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Lettera a Claudio Magris |
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Al Corriere Egregio direttore, scorrendo stancamente l'edizione di lunedì( 18
febbraio '91) del suo giornale, mi è capitato, nel leggere
l'articoletto in prima pagina dell'opinionista che vi ha rubrica fissa,
di incorrervi nella magnificazione corriva del "linguaggio
nuovo, paradossale, sconcertante", di movimenti collettivi
che "appaiono improvvisi, inattesi" "sulla scena della
storia", "soprattutto quelli nuovi, sotto forma di
Leghe". Peccato, a infracidarne l'effetto, che avessi appena letto,
in un articolo interno, qualche esempio illustrativo di tale nuovo
linguaggio, laddove, in un comizio, chi è il capo indiscusso e
indiscutibile di tali " movimenti", cioè a dire il "Senatur",
così risultava essersi profuso nel definire, per chi è come Lui
sagace, quali dei maiali gli eventuali adepti al Pds: "La quercia
è una pianta che cresce lentamente e produce bacche. E sappiamo chi si
nutre di bacche". Eppure il medesimo, stando ai referti,
nella materia vile è parso compiacersi di rivoltolare le sue
parole in tale concione, e assai retroavanguardisticamente, a ben
ricordare, se vi definiva" merdaio, rimbambiti, arteriosclerotici e
fascisti" ogni sorta d'avversario,- precisa l'edizione di
"Repubblica", di martedì 19, che Egli ha qualificato come "stronzo"
Enzo Biagi, e che "merdaio" è una volgarità del nostro ormai
scontata-, e se pur si leggeva che si è scalmanato a più riprese
a che "non gli rompano le balle", ostentandone "coram
populo" tutta la pienezza della lombarda potenza seminale, nonchè
la vigoria del nerbo, al nobile gesto volto al governo centrale, tra
braccio ed avambraccio, dell'ombrello cui in pubblico è ben avvezzo,
per spronare così nientemeno che alla rivolta fiscale i tanti che già
possono permetterselo. "Creano un campo nuovo di solidarietà dotato
di un entusiasmo e di una fede che gli altri hanno già perso da
tempo" scrive "soprattutto" dei nostri leghisti
quell'opinionista emerito. In che solidarizzino
quale "potenza rivoluzionaria" si è or visto. Quale ne
sia l'alto monito, che ne "sprigiona un'attività instancabile,
febbrile", lo si è se ben udito, al recente congresso, echeggiare
al grido altissimo "La lega ce l'ha duro". Oh, gran potenza balistica del Senatur e dei suoi!
Certo d'avere comunque già ben appercepito, dal
suo primo apparire, l'orrore di chi è nemico esistenziale di ogni
sentire e vivere non solo
migliore
Odorico Bergamaschi
insegnante presso l'Itis "E.
Fermi" di Mantova. Alla
Gazzetta-bis Alla
Gazzetta-bis Egregio direttore, scorrendo stancamente l'edizione di lunedì( 18
febbraio '91) del Corriere della Sera, mi è capitato, nel leggere
l'articoletto in prima pagina dell'opinionista che vi ha rubrica fissa,
di incorrervi nella magnificazione corriva del "linguaggio
nuovo, paradossale, sconcertante", di movimenti collettivi
che "appaiono improvvisi, inattesi" "sulla scena della
storia", "soprattutto quelli nuovi, sotto forma di
Leghe". Peccato, a infracidarne l'effetto, che avessi appena letto,
in un articolo interno, qualche esempio illustrativo di tale nuovo
linguaggio, laddove, in un comizio, chi è il capo indiscusso e
indiscutibile di tali " movimenti", cioè a dire il "Senatur",
così risultava essersi profuso nel definire, per chi è come Lui
sagace, quali dei maiali gli eventuali adepti al Pds: "La quercia
è una pianta che cresce lentamente e produce bacche. E sappiamo chi si
nutre di bacche". Eppure il medesimo, stando ai referti,
nella materia vile è parso compiacersi di rivoltolare le sue
parole in tale concione, e assai retroavanguardisticamente, a ben
ricordare, se vi definiva" merdaio, rimbambiti, arteriosclerotici e
fascisti" ogni sorta d'avversario,- precisa l'edizione di
"Repubblica", di martedì 19, che ha qualificato come "stronzo"
Enzo Biagi, e che "merdaio" è una volgarità del nostro ormai
scontata-, e se pur si leggeva che si è scalmanato a più riprese
a che "non gli rompano le balle", ostentandone "coram
populo" tutta la pienezza della lombarda potenza seminale, nonchè
la vigoria del nerbo, al nobile gesto volto al governo centrale, tra
braccio ed avambraccio, dell'ombrello cui in pubblico è ben avvezzo,
per spronare così nientemeno che alla rivolta fiscale i tanti che già
possono permetterselo. "Creano un campo nuovo di solidarietà dotato
di un entusiasmo e di una fede che gli altri hanno già perso da
tempo" scrive "soprattutto" dei nostri leghisti
quell'opinionista emerito. In che solidarizzino
quale "potenza rivoluzionaria" si è or visto. Quale ne
sia l'alto monito, che ne "sprigiona un'attività instancabile,
febbrile", lo si è se ben udito, al recente congresso, echeggiare
al grido altissimo "La lega ce l'ha duro". Oh, gran potenza balistica del Senatur e dei suoi!
