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Europeismo La
cultura europea universale E'
una sorta di Paradiso della ragione e dei sensi, che ho
perduto nel lasciare il mio appartamento per partire per Maastricht. Al
rientro dalle festività natalizie presso i miei cari, per più giorni
vi ho ritrovato il più confortevole ritiro spirituale, decantandone le
stanze in un ordine fervido. Mi
sono così predisposto l'anima al mio viaggio in Olanda, leggendovi i più
nitidi saggi di Gombrich sul senso dell'ordine, le estreme poesie di
Yates e i sonetti di Shakespeare, le pagine iniziali del secondo libro
dei Sonnambuli e America di Kafka, nel tradurre i nudi cori rovinati
delle cantorie della desolazione dal sonetto **( 73?) di Shakespeare, o
nell'invenirvi analogie riposte tra la dilatazione sferica delle
barrette in "Oceani e
Molo" di Piet Mondrian, e del farsi movimento di luce del
divisionismo cromatico di Klee, in " All'ancora". Non
senza avere ultimato (di leggere) la sezione iniziale del libro di Bodei
sulla Geometria delle passioni di Spinoza. E
ieri pomeriggio, nel leggervi le mirabili pagine di Gombrich sulla
pagina della croce nei Vangeli di Lindisfarne, al translucido fervore
dell'omaggio, che vi tributa, alla esaltazione ornamentale della
"santità del libro", tramite gli splendori infiniti che vi
vengono significati, per l'opera della mano che deve attestare la cura e
la devozione dovute al simbolo sacro, in un eccesso mentale mi sono
sentito in comunione di spirito, nel luminoso declino pomeridiano, con
l'intelletto agente in ogni mente che intanto chiarisse o configurasse,
in Vilnius od in Edimburgo, (secondo lo spirito) della grande cultura
europea universale, e così fossi già in ogni luogo del continente, ove
si trascendano gli asti e gli interessi in pure forme contemplate. Non
è dunque soltanto per convenienza di tragitto, che domani farò tappa a
Maastricht, prima di divagare in Germania ad Aquisgrana: ma per
estrinsecare la mia adesione all'Unione Europea che le settimane scorse
vi è stata irreversibilmente prefigurata,
e al valore umanistico delle opere dell'uomo, che della cultura europea
è l'ascendente planetario. Spero,
almeno, che i pochi giorni trascorsi dopo Natale in beatitudine di
spirito, al rientro si preservino negli affetti rammemoranti si che
questi sussumano, concatenandole, le cure angosciose dell'insegnamento e
della mia casalinghitudine. Così,
ladri permettendo la
settimana scorsa è stato depredato degli ori l'appartamento
sovrastante-già prima dell'epifania,
tra libri e video ed audioregistrazioni, già fervo di
reinsediarmi nel mio abitacolo spirituale, quale Erasmo nel suo
studiolo, secondo la sua celeberrima effigie di Holbein il Giovane, fra
i testi e le tracce, in immagini e suoni, dei più grandi spiriti del
nostro passato che vi ho raccolto a consesso. Una
civiltà astratta Alle
10,30 di stamane ero già (...) a Liegi, tetramente cupa nelle stesse
finestrature bianche degli ammattonati torvi, cupa nei suoi alberi e nel
suo terriccio, nell'acqua della sua MOsa e nelle sue pecore sparse nelle
radure periferiche, nelle brughiere e nelle brume da cui sortiva dal
Lussemburgo. E
prima del Mezzogiorno ero a Maastricht, di cui non ho visitato che San
Servazio, nell'intertempo tra l'andata e il ritorno da Acquisgrana. Le
mie primissime impressioni dell'Olanda, per quel che valgono, non possono
essere che una reminiscenza di quelle già espresse da Descartes, di una
civiltà ch'è più intensamente astratta nei suoi stili e nelle sue forme
di vita, nell'indifferenza reciproca che vi consente il più vario
