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La straordinarietà del sito di Sanchi
e del suo stupa principale, nei mirabili portali dei suoi torana, ha eclissato il dato che si situa
in un’area archeologica costellata di almeno altri quattro grandi centri
buddisti, Satdhara, Sonari, Andher e Murelkurdh.
Nelle pagine seguenti si da' conto e si propone la visita dei
primi due centri ulteriori del circuito buddhista, in conformità con lo scrupolo di fornire
un reportage soltanto degli itinerari di cui si è fatta sensata
esperienza
Lungo la strada che da Bhopal reca a
Sanchi, e quindi a Vidisha, è l’inarcarsi di una lunga sopraelevazione tesa a
scavalcare la rete ferroviaria, che in prossimità oramai di Salamatpur ci indica a che punto occorre lasciarne il
percorso per intraprendere, delle due stradicciole
che divergono sulla sinistra, quella che a sua volta volge ancora a
manca.
Tutto è assai meno semplice per chi vi giunga in autobus, perchè il congestionamento
dei passeggeri stipativi all'interno renderà difficile avvisare in
tempo il conducente del proprio intento di scendere, e quindi occorrerà
mettere in conto di dovere rifare a ritroso tutto il cammino che riconduce a
tale punto cruciale, dalla prima fermata successiva in Salamatpur.
Ma la fortuna può assistervi, come mi è ampiamente
capitato, ed è facile che un passaggio vi sia offerto in
motocicletta, da qualche abitante del vicino villaggio ch'è sulla via di Satdhara,
ben felice di riceverne in cambio almeno cento rupie, secondo il valore
corrente della valuta indiana.
Ma per lungo che resti il tragitto da compiere a piedi, esso
non è disagevole, lo rinfresca un corso d’acqua che decorre sulla
destra, tra i campi in altura che si estendono sino ai profili dei rilievi all’ orizzonte.
La strada che lo affianca raggiunge con le sue acque il
villaggio, dalle cui case in prossimità del rivo s’inarcano su di esso ponticelli di intrepidi assi, mentre dai giardini s’inflettono
fronde d’alberi e di siepi fiorite, e sotto i templi scendono le
donne a lavarvi panni e posate.
Seguita il percorso tra i campi, finchè
il fondo stradale cementato finisce e si fa sterrato, e ad una chiusa occorre
pur intraprendere la strada che volge a destra e diventa pietrosa, inoltra nella boscaglia dove si
finisce immersi. Lungo il pendio collinare che sulla destra sorge a fianco, si giunge a sovrastare un
fiumicello, l’Halali, che scorre nel fondale
ch’esso ha incavato tra i declivi, , e già ci si ritrova oramai a Satdhara. Da soli, o con uno dei custodi a farci da guida, ci si può dunque avviare per il sentiero che reca
dallo ottavo stupa al settimo, al sesto, al quinto, al quarto, sino a quello
primario, che sovrasta ogni altro sulla sommità del colle, su di una spianata
terrazzata.
Il disporsi digradante degli stupa
lungo il declivio, insieme con i resti di un monastero,
lascia
supporre che gli insediamenti abbiano così avvalorato la bellezza del sito e
la sua copiosità d’acque, nel conforto del suo giacere imperturbato dai
traffici da cui resta poco distante. Tali prerogative lo assimilano
ad altri luoghi che prima ancora che dei siti buddhisti
furono degli insediamenti preistorici di cui ricorrono incisioni
rupestri, quali Deor Kotha,
nell'alto distretto di Rewa, e dove per l'appunto
meravigliosamente coesistono stupa e rock paintings,
sicché non fa meraviglia che tra i massi che dirupano verso il letto del
fiume, dove pascolano armenti,
nella stessa Satdhara dei monaci buddhisti si siano dilettati ad effigiare il Buddha o degli stupa.
Si giunge così all’altezza del primo stupa,
e la sua vista è trascendente.
La mole immane
della sua duplice calotta emisferica, nella sua scabrosità rudimentale senza
alcun legame di calce o di malta, ancor più che l’anda
della calotta del grande stupa di Sanchi
evoca
l’ascesi cosmica verso il principio universale che al contempo è in noi
immanente, sorgendo alla vista come il nucleo germinale
originario di ogni cosa, o hiranyagharba,
al tempo stesso che sovrasta ogni mondo come l'estrema circonferenza cosmica
orbitante, la cui circolarità tersa è la stessa della nostra chiarezza
mentale, quando il principio di tutto vi si manifesta. E' prossimo il secondo stupa ,dove
furono ritrovate le reliquie di due dei maggiori discepoli di Buddha, Sariputra e Maudgalyayana, laddove il terzo stupa
resta 500 metri
più a nord
Ci si può altrimenti dirigere verso gli
otto stupa che si situano in direzione opposta,
Anche in tale lontananza lo sguardo permane calamitato
dalla vista della mole sovrastante del primo stupa
,
che appare
all’ orizzonte ancor più austera e severa che in prossimità. Essa non tocca i
16 metri
d'altezza, eppure non è meno sublime che la più alta sommità himalayana, che sia disvelata dalla nubi , con le quali si dilegua ogni perturbamento,
come il culmine del tegumento ruotante del dharma
del cosmo.
