All'indice generale Il Tempio di NOHTA febbraio  2016
  Il tempio di Nohta sorge defilato                                                                                                                                                                                                                                    

 

 a un chilometro a sud  est

di distanza dal  villaggio, 

   
   

 dove la copiosità di frammenti templari interposti in muriccioli e stipiti e soglie, o radunati a sacralizzare i siti di edifici di culto, attestano come esso fosse solo uno dei nove templi erettivi in un tempo remoto, in un atto fondativo che la tradizione vuole che sia avvenuto per volontà di Nohala, moglie del re Kalachuri  Yuvarajadeva I, ( ) 915-945), fervente devoto di Shiva cui il tempio è dedicato.

   
   

Il tempio consta del santuario pancharatha, del sikhara ricomposto a sormontarlo,  e delle antecedenze di anticamera, mandapa aperto a loggia- balcone, o rangamadapa, con balaustra kakshasana, e del portico postumo d'entrata,

 
   

in un' armonia di  proporzioni,  composite, risalente al raddoppio in lunghezza del rangamandapa rispetto al mula prasada del santuario

Pur nelle sue dimensioni ridotte il tempio di Nohtha risulta pienamente accordato con le innovazioni d'epoca apportate ai templi Pratihara consuetudinarj dell India centrale, ad esempio nel Gadarmal di Pathari Badoh e nel Maladevi di Gyaraspur, e dai Chandella introdotte a iniziare dal tempio Lakshmana in  Khajuraho, che in sintonia con i templi coevi del Rajasthan prevedevano l interposizione di una sala tra il portico d'entrata ed il santuario e la sua anticamera. L'aggiornamento concerneva inoltre l'implementazione//l'incremento  delle modanature alle base del tempio, ed in termini concordatari con i templi Khacchapagata o del Rajasthan,  l' alternanza di surasundaris nelle proiezioni intermedie e di vyalas nei recessi ad esse laterali, fatta salva l'irradiazione numinosa del dio del tempio nelle immagini statuarie  dei bhadras centrali e delle nicchie della kapili corrispondente al vestibolo interno, e la destinazione alle divinità guardiane dei templi , o dikpalas,delle nicchie d'angolo delle proiezioni dei karnas, orientate nelle otto direzioni cardinali.

I  quattro pilastri mistilinei o misrakas, che fronteggiano l'ingresso del tempio sorgono su un upapitha che reiterando la successione di kura, kumba, con takarikas in rilievo,  kalasa e kapota del vedibhanda, prefigurano al contempo la sezione iniziale ottagonale del loro fusto, che evolve in sedici sfaccettature prima di farsi circolare.

 
   

Un capitello bharani a regola d'arte, nelle sue scannellature a guisa di  amalakas e lotiformi , successive a fregi ardharatna triangolari, prelude  agli atlanti involuti nelle volute di mensole, tra i quali si atteggiano in anjali  minuscoli nagas.  I pilastri interni sono raccordati a quelli parietali, in forme bhadhaka, con volute nel rilievo centrale,  che s'interpone tra un vaso dell'abbondanza superiore ed una deità guardiana femminile sovrapposta all'espansione inferiore dello stesso rilievo,

 
   

secondo una stilizzazione decorativa di trame un tempo naturalistiche, che ha tutto a che vedere con la standardizzazione grafica ch' era invalsa in Khajuraho, così come la richiamano i fregi del vedika  del kaksasana. Sono così  creati i vani dei due chatuski di due campate,

 
   

 i primi ""spazi contenuti senza positivi volumi" del tempio, ( Hardy, The temple architecture of India, pg.97 ) , che in esso danno adito al santuario  come i vani ugualmente senza diaframmi parietali del portico d'entrata del Gantai mandir di Khajuraho, citandolo e retrodatandolo ad esempio coevo.

Sotto un soffitto ove si schiude un  fiore di loto, oltre le trabeazioni in cui due  fregi di palmette ne comprendono uno di ardharatna e sono orlati  a loro volta da un pushpa-mala floreale  si è giunti così al portico d' entrata nel rangamandapa.

   
   

 

Esso inquadra quello similare d'accesso al tempio, tra cinque bande o sakhas laterali di rombi e rosette, ganas danzanti, nicchie dei mithunas di incontri e accoppiamenti amorosi , tra profilature di fiori mandara, di nuovo ganas danzanti, una fascia di turgidi loti rampicanti in cui si annidano minuscole coppie amorose o singoli  uomini. e donne.

