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Grunenwald La
Crocifissione Nel fondo
del giorno che si fece notte, tra il biancore smorente della Vergine- che
strema il pathos del protendersi in avanti, nel flettersi, della mondanità
addolorata della Maddalena- ed il fulgore preclaro del San Giovanni, che
ne addita testimone postumo il compimento delle Profezie, sulla scorza
piallata dei legni ch'Egli inflette della Croce, sta l'orrore rattrappito
del Verbo che fino allo spasimo dell'estremo dolore si fece carne, nel
verde livore esangue, esulcerato e spinato, di una carne sfibrata dai
chiodi del dolore agonico. L'albore
dell'agnello che nella coppa stilla sangue, significando la Redenzione
salutare del Figlio nell'ora estrema. Sant'Antonio Sant'Antonio E ancor più
a nobilitarlo, il Santo, col voluminoso ammanto della consistenza della
sua fermezza plastica, ne è la variegazione marmorea delle increspature e
venature nell'empito fiammante del drappeggio, vana ai vetri,
orridoflatuante, ogni tentazione di Satana di infrangerne la resistenza. San
Sebastiano Più ancora
che nel Sant'Antonio, nel San Sebastiano è l'evidenza formale del suo
nitore plastico - per intensificazione d'effetto del contrasto congiunto
tra incarnato e ammanto-, e in cui si celebra l'umanità rinascimentale
della sua figura, che ne
significa la vittoria della Fede nel martirio, laddove nel Santo Abate,
irremovibile, virtù contro il demonio è la fermezza in Cristo della
Perseveranza. Resurrezione E la tenebra
della Crocifissione si fa il blu stellato dell'alone incandescente-
roseoaranciocelestiale- della gloria della Sua Resurrezione, in cui si
irradia e circonfonde il fulgore igneo della carne spirituale del
Salvatore, allo svolgersi, in una trasmutazione di colore e forma, del
bianco sudario reclino in un velame di vittoria, nel farsi bluescente cangescenza ritorta
dei ripieghi, e allorché ammanto, al contatto supremo, bagliore ardente
nel fluttuare notturno dalla lastra tombale; stremate o riverse nel sonno,
sotto il gravame del macigno incombente, confuse e vinte le forze
guardiane dei poteri terrestri. Annunciazione L'interno
gotico ove dimora la Vergine nella luce di un giorno qualunque, ne è
visitata dall'intensità (di luce) , concentrata nel tendaggio e nella
parete alle spalle, dell'Annuncio supremo dell'Angelo incombente e
sospeso, di cui la Vergine con ritrosia assorta assume l'Elezione, proprio
al momento che la precipitazione gotica dell'Angelo conferma le parole,
tra gli archivolti effigiato, del Profeta di cui la pagina del Libro reca
la lettura ancora in atto. Ed il libro
scompaginato e in bilico, è la significazione che dall'Annunciazione ne
è sconvolto l'ordine dei giorni. Natività Il concerto
serafico degli angeli, infiammati e viridiscenti di luce, tra il
florilegio del baldacchino che abitano i profeti dell'Evento, glorifica
l'Eletta che sulla soglia gravida è del Figlio, radiante l'alone intorno
di un diadema di fiamme, dal quale, a concelebrarla, lievitano e (estuano
e) sfavillano nel vaporio fulgidi angeli, al di là, nell'aperto dell'orto
concluso della sua Verginità, Ella intenta ad accudire il divino Bambino
nelle sue veci materne, la tinozza, i panni , la culla e l'orinale,
antistanti in immediata evidenza, i medesimi laceri panni del perizoma del
futuro Crocifisso; nel fasciarlo dei quali, amorosamente interroga del
tenero Bambino la natura divina, mentre oltre i dirupi, nello svolio
d'angeli sui pastori, come in terra nel roseto cupo del virgineo fuoco del
suo stesso ammanto, sfolgora a compiersi dall'alto dei cieli la volontà
del Padre, la sua radiosità trapassando
la nebulosa d'angeli che ne è la gloria( nell'alto), ove un
tocco,svariante, basta a guizzarne il moto paradisiaco, per trascolorarne
tra i nembimontuosi di una cortina grigio verde, al suo sfagliarsi nella
cupa tersità del fondo. La
tentazione di Sant'Antonio Grifagni,
nariciuti, col rostro (del becco) o cornuti o fronzuti, coriacei di un
ripugnante carapace, nell'intrico e lo sfascio di tetti ed arbusti che del
Santo sono dimora, all'attacco alati e voraci, la genia dei demoni su di
Lui s'avventa con legni divelti, accapiglia e s'addenta nel manto di
Sant'Antonio, imperturbabile, inalterato, poichè tra l'immondo pustoloso
