Nel Quercioleto

 
     
 

Anticipo su " Post Israel"

 

Era il rinvenimento, quella stessa sera, di una mappa geografica delle carte stradali della provincia di Modena, che ritrovavo nel primo dei cassetti del tavolino ch'è nella stanza da letto che mi è riservata dai miei genitori, che allorché potevo ravvisarvi comprendendo l'area del Querciolese nell' Appennino reggiano, (era) l'occasione che mi induceva nella tentazione di verificare la fattibilità, concreta, del progetto di andarvi a trovare in bici da corsa l'anziano Commissario di Francese negli esami estivi di maturità, cosicchè, intanto che mia madre ultimava i preparativi della cena, iniziavo a calcolare e ad assumere come eventualmente realmente ( effettivamente)  percorribile il chilometraggio e la differente difficoltà altimetrica dei vari itinerari per giungervi da Modena, maturando la risoluzione di andarvi l'indomani, a supporre dai riscontri che la incognita che i più agevoli mi riservavano in fondo non fosse proibitiva, finendo per decidermi così già irreversibilmente, per quella che solo prima di partire per Modena era solo un'ipotesi che vagheggiavo.

Vi sarei andato passando per Rubiera e Scandiano, fin lì il percorso non si colorava del marroncino o del beige di difficoltà altimetriche, poi (da Scandiano) anzichè raggiungere la favolosa nomèa di Albinea, stando al tracciato mi sarebbe convenuto senz'altro deviare verso *, da dove sulla carta si dipartiva una strada secondaria di collina, che si profilava come una vantaggiosa scorciatoia fino a Cavazzone, il cui piccolo abitato nereggiava già fra i rilievi del Querciolese.        

L'indomani, quando mi svegliavo a mattino inoltrato, non ero ancora convinto della mia impresa, partivo comunque verso le dieci, il cielo solatio velato di nuvole e l'aria sommossa dal vento (ventosa), il verde dei campi percorso da brividi intristenti di luci ed ombre.

Deviavo all'altezza della trangenziale per Cognento,  per raggiungere di lì Rubiera scansando il traffico della via Emilia, lungo strade interne di cui un signore mi sconsigliava una in alternativa e più prossima perchè v'era un cane ringhioso, di un'altra una signora indicandomene dai campi la svolta a sinistra quando in bici ero già lontano dopo avergliela chiesta.

In Rubiera indugiavo (mi aggiravo) alquanto fra le antiche vie a ridosso dell'antica torre municipale, prima di inoltrarmi verso Scandiano per una via secondaria che costeggiava un rio ameno, mentre la luce solatia si faceva più fervida e le brume soffuse evaporavano sfumavano gli alberi e le radure, il profilarsi ravvicinato più rorido gremito dei filari e dei campi lungo i pendii delle colline incombenti.

Oltre Scandiano, quando mi accingevo ad arrestarmi all' incrocio da dove potevo deviare a sinistra verso *, per eccessiva presunzione non liberavo che il piede destro dal pedale, cosicchè al pencolare invece a sinistra della bici per un risollevamento dell'asafalto, non potevo che accompagnare l'inclinazione della bicicletta fino a ritrovarmi con essa sdraiato e sbucciato per terra.

" E' niente, è niente," facevo cenno a una donna in automobile che si era arrestata più oltre nella stradicciola sulla destra, rialzandomi con la non chalance di chi è un abituè per mestiere a simili inezie di cadute.

Il quale incidente avrei tesaurizzato nel modo più salvaguardevole per l' indomani, quando le avvertenze e le accortezze che dal superamento di quell'incrocio mi ripromettevo di assumere, di conseguenza, mi avrebbero evitato una collisione paurosa con almeno sicuri postumi ospedalieri.

Avviandomi lungo la strada laterale per il paesino di *, iniziavo le prime erte ancora lievi, che in pochi chilometri mi conducevano alle sue vie silenziose oltre le scuole e i viali d'accesso, alle sue rustiche case di pietre lungo il pendio addossate alla pieve.

