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maggio 2016 |
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Nel tardo pomeriggio di quell’ ultimo
sabato di maggio Mohammad ed Ajay
avevano voluto accompagnarmi in autorickshaw alla
stazione ferroviaria, benché dovessi lasciarli solo per pochi giorni, in un
tour tra Vidisha e Lalitpur
che mi avrebbe visto di ritorno al più tardi il giovedì seguente, e da Chandu mi ero congedato in una stretta dolente che
anticipava il mio distacco dal bambino quando oltre un mese dopo avessi lasciato l'India.
Con il tempio
Santinath jainista
di Deogarh, il numero 12,
Il tempio
jainista Maladevi In Gyaraspur è il
solo tempio antecedente ai quattro templi maggiori di Khajuraho che come essi abbia un ambulatorio interno, e
sia dunque sandara, con il tratto distintivo comune di
presentare sui fianchi lo sporto di tre balconi con kakshasana
reclini, ed un’edicola soggiacente ad
ognuno di essi all’altezza ribassata
del basamento dell’adhishthana.
Altresì il vestibolo dell’antarala non emerge in una Kapili rilevata nella superficie esterna, come nel tempio jainista Parshvanatha di Khajuraho, al pari del quale il tempio Maladevi ugualmente non riporta in sporgenze sfalsate su più piani, ( la cui articolazione ne farebbe un antecedente più certo dei templi sandara induisti di Khajuraho), la scansione interna in sala del mandapa, vestibolo, santuario, cui contrappone il continuum di una parete che tutto comprende dell’interno nella sua estensione, su uno sfondo allineato sullo stesso piano, come è proprio di templi jain quali lo stesso Parshvanath in Khajuraho. In esso i balconi si succedono ai pilastri di udgamas di archi carenati, uno dei quali, a guisa di sikhara, per il seguito di bhumi amalakas lungo i balapanjaras delle fasce laterali, era stato interposto tra gli stessi balconi del mandapa per ribadire tale seguito di baluardi ostensivi di icone, incrementati dai pilastri in cui erano istallate edicole degli stessi recessi. I templi sandara, jain od hindu, risultano così unificati , secondo tipologie proprie, dalla adibizione del loro profilo parietale esterno a galleria uniforme di immagini divine, Yakshis e Yakshas nelle nicchie dei pilastri del tempio Maladevi, mentre nei balconi bhadras si può presumere che fossero insediati i tirthankaras cumulati nella cella del santuario . Nell'
ornamentazione rimarchevole è la frequenza del ricorso di lumas
pendenti, nei balconi l’assenza del vedika.
2 In Udayagiri Nella grotta
più famosa di Udaygiri, la numero
Nella prosecuzione dei gruppi scultorei, su di una sporgenza laterale situata alla destra dell'osservante, appaiono le dee Ganga e Yamuna in una delle loro prime raffigurazioni in assoluto, insieme con i veicoli animali che le contraddistinguono, il coccodrillo e la tartaruga, oltre le innumerevoli effigie di divinità e di rishi convenuti. Lascio a chi ne voglia restare convinto l immedesimazione di Varaha, - o più persuasivamente dell' orante che fa seguito ad un serpente naga effigiato come implorante-, con il re-salvatore Chandragupta che avrebbe promosso la realizzazione delle grotte per celebrare le proprie gloriose vittorie, in conformità con un ciclo rituale vishnuita che ne rapporterebbe le immagini a corrispondenze astronomiche ( Willis 2009) La grotta
accanto, la numero 6,
propone
uno dei motivi conduttori della visitazione delle grotte, ossia come negli
stipiti dei portali venisse configurandosi in epoca Gupta
un ordine di successione che si sarebbe codificato nella serie delle bande o
fasce dei vari sakhas dei
templi hindu, generalmente la prima un patra
sakha di volute vegetali, la seconda un naga
sakha serpentino in guisa di cordone
floreale, la terza, e la quinta, due rupa sakhas simmetrici di figure di ganas o di gandarvas
, musici e danzatori, rispetto ad uno stambha
sakha
pilastriforme centrale, quarto per ordine,
recante per lo più delle immagini incorniciate di coppie erotiche o mithunas, prima di un sesto eventuale sakha
e di quello alfine terminale,
il bahyha
sakha , di
volute ma con più corposità viridiscente di quelle del primo saka. Ed infatti gli stipiti
della sua entrata presentavano una prima fascia floreale, una seconda
cordonata, più oltre una colonna con dei leoni araldici che preludeva allo stambha sakha.
