Index | Il Tempio Ghantai di Khajuraho | gennaio 2016 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Il Ganthai mandir, nel suo profilarsi ai margini della via che si diparte dall'incrocio che una volta che si sia lasciato il complesso degli altri templi jain, o prima di giungervi, consente di raggiungere il borgo della Khajuraho antica, appare come l' enigma architettonico più fascinoso e arcano tra tutti quelli che riservano i templi di Khajuraho, nella magnificenza assoluta dello splendore armonioso dei resti che sopravanzano alla sua antica grandezza, che pur nella loro lacunosità ne fanno alla stregua dei suoi pilastri dal cui motivo delle campane pendenti da catene trae il nome, uno dei brani più memorabili dell'arte dell' India medioevale, per echeggiare le parole di Krishna Deva. Già il Fergusson ebbe a dirne quanto fosse " remarkable for ist extreme elegance", benché non si presentasse, secondo altrui parole, che " come uno scheletro senza carne" " In the beauty of they form and proportion and the chastness of their ornamentation", quanto ai suoi pilastri che campeggiano nella sua rovina, "they evince almost a classical dignity". Le sue istanze furono decisive nel distogliere il gran maggiore Cunningham dalla persuasione che il
tempio, fosse buddhista , Campane in festoni di ghirlande o pendenti da catene fuoriuscenti dai volti di gloria di kirtimukkas, ricorrevano già nei templi in pietra dell'India centrale e nord occidentale dei loro albori Gupta, mentre non sono più rinvenibili nei templi dei sovrani Chandella di Khajuraho, dove si persero via le tracce pur anche degli altri motivi più illustri e significativi che fecero lo splendore dei templi dei Pratihara, i regnanti da cui i Chandella si emanciparono , quali i tulas, a memoria delle testate delle trabeazioni lignee originarie, i nastri di ghirlande di fiori, oltre che di campane - i gantha o puspa malas al trapasso finale delle pareti, o jangha , nella varandika che prelude alle sovrastruzioni superiori, i vasi dell'abbondanza, o ghata pallava, alfa ed omega dei pilastri badhrakas, o l'acuzie degli udgamas di archi carenati lungo le proiezioni laterali, rinvenibili questi ultimi , così come un gatha pallava in una sua sommità , solo nel tempio Lakshmana di Khajuraho, a contrassegno di quanto sia attempato rispetto agli altri grandi templi di Khajuraho di cui è il capostipite ( 930- 950 e. c), ad opera di re Yasormavan, come attesta la lapide filiale ora di lato nel mandapa del tempio. Forse sarebbe stato illuminante, più che ricondurre il fantasma architettonico del Ganthai mandir all'artefazione residua di un tempio ibrido quale il Parshvanath, per farne il suo antecedente, ragguagliarlo ai templi jain Pratihara almeno della regione. Tra di essi quello Santinath, di Deogarh , avrebbe rivelato una ricorrenza corrispondente di campane gantha lungo le sue proiezioni parietali, ove compaiono intervallate da trafori di tralicci di jali, una trama, che nostro malgrado, potrebbero indurci ad adombrare nell'oscurità di un gudhamandapa circostante l invaso solare che rende così fulgida di gloria celeste l'apparizione magnifica di eterne divinità remote o dei pilastri, al pari di altri recessi, di apparati monumentali quali quelli che in Sihonia, o Ajaygarh, sono stati disvelati alla luce esterna dal franare dei diaframmi murari. Da tali ragguagli mi chiedo se piuttosto non avrebbe tratto giovamento, come suppongo, l'orientamento a ricondurre ad un'epoca precedente lo stesso tempio Parshvanath il Ganthai mandir, a trapasso del potere appena avvenuto in Deoghar, od in Khajuraho, tra gli antichi signori Pratihara e i novelli Chandella. La grandiosità dì un tempo che trapela pur da così pochi resti, doveva apparire ancor più imponente in virtù di una piattaforma che ora giace interrata, la quale involge con se larga parte dello stesso basamento dell'adhishthana. Ne fuoriemergono la parte superiore di un jadya kumba, o cyma recta inversa, il profilo affilato di un karnika, il recesso di un antarapatta con rombi diamantini alternati a pilastri, un