Scendevo all'altezza dell'osteria addentrandomi al suo interno con la presunzione di suscitarvi chissà che interesse e richiamo, quasi vi comparissi la novità di un cavaliere ardito e remoto della pedivella, per le insegne araldiche colà sconosciute che illustravano la mia bicicletta e la mia tuta da corsa.

Ma non vi era all'interno che una ragazza, cui non chiedevo che un caffè e un bicchiere d'acqua per abbeverarmi, prima di arrischiarmi a pisciare, con le mie scarpette slittanti e in salopette elastica senza aperture, rigirandomi e chinandomi nel vano ristretto di una turca, ove per non cadervi così divaricato, dovevo prendere le più attente e lente cautele.

Ma infine uscitone incolume, al banco chiedevo invano a quella ragazza quale mai fosse la via per Cavazzone, ella finanche disdegnava di essere dei paraggi, nonchè del sito, chiedessi altrove, come facevo, inerpicatomi in salita fino ai negozi moderni ove il paese vecchio riusciva più in alto, e dove una mano di donna, e la sua voce, mi indicavano di seguitare diritto.

Così facevo, infatti, iniziando finalmente a inerpicarmi sul serio.

Intorno si venivano così slargando i primi pendii ascesi e (ri)discesi di prati e di campi, le  piantate e i vigneti e le propaggini ultime dei boschi, tra i cancelli a ridosso di case rustiche e di pedecollinari dimore residenziali, cui (ove) l'erta d'accesso e di passaggio (intermedio) si inerpicava più ripida, finchè l'ameno saliscendi non ha finito il suo asfalto senza più seguito e sbocco, arrestandosi non  oltre alcune cancellate e vialetti privati.

Ridiscendevo e ricercavo un seguito nella viottola che si dipartiva a destra venendo dal paese, insinuandosi più in altura tra il culminare dei prati, ma poi seguitandovi nel bosco tra asperità sterrate ove spuntonava la roccia, sicchè per seguitare l'asfalto divallavo più in basso riuscendone ancora in un accesso privato.

Sopraggiungeva allora un'auto alle mie spalle, era il legittimo  proprietario di quella azienda, cui chiedevo lumi sulla strada per Cavazzone, ch'eppure era tracciata come un comune percorso viabile sulla mappa.

Certo che sussisteva, era appunto la viottola fra i boschi che avevo lasciato più in alto, sulla  mia sinistra, per perdermi fin lì più a valle seguendo l'asfalto, sì, era sterrata ma era purtuttavia buona.

Decidevo di fidarmi di queste sue parole, di fare ritorno indietro e dunque di intraprendere la viottola pietrosa, nonostante la voce interiore che tentava di dissuadermi, inascoltata, commisurando l'asperità puntuta del fondo e l'esiguità sottile dei copertoncini della mia bici da corsa.

" Questo è un percorso piuttosto per la tua mountain bike,

qui fori di certo se seguiti ancora, lascialo perdere come scorciatoia,  ritorna piuttosto in paese, riavviati per Albinea, pensa a quanto più tempo perderesti se qui restassi appiedato, pensi poi forse di saperla riparare la gomma bucata?..."

Ma oramai pedalavo sull'ali dell'entusiasmo, esaltato che bastasse che rimanessi intrepido, perchè le gambe sapessero reggere allo sforzo di scalare ad ogni tornante sempre più in altura senza mai sosta, tra il bosco che s'infittiva dintorno  di roverelle e di cerri, l'aria che si faceva sempre più frizzante, la luce che filtrava ora tra le foglie di aceri e noci.

Dissennatamente così seguitavo ansimando di tensione e fatica tra radure e boschivi, pascoli e deserte dimore d'altura, esaltandomi a inoltrarmi più libero e solo vinto ogni sforzo, il planare delle larghe ali di poiane e di falchi, le fagianelle che sortivano ai lati.

Come mi lasciavano intendere i cartelli segnaletici che comparivano ai margini del percorso, ero inoltrato in una riserva, ove mi addentravo ancora per alcuni chilometri di  continua salita, finchè ove  la viottola infine conduceva in una spianata alla sommità del colle, e i pendii delle valli declinavano ovunque intorno nel sole, anzichè la discesa fino a Cavazzone, mi si presentava davanti la fine del percorso in una cancellata che pareva preludere a recessi demaniali.