cosmopolitismo, come nella stilizzaziome geometrica di ogni forma
sensibile ornamentale, cosicchè la florealità dei timpani delle stesse
case germaniche, vi è stata per lo più tramutata in scalatura dentale
pur nella meridionale Maastricht. E
come Cartesio, mi sembra di sussistervi tra automi che si passano accanto
senza mai parere uno di limite all'altro. Amsterdam L'arte
di Rembrandt Visitando
la mostra di Rembrandt L'arte
di Rembrandt, come la conoscenza dell'amor dei intellectualis di Spinoza,
visitandone la mirabile mostra in Amsterdam mi è parsa esprimere un
identico anelito di comprendere in sè ogni forma dell'umano e del reale,
pur se nelle guise di un'adesione degli affetti ad ogni discreta
superficie della realtà sensibile. Negli
svolgimenti della sua arte, fin dagli esordi, è flagrante come per
aderire alla varietà del reale abbia dovuto trascendere le
convenzioni della diversificata pittura di genere come già si erano
codificate nei Paesi Bassi tra Cinque- Seicento, e quali sono ancora
attestate nella rappresentazione della preghiera e contrizione di Tobi, la
cui cecità a torto ha accusato la moglie del furto di un
agnello ( In
tal senso (le scene dei suoi drammi, è) affinchè la realtà vi risulti
plasmata e rilevata dalla sola luce-colore, (che) le scene dei suoi drammi
progressivamente egli le ha destrutturate di ogni rigida volumetria
ambientale, sicchè i suoi personaggi vi emergono da fondi vaghi o
sommariamente allusi, vi si fiancheggiano (sostengono) a nembi di stoffe e
a cumuli cartacei, nel fluire flammeo di sete, tra libri o scaglie di
rocce appena allusi dal suo pennello. In
tale sprofondamento (sfondamento), senza più vincoli di inquadrature
divagatorie, Rembrandt ha potuto così movimentare il dibattersi di luci e
di ombre per rilevarne soltanto ciò che vi ha una gravità drammatica,
intraprendendo a variare, in una stessa pittura, , la stesura di colore
con il variare delle materie che vi doveva attuare, ora addensandola, ora
diluendola, cangiandola per il tramite ora di una texture( tessitura)
nebulosa, ora di un tocco del tutto pregnante di agitazione nervosa, ora
invece piuttosto materializzandola in grumi, per evidenziare borchie o
filigrane o rugosità di pelli, altresì fluidificandola in veli e
panneggi, o nella morbidità tenera di incarnati incorrotti, altrimenti
infoltendola in pellicce o nel bugnato di celluliti avanzanti. L'espressività
del tocco, soprattutto, serve a Rembrandt per esprimere l'addensarsi od il
distendersi delle linee d'energia, come nel ritratto della vecchia
ottantaquatrenne, ove nella fronte, con i suoi pensieri, si concentrano e
se ne distendono i colpi di pennello. L'adesione
all'umano, che cosi Egli esprime, manifesta fin dagli inzi una sua
affezione particolare per le età estreme della giovinezza e della
vecchiaia, la giovinezza spavalda e presupponente, delle proprie virtù,
come si ostenta negli autoritratti degli esordi, benchè nel quadro in cui
si riprende nel suo atèlier, la tela che vi campeggia attesti l'altezza
improba dell'assunto del suo compito di artista: la vecchiaia dolente e
costernata di profeti e di apostoli, o di malinconici padri, gravi della
consapevolezza, già nelle parabole iniziali, della inanità di saggezza e
di ricchezze, di quanto sia vana la cogitazione presaga, anche di San
Paolo, a sventare la spada( iniziale e) terminale del proprio destino, o
la preveggenza dello stesso Geremia, a scongiurare il ferro e il fuoco
della catastrofe della propria Gerusalemme. Così,
nella rappresentazione della predicazione alle folle di San Giovanni, come
