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In Tunisia

 

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Paul Klee Il sorgere della luna St.Germain ( Tunisi), 1915

 

 

Indeterminazione

 

E lo spettro dell'indeterminazione delle mete del viaggio, già smisurato le volte precedenti, in questi ultime settimane si è ancor più dilatato (allargato) prima di partire, protendendosi dall'Oceano Atlantico al Golfo Arabico, se a tutto ieri ero ancora indeciso tra le Isole del Capo Verde e il Medio Oriente, l'irresolutezza dilagando (aumentando) quanto più scarseggiavano le risorse e si rendevano impossibili le mete più affascinanti: lo Yemen, per me proibitivo a raggiungersi in volo aereo, e l'Iran ove non ci si può recare che in comitiva.

Così mi sono costretto a a fare ritorno nel Maghreb, lungo un itinerario divergente e riconfluente nei precedenti, che include in Tunisia i siti archeologici del Nord, e in Algeria la Grande Boucle dell'Erg Occidentale. Quando invece non è che (solo) la fiammella fatua di una velleità, intenta ad illudere la mia aspirazione a visitare ogni volta un paese più oltre, la prospettiva di discendere nell'Africa nera e animistica del Niger e del Benin.

Pertanto, mi sento tuttora così avaro, di denari e di intenti, nel dispormi a un ritorno nel Maghreb, sospintovi da una pressione tanto più incoercibile quanto usurata, che non auspico che una traversata del Sahara col minor dispendio di tempo e risorse.

E il mio solo auspicio è di ritornare in Tunisia, o nel più spregiudicato Marocco, per fare almeno del turismo sessuale con la sola remora dell'Aids.          

Le resistenze a partire sono state dunque virulente a tal punto, che atto per atto ho dovuto predisporre la partenza come un fatto compiuto, per (se intendevo) debellarle, già inoltrando all'Agenzia la richiesta a caro prezzo del visto per l'Algeria, poi vaccinandomi contro la febbre gialla com'é richiesto per l'Africa nera, migliorando ad ogni occasione l'attrezzatura d'emergenza e di pronto intervento per il viaggio, che ora comprende anche il filtro per acqua a carbone attivo.

Finché ieri, il 27 in anticipo del mese,  ho prelevato l'intero ammontare in pagamento, che è il tutto delle mie finanze,e ho contratto un debito ulteriore con la banca, acquistando i franchi francesi che occorrono per i vari cambi.

Eppure, nemmeno tali prelievi, e la più meticolosa predisposizione, sono riusciti a sedare le mie repulsioni, se alla presupposta partenza non vagheggiavo ieri sera che le amenità del rientro, (il ritorno agli stessi stressanti consumi dei supermarket, o alle programmazioni di ulteriori videoregistrazioni), o agognando quando sarà la ripresa a settembre dei sospirati patemi del campionato di calcio, nel mentre su ogni capo di abbigliamento, ancora da lavare, applicavo una "l" con didascalia a futura a memoria, inumidendomi (intenerendomi) che la mia nausea assoluta, se non già l'aspirazione alla mia dipartita (scomparsa) nel corso del viaggio, così da farla finita con una vita che non ha più senso protrarre, si intenerissero in tanta dedita cura alla loro sopravvivenza di cose.

Il delirio del disgusto, frattanto, mi contraeva l'immensità del Sahara in un minuscolo vuoto, infinitamente più piccolo  del suo formato sulla guida in ridottissima scala.

Mentre  già la fatica con cui avevo affondato il passo negli arenili del Po, arrivando sfinito come un legionario sui litorali del mio naturismo, mi erano stati una premonizione di vicissitudini terrificanti nel Sahara, ingigantite da un'angoscia che ne paventava invece infinitamente infinito ogni percorso minimo ( infinitamente infinita ogni traversata minima).

