Anticipo
su " Post Israel" Era
il rinvenimento, quella stessa sera, di una mappa geografica delle carte
stradali della provincia di Modena, Vi
sarei andato passando per Rubiera e Scandiano, fin lì il percorso non si
colorava del marroncino o del beige di difficoltà altimetriche, poi (da
Scandiano) anzichè raggiungere la favolosa nomèa di Albinea, stando al
tracciato mi sarebbe convenuto senz'altro deviare verso *, da dove sulla
carta si dipartiva una strada secondaria di collina, che si profilava come
una vantaggiosa scorciatoia fino a Cavazzone, il cui piccolo abitato
nereggiava già fra i rilievi del Querciolese.
L'indomani,
quando mi svegliavo a mattino inoltrato, non ero ancora convinto della mia
impresa, partivo comunque verso le dieci, il cielo solatio velato di
nuvole e l'aria sommossa dal vento (ventosa), il verde dei campi percorso
da brividi intristenti di luci ed ombre. Deviavo
all'altezza della trangenziale per Cognento,
per raggiungere di lì Rubiera scansando il traffico della via
Emilia, lungo strade interne di cui un signore mi sconsigliava una in
alternativa e più prossima perchè v'era un cane ringhioso, di un'altra
una signora indicandomene dai campi la svolta a sinistra quando in bici
ero già lontano dopo avergliela chiesta. In
Rubiera indugiavo (mi aggiravo) alquanto fra le antiche vie a ridosso
dell'antica torre municipale, prima di inoltrarmi verso Scandiano per una
via secondaria che costeggiava un rio ameno, mentre la luce solatia si
faceva più fervida e le brume soffuse Oltre
Scandiano, quando mi accingevo ad arrestarmi all' incrocio da dove potevo
deviare a sinistra verso *, per eccessiva presunzione non liberavo che il
piede destro dal pedale, cosicchè al pencolare invece a sinistra della
bici per un risollevamento dell'asafalto, non potevo che accompagnare
l'inclinazione della bicicletta fino a ritrovarmi con essa sdraiato e
sbucciato per terra. "
E' niente, è niente," facevo cenno a una donna in automobile che si
era arrestata più oltre nella stradicciola sulla destra, rialzandomi con
la non chalance di chi è un abituè per mestiere a simili inezie di
cadute. Il
quale incidente avrei tesaurizzato nel modo più salvaguardevole per l'
indomani, quando le avvertenze e le accortezze che dal superamento di
quell'incrocio mi ripromettevo di assumere, Avviandomi
lungo la strada laterale per il paesino di *, iniziavo le prime erte
ancora lievi, che in pochi chilometri mi conducevano alle sue vie
silenziose oltre le scuole e i viali d'accesso, alle sue rustiche case di
pietre lungo il pendio addossate alla pieve. Scendevo
all'altezza dell'osteria addentrandomi al suo interno con la presunzione
di suscitarvi chissà che interesse e richiamo, quasi vi comparissi la
novità di un cavaliere ardito e remoto della pedivella, per le insegne
araldiche colà sconosciute che illustravano la mia bicicletta e la mia
tuta da corsa. Ma
non vi era all'interno che una ragazza, cui non chiedevo che un caffè e
un bicchiere d'acqua per abbeverarmi, prima di arrischiarmi a pisciare,
con le mie scarpette slittanti e in salopette elastica senza aperture,
rigirandomi e chinandomi nel vano ristretto di una turca, ove per non
cadervi così divaricato, dovevo prendere le più attente e lente cautele. Ma
infine uscitone incolume, al banco chiedevo invano a quella ragazza quale
mai fosse la via per Cavazzone, ella finanche disdegnava di essere dei
paraggi, nonchè del sito, chiedessi altrove, come facevo, inerpicatomi in
salita fino ai negozi moderni ove il paese vecchio riusciva più in alto,
e dove una mano di donna, e la sua voce, mi indicavano di seguitare
diritto. Così
facevo, infatti, iniziando finalmente a inerpicarmi sul serio. Intorno
si venivano così slargando i primi pendii ascesi e (ri)discesi di prati e
