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A
Mozia
Con
il treno delle 9,40 raggiungevo Marsala che non erano ancora le 10,30,
ancora in tempo, io credevo credendo, per andare e rientrare da
Mozia prima dell'ultimo treno utile per essere a Castelvetrano prima
delle 16, e di lì recarmi a Selinunte.
Ma
giuntovi nella piazza dell'autostazione, vi accertavo che di domenica
non partiva l'autobus delle undici per lo Stagnone, e che avrei dovuto
attendere fino a mezzogiorno per recarmicisi con il mezzo pubblico.
Nelle
mie circonvoluzioni contrariate si associava allora a tale contrattempo
l'inconveniente l'altro desunto dalla secondo la guida del
T.C.I., del 1986, per cui il quale le 13,00 figuravano quale
l'orario di chiusura del sito di Mozia, e così stando le cose, risalivo
il viale verso la stazione ferroviaria con l'animo che mio malgrado era
già prostrato in via di rassegnazione a rinunciare a visitare la
meta di Mozia per raggiungere con il primo treno Castelvetrano.
E
l'indomani, lunedì, sempre secondo la guida del T.C.I., di Mozia
sarebbe stato giorno di chiusura della località archeologica di
Mozia, sicchè era irrecuperabile la possibilità comunque di
visitarla, ed avrei pertanto fallito l'intento di rimediare ed espiare
compiutamente integralmente al mancato tour archeologico del mio
viaggio precedente, integrando sull'una e l'altra costa (sponda), del
canale di Sicilia, l'escursione alle rovine fenicie di Kerkouane con
quella ai resti alle rovine della principale città che i Fenici
fondarono sulle coste di fronte frontali di Sicilia.
Stizzito
ed ancora solo in via di rassegnazione, senza pur esserlo invero affatto
del tutto, lungo quel viale m'addentravo nel suo bar principale,
il bar Aloha, perchè una prima colazione con i morsi dello stomaco
placasse anche il mio rincrescimento esacerbato.
La
gente vi conveniva in vistosi abiti di festa, domenicali, di una
chiassosità che ammodernava nei toni e nelle fogge una braveria o una
rispettosità inibita nella sua (pre)supponenza atavica, ed io nella
ressa mi confondevo ed ordinavo un primo bocconcino d'assaggio, poi una
focaccia squisita con acciughe e pomodoro, insieme con la bottiglia
d'acqua da centellinare o sorseggiare fino a Selinunte.
Mi
facevo scupolo di ritornare ugualmente quando erano quasi le undici alla
stazione degli autobus, secondo lo spirito del " non si sa mai
che......"
Ma
inutilmente, sicchè riandavo già di ritorno lungo lo stesso viale
Mazzini fino alla stazione ferroviaria, con destinazione prossima
Castelvetrano, quando mi insorgeva il dubbio e l'esigenza, prima di
desistere dal visitare Mozia, di
accertare se corrispondesse ancora al vero ciò che recitava la guida, o
se l'orario d' accesso a Mozia non fosse stato nel frattempo
prolungato, e di lunedì il sito non fosse invece aperto .
Popssibile,
che tuttora non consistesse ancora che in "un'escursione
consigliata""?
Già,
ma a chi chiederlo? Ma certo... a chi rispondeva al numero, cui
preavvisando, si consigliava di telefonare nella guida...
Peccato
che alla messa in atto dell'idea, all'altro capo una voce registrata mi
avvisasse che quel numero era telefonicamente deceduto...
Potevo
entrare in un bar o in locale pubblico, e consultare altre voci
telefoniche, che era ciò che facevo accedendo inconsultamente a una
sala giochi con l'insegna telefonica, e poi ad un bar dove il cassiere,
di una cortesia inaudita, mi porgeva non solo la guida telefonica, ma
una consulenza vana nel cercare l'utile voce telefonica, Mo... Mozia,
niente, Museo, Museo di.., anche il Museo di Capo Lilibeo poteva
servire, ibidem come sopra, alla voce Municipio, non si sa mai, stessa
sorte, finchè, quando gli chiedevo quanta strada occorresse per
arrivare a piedi al Museo della città ove sono i resti unici al mondo
di una nave fenicia, mi porgeva una cartina, sulla quale avevo modo di
verificare come la mappa di Marsala fosse errata o pregressa anche
nell'indicare i nomi delle vie, e rivoltando la quale, eccola a insaputa
del cassiere, l'informazione tanto utile e preziosa, che Mozia era
visitabile ogni giorno sino all'ora del tramonto...
L'
intero piano del mio viaggio ne usciva interamente riconfigurato: l'
intera giornata restante l'avrei destinata a Mozia, l'indomani, lunedì,
lasciando Trapani mi sarei recato a Castelvetrano per visitare Selinunte,
e di lì avrei iniziato il ritorno via Palermo per il Nord, prendendo il
treno delle 20, 40, della sera, per Roma, che mi avrebbe consentito il
martedì di essere prossimo a Paestum nella prima mattinata...Poi da
Salerno, in sette, otto ore, sarei giunto comunque a Bologna, e il
mercoledì, in ogni modo, prima di mezzogiorno, avrei avuto modo di
essere a scuola per ritirare registro e avvisi e avvertenze, prima
dell'inizio l'indomani del nuovo anno scolastico...