Altri
motivi, come le 14 sottili teste umane della trabeazione, sormontate “da tre chandrakasalikas, la centrale
includente una figura similare a Kubera” ( Krishna Deva), non avrebbero invece trovato un seguito
che ci sia noto. Ai lati
due dvarapalas evocano un altra grande
costante dei portali dei templi hindu, ossia
la presenza protettrice di tali custodi soggiacente alle bande, a fianco,
quasi costantemente, delle raffigurazioni di divinità femminili e delle
loro attendenti, tra le quali avrebbero assunto una predominanza esclusiva
Ganga e Yamuna con i loro veicoli animali. Creature femminili celestiali qui
comparivano invece negli slarghi superiori del portale, mentre ai
lati dei guardiani shivaiti sottostanti ai sakhas compaiono
due raffigurazioni di Vishnu, che nella
loro ostentazione di potenza richiamano la sua effigie
più colossale che si ritrova in Eran, sempre
nel Madhya Pradesh. Oltre tali rappresentazioni del dio figura una delle più
antiche immagini che si conoscano di Mahishasuramardini, la
dea Durga intenta all' uccisione del demone
Mahisha.
Un'iscrizione
sovrastante farisalire la cava all’anno 82
dell'epoca Gupta, il 402 dell’era cristiana, quando
ad imperare sui territori era Chandragupta II.
Sulla roccia adiacente afferma la sua imponenza un’immagine di Ganesha, assiso a suo agio su un trono-bancale. La grotta numero 7 è scavata nella prominenza rocciosa che presso l'ingresso delle grotte precedenti fronteggi il reticolato in prossimità della strada, e riserva due guardiani shivaiti all'entrata, un soffitto interno ornamentato dal rilievo di un fiore di loto. Un’iscrizione della parete di fondo attesta che la grotta è da ricondurre ad una donazione di un ministro dello stesso re Chandragupta, in concomitanza con un'impresa di conquista del suo sovrano. L'ulteriore iscrizione che consente la datazione di un'altra grotta di Udayagiri è quella dell'unica che sia jainista, che la fa risalire all'anno 426 dell'era cristiana, quando a regnare era re Kumara-gupta. Valicato il
cancello seguente, immagini di Ganesha e Mahishasuramardini
ricompaiono in prossimità di una grotta sulla destra.
Sormontando
i massi sovrastanti le grotte 5 e 6, se ne discende all’altezza dell’ingresso
quanto mai grazioso della grotta numero 4,
Due bande in rilievo, dilatate nelle loro sommità, conferiscono
risalto alla alternanza dei loro rilievi floreali e vegetali, rispetto a
quelli dei recessi.
Ne fregiano la trabeazione i gandharvas suonatori di vinas , gli strumenti musicali da cui la grotta trae il suo nome. Un ekamukalinga, o linga ad un solo volto, al suo interno è situato al centro. Risalendo invece la china per il sentiero che inframmezza i massi e i rilievi, tra grotte dai profili d’entrata lineari, in quella numero 13, dietro la grata a sua protezione, sta un enorme Vishnu dormiente sulle spire del serpente Adisesha. La grotta numero 1, quella situata più in alto di ogni altra su un rilievo seguente,è uno dei primi templi hindu in assoluto dell' India del Nord , in virtù del portico che conferisce il seguito di una struttura architettonica alla cavità del santuario desunta nella roccia.. Sua
raffinatezza saliente, nella sua semplicità primitiva, i suoi intercolummi più larghi nell'intervallo centrale che in
quelli laterali, come nel tempio numero 17 di
Sanchi, o in quello di Tigawa, di cui costituisce forse l'antecedente assoluto,
come possono lasciare intendere i suoi capitelli, in cui sono appena
abbozzati un vaso e il suo fogliame ricadente.