di campi, le piantate e i
vigneti e le propaggini ultime dei boschi, tra i cancelli a ridosso di
case rustiche e di pedecollinari dimore residenziali, cui (ove) l'erta
d'accesso e di passaggio (intermedio) si inerpicava più ripida, finchè
l'ameno saliscendi non ha finito il suo asfalto senza più seguito e
sbocco, arrestandosi non oltre
alcune cancellate e vialetti privati. Ridiscendevo
e ricercavo un seguito nella viottola che si dipartiva a destra venendo
dal paese, insinuandosi più in altura tra il culminare dei prati, ma poi
seguitandovi nel bosco tra asperità sterrate ove spuntonava la roccia,
sicchè per seguitare l'asfalto divallavo più in basso riuscendone ancora
in un accesso privato. Sopraggiungeva
allora un'auto alle mie spalle, era il legittimo proprietario di quella azienda, cui chiedevo lumi sulla
strada per Cavazzone, ch'eppure era tracciata come un comune percorso
viabile sulla mappa. Certo
che sussisteva, era appunto la viottola fra i boschi che avevo lasciato più
in alto, sulla mia sinistra,
per perdermi fin lì più a valle seguendo l'asfalto, sì, era sterrata ma
era purtuttavia buona. Decidevo
di fidarmi di queste sue parole, di fare ritorno indietro e dunque di
intraprendere la viottola pietrosa, nonostante la voce interiore che
tentava di dissuadermi, inascoltata, commisurando l'asperità puntuta del
fondo e l'esiguità sottile dei copertoncini della mia bici da corsa. "
Questo è un percorso piuttosto per la tua mountain bike, qui
fori di certo se seguiti ancora, lascialo perdere come scorciatoia,
ritorna piuttosto in paese, riavviati per Albinea, pensa a quanto
più tempo perderesti se qui restassi appiedato, pensi poi forse di
saperla riparare la gomma bucata?..." Ma
oramai pedalavo sull'ali dell'entusiasmo, esaltato che bastasse che
rimanessi intrepido, perchè le gambe sapessero reggere allo sforzo di
scalare ad ogni tornante sempre più in altura senza mai sosta, tra il
bosco che s'infittiva dintorno di
roverelle e di cerri, l'aria che si faceva sempre più frizzante, la luce
che filtrava ora tra le foglie di aceri e noci. Dissennatamente
così seguitavo ansimando di tensione e fatica tra radure e boschivi,
pascoli e deserte dimore d'altura, esaltandomi a inoltrarmi più libero e
solo vinto ogni sforzo, il planare delle larghe ali di poiane e di falchi,
le fagianelle che sortivano ai lati. Come
mi lasciavano intendere i cartelli segnaletici che comparivano ai margini
del percorso, ero inoltrato in una riserva, ove mi addentravo ancora per
alcuni chilometri di continua
salita, finchè ove la
viottola infine conduceva in una spianata alla sommità del colle, e i
pendii delle valli declinavano ovunque intorno nel sole, anzichè la
discesa fino a Cavazzone, mi si presentava davanti la fine del percorso in
una cancellata che pareva preludere a recessi demaniali. Secondo
i cartelli risultava comunque vietato addentrarsi (seguitare) oltre, in
quella ch'era comunque una tenuta: non
mi restava, pertanto, che il solo ritorno in discesa continua , portandomi
così dietro, della mia escursione nel Querciolese,
il solo ricordo di quell'avventurarmi e perdermi in quella
meravigliosa riserva in altura. Ma
discesi alcuni tornanti, ove una radura consentiva alla vista di slargarsi
nel tenero verde delle luminose convalli verso il Modenese, un pftt e lo
sgonfiarsi istantaneo della gomma posteriore, mi avvertivano in un brivido
che alla mia sventatezza non era stato concesso di farla franca, e che lì
dovevo ora sbrigarmela da
solo con il cambio della ruota, se volevo in un qualche modo ripartirne
per un qualsiasi rientro. La
mia sfiducia nelle mie attitudini pratiche era e restava così totale, che
solo per trarne la riprova ulteriore inconfutabile della mia inettitudine
