Il Cairo Fiumicino La
mortificazione antecedente alla partenza, vuota d'attese che non fossero
l'aspettativa della sola miseria, all'aeroporto si è lievificata in una
quieta calma interiore. Tramite
la lettura in treno del magnifico saggio breve di Cesare Luporini su
Leopardi, e del primo capitolo del libro di J.P.Vernant sui due volti
della morte greca, la mia disperazione con la morte negli occhi si è
alfine tonificata, e la mia virtù infelice, per usare i termini di
Leopardi, si è fortificata del suo disincanto, nella sua agonia in
perpetua lotta contro l' annientamento. Ma
ancora questo pomeriggio, alla vista nelle stazioni dei corpi essudati
faticanti, schermivo con asprezza amara l'illusionismo propagandistico di
felici vacanze, e mi chiedevo quale mai fosse il senso residuo del mio
stesso viaggio. Ma
è stata la stessa rinuncia a qualsiasi eccezionalità possibile di tale
mia esperienza, che mi ha consentito la liberazione di un sereno punto di
vista superiore, ed ora io sono più "pneumatico", per
esprimermi nei termini della Gnosi in cui mi vado addentrando, complice la
lettura stessa dell'articolo odierno sulla " Stampa" di Sergio
Quinzio; si sono così placate esasperazioni e angosciate tensioni dei
giorni anteriori, ed è con divertita immaginazione che imbalsamato nel
refrigerio dell'aria condizionata ora volo sulle rotte di New York- Los
Angeles, Bangkok-Singapore o Bombay-Sidney che gli avvisi annunciano
stasera in programma, riguardando le uscite d'imbarco come se
addentrassero nell'infinito di ogni possibilità reale; quand'io andavo
ricercando nella terra della Rivelazione più antica, il blackout di ogni
luce divina. La
catabasi Oltrechè
la stanchezza del volo notturno, durante il mio primo giorno al Cairo mi
ha obnubilato l'impatto stremante con l'afa del clima, tra l'animazione
caotica della megalopoli. Benchè
stordito ho risolto senza difficoltà rilevanti il problema dell'alloggio,
ed al Felfelà ho già sperimentato la possibilità di gradire la cucina
povera egiziana che v'era in lista, foul e bessara le pietanze che ho
assaggiato. Ma
allorquando nel pomeriggio ho voluto intraprendere già la visita al Museo
Egizio, dopo l'ingresso le forze mi sono venute meno, ed ho dovuto
arrestarmi alla XII sala, in preda ad una crisi di sonno che ha allertato
gli stessi custodi . Ma
ciò che visitandolo più mi ha sconfortato, è l'estraneità mentale con
la quale visionavo i reperti, benchè le mie letture e gli studi
preliminari io credessi che mi avessero compiutamente iniziato al mondo
Egizio. Forse
più impellente era l'esigenza di fare esperienza innanzitutto della Cairo
presente e viva; così, uscito anzitempo dal Museo, anzichè abbandonarmi
al sonno rientrando in pensione, ho preferito ritardare il riposo ed
addentrarmi nella convulsione del centro, sostandovi nei luoghi di
passagggio dei giardini di Ezbekeya, ove (tra i dormienti) torme di vecchi
vi avevano la dimora e il solo giaciglio in cartoni, fra immondizie;
all'altezza della panchina dove mi sono posto a sedere, un ragazzo
cercando di attingere da bidoni d'acqua, che vendeva ai passanti, di che sostentare
la madre e i fratelli vocianti, alle spalle di un suo spaccio adiacente di
poche assi connesse. Eppure
su quelle aiuole quali scene di convivialità serena, fra i gruppi di
uomini e di donne distesi a conversarvi. Ed
anche il giorno seguente, nel pervenire alla Vecchia Cairo del centro
copto, è la voglia di vedervi la vita delle plebi urbane, che mi ha
sospinto( per pervenire a Mashr el Qadima) a scartare le vie centrali,
accedendovi per le lunghe arterie polverose ove si addensa la moltitudine
più misera. E
tale procedere si è rivelato una vera catabasi: ovunque la commistione o
l'identità di cibarie e rifiuti, dei rottami e degli attrezzi, di macerie
e di abitate dimore, in un contatto dei corpi senza soluzione con la terra
e i liquami luridi; la polvere affocante a sollevarsi dappertutto
onnipervadente; fra gli accumuli vedendovi delle cenciose questuanti e
