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Lettere al direttore

Lettera a Claudio Magris

Lettere al direttore

 

 

Al Corriere

 

Egregio direttore,

scorrendo stancamente l'edizione di lunedì( 18 febbraio '91) del suo giornale, mi è capitato, nel leggere l'articoletto in prima pagina dell'opinionista che vi ha rubrica fissa, di incorrervi nella magnificazione corriva del "linguaggio  nuovo, paradossale, sconcertante", di movimenti collettivi che "appaiono improvvisi, inattesi" "sulla scena della storia", "soprattutto quelli nuovi, sotto forma di Leghe". Peccato, a infracidarne l'effetto, che avessi appena letto, in un articolo interno, qualche esempio illustrativo di tale nuovo linguaggio, laddove, in un comizio, chi è il capo indiscusso e indiscutibile di tali " movimenti", cioè a dire il "Senatur", così risultava essersi profuso nel definire, per chi è come Lui sagace, quali dei maiali gli eventuali adepti al Pds: "La quercia è una pianta che cresce lentamente e produce bacche. E sappiamo chi si nutre di bacche". Eppure il medesimo, stando ai referti,  nella materia vile è parso compiacersi di rivoltolare le sue parole in tale concione, e assai retroavanguardisticamente, a ben ricordare, se vi definiva" merdaio, rimbambiti, arteriosclerotici e fascisti" ogni sorta d'avversario,- precisa l'edizione di "Repubblica", di martedì 19, che Egli ha qualificato come "stronzo" Enzo Biagi, e che "merdaio" è una volgarità del nostro ormai scontata-, e se pur si leggeva che si è scalmanato a più riprese  a che "non gli rompano le balle", ostentandone "coram populo" tutta la pienezza della lombarda potenza seminale, nonchè la vigoria del nerbo, al nobile gesto volto al governo centrale, tra braccio ed avambraccio, dell'ombrello cui in pubblico è ben avvezzo, per spronare così nientemeno che alla rivolta fiscale i tanti che già possono permetterselo.

"Creano un campo nuovo di solidarietà dotato di un entusiasmo e di una fede che gli altri hanno già perso da tempo" scrive "soprattutto" dei nostri leghisti quell'opinionista emerito.

In che solidarizzino  quale "potenza rivoluzionaria" si è or visto. Quale ne sia l'alto monito, che ne "sprigiona un'attività instancabile, febbrile", lo si è se ben udito, al recente congresso, echeggiare al grido altissimo "La lega ce l'ha duro".

Oh, gran potenza balistica del Senatur e dei suoi!

Certo d'avere comunque già ben appercepito, dal suo primo apparire, l'orrore di chi è nemico esistenziale di ogni sentire e vivere  non solo migliore  

                           Odorico Bergamaschi

            insegnante presso l'Itis "E. Fermi" di Mantova.

 

 

Alla Gazzetta-bis

 

 

Alla Gazzetta-bis

 

Egregio direttore,

scorrendo stancamente l'edizione di lunedì( 18 febbraio '91) del Corriere della Sera, mi è capitato, nel leggere l'articoletto in prima pagina dell'opinionista che vi ha rubrica fissa, di incorrervi nella magnificazione corriva del "linguaggio  nuovo, paradossale, sconcertante", di movimenti collettivi che "appaiono improvvisi, inattesi" "sulla scena della storia", "soprattutto quelli nuovi, sotto forma di Leghe". Peccato, a infracidarne l'effetto, che avessi appena letto, in un articolo interno, qualche esempio illustrativo di tale nuovo linguaggio, laddove, in un comizio, chi è il capo indiscusso e indiscutibile di tali " movimenti", cioè a dire il "Senatur", così risultava essersi profuso nel definire, per chi è come Lui sagace, quali dei maiali gli eventuali adepti al Pds: "La quercia è una pianta che cresce lentamente e produce bacche. E sappiamo chi si nutre di bacche". Eppure il medesimo, stando ai referti,  nella materia vile è parso compiacersi di rivoltolare le sue parole in tale concione, e assai retroavanguardisticamente, a ben ricordare, se vi definiva" merdaio, rimbambiti, arteriosclerotici e fascisti" ogni sorta d'avversario,- precisa l'edizione di "Repubblica", di martedì 19, che ha qualificato come "stronzo" Enzo Biagi, e che "merdaio" è una volgarità del nostro ormai scontata-, e se pur si leggeva che si è scalmanato a più riprese  a che "non gli rompano le balle", ostentandone "coram populo" tutta la pienezza della lombarda potenza seminale, nonchè la vigoria del nerbo, al nobile gesto volto al governo centrale, tra braccio ed avambraccio, dell'ombrello cui in pubblico è ben avvezzo, per spronare così nientemeno che alla rivolta fiscale i tanti che già possono permetterselo.