e la marcescenza della zocca fungosa, vive della pace dei cieli redenti
sovraintesi dal Padre. Sant'Antonio
e san Paolo E chi del
Padre adempie i voleri, può vivere della Sua Provvidenza come i gigli dei
campi, è l'ammaestramento figurale di Sant'Antonio e di San Paolo
l'Eremita, cui tra le arborescenze di un riparo remoto fra monti, reca il
corvo il doppio pane per entrambi; con l'acqua di vita che ne sgorga
accanto tra rovi e ruderi, il tributo dei cieli sulla cui spettanza
primaria ora discetta
la convivialità dei Santi, decantata fra fustaie ed albe vette
crestate, mentre tra di Loro
è accosciato un cervo, alle acque di vita un altro s'abbevera e pasce a
distanza, crescono le infiorescenze e le capsule tra il fogliame di minute
piante, svariano tronchi muscosi e le fronde di una palma, al fluire nel
colore anche di bronchi e rocce. E così si
concelebra l'ordine Antonino che al Maestro ha commissionato l'opera,
nella vittoria sulle tenebre del male a Sant'Antonio e a chi tramite
Lui intercede esemplata dal Cristo.
Solo al
termine del viaggio E' stato
solo al termine del mio viaggio, quando mi sono trovato dinnanzi alla
rivelazione dellaCrocifissione di Grunenwald nel museo di Colmar, che
scrivere mi è divenuto necessità interiore. Sono partito
per il viaggio la stessa vigilia di Capodanno, mondanamente afflitto dalla
penuria mortificante della mia tredicesima, per la quale già avevo
impoverito i regali per i miei cari la Notte di Natale, limitando il
percorso iniziale del mio viaggio alla sola Alsazia e alla Brisgovia,
avvilito che il mio dispendio scolastico fosse irriso da
tale penuria, oltrechè dal beffarsi del mio prestarmi gratuito di
certuni miei allievi. Eppure era stata la stessa dedizione partecipe di
chi, fra loro, con la sua viva attenzione aveva dato un senso al mio
lavoro, che nella memoria
commossa del suo caro volto
ha sventato la mia disperazione, trattenendola quella sua cara timidezza
gentile e devota in un angolo, cui non volevo rinunciare assolutamente di
donarmi ancora. Eppure,
valicata la frontiera, quando nel Canton Ticino ho salutato in solitudine
l'anno nuovo, con il mio spumante e un pezzo del pandoro che mi era
rimasto in casa, dentro il tepore confortevole di quel vagone adombrato,
mentre di fuori trascorrevano paesini e pendii innevati, ciononostante è
stato bello questo mio Capodanno, pur se le pagine che avevo appena smesse
erano la voce della mia desolazione deserta in Sodoma e Gomorra. Poi in
Freiburg, sul far del mattino, la disperazione della mia inedia sessuale
è divenuta un basso continuo, sempre più sordido mentre la visitavo;
della città di studi e di frontiera, oltreché la sua torre e gli
innumerevoli Profeti e apostoli e mostri del duomo, volti a fantasticare
in ogni stipite e ripiano la pura tensione geometrica (dell'ordito) delle
sue trame murarie, e il comporsi rimarchevole del romanico e del
rinascimentale nel suo transetto, non ricordando ora più altro che la
dama di pietra con l'unicorno e le due polene sottostanti, allo sporto del
nuovo Rathaus reintravisto di corsa. Ero già ad
Heidelberg nel pomeriggio, Heidelberg con il suo castello romantico e la
sua grossa botte, come già mi sono venuto ridicendo il mattino seguente,
con incattivita ironia lungo il tratto tra i boschi del Philosophenvege,
il respiro della cui quiete profonda, con la lutulenta malinconia della
Neckar, in piena sotto il
Vecchio Ponte, e con la rovina dello Schloss, testimonianza impressionante
di ciò che altrimenti sarebbe stata la sola sequela delle guerre di
Successione in un manuale di Storia, è l'eco più viva che me ne è
rimasta, dopo le truppe francesi quanto ne è scampato al negativo della
mia depressione incessante. La prima
epifania, nel corso del viaggio, è stato poi nel pomeriggio il duomo di
Worms, che è da quando sono bambino, e con le dispense della Sacra Bibbia
collezionavo le immagini delle chiese più belle del mondo, che ho
aspirato sempre di poter vedere. Sotto la
pioggia, nella sera incipiente, oltre le navate e i tiburi della sua mole
grandiosa, si evocavano a vicenda le absidi bicefale e le torri slanciate,
suscitate dalla scansione ritmica delle loggette e delle polifore alle
pareti e ai risvolti, mentre ne contrappuntavano lo slancio ascendente
abbaini e demoni, oltre le rudentature e il rosone delle opposite fronti.
