In Isphahan, il primo giorno
Il primo giorno, in Isphahan, ho raggiunto solo a sera il ponte Si o Se, al termine delle mie peregrinazioni vespertine in cerca dei palazzi giardino savafidi, che ho intrapreso sul tardi dopo che non avevo resistito a fare ritorno, quel pomeriggio, nell' interno della moschea dello sceicco Lotfollah,- ero stato in mattinata nella moschea del Venerdi, mentre nel primo pomeriggio avevo raggiunto la piazza Emam ed avevo visitato la moschea dello Shah- .
Dei palazzi savafidi era indubbiamente il più bello ed il più ammalorato l' Hasht Beshest, intorniato dal giardino degli otto paradisi, tanti quanti sono, in questo mondo materiale, i lati che le sfaccettature del palazzo rivolgono alla natura in cui era immerso, e da cui era compenetrato, in acque e luci riflesse nelle cupole che specchiavano le fonti degli iwan.
L' ora velata di nubi aveva poi intristito nella sera la decadenza monumentale della Madrasa-yé-Madar-é-Shah,
Cupola della Moschea dello sceicco Lotfollah |
a raffronto con la cupola della Madrasa-yé-Madar-é-Shah |
- che era mai, a raffronto dell' irradiazione spirituale all' interno della moschea di Lotfollah, la sua riproposizione geometrizzata nella cupola dell' atrio? -
eppure l'illeggiadriva la grazia del cortile, dove scorrevano acque, incanalate nel marmo, tra sentieri ed aiuole arborescenti.
La mia mente oramai stanca di pensare, di contemplare ammirando, voleva solo alleviarsi di se stessa, limitarsi a sensazioni, emozioni, una volta che ero giunto al luogo ideale per questo, alle case di te allineate sotto i piloni dei ponti, tra le acque fluviali ed i passanti che vi trascorrevano o vi sostavano ai tavolinetti, oppure nei recessi interni ai piloni, per sorseggiarvi te, narghilé, giocarvi a scacchi
Ma è sopraggiunto allora a distogliermi dal mio internarmi il giovane poeta iraniano, di aspetto ispido, in tutta la veemenza egotista della sua furia di discorrermi
La conversazione per me si è ben presto fatta stremante, sempre più pressante, mentr' io mi chiedevo, in affanno, tormentato nell' intenderlo già dall' autismo della mia sordità che la stanchezza stordiva /intontiva , come egli potesse seguitare a considerarmi, a reputarmi anche solo un interlocutore possibile, se tornava ad assillarmi nel suo anglopersiano incomprensibile, che non afferravo che a tratti, quando le mie risposte erano solo la replica di una stupidità imbecille, dello sguardo annuente di chi solo finge di intendere, per crollare, di tanto in tanto, anche nell'alibi assunto di una stanchezza spossata ed inetta all' ascolto...
Oh," ma non tutto ciò che diciamo intorno all' amore è amore," sapevo solo dirgli, in risposta ad una sua poesia, eppure bella, di cui mi ha lasciato una copia in inglese.
Eppure quanto avrei voluto essere in grado di sostenerne il confronto, tanto più quando mi ha rivelato ch' egli non solo, come me, era poeta a tutti gli effetti, ma di che illustri ascendenze si pregiasse, come attestava il passaporto che mi ha mostrato, e che confermava che era un suo illustre antenato il filosofo al-Ghazali.
In segno di ammirazione ho tracciato il numero della sura, il 24, di cui conoscevo il meraviglioso commento che gli è attribuito, il trattato delle luci.
Ma per ammirevole che fosse il giovane poeta, mi chiedevo perplesso se anche con me, come con chissà quanti altri stranieri di passaggio, non stesse facendo troppo commercio della parola poetica, in quel suo offrirsi nell' offrirla sotto i ponti in una vulgata estera.
Al tempo stesso che ricusava ogni traducibilità dei grandi poeti della tradizione iraniana, ricusando con il volere, innanzitutto, di potere così intessere su di essi un dialogo.
"Ah, se vivere non puoi la vita che vorresti,
-mi veniva di suggerirgli con Kavafis -
cerca almeno questo,
per quanto ti consta: non svilirla
nel commercio eccessivo con la gente,
nelle troppe parole dell' andirivieni
Non sprecarla recandola in giro
così tanto, con l'esporla
alla dissennatezza quotidiana
di traffici e rapporti,
sin che ti divenga una fastidiosa estranea".