Secondo i cartelli risultava comunque vietato addentrarsi (seguitare) oltre, in quella ch'era comunque una tenuta:  non mi restava, pertanto, che il solo ritorno in discesa continua , portandomi così dietro, della mia escursione nel Querciolese,  il solo ricordo di quell'avventurarmi e perdermi in quella meravigliosa riserva in altura. 

Ma discesi alcuni tornanti, ove una radura consentiva alla vista di slargarsi nel tenero verde delle luminose convalli verso il Modenese, un pftt e lo sgonfiarsi istantaneo della gomma posteriore, mi avvertivano in un brivido che alla mia sventatezza non era stato concesso di farla franca, e che lì dovevo ora  sbrigarmela da solo con il cambio della ruota, se volevo in un qualche modo ripartirne per un qualsiasi rientro.

La mia sfiducia nelle mie attitudini pratiche era e restava così totale, che solo per trarne la riprova ulteriore inconfutabile della mia inettitudine assoluta, mi attenevo con la più deferente diligenza alle istruzioni semplicissime eppure da me inattuabili

trasmessemi da mio padre.

Così estratta e svitata dal cerchio la valvola, quindi ora in un senso, ora nell'altro, azionavo le levette a estrarre la camera d'aria di sotto lo pneumatico, liberavo per agevolare l'operazione la ruota dal mozzo prima ancora di assicurarmi come reinservela, senza che per questo il budelletto di plastica volesse ancora saperne di uscire fuori del tutto dal suo carapace, e quando trafelato me lo sono ritrovato in mano, poi trasudando nel vano sforzo con l'un verso e l'altro della levetta, di immettere di sotto lo pneumatico quella di scorta, che in questo punto ne sgusciava riottoso, o nell'altra si profilava irriducibile a un involucro che ne pareva di lunghezza inestensivamente inferiore.

Nel frattempo eppure un cicloturista in mountain bike sopraggiungeva e filava via, ancora più veloce di un fulmine come con la voce ho accennato a richiamarlo.

Eppure mentre tra l'una e le due del pomeriggio mi facevo sempre sempre più accaldato e morchioso, che pace invitante e che fiorita dintorno carezzata dal vento, a indifferenza di me che in rigoli di sudore, non sapevo in che modo mai contenere la disfatta della mia inettitudine.

Chiamare mio padre che mi venisse a prendere nel paesino sottostante, certo,  era un'idea che risolveva la vergognsa in famiglia, ma come giungere al paese di sotto, con le scarpette a incastro che sdruciolavano a ogni spuntone nei tacchetti consumandoli del tutto?

E poi che giustificazione a loro o ad altri potevo mai fornire che non fosse per me umiliante? Quando m'ero innegabilmente avventurato su un percorso roccioso con lo pneumatico dal più esiguo dei diametri, senza nemmeno sapere in alcun modo come cambiare una ruota?

E con in testa per giunta la presunzione inguaribile d'essere finanche e cionostante uno scalatore?

Quand' allora era la mia stessa inettitudine, che alla mia inettitudine poneva rimedio: all'altezza infatti della valvolina della camera sostitutiva,-  quella dell'altra nella crescente confusione mentale l' avevo oramai persa fra l'erba-, scoprivo che azionando la levetta avevo causato una scalfittura da cui perdeva aria: cosicché oramai anch'essa era inutilizzabile, e la mia ritirata a piedi, bicicletta in spalla fino al paesino di sotto, ne era dignitosamente giustificata e senza più alternative.

Chissà poi, che da una delle case in collina non mi fosse stato possibile telefonare a casa, riceverne un paio di scarpe lasciandovi a cauzione la mia bicicletta, per assestarmi in paese da dove condurvi all'arrivo a mio padre...

Ma la bicicletta sollevata a mano o in spalla, era comunque un onere troppo gravoso per chilometri e chilometri, così l'abbandonavo al sicuro di una radura nel folto, e con me conservavo solo la ruota posteriore che nemmeno (non) mi ero (nemmeno) sforzato di reinserire nel mozzo, ritenendomene a priori affatto incapace, finchè sulla sinistra, un mezzo chilometro più sotto, con la bocca riarsa e le fauci interne acri di muco, non giungevo al cancello di una villa immersa nel silenzio.