assoluta, mi attenevo con la più deferente diligenza alle istruzioni
semplicissime eppure da me inattuabili trasmessemi
da mio padre. Così
estratta e svitata dal cerchio la valvola, quindi ora in un senso, ora
nell'altro, azionavo le levette a estrarre la camera d'aria di sotto lo
pneumatico, liberavo per agevolare l'operazione la ruota dal mozzo prima
ancora di assicurarmi come reinservela, senza che per questo il budelletto
di plastica volesse ancora saperne di uscire fuori del tutto dal suo
carapace, e quando trafelato me lo sono ritrovato in mano, poi trasudando
nel vano sforzo con l'un verso e l'altro della levetta, di immettere di
sotto lo pneumatico quella di scorta, che in questo punto ne sgusciava
riottoso, o nell'altra si profilava irriducibile a un involucro che ne
pareva di lunghezza inestensivamente inferiore. Nel
frattempo eppure un cicloturista in mountain bike sopraggiungeva e filava
via, ancora più veloce di un fulmine come con la voce ho accennato a
richiamarlo. Eppure
mentre tra l'una e le due del pomeriggio mi facevo sempre sempre più
accaldato e morchioso, che pace invitante e che fiorita dintorno carezzata
dal vento, a indifferenza di me che in rigoli di sudore, non sapevo in che
modo mai contenere la disfatta della mia inettitudine. Chiamare
mio padre che mi venisse a prendere nel paesino sottostante, certo,
era un'idea che risolveva la vergognsa in famiglia, ma come
giungere al paese di sotto, con le scarpette a incastro che sdruciolavano
a ogni spuntone nei tacchetti consumandoli del tutto? E
poi che giustificazione a loro o ad altri potevo mai fornire che non fosse
per me umiliante? Quando m'ero innegabilmente avventurato su un percorso
roccioso con lo pneumatico dal più esiguo dei diametri, senza nemmeno
sapere in alcun modo come cambiare una ruota? E
con in testa per giunta la presunzione inguaribile d'essere finanche e
cionostante uno scalatore? Quand'
allora era la mia stessa inettitudine, che alla mia inettitudine poneva
rimedio: all'altezza infatti della valvolina della camera sostitutiva,-
quella dell'altra nella crescente confusione mentale l' avevo
oramai persa fra l'erba-, scoprivo che azionando la levetta avevo causato
una scalfittura da cui perdeva aria: cosicché oramai anch'essa era
inutilizzabile, e la mia ritirata a piedi, bicicletta in spalla fino al
paesino di sotto, ne era dignitosamente giustificata e senza più
alternative. Chissà
poi, che da una delle case in collina non mi fosse stato possibile
telefonare a casa, riceverne un paio di scarpe lasciandovi a cauzione la
mia bicicletta, per assestarmi in paese da dove condurvi all'arrivo a mio
padre... Ma
la bicicletta sollevata a mano o in spalla, era comunque un onere troppo
gravoso per chilometri e chilometri, così l'abbandonavo al sicuro di una
radura nel folto, e con me conservavo solo la ruota posteriore che nemmeno
(non) mi ero (nemmeno) sforzato di reinserire nel mozzo, ritenendomene a
priori affatto incapace, finchè sulla sinistra, un mezzo chilometro più
sotto, con la bocca riarsa e le fauci interne acri di muco, non giungevo
al cancello di una villa immersa nel silenzio. Suonavo
una, due volte. Finalmente un uomo sui cinquant'anni si affacciava, cui
mostravo la ruota e le mani morchiate a fugare il sospetto di
maleintenzioni, dicendogli quanto mi era capitato e chiedendogli se potevo
telefonare presso di lui ai miei familiari perchè mi venissero in
soccorso. Al
che, schiarendomi tutto, la sua affabilità subitanea mi porgeva piuttosto
ben altro soccorso "
Ma non ce n'è bisogno, giù in paese piuttosto c'è un meccanico che potrà
ripararle al più presto la gomma bucata. Ora apro il garage e
l'accompagno in auto in paese. Entri frattanto a bere qualcosa".