nell'analoga opera di Brueghel, è per pochi uditori, attenti e partecipi,
che cade l'annuncio alle moltitudini del profeta, i più degli astanti,
apparendovi come ottusi o distolti da avidità di interessi, atteggiati
nell'ebetudine di bruti o di infanti tardivi, eppure secondo una moralità
che non è moralismo, se nell'erezione della Croce Rembrandt medesimo è
carnefice ottimo. Ma
è appunto perchè le cose sensibili vi hanno tanta intensa esistenza, è
perchè così vivido ne è lo splendore, che la sapienza può esservi
tanto vana a resistervi, o invece può trarne così intenso conforto, se
in esse si incorpora invece lo spirito, tanto con colori opimi, l'opulenza
dei giacimenti culturali di libri e di arredi ( sacramentali) è addensata
sulla tela. Nella
sue opere Rembrandt così celebra la sensuosità di ogni prodotto dello
spirito umano, le varie materializzazioni del nostro fare terreno, i
bagliori di gioielli e fermagli nei paludamenti orientali dei suoi
personaggi, o come nel Ritratto del ministro mennonita Corneli Claesz e di
sua moglie, la fisicità energetica dei loro voluminosi libri sapienziali,
nel farsi splendidamente pagine di luce sacra. L'esempio
antico, nell'umanesimo di Rembrandt, si attua pertanto nei modi di
un'umanizzazione quotidiana e domestica del Mitologico e del
Testamentario, si tratti di Diana al bagno che discopre rabida Callisto
incinta, o di Pilato cui i rabbini propendono il baculo di un presunto
potere superiore. Non
solo. Di tale concezione delle humanae res, le stesse cose naturali si
fanno simbolicamente partecipi eventi: cosi, nella loro natura morta, gli
animali ostentano il sangue sacrificale e la loro rigità stecchita di
vittime; mentre la scena di un temporale diventa la meditazione sulla
oscurità ottenebrata delle acque della vita che transita l'uomo. E
la pietà e la malinconia- la malinconia che vela lo sguardo prima del
padre del pittore e poi di Rembrandt-, a tanta dissennatezza, altrui e
propria, nonostante ogni virtuosa esercitazione sapienziale, sono
l'altissimo senso della vita che spira l'arte del grandissimo artista, le
identiche disposizioni, intimamente congiunte, che dell'amor dei
intellectualis di Spinoza permangono la soggiacenza non trascesa. Sinchè
l'uniformità più oscura e "confusa" dell'ultimo periodddo di
Rembrandt, attua la consapevolezza più ancora tragicamente disincantata,
nel suo fare pittorico, di uno sguardo la cui velatura più ancora è
precipitata a distanza.
Stravolgente Tra
ieri sera all'uscita dal R.Museum di Amsterdam, ed ora qui alla chiusura
del Mc Donald di Amsterdam, si è succeduta una giornata di viaggio
sconvolgente. All'uscita
della mostra, terminato l'orario d'apertura, nel controllarmi le tasche ad
accertarmi, ho scoperto all'istante che avevo perduto il portafoglio, per
ritrovarlo al rientro sgomento presso la cassa del buffet, dove l'avevo
smarrito e mi era stato tenuto in custodia da un'anziana guardiana; quindi
ho persistito per due ore in una peregrinazione attonita, alla ricerca
senza rinvenirla, nella piazza di Waterloo, della casa natale di Spinoza
al numero *42, la fatidica cifra che non vi risultava su alcuna soglia o
attestata da lapide. Quindi
ho trascorso un'interminabile notte di Capodanno, risucchiato mio
malgrado, al completo ogni hotel, nei flussi e riflussi della folla, tra
uno scoppiettio, incessante, di infinità di castagnole e mortaretti,
quando, nella ressa, un gruppo di nordafricani, d'intesa, mi ha rinserrato
e scombussolato nel fiancheggiarmi, con l'intento, come ho scoperto appena
la loro morsa si è allentata, di derubarmi del contenuto di una tasca
