In Satdhara, Sonari, lungo il circuito buddhista dell'India centrale

 

febbraio 2014

 

 

 

 

 

La straordinarietà del sito di Sanchi e del suo stupa principale, nei mirabili  portali dei suoi torana, ha eclissato il dato che si situa in un’area archeologica costellata di almeno altri quattro grandi centri buddisti,  Satdhara, Sonari, Andher e Murelkurdh.

Nelle pagine seguenti si da' conto e si propone la visita dei primi due centri ulteriori del circuito buddhista, in conformità con lo scrupolo di  fornire un reportage  soltanto degli itinerari di cui si è fatta sensata esperienza

 

Lungo la strada che da Bhopal reca a Sanchi, e quindi a Vidisha,  è l’inarcarsi di una lunga sopraelevazione tesa a scavalcare la rete ferroviaria, che in prossimità oramai di Salamatpur ci indica a che punto occorre lasciarne il percorso per  intraprendere, delle due stradicciole che divergono sulla sinistra, quella che a sua volta volge ancora a  manca.

 Tutto è assai  meno semplice per chi vi giunga in autobus, perchè il congestionamento dei passeggeri stipativi all'interno renderà difficile avvisare  in tempo il conducente del proprio intento di scendere, e quindi occorrerà mettere in conto di dovere rifare a ritroso tutto il cammino che riconduce a tale punto cruciale, dalla prima fermata successiva in Salamatpur.

Ma la fortuna può assistervi, come mi è ampiamente capitato, ed  è facile che un passaggio vi sia offerto in motocicletta, da qualche  abitante del vicino villaggio ch'è sulla via di Satdhara,  ben felice di riceverne in  cambio almeno cento rupie, secondo il valore corrente della valuta indiana.

Ma per lungo che resti il tragitto da compiere a piedi, esso non  è disagevole, lo rinfresca un corso d’acqua che decorre sulla destra, tra i campi in altura che si estendono sino ai profili dei rilievi all’ orizzonte.

La strada che lo affianca raggiunge con le sue acque il villaggio, dalle cui case in prossimità del rivo s’inarcano su di esso ponticelli di intrepidi assi, mentre dai giardini  s’inflettono  fronde d’alberi e  di siepi fiorite, e sotto i templi scendono le donne a lavarvi panni e posate.

Seguita il percorso tra i campi, finchè il fondo stradale cementato finisce e si fa sterrato, e ad una chiusa occorre pur intraprendere la strada che volge a destra e diventa  pietrosa,  inoltra nella boscaglia  dove si finisce  immersi. Lungo il  pendio collinare che sulla destra  sorge a fianco, si giunge a sovrastare un fiumicello, l’Halali, che scorre  nel fondale ch’esso ha incavato tra i declivi, , e già ci si ritrova oramai a Satdhara. Da soli, o con uno dei custodi a farci da guida,  ci si può dunque avviare per il sentiero che reca dallo ottavo stupa al settimo, al sesto, al quinto, al quarto, sino a quello primario, che sovrasta ogni altro sulla sommità del colle,  su di una spianata terrazzata.

Il disporsi digradante degli stupa lungo il declivio, insieme con i  resti di un monastero,

 

 

lascia supporre che gli insediamenti abbiano così avvalorato la bellezza del sito e la  sua copiosità d’acque, nel conforto del suo giacere imperturbato dai traffici da cui resta poco distante.  Tali  prerogative lo assimilano ad altri luoghi che prima ancora che dei siti buddhisti furono degli insediamenti preistorici di cui ricorrono incisioni rupestri,  quali Deor Kotha, nell'alto distretto di Rewa, e dove per l'appunto meravigliosamente coesistono stupa e rock paintings, sicché non fa meraviglia che tra i massi che dirupano verso il letto del fiume, dove pascolano armenti,  nella stessa Satdhara dei monaci  buddhisti si siano dilettati ad effigiare il Buddha o degli stupa.

Si giunge così all’altezza del primo stupa, e la sua vista è trascendente.

La mole immane della sua duplice calotta emisferica, nella sua scabrosità rudimentale senza alcun legame di calce o di malta, ancor più che l’anda della calotta del grande stupa di Sanchi

 evoca l’ascesi cosmica  verso il principio universale che al contempo è in noi immanente,  sorgendo alla vista come  il nucleo germinale originario di ogni cosa, o hiranyagharba, al tempo stesso che sovrasta ogni mondo come l'estrema circonferenza cosmica orbitante, la cui circolarità tersa è la stessa della nostra chiarezza mentale, quando il principio di tutto vi si manifesta. E' prossimo il secondo stupa ,dove furono ritrovate le reliquie di  due dei maggiori discepoli di Buddha, Sariputra e Maudgalyayana, laddove  il terzo stupa  resta 500 metri più a nord

Ci si può altrimenti dirigere  verso gli otto stupa che si situano in direzione opposta,

 

 

Anche in tale lontananza lo sguardo permane  calamitato dalla  vista della mole sovrastante del primo stupa 

 ,

che appare all’ orizzonte ancor più austera e severa che in prossimità. Essa non tocca i 16 metri d'altezza, eppure non è meno sublime che la più alta sommità himalayana,  che sia disvelata dalla nubi , con le quali si dilegua ogni perturbamento, come il culmine del tegumento ruotante del dharma  del cosmo.