Lei
non sa quante gomme ho pizzicato anch'io da giovane. Qualche settimana fa
ho voluto uscire anch'io in bicicletta ed ho bucato due volte in un
giorno... Anche se non ero in bici da corsa....L Quand'anche
lei avesse superato la rete di cinta, avrebbe dovuto comunque arrestarsi.
Eh, sono tanti, in mountain Bike, quelli
che
percorrono la strada fino al punto in cui lei è arrivato..." Stordito
di felicità e di gratitudine, per l'aiuto materiale che mi prestava e per
come mi metteva a mio agio, mentre salivamo in auto gli ho detto come
occorresse ora risalire indietro di mezzo chilometro per recuperare la
bici. Dopo
di che Il
fabbro meccanico era egli stesso della più sollecita premura, non una,
due e più volte incollava e verificava la tenuta della pezza, accertava
la tenuta della camera d'aria che intendevo comunque acquistare in luogo
di quella da lui riparata, nello smarrimento residuo credendo di avere
smarrito su in collina quella che si era bucata, nel mentre mostrandomele
scuoteva il capo e mi ripeteva che adesso le fanno tutte solo di bitume. Una
nuova e in vendita che mostrava a un suo giovane apprendista, risultava
addirittura sigillata da un gancio... Quando
montata insieme la ruota il lavoro risultava
finito e pagatolo rimontavo in sella, erano tra le tre e le quattro
del pomeriggio, troppo presto per rientrare già a Modena, giusto in tempo
per sospingermi ancora fino ad Albinea. La
strada che vi conduceva era un meraviglioso saliscendi serpentinante, tra
il verde campestre e d'alberi In
Albinea non mi sospingevo nel centro, di ovvia modernità, anche e
soprattutto perchè giuntovi
all'incrocio di accesso, mi tentavano piuttosto le indicazioni
sulla sinistra delle frecce, che segnalavano le località di lì
raggiungibili del Querciolese, di cui iniziava a proprio a quel punto la
rampa collinare. Erano
da poco passate le quattro, il fisico non era affatto stanco, certo era
oramai un miraggio, dopo il ritardo intercorso, giungere fino a San
Giovanni in Querciola dove abitava l'anziano Commissario di Francese,
purtuttavia perchè non seguitare più oltre per qualche chilometro?,
quando avessi voluto o dovuto arrestarmi,
per la difficoltà o la stanchezza sopraggiunte o commisurato il tempo,
-entro le sette e trenta avrei comunque dovuto essere di rientro Modena,-
non avrei più avuto per lo più che da discendere sino alla città dello
zampone, di ugole d'oro e dell'aceto del Duca. L'erta
iniziava gradualmente, senza duri strappi od impennate, ma una volta
svincolatasi dagli estremi fabbricati e campi di gioco, poi seguitava
senza consentire tregua alcuna. Svoltato
un tornante, eccone un altro che rampicava ancora, e poi un altro e un
altro ancora in ascesa, l'aria sempre più infrescantesi balsamica, mentre
quello che pareva un tratto successivo di tutto riposo ove tirare il
fiato, si rivelava un falso piano che stremava le gambe. Ma
resistevo ed ascendevo di nuovo ( ancora), nel folto intorno dei boschi e
fra lo slargo di pascoli, la vista che sconfinava lontano ove le dorsali
si accavallavano a perdita
d'occhio, e nel fondovalle si profilavano filari e casolari, prati e
colture e macchie a cavalcapiano, per poi riconcentrarsi insieme con il
fisico sulla strada Di
casa cantoniera in casa cantoniera, il fatidico Cavazzone era raggiunto e
superato, sinchè mi arrestavo qualche chilometro oltre, ove
sulla vallata verdeggiante si slargava alla vista ( si apriva)
l'ampia curva che precedeva R*., per fare sosta e rifocillarmi nel
bar-ristorante che vi è situato. Al
mio orologio erano già le cinque meno un quarto, ah, un peccato, davvero,
che pur nella soddisfazione per l'exploit già così compiuto,
(realizzato), per il ritardo conseguente Mio
malgrado, non mi restava a tal punto che accettare il verdetto di quanto
ero stato in grado di intraprendere, riavendomi
e seguitando oltre, quando sembrava che potessi già dirmi contento di