"Creano un campo nuovo di solidarietà dotato di un entusiasmo e di una fede che gli altri hanno già perso da tempo" scrive "soprattutto" dei nostri leghisti quell'opinionista emerito.

In che solidarizzino  quale "potenza rivoluzionaria" si è or visto. Quale ne sia l'alto monito, che ne "sprigiona un'attività instancabile, febbrile", lo si è se ben udito, al recente congresso, echeggiare al grido altissimo "La lega ce l'ha duro".

Oh, gran potenza balistica del Senatur e dei suoi!

Certo d'avere comunque già ben appercepito, dal suo primo apparire, l'orrore di chi è nemico esistenziale di ogni sentire e vivere  non solo migliore  

                           Odorico Bergamaschi

            insegnante presso l'Itis "E. Fermi" di Mantova.

 

 

Errata corrige

 

Egregio direttore

Dei vari refusi della trascrizione tipografica della mia lettera, da Lei cosi cortesemente accolta, sulle recenti performances linguistiche del Senatur dei lumbard, scusabilissimi, é vero, per la involuzione sintattica torta e ritorta della sua forma espressiva,- essendo stato tardigrado nell'emendarmi in una successiva redazione-,  soltanto mi preme di segnalare, a maggiore intelligenza delle smanie gestuali  del Nostro, che il nobile gesto che gli è addebitato in pubblico, é appunto quello, come avevo ben scritto, che dicesi dell'"ombrello", e non già dell'"ombelico", come ben sanno gli analisti delle manifestazioni degli "ultras"  di varia "bassa Lega".   

 

                               Cortesemente ringraziandola

                                         Odorico Bergamaschi

                   insegnante presso l'Itis E.Fermi di Mantova

            

Nè posso tacere, per quanto di questi tempi facciano audience volgarità e sproloqui - e dunque politicamente convengano e arridano a una ancor maggiore fortuna del Nostro- che, come mi hanno fatto osservare i miei allievi in classe, non è vero che le querce sortiscano carnose bacche, come vorrebbe ancora il Nostro, male informato almeno in ciò, bensì ghiande, e assai dure, queste si.

Tant'è vero, che "ghiandisti", spregiativamente, eppure correttamente benchè tutt'altro che di matrice agreste, i neocomunisti definiscono i neomilitanti del Pds

                               Nuovamente ringraziandola

 

 

Al direttore de " La Gazzetta di Mantova"

 

 

Per La Gazzetta

 

Egregio direttore,

scorrendo stancamente l'edizione di lunedì( 18 febbraio '91) del Corriere della Sera, mi è capitato, nel leggere l'articoletto in prima pagina dell'opinionista che vi ha rubrica fissa, di incorrervi nella magnificazione corriva del "linguaggio  nuovo, paradossale, sconcertante", di movimenti collettivi che "appaiono improvvisi, inattesi" "sulla scena della storia", "soprattutto quelli nuovi, sotto forma di Leghe". Peccato, a infracidarne l'effetto, che avessi appena letto, in un articolo interno, qualche esempio illustrativo di tale nuovo linguaggio, laddove chi è il capo indiscusso e indiscutibile di tali " movimenti", cioè a dire il "Senatur", così si profondeva, esimiamente, nel definire, per chi è come Lui sagace, quali dei maiali gli eventuali adepti al Pds " La quercia è una pianta che cresce lentamente e produce bacche. E sappiamo chi si nutre di bacche"; il medesimo che nella materia vile eppure si compiace di rivoltolare le sue parole, assai retroavanguardisticamente, a ben ricordare, se vi definiva  " merdaio, rimbambiti, arteriosclerotici e fascisti" ogni sorta d'avversario",- precisa l'edizione di "Repubblica", di martedì 19, che ha qualificato come "stronzo" Enzo Biagi,e che "merdaio" è una volgarità del nostro ormai scontata-, e del quale pur si leggeva che si scalmanava a che "non gli rompano le balle", ostentandone "coram populi" tutta la pienezza della lombarda potenza seminale, nonchè la vigoria del nerbo, al nobile gesto volto al governo centrale, tra braccio ed avambraccio, dell'ombrello cui in pubblico è ben avvezzo, per spronare così nientemeno che alla rivolta fiscale i tanti che già possono permetterselo.