Suonavo una, due volte. Finalmente un uomo sui cinquant'anni si affacciava, cui mostravo la ruota e le mani morchiate a fugare il sospetto di maleintenzioni, dicendogli quanto mi era capitato e chiedendogli se potevo telefonare presso di lui ai miei familiari perchè mi venissero in soccorso.     

Al che, schiarendomi tutto, la sua affabilità subitanea mi porgeva piuttosto ben altro soccorso

" Ma non ce n'è bisogno, giù in paese piuttosto c'è un meccanico che potrà ripararle al più presto la gomma bucata. Ora apro il garage e l'accompagno in auto in paese. Entri frattanto a bere qualcosa".

Le sue parole erano un sollievo d'incanto per le mie orecchie, ed io stordito e felice gli ho raccontato rapito che mi era successo, dicendogli come occorresse ora risalire indietro di un mezzo chilometro per recuperare la bici. Nè c'era bisogno che deprecassi con lui oltre la mia storditaggine.        

  Lei non sa quante gomme ho pizzicato anch'io da giovane. Qualche settimana fa ho voluto uscire anch'io in bicicletta ed ho bucato due volte in un giorno... Anche se non ero in bici da corsa....L'altra settimana l'ho percorsa anch'io in bicicletta per un tratto, la strada, ed ho bucato due volte...Ma piuttosto non sapeva che la strada che lei ha percorso ora è chiusa? E' privata, adesso, da quando ha comperata la tenuta di sopra Giacobazzi di Modena, quello delle ***              

Quand'anche lei avesse superato la rete di cinta, avrebbe dovuto comunque arrestarsi. Eh, sono tanti, in mountain Bike, quelli 

che percorrono la strada fino al punto in cui lei è arrivato..."

Stordito di felicità e di gratitudine, per l'aiuto materiale che mi prestava e per come mi metteva a mio agio, mentre salivamo in auto gli ho detto come occorresse ora risalire indietro di mezzo chilometro per recuperare la bici.

Dopo di che Ritrovatala oltre una pozza che ristagnava nella radura, caricatala, siamo ridiscesi nel paese dal fabbro che aveva già aperto, erano circa le tre del pomeriggio, presso il quale mi ha lasciato mentr'io nel congedarmi non avevo certo il timore di risultare frddamente affettato nei ringraziamenti insistiti.

Il fabbro meccanico era egli stesso della più sollecita premura, non una, due e più volte incollava e verificava la tenuta della pezza, accertava la tenuta della camera d'aria che intendevo comunque acquistare in luogo di quella da lui riparata, nello smarrimento residuo credendo di avere smarrito su in collina quella che si era bucata, nel mentre mostrandomele scuoteva il capo e mi ripeteva che adesso le fanno tutte solo di bitume.

Una nuova e in vendita che mostrava a un suo giovane apprendista, risultava addirittura sigillata da un gancio...

Quando montata insieme la ruota il lavoro risultava  finito e pagatolo rimontavo in sella, erano tra le tre e le quattro del pomeriggio, troppo presto per rientrare già a Modena, giusto in tempo per sospingermi ancora fino ad Albinea.

La strada che vi conduceva era un meraviglioso saliscendi serpentinante, tra il verde campestre e d'alberi fragrante (profumato dei tigli) e l'amenità tondeggiante di ondulati rilievi, adorni di villule e sparsi villini.

In Albinea non mi sospingevo nel centro, di ovvia modernità, anche e soprattutto perchè  giuntovi all'incrocio di accesso, mi tentavano piuttosto le indicazioni  sulla sinistra delle frecce, che segnalavano le località di lì raggiungibili del Querciolese, di cui iniziava a proprio a quel punto la rampa collinare.