Sulla via del
ritorno la grotta Amrit, numero 19, è straordinaria nelle sue vestigia
architettoniche. Il portale, oltre una prima fascia di volute vegetali, presenta in successione un rupa sakha in cui sono incorniciate coppie amorose, e l'inserto di un fusto circolare su di un pilastro, che non conosce ancora il destino di una loro uniformazione in uno stamba sakha, In un
ampliamento superiore che riprende quello delle fasce antecedenti, tale fusto
è sovrastato da due celestialità femminili, per le quali impennano la loro
corsa due destrieri, a guisa di grifoni, che sono cavalcati da due guerrieri.
Oltre il ripetersi dei mithunas di coppie amorose
nella trabeazione che corrisponde alla seconda banda del rupa
saka, infine campeggia la gran scena della frullatura
dell'oceano di latte, in cui dei e demoni sono antagonisti sinergici
nell'estrazione dell'ambrosia di vita immortale, da cui la grotta trae
il suo nome.
Ma è
ancora da venire quanto di più bello essa riserva, la meraviglia di uno
dei più affascinanti interni della civiltà Gupta, ove umano e divino
presenziano l'uno all'altro, nel deambulatorio aperto sul santuario del
garbha-griha grazie a quattro pilastri mistilinei che ne
delimitavano i vani
Sono
essi sfaccettati prima a cubo, poi ad ottaedro, indi a poliedro
decaesagonale, a supporto di capitelli ancora rossi d'ocra e
guarniti di ghirlande, da cui teste leonine ora abrase sporgevano un tempo
veementi. Lo soffonde una luce mellita e grave che tornisce i
pilastri e impregna di chiarore il solo garbha-griha, ove un
Nandi precede i simboli del shivaismo che vi sono raccolti.
mirabile
oltre ogni dire per perfezione di proporzioni in semplicità di forme, un nudo
portico e una nuda cella, di un decoro ornamentale minimale. E' essa ridotta
alla svasatura campaniforme scannellata dei pilastri, oltre l' incremento da
quattro a sedici delle loro sfaccettature, e quindi ai leoni che volgendosi
le terga, a ridosso di un albero, ultimano i capitelli.
La classica variazione Gupta degli intercolumni ne esalta l'elegante armonia dell'entrata. I susseguirsi di ondulazioni vegetali e di roselline bastano a profilare mirabilmente il portale interno,
prima
del pilastro volto a colonna che vi assume le funzioni che nei templi
hindu successivi. sarebbero passate allo stambha
sakha. Oltre il tempio 19, eretto su fondazioni Maurya o Shunga che
rendono conto della sua inusualità absidale, il torana
sud del grande stupa, ci volge alla fusione di simbolismo e realismo
dei magnifici portali del reliquario buddhista
Anche le simbolizzazioni
degli ultimi predecessori del Gautama, i Manushi Buddha, li
individuano naturalisticamente con sei differenti tipi di piante, laddove nei
templi hindu al più coesistono le stilizzazioni del fogliame del loto, di tamala
e tala patras, di bande dei fiori mandara,
e vi figuravano nei toranas le più tipiche
capanne dei miseri, specialmente nei jataka delle vite
precedenti di Buddha, il Vessantara ed il Sama,
vi
campiscono dimore signorili e fortificazioni urbane, quali quelle di
Kushinagar stretta d'assedio per carpirvi le reliquie del Buddha, oppure di
Kapilavastu, in scene di vita del Buddha, sia che egli ne fuoriesca per la
grande partenza, o che vi faccia ritorno in visita magna.