"Creano un campo nuovo di solidarietà dotato di un entusiasmo e di una fede che gli altri hanno già perso da tempo" scrive " soprattutto" dei nostri leghisti quell'opinionista emerito.

In che solidarizzino " quale "potenza rivoluzionaria" si è or visto. Quale ne sia l'alto monito, che ne "sprigiona un'attività instancabile, febbrile", lo si è se ben udito, al recente congresso, echeggiare al grido altissimo"La lega ce l'ha duro".

O, gran potenza balistica del Senatur e dei suoi!

Certo d'avere comunque già ben appercepito, dal suo primo apparire, l'orrore di chi è nemico esistenziale di ogni sentire e vivere  non solo migliore  

                           Odorico Bergamaschi

            insegnante presso l'Itis "E. Fermi" di Mantova.

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Ad ulteriore risposta

 

Egregio direttore,

se il mio ex-allievo Genitrini Cristini Alessandro avesse pazientato nell'inoltrarle gli addebiti che ha mosso all'esprimermi da me assunto in risposta al linguaggio, ed ai modi scurrili, non già di alcuni esponenti, ma di chi è capo indiscusso e indiscutibile della "Lega Lombarda-Nord Italia",

avrebbe trovato una larga giustificazione anticipata di quelle mie pecche nell'"Errata Corrige" che figurava stampata proprio  sulla pagina accanto a quella che ne ospitava l' intervento, e che eppure Le ho inviato prontamente, ben presagendo come i vari refusi si prestassero a contestazioni scarsamente disponibili ad entrare nel merito di quanto adducevo.

Per quanto comunque concerne le espressioni in questione, sono ben altre, forse, che un lessico desueto, le gramezze che vi figurano,  direi un ripugnante disguido morfosintattico innanzitutto, poiché " si incorre" "in", non già "su" "una magnificazione corriva", per un dissesto, di cui solo un refuso è responsabile, che  viene a a sconnettere il prefisso del verbo e la preposizione che vi è al seguito.

E che i refusi non siano un mio alibi gratuito, come accade per le smentite e controsmentite  nel giro di neanche qualche giorno del Senatur, ne fanno fede le copie della missiva che è in mio, suo possesso, e dei miei allievi di 2C.

Quanto al secondo prelievo da parte del mio ex-allievo di un mio passo astruso, debbo rampognarlo che non ne rispetta affatto la punteggiatura, che nell'originale vi isola " a infracidarne l'effetto" come un inciso; il che non può più di tanto sorprendermi, dato che le ascendenze metrico ritmiche- non che i modi mentali- del giovane Cristini, come di gran parte delle verdi leve leghiste, sono più jovanottiane, che musical-colte, sullo sfondo ancestrale di più remote origini paninaresche, nei nostri giovani nordisti amplificate da curve di stadio razzisticheggianti.

Ciò spiega, altresì, quale fattore che eppure è solo concomitante, ben più pesando le nefandezze persistenti di chi ci amministra e governa, come i giovani "lumbard" siano a tal punto succubi, nella loro sfrontatezza nordista, al richiamo di quel loro grosso Forestaro, il quale, ahimé, è ben più che comprensibile, direi endoviscerale, più ancora che mentale, tanto sa fiutare bene nel sordido.( Il che è invero una sua convenienza politica.)

Dispiace piuttosto che il mio ex- allievo, come la maggior parte di chi con lui consente,  assuma la comprensibilità facile e immediata di un discorso, qualunque ne sia il contenuto, quale esclusivo criterio del suo valore, non già temo, per la stessa passione razionale di un René Descartes per le idee chiare e distinte,  ma per la convalida che può offrire, nelle sue semplificazioni, alle paure ed ai gusti e disgusti dei peggiori istinti dell'animalità insocievole, incuranti o troppo sprovvidi per chiedersi, i floridi, se le parole del loro capo esprimano una effettiva intelligenza delle cose, e se del male che denunciano costituiscano una diagnosi efficace, (effettivamente,) o non piuttosto una degenerazione ulteriore,  se producano un effettivo argine le nuove frontiere interne, o non già una canalizzazione più nascosta e legale del malaffare, e quali umori mai provochino o disgorghino concioni e slogan, e così se del guasto siano il governo risolutivo o una ventilazione esplosiva.

