3Farhang

 

 

 

L'indomani, ieri mattina, siamo stati di nuovo a Takt-e-Bostan, io, Farhang, suo fratello e l'amico prediletto, per effettuarvi delle fotografie ulteriori alla luce del giorno, innanzi che mi recassero in auto a Bisotun.

  Ma prima che partissimo è avvenuto l'episodio spiacevole ch'io non ritrovassi il mio portafoglio.

  Ho dovuto dirglielo, a Farhang ed ai suoi familiari, per quanto la situazione creasse un increscioso disagio.

   Fortunatamente eravamo rientrati dal convito di cui eravamo stati ospiti con l'autovettura di Berhang che era rimasta parcheggiata nei pressi, sicchè  è stato possibile per i familiari di Fahrang andare subito ad ispezionarla, e di lì a poco riconsegnarmi con unanime sollievo il portafoglio che vi avevano rinvenuto.

    Per il tramite di Fahrang ho voluto subito far sapere a tutti quanti che se il fatto era successo, e mi era capitato fra di loro per la prima volta nel corso del viaggio, era perché nutrivo in loro la più totale fiducia, ed avevo allentato ogni menomo controllo da che mi avevano accolto.

  La madre di Farhang, più di ogni altro, è parsa essermi infinitamente grata delle mie parole.

   Ha levato gli occhi al cielo, e si è portata le mani al cuore, a significarmi che peso le fosse stato levato dalle mie parole.

   Eppure già prima della colazione, nel timore di essere o di  divenire già inopportuno, li avevo sincerati che quel pomeriggio stesso avevo intenzione di andarmene.

   Ma Fahrang, scuotendo il capo, mi ha detto che potevo restare quanto volevo, sentito anche il padre.

" I Like You", mi aveva confortato.

Abbiamo fatto ritorno a Takt-e-Bustan con Behrang, ed il suo amico, insieme  con i quali ho condiviso anche i piaceri del viaggio a Bisotun.  

Tra Farhang,  sulla destra, ed il suo amico 

Berhang, Farhang  ed il suo amico.

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Nel magnifico scenario rupestre, similare a quello di Naq-e-Bustan, solo la vista della scena sacrificale partica su di un monolite a se stante, mi risollevava dalla delusione di quanto soltanto potevo vedervi, tolto il pannello di Dario che da anni e anni giace sotto i ponteggi dei restauri.  

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   Ma Fahrang mi precedeva con il suo amico presso i lavori di scavo di una fortificazione dei Medi, e  ha voluto condurmi con il fratello oltre l'antico ponte, -vi si stava esplorando un insediamento recentemente scoperto di età ilkanide, che accresce, a dire di Fahrang, la suggestione del sito davvero misterioso di Bisotun.

   Al di là degli edifici già fatti riemergere, che come il ponte vennero edificati con il recupero dei materiali rupestri delle costruzioni di epoca sassanide, stavano rannicchiati al sole i poveri scheletri, appena riportati in luce, dei cadaveri di una necropoli adiacente ad una fornace dell' epoca     

   Al padre di Fahrang occorreva l'autovettura, nel primo pomeriggio, per questo abbiamo anticipato il rientro in Kermansah.

   Quando Fahrang ed io siamo ridiscesi nel soggiorno, dalla sua luminosa stanza, -il mio caro amico dopo avere dipinto vi aveva fatto un sonnellino, mentr' io in lui contemplavo la mia felicità assopita - suo padre era intento a conversare con un ospite illustre, il leader carismatico della comunità curda locale.

 Il clima era fra di loro così cordiale e disteso , che non mi sono sentito di fargli domande che potessero essere ardue, od evocare scenari di dolore del suo popolo, che ne sapesse dei venti di guerra dall' Iraq, o dell'uso pretestuoso che dei curdi irakeni intendono fare americani o britannici per scatenarla, i camion  o le carrette del mare in cui dei curdi finiscono soffocati od annegati, nel loro transito verso le coste del mio paese e la libertà in Europa. Gli ho solo detto ch'ero appena reduce dal Kurdistan turco, in quali città vi fossi stato.  