anziane donne intente, con dignità rituale, a distendersi su un cartone
quale stuoia fra i rifiuti per raccattarvi immondizie. Della
cultura copta mi è parso poi evidente il ricorso alla figurazione
ellenistica per distaccarsi dalla civiltà alto egizia, ed all'ornato ed
alle tipologie monumentali bizantine, successivamente, per resistere alla
penetrazione e alla dominazione islamica, pur tra le stesse significative
testimonianze di sopravvivenze e di assimilazioni tardoegiziache che vi
erano attestate, come il martire aureolato sovrastato dal disco del sole
compreso fra gli urei, od il Cristo in croce su cui gravava il falcone di
Horus, a simboleggiarne la comune natura di Figli del Dio. E
pur se nell'arte fittile (la cultura copta) mi è sembrata differenziarsi
da quella islamica per un più persistente naturalismo, l'ornato astratto
forse ne fu (è stata) analogamente la vocazione più autentica, negli
stessi affreschi risultando evidente l'impaccio nella figurazione di
uomini ed animali, cui (presumibilmente) non è affatto estranea, in
entrambe le religioni, la reputazione negativa della materia e della
fisicità carnale. Ma
al ritorno non ho avuto il coraggio di procedere più oltre, nella mia
ulteriore catabasi verso il Forstat, ammorbandomi i paraggi di sterminate
cave di rifiuti riciclati in terracotte; così retrocesso, ho ricompiuto
il percorso iniziale sino al suo estremo termine nella città moderna, fra
la pressione circostante delle (avendo a resistervi alle) ripetute
richieste di elemosina, e dell'interessamento insistente di piccoli
cenciosi, finchè l'arrivo ai quartieri borghesi, all'altezza della
Corniche en Nil che fronteggia l'isola di Geziret, mi è stato il
terminale dell'anabasi al benessere islamico. L'asfalto,
i viali alberati, il profilarsi ordinato di quartieri e casamenti,
laddove, a poche centinaia di metri, nessun intervento sembrava essere mai
avvenuto a sollevarle, quelle genti, dalla loro prossimità con la terra e
la condizione d'origine. Giza Ieri
a Giza, finalmente, sfogando l'impazienza repressa di vedere le Piramidi e
la Sfinge. Eppure
anche in Giza tale impazienza l'ho soddisfatta in differita, sottraendomi
dopo l'ingresso al fascino incombente delle moli immani. L'arsura
mattutina era canicolare, ed io mi sono arroccato all'ombra di una
rientranza della piramide di Cheope, a consultarvi con fatica le notizie
più generali della guida, mentrer centellinavo l'acqua che sorseggiavo
dalla mia borraccia, la calura in breve tempo essicando la gola. Ed
è nel travederne i balenii sul fondo, che ho sentito rivivere il
significato di vita,( per gli antichi Egizi,) di quell'acqua e di quella
luce che vi si mescolavano; l'acqua dell'offerta rituale ai morti, per la
sopravvivenza, lo stesso fluido liquido che scampava al deserto le terre
fertili che vi avevano fine, la luce del Sole la vita che cresce
(alimenta) ciò che germina l'acqua; ove questa manchi, ma di Seth
l'imperversare altrimenti nella devastazione infuocata. Ed
in unione e in contrasto con l'ombra, era la stessa luce abbacinante, di
quelle immense pareti, a esaltare il delirio di immortalità divina più
monumentale mai concepito, la
loro possanza ancora a
proclamarsi eterna nel tempo; le obliquità intercidentisi,
perfette, immemoriale sulla via di fuga del deserto. Ma
per il corridoio ascendente e la grande galleria, quando vertiginosamente
mi sono addentrato nella camera mortuaria di Cheope, quella celebrazione
esterna della vittoria sulla morte, nella luce totale, in quell'oscurità
ferale mi si è disvelata l'occlusione di un feretro, che non è più
nulla, nell'eternità più nera al cuore di quel tumulo immenso. Ove il
refrigerio e l'ombra, senza mai fine, non erano più che l'assenza totale
e il silenzio del mondo. Di
nuovo nel Museo Egizio Rieccomi
una seconda volta nel Museo egizio, all'altezza della sala numero 20. Ho
compiuto la seconda visita con l'ausilio della preziosa guida, di J. P.