Non
era imprudenza o arrischio massimo, avevo pur calcolato e ricalcolato,
il giorno avanti, che anche partendo di martedì pomeriggio da Palermo,
alle sette e trenta del mattino seguente sarei stato a Bologna,
ovviamente a scanso di ritardi...
La
verità era piuttosto che in quel mio viaggio avevo difettato troppo
d'audacia, come poche ore innanzi quando lungo viale Fardella non
m'ero attentato all'autostop per la stazione dei treni, e a Birgi,
alla vista del cartello turistico che segnalava prossima la località di
Mozia, e come distasse dieci chilometri da Marsala, non avevo pensato di
scendere, di chiedere tempestivamente al casellante o al capostazione se
mi convenisse per la mia destinazione...
E
comunque dunque con l'autobus di mezzogiorno, di cui ero uno dei
tre soli passeggeri e
l'unico turista a bordo, così raggiungevo ch'era quasi la mezza
l'imbarco per Mozia, l'aria calda frescheggiata da un
vento che increspava le acque marine dei bassi fondali, confinati
a riva entro i riquadri trascoloranti di celeste e di rosa o di
opalescenze iridescenti delle saline, bordeggiate dai cumuli abbaglianti
dei giacimenti di sale, costellate da lattei mulini a vento dai vivaci
tettucci rossi, l'Isola
Lunga che recingeva al largo lo specchio d'acqua coi suoi litorali
frondosi, più oltre, dall'oltreblù del mare, come ne sorgessero da un
entroterra lagunare, i profili montuosi delle isole Egadi.
E
in Mozia, l'approdo all'abitato attuale, le poche dimore in stato
fatiscente dell' Amministrazione Wittaker, tra il rigoglio di palme e le
infiorescenze di ibiscus e bougaivilles ed oleandri, avveniva in
un'atmosfera solatia stordente e fascinosa, come se vi ci si
avventurasse per i sentieri di un'isola esotica di inesauste scoperte,
già dissepolte e risepolte e offerentisi ancora...
Alla
biglietteria, dalle risposte alle richieste di un capocomitiva inglese,
apprendevo che mi restava poco meno di mezzo'ora per visitare il vicino
Museo, prima della sua riapertura alle ore quindici, per cui mi ci
dirigevo prima che a ogni altro luogo.
Sarei
stato poi più libero, di orientare come intendevo il corso della
giornata.
Eccolo,
distante al suo interno sull'angolo a sinistra, il famoso efebo nel suo
candore marmoreo, ma prima, avevo da indugiare sui relitti dei tophet,
su quelle steli squadrate dalle figure così rozzamente desunte a punta
da disegni schematici, e sui sui betili o i simboli di Tanit,
entro micro-architetture e ornati egitteggianti, ch'eppure attestavano
la preminenza ancora di un artigianato indigeno punico- fenicio, la non
avvenuta ellenizzazione egemone, ritardavo intento ad anfore a siluro
fenicie o a balsamari e ceramiche d'importazione elladica, agli idoli
punici a bottiglia o agli animali erosi e affrontati nel corpo a corpo
di una scultura frontale, alle orride maschere punico-sardoniche e a
ogni altro reperto desunto dai ritrovamenti sull'isola o nella costa
adiacente di corredi funebri, prima di rinunciare ad ogni morosità ed
essere finalmente solo per lui, così sodamente maschile e languidamente
femminile, virilmente esponentesi nell'incarnato teso plasticamente ad
inspirare la fermezza che decorre nei glutei ed è protesa nell'arto in
avanti, morbidamente rilassato nel defluire della luce e della veste
sottile ad assecondare ogni sinuosità delle membra ancheggianti, ogni
trapelare delle nudità nella svasatura, ogni empito palpitante rappreso
nella plissettatura finisssima dalla cintura pettorale.
Così
sedotto e sublimato dall'efebo di Mozia, all'uscita mi ristoravo
dell'acqua di una bottiglietta piccola che a caro prezzo un'anziana
signora mi estraeva dal frigo sottoraffredato (a raffreddamento al
risparmio) della caverna domestica della sua locanda familiare, il solo
ristoratorio ch' è sull'isola, e quindi m'avventuravo verso il nord
ritrovandomi ancora sul litorale a sud Ovest, ov' è l'insenatura e
l'invaso inconfondibile del Kothon, che
secondo quanto asseriva la guida e mi assicurava l'archeologo
inglese ch' era già capocomitiva ed ora rimaneva alla testa soltanto
dei suoi pochi fedelissimi adepti, ribattevo a due signore scettiche
francesi trattarsi, se non del porto, del bacino di carenaggio
dell'antica città fenicia, capace se non della carenatura di navi o
navigli, certo di quella di
piccole imbarcazioni, che potevano pur uscire dalla sua strettissima
imboccatura, quando come ora non risultava insabbiata a tal punto.
E
una delle due signore francesi confessava di avere pur visto un piano
inclinato, atto a trarre in secco o a far glissare in acqua le
imbarcazioni.
Intorno
la vegetazione arbustiva si era venuta rarefacendo, cedendo all' intrico
disseccato di cardi ed erba amara, di steli di sparto e calcatreppole,
in una luce solare sempre più tagliente e vivida, raffreddata dallo
spirare del vento sulle acque sempre più luminescenti, le rocce delle
Egadi sempre più nitenti all'orizzonte, poco oltre l' isola
Lunga e la costa di Mozia di cui raggiungevo l'estremità
settentrionale, il sito del tophet ridotto alla vista a tumuli di
pietrisco tra recinzioni e coperture di legno sormontate da ghiaia,
l'area della necropoli.