Erano da poco passate le quattro, il fisico non era affatto stanco, certo era oramai un miraggio, dopo il ritardo intercorso, giungere fino a San Giovanni in Querciola dove abitava l'anziano Commissario di Francese, purtuttavia perchè non seguitare più oltre per qualche chilometro?, quando avessi voluto o dovuto  arrestarmi, per la difficoltà o la stanchezza sopraggiunte o commisurato il tempo, -entro le sette e trenta avrei comunque dovuto essere di rientro Modena,- non avrei più avuto per lo più che da discendere sino alla città dello zampone, di ugole d'oro e dell'aceto del Duca.

L'erta iniziava gradualmente, senza duri strappi od impennate, ma una volta svincolatasi dagli estremi fabbricati e campi di gioco, poi seguitava senza consentire tregua alcuna.

Svoltato un tornante, eccone un altro che rampicava ancora, e poi un altro e un altro ancora in ascesa, l'aria sempre più infrescantesi balsamica, mentre quello che pareva un tratto successivo di tutto riposo ove tirare il fiato, si rivelava un falso piano che stremava le gambe.

Ma resistevo ed ascendevo di nuovo ( ancora), nel folto intorno dei boschi e fra lo slargo di pascoli, la vista che sconfinava lontano ove le dorsali si accavallavano a  perdita d'occhio, e nel fondovalle si profilavano filari e casolari, prati e colture e macchie a cavalcapiano, per poi riconcentrarsi insieme con il fisico sulla strada che si faceva più ancora dura ed in pendenza, cui adattare il cambio e la tensione nello sforzo più ancora raccolta, sinchè quella che pareva un'erta impossibile era superata annch'essa, ed un'altra meno ripida allentava e predisponeva le forze a uno strappo ulteriore. 

Di casa cantoniera in casa cantoniera, il fatidico Cavazzone era raggiunto e superato, sinchè mi arrestavo qualche chilometro oltre, ove  sulla vallata verdeggiante si slargava alla vista ( si apriva) l'ampia curva che precedeva R*., per fare sosta e rifocillarmi nel bar-ristorante che vi è situato.

Al mio orologio erano già le cinque meno un quarto, ah, un peccato, davvero, che pur nella soddisfazione per l'exploit già così compiuto, (realizzato), per il ritardo conseguente da addebitare alla foratura accumulato di lì non potessi in ogni caso più procedere oltre, ( che dovessi arrestarmi lì definitivamente), quando per giungere sino a San Giovanni dal Commissario di Francese, non mancava oramai che una manciata di chilometri, cinque secondo un giovane del luogo, sette mi diceva invece una anziana inserviente più informata, indicandomi la montagna prospiciente, nella bambagia di nubi, oltre la quale su di una balza digradava a valle, e comunque di ulteriore e continua salita, troppi, comunque, per rientrare a Modena prima del calar della sera.

Mio malgrado, non mi restava a tal punto che accettare il verdetto di quanto ero stato in grado di intraprendere, compiere di perpetrare e poi rimediare quel giorno, l'esito pur esaltante di una sortita che avrebbe potuto essere una dèbacle:

riavendomi e seguitando oltre, quando sembrava che potessi già dirmi contento di poter fare rientro, ( che non mi restasse che riavviarmi al rientro),non mi ero forse accertato capace di scollinare alla prima sortita in altura?

Che non pretendessi così più oltre da me stesso e dalla mia stella, e non compromettessi ed arrischiassi non compromettendo comunque un buon esito.

Ma all' anziano Commissario, consumato lo spuntino, eh, si, non potevo rinunciare in ogni modo di telefonare, a risarcimento dellla mancata visita, e per salutarlo e perchè così sapesse che avevo tentato, comunque, di onorare l'impegno che con lui mi ero assunto nell'accomiatarci a luglio.

Chiedevo l'elenco del telefono e dove fosse l'apparecchio all'anziana inserviente, che quando per un mio estro l' informavo delle generalità di chi mai fosse colui al quale intendevo telefonare, si allargava in un interminabile sorriso; per dirmi quindi, come mi aveva anticipato il suo sorriso, che lo conosceva benissimo, e che era persona per la quale provava la più viva stima e simpatia.

Per mesi, mi disse, l'aveva avuto come pigionante in Inghilterra quando a sua volta vi aveva un albergo. Poi le mutate fortune...