poter fare rientro, ( che non mi restasse che riavviarmi al rientro),non
mi ero forse accertato capace di scollinare alla prima sortita in altura? Che
non pretendessi così più oltre da me stesso e dalla mia stella, Ma
all' anziano Commissario, consumato lo spuntino, eh, si, non potevo
rinunciare in ogni modo di telefonare, a risarcimento dellla mancata
visita, e per salutarlo e perchè così sapesse che avevo tentato,
comunque, di onorare l'impegno che con lui mi ero assunto
nell'accomiatarci a luglio. Chiedevo
l'elenco del telefono e dove fosse l'apparecchio all'anziana inserviente,
che quando per un mio estro l' informavo delle generalità di chi mai
fosse colui al quale intendevo telefonare, si allargava in un
interminabile sorriso; per dirmi quindi, come mi aveva anticipato il suo
sorriso, che lo conosceva benissimo, e che era persona per la quale
provava la più viva stima e simpatia. Per
mesi, mi disse, l'aveva avuto come pigionante in Inghilterra quando a sua
volta vi aveva un albergo. Poi le mutate fortune... Ora
componevo il prefisso, il suo numero personale, e dopo breve attesa,
all'altro capo una voce Era
la nipote, che mi diceva di attenderlo qualche istante, quindi la sua voce
mitemente gentile, il mio salutarlo e stupirlo contento "Oh,
***, che piacere che mi fa... Come devo ringraziarla... Ma
io l'aspettavo, sa, anche l'altro giorno mi è venuto alla mente ( mi sono
ricordato di) quanto mi aveva promesso guardando il calendario, solo che
io credevo che venisse verso la seconda metà del mese... In bici da corsa
è venuto? Così come mi aveva promesso, allora... E adesso non può
raggiungermi? Che peccato, davvero... Grazie, grazie ancora, di questo che
ha fatto per me...Sono rientrato da Reggio che non sono neanche quindici
minuti... Sono andato a tinteggiare le stanze per alcuni conoscenti...Può
darsi che senza riconoscerla l'abbia intravista lungo la strada? Ed è
stato via questa estate? In Israele? Ah, io avrei paura ad andarci...Io?
No, le ho detto che mi muovo più tardi, per andare quando qui è inverno
nelle Baleari o in Tunisia." Gli
ho riferito come in Israele i turisti fossero protetti, e vi si respirasse
già allora aria di pace. E come ovunque vi crescesse il rosmarino. Gli ho
quindi detto di come avessi compromesso la possibilità di venirlo a
trovare, avventurandomi così sventatamente per quella scorciatoia
rocciosa verso Cavazzone, bucandovi e così ritardando troppo i tempi. Ciò
che non gli dicevo, è che speravo segretamente che mi dicesse di
attenderlo lì fra poco, che mi avrebbe raggiunto in macchina. A
tal punto non ci restava che di salutarci nel rammarico, ripromettendogli
che avrei reintrapreso il viaggio nel girto di qualche settimana. "
Grazie, grazie di nuovo e arrivederci a presto". Ma
quando mi congedavo dall' inserviente e uscivo nella luminosità ancora
pomeridiana per riavviarmi al ritorno, eppure non ero in grado di farmi
una ragione, nonostante ciò che mi ero ridetto, nel lasciare così
inultimata l'impresa. Era
così inebriante la frescura dell'aria pura di collina, quel serpeggiare
ancora della strada fra boschi e radure, traspirarvi tra le querce e le
conifere d'altura... Così
mi dicevo che avrei seguitato solo lungo la discesa fino R*, mentre
stringendomi al manubrio, nell'affrontarla, io lo sapevo già benissimo,
che avrei continuato (seguitato) oltre oramai irrinunciabilmente fino a
San Giovanni in Querciola, (fino) alla casa contadina in cui Monsieur le
Commissaire si scherniva di abitare... Come
potevo rassegnarmi ad avere sostenuto tale sforzo, per pervenire solo in
prossimità dell'arrivo, e quando mai, in futuro, nell'impresa mi sarei
cimentato di nuovo? In
ogni caso, una volta arrivato sarei dovuto comunque ripartire entro le sei
di sera, quale che fosse il tempo che mi sarebbe stato concesso di
rimanere dapprima con il mio ex collega d'esami.