Era
nelle mie aspettative che mi deludesse quanto il tophet, (vanamente
esumato quale locus horridus (orrendificato), sulla guida alla Sicilia
occidentale, dalla leggenda
che vi si sacrificassero abitualmente i primogeniti, mentre accadeva
nelle sole congiunture di una crisi catastrofica della comunità ).
Ed
invece vi ero appagato di visualizzare i vari pozzetti di anfore e
brocche cinerarie, i loculi a cassetta di lastre di pietra affiancate o
sovrapposte, le deposizioni profondità successive sino ai
sarcofagi superiori degli inumati, prima che nel VI secolo a. C. l'area
cimiteriale di sepoltura non fosse trasferita lungo la costa
adiacente.
Ero
oramai prossimo al recinto di pietra , arcaico, al muro di cinta, arcaico, e ai fondamenti postumi di un
tempio posteriore alla distruzione di Mozia ordinata da Dionisio, al
contiguo quartiere industriale, con i forni internati nei muri e
profondi bacini,( per la concia delle pelli? il deposito dell'olio di
frantoio?) prima che di più rozzo cocciopesto, ecco, emozionante,
avvistasi mi apparisse una vasca di detriti rosei come le tante
di Kerkouane, di certa ascendenza o derivazione fenicia...
Attendevo
allora palpitante che lì appresso l'archeologo inglese, inerpicatosi a
scattare ulteriori fotografie sui costoloni dirimpetto alla porta Nord,
la quale obliqua s'apre più a mare, interrompesse di fotografarne
inesausto le vestigia per ascoltare la mia osservazione, ma era per lui
come se una nullità insulsa avesse rivolto una propria parola sventata
alla sua sicumera grimpante, stando al tono assente con il quale non
consentiva altra certezza che la convinzione che non poteva trattattarsi
che di un reperto in ogni
caso tardo romano, con mia buona pace e che i was going to bye bye...
Dopo
svariati ritorni sui miei passi, nel'ansia timorosa che come a Segesta
un altro serpente nero suggellasse strisciante i miei ripensamenti
viari, riapprodavo ero di nuovo ch'era pomeriggio inoltrato al
centro Whitaker, alla domesticità frigorifera delle sue esose
locandiere scarmigliate attempate e al suo Museo, superandolo per
vedere nei pressi, di una villa greco-romana, i mosaici di lotte animali
in ciotoli di fiume, e ritornare ancora al presunto bacino di
carenaggio, e solo allora avviarmi infine all'imbarcadero, arrivando a per
arrivare essere a Marsala che già erano quasi le sei,
passeggero unico dell'autobus di linea, eppure inflessibile animato
dalla tenacia sorda all'appello dei miei piedi dolenti,
non ancora esausto da non inoltrarmici purtuttavia
nell'inoltrarmi fino a capo Boeo per accertarvi se ero ancora in tempo
per vedervi i relitti conservati nel
Museo lilibeo dell' imbarcazione fenicia.
Era
ancora orario d'apertura infatti, e il fasciame potevo ossservarlo nella
grande sala a destra dell'ingresso, dentro un enorme tendone isolante
destinato a preservarlo, q uale relitto della parte poppiera e della
fiancata di babordo di una presunta nave di combattimento coeva della
fine della prima guerra punica.
Più
oltre, impreziositi dalla lente di ingrandimento di amorini di pendenti
in filigrana, i cimeli di
un tesoretto rinvenuto negli adiacenti fondali marini.
Che
diletto, dopo la farragine espositiva ontorno all'efebo del Museo di
Mozia ...
Ma
l'apprensività in agguato incessante, mi suscitava allora il timore che
tra Marsala e Trapani, non potessero esservi più treni a sera
inoltrata, chiedevo se ne sapeva l'orario a unsorvegliante, e questi
caritativamente sollevava gli occhi da "Famiglia cristiana, in cuii
erano fitti per dirmi no, che non ne sapeva nulla, ma che ogni
allarmismo era giustificato.
Ma
io, benche ìn stato di agitazione,
mi ostinavo a volere visitare a dispetto di tutto, con il debito
riguardo, anche l'altra grande sala, ancora più vasta, ove l'ellenizzazione
delle genti di Mozia superstiti
alla sua rovina perseguita da Dionisio,
una volta che fondarono Lilibeo vi risulta consumata
integralmente adempiuta, nella statuaria come nelle pavimentazioni
musive, nei lekitoy in cui si attingeva al vino della vita, o nei
balsamari da toeletta, come nei tempietti funebri elladici delle edicole
funerarie, benchè Lilibeo venissew costituendo una roccaforte Di
Cartagine inespugnabile.
Nella
Chiesa di San Giovanni, più che la sorgente pitica, mi avrebbero
frettosolamente suggestionato le nudità in pantaloncini corti del bel
giovane che mi era di scorta nella discesa al grotta e al pozzo d'acqua,
prima che la mancanza di tempo e l'assillo di essere quantoprima alla
stazione dei treni- mancava oramai poco alle sete di sera- , mi
dissuadessero dal sospimgermi fino all' Insula romana, per rientrare
piuttosto verso il centro, alla piazza della loggia e della Chiesa
madre, ove la gente sciamava per la passeggiata serale, finchè oltre
gli uomini intorno ai bar, benchè senza più coppole o cappelli,
radunativi in capannelli, le strade non erano per lo più gremite che
del viavai di ragazze in compagnia reciproca o della madre, pur a
braccetto d'ella in sgargianti vestiti floreali o gonne attillate, che
suggerivano come la madre ne consentisse e vigilasse l'esposizione agli
uomini.