Nè l'impossibilità di trovare un condomino che si prendesse cura della mia pianta domestica, mi amareggiava al punto da sollecitarmi al distacco dal mondo che in essi così mi circonda (ripugnava).

E il paio di mutande, caduto a mio insaputa dal balcone ove le avevo stese ad asciugare, che ho poi ritrovato appeso alla porta,

ha poi lenito anche tale (l')acredine amara.

Piuttosto un potente deterrente, a non permanere oltre, è stato  il disgusto dell'inanità domestica, tra supermarket e fornelli, in cui rimanendo avrei degradato il resto dell'estate al culmine. 

Con che inesorabile rimpianto...

Consumato frattanto ogni preparativo materiale, il riordino completo e la pulizia igienica di tutto quanto partendo avrei lasciato, solo a tardissima notte, lesionisticamente, mi accordavo la predisposizione spirituale dell'eventuale viaggio,

stralciando dal bloc notes due mie deludenti poesie recenti in cui mi ricopio, estraendo quindi una sintesi di passi( di Céline) da "Viaggio al termine della notte"di Céline.

E solo al termine della notte così mi assopivo, cosicchè, quando è suonata la sveglia, mi sono riaddormentato per risvegliarmi alle cinque pressocchè in fatale ritardo, se il treno delle 5,30 costituiva la prima e l'ultima possibilità di partire in tempo per Genova, qualora (oggi) fosse salpata oggi a mezzogiorno la motonave per Tunisi, secondo uno dei suoi orari alterni di partenza.

Nonostante la repulsione viscerale, animato dello stesso spirito con il quale partii in quella nera mattina di dicembre verso il tunnel( lungo un anno) del servizio militare, come un automa mi sono indotto ciononostante ad alzarmi, a rivestirmi di mutande e maglietta e pantaloncini e calzettoni, quindi a infilare le scarpe ginniche e caricarmi lo zaino in spalle, per partire ugualmente per la stazione nel fresco mattino.

Ed è stato solo dopo avere rinchiuso l'ingresso principale del condominio, che mi sono ricordato intempestivamente di avere lasciato in cucina il sacchetto di plastica con dentro la mozzarella le uova sode e alcuni pomodori, che avevo prelevato dal frigo la sera prima per il viaggio, insieme con un tubetto di maionese.

Chissà che fetore, il loro guasto, avrebbe prodotto in un mese nell' appartamento!... Non importava, il passo era veloce (alacre), e un esile filo di chance resisteva ancora. Ma nonostante la lestezza del passo sotto il gran carico dello zaino, per cui mi compiacevo delle mie integre energie fisiche, sono arrivato( in stazione) giusto in ritardo per vedere il treno in dissolvenza sul fondo.

Non so davvero con quale disappunto. Digitavo comunque il Deltaplan, per accertare se vi erano opportunità successive.

E l'elaboratore mi ha fornito addirittura due possibilità, una delle quale in tempi strettissimi, qualora alle 6,01 avessi preso il treno per Codogno.

Mi è balenato allora in mente l'exploit (risolutivo,) perfezionistico, che mi ha deciso definitivamente: nei venticinque minuti intermedi, eppure avrei potuto fare il biglietto, ripercorrere l'arco di strada che si incurva nei pressi della stazione, il viale sino al grande piazzale, quello dell'ospedale sino a incrociare l'ulteriore dove abito e risalire in appartamento, prelevarne il cibo infestante,e ripercorrere quindi di nuovo il tutto sino ai binari del treno per Codogno, convinto chissà mai perchè che potevo farcela prima della sua partenza.

E ce l'ho fatta esaltato e stremato, tanto che un ferroviere ha dovuto soccorrermi nel sollevare lo zaino sul treno, e che la maglietta qui a Genova, nel vento marittimo, non si è ancora prosciugata del sudore espanso.

Che importa(va), che tale performance poi sia risultata irrilevante, se poi ho perso comunque la coincidenza a Pavia per Genova,  e alle ore 19, 57 sono qui ancora in attesa dell'imbarco, dopo avere trepestato in coda per quattro ore prima di ottenere il biglietto.