Corteggiani, "L'Egypte dès Pharaons", grazie alla quale ho
potuto approfondire la mia intelligenza culturale di opere e capolavori,
quali la statua in diorite di Chefren, la cui divinità mi si è
manifestata nella identica potenza della sua natura umana ed animale, o la
scultura in legno del Sheik el Beled, nella vigorosa pienezza realistica
del suo volto di agiato appagato, o il gruppo di Rahotep e Nefret, invero
straordinario nella sua integrità, in particolare per la vitalità dello
sguardo che sotto il cristallo delle pupille intensifica il chiodo
brillante. E
quale sublime tensione ideale, in un
suo trasfigurato ardore di intensità sensuale, si esaltava nei
lineamenti scultorei del volto di Nefertiti, spiritualizzata dal comune
vincolo con Amenofi IV del culto radioso di Aton, e che finissima
modulazione dei corpi, nel panneggio, attuavano i frammenti del
flabellifero Nektmin e di sua moglie, di delicatissima espressione di una
malinconia trepidante. Grazie
all'orientamento critico del testo, fra le migliaia e migliaia di reperti
ho potuto rivolgermi ad opere singolari altrimenti significative, come la
tomba del nano Pteos, la cui stilizzazione si risolve nella sola
semplificazione lineare dei contorni della sua deformità, o la perfezione
nello spaventoso della statua di Thueris, interessandomi
quali icone soprattutto le immmagini dell'uccello-anima e del ka
regale, la statua lignea del re Hor, che ne rappresenta il ka, appunto,
mirabilmente efficace nell' incutere lo sgomento alla sua vista
dell'ultraterreno che incede. E
persistere in questa cumulazione di sarcofaghi e lastre, e
statue tombali, è ancora lungi dall'assuefarmi. A
Saqqara Come
oggi mi ha confermato appieno il viaggio a Saqqara, ben è vero che le
mete che comportano più arrischio e fatica sono le più memorabili
(significative) nel loro felice concludersi. Fin
da ieri sera avevo optato per recarmici in treno sino a Badrashein, chissà
come convinto che fosse la soluzione più conveniente e meno difficoltosa. Ed
invece la scelta del treno mi ha riproposto, ingigantite, le difficoltà
già ben sperimentate, nel recarmi a Giza, di viaggiare su autobus che non
recano che indicazioni in arabo. Già
in stazione è apparso subito un rebus identificare lo sportello giusto: "
Is this the ticket office where i can take the ticket for Badrashein?" "
No, for Askandaria. You have to go to tichet office at the platform number
..." "Where
is the platform number etc.. etc... "It
isn't there, it isn't this,
it's that." "
What? What?" "
That... That... Ma
il dramma autentico ha avuto( Il dramma autentico avendo)il suo vero
esordio quando ho cercato di sapere da quale ulteriore binario ed a che
ora partisse mai il treno. Ho
allora capito, finalmente, perchè nella tradizione coranica occorresse il
suffragio della testimonianza di almeno quattro angeli, o uomini, per
salvare o condannare qualcuno in cielo o in terra. All'Ufficio
Informazioni vanamente attendendo una risposta che non veniva da un
telefono in linea altrimenti sempre occupato; per cui mi sono rivolto a un
primo ferroviere che mi ha dirottato al binario undici per un treno in
partenza alle nove; alla cui altezza un secondo ferroviere mi ha invece
indirizzato al binario otto per un treno delle dieci meno dieci, dove le
più certe assicurazioni di un terzo ferroviere si tramutavano alle dieci
meno quindici nell'invito pressante a traversare i vagoni del treno or ora
arrivatovi, per attendere al binario nove il successivo treno desiderato;
dove un altro ferroviere, dopo ripetute assicurazioni e riassicurazioni,