E
quando così ero alla stazione, non mi restavano che pochi minuti, per
attendere il penultimo treno da Palermo per Trapani delle 19,22,
meravigliandomi che da una città dfi oltre settantamila abitanti,
occorresse a quell'ora salire sul treno senza avere potuto fare il
biglietto, perchè già ogni sportello
ferroviario
era chiuso senza più addetti.
Mi
riferivo alla qualcosa , con un anziano in attesa, come a un
'inverecondia delle Ferrovie italiane, come alla minorazione di una città
risorgimentale perpetrata dal centralismo
ferroviaria...
Non
ne ricevevo che parole di adattamento contento, perchè in ogni modo non
ti facevano pagare la soprattassa penale...
Arrivavo
a Trapani rimuginando il mio risentito rancore contro la perpetuità
della condizione di Provincia della Sicilia, la sua subordinazione a
dispetto di ogni indipendentismo e annidata nella sua riottosità
isolana, sordida nel fare corpo contro l'estraneità sollecitatrice di
un fare autonomo e ispirato alla legalità legittimatrice, che la rese e
la rende succube ad ogni dominazione, che ne spacci liberizzi il fare e
l'intraprendere nella corruttela che ha deciso il preponderare
nazionale del regime di illegalità condonata e diffusa che si viene
restaurando, l'avvento del patronato generale del nuovo Principe
intrigante, quando mi vinceva il tepore della sera in cui si era
assopito nella brezza marittima il gran calore del giorno, la curiosità
indomata dal patire dei piedi, di fare corrispondere case e vie e
palazzi e incroci e slarghi, al reticolato cartografico sulla guida
della mappa del centro della città.
E
si facevano realtà le case a torre fantasmatiche in Via 3e0 gennaio, la
via Giudecca rinobilitatasi dell'antico ghetto, con il bugnato
diamanteo di palazzo Ciambra, plateresco, e quando alla fontana faunesca
sculta e dipinta di Saturno, e al rosone a foggia di guaine incrociaste
di scimnitarre vinte di Sant'Agostino, credevo esaurita ogni risorsa e
meraviglia, davo sulla scenicità barocca a chiudere la via e la fronte
di Corso Vittorio Emanuele, del
chiesastico Palazzo Senatorio e della più mondana Chiesa del Collegio,
sontuosa di arpie anzichè di Santi sugli sporti, ribadita dal' ex
collegio dei Gesuiti, prima della Cattedrale e dei palazzi Ferro e delle
altre casate nobiliari spagnolesche...
Restava
il rientro interminabile, lungo l'intera via Garibaldi,
i gran giardini all'aperto che si susseguivano, senza poterte
nemmeno arrestarmi a una panchgina o ad un chiosco, poichè mi bruciava
la vescica il bisogno più impellente di orinare, senza trovare
gabinetto o bar con una toilette, cosicchè pedr contenere il dolore
dovevo attivarmi a camminare senza requie, sforzando i piedi esausti di
patire, di alterare il punto di appoggio per non sollecitare a
trafitture le più algesiche le vesciche che vi erano espanse, finchè
già a metà di via Fardella trovavo un bar con una toilette, scaricavo
la pressione urinaria in una gran pisciata liberatoria, mi riavviavo
oltre via dei martiri d' Ungheria contando ad uno uno i lasmpioni che
mancavano al termine della interminabile via fino all'erta per Erice,
disbrigavo il passo tra i naioni e i nonni che accorrevano di gran
carriera in caserma prima della chiusura, o si attardavano ad una
ulteriore birra e bocconcino o sandwich nelle paninoteche e pub
disseminatisi intorno, finchè traguardata anbche l'ultima pizzeria
prima dello strappo per Erice, per silenziose vie laterali risalivo fino
alla pineta balsamica e all'ostello cui pervenivo poco prima di
mezzanotte.
Così
stanco, che mi rifilavo nel letto e un dito nel cacacciolo
al culo senza risveglio o repulisti al bagno...
Selinunte
Al
risveglio, quando non erano ancora le sette, non ho accelerato i tempi,
pur dovendo partire per recarmi a Castelvetrano e visitare Selinunte, e da
Castelvetrano risalire con i mezzi pubblici a Palermo per ritornare in
treno al Nord nella prima serata, c'era in me infatti, renitente a ogni
sprone, come una calma confidenza interiore, forse per il senso della
vanificazione appena esperita ( conosciuta) ( sperimentata), il giorno
prima, ( sperimentata) dei miei vari tentativi che intendessero imprimere
una accelerazione ai tempi, e lentamente ho riordinato il bagaglio, ho
fatto la doccia e mi sono anche impeccabilmente rasato, con i bermuda ho successivamente
permutato scarpe e maglietta riaccordandole, quando ho sentito una coppia
di giovani - lui e lei- ,che era giunta nell'ostello la sera prima, uscire
di stanza per partire con i bagagli, ed ho chiesto a loro e ne
ottenuto un passaggio, dato che nello spiazzo avevano una vettura
cui si stavano dirigendo per imbarcarsi a Palermo, e così quando non
erano che da poco passate le sette e quaranta, ero già alla stazione ed
avevo già il biglietto in tasca per Castelvetrano, con il tempo davanti
per leggere il giornale e fare una prima colazione al ristoratorio della
stazione, in attesa di partire alle 7,53.