   Volgeva al tardi il pomeriggio, così come temevo, e m'angustiavo, che oramai già stesse solo sopravvivendo a se stesso, quanto poteva sussistere ancora tra me e Fahrang, per caro e amabile che mi fosse il ragazzo.

   Che potevo significare , ancora per lui, nella mia età che volge già alla vecchiaia, nel mio eloquio in lingua straniera di cose stentate a dirsi? Non iniziavo forse ad essere comunque un intruso in quella amata casa, per viva che fosse la loro cordialità unanime? Fahrang mi offriva di uscire insieme? Ma per che cosa di comune, ancora? Mi chiedevo nella sofferenza in cui si acuiva la mia pena interiore. Per che cosa lo faceva, mai, che non fosse il solo  trascinarsi dei rapporti che tra no erano intervenuti, per un dovere ospitale che iniziava a farmisi soffocante, nel tremore che venisse gravando i miei ospiti.

   Nell' afa polverosa siamo usciti dal vicolo in direzione del centro, soffermandoci dove siamo sboccati  nei viali affollati.

   Era in attesa del suo amico, che tardava a venire.

  Un' attesa che si è fatta per lui snervante, via via che il tempo passava e che l'altro non sopraggiungeva.    Mi chiedeva intanto come in inglese si dicesse la polvere,  "dust", a differenza di " sand", la sabbia. Era divenuto cosi adirato del suo ritardo, che quando alfine quegli è sopraggiunto, si è scusato a nome suo nei miei riguardi.  

  Abbiamo svoltato e ci siamo immersi nel via a vai in cui si affoltava il traffico, ad un chiosco ci siamo fermati perché venissero raddrizzate le stanghette dei miei occhiali, traversando la strada per raggiungere una galleria di affollati negozi ai suoi vari piani.

   Ma lungo il tragitto, nel frattempo, mi era dispiaciuta la indifferenza di Fahrang e del suo  amico verso i vecchi e le vecchie che mendicavano agli angoli, tendendoci una mano od ostentando la loro infermità.

 Anche in quanto per un rispetto umano che mi pesava sempre di più, avevo assecondato senza fare parola.

  Dove Farhang ed il suo amico mi hanno condotto, era il negozio per pittori di una loro vecchia conoscenza, gremito di pennelli e di riproduzioni artistiche, innumerevoli quanto erano aliene da ogni esperienza o forma d'avanguardia, immancabilmente sentimentali e realistiche, nell' esercizio di una maestria pittorica tradizionalistica.

   Il proprietario, con cortesia squisita, mi ostentava la provenienza europea dei migliori pennelli, mi faceva dono, come avevo modo di ammirarla,  dell' immagine pittorica di un  villaggio del Kurdistan iraniano.  

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   Ma io ero inquieto, nella mia calma esteriore: poteva il Cielo consentirmi la gioia incontaminata di tanta felicità, mi chiedevo perturbato, se per il mio rispetto umano del sentire di Fahrang,  disattendevo di soccorrere con un obolo il mendicante che mi aveva appena allungato la mano, ad un angolo del piano sottostante di quella galleria? Un mendico che mi rammentava tutta la miseria terrena di chi in vita era stato mio padre?

   Mi allontanavo , già all' atto stesso di chiederne il permesso, vagavo attorno, all' uno e all' altro ripiano, ma senza più trovare tracce dell' uomo.

   Era invece Farhang che sopraggiungeva sui miei passi, che mi chiedeva turbato e vigile che cercassi, dove volessi mai andare...

   E   la sua mano di ragazzo si posava sulla mia spalla, in una stretta apprensiva che m'incantava l'anima, la tutela di Farhang vi incombeva  come la custodia d'un angelo, alla cui gelosia amorosa arrendevo i miei passi.

   C'era una boutique di un pittore, nei pressi, cui Fahrang ed il suo amico facevano capo, presentandogli l'ospite.

