il cui nome significa soltanto
" tre borgate" le altre due essendo i raggruppamenti di casolari
di Amgowa e Deori, che sarebbe
bene considerare ancora un suburbio di Bahuriband, per non
accreditare distanze da esso superiori a quelle reali. Ma una tradizione
che Cunningham si limita a riportare senza accreditarla, vorrebbe che vi
sorgesse un tempo chissà che grande città, dotata di un suo forte
denominato Jhanjhangarh.
Cunningham, tra le
rovine raccolte ora nel parco archeologico che ai suoi tempi si estendevano
per 250 piedi in lunghezza e 120 in larghezza, poté rintracciare i resti di ben 36 tempietti, oltre ai due
superstiti. Le loro misure variavano tra i 15, i 6 e i 4 piedi soltanto,
di essi i più minuscoli erano
costituiti di una cella aperta ad oriente, quelli di dimensioni intermedie,
tra i 7 e i 10 piedi, presentavano inoltre una porta d'acceso con 2
pilastri, e soltanto i maggiori potevano avere un portico sostenuto da 4
pilastri. Una sovrastruzione a spirale conclusa da un amalaka era il
coronamento comune. Una nota d'attualità polemica che Cunningham
stila con raffrenato sdegno, investe un rapacious spoiler
recente dei resti del sito, il suo nome, rammemorato dal maggiore a
sempiterna infamia, era quello di
Walker, ed era egli un contractor delle ferrovie britanniche che fece
un unico ammasso di tutte le pietre squadrate che poté reperire nel
sito, per riempirne duecento carri ai piedi del rilievo, prima che la
rimozione dei reperti fosse interrotta da un'ordinanza del Deputy
Commissioner di Jabalpur, che evitò ad essi la fine, per gli stessi motivi,
del grande tempio di Bilhari , completamente spogliato, e di un altro
tempio che sorgeva in Tewar
" To the railway
contractor the finest temple is only a heap of ready squared stones; and
The temple of Jerusalem,
A ready quarry is to him;
And it is nothing
more".
Tra la vastità delle
adombrate rovine in cui ci si addentri ,da un punto di vista retrostante risalta immediatamente
sulla destra il tempietto Gupta nelle sue proporzioni mirabili, mentre
sulla sinistra appar e più a distanza il secondo dei templi superstiti
dell'antico complesso, sorto quando Tigawa e Bahuriband erano un grande
centro, sulla via che ricollegava Bharhut a Tewar, o Tripura, più a
nord. Esso avrebbe preceduto la costruzione di tutti gli altri santuari,
sorti quando, decaduti i Gupta, vi si localizzò un potentato locale
emergente, ed in seguito durante la lunga dominazione dei Kalachuri.
Su una piattaforma proiettata in
avanti da due avancorpi, il tempietto, uno dei primissimi templi hindu
Gupta dell'India del Nord, alla stregua di quelli in Sanchi, Vidisha, o in
Eran, anteriore anche a quelli di Nachna e di Bumhra, dispiega un
portico d'accesso con due pilastri centrali e due laterali di fronte alla
cella del santuario,- di 12, 75 piedi per ogni lato all'esterno e di
8 all'interno-, tra loro separati da un intervallo maggiore di quello che
li distanzia dalle pareti laterali. Li sovrastano i rettifili delle
modanature della trabeazione che variando solo in altezza ricorrono
sporgenti lungo l'intera superficie parietale del tempio. Delle lastre
piatte ne sono i tetti, dei quali,
enfatizzato da una cornice sporgente,
è rialzato quello del santuario, che rispetto al portico
d'entrata se ne stacca per quanto ne è più largo.
Modanature rettilinee o
curve le profilature quadruplici del basamento del
portichetto, e quelle duplici del
santuario.
Su un supporto
prismatico i pilastri evolvono in profili sempre più poliedrici, di
8, poi di 16 lati, a iniziare da un madhya-bandha di catene di
campane ricadenti dalla bocca di kirtimukkas in quelli
laterali,fregiato di boccioli floreali in quelli centrali, per terminare in
un corso circolare di foglie di loto salienti nei primi, ricadenti ne
secondi. Negli uni e negli altri è sormontante una coppa dell'abbondanza, o
gatha-pallava, da cui ricad
il fogliame del rigoglio, prima che la emersione circolare dal vaso di un
ulteriore corso di foglie di loto, preluda
al ritorno alla quadrangolarità di una sagomatura cubica. Su di
essa èbasato in una serie di
anuli rosacei il capitello, nel cui abaco, dal profilo curvilineo,
entro chaityas o finestre carenate* si alternano
volti umani e leonini. Nel pulvino terminale dei
leoncini si oppongono le terga combaciando di facies in facies nel
muso , in bella indifferenza alla pianta- una palma, od un mango- che sorge
tra loro. Un motivo analogo
appare sulla sommità in Eran
delle colonne di epoca Gupta che ne fronteggiano l tempio di Vishnu.e
quello adiacente.