Solo
all' atto di salutarci, il giovane che era per me di una sensualità
dirompente, nella tornitura vigorosa della nuca rasata e della muscolatura
del collo, il quale viveva ad Alessandria ma era originario di
Pantelleria, parlando di Mozia mi aveva detto che sua nonna ne era stata
proprietaria.
Lungo
la discesa verso Trapani e il
suo centro, oltrechè dei loro travagli con la scuola, allorchè avevo
confidato di insegnare e che mi ero precipitato in Sicilia a rimediare le
mie diserzioni archeologiche, per la mia scappatas in Tunisia, non appena
avevo concluso le mie sessioni degli ultimi esami di riparazione della
scuola italiana, il discorso che avevo intrecciato al precedente sulla
bellezza dei siti di Trapani e del Trapanese, lui l'aveva risvoltato in
quello della boria eccentrica dei Trapanesi, per i quali non v'è città
che non ceda alla loro, e anche se parli di Pizza,non ve n'è una migliore
della loro "rianata", e se parli con i pescatori e i marinai
delle Egadi, non v'è Seichelle o Mauritius, che non ceda agli incanti di
Favignana e Levanzo e Marettimo.
"
C' é una serie di grotte, cui mi hanno condotto, in cui ti devi immergere
sott'acqua, per riuscirne nell'altra ancora più incantevole..."
Ma
quando discendo a Castelvetrano che non sono ancora le nove, e facendomi
intendere a fatica giungo nella piazza degli autobus, mi affligge e mi
contraria nei riguardi di ogni abitante e di tutto ciò che respira l'aria
o prende il nome di Castelvetrano, accertare che è stato di nuovo vano,
il vantaggio temporale conseguito: devo infatti attendere fino alle
tredici, se intendo partire con un autobus di linea con destinazione
Selinunte...
Partissi
alle tredici- aspettando quattro ore a dodici chilometri di distanza-,
come ce la farei a rientrare a Castelvetrano nel primo pomeriggio, in
tempo per l'ultimo autobus che mi serva ad essere a Palermo per le 20, 30?
Quando parte l'ultimo treno per la penisola, diretto a Roma, che mi
consentirebbe di giungere nrel Salernitano verso le cinque del mattino, e
di sostarvi a visitare Paestum. Perverrei allora non solo a un
risarcimento della mia manchevolezza verso l'arte greca in Sicilia per la
Tunisia, ma al suo ulteriore compimento in un itinerario mirabile,
dall'oggi all'indomani di fronte alle più alte forme superstiti dell'arte
dorica nel'intero Sud d'Italia, alle sue realizzazioni templari
nell'Occidente della Magna Grecia, che vi eccelse sino a superare la
madrepatria...
Altrimenti
sarebbe un'Odissea interminabile di treno interregionale in treno
irregionale lungo tutto la penisola, a partire dal primo treno succesivo
da Palermo per il Continente, che partirebbe soltanto l'indomani oltre le
quattro, dopo una notte in sosta alla stazione....
S'impone
dunque il ricorso a ciò che nel rigetto di ogni solidarismo, mi ero
imposto in ogni modo di non intraprendere: l'autostop che confidi ancora
nell'aiuto del prossimo, per lo più in una terra così generosa di voti a
una Destra al governo, che sa accordarsi nelle diatribe di potere solo
nell'' imporsi a ogni debole e diverso, nel limitare nei loro riguardi la
socialità pubblica statale...
Già
sono avviato lungo le direttrici segnaletiche per Selinunte che menano in
discesa, quando richiedo a una donna dove sia un'edicola per acquistare un
giornale, e lei mi dice che devo risalire di almeno un chilometro
ritornando nel centro del paese...
Ne
ho conferma da un uomo che interpello di seguito in modi velatamente
scortesi; risalendo al centro ho modo tuttavia, mi suggerisce, di avviarmi
a destra verso Selinunte evitando la circonvallazione...
Maledizione,
mi dico, che qui le edicole siano rare quanto nel Nord le librerie, la
stampa surrogata dalle voci di regime dei media del nostro Principe, il
nostro nuovo duce ed autarca mediatico...
Con
il giornale acquisto anche l'orario ferroviario dei treni di tutt' Italia,
Castelvetrano-Palermo compresa, dopo avere visto negli annunci appesi
all'unica agenzia di viaggi del paese, che tra le cinque e le sei, vi è
l'ultima autocorsa pomeridiana per la capitale dell'isola.
Quando
lungo la discesa verso Sud, per una strada cui è vietato l'accesso arrivo
poi una buona volta all'incrocio da cui inizio il percorso stradale per
Selinunte c'è già una giovane in attesa, ma non faccio tempo a ripiegare
nel bar di fronte per riassestarmi rispettando la precedenza, che un' auto
si ferma e la carica.
Le
subentro immediatamente, mentre ho già modo di spazientirmi per il
sopraggiungere di due giovani, che in ogni modo si attengono alle buone
norme e procedono oltre.