Lo stimolo a quella prodezza mi ha dato l' (abbrivio) avvio decisivo, anche se di questo mio viaggio, tuttora, mentre imbarcano autovetture e moto e campers(,) tra le latte e le cartacce sul molo sparse, non vedo alcun senso, od incanto, che ne riscatti la sola nauseolenza che ne sento.  

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Paul Klee, 1914, Ansicht von Kairuan

 

 

Carthago- Tuburbo Majus

 

E la natura della Tunisia, e l'archeologia, già hanno compiuto la mia trasmutazione psichica.

Tra le sparse rovine di Cartagine, nello splendore del fondale del mare, a un erompere ovunque di gerani e bougainvilles,

di fragranti oleandri e di mimose, sono pressocchè già risorto nella (dalla) mia malinconia.   

Sin dalla tarda mattinata, con dedizione attenta, ho ripercorso i vari siti dispersi sino al crepuscolo, a iniziare dal tophet delle lapidi dei primogeniti sacrificali, per concludere l'itinerario  tra le rovine delle basiliche paleocristiane.

E la rivisitazione di tali siti(- della più potente antagonista di Roma, poi "sua celeste Musa d'Africa"-) è stata un'esaltazione dell'immaginazione rammemorante,  già nella grotta gremita di steli ondulanti, al sedimentarsi dei vari cumuli di giacitura, per quante urne e urne di primogeniti tributati a Baaal, ritrovando nei porti punici ancora i resti di una calata lungo le banchine (dell'isola) di quello militare, o nell' investigare  gli isolati di case puniche sulla collina di Byrsa, le canalette di scolo  e le cisterne di raccolta dell'acqua sotto la corte centrale, e nella casa (numero) quattro, il "pavimentum punicum" di malta e frammenti di terracotta e marmo grigio, e i fori delle barre di chiusura delle porte e le ralle in cui ruotavano i cardini, così rivivendo come fossero gli spazi domestici, e le rampe di strade e le scalinate della Cartagine punica, in Byrsa più evidenti di quanto non risultassero nel quartiere di Magone.

E fra le imponenti vestigia, nelle terme di Antonino Pio, della riesistenza di Cartagine come colonia dedotta dalla sua potenza sterminatrice, quel mare così luminoso e calmo, l'ho visto balenarmi nello sguardo nemico,all'orizzonte, di chi vi aveva già temuto il profilarsi delle vele di Roma.

Ma rivisitare gli scavi di Cartagine, con l'ottimo ausilio della guida del T.C.I., non è stata di certo avventura romantica, date le difficoltà di lettura dei resti, il sovrapporsi dei cui strati ha determinato la depressione di quelli sottostanti, come è avvenuto delle successive sedimentazioni puniche sulla collina di Byrsa, dove al cimitero originario si sono sovraedificate dimore artigianali, e a queste ulteriori insediamenti abitativi, oppure (dei vari livelli) ne è accaduta l'interposizione, per cui le costruzioni antecedenti sono divenute le sostruzioni di quelle successive, come si è verificato nel quartiere di Magone, ove le dimore puniche sono divenute i sotterranei e gli scantinati di quelle romane, e ancora sulla collina di Byrsa, allorchè la romanizzazione del sito ne ha operato lo spianamento e la fondazione sui suoi resti del Foro.