Certo d'avere comunque già ben appercepito, dal
suo primo apparire, l'orrore di chi è nemico esistenziale di ogni
sentire e vivere non solo
migliore
Odorico Bergamaschi
insegnante presso l'Itis "E.
Fermi" di Mantova. Errata
corrige Egregio direttore Dei vari refusi della trascrizione tipografica
della mia lettera, da Lei cosi cortesemente accolta, sulle recenti
performances linguistiche del Senatur dei lumbard, scusabilissimi, é
vero, per la involuzione sintattica torta e ritorta della sua forma
espressiva,- essendo stato tardigrado nell'emendarmi in una successiva
redazione-, soltanto mi
preme di segnalare, a maggiore intelligenza delle smanie gestuali
del Nostro, che il nobile gesto che gli è addebitato in
pubblico, é appunto quello, come avevo ben scritto, che dicesi
dell'"ombrello", e non già dell'"ombelico", come
ben sanno gli analisti delle manifestazioni degli "ultras"
di varia "bassa Lega".
Cortesemente ringraziandola
Odorico
Bergamaschi
insegnante presso l'Itis E.Fermi di
Mantova
Nè posso tacere, per quanto di questi tempi
facciano audience volgarità e sproloqui - e dunque politicamente
convengano e arridano a una ancor maggiore fortuna del Nostro- che, come
mi hanno fatto osservare i miei allievi in classe, non è vero che le
querce sortiscano carnose bacche, come vorrebbe ancora il Nostro, male
informato almeno in ciò, bensì ghiande, e assai dure, queste si. Tant'è vero, che "ghiandisti",
spregiativamente, eppure correttamente benchè tutt'altro che di matrice
agreste, i neocomunisti definiscono i neomilitanti del Pds
Nuovamente ringraziandola Al direttore
de " La Gazzetta di Mantova" Per La
Gazzetta Egregio direttore, scorrendo stancamente l'edizione di lunedì( 18
febbraio '91) del Corriere della Sera, mi è capitato, nel leggere
l'articoletto in prima pagina dell'opinionista che vi ha rubrica fissa,
di incorrervi nella magnificazione corriva del "linguaggio
nuovo, paradossale, sconcertante", di movimenti collettivi
che "appaiono improvvisi, inattesi" "sulla scena della
storia", "soprattutto quelli nuovi, sotto forma di
Leghe". Peccato, a infracidarne l'effetto, che avessi appena letto,
in un articolo interno, qualche esempio illustrativo di tale nuovo
linguaggio, laddove chi è il capo indiscusso e indiscutibile di tali
" movimenti", cioè a dire il "Senatur", così si
profondeva, esimiamente, nel definire, per chi è come Lui sagace, quali
dei maiali gli eventuali adepti al Pds " La quercia è una pianta
che cresce lentamente e produce bacche. E sappiamo chi si nutre di
bacche"; il medesimo che nella materia vile eppure si compiace di
rivoltolare le sue parole, assai retroavanguardisticamente, a ben
ricordare, se vi definiva "
merdaio, rimbambiti, arteriosclerotici e fascisti" ogni sorta
d'avversario",- precisa l'edizione di "Repubblica", di
martedì 19, che ha qualificato come "stronzo" Enzo Biagi,e
che "merdaio" è una volgarità del nostro ormai scontata-, e
del quale pur si leggeva che si scalmanava a che "non gli rompano
le balle", ostentandone "coram populi" tutta la pienezza
della lombarda potenza seminale, nonchè la vigoria del nerbo, al nobile
gesto volto al governo centrale, tra braccio ed avambraccio,
dell'ombrello cui in pubblico è ben avvezzo, per spronare così
nientemeno che alla rivolta fiscale i tanti che già possono
permetterselo. "Creano un campo nuovo di solidarietà dotato
di un entusiasmo e di una fede che gli altri hanno già perso da
tempo" scrive " soprattutto" dei nostri leghisti
quell'opinionista emerito. In che solidarizzino " quale "potenza
rivoluzionaria" si è or visto. Quale ne sia l'alto monito, che ne
"sprigiona un'attività instancabile, febbrile", lo si è se
ben udito, al recente congresso, echeggiare al grido altissimo"La