esterna del mio zainetto, se a terra, gualcito,
rinvenivo accanto un biglietto ferroviario identico al mio
dell'andata, ed una scatoletta che era appunto la stessa del tubetto della
mia pomata per le mie allergie epidermiche. Un
negro, compassionevole, mi ha invitato allora a raccogliere quel biglietto
che credeva ancora valido, mentr'io decidevo di non indugiare più un
istante nel sottrarmi a quei flussi di gente, rientratovi nella mischia
dal vagare per i vicoli più silenziosi ed incantati di Amsterdam, e mi
confinavo a bere boccali su boccali di birra, all'interno di un affidabile
pub, dove, purtroppo, ciò che solo mi era dato di intendere di quei
chiassosi discorsi, era la denigrazione irrisoria del binomio Italia-mafia. Ed
alla chiusura del pub, com'era scontato, dato che ogni minimo pertugio
d'hotel era già al completo, e che i costi dell'alloggio in quel
bugigattolo, la sera innanzi, benchè non fosse che il ritaglio di un vano
in uno scantinato, erano ammontati all'importo per me proibitivo di 120
fiorini,- il riquadro di cantinotto pur era dotato di televisorino e di
phone applicato...-, mi sono stremato a passeggiare sino al fare dell'alba
e del giorno in un vento algido, pur con in petto una tosse accanita,
quando mi sono recato al solo hotel, intravisto nei miei pedinamenti, che
una targhetta non indicasse completo, per accordarmi all'istante, con la
proprietaria, di ritornarvi a vedere alle undici una stanza quando fosse
stata libera. E
puntualmente alle undici (giusto in orario) vi
ho fatto ritorno, dopo due ore di estenuata attesa, in un bar, a
rispetto degli accordi assunti, quando tuttavia invece della donna è suo
marito che mi accoglie, ma per scaraventarmi di lì a qualche minuto lungo
le scale, dopo avermi sputato in viso ch'ero una persona sgradevole e
indesiderata che ne violava il domicilio...
Era
successo che avevo richiesto di vedere comunque quella stanza
assicuratami, che d'improvviso era divenuta senza nemmeno la doccia e
ancora impegnata, nonostante non avessi sollevato obiezioni al rapinio di
estorcermi per la tana suddetta 100 fiorini, determinandomi a tale
richiesta più che l'intento di venirci incastrato, il fatto che degli
altri italiani, appena sopraggiunti, fossero stati prontamente accomodati
con ogni riguardo... Così,
precipitato in un battibaleno dalle scale, poichè, a un sopraluogo
ulteriore, quel buco risultava l'unico ricetto possibile in Amsterdam
della mia persona, toglievio il disturbo e dirotavvo la mia deietta
presenza verso l'Aja, dove attonito per la stanchezza ed il disgusto, sono
disceso alla stazione HS nel puzzo della marea di rifiuti di Capodanno, di
lì essendo più breve, che dalla stazione centrale, il tragitto sulla
mappa fino agli hotels in cui cercavo riposo e conforto; ma inutilmente ho
iniziato a trascinarvi per ancora chilometri e chilometri il fardello
della mia sacca sul dorso, tra i refoli di spazzature e lo scoppiettio
residuo di mortaretti, inoltrandomi verso il centro lungo i quartieri
turco-indocinesi e surinamesi, non senza divagare e sostare, già in ogni
caso, presso la Stathuis ove è morto Spinoza. Ma
inutilmente dopo oltre due ore, con quel traino pesante ero ancora in
cerca di alloggio, poichè uno dei due hotel che ricercavo era stato
appena demolito, e l'altro risultava immancabilmente anch'esso completo in
ogni lingua, finchè, allo sbando, lungo il percorso tra l'una e l'altra
stazione feroviaria, quand'ero già prossimo a fare rientro in Italia, era
in un oscuro alberghetto, eppure confortevole e caldo, che nella libera
Olanda trovavo infine un hotel libero a oneste tariffe. L'