jadya kumba finale fregiato come un pattika di volute fogliari cuoriformi. A ben vedere le modanature piatte di due bittha sembrano soggiacere a tali risalti. S'erge a noi dinnanzi ora il portico d'entrata, l'ardhmandapa, in cui campeggiano i magnifici pilastri. Si elevano su un loro triplice basamento ottagonale, il primo un kura o upapitha fregiato di rosette, volute, petali di loto, il secondo un kumba adorno di carenature di archi chaitya a ferro di cavallo, i takarikas, cui fa seguito il toro di un kalasa privo di qualsiasi ornamentazione , che un recesso separa da un kapotika con takarikas e coronamento anulare. Il pilastro che a tal punto inizia a stagliarsi , secondo un decorso canonico quando è misraka, ovvero mistilineo,
si si sfaccetta dapprima in otto lati che raddoppiano presto a sedici, per adornarsi poi della fascia di un primo madhya bandha ottagonale di transizione, oltre il quale il suo fusto si fa circolare. Tale madhya bandha, da cui è rinserrato, è forgiato in una ghirlanda di festoni che erompono da kirtimukkas, tra cui si affrontano dei vidyadharas atteggiati in anjali mudra, intenti a reggere ghirlande o a recare strumenti. Una replica di tale profilatura funge da supporto al coronario di lumas pendenti, mentre l'intero madhya bhanda si protubera verso l interno in una mensola reggilampada , che un butha ostenta di reggere.
Sul fusto circolare che se ne svincola si stagliano quindi a discendervi sotto di un madhya bandha conformemente anulare, le più mirabili catene di campane, tra boccioli di loto, insieme con ghirlande di festoni di campanule alternativamente emanate da kirtimukkas, oppure pendule tra i boccioli, e i loro steli, da colonnine intorniate od inquartate da vidhyadharas, da asceti o mithuna di amanti, Nella sua fermezza che tende la catena da cui pende, tra il fluttuare invece dei fiori di loro con il loro stelo, la campana , come già è presente nei templi hindu, appare simboleggiare la stabilità dell'essenza del principi o ordinatore del cosmo, per il tramite delle catene di anelli delle successione causali, rispetto alle manifestazioni mutevoli ad ogni spirare di vento quali dei fiori, che nella loro caducità eppure ne vitalizzano l'irradiazione, grazie all energia vitale che l'irrora degli steli di linfe. Nella formalizzazione stilistica degli stessi steli di loto si è rarefatta la viridiscenza naturalistica di cui traboccava il turgore di fogliame e infiorescenze d'epoca Gupta, ma la vita vi è ancora splendidamente rappresa, nello scompiglio in cui il soffio di un vento vedremo nel portico interno sommuovere le campane in un sospeso dibattersi. Ancora il fusto saliente, ed è la volta di un altro madhya bandha , in cui si è di ritorno a fogge ottagonali, e i cui festoni che rutilano dai kirtimukka fanno da cordonatura arcuata alle movenze da giostra di cavalieri oppositi.sul dorso di vyalas. Un altro tratto ulteriore di colonna levigata, ed un madhya bandha ingentilito di rosette e fregi di triangoli è il successivo collare che torna a farsi circolare, aggettando in mensole di atlanti , cui fanno seguito ancora la preziosa eleganza di due fasce ottagonali , in cui è raffinatamente foggiato il quarto dei madhya bandha della sezione a guisa di colonna del pilastro, l una festonata di ghirlande che racchiudono semi-fiori di loto, l'altra di fulgenti rosette, prima che al fusto colonnato facciano seguito le minute scanalature vibranti di amalaka e padma compositive del più classico capitello bharani, sormontato dagli atlanti energumeni , intervallati da naga adoranti, di mensole concluse dai rilievi di petali di loto e perlinature. Tali capitelli sorreggono una trabeazione decorata con bande di volute di fiori di loto e di kirtimukkas, prima di una terza bandha del tutto piana. Su di essa corre un fregio interno in cui si susseguono devoti, musici, danzatori, elefanti, con al centro una immagine di Jain nei lato nord e sud, quelli di fianco. L' ìntrigante soffitto, di un tipologia che non ha riscontri in Khajuraho, per Eliky Zannas raffrontabile solo con quelli