Intanto
che R* sfilava via, nei suoi muriccioli pietrosi e gli Ove
d'intuito m' immettevo nella diramazione a sinistra, e sulla ulteriore
sinistra (mancina) della branca di lì a poco vedevo
annunciarsi, in lettere incise, la fatidica targa di via della Chiesa. Non
mi restava così che chiedere in un cortile a due donne dove abitasse
oltre, finchè al di là della sua casa lo vedevo profilarsi di schiena
intento nell'orto. "Coup
de foudre ..." mi annunciavo ridendo. "
Eh, è venuto lo stesso allora, è stato bravissimo,...." "
Poteva supporre che desistessi?... "
Scomodarsi tanto.... Non ho parole per ringraziarla... Mi
scusi per come mi vede vestito..." Al
che io scuotendo il capo insistevo e ribadivo che non v'era affatto motivo
che si scusasse, anzi, che il vederlo intento al suo orto era esattamente
come mi ripromettevo di ritrovarlo, da
attore che calchi le assi del suo palcoscenico. Nel
richiudere il rubinetto dell'acqua che li irrigava ( Nello staccare
l'acqua che li irrigava), mi mostrava intanto solo le piante d'uso
culinario ch'erano più prossime, la santoreggia, l'erba santolina, il
dragoncello, il timo fragrante, poichè aveva piuttosto fretta di deporre
il suo lavoro mentr'io lasciavo la mia bicicletta presso il bacino
dell'acqua, pur di farmi accomodare in casa ove liberarsi di All'interno,
in rifacimento, mi faceva sedere nella cucina stagionata rivestita in
legno, ove una sua sorella più anziana, cui mi presentava, al mio
sopraggiungere interrompeva lo (cessava di) ( era intenta a ) sgranare le
fave e i fagiolini di un fastello di verdure fresche per un minestrone. Dandosi
da fare (Indaffarandosi) intorno egli mi chiedeva che mai volessi intanto
bere, prima di mangiare qualcosa di sostanzioso. Io
ero così irrumato di catarro nella mia asperità (amaritudine) in gola (
nella gola amarevole (dolorante)), sentivo ch'era così precaria la mia
inappetenza, che rifiutavo mio malgrado il generoso vino schietto che
insistentemente mi offriva, e preferivo solo il bicchierino squisito di
liquore di fragoline di bosco e di milleerbe, con l'acqua fresca minerale
di cui mi porgeva la bottiglia. Non
accettavo poi che del pane e un pò di formaggio parmigiano reggiano, con
lo squisito pesto piccante di verdure dell'orto che mi scremava nel
piatto, del quale ne aveva approntato più di una terrina qualche giorno
(uno o due giorni) prima, e di cui ora si ostinava a cercare (che ora non
sapeva come confezionare in) un recipiente più piccolo perchè me ne
portassi via tutto il rimanente. Finchè
non ha rinvenuto un vasetto di vetro infrangibile, che potevo sistemare
comodamente nella tasca posteriore della mia maglia da corsa. "Avrei
anche un libro da darle sui fiori da coltivare in giardino...". Io
tacevo frattanto di dirgli, nel rifiutare alcunchè d'altro, ch'era
appunto per evitare la copiosità dei doni della sua generosità di cui
ero immeritevole, che non avevo voluto portarmi appresso che la borraccia. Era
di alcune nostre candidate che aveva incontrato a una cena, che intanto mi
veniva parlando. "
Quel Commissario di Italiano-, seguitavano a dirmi, (ma)
quanto insisteva a volere approfondire..."