Vi
hanno rilievo architettonico non solo le repliche miniaturizzzate dei
luoghi di culto, e quanto ai lavori e alle usanze, le imprese
elevate o le officine del tempio, le scene di caccia o di guerra dei
dignitari regali
non eran sono le sole ad avervi dignità di
rappresentazione, sul torana orientale più umili
attività domestiche ed agricole, od artigianali, compaionoènelle scene
di vita e di lavoro del villaggio di Uruvela, dei gran fatti e miracoli
avvenutivi.
Ed in ognuno
dei quattro torana il mondo animale che vi è effigiato
è vitale quanto quello umano, tanto nelle scene gremite di elefanti tra
stagni di loti del Chaddanta Jataka,
che in quelle
di scimmie balzanti o protese del Makakapi jataka,
Altro che il solo marciare in file di cavalli o al più l'impennarsi, solo aizzato, degli elefanti di parate processionali o militari, che sarà dato di vedere nei templi hindu , mentre oche, ed anitre, e quanta mai fauna di cielo o di fiume, non vi sono solo il veicolo di qualche divinità cui soggiaciano emblematicamente.
Krisna Deva definisce giustamente il tempio in Deogarh delle 10 Incarnazioni di Vishnu un'apogeo dello stile opulento Gupta, per la sontuosità dei suoi celeberrimi pannelli e del portale d'accesso, ma tanto sfarzo risalta sulla più sobria e pura nudità volumetrica di un prisma sfolgorante in altitudine, che si eleva su di una piattaforma dai possenti profili mistilinei, e sotto le sole macerie residue di quel che ne resta del sikhara piramidale che vi si ergeva. Delimitano agli angoli la piattaforma i soli basamenti superstiti di quattro tempietti, a fare del tutto un complesso panchayatana, mentre coppie amorose di mithuna le storie di Krishna e di Rama, e di ulteriori incarnazioni vishnuite, ne illustravano un tempo le pareti. Ne restano ora in loco solo due formelle, l' una ove Vishnu Vamana al cospetto di Bali s'avventura a divenire Trivikrama, l'altra in cui Krishna e Balarama stanno in braccio a Nanda e Yasoda, quest'ultima " wearing Abhira dress, resembling the dress now worn by the rural women folk of Delhi and Haryana regions".( Krishna Deva, Temples of North India, pg10 ) Il portale
sontuoso iscrive i pilastri colonnati laterali nell' ordine di successione
dei sakhas degli stipiti, cinque bande laterali, di
cui la prima è una fascia magnifica di volute uscenti
dall'ombelico di yakshas , cui dei ganas s'appigliano
festosi, la seconda una mirabile schiusa perlinata di corolle floreali, la
terza un rupa sakha di coppie amorose intervallate a putti-kumaras
scherzosi, che nella trabeazione fa capo a un Vishnu comodamente in lalitasana
sul serpente Shesha.