Il giorno seguente mi sono quindi recato a Tuburbo Majus, dopo una notturna sauna fra il letto e la doccia, e vi ho rinvenuto di particolarmente interessante-  insieme con il consueto impianto delle città di provincia, incentrato sul Foro con il Campidoglio e la Basilica e con l'adiacente mercato- il vario configurarsi circolare (lobato) dei templi, nel loro svolgersi (svolgentisi) in emicicli intorno a una corte interna, in corrispondenza con il voltare delle conche di un abside; ed è una configurazione quale poi lo si ritrova nelle vestigie delle basiliche paleocristiane, della Damous el Karita di Cartagine, ad insigne esempio,- ove all'abside  delle nove navate, in undici campate, da cui si fa a sua volta discendere (originare) la pianta della moschea di Kairouan, intersecate da una presunta navata trasversale a sua volta conclusa da un'abside, corrisponde l'aprirsi ( lo schiudersi ) di una cappella trilobata su un'atrio semicircolare a peristilio-.

Ed oggi, prima di riaffaticarmi, mi riprometto una giornata di sole e di mare in Hammamet per riposarmi.  

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Paul Klee,  Davanti alle porte di Kairuan, 1914

  

 

 

 

Dougga

 

La medina di Hammamet l'ho ritrovata (l'altro ieri) di nuovo incantevole, nel trascolorare biancoazzurro delle sue mura nel cielo, bagnandomi presso la serena quiete del cimitero militare lungo la spiaggia dei caduti francesi.

Si è poi verificato, alla partenza, che il bigliettaio mi ha impedito di salire sull'autobus perchè ero in culottes...

Così ho rimediato il rientro a Tunisi con un taxi collettivo.

Ieri ho quindi (seguitato) ripreso il mio itinerario archeologico in Bulla Regia, dopo essere arrivato in treno la sera prima a Jendouba.

All'arrivo nel piazzale della stazione, due giovani mi hanno guidato al vicino Hotel, seguitandomi fino in stanza: uno di loro, benchè insistessi che dimoro in Italia in un appartamento ammobiliato che ho in affitto, ha insistito a chiedermi se (in Italia) potevo assicurargli presso il mio domicilio l'"hebergement", come richiedono le autorità italiane e tunisine, insieme con il certificato di lavoro di un datore, per assicurare il rilascio del visto d'uscita e l'ingresso in Italia.

Gli ho chiesto quale lavoro, eventualmente, fosse disponibile a compiere in Italia

" Qualsiasi lavoro, mi ha ripetuto, qualsiasi lavoro pur di venir via di qui. Qui non c'è che da stare con le mani in mano,

non si dispone che dei soldi che ci lasciano i nostri genitori."

Ci siamo dati appuntamento in Hotel per l'indomani, prima che partissi per gli scavi. E quando non l'ho rivisto ho respirato.

( Che pena, nonostante si dica il vero a chi non se ne capacita, nonostantetutto assicurare e promettere.)

 

In Bulla Regia è stato quantomai emozionante ( un incanto), fra le dirute rovine, al discendere nell'ombra delle dimore sotterranee, riattingere nell'arida arsura l'antica vita, risentire come ristorandosi dalla calura estiva, in ambienti similari a quelli in superficie, la signorilità romana vi ricreava i peristili e i triclini del proprio sfarzo musivo, talmente intatta al visitatore, ridiscendendo, ne ritorna l'antica quiete di luci ed ombre, ove nel silenzio dell'ora e del Tempo,  gli Amorini dei mosaici porgono di nuovo a Venere i loro specchi, dai più seducenti mostri marini fra i pesci risospinta ancora sui flutti.

A Teboursouk ieri sera un secondo incidente: quando intrattenendomi con i tre giovani del luogo, uno di loro splendido di animalità inintelligente, un ubriaco con due suoi compari li ha intimiditi a fuggire, e per qualche istante ha poi minacciato di colpirmi con una bottiglia.

In Dougga, oggi  rivisitandola, ho ritrovato l'ambientazione iniziale di Abdia di Stifter, per la vita che ancora vi transuma delle genti che abitano ai margini delle rovine, conducendovi al pascolo gli armenti e le greggi, o usando come stalle le cisterne romane.

Così vi si trascorre tra olivi e tratturi e decumani e cardi, mentre l'occhio si perde nell'asprezza modulata dei rilievi  circostanti il fondovalle, sconfinato nel vento che agita gli ulivi e reca  frescura.