Il cielo si fece piovoso il giorno del febbraio 2014 in cui visitai  Satdhara, ed il custode  ricambiò con tale gentilezza l'essermi io affidato alla sua guida premurosa e discreta, remunerandola, da darmi un passaggio sulla sua bicicletta fino al passante ferroviario da cui ha origine il percorso, di rientro a Sanchi  dove allora risiedeva.

 

Come se si trattasse di due spezzoni cinematografici, potrei montare a tal punto, con la precedente, la storia della mia escursione a Sonari avvenuta due giorni dopo, avvalorando la  finzione che di ritorno in Salamatpur l'avessi intrapresa lo stesso giorno, fino alla deviazione di seguito, sulla destra, per il piccolo villaggio da cui ha inizio l’incamminamento vero e proprio verso gli stupa nel circondario. Ma  così non è stato e non può darsi, a meno che i due tragitti non si compiano fino a che è possibile con un autoveicolo.  In autobus, e poi a piedi, occorre destinare ai due itinerari due giorni distinti,  e non debbono trarre in inganno,  sulla loro praticabilità, i tre chilometri soltanto che restano da compiere da Sonari fino agli stupa ulteriori.

Se lasciata Salamatpur  ed i suoi casamenti, non presenta asperità disamene  il  tratto di strada fino a Sonari, anzi, s'infolta ai lati meravigliosamente di palme, prima che il villaggio appaia raccolto intorno alla cuspide del proprio  mandir, 

 

 

 

 

tutto cambia come si intraprende l'erta seguente. Tra la giungla il percorso si rivela d'acchito l'asperità di una pietraia scoscesa e rocciosa, che non è percorribile che a piedi o da zoccoli animali.

Ogni sentiero che s’inerpichi si può comunque intraprendere,  basta avere la contezza  che si tratta di scollinare l’altura e di ridiscenderla,  dove il rilievo si avvalla nel greto di rivoli d’acqua, per risalire la china seguente fino alla sommità in cui  s’avvistano infine gli stupa.

 

Nel viatico del tragitto mi  è stato provvidenziale , fin dall'avvio, che in luogo di un giovane che mi si era offerto come accompagnatore, accampando innanzitutto la tariffa da egli richiesta,  abbia accettato la guida di un anziano  del villaggio  con la sua accetta boschiva, talmente umilmente cortese, e gentile, da rimuovere fin anche ogni sterpo che si inframmettesse sul mio cammino.

 

 

Dei tre stupa,  nessuno dei quali aveva legami di malta o cemento,  il primo, nella sua calotta,  risaltava per l'evocatività della immensità della mole  cosmica., Al suo cospetto avvertivo me stesso come una pietra intrepida della sua curvatura, indispensabile, certo, ma solo nel suo essere con il tutto inerente e coesa. Il secondo stupa, la terrazza del cui medhi era sopraelevata, era piuttosto pregevole per la sua tornitura,  

 

 

 

 

mentre il terzo al pari del quarto era inflesso ad ogiva. Intorno, una pace di radure e di  boscaglie volteggiata da rapaci.

Già all'andata, nel divallamento, l'uomo che mi accompagnava si era fermato a pregare presso una scaturigine d'acqua, dove sorgeva un tempietto che per il torello che vi si ergeva credevo che fosse shivaita. Era invece destinato al culto di una divinità tribale, come gli altre luoghi sacri presso i quali costui si sarebbe raccolto in preghiera.

Sulla via del ritorno, tra le piante di mahua o da cui si ricavano le foglie di bidhi, le sigarette indiane, si era intanto unito ad entrambi il giovane custode degli stupa.

E quando come l’anziano, l'ho visto raccogliere pietre, una certa inquietudine mi ha fatto rabbrividire.  Ma era  per aggiungere altre pietre al cumulo dell'ammasso che costituiva la dimora del patar dev, il god stone della fede tribale del vecchio, che assicura almeno un ricovero a chi  in  tal modo lo venera.

Solo  dopo avere raggiunto oltre il villaggio un luogo di culto dei suoi antenati, l'anziano mi ha lasciato per affidarmi alla compagnia del giovane guardiano. Ho allora dovuto insistere più e più volte, perchè con il mio ringraziamento accettasse una mia minima  offerta di denaro. in cambio dell'aiuto indispensabile che mi aveva prestato all'andata e sulla via del ritorno, non solo assistendomi in ogni travaglio, ma  tollerando remissivamente la mia insofferenza ogni qual volta il suo aiuto mi era d'intralcio nella ricerca, tra i sassi ed i massi,   del percorso possibile che mi impedisse di poggiare il corpo sul mio arto artrosico,

 

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