Io
mi limitavo a fargli capire con la mia espressione di "
A un'altra festa ho incontrato anche delle mie ex allieve di oltre
vent'anni fa, era l'anno scolastico 1967.. Uh, avesse visto com'erano
cambiate... Che
Solo
la sua delicatezza schiva, che la sottaceva, era commisurabile alla
profonda delusione che gli avevano suscitato, di cui non lasciava che
nemmeno l'amarezza, abboccasse in superficie all'incresparsi delle sue
parole.
"
Come dicevo per telefono ho pensato proprio a Te- non so nemmmeno io se
darLe del Lei o del Tu-, non più tardi dell'altro giorno, scorrendo il
calendario... - ma dentro di me l'aspettavo tra qualche giorno, nella
seconda metà del mese..." Io
allora gli ho ricordato che secondo il calendario scolastico della mia
regione le lezioni sarebbero cominciate fra due giorni, e che dunque m'era
stato giocoforza, giunto in bici il giorno avanti a Modena dai miei,
ricorrere a quel dì stesso per andare a trovarlo. Come
è mia abitudine generale ( Come d'abitudine),
avevo inoltre preferito non annunciarmi "
Venire in bicicletta, per giunta... Mi dispiace che solo dopo che lei mi
ha telefonato, mi è venuto poi in mente che avrei potuto venirle incontro
per ritrovarci a *". Gli
ho replicato che in tal modo mi avrebbe solo evitato una soddisfazione più
grande. "
Lo sa quel mio nipote con la passione della bicicletta, di cui le venivo
parlando in Commissione... E'
morto l'altra settimana cadendo in un circuito di Ginevra a oltre quaranta
all'ora di velocità... Si
spostava in bicicletta da un
capo all'altro dell'Italia, viaggiava per tutta l'Europa... Capisco
sia bellissimo per chi è
appassionato... In discesa, poi, ....
quei ciclisti quando discendono verso Reggio...Ma io avrei fifa di
viaggiare su ruote così piccole..."
E'
sopraggiunta allora una sua nipote alla quale mi ha presentato, una donna
nubile spigliata e affabile, all'incirca della mia stessa età. Ma
già dovevo parlare con loro di come ripartire al più presto, purtroppo,
come quando, ne scherzavo, in piscina non appena il nuotatore ha toccata
la meta (del bordo) della vasca si rituffa subito indietro. Secondo
entrambi non avevo tuttavia motivo di preoccuparmi; che io discendessi
verso Viano, o che ritornassi così come ero giunto sino ad Albinea, in
neanche mezz'ora, con la strada "
Quando scendo a Reggio, lui mi ribadiva, dopo R.* procedo a motore spento
fino ad Albinea". Ma
prima che partissi ha voluto mostrarmi le altre stanze, la sua camera da
letto ch'era così vasta ed accogliente, da parere piuttosto uno studio
soggiorno. Quindi
all'esterno giunti presso l'orto, mi ha mostrato le condutture che vi
recano l'acqua lungo il pendio, da un bosco sovrastante i coltivi che mi
ha detto essere stato suo, prima di cederlo a un suo nipote. Come
i prati intorno lungo il crinale in cui disparivano, insieme con la
stradicciola a latere della Chiesa e del (suo) campanile. Nell'orto
mi ha mostrato infine mostrato mentre già risalivo in sella, come la
settembrina fosse la pianta floreale cui era allora dedito. Via
della Chiesa era davvero ora dura da risalire, come avevo paventato quando
l'avevo discesa a freni stretti, ma poi l'intero snodarsi del percorso di
ritorno fino ad Albinea, non riservava che poche e lievi risalite in una
continua discesa precipitosa, di tornante in tornante i rilievi collinari
che si defilivano verso la pianura sempre più incombente, paesi e
caseggiati d'altura ripercorsi fugaci Non
mi fossi di tanto in tanto arrestato ove più a valle sconfinava la vista,
la discesa sarebbe stata solo un continuo attenermi, con i freni, alle
chine e ai tornanti che scorrevano via.
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