Ora di fronte in lontananza, (contemplandolo )all'altezza di un bivio ove una statua stroncata puntella una stele, il Campidoglio promana il sublime della sua verticalità ascendente, nello splendore intatto della nervosità vibrante del suo porticato corinzio, in cui si esprime  nei secoli, ininterrotta, la tensione tuttora di reggere la gloria dell'aquila di Antonino Pio.

E dell'attuale aquila imperiale, dell' "aigle americaine", ieri sera mi parlava ostilmente il più colto e intelligente dei tre giovani tunisini, riaffermando il valore eroico di chi solo contro tutti aveva osato sfidarla.

Una prima foto del leader irakeno, frattanto ho intravisto stamane campeggiare in una bottega di Teboursouk.

 

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In Dougga tutto si è ripetuto di nuovo...

E di nuovo ha prevalso l'amoroso riguardo.

 

 

La festa araba

 

Ieri  sera in Maktar, visitati gli scavi, i due bambinetti  quattordicenni sono stati la grazia che mi ha salvato per strada,

esasperato, a causa d'altri, d'avere perso l'ultimo autobus per Le Kef: dei due il più bello non finiva di inoltrarmi, in una botta e risposta, le domande a raffica di un sua interrogatorio politico:"Qu' est ce que vous pensez de Saddam Hussein? E di Bush? E di Lenin? E di Bourghiba? E del nostro presidente Zine ben Ali? "; mentre alla mia controdomanda chi fosse per loro Saddam Hussein, fioriva già nel loro volto (d'entrambi) la risposta ch'era un eroe.

Poi, grazie ad un giovane quantomai disponibile del luogo, studente di Scienze agricole, l'esatto contrario dello sventato ragazzo ch'é studente a Mosca, il quale ubriaco di birra si era lasciato sfuggire e mi aveva fatto perdere l'autobus, dopo che si era assunto mio malgrado il compito di fermarlo, ho potuto fare con successo l'autostop per Le Kef, all'arrestarsi del furgone di quel (del) giovane uomo tunisino così mite e generoso, che (il quale) ha simpatizzato a tal punto nei miei riguardi, da invitarmi in un suo slancio, dopo essere scesi in un bar di Sers, suo paese d'origine (lungo il percorso), per berci più birre tra i fradici accoliti del vasto salone, a una festa araba di nozze fra la sua gente, in una spersa fattoria nella quale siamo giunti dopo aver preso una pista.

L'intensità trascinante della musica e di un canto continui, le contorsioni ventrali in quelle danze di soli uomini, l'accoglienza festante e nutriente, inebriante di vino fruttato, tra i bocconi squisiti di insalata tunisina e di carne di montone nel nero intingolo di un sugo attinto alla cucina egiziana, la bocca piccante di peperoncino e fragrante di sesami e pistacchio, mi hanno esaltato sino ad avventarmi a chiedere al mio commensale ospitante, (un) faceto studente universitario di diritto islamico, se quelle danze,( proprio nel darle l'addio con il farsi marito,) sotto le finte specie che il maschio fosse un sostituto obbligato della donna, non liberassero l'omosessualità intercorrente fra lo sposo e i suoi amici, tanto la cosa era manifesta quanto innominabile...

" Je ne vous comprends pas, monsieur..." in sola risposta ne é stata l' espressione ripetuta dello stranimento attonito . 

Ed egli eppure era lo stesso, che già alla goffaggine dei gesti e del canto sguaiato di un vecchio fradicio, aveva cercato di lenirmene l'impressione alquanto penosa,  sorridendomi (dicendomi) che non era di certo Michael Jackson.