Risulta così già invalsa la ricorrenza di uno o due rupa-sakhas simmetricamenti opposti rispetto a uno stambha-sakha assiale, che a sua volta incorpora in due profili templari le figure umane del reggitore di uno scacciamosche chamara e di un gana danzante. Seguiono quindi un sakha di spigolature fogliari ed un bahya sakha terminale di corposi cespi di foglie allargati su in alto, a foggia di t, come le travature lignee antecedenti di cui riprende i lineamenti, a darvi ospitalità, sulla sinistra dell'osservante, a Ganga, sul suo makara, e sulla sua destra a Yamuna sulla propria tartaruga. Li corona, lassù, un simha mala di tulas di teste leonine. Tra di esse intercorre una trabeazione a guisa di gronda chhadya con ballatoio, due padiglioni e tre frontoni di archi chaityas, che arieggiano i piani superiori con copertura a volta degli edifici d'epoca scolpiti nei torana degli stupas di Sanchi, nella loro deperibilità lignea e fittile forse ancora in uso ai tempi dell'edificazione del tempio di Deogarh, In due di
tali frontoni fanno capolino il Sole e Tale apparato che non è solo ornamentale si eleva su figure soggiacenti fra le quali, come già in Udayagiri, primeggiano due dvarapalas con aureolatura divina, a ribadire la loro precedenza rispetto alle stesse Ganga e Yamuna, nel situarsi alla base degli accessi del tempio. Sottostanti a rupas e stambha sakhas li affiancano due attendenti mirabili per ritrosia e grazia . Seguie quindi un gana che regge un purna kumbha, a fare da atlante bhara putraka della bahya sakha finale. Il portale è sovrastato dall' intaglio di un kapota-cornice che corre lungo tutta l'estensione parietale del tempio, cui subentra, con pari estensione, un corso di edicole e fregi vegetali, prima delle carenature residue del sikhara d'un tempo. D'incommensurabile bellezza i panelli laterali, incorniciati come il portale da magnifici sakhas laterali, i primi due di volute e fiori, il terzo un pilastro recante immagini di divinità collaterali dentro le lunette di perlinature circolari sovrastate da racemi e semicorolle floreali, oltre che da un superiore recesso ottagonale e dallo schiudersi di un compresso gatha- pallava, quale vaso dell'abbondanza. Nel Vishnu
Sheshashayi, il dio appare ancora immerso nel sonno mentale della pralaya
di un'ulteriore dissoluzione cosmica, non fosse, che a tradirne il
risveglio del corpo per le carezze del piede esercitate dalla consorte
Laxmi. è il sommovimento dei bracciali lungo gli arti già trepidanti, donde
la schiusa dall'ombelico del loto di Brahma, tra il reinsediarsi nei cieli,
oltre il sollecito Garuda, di Kartikkeya, Indra, Shiva e Parvati sui
loro veicoli animali.
Le figure in armi sottostanti difficilmente possono identificarsi con i Pandava e Draupadi, la comune consorte, secondo una tradizione lungamente invalsa, essendo in contrasto le une con le altre. Ed infatti è più accreditabile l' ipotesi che la creatura femminile e i tre prodi che l'affiancano siano i purushas che personificano gli attributi del Dio, volti a contrastare due demoni insidiosi Di minor
pregio il pannnello di Nara e Narayana penitenziali,
del più vivo
splendore il Gajendramoksha, per l oltranzismo così naturalisticamente
espresso in cui Vishnu e Garuda, in concordanza unanime di servo-padrone,
chiedono conto al principe Naga dell'afflizione inflitta all'elefante devoto
al Dio, una resa dei conti così inesorabile che al principe Naga non resta
che riconoscere la maestà vishnuita e chiedere pietà.
Per l'agevole percorso di una pista piatta, per nulla accidentata, che si diparte sulla destra, pervenendo a Deogarh, solo poco prima del cippo che segnala il villaggio ad ancora tre chilometri di distanza è possibile raggiungere l isolato e remoto Kuraiya Bir mandir. L'isolamento
del tempio, volto ad oriente, nella giungla tra muraglie di
cinta, conferisce al minuscolo edificio di culto
shivaita, pancharatha e composto di portico e santuario,
un incanto ulteriore oltre al suo particolare, di una grazia unica nel
sopraelevarsi inusuale del sikhara oltre una edicola superiore
che ne sovrasta il tetto piatto delle pareti.
L'adhishthana ne ornamenta
la successione solita di kura, kumbha, kalasa, kapota decorata
di takarikas, con il fregio terminale di un pattika
di volute vegetali in cui evolvono piume o scaglie animali, volti di uccelli
e di makara. All'acme delle sue trasmutazioni presenta un kirtimukka
all'altezza dell'edicola centrale del bhadra del lato
meridionale, ed una coppia amorosa di kinnaras all'altezza di
quella retrostante, volto ad occidente Essa e è l' unica nicchia che rechi
un'effigie, quella di Skanda Kartikkeya intento ad alimentare il proprio
pavone, le penne della cui ruota aureolavno il dio.