che da quella piattaforma e da nessun'altra avrebbe mosso il treno per
Badrashein, all'arrivo del treno seguente sul binario numero otto mi
sospingeva a riscavalcare le linee prima del suo sopraggiungere, essendo
quello e non un altro il treno ch'io dovevo prendere immediatamente. Della
qualcosa non potevo oramai non chiedere più di una conferma, ricevendo
invece una smentita convinta da un altro solerte e stagionato ferroviere,
il quale tuttavia ha avuto il buon senso di chiedere l'attestazione delle
sue presunte certezze ad un viaggiatore sul treno, un lavoratore diretto
per l'appunto a Badrashein. Ed
in lui la mia esasperazione angosciata non ha potuto non credere si
rivelasse la Math. Il
treno per l'appunto si recava a Badrashein, da dove ho respinto le varie
sollecitazioni, in asino o in taxi, a raggiungere la necropoli a immodiche
tariffe, toccando a piedi prima l'oasi delle rovine di Memphis, quindi il
centro odierno di Saqqara, e poi, mediante il passaggio su un camion ed
una lunga camminata ulteriore, solo nelle prime ore pomeridiane giungendo
al sito archeologico di Saqqara Nord. Ove
di fronte alla piramide di Zoser, nell'ardore torrido di una luce
calcinante, ho ansimato ammirazione per la grandiosità monumentale, che
ancor più la risalta, del complesso architettonico nel quale da Imoteph
fu elevata, invasando l'immensa spaziosità orientale del suo grande
cortile con gli annessi edifici templari; riattinte poi le energie fisiche
al centro di ristoro, d'improvviso, in quella apparente distesa di soli
ciotoli e sabbia e sparse casipole, come per incanto nel refrigerio
sotterraneo di mastabe e di templi, penetrando nelle vastità catacombali
del Serapeion, poi accanto nella casa di vita ultraterrena di Ti, il
Serapeion, con le sue gallerie aperte sulle cavità sepolcrali degli
imponenti sarcofaghi degli Api, riesumandomi la solennità della morte
nella cultura ellenistica; mentre nell'addentrarmi nella splendida mastaba
di Ti, delle tante varie scene di allevamento e di pesca e di vita
domestica, di navigazione e di vari generi di attività agricole,
incantevoli nella raffinatezza più accurata dei vivaci dettagli, mi ha
esaltato l' esito totale, così mirabile e intatto, di denegare la morte
nella continuità felice di una vita padronale inesausta. E
dato che l'orario di chiusura era già scaduto, ho poi dovuto ricorrere
alla infallibile bakshish, con i guardiani, per poter vedere le due
ulteriori mastabe di Ptaoteph e di Merekkuka. Quindi, non avendo altre
certezze che la via del ritorno, ed essendo già sul far del tramonto, ho
ripreso a piedi il precedente percorso. Lo
stesso paesaggio della valle dintorno, alla felicità interiore del mio
animo contento e calmo, mi è allora riapparso nel suo antico splendore;
di lontano, oltre le palme, il disco solare lentamente calando oltre la
piramide a gradoni, mentre fra le stesse palme, nei campi rigogliosi e
lungo gli argini di rivi e canali, la più quieta vita animata vi
trascorreva lenta, nel viavai di donne in nero e di bambini nei giochi,
dei fellah intenti al trasporto delle erbagioni raccolte, gli anziani e
bambini su asini e cammelli docili andanti, mentre nelle radure di palme
seguitava il calmo discorrere dei gruppi di uomini e donne, da loro poco
distanti le greggi raccolte. A
tanta beatitudine di scene di vita, sono giunto per nulla affaticato a
Badrashein, dove un avvocato che comprende parzialmente l'italiano mi ha
accompagnato alla stazione degli autobus. Ed
alla discesa dall'autobus, un altro anziano egiziano mi ha consentito di
prendere con lui di corsa l'ulteriore bus che da Giza conduceva sino a