Eppure, Egregio direttore, tanto riconosco le mie ragioni come soccombenti, e tale è il mio spirito di tolleranza  di "ogni analfabetismo di ritorno", che non sarei reintervenuto ulteriormente, se tale puntualizzazione in merito non mi desse l'occasione di precisare  che appunto la mia forma espressiva, così manieristicamente intorta, attesta il retaggio autenticamente lombardo dellla mia ripulsa della Lega,

in ciò per l'asppunto che è un'intima verità di stile, ossia come il mio lessico "non sia dei più comuni", proprio perché scrivendo io rispondo all'appello di una generosa tradizione lombarda, , come cioè, pur nel mio attestarmi ai più bassi ripiani, vi sia parlato dallo stesso discorrere che ( sia nel flusso voce ulteriore della discorsività )  che da un Manzoni e un Gadda, per un Dossi, discende fino a Brera per risalire poi a Manganelli, ossia come io non possa non essere irretito in quell'espressionismo, che con il realismo, é una delle declinazioni della variante "lombarda" della nostra cultura, secondo una sua alta vocazione, che è non già localistico- separastista, ma come attestano i dialetti e gli usi e le costumanze nostrane, e secondo la definizione impareggiabile del genio critico di Roberto Longhi, "continentale", ossia di  intermediazione e mescidanza tra civiltà e culture nordiche e mediterranee, di classicismi e goticismi,  e dunque, nel realismo critico e analitico, di pietas e di solidarietà cordiale.  

Sperando, in tal modo, di avere lasciato intendere come se per una terza volta le ho scritto, sia non già per un accesso diinterventismo, ma per rendere piena testimonianza di come e quanto la Lega per me costuisca l'affronto di una provocazione offensiva della mia identità personale e culturale,                          con gratitudine La saluta

                     Odorico Bergamaschi            

          insegnante presso l'Itis di Mantova.

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Lettera alla Gazzetta sulle esternazioni del Presidente

 

Egregio direttore,

se in quanto insegnante di Lettere liberale, e di sinistra, della Repubblica italiana di cui sta agonizzando la prima forma istuzionale , mi è lecito solo pensare e supporre che il Presidente della Nostra Repubblica da oltre un anno seguiti ad attentare alla nostra Costituzione, mi è invece più che consentito, io credo, metterlo in stato di accusa se ciò che attacca è la lingua italiana.

E in merito, se della Sua Logorrea, senza ritenzione e ritegno, ha dignità linguistica, e solo linguistica, sia beninteso, il conio del termine "comunisteggiamento"- sul calco di quello di fiancheggiamento , da Lui tributato a chi è di Lui ben maggiore per altezza di ingegno, ossia al filosofo della politica Norberto Bobbio, mi sembra invece un palese attacco ad ogni ordinamento logico-linguistico l'uso del termine "vegetariano" per chi, come l'onorevole Napolitano, in quanto ai suoi occhi è reo di pretenderne le dimissioni in luogo della messa in stato di accusa o della solidarietà fiduciaria, è stato pertanto sprezzato dall'Uomo del Colle come nè carne nè pesce, e  perciò qualificato come "vegetariano", invece che un ente vegetale o un minerale a furor di logica.

Semprechenonsiaverochè il nostro Presidente, come già Fuerbach e il protagonista principale de "Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante di sua moglie” di  Peter Greenaway, non supponga che "un uomo è ciò che mangia", al punto tale, in un illogico portento, che " un uomo che mangia diventi ciò in cui si è consustanziato, e solo per tale transizione un vegetale/vegetariano.

E del resto se Colui del quale si parla, con squisita cultura democristiana, ( quale trasudava nelle stesse esternazioni del Presidente della Federcalcio, all'epoca dei Mundials, sulle probità genitali, dei suoi cannonnieri siculi (  medesima è la fedina politica), già ha potuto sostenere di fronte ad un'emerita Arma, che a un italiano tre strade si presentano per fare fortuna: lavorare, sposare una moglie ricca o rubare, sempre rubare, ora tale acuzie di una bilogica simmetrica, quale detta l'inconscio

proditorio, non disdice di certo a Chi così riveste la suprema carica istituzionale.