Ganesha e la comune madre Parvati, si può solo immaginare che fossero albergati nelle nicchie ora vuote. L'edicola del
bhadra centrale, evidenziata da una gronda pesante in
deciso contrasto con la leggiadria dei pilastrini laterali, ornamentati
con le decorazioni di esili fiori di loto entro due medaglioncini separati da
un collo ottagonale, è sovrastata da un udgama ed
affiancata dalle proiezioni sussidiarie di due pilastri bhadraka,
in cui i vasi floreali dell'abbondanza di due gatha-pallava ,
quello superiore sovrastato da un semi-fiore di loto, o ardha-padma,
racchiudono un risalto centrale del fusto con testata a forma di t, di cui le
volute vegetali si commutano in quelle dei piumaggi di uccelli. Simili a tali
pilastri sussidiari sono quelli delle proiezioni dei pratirathas
e dei karna-rathas, che separa il recesso di un salilantara
lungo il cui fondo il viluppo vegetale ha ancora modo di profondersi.
Un capitello di foglie espanse risale fino al kapota, con
takarikas, in cui le pareti si concludono.
Il varandika seguente, tra un kapotika ed un'altra modanatura sporgente presenta un recesso in cui ulteriormente mondo volatile e mondo vegetale si commutano l'uno nell'altro,
La cella
sovrastante , quasi un santuario minore del santuario maggiore,
come solo è dato di vedere nei templi Chalukya Ladh khan di Aihole,
in quello Gupta a Parvati in Nachna Kutara, o nel monastero
Kachchhapagata di Surawaya, presenta quattro aperture grigliate
secondo le diagonali del quadrato e il diametro del cerchio che
circoscrivono, in travetti imperniati sulla schiusa della corolla di un
fiore centrale che li irradia. Le precedono due pilastri con gatha-pallavas
superiori, un kapotika ed un tula pitha di
testate di travetti ulteriori , e le coronavil corso superno del ghanta
mala di una ghirlanda di campane.
Tre sono i latas del breve sikhara tri-ratha, con un frontoncino di archi-chaityas per lato a guisa di sukanasa, i karnas essendo scanditi in piani da tre bhumi-amalakas, prima di una cornice superiore da cui si distaccano il greva del collo e l'amalaka del pinnacolo terminale. Il portale d'ingresso ad un garba-griha senza vestibolo antarala, evidenzia oltre il patra sakha di volute vegetali, ed il naga-sakha di cordoni floreali di serpenti, al centro del lalata bimba presi per la coda da un energumeno Garuda , non uno ma due pilastri stambha-sakhas, l' uno con gandarvas intenti ai suoni ed alle danze in compartimenti sorretti da atlanti-bhara putrakas, l'altro incentrato sul cordone di una campana che discende da un kirtimukka. A concludere i fregi degli stipiti un bahya sakha di corpose volute. I gruppi statuari di Ganga e Yamuna , sorvolati da un hamsa mithuna sopra il capo della seconda delle dee fluviali, contraddistinguono tale deità anche in quanto la sua attendente invece della classica ombrella-chattri sospende sul suo capo il flabello scacciamosche di un chamara. Ombrelle o flabelli hanno dato luogo ad una na ricerca periodizzante che nei templi jain di Deogarh trova il suo seguito, e che fail paio con quella sulle acconciature dhammilla di dee e ninfe celestiali, in Khajuraho, o sulle padangada la cui ornamentazione ai piedi , oltre alle cavigliere nupara, è servita a postdatare immagini del massimo rilievo quali quelle di Vishnu Vaikunta. I pilastri ai lati, con dvarapalas shivaiti sotto arborescenze, l' uno, forse Virabhadra, oppure Bhairava , ben armato di bastone, l'altro di tridente nella sinistra superiore, hanno lo stesso disegno di quelli di pratirathas e karnas, mentre quelli del portico, con capitello gatha-pallava, nelle sfaccettature delle direzioni cardinali tra le dodici del loro fusto, lasciano ricadere campane da delle cordonature. la loro
frequenza è un indizio utile a contraddistinguere un tempio come
jainista, nel tempio Maladevi di Gyaraspur quanto nel Ganthai mandir di
Khajuraho, o nei templi ulteriori di Deogarh ( in cui, come nel