Anche lui, come me, amava tanto gli animali, che costituivano infatti il soggetto prediletto dei suoi quadri più belli.

C'era un dialogare identico a quello umano, nelle movenze e negli sguardi di uccelli e felini, nella petulanza con cui un passerottino chiedeva alla femmina alata come ancora potesse resistergli, indifferente sul ramo alle sue avances, o nella muta inchiesta degli altri, al suo rientro, di che fosse andato cercando un ghepardo in avanscoperta.

   Sopraggiungevano degli acquirenti tedeschi, ed era giocoforza fare ritorno dal negoziante precedente, prima di congedarci da lui e di avviarci al rientro. All' angolo della strada in cui ci siamo separati, l' amico di Farhang mi ha lasciato in una stretta di mano, facendomi dire dal ragazzo che mai in vita sua avrebbe potuto dimenticarmi.

   Quella sera ho poi capito perché la madre di Farhang l'avessi vista così indaffarata, ieri  pomeriggio, quando mi ha chiesto se gradissi l'aglio che profondeva a fettine nei preparativi di una pietanza : quell' aglio l' avrei ritrovato in una salsa squisita servita a parte, durante la cena ospitale che quella sera era imbandita a casa loro; quella sera era infatti la  famiglia di Farhang a ricevere, con tutto la profusione ed il dispendio di cibo cui in questo era obbligata.

  Gli ospiti, uomini e donne vestiti in tutto e per tutto all' occidentale, erano insegnanti di materie scientifiche, di chimica, matematica, biologia.

    Mi hanno invitato ad esprimere in tutta libertà, per il tramite di Fahrang,  che cosa ne pensassi dell' Islam.

   Ho detto soltanto che l'islam era oraami parte integrante di me stesso,  in passato non ero stato un credente, e se ora credevo, e avevo fede,  era in quanto su di me aveva fatto presa l'invito del Corano a non resistere alla voce interiore  di Dio.

   A tal punto, non volevo dunque saperne di ritrovarmi tra di loro come uno straniero?

   E non mi faceva dunque torto il padre di Farhang, ch'è poeta e critico letterario esclusivamente in farsi, quando con la sua amabile  canzonatura implacabilmente ironizzava su ogni circostanza della serata che richiedesse l'uso dell' inglese nella nostra comunicazione, convertendo in un dinner la sham più tipicamente iraniana?

 Si era egli schernito già al convito  della sera precedente, di non parlare affatto in inglese.

" Voi non amate parlare in inglese, piuttosto...."

    Quando dunque  gli ho risposto che trovavo tutto davvero "Keili.. Khub", facendo del mio meglio con il poco e niente che sapevo di farsi, mi ha battuto calorosamente una pacca sulla spalla e mi ha dato la mano, infervorando l'amicizia e la simpatia umana tra noi.

   Parlando dell' Italia, mi ha chiesto di Federico Fellini, se fosse realistico o " romantìk".  

   "Romantik, romantik", ho ribadito.

I suoi figli andavano e venivano fugacemente, solo Farhang era di ritorno puntuale, standomi accanto pronto ad assistermi.

" Oh, io ti amo, tu sei il mio amico, il mio fereshè, my engel, -ho trovato l'impeto di dirgli poi di sfuggita, mentre di sopra trascorrevamo da una sala all'altra, disponendoci al computer per vedere ilcd rom che gli lasciavo del mio sito - ma devo lasciarti domani- tornando a ripetergli, come se di ciò dovessi mai rassicurarlo, il cuore tremante che ogni protrarsi ulteriore, che ogni mio atteggiarmi che lasciasse supporre che lì mi sentivo oramai di casa, come loro volevano assolutamente che mi sentissi, e che fossi,  potesse rovinare tanta felice intesa tra me e loro.

" Here  You are free, free, free, ..." mi aveva già detto  Berhang,, " But you can stay, my friends..." Farhang tornava a sincerarmi, perchè non mi inquietassi.

Ma nulla, stamane, poteva più dissuadermi o farmi recedere.