acqua calda del bagno e il sonno che mi intorpidiva appena rientrato in
stanza, mi ritempravano e mi confortavano di tanto sfinimento, non senza
che una vaga stomacazione, anche per la modestia decorosa della stanza,
non persistesse al ritardato risveglio. Il
panettone, che allora sbocconcellavo, era il surrogato della intimità
ricostituita con la mia dignità ferita, il sentimento della quale mi
incuteva un doveroso riguardo verso quell'albergo che mi aveva dato
ricetto, allorchè, prima di uscire, per non insozzarlo, mi attardavo a
nettarmi la scarpa della merda nauseolenta che in l'Aja, al calpestarla,
si era addentrata a fondo nei suoi solchi di gomma. Il
pavimento della stanza era rivestito infatti di stuoie che se ne sarebbero
insudiciate obbrobriosamente. Quando
sono quindi uscito verso il centro, sono ritornato sui passi e nei luoghi
dove visse Spinoza, dal giardinetto con il busto, che la fronteggia,
guardandone l'interno illuminato della casetta, soffuso di una assorta
quiete mentale, che rievocavano i libri allineati sotto le travature
ribassate. Rievocavo
del filosofo l'amor dei intellectualis, il farsi di noi un concetto della
mente divina quando riflettiamo su noi stessi, la sua definizione della
Costernazione, che subentra quando è senza speranza la Paura del male che
ci recano le cose esterne, l'invito celeberrimo, gli uomini, a non
compiangerli, a non deriderli, a non detestarli, ma a comprenderli. Avevo
modo poi di li a poco, di considerare come in quei vicoli non abitasse
certo più Spinoza, se li abbagliavano i videogiochi di un immaginario
elettronico, e se chiassoso di luci era adiacente il Grill Room a Lui
intitolato, mentre un Tea Room Baruch si profilava già schermato di
tendine. Chissà,
mi sono chiesto, se ai suoi tempi il quartiere brulicava come tuttora di
cosmopolitismo; nella mia deambulazione antecedente vi avevo visto
trascorrere uomini in djellaba o con il turbante arancione, negli stessi
paraggi dove ora avevano spente le loro insegne l'una accanto all'altra,
l'Eurosexshop e la
gastronomia di specialità rigorosamente islamiche, risroanti e panifici
turchi, negozi di generi alimentari indocinesi e surinamesi, al freddo
vento che turbava le acque del canale, tra i refoli e brandelli di
cartacce e mortaretti di Capodanno. Così
placatasi la loro antecedente fluttuazione, una certa quiete degli affetti
era raggiunta, e ancora dolente negli arti raggiungevo il Mc Donald dove
ora scrivo, che con quelli del Quartiere Latino, di Heidelberg e di
Basilea, accanto alla stazione,è tra i più singolari dove sono stato,
per i pannelli delle vicende della governamentalità dell'Aja che vi sono
allestiti. Intanto,
ripenso, con una certa nostalgia, a quanto mi sia apparso incantevole,
all'altezza di Harleem, il paesaggio olandese che ho fugacemente
intravisto dal treno, laddove i colori sembravano perpetuamente fondersi o
rilevarsi come dei tocchi di colore sulla tela di un quadro,sulla
nebulosità grigia dei fondali del cielo e delle brughiere, appena più
accentuata nei campanili delle Chiese uniformi, che trascolorava cinereo
nel ceruleo e nel giallo paglierino delle stoppie e dei campi, o
nell'umidore tenero delle distese arate. E
sul fondo dei toni sommessi, le accentuazioni cromatiche del grigio, del
ceruleo, del paglierino, dell'ocra tenue, si imbrunivano o si facevano
squillanti nei toni smaltati di blù marino e giallo sole, o metallizzati
nelle tonalità del piombo e dell'antracite, di impianti e manufatti, di
battelli e bettoliere, mentre si mutava in carnacino, nelle imposte, il
rosso cupo dell'ammattonato.