Chalukya . è compartimentato in pannelli rettangolari, quali battenti di porte, lungo le giunture della cui intralicciatura ricorrono fiori di loto in rilievo, mentre nei lacunari di un cassettonato esterno si esibiscono musici e danzatori fiancheggiati da coppie, in uno più interno ricorrono volute astratte. Al centro delimitano un riquadro adornato del triplice schiudersi di kola floreali cuspidate. Tra la magnificenza di tale arioso portico d'entrata ed il portale seguente d'accesso al mandapa che viene campeggiando alla vista, s' interpone un vestibolo, che il raccordo dei pilastri interni dell'ardhamandapa con due paraste di lato a tale portale, su cui si fronteggiano due dvarapalas, e di questi con dei corrispettivi pilastri parietali , scandisce nelle campate di tre chatuski, tutti e tre come " vestiti d'aria", in assenza di diaframmi intermedi, quello più largo, centrale, destinato a rimandare dal porticato esterno a quello della piattaforma interna al mahamandapa e quindi alle vestigia del santuario perduto del garbagriha, quelli laterali, in cui si espande il basamento del portico d'entrata, un tempo a prospettare presumibilmente l'accesso e l'uscita di un deambulatorio interno che correva intorno al santuario, Ad esso avrebbe fatto capo l ampliamento corrispondente del mahamandapa, le cui pareti continuavano quelle che racchiudevano il vestibolo in un involucro murario che mi è lecito immaginare che fosse senz'altre aperture di luce che i trafori pietrosi di jali, tanto ai lati di un chiuso gudhamandapa che lungo il deambulatorio, il che è forse la ragione dei portalampade aggettanti che vedremo pendere da ogni pilastro interiore. I pilastri laterali ed interni del vestibolo, da cui si affacciano sul versante volto ala campata del chatuski intermedio le effigie di due dvarapalas, hanno grezze forme badhraka, che abbozzano un rilievo rettangolare centrale con due testate sormontate dai soli profili di due vasi dell'abbondanza, cui fa seguito una sezione attica , o uchchalaka,. A tali rilievi rudimentali corrispondono capitelli e mensole spoglie, in conformità con la più dimessa arte di provincia dei primordi Chandella, così come si configura nelle paraste dei templi di Mau Suhanya o di quello di Lalguan in Khajuraho, di cui più ancora rudimentali sono solo quelli in granito, di supporto, oltre il portale d'accesso al mahamandapa. La chiarità di quelli esterni, lasciò supporre a K Deva che li salvaguardasse un rivestimento murario. come sarebbe occorso anche ai tratti terminali, all'altezza nei due chatuski laterali, della trabeazione che reggono le paraste interne del vestibolo, di lato del portale , mentre nel tratto centrale vi ricorrono un fregio sottostante di volute e uno superiore di kirtimukka Il portale d'accesso al mahamandapa ci consente quindi alla sua base di sedere o di ritrovarci accanto alle dee Ganga e Yamuna, l una alla propria sinistra, l'altra alla propria destra, in acconciatura dhammilla, come consentono di identificarle i loro veicoli animali, un coccodrillo makara , Ganga, una tartaruga ,Yamuna. Le due dee sono affiancate da una chauri-dharini intenta a reggere una scaccia-mosche sul lato esterno, cui, a custodia dell ingresso, fa seguito uno dvarapala, munito di gada, oltre al fiore di loto che reca superstite, cui fa da rinforzo un ulteriore dvarapala per lato, al di sotto dell'ultimo saka e dei contorni esterni al portale. Sopra le chauri-dharini è incastonata una coppia di Kinnaras, un unicum, credo, in tale dislocazione, nei templi tutti quanti di Khajuraho, mentre non è raro ritrovarli in quelli anteriori Pratihara, a ulteriore indizio probante dell'arcaicità del tempio. Fregiano la soglia volute di loto nella proiezione centrale, l'udumbara, affiancate da una duplice Sarasvati con sole due braccia, cui nei recessi si susseguono su uno loro kari-makara sei divinità acquatiche con la giara dell'acqua, cui subentrano contrasti gajasardula tra elefanti e mostri ibridi, ,mentre sotto gli dvarapalas esterni ricorrono scene di danze e di musica. Il portale cui si risolleva