Ora  non è per tracimazione professorale, che sono venuto contrassegnando di un vivissimo blù l'esternazione ennesima di Colui del quale qui parlo.

E' che un uomo è il proprio stile, e se io ricerco quale sia lo stile dell'Uomo del Colle, che cosa dia coesistenza alle parole delle sue denunce e autodenunce, a ritorsioni implacabili e facezie goliardiche, non lo rinvengo di certo nello status e nella voce del folle di Dio, che essendo  irresponsabile perché è spoglio di ogni potere, infine ha la lucidità di sguardo, e la purezza di cuore, per denunciare tutto e di tutto, bensì è l'ircocervo, ripugnante, di chi pretende d' essere, nel Castello che frana, il Principe che succede a se stesso e il proprio ilare buffone che fa strame intorno; mordace, alla bisogna, nei modi del fool irresponsabile di ogni offesa che reca, contro singoli ministri, parlamentari e magistrati, vestendo finanche la giubba postsessantottarda, già ravvisata da altri, di un qualsiasi Gualtier Maldè fuori corso, allorché irride al "casino" dei giudici ed intima loro il "silenzio e ciccia", purtuttavia, per tramutarsi all'istante nei panni del Duca inattacabile, implacabile, se la parte lesa reagisce, o leva la voce contro onorevoli e magistrati che siano della natura politica dell'onorevole Craxi o del magistrato Carnevale, l'Esternatore dilatando le Voci, ed i Silenzi, del Gran Forestaro a causa del quale, più che di ogni altro, il Parlamento e il Governo sono il Palazzo dei veti incrociati, come già del magistrato, che più di ogni altro, ha annientato sentenze contro camorristi e mafiosi...

Proprio nel mentre il Medesimo, dal Colle, delegittima la Magistratura e il Parlamento imputati...

E mi chiedo, in conclusione, se non si riveli per l'appunto l'impeachement una sciocchezza, sì, un atto sciocco ed avventato, come dice il Coro, perché come altrimenti è possibile, mi chiedo, nel Bel Paese del marasma delle Leghe e dell'impunità di ogni criminalità che sia organizzata, della servitù fiscale del lavoro dipendente, e del prestigio che gode chi più è ignorante e senza fisime e scrupoli, e garantendola a colpi di piccone contro Leoluca Orlando e Achille Occhetto, e già ai bei tempi contro La Malfa, Felice Casson e Michele Coiro, contro Norberto Bobbio e Leopoldo Elia, rappresentare così degnamente l'unità nazionale del paese.

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  Lettera a Claudio Magris

Caro Magris,

 

con la riscrittura - auff!  della prima parte di Singolo e solo, - vi ho tolto certe manieratezze iniziatiche alla casalinghitudine della materia, inserito un capitolo di raccordo intertestuale con le mie "prose del borgo", zittito in altri inserti un miserabilismo sospetto nelle sue querimonie -, spero di non sconfortarLa, quale mio Lettore, se Le invio per le festività pasquali quanto mi avanza della mia produzione appunto " del borgo": un racconto di commiato esilmente didascalico, ahimè, dal Trittico precedente che le ho trasmesso - La festa nuziale ( sic!!), La fiera di paese, Il giardino ( dei tre racconti suddetti a tutti gli effetti il settimino) -, evitandoLe solo all'ultima ora, con la revoca dell' invio de" La perdita", una mia fantasia che temo pecchi alquanto di letterarietà, e il cui spirito solo nella ristesura terminale ha assunto la sua vera  e propria figura.

Ho invece aggiunto perchè nella sua parte centrale può riuscirLe "avvincente"- e so solo io quanto vorrei esserlo come autore!- una sezione del mio diario di viaggio nello Yemen,-   ed infine una recente poesia ricorsiva .

E con gli auspici che le rivolgo di un anno a lei migliore di quanto non le sia stato il 1992, questo è quanto ho da dirLe, in questi patrii giorni di una salutare liberazione da quanta inenarrabile turpitudinech’è non solo politica.  