lega ce l'ha duro". O, gran potenza balistica del Senatur e dei suoi! Certo d'avere comunque già ben appercepito, dal
suo primo apparire, l'orrore di chi è nemico esistenziale di ogni
sentire e vivere non solo
migliore
Odorico Bergamaschi
insegnante presso l'Itis "E.
Fermi" di Mantova. Ad ulteriore
risposta Egregio direttore, se il mio ex-allievo Genitrini Cristini Alessandro
avesse pazientato nell'inoltrarle gli addebiti che ha mosso
all'esprimermi da me assunto in risposta al linguaggio, ed ai modi
scurrili, non già di alcuni esponenti, ma di chi è capo indiscusso e
indiscutibile della "Lega Lombarda-Nord Italia", avrebbe trovato una larga giustificazione
anticipata di quelle mie pecche nell'"Errata Corrige" che
figurava stampata proprio sulla
pagina accanto a quella che ne ospitava l' intervento, e che eppure Le
ho inviato prontamente, ben presagendo come i vari refusi si prestassero
a contestazioni scarsamente disponibili ad entrare nel merito di quanto
adducevo. Per quanto comunque concerne le espressioni in
questione, sono ben altre, forse, che un lessico desueto, le gramezze
che vi figurano, direi un
ripugnante disguido morfosintattico innanzitutto, poiché " si
incorre" "in", non già "su" "una
magnificazione corriva", per un dissesto, di cui solo un refuso è
responsabile, che viene a a
sconnettere il prefisso del verbo e la preposizione che vi è al
seguito. E che i refusi non siano un mio alibi gratuito,
come accade per le smentite e controsmentite
nel giro di neanche qualche giorno del Senatur, ne fanno fede le
copie della missiva che è in mio, suo possesso, e dei miei allievi di
2C. Quanto al secondo prelievo da parte del mio
ex-allievo di un mio passo astruso, debbo rampognarlo che non ne
rispetta affatto la punteggiatura, che nell'originale vi isola " a
infracidarne l'effetto" come un inciso; il che non può più di
tanto sorprendermi, dato che le ascendenze metrico ritmiche- non che i
modi mentali- del giovane Cristini, come di gran parte delle verdi leve
leghiste, sono più jovanottiane, che musical-colte, sullo sfondo
ancestrale di più remote origini paninaresche, nei nostri giovani
nordisti amplificate da curve di stadio razzisticheggianti. Ciò spiega, altresì, quale fattore che eppure è
solo concomitante, ben più pesando le nefandezze persistenti di chi ci
amministra e governa, come i giovani "lumbard" siano a tal
punto succubi, nella loro sfrontatezza nordista, al richiamo di quel
loro grosso Forestaro, il quale, ahimé, è ben più che comprensibile,
direi endoviscerale, più ancora che mentale, tanto sa fiutare bene nel
sordido.( Il che è invero una sua convenienza politica.) Dispiace piuttosto che il mio ex- allievo, come la
maggior parte di chi con lui consente,
assuma la comprensibilità facile e immediata di un discorso,
qualunque ne sia il contenuto, quale esclusivo criterio del suo valore,
non già temo, per la stessa passione razionale di un René Descartes
per le idee chiare e distinte, ma
per la convalida che può offrire, nelle sue semplificazioni, alle paure
ed ai gusti e disgusti dei peggiori istinti dell'animalità insocievole,
incuranti o troppo sprovvidi per chiedersi, i floridi, se le parole del
loro capo esprimano una effettiva intelligenza delle cose, e se del male
che denunciano costituiscano una diagnosi efficace, (effettivamente,) o
non piuttosto una degenerazione ulteriore,
se producano un effettivo argine le nuove frontiere interne, o
non già una canalizzazione più nascosta e legale del malaffare, e
quali umori mai provochino o disgorghino concioni e slogan, e così se
del guasto siano il governo risolutivo o una ventilazione esplosiva. Eppure, Egregio direttore, tanto riconosco le mie