In Worms
(Vi) ho divagato quindi in
attesa del treno per Strasburgo, tra
il profilarsi nella sera delle altre chiese che vi ho solo intravedute, e
le luci shocking di nuovo delle vie del centro , dove, come già la cosa
mi ha provocato in Nurnberg l'anno scorso, intere strade si sono
trasformate in una luminaria vetramentata di insegne abbaglianti,
giallo-rosso, arancio, biancobluescenti,in un richiamo ottundente, lungo
tutto il percorso, di supermarkets e sale giochi e di fast food, senza
alcuna limitazione d'eccessi la stimolazione ai consumi. La mia
solitudine, intanto, non cessava di rivoltare la mia assenza di vita nelle
sembianze in un'integrità apparente, come già mi ero esulcerato lungo il
Vecchio Ponte di Heidelberg, ridicendomi come per me non vi sia che amore
e sesso senza altro scampo, nella assenza di reciprocità, che l'intellettualizzazione
degli affetti nel freddarsi( del rigore )mentale, appunto come per il
rabbi spinoziano del racconto di Singer, l'evasione dalla sola vita, a me
possibile, dell' amor dei intellectualis, dell'espurgo solo immaginario
della mia lussuria incessante, rivelandosi, ad ogni tentativo, il
riproporsi dello scacco inesorabile di un errore fatale. E l'odio e
lo schifo per la mia natura ed identità anagrafica, pure tra quella gente
in tutto straniera, mi
rigettava sul volto, per oltraggiarlo, ogni più remota deturpazione del
mio nome e del mio essere, durante la
mia stessa infanzia di paese ritornata, in scene di caccia allora a
me contro di una Bassa Padania, pur di negarmi, così, anche solo il
sollievo dello spaesarmi tra quella massa straniera, la cui indifferenza
non mi era più nemmeno di conforto, a quell'autoavvilirmi, dalla
vociferazione distanziatasi nei miei riguardi, in quegli ambienti di
lavoro, nella scuola, che non
sapevo come più definire il " mio mondo di vita". Che poteva
valermi, così, consolarmi della mia ignoranza del tedesco ridicendomi,
frattanto, che mi sottraeva dall'obbrobrio di apprendere gli usi
linguistici di un'altra volgarità di massa, mentre già in Strasburg, in
quel ripostiglio che costituiva una cameretta nella mansarda tutta per me,
mi è bastato ascoltare qualche programma quotidiano in francese, per
ritrovarvi, nella sua versione di irresistibile betise, la medesima
stupidità di regime in programmazione in Italia. E di
Strasburg, pur nella sua piacevole eleganza, non mi restano che le
impressioni dell'apparizione notturna della sua cattedrale, (nella trama
del) in un florilegio angelico di colonnine e guglie e pinnacoli e
cuspidi, che intessevano il ricamo radioso, intorno al rosone, dello smaterializzarsi
verticale della retrostante selva muraria, e nel Musée, di un ritratto
mirabile di Goya, per come esprime del ritrattato l'aprirsi a una vita
ch'eppure ne ferisce l'intimità sensibile, E dell'"Uscita per la
passeggiata" di P. van Hoogh, così trepidante di affetti domestici,
nel filtro di luce, nel porgersi il braccio dei coniugi prima di uscire. E che altro,
prima di Colmar, già al suo incantevole svolgersi di antiche vie con le
case a graticcio, se in questi giorni non ho viaggiato che per rimanere,
fra gli altri, l'inesistenza esteriore di un viandante straniero. |