Peccato,
mi mordo le labbra, che sotto lo zaino e tra le scarpe che ne sono pendule
mi appaiano entrambi così diversamente belli ed attraenti, uno bruno
dallo sguardo fondo luminoso e intenso, l'altro biondo e più alto,
dinoccolato e svagato, ambedue di lingua
francese e magnificamente evidenti nei loro pantaloncini corti...
Ma
ho modo di non assolarmi az lungo in attesa, che non passa neanche un
minuto che s'arresta un'auto, peccato sia diretta ad Agrigento che già
visitai quindici anni or sono ed è fuori tempo e itinerario, se debbo
recarmi ad ogni modo a Selinunte, può comunque condurmi fino al bivio per
la deviazione che vi giunge chi la guida, un giovane bruno emotivo e
cordiale, cui come giungiamo all'altezza dei due ragazzi, chiedo se
intenda caricarli.
Lui
equivoca la mia richiesta, quasi volessi escluderli protervo (arrogarmi
l'esclusiva del passaggio), poi comprende e si arresta.
I
due giovani, sorpresi, arraspano di corsa e sopraggiungono grati e
contenti.
E'
appassionato di musica il giovane siciliano e suona di tutto.
Musica
bandistica e jazz, beninteso anche la musica classica. Non è come un suo
amico, che patito solo di jazz, si è beccato in testa lo spartito dal
direttore d'orchestra, per avere divagato in tal senso durante unas prova.
Peccato
che si sia già arrivati, ed io ed i due ragazzi dobbiamo già scendere
senza esserci neanche parlati e già per salutarci, loro che si attardano
più arretrati a risistemare i bagagli.
Ed
è questione ancora di un minuto e due,
prima che un'altra auto guidata da un giovane biondo di
Castelvetrano, si arresti e mi conceda l'autostop.
Gli
rinnovo l'invito a caricare anche i due ragazzi autostoppisti e lui non ha
nulla in contrario, oltremodo gentile, poichè il ragazzo di lingua
francese biondo e svagato, ritarda parecchio nel riagganciarsirsi gli
scarponcini e nel riaggiungere l'auto senza alcuna fretta.
Ma
è così bello sotto la visiera come rialza il capo...
E'
l'altro che tuttavia mi appassiona, più maturo e singolare nell'intensità
degli sguardi, gettati nel profondo elusivi e d' intesa...
Invano
con il giovane siciliano cerco di avviare un confronto politico, strano
gli dico, che sia stato sospettato non qui, ma altrove, in Malta e
Tunisia, inquadrato da
altri siciliani di essere un nordista leghista da controbattere, quando
qui in Sicilia Lui ha trionfato.
Non
è forse anche lui del Nord?
Lui
conferma e dice con tono timido che ha incontrati tanti milanesi e
settentrionali qui in vacanza, con i quali si è trovato e che qui si
trovano benissimo...
Non
ha capito di certo, e desisto, già in arrivo a Selinunte, tra i vari
furgoncini che ostentano ricordi artigianali, all' orizzonte una scarpata
artificiale che sottrae alla vista ogni monumento archeologico.
Qui
i due giovani ritrovano dei loro amici già pervenutivi e non hanno più
parole e riguardo per me, che ne attingo la bellezza in uno sguardo che a
loro arride di saluto.
E'
quello bruno e che più mi piace che mi ricambia più generosamente.
"
Avete visto, dico a loro in francese, che in Sicilia non esiste
solo la mafia...".
Quel
ragazzo mi replica con lo sguardo, più con le parole, che lo sa già bene
e che non lo mette in dubbio...
Ho
ancora modo di ritornare dalla biglietteria dove ho depositato i bagagli,
di dire a loro che possono fare altrettanto.
Subentrano
ora le impressioni raccolte in diretta, nelle pause all'ombra degli ulivi
presso i templi Orientali e poi sull'Acropoli, ove la vista s'allarga al
mare sottostante.
.........................................................
.........................................................
Non
vi ho parlato dell'uomo anziano, smagrito, che lasciati due turisti
tedeschi mi ha avvicinato mentre mi avviavo al minore dei templi
orientali.
Viste
le cartoline che teneva in una mano, - nell'altra era un quaderno (rotolo
di carta)-, ho supposto che ne fosse un venditore abusivo, cui mi
accingevo già a dire di no, grazie, quando mi si è presentato con
delicato riguardo come il professore Giuseppe Lombardo di Castelvetrano,
com'era scritto su un foglietto che mi illustrava la causa che mi veniva
perorando perchè la sottoscrivessi, l'anastilosi parziale del tempio G,
per patrocinare la quale ogni giorno interpella i turisti che visitano
Selinunte, chiedendo a ciascuno cui si rivolge, come a me, di
sottoscrivere una petizione da inoltrare a Bruxelles presso le
"apposite istituzioni comunitarie (europee), con la preghiera di
inviargli una cartolina al ritorno nella propria città, così che le
possa recare con sé, presso le autorità europee, a sostegno caloroso del
proprio progetto.
"
Abbiamo motivo di supporre come vede in questa ricostruzione ideale del
tempio, che sia un unicum nel mondo greco, non solo per le sue dimensioni,
ma perchè come vede nel disegno, la cella presentava tre ordini di
colonne che sorreggevano il tetto.