 
   
 
   

Tali fasce sovrastano i gruppi statuari consueti delle dee Ganga e Yamuna, la cui generatività fluviale è esaltata dai canopi di fiori di loto, uno dei quali con l'hamsa mithuna di una coppia di oche selvatiche, che sono vigorosamente retti dalle loro attendenti maggiori, mentre le minori sono oberate dalle borse che recano delle offerte di prasad propiziatrici. Esterni, due dikpalas shivaiti.

 
   
 
   

Nella più classica soglia udumbara è inmmancabile il mandraka centrale lotiforme , che seguita a rammemorarci il fondo adamantino del nostro se purificato in cui si ha adito al divino, affiancato di prammatica da  due coppia acquatiche di donatori su makara, cui fa seguito un gaja simha il cui cimento leo-elefantino coinvolge plasticamente dei guerrieri umani come nelle più ardue imprese Chandella in Khajuraho, prima di coppie, devotamente amorose, sedative di tanto tumulto.

 
   
 
   
 
   
 
   

Al centro del  lalata bimba della trabeazione sormonta il tutto Shiva Nataraja, tra due file festonate od inghirlandate di esseri celestiali, nella cui seconda schiera sono ravvisabili le divinità planetarie dei navagraha. Una seconda evocazione figurativa di Shiva centralizza anche l'architrave superiore, ai cui estremi ricorrono trinitariamente Brahma e Vishnu.

 

Il  rangamandapa, cui si ha così accesso, è un'ariosa successione di nove campate, come quelle del portico iniziale "rivestite solo di vento" quale involucro parietale,  raccordate da quattro pilastri centrali e da dodici periferici. Essi tutti sono in stile bhadraka, con un raccordo centrale profilato di volute tra i due vasi dell'abbondanza terminali,  anch'essi linearistici, eccezion fatta per alcuni pilastri brevi che in più sezioni, intervallate da rientranze,  duplicano i vasi superiori oltre un volto di kirtimukka ed il profilo dell'ardhapadma di un semi-fiore di loto.

 
   
 
   
 
   

Nel soffitto centrale si schiudono le orlature concentriche dei Kola di fiori di loto, mentre loro boccioli si schiudono in  una sommità piatta nelle altre campate.

 
   

 

Il portale che dà adito al garbaghiha del lingam del dio replica sostanzialmente quello esterno, non fosse che  i navagraha vi ricompaiono in ordine inverso, più arditi vi sono i mithuna nelle sakhas centrali,, e che la soglia alberga Gaja Laxmi e Ganesha nelle due nicchie terminali dell'udumbara, che a dire il vero  lascia vivamente rimpiangere quello esterno.

 
   
 
   

Onorato il dio, si è così  volti alla pradakshina esterna, che inizia a svolgersi dalla kakshasana della balaustra del rangamandapa La sua vedika decorre su un basamento in cui ad una bitha e ad una jadhya kumba infiorate di petali di loto, un karnika, un pattika di rosette, un kapota alfine guarnito di takarikas, sono sovrapposte otto nicchie di divinità femminili,

 

 

 
   
   
   
 
   
   
   

tra le quali sono  ravvisabili Gaja Laxmi, irrorata di fecondità da una coppia di elefanti, e Brahmani tricefala.

 
   
 
   

Lungo le pareti della kapili -corrispettiva all' anticamera interna - e lungo quelle del santuario, sulla successione di tale adhishthana preliminare ( o altrimenti detto  di tale zoccolo e plinto ), in luogo della vedika del balcone, e del  rajasena del suo fregio sottostante di rombi diamantini, si eleva  la vedibandha canonica di kura , kumba e kalasa,  cui a sua volta si sovrappongono nicchie, di divinità, coronate dglia udgamas di chaityas a ferro di cavallo.

 
   

 

Su di tale vedibandha si impostano le nicchie della kapili e del badhra centrale, quanto i piedistalli del primo dei due ordini di statue che campeggiano tanto nelle nicchie di bhadra, e kapili, quanto nelle proiezioni d'angolo dei rathas dei karnas,  dove figurano i dikpalas guardiani del tempio,  che in quelle delle prati-rathas intermedie delle surasundaris, intervallate da vyalas-sardulas nei recessi.

 
   

 Un madhya bandha fregiata di tamala patras,  che corre lungo tutte le pareti del tempio, inflettendosi in una gronda sulle nicchie, separa le statue dei karnas e prati-rathas dal loro coronamento di archi gavakshas e di  loro esorbitanze in udgamas, secondo un accorgimento /avvedimento  diaframmatico che è dato di ritrovare, ed è un' ulteriore concomitanza ragguardevole, nei santuari  del complesso panchayatana del tempio Lakshmana di Khajuraho,- come a Khajuraho rimandava già  la corrispondenza, in elevazione , del vedika del kakshasana dei balconi con la sovrapposizione del  vedibandha all' (implementazione ad essa soggiacente dell') adhishthana del plinto di recente addizione nei  templi hindu coevi.