Il cielo si fece piovoso il giorno del febbraio 2014 in cui visitai
Satdhara, ed il custode ricambiò con tale
gentilezza l'essermi io affidato alla sua guida premurosa e discreta,
remunerandola, da darmi un passaggio sulla sua bicicletta fino al
passante ferroviario da cui ha origine il percorso,
di rientro a Sanchi dove allora risiedeva.
Come se si trattasse di
due spezzoni cinematografici, potrei montare a tal punto, con la precedente,
la storia della mia escursione a Sonari avvenuta
due giorni dopo, avvalorando la finzione che di ritorno in Salamatpur l'avessi intrapresa lo stesso giorno, fino
alla deviazione di seguito, sulla destra, per il piccolo villaggio da cui ha
inizio l’incamminamento vero e proprio verso gli stupa nel circondario.
Ma così non è stato e non può darsi, a meno che i due tragitti non
si compiano fino a che è possibile con un autoveicolo. In autobus, e
poi a piedi, occorre destinare ai due itinerari due giorni distinti, e
non debbono trarre in inganno, sulla loro praticabilità, i tre
chilometri soltanto che restano da compiere da Sonari
fino agli stupa ulteriori.
Se lasciata Salamatpur ed i
suoi casamenti, non presenta asperità disamene il tratto di
strada fino a Sonari, anzi, s'infolta
ai lati meravigliosamente di palme, prima che il villaggio appaia raccolto
intorno alla cuspide del proprio mandir,
tutto cambia
come si intraprende l'erta seguente. Tra la giungla il
percorso si rivela d'acchito l'asperità di una pietraia scoscesa e rocciosa, che non è
percorribile che a piedi o da zoccoli animali.
Ogni sentiero che s’inerpichi si può
comunque intraprendere, basta avere la
contezza che si tratta di scollinare l’altura
e di ridiscenderla, dove il rilievo si avvalla nel greto di rivoli
d’acqua, per risalire la china seguente fino alla sommità in cui
s’avvistano infine gli stupa.
Nel viatico del tragitto mi è stato provvidenziale , fin
dall'avvio, che in luogo di un giovane che mi si era offerto come
accompagnatore, accampando innanzitutto la tariffa da egli richiesta,
abbia accettato la guida di un anziano del villaggio con la
sua accetta boschiva, talmente umilmente
cortese, e gentile, da rimuovere fin anche ogni sterpo che si inframmettesse
sul mio cammino.
Dei tre stupa,
nessuno dei quali aveva legami di malta o cemento, il primo, nella sua
calotta, risaltava per l'evocatività della immensità della mole cosmica., Al
suo cospetto avvertivo me stesso come una pietra intrepida della sua
curvatura, indispensabile,
certo, ma solo nel suo essere con il tutto inerente e coesa. Il secondo stupa, la terrazza del cui medhi
era sopraelevata, era piuttosto pregevole per la sua tornitura,
mentre il
terzo al pari del quarto era inflesso ad ogiva. Intorno, una pace di radure e di boscaglie volteggiata da
rapaci.
Già all'andata, nel divallamento,
l'uomo che mi accompagnava si era fermato a pregare presso una scaturigine
d'acqua, dove sorgeva un
tempietto che per il torello che vi si ergeva credevo che fosse shivaita. Era invece destinato al culto di una divinità
tribale, come gli altre luoghi sacri presso i quali costui
si sarebbe raccolto in preghiera.
Sulla via del ritorno, tra le piante di mahua
o da cui si ricavano le foglie di bidhi,
le sigarette indiane, si era intanto unito ad entrambi il giovane custode degli stupa.
E quando come l’anziano, l'ho
visto raccogliere pietre, una certa inquietudine mi ha fatto rabbrividire. Ma era per aggiungere
altre pietre al cumulo dell'ammasso che costituiva la dimora del patar dev,
il god stone della fede
tribale del vecchio, che assicura almeno un ricovero a chi in tal
modo lo venera.
Solo dopo avere raggiunto oltre il villaggio un luogo di
culto dei suoi antenati, l'anziano mi ha lasciato per affidarmi alla
compagnia del giovane guardiano. Ho allora dovuto insistere
più e più volte, perchè con il mio ringraziamento accettasse una mia
minima offerta di denaro. in
cambio dell'aiuto indispensabile che mi aveva prestato all'andata e sulla via
del ritorno, non solo assistendomi in ogni
travaglio, ma tollerando remissivamente la mia insofferenza
ogni qual volta il suo aiuto mi era d'intralcio nella ricerca, tra i sassi ed
i massi, del percorso possibile che mi impedisse di poggiare il
corpo sul mio arto artrosico,
up
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