Oh,
è un'iniziativa del massimo interesse..."
Non
è che l'anastilosi in sè mi entusiasmasse, visto anche l'esito che
lasciavo allora spalle dell'artefacimento del tempio E, ma era per me così
commovente la passione archeologica fermissima cui l'uomo aveva destinato
la sua vecchiaia, che ho sottoscritto l'appello senza indugio,
ripromettendomi di inviargli almeno una cartolina come fossi stato nella
mia città.
L'avrei
rivisto un'ora più tardi con altri due turisti, mentre li guidava senza
pretendere alcunchè tra i rocchi e i cumuli di frantumi franati del suo
tempio eletto, indicando loro, nel lasciarli, come potessero seguitare
risalendo per conto proprio i cumuli di rovine all'altezza della cella,
sino a raggiungere le bassure dell? opistodomo e il termine posteriore
dell'immenso ammasso.
E
intanto mostrava loro un braccio irrigidito, lasciando intendere come si
fosse spezzato e fosse rimasto invalido in una sua caduta fra quelle
rovine stesse cui si era consacrato.
E
altri turisti sarebbero sopraggiunti, che avrebbe puntualmente avvicinato
e interpellato, prima di lasciare il sito sul fare di mezzogiorno.
E'
agli uomini come il professor Lombardo, io penso, che dobbiamo la
possibilità di credere ancora in un'esistenza civile, la speranza che il
mondo lo si possa ancora seguitare a salvare.
Intanto
che durante le ore seguenti visitavo l'acropoli, approssimandomi a rilento
verso le fortificazioni Nord, mentre i ripensamenti ritardavano
ulteriormente il mio procedere facendomi ritornare sui miei passi, in me
l'ansia di fare tardi si faceva sempre più assillante, inducendomi a
riguardare l'orario ferroviario appena comprato, per constatarvi che se
facendo più attenzione escludevo depennavo i treni da
Castelvetrano per Palermo contrassegnati dal simbolo della croce che ne
indicava la sola ricorrenza festiva, mi era oramai impossibile,
raggiungendo Castelvetrano con l'autobus prossimo delle 16,15, raggiungere
Palermo da Castelvetrano con il treno prima delle 20,30, sicchè non vi
potevo più essere in tempo che con l'autobus, di cui chissà se avevo
letto esattamente, che l'orario di partenza per Palermo era alle 17,30.
E
poi dove era con precisione la fermata dell'autobus in Selinunte? E le ore
16,15 erano l'orario esatto della sua partenza? Erano in caratteri così
minuscoli ed abrasi le cifre corrispondenti sul foglietto a stampa
dell'Agenzia... E chi chiederlo una volta uscito ? All' Ufficio E.P.T? E
dove? Presso la macelleria, nella scuola elementare? dove risultava che il
servizio informazioni era cessato dall'inizio di settembre.
Mi
tranquillizzavo solo quando nel bar ristorante che mi era stato
ripetutamente indicato dalla gente del luogo come il locale di riferimento
della sosta dell'autobus, trovavo in attesa conm gli altri giovani anche i
due ragazzi di lingua francese, che mi salutavano e rivedevano con piacere
e dai quali apprendevo solo allora che erano belghi," di
Bruxelles".
Avrei
davvero desiderato scattare a loro almeno una foto, ma temevo così di
essere indiscreto, di divenire dubbio nei miei moventi, di rovinare la
loro certezza che mi era cara che li avessi aiutati lungo la strada solo
per simpatia solidale di veterano autostoppista.
Così
ci siamo solo scambiati qualche parola e dei sorrisi, finchè in
Castelvetrano, un'errata indicazione del conducente, che ha convalidato un
mio sviamento per avere scambiato una piazzetta remota per quella degli
autobus solo perchè accedendovi l'avevo intraveduta ugualmente alberata,
inducendomi a scendere mentre loro seguitavano la corsa,
ci ha diviso per sempre prima che in un contesto più favorevole ai
due bei ragazzi potessi chiedere una foto-ricordo.
All'agenzia,
come vi sono pervenuto di nuovo, ho ricontrollato l'orario degli autobus;
e con il cuore che mi sobbalzava mi sono reso conto che avevo scambiato il
verso della corsa, che alle cinque e trenta era in arrivo l'autobus da
Palermo, per la quale, e tornavo a respirare, ripresa la circolazione del
sangue, sarebbe partito alle sei, in tempo, mi rassicurava la bella
ragazza dell' agenzia, per essere a Palermo alla stazione ferroviaria già
alle 19,30.
Avevo
un'oretta di tempo, ancora davanti, che spendevo per accertare dove fosse
con precisione nei paraggi l'area di parterza dell'autobus, non proprio
davanti alla Chiesa, come mi aveva indicato la ragazza dell'agenzia, ma un
poco prima, tra la macelleria e il negozio dell'ottico, e intanto, senza
allontanarmi più di tanto, per rifarmi di tutte le granite al limone che
non avevo ancora gustato sull'isola.