Ricorrono nel secondo ordine  le statue di mithuna terreni e di gruppi danzanti, prima che una successione di amalakas compresse preluda al recesso modulatorio della varandika, un recesso di spezzoni di archi chaìtya ibframmezzati tra un kapotika scevro di qualsiasi ornamento  e la serialità espressionista di teste di vyalas.

   
 
   
 
   
 
   

 Si tratta di una loro ricomparsa superiore che è dì puntuale ordinanza nei templi Kalachuri,  e che è dato di ritrovare / rinvenire già nel tempio Chaturmukka Mahadeva di Nachna Kuthara, un  dato che insieme con la sopraelevazione del suo vedibandh apuò essere il rilievo che ha indotto Krishna Deva a scorporarlo dal novero antecedente dei templi Pratihara, per inserirlo in lista come quello di Nohta invece tra i templi Kalachuri.

Shiva vinadhari campeggia conclusivamente nel badhra settentrionale,

 
   
 
   
 
   
   
   

Shiva uccisore del demone Andaka in quella orientale,

 
   
 
   
   
   
   
   

con Surya incombente  a gambe incrociate nella nicchia sovrastante, 

 
   
 
   

 Shiva Nataraja in quella meridionale

 
   
 
   
 
   
 
   
   
   

 

, con il concorso sfrenato di Chamunda e dei suoi pretas sitibondi di sangue nella kapili contigua,

 
   
 
   
 
   

 cui corrisponde per contrasto una Parvati penitenziale in pancha-agni tapas in quella settentrionale, come attestano ad identificarla, oltre ai due animali che ricorrono nella circostanza, un leone ed un cervide, la presenza dietro il leone di un agni-kunda.

Note di viaggio aggiuntive

 

 

 

La visita del tempio di Notha, tempio di culto ancor vivo,

 
   
 
   
   
 
   
   

 può essere felicemente completata da quella del  bel villaggio nelle vicinanze, in cui i numerosi  reperti degli altri otto purana mandir che vi sorgevano fanno bella vista nei suoi muretti di cinta e nelle soglie di numerose case , nei pilastri devozionali e nel   giardino del tempio jain, oppure accumulati in alcuni tempietti quali quello al dio Ganesha.

 
   
 
   

Intraprendendo la strada per Jabalpur o risalendola  fino a Tendukheda, un villaggio ch'è prossimo alla Badri water fall, con una deviazione di venti chilometri che si diparte alla propria destra provenendo da Nohta, è possibile pervenire a visitare il tempio Kalachuri di. Khodhal ,

 
   

 da me descritto in un'altra cronaca di viaggio .

Sempre nel distretto di Damoh sono visitabili il sito jainista di Kundalpur e quello induista di Bandakpur,  non che il tempio shivaita Gupta di Sakor ( o Shakar) presso Sakhara, e il Singrampur o Singorgarh fort, che mi riprometto quali mete future.

Una descrizione più sommaria del tempio di Nohta, in un contesto narrativo, è presente nel mio scritto In Damoh, Nohta, Katni, Bahoriband, Rewa, Govindgarh, febbraio 2016

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You are like a  bargàd”, “

mi dice d’improvviso Mohammad,

in riva al talab,

tra un seguito e l’altro,

con la Laila di cui è Majdun

dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando


 

il primo che insegna che l’amore è vita,

il secondo che è cieco,

 il terzo  quanto è  pericoloso,

il quarto che è follia,

il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…


 

“ E perché  son' io un banyan?”,

gli chiedo schermendomi

con inquietudine curiosa,

per la natura epifita dell’albero,

che a impresa dell India,

 sin esso a farsi gigantesco splendore

nel suo germe cresce strangolando

la pianta che l’ospita,

 madide le mie tempie di inebriato elefante,

di ritorno a lui ora  da un apsara

con una smorfia di noia,

a un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,


 

“ Perché come un banyan con la sua chioma

tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,

con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,

quando del fratello del mio cuore,

per lui l “oncle”,

cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,

devo farmi il guaritore ferito,

che ne fu l’ infettante,


 

l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci

l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,

 fin che non torna a farsi lupo quando s’intenebra la mente

con le frigide ombre cui cede

 il dolce lume dei giorni ,

quand’io già m’illudevo ad un incanto dei miei anni finali

che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.


 


 


 


 

“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,

attempato fenicottero nella regione del vento,

con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..


 

Non illum nostri possunt mutare labores,              

(attempato fenicottero nella regione del vento,

con lui consumandomi nel trascorrere del tempo)


 

in fervida attesa,

nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,

che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari

che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.