" Non voglio, ma devo..."  dicevo a Farhang con il dolore che mi stringeva in un nodo irrevocabile, perché lo facesse sapere a sua madre che non si capacitava.

Suo padre, ora che la confidenza e la reciproca fiducia umana ci affiatava talmente, mi aveva appena fatto sapere, portandosi le mani alla gola, che cosa fosse per loro il regime islamico in Iran.

   Mi confermava di essere di sinistra, come già mi aveva fatto sapere il giorno prima, ma non era comunista, né lo era mai stato, non guardava con favore a quanto fosse avvenuto o stesse accadendo in Russia.

 Putin gli ispirava disgusto, come al figlio.

   Confidavano in Katami, mentre al nome di Kamenei hanno storto la faccia...

   No, non era vero , ha escluso Farhang, che l' Iran appoggiasse il terrorismo.

  Neanche quello palestinese?

    Farhang, nonostante tutto, in risposta a tali termini mi ha riservato un'occhiata gelida.

   Non è per lui terrorismo , quale che sia la forma che assume, la lotta armata del popolo   palestinese.

   Almeno le stragi di civili israeliani...

   Pur se non a parole, con un cenno di assenso, ha convenuto che non sono accettabili.

   Scherzavamo frattanto, sempre sulla falsa riga della insostenibiltà, per il padre di Fahrang, che quello che stavamo consumando dovesse costituire per noi tutti un breakfast, che dovesse nominare "apple ", il frutto che non riusciva così ad assaporare come in farsi.

  Ci siamo scambiati tutti quanti nomi e indirizzi prima del congedo definitivo.

   Poi al padre di Fahrang ho chiesto di ritrovarmi dove, nella Lingua degli uccelli di Attar, fossero rintracciabili i versi che ne aveva stralciato, per farmene un lascito, il giovane poeta che ho ritrovato sotto i ponti di Isphahan.

   Ma non l'ha rinvenuto, nella copia che ha prelevato dalla sua biblioteca.

   A Fahrang poi ha fatto segno che me la lasciasse, la copia della rivista di poesia che recava una sua composizione recente.  

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   E lo ha pregato di dirmi ancora che potevo restare fino a quando volevo.

" This is your house, mi ha detto di dirti che questa è la tua casa.

Che se tu vorrai venire, qui ci sarà sempre una famiglia per te"

E lui stesso, col volto abbuiato, nell' inglese che fino ad allora aveva sprezzato di usare: 

" I am very sad that you go. Very sad".

   Anche Berhang, quando è sopraggiunto, mi ha salutato con la calorosità di un bacio fraterno su entrambe le guance.   

   Fahrang mi ha accompagnato in taxi alla stazione degli autobus.

    Mi  ha pregato, com'era non era necessario, di non dimenticarmi della mia promessa di inviargli un volume con le immagini dei dipinti di Caravaggio.

   Solo quando indugiavamo ai lati dell' autobus che era già in partenza per Hamadan, la sua tristezza ha consentito che si aprisse uno squarcio sulle dure prospettive ella sua vita.

Era difficile,davvero,che lui potesse venire in Italia, a vedervi i dipinti dei grandi maestri.

Si trattava della polizia, ha annuito.

Loro sanno, vero, che tuo padre è liberale, ti tengono controllato...

Solo poco prima ero tornato a disilluderlo che la democrazia occidentale fosse un sogno.

Aveva sorriso, quando avevo detto che favorisce ciò che è stupido e facile.

Aveva annuito, quando avevo detto che è questo il limite della civilizzazione democratica dei media.

Leonardo, Raffaello, Michelangelo, benché sia ad essi del tutto possibile,  pressoché  nessuno dei miei allievi andrà mai a vederli.

Io stesso...

" Remember, I am near, I am far "

"Ricordati, ti sono vicino, ti sono lontano", sono state le ultime parole che gli ho detto.

   Prima che mi baciasse o sulle guance, con una intensità affettuosa che ancora mi è di conforto.

                                           

Fine
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