Ora componevo il prefisso, il suo numero personale, e dopo breve attesa, all'altro capo una voce persona femminile entrava in linea. 

Era la nipote, che mi diceva di attenderlo qualche istante, quindi la sua voce mitemente gentile, il mio salutarlo e stupirlo contento

"Oh, ***, che piacere che mi fa... Come devo ringraziarla...

Ma io l'aspettavo, sa, anche l'altro giorno mi è venuto alla mente ( mi sono ricordato di) quanto mi aveva promesso guardando il calendario, solo che io credevo che venisse verso la seconda metà del mese... In bici da corsa è venuto? Così come mi aveva promesso, allora... E adesso non può raggiungermi? Che peccato, davvero... Grazie, grazie ancora, di questo che ha fatto per me...Sono rientrato da Reggio che non sono neanche quindici minuti... Sono andato a tinteggiare le stanze per alcuni conoscenti...Può darsi che senza riconoscerla l'abbia intravista lungo la strada? Ed è stato via questa estate? In Israele? Ah, io avrei paura ad andarci...Io? No, le ho detto che mi muovo più tardi, per andare quando qui è inverno nelle Baleari o in Tunisia."

Gli ho riferito come in Israele i turisti fossero protetti, e vi si respirasse già allora aria di pace. E come ovunque vi crescesse il rosmarino. Gli ho quindi detto di come avessi compromesso la possibilità di venirlo a trovare, avventurandomi così sventatamente per quella scorciatoia rocciosa verso Cavazzone, bucandovi e così ritardando troppo i tempi.

Ciò che non gli dicevo, è che speravo segretamente che mi dicesse di attenderlo lì fra poco, che mi avrebbe raggiunto in macchina.

A tal punto non ci restava che di salutarci nel rammarico, ripromettendogli che avrei reintrapreso il viaggio nel girto di qualche settimana.

" Grazie, grazie di nuovo e arrivederci a presto".

Ma quando mi congedavo dall' inserviente e uscivo nella luminosità ancora pomeridiana per riavviarmi al ritorno, eppure non ero in grado di farmi una ragione, nonostante ciò che mi ero ridetto, nel lasciare così inultimata l'impresa.

Era così inebriante la frescura dell'aria pura di collina, quel serpeggiare ancora della strada fra boschi e radure, traspirarvi tra le querce e le conifere d'altura...

Così mi dicevo che avrei seguitato solo lungo la discesa fino R*, mentre stringendomi al manubrio, nell'affrontarla, io lo sapevo già benissimo, che avrei continuato (seguitato) oltre oramai irrinunciabilmente fino a San Giovanni in Querciola, (fino) alla casa contadina in cui Monsieur le Commissaire si scherniva di abitare...

Come potevo rassegnarmi ad avere sostenuto tale sforzo, per pervenire solo in prossimità dell'arrivo, e quando mai, in futuro, nell'impresa mi sarei cimentato di nuovo? 

In ogni caso, una volta arrivato sarei dovuto comunque ripartire entro le sei di sera, quale che fosse il tempo che mi sarebbe stato concesso di rimanere dapprima con il mio ex collega d'esami.       

Intanto che R* sfilava via, nei suoi muriccioli pietrosi e gli ed i suoi edifici confluenti e gli slarghi erbosi di gioco, mi dicevo che piuttosto, se avessi fatto tardi, avrei telefonato ai miei genitori perchè mi venissero a prendere a Scandiano, od a Rubiera, ma che dovevo adesso proseguire fino alla meta, oltre gli ulteriori sobborghi e le pievi cui essi si addossavano, e poi oltre i  boschi che si riaddensavano lungo i tornanti solitari di un valico,  ancora un irrigidirsi ansimante sui pedali protratto, la vista che si slargava all'apparire di un fondovalle, o che risaliva i (si inerpicava pei) pendii ombrosi gremiti di fusti, finchè la strada oltre la china non ridiscendeva più larga, e la sua  lenta discesa terminava tra le prime case già di San Giovanni...

Ove d'intuito m' immettevo nella diramazione a sinistra, e sulla ulteriore sinistra (mancina) della branca di lì a poco vedevo  annunciarsi, in lettere incise, la fatidica  targa di via della Chiesa.

