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18 gennaio 2006 Come
è possibile, che nel ricordo, il più
incantevole dei miei viaggi si stia già dissolvendo,
negli affetti più intimi disincarnandosi come
l'evanescenza di un sogno? Anche i sensi paiono oramai inerti a
rivivificarlo, benché sia rientrato "What beautiful journey/travel", erano le parole che sospiravo commosso a Kailash, l'altra domenica, ad una sosta sulla via del ritorno tra Kajuraho e Jhansi, nella luce estasiante di quel pomeriggio splendido di cui era crepitante la giungla- E Kailash mi abbracciava con
furtivo abbandono, per ringraziarmi così del mio apporto al
reciproco dono, che avevamo alimentato insieme l'uno per l'altro, " Kailash, niente finisce, tutto ora comincia di nuovo" alla stazione di Jhansi gli avevo detto per vincere con le parole l'emozione del pianto. Si era già dileguato nella folla quando lo ricercavo lungo i binari, aveva già raggiunto gli amici con i quali rientrava in auto a Khajuraho, dopo che era sceso dal treno in cui mi aveva aiutato a disporre i bagagli, e che un ultimo bacio aveva suggellato il nostro distacco. Ma alcun strazio di pianto faceva seguito all' avviarsi del treno verso Gwalior, una forza tremenda mi inoltrava nel tunnel del distanziamento, nella sollecitudine di assicurarmi in Delhi un confortevole alloggio.Nella sera buia fuggivano intanto via, a ritroso, i luoghi
che mi erano apparsi smaglianti
di luce quando, in senso contrario, li avevo percorsi nell' andata pomeridiana,
e quando
un sogno Kailash intanto seguitava a dormire nella cuccetta sovrastante, quasi che si ostinasse a rifuggire ogni discorso tra noi, come già era accaduto nella stazione del quartiere Nizamuddin da cui eravamo partiti, nel primo pomeriggio.
Ci eravamo forse illusi di ritrovarci amici? la mia gioia. nel sogno di essere di nuovo in India, doveva stemperarsi nell'amarezza di dovervi convivere nella simulazione di una convivenza forzata? Una cordialità indaffarata aveva costituito il nostro risveglio in quell' alberghetto, di Paranji, in cui si dispiaceva di avermi condotto, da che nella notte vi eravamo arrivati dall' aeroporto, ove era ad attendermi da ore, come mi aveva promesso E per parte mia, da che ero sceso dall' aereo, benchè sapessi quanto mi stesse aspettando al di là delle barriere in uscita, avevo messo in atto ogni dilazione possibile del nostro incontro, di cui al tempo stesso che l'aereo veniva raggiungendo e toccando il suolo d'India, era venuta meno ogni aspettativa emotiva. Eppure ero scoppiato in lacrime, i giorni avanti, quando mi
aveva scritto che pur di raggiungermi all' aeroporto, avrebbe lasciato Khajuraho la sera stessa che io
sarei partito in volo dall' E mi ero allarmato e intenerito di fronte al suo smarrimento, a quanto era disposto a fare altrimenti, e a ridefinire dei progetti in comune che aveva approntato, alla sola ipotesi che la nebbia, la khora, che una mia collega mi aveva detto che le aveva impedito un primo atterraggio a Delhi la scorsa stagione invernale, potesse scompaginare i suoi piani. Era in grado di farsi recare in auto fino a Delhi, disdire e concordare
differentemente ogni prenotazione di treni e di hotel, che volevo dunque che egli
facesse? E quel suo biglietto
musicale, poi, la vigilia di Natale, che mi aveva ammaliato in
tale
la card è visibile al seguente indirizzo Click here to view the greeting page
Possibile che l'apprensione timorosa della delusione reciproca, potesse a tal punto fagocitare nella paura il mio sentimento struggente di amorosa amicizia ? Ma come l' ho rivisto, mentre tra la folla in attesa degli interessati sopraggiunti in aereo brandiva quel brano di cartone, toccante, con scritto il mio nome e la mia città, la mia apatia è divenuta sconcerto e sgomento, si è tramutata nel sollievo amaro del vuoto liberatorio da una presunta passione che si vanificava: era il mio magnifico Kailash quell'oscuro indiano, dal volto butterato, finanche imbarazzante nel suo imbarazzo goffo, rattrappito come un automa turgido in quei miseri abiti invernali in cui serrava le mani, mentre trasmetteva i suoi voleri all' albergatore che guidava la jeep noleggiata per condurci in albergo? Senza che avessi a rammaricarmene, la sua indianità scostante poteva pur restarsene a dormire nella branda accanto, mi dicevo quando ci siamo ritrovati in stanza a luci spente, fuoriuscivano intanto dalle lenzuola i suoi esili piedi dilungati, che mi rammemoravano con ribrezzo quelli che avevo visto ardere, e incenerirsi, nei roghi delle cremazioni del Manikarnika gath, in Varanasi.