Benchè mi attenessi al ruolo impostomi dello straniero che vi veniva iniziato, ero ben consapevole del senso e dei vari momenti di una festa araba di nozze-  quali la lavanda degli sposi  compiuta dal corteggio di amici o di amiche, il corteo nuziale e la divisione (eterogamica) dei festeggiamenti tra i due sessi prima della consumazione del rapporto , e l'ostentazione successiva al villaggio del sangue della di lei verginità stuprata: secondo il senso e l'onore doveroso anche di quella "pura festa araba", come alcuni ragazzi me la magnificavano, per quanto, come il giovane uomo che mi aveva fatto l'autostop, potessero sorridere dell'obbligo del velo, o della segregazione della donna in una cella domestica.

Intanto in me all'empito del ritmo pulsante, sotto l' interminabile sorriso subentrava il disdegno di quei corpi ballonzolanti, che insistevano nelle danze giravoltando su se stessi sempre più a mala pena, una repulsione,fino allo schifo,  di quelle simulazioni di mammelle e vagine nelle profusa lascivia, il rigetto di quanto perpetuavano, dello spirito del mondo contadino che mi ha originato.

Intanto seguitavano i discorsi con il mio commensale ospitante, la cui apertura era intorta nell'obbligazione coranica della sua fede islamica, e la cui esaltazione continua dell'identità araba, in quanto evidentemente frustrata dagli eventi del Golfo, si ritorceva nel ricorso delle lamentazioni di un vittimismo razziale, quasi che torti e disfatte e persecuzioni e sfruttamento e scambio ineguale, fossero inflitti (tutti) alla sua gente perchè araba.

E il termine "juifs", allo stesso tempo, ricorreva nella sua facondia con riaizzato odio razzistico.

Così i suoi accenti riverificavano come l'antagonismo politico faccia assumere il volto deteriore del proprio nemico, il

suo  vittimismo rieccheggiando le geremiadi dell'ebraismo israelita  votato alla irriducibile guerra.

E quando mi ha informato che nella sua università si studia anche il chilometraggio dei ( degli spazi) percorsi nel loro inferno domestico dalle donne occidentali, disattento (non facendo così attenzione) (inavvertito) che così lasciava trapelarmi la lama di un proprio coltello nascosto,( ne ha motivato le ragioni citando) mi  ha citato un (il )proverbio arabo (,)(che asserisce che) secondo il quale occorre studiare il proprio nemico se si vuole vincerlo(debellarlo).

Forse tale studio almeno in lui era ancora (quantomai) insufficiente, se al prestarmi contrariato a un'usanza tipica, mentre più simulavo la smorfia di un sorriso di compiacimento, in uno slancio del cuore mi ha complimentato che ero ormai un arabo.

In Le Kef, la casa in cui il giovane uomo tunisino mi ha poi ospitato, mi è stato un alloggio particolarmente caro, per la discreta premura con cui la sua giovane moglie mi ha approntato le lenzuola e il copriletto nella stanza degli ospiti, togliendone i piccini risvegliati gravidi di sonno, e l'asciugamano fresco di bucato sullo stipite del cantone, ove presso una latrina che espandeva ovunque il suo fetore, un lavabo fungeva da toilette.

E stamane, dopo averli salutati e ringraziati, lui scusandosi di dovermi già lasciare perchè alla piccola doveva far fare all'ambulatorio "la piqure", con lo zaino che mi gravava (in spalla) sulle spalle risalivo ( sono risalito) sino all'autostazione di Le Kef, rifiutandomi il taxi, ancora una volta, per il mio pregiudizio (sospetto) che i tassisti urbani siano tutti dello stesso gruppo sanguigno, il che, per non invelenire all' eventuale estorsione, per quanto irrisoria, mi (sottopone) induce alle più stremanti fatiche sconsiderate.  

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Paul Klee, Il tappeto del ricordo 1914

In autobus poi fino a Sakiet Sidi Youssef, forse il sito della battaglia di Zama, per affrontarvi a piedi e sacco in spalla( il transito della) la frontiera tunisino-algerina che lo divide.      

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Didascalia fotografia girasole

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