L'Aja Visitando
il Museo reale di pittura del Maurithuis Rembrandt-Nemmeno
nella rappresentazione della sconsolazione estrema, il nero assorbe in
Rembrandt il fulgore delle cose terrene. Che
insieme con il pianto sconfortato di Saul, ne emerge il vividio nel rosso
e nell'oro dell'ammanto regale, al suo stesso ravvedersi di quanto ha
infierito nei fasti succube a un demone, cui corrisponde d'altro canto
l'emergere della cetra e della presaga malinconia del giovane David,
dubitoso dell' inanità del pentimento regale, quanto timoroso
dell'imperversare futuro di Saul a suo medesimo danno. Il
cupo annerimento del fondo indistinto, l'oscura voragine, al centro, del
cupo dolore nella violenza accecata del potere regale. Lo
sfacimento di forme e colori, nel ritratto di Omero- le mani appena si
discernono dai panni- è lo sfacimento dell'universo medesimo che il poeta
vegliardo viene rammemorando, il suo sguardo cieco eppure pervaso di
un'infinita consapevolezza annichilente. E
Rembrandt ispessisce il colore a rilevare la contrazione della fronte
evocante, nel venirvi ad espressione di tale tragica consapevolezza. Vermeer-
Indimenticabile la trepida dolcezza, palpitante, che ti si rivolge nello
sguardo infinitamente innocente della fanciulla col turbante azzurro. Vi
è ben più apprensione di vita che nell'interminabile presente della
veduta di Delft, prodigiosa eppure troppo laccata, e brillantata, nella
varietà dei toni, di mura e di case, al variare di luci e di ombre per le
nubi di transito. Potter-
L'obiettività con cui coglie ogni scarruffamento e incrostamento dei
peli, di ovini e bovini, ogni lurido liquame circostante, è l'equivalenza
universale di ogni aspetto del reale. Rembrandt-
E' mirabile la scenicità misterica del Simeone di Rembrandt, delle
larvali forme circostanti gli attori dell'evento, della loro stessa
ieraticità posteriore (dorsale ) (di spalle) negli ammanti sacerdotali. Nella
Lezione di anatomia, Rembrandt volge in erore anche la prospettiva ed il
rapporto proporzionale delle membra, al fine di indurci al fulcro della
piramide di dotti, ove la pinza macabramente eppure scientificamente
solleva i muscoli. Amsterdam Van
Gogh Amsterdam
3 gennaio 1992 Nelle
opere di Neunen, della prima maturità di Van Gogh, l'intento dell'artista
quale lo si coglie dalle pitture presenti nel
museo di Amsterdam, appare la volontà di rappresentare al contempo la
dignità e la condizione subumana dei contadini ( paesani) ritratti, così
come un degrado cosmico vi si incarna, nel
lividore verde che ne uniforma alle carni il cielo e i campi, per il
tramite di una riduzione dei mezzi espressivi- in toni e tratti-, intesa a
significare la luce minimale che è ancora superstite al limitare dei
campi, in quei corpi e quei volti abbrutiti. Il
periodo parigino viene successivamente schiarendogli un'apertura
all'infinità naturale ed all'animazione, un'adesione fervida alla vitalità
istantanea rappresentata dall'impressionismo, ma con un occhio che è
diverso, e che prefigura, pur senza anticiparli compiutamente, il
pointillisme e la pittura fauve. In
tale periodo egli sortisce alcune delle più straordinarie
interiorizzazioni di oggetti, nelle soggettivizzazioni delle scarpe e
degli zoccoli, ad esempio, tra loro dialoganti o romanticamente disfatti,
preludendo al "ritratto" supremo della stanzetta di Arles, di
poche e povere suppellettili ordinate con cura, eppure, come il fondo del
letto, prospetticamente incombenti sull'esiguità esistenziale del loro
occupante, come a catapultarvelo fuori di ogni consesso di vita lungo il
piano inclinato. In