Ignoravo che a stravolgerne i lineamenti era l'imbarazzo di non essere riuscito a trovarmi in Delhi un albergo più decente, l'ansia di uscirne dal traffico che gli era soffocante, un imbarazzo che animava la sua impazienza alla stazione ferroviaria, il suo lasciarmi di continuo per desumere informazioni sul possibile ritardo del treno, , per assicurarmi il vitto e l' acqua durante il viaggio.Eppure anche in treno, sembrava preferire ogni occasione per non intrattenersi con me, il sonno pomeridiano in una cuccetta vuota, la conversazione occasionale con un viaggiatore in corridoio, ogni diversivo, piuttosto che intrattenersi con me e lo starmi accanto. Lo splendore esterno dell' India , anche soltanto l'esservi, il visitarla comunque, mitigavano l'amarezza del dubbio sulla effettività dei nostri sentimenti, la incertezza sulla possibilità di riuscire a convivere con Kailash durante tutto il corso del viaggio, se avessimo dovuto rimanere in rapporto mediante la sola finzione della nostra amicizia, inscenando una cordialità che se non si fosse arenata ai primi attriti, sarebbe sopravissuta solo per arrivare al finale di recita delle false promesse di restare in contatto, mediante lo scambio di e-mail e di saluti al telefono che si sarebbero ben presto rarefatti fino a cessare per sempre. Ma l'arrivo in Jhansi, a lui familiare, nell' aria pungente della era inoltrata, scioglieva il nostro distacco, ci accalorava già sul risciò che ci conduceva all'hotel, alla cui vista mi sorprendeva la croce che risplendeva sulla sua sommità. Al risveglio della nostra intimità fraterna, nella calda luce mattutina intravedevo un presepe in un canto dei portico ch'era in prossimità della rèception. Lo fronteggiava assiduo Lord Ganesh, nel suo sembiante statuario, una cui replica interna stava ricevendo da un inserviente l'omaggio di un mandala floreale. Attendevamo fin quasi a mezzogiorno che un suo amico ci conducesse in auto alla vicina Orcha, dove un altro suo amico era la guida che ci affiancava, all' ingresso del complesso dei palazzi rajiput che sorgono su un isola del Betva Recalcitravo, prima di accondiscendere,
diverso era il mio programma, il percorso cui intendevo attenermi, non volevo
vincolarmi a tal punto con guide e conducenti, mi sentivo piccato
nel mio orgoglio intellettuale, per quanto già sapevo di Orcha, ma l'amicizia
mi inteneriva di uno spirito nuovo, sentivo che dovevo consentire,
dispormi ad accogliere e ricevere, prima ancora a mia volta di poter dare,
Ci muovevamo inevitabilmente distanti, per il tramite della guida, nell' aggirarci tra gli splendidi interni del palazzo edificare da Vir Singh Deo in onore di Jahanghir, per una sola notte ivi suo ospite, mentre io armeggiavo l'uso agli esordi della videocamera digitale, insieme con quello persistente della fotocamera Ma tra l'armonioso librarsi dei chattri nello splendore luminoso del giorno, a vari altezze distanziati in mirabile equilibrio aereo tra le cupole scannellate dei padiglioni delle otto torri sorgenti nelle varie direttrici,
la sua ammirata curiosità ingenua, e la mia intellettualità estasiata, ci rendevano compartecipi l'uno dell' altro, in virtù dell' interesse condiviso per la bellezza incantevole di cielo e terra e templi e palazzi della favolosa sua India. Dal Palazzo di Jahangir siamo usciti all' esterno, in direzione della confluenza del Betva con un immissario, attraverso la porta che ebbe a festeggiare l'ingresso del sovrano moghul, in cui due elefanti si fronteggiavano ancora a tributargli onore,