 

Sperando che non La infastidisca troppo anche in questo suo ricorso la mia pesantezza Saturnina, in particolare la mia mania  di impeccabilità che mi ammaniera e mi isterilisce tanto, e che possa piuttosto allietarla in certe pagine il Puer che vi sopravvive superstite, nel rinnovarLe infine l'invito anche solo a poche righe salutari di commento critico,in fraternità di spirito e di sensi La Saluta

( ahimè ! da Mantova così bella e così bruttata dal sordidume Leghistico)( ho autentiche lacrime n/el dirlo)  

                           

 

Mantova, li  aprile 1993                    Odorico Bergamaschi

                            ( Viale Vaschi, 6   Mantova)   

 

 

 

 

Lettera alla Gazzetta sulla lunghezza di una cannella

 

Egregio direttore,

in un articolo che è apparso con il più grande rilievo in prima pagina sull'Edizione di Lunedì 9 settembre 91 del suo giornale,

il signor Romano T. , rispondendo alle domande dell'intervistatore, che lo celebra tanto( l'illustra tanto), su come gestisce il suo rinomato locale "l'Ambasciata" di Q.*, forse nelle parole non è stato così misurato e accorto come lo è in cucina, o non è stato ben attento a che cosa chi l'intervistava gli metteva in bocca, quando parlando della collaborazione in cucina  della sua vecchia zia, le attribuisce, o le lascia attribuire, la capacità di tirare nientedimeno che uno sfoglio di venti uova con una sola cannella.

Ora non può che farmi piacere che le più illustri autorità e celebrità, di cui non discuto certo il merito, la tonsura o l'impostura, siano approdate ed abbiano mangiato con tanta soddisfazione nel locale del Signor Romano, tanto più che sono una cuoca e casalinga che gli è quasi compaesana; ma non mi si trasformi la realtà in leggenda, non mi si inventi ciò che ha dell' incredibile.

Ora io voglio che la sua vecchia zia l'abbia larga, l'apertura delle braccia, ora io voglio che sappia bene manovrarla, la cannella, e che sappia ben tirarlo, l'impasto in lungo e in largo; ma se sto ferma alla mia modesta esperienza con l'arnese, con una cannella che sia  media, di circa un metro e venti, e data la mia apertura, delle braccia, di un metro e quaranta circa circorum, lo si tira, l'impasto, di sette, dieci uova al massimo, per volta, con che(e a) gran fatica, ed ottenendone una sfoglia per niente sottile e ben seguente.

Occorre dunque immaginare che la vecchia zia del Signor Romano,

facendo pressione su tutta la superficie morbida, debba menare una cannella lunga tre metri, o poco meno, per farlo venire ben liscio, tanto impasto, a meno che all/a vecchia zia, del Signor Romano, non si allarghi l'apertura delle braccia intanto che lo tira, l'impasto, o che sappia manovrarla, la cannella, con una tecnica manovriera che io non so bene...

Ma forse, ma non credo, non ci si riferiva che a un impasto che fa la vecchia zia, sì di venti uova per due chili di farina, in una sola volta, ma che a menarlo poi resta di due centimetri di altezza, buono giusto come gnocco fritto.

O forse, piuttosto, si voleva dire che la vecchia zia tira venti uova di sfogli, in più tornate, anziché uno sfoglio di venti uova in una sola volta.

Ma in entrambi i casi allora la cosa è normalissima, e ne risulta che la vecchia zia, del Signor Romano, ogni giorno, che so, fa i suoi bravi  quattro impasti di cinque uova per volta.

La sottoscritta, modestissima, arriva spessi (più) giorni, per il ristorante per il quale lavora come cuoca, a impastarne trenta, e più di uova, in cinque  o sei sfogli, sia beninteso.

Concludendo, se il signor Romano voleva dire che la sua vecchia zia con la sua brava cannella "tira uno sfoglio di venti uova", la cosa risulta impossibile, e lui risulta essere chi (quello che) in milanese si dice un "bauscione" ( uno "sbandalavac" in mantovano); se invece voleva dire che tira "venti uova di sfoglio", ma in più impasti, allora la cosa è più che normale, e Lui è ancora quello che in milanese si dice un bauscione( e in mantovano ancora uno "sbandalavac"); perché in ogni caso si vuol fare parere sensazionale, fenomenale (paranormale), ciò che alla sua vecchia zia, che io non conosco, ma che qui saluto, riesce di normale con la sua normale cannella. 

                                 Cordialmente La saluta

 

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