Le pareti interne laterali
del portico sono istoriate da rilievi ,di epoca più tarda , che raffigurano
Sheshashai Vishnu e Chamunda, la Kankali Devi, da cui il tempio
trae il suo nome attuale, risalenti a una trasformazione del portico in mandapa,
secondo Cunningham. Un’enorme fiore di loto
si schiude nella pietra del
suo soffitto.
Sulla sola parete
superstite di un portico ulteriore aggiunto all'esterno, è invece
raffigurato un essere celestiale dalle orecchie dilungate e con una
corona piatta sul capo, che i vidhyadaras adoranti non
lasciavano supporre sia un semplice monaco questuante.
Nel portale d'accesso
al santuario del garbagriha,
i pilastri laterali, profilati analogamente ma più rudemente
di quelli esterni,- con la sola variante rilevante di un'ardha-padma
o semiloto inciso nella prima scansione prismatica, e del raddoppiamento
contiguo dell'anularità di petali di loto contrapposti, sottostanti a
un vaso dell'abbondanza-, fungono da supporto all'inserto, in una
rientranza del muro, dei gruppi statuari di Ganga e Yamuna con inservienti, in flessuosa tribhanga, appigliate ad un albero come salabanjkas,
in una collocazione inusuale nella parte alta della incorniciatura della
porta, che ne accomuna la disposizione a quella in cui figurano nel tempio
Gupta assai posteriore di Deogarh.
Nella trabeazione, tra le
rientranze dei profili lateral , in luogo della Trimurti, di
divinità planetarie o di esseri celestiali o divinità femminili intermedie,
ricorre una successione di tulas, che rievocano nella dura
pietra le testate delle travi che si impiegavano ai tempi dell'edificazione
lignea dei templi hindu.
Identici tulas sono ravvisabili nella parte superiore
del portale d'accesso al secondo tempio, ove sormontano una serie di chaityas
in cui fanno bella mostra di se i busti di figurine umane, consimili
a quelle dei capitelli dei pilastri del portico.
Il tempio è dedicato alla Devi, -per quanto vi campeggi un'immagine
di Vishnu attorniato dalle sue
incarnazioni.
LO stesso Vishnu
nella sua incarnazione di Narashima
è insediato al centro della
cella e vi ècoronato di ghirlande, ad attestazione di come il tempio,
risalente al IV, V secolo dopo Cristo, sia ancora sede di un culto vivente.
Rupnath
Nei pressi di
Bahuriband Rupnat e’ un luogo di
pellegrinaggio lungo la strada che reca a Sihora ed a Jabalpur. Esso trae
il nome dalla denominazione Rupnatheshwar del dio Shiva che
vi è adorato - scomparsovi nella fessura di una roccia,, e nel loro esilio da Ayodhya
vi avrebbero sostato Rama e Sita e Lakshman
.
In un luogo di assoluta
quiete vi si gode la vista dei kund, in cui ricade l'acqua a
cascata dalla parete rocciosa che vi strapiomba, e che da Ram Laxshman e
Sita prendono nome, ,
alla sinistra dei quali
avrei rinvenuto il masso che reca iscritto un presumibile editto di Ashoka.
In Bahuriband e’ di grande
interesse il compound jain,
il cui interno è sovrastato dall' imponente immagine
statuaria del tirthankara cui soggiace l'iscrizione famosa
.
.
APPUNTI
Da www.puratattva.in
Ashoka’s Minor Rock
Edict – published in the Edicts of Asoka by V A Smith – Thus said the
Beloved of the Gods. A little more than two years and a half since I have
been avowedly a lay follower of the Buddha. But I was not vigorously
exerting myself in the cause of Dharma for the first one year. However, it
is a little more than a year since I have been devoutly attached to the
Sangha and been exerting myself vigorously. The gods, who were unmingled
with the people inhabiting Jambudvipa during the ages down to the present
time, have now been made mingled with them by me. This is indeed the result
of my exertion in the cause of Dharma. And this result is not to be
achieved only by the people of superior position like myself; but even a
poor man is as well able to attain the great heaven if he is zealous in the
cause of Dharma. Now, this proclamation has been issued for the following
purpose, viz., that both poor and the rich may exert themselves, that even
the people residing in the territories outside the borders of my dominion
may realize this, and that exertion on the part of the people may be of
long duration. This cause will be made by me to progress more of less to
one and a half times. And now, my officers, cause ye this matter to be
engraved on stone wherever an opportunity presents itself. And, wherever
there are stone pillars here in my dominions, this should be caused to be
engraved on those stone pillars. And, with the implication of this
proclamation in mind, you should go on tour everywhere throughout the
district in your charge. This proclamation is issued by me when I am on a
tour of pilgrimage and have spent 256 nights away from the capital.