Arles successivamente, alla scoperta della mediterraneità, questa
adesione alla natura si trasfigura in un'esaltazione felicissima, ch'è
tuttavia il farmaco di una salute letale, ove l'infinitarsi delle
profondità ( delle prospettive), nella freschezza schiumante dei colori
dei flutti, o nel tripudio cromatico del vividio incessante di fiori e di
steli, è altresì vertigine incombente, in quelle linee oblique che
pongono in bilico, o tendono ad arrovesciare, l'apertura immensa dello
sfondo di cieli e di campi. In
"Wheatfield", lo sfondo di un campo in cui si è proiettati,
eppure nel suo fulgore dilagante pare riversarcisi addosso, non fosse per
le diagonali e le maculazioni contrastanti di colori floreali. O
in " The ploughed field", la diagonale riversa sembra invece
farci smottare in un ammanco, all'atto stessa in cui ci proietta nella
profondità ( nella prospettiva) a sinistra del campo arato. E'
tale anche l'ondivaga vertigine dei profili dei campi e delle staccionate
in "The Harvest", o in "Flewling peachtrees", è così
che le infiorescenze si trasfondono e si espandono in nubi, quando non è
piuttosto la linea ribassata dell'orizzonte visivo, che costringe ad
un'ascesi nell'intrico saliente delle fioriture degli alberi,
raffreddantesi sempre più nei toni: cosicchè il verde della malinconia,
in sintonia con il blù della costernazione- ove più non infervidino
vitalisticamente l'ombra dei paesaggi più scarni ( come in "Langlois
bridge"), o non schiumino toni liquidi, come nei campi di acque
marine di " Seascape"-, tornano tristemente a primeggiare, senza
più la contrastività accesa del giallo e del rosso. Nelle
opere del periodo successivo di Saint Rèmy, assistiamo quindi ad un
ritorno all'originario, ma in colori che risultano più ancora irreali,
poichè le figure di contadini in blù, su fondo giallo, sono oramai le
visioni di larve in uno sguardo postumo, di inesistenze residue per chi ha
trasumanato, già desistendo oltre la resa suprema. Così
in "The plough and the harrow, il verde e il blu si commistionano in
soli toni di cenere, un sommovimento è nell'ondulazione continua ( dei
tratti) del terreno, e in " The garden of the asylum in Saint Rémy",
la linea di chiusura si fa muro. Mentre
gli alberi si fanno esistenze vegetative più intorte e ritorte ( in
"Olive grove"), le fronde contorsioni flammee, ove se resiste,
in forme ricadenti, il giallo, come nei covoni di fieno di "The
reaper"), è sempre più invasato dal verde, e sempre più verde si
fa l'azzurro del cielo. L'equilibrio
estremo che ancora vi raggiunge, dall'interno pur sempre della depressione
della sua malinconia, sono i suoi iris bluescenti sul verde del fogliame
in uno sfondo giallo, ove i fiori e le foglie lanceolate, cadenti a
destra, sono bilanciate dalla protensione vegetale a sinistra verso
l'alto, su scala minore, ( e ciò secondo un motivo chiasmico), in altri
fiori e foglie riuniti nel vaso. E
il biancore dei peschi, in tale incandescenza, è l'invocazione ultima del
candore che può sventare il verdeazzurro dei cieli. Del
periodo finale di Auvers, un capolavoro infinito è quindi "Wheatfield
under thunderclouds", ove la linea d'orizzonte si tramuta in baratro,
di borderline, ed in una trasmutazione dei colori senza sovraesaltazioni
dei timbri, l'irrealtà si fà verità surreale, al tono di cenere e morte
di ogni verde e giallo e blù del cielo e dei campi, cosicchè il
sensibile vi si trafigura nella sua realtà letale, e nell'agitazione di
nuvole e vento, è la fascinazione dell'incanto di morte, che trascorre in
ogni flutto del mare di grano.