ragioni come soccombenti, e tale è il mio spirito di tolleranza di "ogni analfabetismo di ritorno", che non sarei
reintervenuto ulteriormente, se tale puntualizzazione in merito non mi
desse l'occasione di precisare che
appunto la mia forma espressiva, così manieristicamente intorta,
attesta il retaggio autenticamente lombardo dellla mia ripulsa della
Lega, in ciò per l'asppunto che è un'intima verità di
stile, ossia come il mio lessico "non sia dei più comuni",
proprio perché scrivendo io rispondo all'appello di una generosa
tradizione lombarda, , come cioè, pur nel mio attestarmi ai più bassi
ripiani, vi sia parlato dallo stesso discorrere che ( sia nel flusso
voce ulteriore della discorsività ) che da un Manzoni e un Gadda, per un Dossi, discende fino a
Brera per risalire poi a Manganelli, ossia come io non possa non essere
irretito in quell'espressionismo, che con il realismo, é una delle
declinazioni della variante "lombarda" della nostra cultura,
secondo una sua alta vocazione, che è non già localistico-
separastista, ma come attestano i dialetti e gli usi e le costumanze
nostrane, e secondo la definizione impareggiabile del genio critico di
Roberto Longhi, "continentale", ossia di
intermediazione e mescidanza tra civiltà e culture nordiche e
mediterranee, di classicismi e goticismi,
e dunque, nel realismo critico e analitico, di pietas e di
solidarietà cordiale. Sperando, in tal modo, di avere lasciato intendere
come se per una terza volta le ho scritto, sia non già per un accesso
diinterventismo, ma per rendere piena testimonianza di come e quanto la
Lega per me costuisca l'affronto di una provocazione offensiva della mia
identità personale e culturale,
con gratitudine La saluta
Odorico Bergamaschi
insegnante presso l'Itis di Mantova.
Lettera alla
Gazzetta sulle esternazioni del Presidente Egregio
direttore, se in quanto
insegnante di Lettere liberale, e di sinistra, della Repubblica italiana
di cui sta agonizzando la prima forma istuzionale , mi è lecito solo
pensare e supporre che il Presidente della Nostra Repubblica da oltre un
anno seguiti ad attentare alla nostra Costituzione, mi è invece più che
consentito, io credo, metterlo in stato di accusa se ciò che attacca è
la lingua italiana. E in merito,
se della Sua Logorrea, senza ritenzione e ritegno, ha dignità
linguistica, e solo linguistica, sia beninteso, il conio del termine
"comunisteggiamento"- sul calco di quello di fiancheggiamento ,
da Lui tributato a chi è di Lui ben maggiore per altezza di ingegno,
ossia al filosofo della politica Norberto Bobbio, mi sembra invece un
palese attacco ad ogni ordinamento logico-linguistico l'uso del termine
"vegetariano" per chi, come l'onorevole Napolitano, in quanto ai
suoi occhi è reo di pretenderne le dimissioni in luogo della messa in
stato di accusa o della solidarietà fiduciaria, è stato pertanto
sprezzato dall'Uomo del Colle come nè carne nè pesce, e
perciò qualificato come "vegetariano", invece che un
ente vegetale o un minerale a furor di logica. Semprechenonsiaverochè
il nostro Presidente, come già Fuerbach e il protagonista principale de
"Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante di sua moglie” di
Peter Greenaway, non supponga che "un uomo è ciò che mangia",
al punto tale, in un illogico portento, che " un uomo che mangia
diventi ciò in cui si è consustanziato, e solo per tale transizione un
vegetale/vegetariano. E del resto
se Colui del quale si parla, con squisita cultura democristiana, ( quale
trasudava nelle stesse esternazioni del Presidente della Federcalcio,
all'epoca dei Mundials, sulle probità genitali, dei suoi cannonnieri
siculi ( medesima è la fedina politica), già ha potuto sostenere di
fronte ad un'emerita Arma, che a un italiano tre strade si presentano per