e dalle postazioni militari la vista spaziava sulla vallata crepitante di luce, sugli sparsi cenotafi edificati ove i sovrani di Orcha furono cremati, come già sapevo e Kailash mi traduceva, dato che il suo amico interprete non riusciva a trovare le parole in inglese. Già così, oppure con il richiudermi la borsa della videocamera che restava aperta, e reclina, con il soccorrermi quando nel salire le scalinate accusavo un dolore che risale alla lesione remota del mio menisco, non era più semplice accompagnatore, o predispositore, cominciava a farsi aiutante e collaboratore, secondo lo spirito d'iniziativa per il quale già prima della partenza mi aveva organizzato il viaggio secondo l'itinerario che gli avevo preventivato, prenotando i biglietti ferroviari e il pernottamento negli hotel. Ma in tale suo sforzo non si prodigava, forse, per compensare l'incapacità di sentire alcunché al cospetto di un mondo di bellezze precluso, in cui sembrava che vagolasse a disagio e smarrito, simulando uno stupefatto stupore come un pesce fuor d'acqua? La cultura che io avevo voluto che
Quand'anche fosse stato vero, ....ma non era non era così , lo stato di soggezione in cui Kallu s'aggirava tra il palazzo di Jahangir e il Raiah Mahal, rinserrandosi nelle maniche del suo giaccone tra tale e tanta bellezza, interloquendo con il suo amico su quanto sapeva degli avatars di Vishnu che vi erano effigiati, sulla sua incarnazione in Lord Khrisna tra le immancabili gopi,
era lo schiudersi della sua anima, in stupefatto stupore, a un bene che lo incantava per davvero, di cui la sua mahatma, tale sua anima grande era rimasta denutrita fino ad allora, . nella sua curiosità bambina vaga di tutto. In vita sua, mi aveva confidato, era stato solo ad Agra, da piccolo, a Delhi, e AyKonarak. Lasciavamo i palazzi nel luminoso calore meridiano che irrorava ogni aspetto di Orcha e delle vallate intorno, per il palazzo convertito in Rami Mandir e il tempio Chaturbuja, Nonostante la superiore bellezza monumentale di quest'edificio immenso, la statua di Rama non aveva voluto saperne di trasmigrarvi dal vicino palazzo, che pertanto fu commutato in un suo tempio, destinando ai culti shivaiti il Chaturbuja. Fosse dipeso solo da me, più a lungo avrei sostato nei mercati di dolci offerte e fragranze floreali religiose, multicolore di cumuli di spezie, che si distendeva tra Palazzi e i templi.
Era incantevole la vista abbagliante dei loro complessi dall' alto della cupola del Chatarbuia e delle guglie intorno a forma di sikkara,
che volgevano a una conclusione shivaita la vastità di ispirazione islamica degli interni cruciformi. Mai al nostro sopraggiungere sciami d'api si snidavano in volo, allarmavano Kailash per il pericolo che costituivano per l'amico suo ospite, ci inducevano ad affrettare la discesa .Restava ancora da raggiungere il santuario dedicato a Laksmi, su di un'altura che ne esaltava /slanciava la fronte d'ingresso, il suo pentacolare dispiegarsi nellle mura di cinta ingroppate in dorsali di animali marini, snodantensi in torrette rugose di scaglie, intorno alla guglia centrale lamellata in brattee di pigna.
Incantevoli visioni delle deità induiste si alternavano a scene d'epoca di cacce e di battaglie , negli interni dei corridoi lungo le mura di cinta
Solo nel tardo pomeriggio lasciavamo Orcha per Datia.:
troppo tardi per visitarne al meglio gli interni, ma in tempo bastante perchè Kailash ne rimanesse talmente incantato da volervi tornare, quando fossimo stati di rientro da Bopal, Sanchi, da volervisi sospingere allora fino alla vicina Sonagri, jainista, di cui gli avevano favoleggiato l'incanto le guide del luogo.
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