Resistendo
allo sconforto Così
resistendo allo sconforto, mi sono propiziato due magnifici giorni tra l'Aja
ed Amsterdam,..... .......... La
sera precedente, ed il mattino stesso, della partenza dall'Aja, sono
ritornato di fronte alla casetta di Spinoza, rievocandone i viatici dal
centro e le impressioni immaginative, che ne costituirono la memoria,
delle vedute mentali dei luoghi circostanti, dove egli visse e trascorse
gli ultimi anni. Cercavo
di riesumare quali immagiuni del potere, o della vita sociale, nelle loro
tramutate vestigie allora avessero configurato per lui il Binnenhof o
l'antico Stadhuis , il Groenmarkt o l'adiacente Grotekerk. Tra
la veglia ed il sonno, nel torpore, al risveglio agitato dalla
smania di vendicarmi oltre di quell'albergatore, o dal riaizzarmi
del risentimento per le ingiustizie che patisco in Italia, nelle
reviviscenze del rancore mi sono figurato una situazione fantastica: che
quei luoghi dell'Aja mi apparissero come se li ravvisassi sorprendemente
di nuovo, il beghinaggio o il corso diaccio d'acqua adiacente, mentre non
avevo che vaneggiato in inutili conati, ad ogni tentativo di farmi
compartecipe dell'eterna mente intellettuale di Spinoza, suscitando il
solo vuoto fervore dell'amor dei intellectualis dell'Etica, libro V, poichè
di fatto, in quel fissarmi tanto alle vestigia dei luoghi, stavo invece
mutandomi nel veicolo della Sua Anima immaginativa che dimorava in quei
siti, e che in me si era venuta trasfondendo al fine che divenissi la
confutazione definitiva della Sua Etica; chè non già i concetti
universali come si determinano nelle conoscenze particolari, ma memoria e
immaginazione, il fuoco delle passioni che vi divampano, nelle apprensioni
dell'ira e dell' amore, sono l'anima singola che spasima immortale. Perchè
mai credevo, dunque, che avessi perseguito l'alloggio in quell'hotel, che
ne avessi seguitato a salire le rampe maleodoranti, ed avessi insistito
nella hall per alloggiarvi nonostante il rifiuto saturo d' odio
dell'albergatore , se non perchè a trovarvi il ludibrio lungo le scale,
come ad espormi ad essere derubato dai nordafricani che mi venivano
attorniando per strada, e che sapevo dei ladri benchè a me stesso
infingessi altrimenti, era stato il Suo spirito che mi si era appreso
mentre ritornavo sui miei passi l'ennesima volta, vagando in cerca della
sua soglia natale? Tanto
la sua immaginazione perenne seguitava ad agitarlo a che emendasse per il
mio tramite il suo intellettualismo filosofico, in me reviviscendo nelle
passioni più indelebili, nella loro negritudo, quali le ispira l'odio del
torto subito senza ragione o sospetto...
Ma
stamane, nella mia solitudine impietrita, mi era talmente insostenibile la
finzione di una corrispondenza mentale, mi sentivo già così mancante e
inesistente, che mi sono trattenuto sulla sua soglia raffreddata a
rammemorarene, anzichè il lascito, -il
disdegno della fede nel timor di Dio, e di ogni morale del risentimento,
di ogni triste gioia del possesso - ciò che durante l'itinerario della
mia vita mi ha distanziato irreversibilmente dal suo pensiero, in un
decorso scabroso per il quale è l'espressione artistica della mia
immaginazione trascendentale, che è diventata la necessità interiore del
mio destino, nell'esercizio di una meditazione ricorrente sul torto e la
morte, che per Spinoza è pur sempre passività assoggettata. E
ripercorrendo l'animarsi delle vie verso la stazione, all'esservi un
invisibile straniero che vi si affrettava anonimo, era la maschera di un
volto senza profilo, che sentivo internarsi nel soggetto assoggettato
della mia mente.
Intanto
che l'Olanda precipita a distanza Intanto
che l'Olanda precipita a distanza, sul treno di ritorno ripenso a come mi
abbia stranito sino alle lacrime, all'andata, l'accertare che la
donna-ferroviere era sopraggiunta non già per imputarmi di sedere su di
un posto prenotato da altri che era rimasto inoccupato, ma per sistemare
come me, nei posti rimasti liberi, quanti permanevano tuttavia in piedi
nei corridoi. Mi
è sorto allora un nodo in gola, come suddito italiano, per ogni volta che
accedo a uno sportello facendomi sottile, con un filo di voce, sentendo
piuttosto di disturbare se esercito un mio diritto, che di avere ragione
di farlo valere secondo una mia assoluta facoltà. Mentre
chi sta dall'altra parte del banco o dello sportello, nel fronteggiarti si
sente nel pieno esercizio del suo ruolo solo se ha un impedimento o una
tua manchevolezza da opporti. |