fare fortuna: lavorare, sposare una moglie ricca o rubare, sempre rubare,
ora tale acuzie di una bilogica simmetrica, quale detta l'inconscio proditorio,
non disdice di certo a Chi così riveste la suprema carica istituzionale. Ora non è per tracimazione professorale, che sono venuto
contrassegnando di un vivissimo blù l'esternazione ennesima di Colui del quale qui parlo. E' che un uomo è il proprio stile, e se io ricerco quale sia lo stile
dell'Uomo del Colle, che cosa dia coesistenza alle parole delle sue
denunce e autodenunce, a ritorsioni implacabili e facezie goliardiche, non
lo rinvengo di certo nello status e nella voce del folle di Dio, che essendo irresponsabile
perché è spoglio di ogni potere, infine ha la lucidità di sguardo, e la
purezza di cuore, per denunciare tutto e di tutto, bensì è l'ircocervo,
ripugnante, di chi pretende d' essere, nel Castello che frana, il Principe
che succede a se stesso e il proprio ilare buffone che fa strame intorno;
mordace, alla bisogna, nei modi del fool irresponsabile di ogni offesa che
reca, contro singoli ministri, parlamentari e magistrati, vestendo
finanche la giubba postsessantottarda, già ravvisata da altri, di un
qualsiasi Gualtier Maldè fuori corso, allorché irride al
"casino" dei giudici ed intima loro il "silenzio e
ciccia", purtuttavia, per tramutarsi all'istante nei panni del Duca
inattacabile, implacabile, se la parte lesa reagisce, Proprio nel
mentre il Medesimo, dal Colle, delegittima la Magistratura e il Parlamento
imputati... E mi chiedo,
in conclusione, se non si riveli per l'appunto l'impeachement una
sciocchezza, sì, un atto sciocco ed avventato, come dice il Coro, perché
come altrimenti è possibile, mi chiedo, nel Bel Paese del marasma delle
Leghe e dell'impunità di ogni criminalità che sia organizzata, della
servitù fiscale del lavoro dipendente, e del prestigio che gode chi più
è ignorante e senza fisime e scrupoli, e garantendola a colpi di piccone Caro
Magris, con
la riscrittura - auff! della
prima parte di Singolo e solo, - vi ho tolto certe manieratezze
iniziatiche alla casalinghitudine della materia, inserito un capitolo di
raccordo intertestuale con le mie "prose del borgo", zittito in
altri inserti un miserabilismo sospetto nelle sue querimonie -, spero di
non sconfortarLa, quale mio Lettore, se Le invio per le festività
pasquali quanto mi avanza della mia produzione appunto " del
borgo": un racconto di commiato esilmente didascalico, ahimè, dal
Trittico precedente che le ho trasmesso - La festa nuziale ( sic!!), La
fiera di paese, Il giardino ( dei tre racconti suddetti a tutti gli
effetti il settimino) -, evitandoLe solo all'ultima ora, con la revoca
dell' invio de" La perdita", una mia fantasia che temo pecchi
alquanto di letterarietà, e il cui spirito solo nella ristesura terminale
ha assunto la sua vera e propria figura. Ho
invece aggiunto perchè nella sua parte centrale può riuscirLe
"avvincente"- e so solo io quanto vorrei esserlo come autore!-
una sezione del mio diario di viaggio nello Yemen,-
ed infine una recente poesia ricorsiva . E
con gli auspici che le rivolgo di un anno a lei migliore di quanto non le
sia stato il 1992, questo è quanto ho da dirLe, in questi patrii giorni
di una salutare liberazione da quanta inenarrabile turpitudinech’è non
solo politica. Sperando
che non La infastidisca troppo anche in questo suo ricorso la mia
pesantezza Saturnina, in particolare la mia mania
di impeccabilità che mi ammaniera e mi isterilisce tanto, e che
possa piuttosto allietarla in certe pagine il Puer che vi sopravvive
superstite, nel rinnovarLe infine l'invito anche solo a poche righe
salutari di commento critico,in fraternità di spirito e di sensi La
Saluta (