Non mi restava così che chiedere in un cortile a due donne dove abitasse oltre, finchè al di là della sua casa lo vedevo profilarsi di schiena intento nell'orto.

"Coup de foudre ..." mi annunciavo ridendo.

" Eh, è venuto lo stesso allora, è stato bravissimo,...."

" Poteva supporre che desistessi?...

" Scomodarsi tanto.... Non ho parole per ringraziarla...

Mi scusi per come mi vede vestito..."

Al che io scuotendo il capo insistevo e ribadivo che non v'era affatto motivo che si scusasse, anzi, che il vederlo intento al suo orto era esattamente come mi ripromettevo di ritrovarlo, da  attore che calchi le assi del suo palcoscenico.

Nel richiudere il rubinetto dell'acqua che li irrigava ( Nello staccare l'acqua che li irrigava), mi mostrava intanto solo le piante d'uso culinario ch'erano più prossime, la santoreggia, l'erba santolina, il dragoncello, il timo fragrante, poichè aveva piuttosto fretta di deporre il suo lavoro mentr'io lasciavo la mia bicicletta presso il bacino dell'acqua, pur di farmi accomodare in casa ove liberarsi di deporre guanti e stivali, ed offrirmi così a suo agio qualche sua (prelibatezza)squisitezza. 

All'interno, in rifacimento, mi faceva sedere nella cucina stagionata rivestita in legno, ove una sua sorella più anziana, cui mi presentava, al mio sopraggiungere interrompeva lo (cessava di) ( era intenta a ) sgranare le fave e i fagiolini di un fastello di verdure fresche per un minestrone.

Dandosi da fare (Indaffarandosi) intorno egli mi chiedeva che mai volessi intanto bere, prima di mangiare qualcosa di sostanzioso.

Io ero così irrumato di catarro nella mia asperità (amaritudine) in gola ( nella gola amarevole (dolorante)), sentivo ch'era così precaria la mia inappetenza, che rifiutavo mio malgrado il generoso vino schietto che insistentemente mi offriva, e preferivo solo il bicchierino squisito di liquore di fragoline di bosco e di milleerbe, con l'acqua fresca minerale di cui mi porgeva la bottiglia.

Non accettavo poi che del pane e un pò di formaggio parmigiano reggiano, con lo squisito pesto piccante di verdure dell'orto che mi scremava nel piatto, del quale ne aveva approntato più di una terrina qualche giorno (uno o due giorni) prima, e di cui ora si ostinava a cercare (che ora non sapeva come confezionare in) un recipiente più piccolo perchè me ne portassi via tutto il rimanente.

Finchè non ha rinvenuto un vasetto di vetro infrangibile, che potevo sistemare comodamente nella tasca posteriore della mia maglia da corsa.

"Avrei anche un libro da darle sui fiori da coltivare in giardino...".

Io tacevo frattanto di dirgli, nel rifiutare alcunchè d'altro, ch'era appunto per evitare la copiosità dei doni della sua generosità di cui ero immeritevole, che non avevo voluto portarmi appresso che la borraccia.

Era di alcune nostre candidate che aveva incontrato a una cena, che intanto mi veniva parlando.

" Quel Commissario di Italiano-, seguitavano a dirmi, (ma)  quanto insisteva a volere approfondire..."        

Io mi limitavo a fargli capire con la mia espressione di scrollarne il fastidio superiorità indifferente superiorità nientaffatto infastidita, che così non mi avevano reso che un involontario omaggio che poteva solo gratificarmi (quantomai mi gratificava).

" A un'altra festa ho incontrato anche delle mie ex allieve di oltre vent'anni fa, era l'anno scolastico 1967.. Uh, avesse visto com'erano cambiate... (Erano) Tutte da gran tempo quante spose oramai stagionate (Mi parlavano  tutte del (avevano tutte quante il) loro marito...)

Che si vantavano facevano tutte le signore ( Che menavano vanto tutte di) per averci il marito... "

Solo la sua delicatezza schiva, che la sottaceva, era commisurabile alla profonda delusione che gli avevano suscitato, di cui non lasciava che nemmeno l'amarezza, abboccasse in superficie all'incresparsi delle sue parole.             