la vista é di una impaginatura maestosa, nel succedersi d'ordinanza dei sette sakas delle bande laterali, la prima una fascia di rosette, la seconda e la sesta istoriata di vyalas, la terza e la quinta di ganas intenti alle danze o a suonare strumenti, la quarta in guisa di pilastro, uno stambha saka lungo il quale ricorrono mithuna, coronato di un capitello con un affilato karnika e un padma lotiforme. Il settimo saka è un viluppo fogliare quanto mai plasticamente protuberante, affiancato da un fregio di ganas che sono analogamenti intenti ai suoni e alle danze quali quelli del terzo e del quinto saka. La trabeazione retta dallo stambha saka vede campeggiare al centro Chakreshvari, la Yalshini del primo dei Tirthankarar Neminath o Rishabanath, come attestano il veicolo su cui è insediata, Garuda e gli attributi che recano le sue otto braccia, tra i quali primeggiano un sankha e quattro chakras vishnuiti , completati da un frutto, una freccia, un arco. Nelle nicchie alle due estremità compaiono Jaina, laddove fungono da rappresentazioni intermedie alla destra di Chakresvari le nove divinità planetarie ed alla sua sinistra gli Ashtavasus vedici che nei templi hinduisti di Khajurahio sovrastano agli angoli cardinali le divinità guardiane del tempio. Sono otto quanto tali dikpalas, in abhaya mudra e con un vaso d'acqua lustrale, a rammemorarci che i jainisti si rivolgevano alle divinità hindu per le cose di questo mondo, cui nella loro attinta dimensione fuori dello spazio e del tempo restavano estranei i loro Tirthankaras. E quindi, come nel tempio Adinath, il fregio sovrastante, del più vivo interesse, degli auspici avuti in sogno dalla madre dell’ultimo dei Tirthankara, Mahavira, prima del suo concepimento,- Esso sono sedici, come vuole la tradizione della setta Digambara in cui si iscrivono i templi di Khajuraho, in luogo di quattordici per i Svetambara : 1) l’elefante di Indra Airavata, 2) un toro,3) un leone rampante, 4) Sri Devi o Laxmi, 5) una ghirlanda che racchiude un kirtimukka, 6) una luna piena con una lepre visibile nel mezzo, 7) un sole nascente che rappresenta Surya al entro, 8) un paio di pesci, 9) un paio di giare d’oro, 10 un lago di fiori di loto, 11) un mare agitato, 12) o trono leonino), 13) un vimana*, 14) una coppia di Naga in un padiglione( il Nagendra-bhavan) , 15) cumuli *di gioielli, e 16) Agni assiso con le fiamme fuoriuscenti dalle sue spalle. Mentre dei vidhyadaras volteggiano a coppie sulla bordatura della trabeazione costituita dal settimo e ultimo saka, affiancando al loro centro un Jaina seduto, sovrastano le nicchie della trabeazione, elevandole a tempietti, degli udgamas di archi chaitya , carenati, che preludono a sikharikas piramidali tri-rathas, con sette piani o pidhas, chandrika e amalaka, Valicato il portale, lo splendido chatuski che ci fronteggia è pressoché simile a quello del portico d'entrata, non fosse perchè le campane in alcuni pilastri si scompigliano a terne senza fiori di loto laterali, e l'upapitha è piana e tre sono ad ogni pilastro le mensole reggi-lampada, quella mediana sorretta da un vigoroso atlante, a conforto della supposizione che l'interno fosse quello intenebrato di un gudhamandapa. Il chatuski è a sostegno di un soffitto piatto con un fiore di loto al centro, ai bordi della cui incorniciatura corrono fregi esterni di volute ed uno interno di rosette . Ad una trabeazione identica a quella del portico dell'ardhamandapa invece fanno seguito tre bande ornamentali, la prima delle quali è fregiata di festoni, la seconda di ardha-ratna, dei piccoli, triangoli, mentre la terza è spoglia . Anche la trabeazione volta ad est, verso la parete del portale è ornamentata, e ancor più profusamente, fregiandola volute graficamente stilizzate, i rilievi di vidyadharas volanti allineati a fianco di un Tirthankara ch'è seduto al centro, di fiori cuoriformi, di rombi floreali dai bordi perforati , di fiori di loto da cui fuoriescono gagarakas. Poi il nulla che più resta del santuario e della sua anticamera,
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