Comunque mi atteggiassi nei suoi confronti, ero costretto a una reattività difensiva, di fronte a quanto nel continuo rilancio trascinante del suo egocentrismo, era l'offerta aggressiva di se stesso, talmente presa da se medesima, da non accorgersi per questo, nel suo vortice, che il più delle volte non ero neanche in grado di intenderne i termini.
E quando le parole anche per lui si sono svigorite, su un taxi, con dei suoi amici occasionali, via fino all' altro ponte, il Khaju, a mostrarmene le simbologie impressevi, gli effetti illusionistici stupefacenti: non avevo una banconota da un dollaro americana? Ecco, quello stesso simbolo che vi figura al centro, l' occhio in un triangolo rettangolo, potevo ravvisarlo inciso da qualche antico componente della Comunità ebraica di Isphahan ch'era un affiliato alla massoneria, sul dorso di pietra di uno dei leoni all' ingresso del ponte, la cui criniera, la figurazione della quale ricorre invece sulle banconote iraniane, inquadrava il profilo rettangolare del parco savafide Chehel Sotun in Isphahan...
E riuscivo a intravedere, ora, al di là del ponte, come gli occhi di uno degli altri due leoni si facessero luminescenti?, per effetto di una rifrazione di cui tentava invano di spiegarmi la genesi,- potevo ravvisarlo, finalmente? il candelabro che veniva profilato dal vuoto delle intersezioni delle arcate dei pilastri...
Erano dei simboli del bene e del male, le figurazioni che in essi poi mi mostrava incise, e se facevo attenzione a quanto appariva affrescato in una nicchia del padiglione sovrastante, in quello che a tutta prima sembrava costituire solo un delinearsi di forme astratte, potevo vedere configurarsi le sembianze del Simurgh...
Abbiamo fatto ritorno a piedi al ponte Si o Se, assieme ad un corteo di ragazzi che si erano uniti a noi, i quali ammiravano il giovane poeta, benché per loro egli avesse un che di folle,
Ma per lui "crazy" era ciò che riverivano loro, l'"iranian people", era disgustato da ogni accenno di quei ragazzi alla loro passione triviale per il calcio.
Ma io come potevo supporre, per questo, che i suoi rapporti con il popolo fossero difficili?
Non lo vedevo come quei giovinetti gli erano intorno?
Di un grande poeta iraniano recentemente scomparso mi mostrava l'effigie fotografica, tra le sue carte in tasca alla rinfusa, in cui l'illustre letterato appariva in un cenacolo che lo comprendeva ancora tra i vivi.
Nella notte inoltrata e più che mai affollata lungo il corso del fiume, stavo già per defilarmi, nel disinteresse annoiato che pareva oramai riservarmi, quando di sorpresa ha voluto allora sottopormi alla prova cruciale: in un estro d'umore repentino mi ha ultimato che solo se fosse potuto venire dov'ero in albergo e gli avessi lasciato un mio libro in lingua italiana, avrebbe consentito che ci rivedessimo.
Acconsentivo ed in taxi, in capo ad una decina di minuti, ci trovavamo di fronte all' albergo.
Ma a quel punto lui si è trattenuto di fuori, presso gli alberelli che inverdivano lo spartitraffico del Cahar Bagh.
Non poteva fare altrimenti
IL custode alla réception era tenuto a chiamare la polizia se si fosse attentato ad entrare.
Tra i miei libri, ad una rapida cernita non ho avuto presto dubbi su quale lasciargli: " Le perle del Corano", tradotto in italiano, l'operetta filosofica del suo illustre antenato che avevo portato appresso...
Già pregustavo, nel sortire dal mio alloggio in albergo, la sua stupefazione trasecolante...
Ma quando gliel'ho consegnato, presso la panchina su cui era rimasto a sedere, ne è parso onorato, più che entusiasta.
Quella non era un'opera autentica di al-Ghazali, si trattava solo di trascrizioni dei suoi allievi, di appunti...
Se è per questo, ho interloquito, anche il presunto pensiero di Aristotele...
In ogni modo quello era il dono e ad esso la sua intemperanza doveva attenersi.
Dileguandosi egli fugacemente nella Chahar Bagh, come riassorbito nel vortice della sua vitalità disperata .