Arrivava
l'autobus, io ero già lì ad attenderloi smanioso,
confermato
di nuovo solo dagli altri in attesa, e arrivavo nell'animazione ed il caos
di Palermo e della stazione, vi facevo puntualmente il biglietto, un'ora
ancora davanti, scrivevo ancora una cartolina ai miei genitori, consumavo
un ulteriore semifreddo, in tal modo nonostante tutto l'anticipo,
arrivando sul treno che pressocchè ogni posto era già occupato,
accorgendomi che non era il caso di fare lo sfizioso su scompartimento e
vagone, solo quando non restavano pressocchè più posti liberi...
controlli meglio, signore,e vedrà che il posto che credeva libero è
prenotato, legga l'indicazione dei posti a iniziare dal rigo superiore, e
questo è libero? chiedevo a una ragazza che era lesbica, "è da
parecchio che coloro che mi hanno detto di tenerlo occupato se ne sono
andati, ci si sieda, vedrà che non ritornano",
meglio occupare anche il posto che risulta non prenotato nello
scompartimento accanto, non si sa mai, a volte ritornano anche i morti, già
la coppia di anziani che vi occupa due posti riservati mi ha fatto
compartecipe e mi appoggia, nel mio negare che esista alcun posto libero,
mentre mi stringe il cuore così privare chi ne è indigente uno dei due
su cui sono piazzato, mentendo a donne sole e anziane, a lavoratori che
andranno di me più lontano con i loro inscatolamenti, solo che quando con
l'arrivo del treno da Trapani arriva anche quel picciotto scarmigliato di
Alcamo che ha la prenotazione del posto in cui sono, con il quale vorrei
sostenere ben altre lizze e assalti tant'è veracemente bello nella sua
fresca vigoria sicula, americaneggiante, non vale a nulla l'altro tipo di
lotta che ingaggio, allorchè pretendo di rimanere perché sulla tabella
esposta sul corridoio il mio posto figura libero, e dico che io non posso
essere così costretto a sloggiare e a perderlo senza alcuna certezza di
ritrovarne un altro, devo fare ritorno
all'altro
scompartimento, rioccuparvi il posto dove in mia vece ho lasciaro uno
zainetto, mentre il nerboruto di Alcamo ritorna per scaricare lo zaino
lasciato a presidiare il posto che ho perduto, al che io mi scarico in
invettive inattese e stereotipe, " mica è sudicio e infetto, l'ho
lavato e rilavato prima di venire in Sicilia, dove non credevo di essere
io a subire un modo di fare razzista che non mi è
proprio", rimpiangendo all'istante di avere perso l'occasione buona
per essere ben altrimenti incisivo ed icastico se gli avessi replicato
" Ma come facciamo i nordisti qui in Sicilia, dopo che si è votato
così tanto Berlusconi (Forza Italia)..."
E
il treno parte e io preservo il posto, solo che stringe il cuore lo stesso
l'affollamento dei corridoi, la gente che insonne vi si sdraia e ciondola
il capo nella notte senza prendere il sonno, e quando all'alba, e sono
quasi le cinque, tra
un'ora dovrà scendere ad Agropoli, per la vicina Paestum,- esco per
andare alla toilette, dovere scavalcare i corpi distesi sul pavimento o a
ridosso l'uno dell'altro, con stretti tra le mani borse e bagagli, e una
volta che sono alla porta toilette, ingombrra di viaggiatori anche la
predella adoiacente, non potervi entrare perchè vi sono perennemente
occupati, da viaggiatori che non hanno dissenterie o diarree ma sono
abusivi, come mi tace di dire il controllore ch'è presso lo sportello.
E
ad Agropoli scendo, orino e mi
rinfresco alla stazione, e riassetto i miei bagagli, non più tra la
cortesia dei siculi, che sono cortesi, che accompagnando la bottiglia
dell'acqua che ti porgono con più di un bicchiere di carta, ti rimarcano
in che considerazione tengoono l'esborso che sostieni, o che enfatizzano
con tale tuo conforto quant'è
l'agio che ti recano " Qui lei fa il biglietto e subito parte lì di
fronte...", ma tra l'attenzione accorta della gente campana, quando a
te è attenta e di te si fa accorta, sicchè il giovane che mi ha indicato
per quale viuzza devo scendere agli autobus, come mi allontano dal bar si
fa sull'uscio per figurarmela concretamente, ed è già sveglio in una
carnalità ch'è fin esuberante e si fa eccessivamente rimarcata tanto
promana, come mi stordisce e diverte, nelle mie paturnie insonni, che in
autobus quando non sono ancora le 6,30 quell'uomo sprigioni già la verve
più irresistibile di una spiritosità continua, nel magnificare una gran
bela ragazza che va al lavoro" Eh, le belle donne e i begli uomini ti
sanno apparire sempre freschi".
E
a Paestum , quel giovane edicolante non la finisce pubblicamente di
soffregarsi gli occhi, di esibirti sbadigliando la sventura di non essere
ancora a letto, pur anche rinuncia all'incasso del prezzo del giornaletto
radiotelevisivo che gli chiedo, pur di non essere già forzato a disfare e
scartabellare anche il pacco dei settimanali...
"
Ih, lavora, per lavorare lavora chillu guaglione- dice il barista cui mi
rifaccio per la prima colazione- E' di Bologna....- schernisce quel
garzone.
Solo
che è già solerte al suo lavoro, subito rientra alla cassa dalle
chiacchiere con professore e il dottore, mi allunga per due volte lo
scontrino che non gli ho richiesto.
E
tra me penso che finchè è comune il rispetto della legalità, non si è
nordisti o sudisti ma felicemente padani o campani. Italiani, in
definitiva (insomma).
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