ahimè ! da Mantova così bella e così bruttata dal sordidume Leghistico)(
ho autentiche lacrime n/el dirlo)
Mantova,
li aprile 1993
Odorico Bergamaschi
(
Viale Vaschi, 6 Mantova)
Lettera alla
Gazzetta sulla lunghezza di una cannella Egregio
direttore, in un
articolo che è apparso con il più grande rilievo in prima pagina
sull'Edizione di Lunedì 9 settembre 91 del suo giornale, il signor
Romano T. , rispondendo alle domande dell'intervistatore, che lo celebra
tanto( l'illustra tanto), su come gestisce il suo rinomato locale
"l'Ambasciata" di Q.*, forse nelle parole non è stato così
misurato e accorto come lo è in cucina, o non è stato ben attento a che
cosa chi l'intervistava gli metteva in bocca, quando parlando della
collaborazione in cucina della
sua vecchia zia, le attribuisce, o le lascia attribuire, la capacità di
tirare nientedimeno che uno sfoglio di venti uova con una sola cannella. Ora non può
che farmi piacere che le più illustri autorità e celebrità, di cui non
discuto certo il merito, la tonsura o l'impostura, siano approdate ed
abbiano mangiato con tanta soddisfazione nel locale del Signor Romano,
tanto più che sono una cuoca e casalinga che gli è quasi compaesana; ma
non mi si trasformi la realtà in leggenda, non mi si inventi ciò che ha
dell' incredibile. Ora io
voglio che la sua vecchia zia l'abbia larga, l'apertura delle braccia, ora
io voglio che sappia bene manovrarla, la cannella, e che sappia ben
tirarlo, l'impasto in lungo e in largo; ma se sto ferma alla mia modesta
esperienza con l'arnese, con una cannella che sia
media, di circa un metro e venti, e data la mia apertura, delle
braccia, di un metro e quaranta circa circorum, lo si tira, l'impasto, di
sette, dieci uova al massimo, per volta, con che(e a) gran fatica, ed
ottenendone una sfoglia per niente sottile e ben seguente. Occorre
dunque immaginare che la vecchia zia del Signor Romano, facendo
pressione su tutta la superficie morbida, debba menare una cannella lunga
tre metri, o poco meno, per farlo venire ben liscio, tanto impasto, a meno
che all/a vecchia zia, del Signor Romano, non si allarghi l'apertura delle
braccia intanto che lo tira, l'impasto, o che sappia manovrarla, la
cannella, con una tecnica manovriera che io non so bene... Ma forse, ma
non credo, non ci si riferiva che a un impasto che fa la vecchia zia, sì
di venti uova per due chili di farina, in una sola volta, ma che a menarlo
poi resta di due centimetri di altezza, buono giusto come gnocco fritto. O forse, piuttosto, si voleva dire che la vecchia zia tira venti uova di
sfogli, in più tornate, anziché uno sfoglio di venti uova in una sola volta. Ma in
entrambi i casi allora la cosa è normalissima, e ne risulta che la
vecchia zia, del Signor Romano, ogni giorno, che so, fa i suoi bravi
quattro impasti di cinque uova per volta. La
sottoscritta, modestissima, arriva spessi (più) giorni, per il ristorante
per il quale lavora come cuoca, a impastarne trenta, e più di uova, in
cinque o sei sfogli, sia
beninteso. Concludendo,
se il signor Romano voleva dire che la sua vecchia zia con la sua brava
cannella "tira uno sfoglio di venti uova", la cosa risulta
impossibile, e lui risulta essere chi (quello che) in milanese si dice un
"bauscione" ( uno "sbandalavac" in mantovano); se
invece voleva dire che tira "venti uova di sfoglio", ma in più
impasti, allora la cosa è più che normale, e Lui è ancora quello che in
milanese si dice un bauscione( e in mantovano ancora uno "sbandalavac");
perché in ogni caso si vuol fare parere sensazionale, fenomenale
(paranormale), ciò che alla sua vecchia zia, che io non conosco, ma che
qui saluto, riesce di normale con la sua normale cannella.
Cordialmente
La saluta
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