The meaning of the last statement, about number 256, was not satisfactorily
settled among the scholars for a long time. The usual meaning taken is the
same which is stated above, however there are certain variations proposed
by various scholars. There are many edicts which were engraved while Ashoka
was on a tour but nowhere the time is reckoned like this one in the Rupnath
edict. Usual mode of reckoning time is in his regnal years.
Some scholars suggest that this 256 refers to some era used by Ashoka and
the start of the era may be taken from the nirvana of Buddha. D R
Bhandarkar, V A Smith and Senart suggest that it is the number of the
messengers or missioners who were sent by Ashoka with the copy of this
Proclamation to be engraved across his kingdom. These scholars interpret
the last statement of his edict as, ‘This proclamation is caused to be
announced by messengers, (of whom) 256 were sent out’. Some even suggests
that 256=16*16=8*8*4, and it could me an equation suggesting that he sent
messengers in eight directions. However I think now it is almost settled
and we may take the interpretation as stated above in the translation of
the inscriptio
ADDIZIONI POSTUME
Per la cronaca della
mia visita dei siti , di cui si parla in questa nota, di Sindursi e di
Kunda, o Kuda, o Hinauti, in un secondo tempo nel febbraio 2016, rimando al
mio scritto di viaggio In Damoh, Nohta, Katni, Rewa,
Govindgarh ai
capitoli su Sindursi e Kunda e Tigawa
Solo qualche settimana dopo
il rientro, per il tramite del sito www.puratattva.in avrei appreso di Sindursi,
nelle vicinanze di Rupnath, delle immagini scolpite nella roccia di epoca
Gupta che vi si possono rinvenire,
cui mi aveva fatto più
volto cenno Ananda Gupta, senza che prestassi ascolto alle sue informazioni
Si tratta di quattro pannelli, che vengono ricondotti al re Sarvanatha del
VI secolo D. C.
Uno di essi rappresenta
Vishnu con quattro braccia sul serpente Shesha, che vi ha sette
teste,
mentre Bhumi gli sorregge
un piede ed alle spalle avanzano minacciosi i demoni Madhu o Kaitabha, sempre che non siano le personificazioni
degli attributi di Vishnu della spada e della mazza,che recano in armi.
Dall' ombelico del dio intanto è già fiorito un loto in cui Brahma è già
emerso ad un suo nuovo giorno
Nell' ulteriore sua
immagine, di cui una simile è rinvenibile in Udaygiri, il dio è raffigurato quale Vishnu Sthanaka,
con quattro braccia, reca
in quelle sottostanti le personificazioni dei Purusha della chakra o ruota e della
mazza, o gada, mentre in quelle sovrastanti serra gli attributi
della conchiglia , o shanka, e della palla o, laddu. Una sua lunga ghirlanda gli
gira intorno al collo scendendo fino ai piedi.
Seguono quindi le immagini
di Mahishasuramardini,
che con un piede sulla
testa del demone, mentre con una delle sue quattro braccia gli afferra la
coda, con un'altra gli configge il tridente nel corpo, con una terza
ed una quarta regge una spada ed uno scudo ad ogni
evenienza, e di Narashima, in posa maharaja,
s
enza più o senza ancora
Hiranyakashipu tra le grinfie, la criniera bellamente fluente da una
scriminatura centrale.
Sempre nello stesso sito
avrei appreso della presenza nel distretto di Katni dei resti della sola
piattaforma del tempio in pietra di Dhitwara , il Jogia Baba ka
Sthan, d'epoca Gupta, del IV, V secolo,
secondo S N Mishra, d'epoca
post Gupta secondo le autorità archeologiche dipartimentali del Madhya
Pradesh,
ma ancor prima, l'accesso
in Delhi presso la libreria centrale dell'Archaeological Survey of India al
monumentale Temples of India di Krishna Deva, avrebbe aperto
falle maggiori nella presunta esaustività della circoscrizione del mio
viaggio, e quanto alle stesse destinazioni effettivamente raggiunte.
Dista non più di 3 miglia a
est di Tigawa, in Kunda, un ulteriore tempietto Gupta non poco
intrigante, il Shankar matha, una cella cubica senza portico,
in arenaria rossa, internamente di soli 5 piedi e 9 pollici per lato, alla
conversione 1,7526 metri,un tempio primordiale in onore di Shiva.di grande importanza nell’
evoluzione originaria del tempio hindu Risale al quarto secolo e ne
esalta l'armonia dei puri profili e rilievi lineari,
una cornice di tulas,
di teste di trave in
pietra, evocatrici del passato ligneo allora non ancora remoto del tempio
hindu-
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