Santinath, sarebbero ricorsi gli stessi capitelli dalle fogge fogliari
), ed ha delle parvenze forzose l' inserto nella parete nord del vari-marga
per l uscita dell'acqua dei rituali shivaiti, si può presumere che il tempio abbia mutato i suoi
connotati religiosi nel corso del tempo, conoscendo una conversione shivaita
postuma dei suoi caratteri jain originari. Il complesso dei templi jainisti di Deogarh nel suo greve silenzio è di un'austerità severa, entro le cinte murarie e i viali dei suoi reperti allineati. E'
d'obbligo iniziare dal tempio Santinath, dedicato al XVIo
Tirthankara, il numero XII della catalogazione ordinaria, che nella sua mole e
nel suo pesante sikhara domina l'intero sito
Le ristrutturazioni e i rifacimenti o gli ampliamenti del complesso hanno coinvolto soprattutto questo tempio, sicchè indagarne la formazione è un cimento imprescindibile alla luce investigativa di quali antecedenti possano esservi rinvenuti del tempio jain Parswanath di Khajuraho, ugualmente sandara, come prima dei templi maggiori hindu di Khajuraho lo è solo l'altro tempio jainista Maladevi in Gyaraspur. Dedotto
dal suo apparato architettonico il porticato d'ingresso, d'epoca più
tarda, li accomuna in realtà il continuum delle pareri esterne che
involve l'intero edificio, senza rientranze o aggettanze in conformità con
gli spazi interni.
L'assenza di balconi nel tempio Santinath ne fa un prototipo od un precursore del tempio Parshwanath, più ancora del tempio Maladevi in Gyaraspur, di cui l elemento fondamentale che si trasmette ai templi hindu sandara di Khajuraho ed a quello emulo di Sihonia, sarà piuttosto proprio la disposizione, in santuario e pareti dei mandapa, di balcone e sottostante edicola del badhra-ratha all'altezza ribassata dell'adhishthana, secondo una tipologizzaione specifica di tali templi sandara. Nel tempio Santinath, il cui adhishtana oltre le modanature solite di kura, kumbha e kalasa presenta una tala-patra di palmette nel recesso dell'antarapatta che precede il kapotika conclusivo, un breve atrio mandapa dà accesso, ad un livello più basso, alla sala ed al corridoio del deambulatorio, che come nel tempio Parshwanath trae luce da griglie ammattonate, mentre l'esterno del tempio ne è l involucro parietale costituito di una alternanza di pilastri e di pannelli traforati mirabilmente, senza altra soluzione di continuità che tre portali centrali, due di fianco e l'uno retrostanti, appiattiti sulla superficie parietale del jangha come le griglie ed i pilastri Al centro di ogni pannello traforato su di una lastra di fondo emergono una nicchia con una yakshi ed un udgama che giunge fino a sovrapporsi nel suo apice ad un ghanta mala superiore. Il vacuo ai lati di tale lastra è intercorso da una trama a zig zag, cui ne fa seguito un'altra oltre i pilastri. In essi ricade una campana da un kirtimukka, cui oltre un recesso ottagonale fanno seguito un ghata pallava ed un capitello a cespite, oltre il quale una tula-pitha di testate di travetti intercorre tra due kapotas con dentellature. Ancora un kapota, un recesso di nicchie, un fregio di ardharatnas triangolari, un corso floreale, di palmette talapatraas, ed è raggiunta la gronda finale del jangha, cui la varandika dà seguito interponendo un ulteriore ricorrenza di un tula pitha tra due kapotas, oltre un gantha mala di tutto rilievo, che esalta il leitmotiv jainista delle campane. Lo sikharas secondo consuetudine è pancharatha, ed è stato pesantemente rifatto dopo il terzo ricorso di bhumi-amalakas Sul fronte
primeggia il sukanasa con un portale centrale vigilato da due
coppie di tirthankaras, tra bhumi-amalakas ad
ascendere, come in un karna-lata, fino al piano superiore
dove incastonano un udgama centrale e rombi
diamantini incorniciati, precedendo l'evolversi superiore degli archi chaitya,
di cui quello supremo funge da nicchia all'immagine di un
santo jain.