" Come dicevo per telefono ho pensato proprio a Te- non so nemmmeno io se darLe del Lei o del Tu-, non più tardi dell'altro giorno, scorrendo il calendario... - ma dentro di me l'aspettavo tra qualche giorno, nella seconda metà del mese..."

Io allora gli ho ricordato che secondo il calendario scolastico della mia regione le lezioni sarebbero cominciate fra due giorni, e che dunque m'era stato giocoforza, giunto in bici il giorno avanti a Modena dai miei, ricorrere a quel dì stesso per andare a trovarlo.

Come è mia abitudine generale ( Come d'abitudine),  avevo inoltre preferito non annunciarmi per telefono pur di fargli così una sorpresa, mettendo con ciò nel conto l'eventualità stessa di non trovarlo in casa.

" Venire in bicicletta, per giunta... Mi dispiace che solo dopo che lei mi ha telefonato, mi è venuto poi in mente che avrei potuto venirle incontro per ritrovarci a *".

Gli ho replicato che in tal modo mi avrebbe solo evitato una soddisfazione più grande.

" Lo sa quel mio nipote con la passione della bicicletta, di cui le venivo parlando in  Commissione...

E' morto l'altra settimana cadendo in un circuito di Ginevra a oltre quaranta all'ora di velocità...

Si spostava  in bicicletta da un capo all'altro dell'Italia, viaggiava per tutta l'Europa...

Capisco sia bellissimo  per chi è appassionato... In discesa, poi, ....   quei ciclisti quando discendono verso Reggio...Ma io avrei fifa di viaggiare su ruote così piccole..." 

E' sopraggiunta allora una sua nipote alla quale mi ha presentato, una donna nubile spigliata e affabile, all'incirca della mia stessa età.

Ma già dovevo parlare con loro di come ripartire al più presto, purtroppo, come quando, ne scherzavo, in piscina non appena il nuotatore ha toccata la meta (del bordo) della vasca si rituffa subito indietro.

Secondo entrambi non avevo tuttavia motivo di preoccuparmi; che io discendessi verso Viano, o che ritornassi così come ero giunto sino ad Albinea, in neanche mezz'ora, con la strada che ora era pressocchè tutta in discesa, sarei stato giunto in tempo già a Scandiano. Poi, di là a Modena...

" Quando scendo a Reggio, lui mi ribadiva, dopo R.* procedo a motore spento fino ad Albinea".

Ma prima che partissi ha voluto mostrarmi le altre stanze, la sua camera da letto ch'era così vasta ed accogliente, da parere piuttosto uno studio soggiorno.

Quindi all'esterno giunti presso l'orto, mi ha mostrato le condutture che vi recano l'acqua lungo il pendio, da un bosco sovrastante i coltivi che mi ha detto essere stato suo, prima di cederlo a un suo nipote.

Come i prati intorno lungo il crinale in cui disparivano, insieme con la stradicciola a latere della Chiesa e del (suo) campanile.

Nell'orto mi ha mostrato infine mostrato mentre già risalivo in sella, come la settembrina fosse la pianta floreale cui era allora dedito.

Via della Chiesa era davvero ora dura da risalire, come avevo paventato quando l'avevo discesa a freni stretti, ma poi l'intero snodarsi del percorso di ritorno fino ad Albinea, non riservava che poche e lievi risalite in una continua discesa precipitosa, di tornante in tornante i rilievi collinari che si defilivano verso la pianura sempre più incombente, paesi e caseggiati d'altura ripercorsi fugaci in un baleno, all'orizzonte le grandi conurbazioni che si dilatavano al piano via via che venivo sempre più approssimandomi, nel reticolo di arterie stradali che fra lo sfumare dei campi ora già si delineavano nel pulsarvi del traffico, raccordando con stabilimenti e impianti abitati e coltivi.

Non mi fossi di tanto in tanto arrestato ove più a valle sconfinava la vista, la discesa sarebbe stata solo un continuo attenermi, con i freni, alle chine e ai tornanti che scorrevano via.             

 

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