Midan el Tahir, ove un giorno così pienamente felice nella sera
felicemente ha avuto termine. Nel
caffé Fishavi Nel
caffè Fishavi, nel bazar di Khan el-Khabili, cercando di trarre un
consuntivo dei miei giorni al Cairo, ( di quello antecedente e dei due
successivi alla mia escursione a Saqqara,) la mattina e il primo
pomeriggio rivisitando il Museo nazionale, e fino a sera i monumenti
islamici ed i quartieri arabi. Da
ore indugio fascinato nel caffè Fishavi, ove sorbisco in quanto breve
volgere la delizia deliquio di un Karkadè, il suo interno il panopticon
dello splendore in rovina dei quartieri
circostanti; sulla parete a me di fronte, ed in quella alla mia
destra, esornate cornici polverose vi
racchiudono polverosi specchi che non riflettono che una luce falba,
accanto a (mentre) delle fioche lampade
che fanno le veci dei polverosi lampadari spenti; su séparés, ed
agli angoli, ebollitori vuoti in ottone magagnati senza funzione alcuna,
le sparse sedie, tutte intorno, sbrecciate nel loro prezioso intreccio,
laddove (mentre) in alto, accanto ai ventilatori in azione, sovrastano
opachi i quadri di ufficiali di antichi reparti, presumo ottomani, sulle
pareti e dovunque diffusa una consunta patina ocra e giallastra. Fra
i tavoli un continuo viavai di venditori e lustrascarpe e questuanti, il
clamore e le musiche arabe incessanti nei vicoli intorno. E
questa fatiscenza e miseria di una animazione laboriosa, sono l'identico
crogiuolo ovunque di tali genti e quartieri; ove sovrastruzioni di
bottegucce e laboratori, e i continui sterrati, erodono antichi portici e
sebil kuttab e pavimentazioni in rovina; tra cumuli di spazzature e di
depositi, quali splendide madrase e palazzi decadendovi a future macerie. L'arte
islamica del Cairo Nella
madrasa di Hasan, come nelle mosche di Al-Ashar e di Ibn Tulun, ciò che
vi ho rilevato di più significativo è la centralità che vi assume il
cortile dello shan, tanto che la sala di preghiera non è più che l'ivan
principale. Quasi
perchè il cielo e la luce e le stelle, nello shan rimirate, avessero ad
esservi espressione (immediata) della potenza infinitamente infinita di
Allah, e non occorresse, come nell'arte ottomana poi codificata da Sinan,
ricercarne l'espressione simbolica nella sfera, assolutamente perfetta, di
una volta in se concentrica di ogni (orbitare) ruotare dei mondi. E
di che pregio mi è parso nei templi il progressivo illegiadrimento
decorativo esteriore, particolarmente nello shan della moschea fatimita di
Al-Ashar,e in quella mammellucchide di Khayr-Bey ( presso la moschea Blu),
o nella madrasa-mausoleo di Qalaun,- nella moschea anteriore di Ibn Tulun,
l'ornamentazione essendovi in più diretto contrasto con la gravità
imponente delle masse murarie. Di
cui nel respiro grandioso e severo della cinta muraria e del cortile
centrale, come nel raccordo elicoidale alla moschea del minareto, al pari
che nel grande vano della piramide di Zoser, ho riavvertito l'ascendenza
mesopotamica, o mediorientale, di invasi solari a elevare l'uomo alla
divinità tra gli astri. Gli
aquiloni nel cielo della Città dei morti Oggi
è stato l'ultimo giorno ancora al Cairo, nei quartieri arabi visitando
gli edifici civili e le case superstiti del passato. Particolarmente
nella casa Shabshiri mi ha suggestionato l'aprirsi sul qaa, ove si
ricevevano gli ospiti, delle sovrastanti sale schermate laterali,
supponendovi la discriminante tra un androceo ed i ginecei circostanti
(del tahtabush) dai fioriti balconi a sporto, che l'eminenza della loggia
aperta del maqad sembrava configurarvi. Gli