Dei due portali d'ingresso sono originari solo gli udumbaras, dove il contrasto tra leoni ed elefanti è animato sino a sconquassare i mahut* impennati in groppa a questi ultimi. Prima ancora, antecedente il porticato ipostilo, un chatuski presenta dei pilastri retrostanti originari, dei quali è particolarmente importante quello con una campana pendente per il tramite di una catena da un kirtimukkka su un fusto ottagonale, che. reca una scritta che ne fa risalire la donazione al tempio, che dunque era già preesistente, all'862 dell'era cristiana. A tributarla fu un certo Deva, discepolo di Kamaladeva, quando il re Pratihara regnante sul territorio era Bhoijadeva, e suo feudatario iLuachchhagira Vishnurama. Di notevole interesse sono i mandapikas e i tempietti circostanti, vuoi per i portali riconducibili come il tempio Santinath all'epoca Pratihara, vuoi per come ai canoni hindu vi sono integrati gli elementi jainisti. Così, il
portico precede un portale su dei pilastri con i consuetudinari vasi
dell'abbondanza ghata pallava, il portale seguita a riproporre
Ganga e Yamuna e le incorniciature delle fasce dei sakhas di
rito, mentre la trabeazione ha in serbo un jaina al suo centro. Se poi lungo
le pareti le proiezioni si attengono alle norme pancharatha, e
sono foggiate anch'esse come pilastri con vasi dell'abbondanza
terminali, quella principale serba nel suo bhadra-ratika l'
immagine di un tirtankhara o di un jain in luogo di idoli hindu.
Su una sala mandapa
interna retta su quattro pilastri centrali, in cui dei kirtimukkka
emanavano giri di perle, vi si volgono tre celle comprese nelle pareti
circostanti, rimarcate all'esterno da pannelli in bhadra-ratikas,
in ognuno dei quali sono effigiati tre tirthankaras ,
uno seduto e due eretti.
Del portale d'accesso originario è magnifica la soglia, con un mandaraka in piena fioritura lotiforme , che è affiancata da un kinnnara mithuna e da un kirtimukkka, ai quali d'ambo i lati subentra un leone intento a fronteggiare un guerriero. L'hamsa mithuna con una ghirlanda nel becco, e il flabello conico che sormonta Yamuna, in difformità dal parasole ad ombrello di Ganga, sono gli elementi utili a fricondurre il portale, quanto ciò che vi restadel tempio originario, ad unìepoca che dinasticamente è ancora Pratihara, quando in templi coevi dell'ottavo secolo ricorrevano simili varianti o motivi integranti nelle raffigurazioni delle dee fluviali Nel tempio 16
e 19 si rinvengono portali consimili che inducono a
periodizzazioni consimili. Nel tempio 16 compare inoltre un pilastro identico
a quello risalente all'862 che è inserito nel chatuski
antistante del tempio Santinath, stesso fusto ottagonale, stessa
campana pendente per il tramite di una catena da un kirtimukka, stesso
recesso ottagonale sormontato da un vaso dell'abbondanza ghata pallava,
lasciando del tutto supporre che ne sia stato ivi trasposto.
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