ultimi peregrinamenti, poi, nell'aqquartieramento nella necropoli dei
profughi della guerra del Sinai. E
gli aquiloni alti nei cieli dei bambini che vivono nella Città dei Morti,
è l'ultima immagine del Cairo che ora mi si libra. El-Minya
Beni Hasan Asiut Quanta
stanchezza residua accumulata nelle mie peregrinazioni per il Cairo, era
stamane gravante nelle mie gambe cedevoli e molli. L'interminabile
viaggio, poi, in un omnibus sconfortevolissimo, mi ha stremato sin quasi
allo svenimento tra quella congestione di passeggeri ed istrioni e
postulanti, nello sfilare penante di una processione ininterrotta di
storpi ed acquaioli e venditori di bibite, tra una sporcizia nauseolenta
ed un tale appiccicoso colaticcio, per la frequentazione dei vagoni di
uomini e bestie, da provocare il ritegno
continuo del respiro e dei sensi. Giunto
in El Minya, nel conforto dell'Hotel e del ristoro di una doccia
tonificante, il torpore latente della stanchezza si è presto diffuso
nell'umido languore di un sonno incessante, nonostante il clangore e lo
sferragliare sottostante di ogni sorta di motori e di clackson tra il
ragliare degli asini. Così,
nonostante i miei intenti di verificare le possibilità di effettuare i
tours nelle zone archeologiche circostanti, dopo le tre sono decorse inani
le quattro, dopo le quattro le cinque, poi le sei, le sette, le otto, nel
più vano richiamo nel dormiveglia a risollevarmi ed agire. Solo
poi tra le otto e le nove, al più energico appello di uno (un
mio) stato di freschezza (delle membra) più vivo, infine sono riuscito a
riergermi da quel sensuoso umidore, e benchè sul tardi mi sono
puntualmente rivestito nella mia tenuta più occidentale, in boxer,
t-shirt, berretto yankees e calzettoni abbassati, così uscendo
vistosissimo per le vie (del centro) di El Mynia, tra i continui "
Mister", "Hello" e "Welcome" di giovinetti e
bambini ovunque io andassi, nei giardini gremiti o per le vie affollate di
minibus e calessi, come avvintovi dalle luci diffuse e dalla presenza
ovunque di gente per le strade festanti, sempre più avanti verso
luminarie più vivide, quasi di tanta vita cercando il cuore raccolto. Presso
le tombe di Beni Hasan Una
brezza che spira dal Nilo ora tempera l'afa, mentre io resto in attesa del
traghetto di ritorno dalle tombe dei Principi del Medio Regno. Nei
suoi meandri fra i canneti, il Nilo una
striscia d'azzurro fra il rigoglio dintorno. Vivido
nel verde fra le palme, qualche contadino vestito di bianco è ancora al
lavoro fra i campi nel meriggio, o su asini lenti ne trasporta il
raccolto, mentre altri all'ombra riposano dormendo. Un
battito continuo giunge di lontano, inframmezzato dal raglio degli asini. E
fu in queste anse del Nilo, un poco più in alto, che l'imperatore
grandissimo patì il lutto infinito, che nelle acque antistanti l'approdo
ad Ermopolis, Antinoo si tolse o perse la vita. Quanto
molle la sinuosità del fiume qui trascorre lenta, come facile vi è
l'abbandono o il languore nella certezza diffusa, per un sommo, prima
dell'urlo, di sentirvi la propria vita divina... (Delle
sepolture di Ben Hassan, intanto annotando che ho ritrovato
particolarmente rilevanti la figurazione stilizzata delle offerte
votive nella tomba numero 2, e la conformazione funzionale dei colonnati a
forma di loto o "protodorici". Nelle
rappresentazioni diffuse sulle pareti arieggiando una certa facilità di
usi e costumi, e uno spirito di assoggettamento dei committenti sepoltivi
oltremodo appagato.) A
Tell el-Amarna El
Minya 30 luglio Ieri
con i minibus sono riuscito a visitare anche Tell el-Amarna, la desertica
sede del conato monoteista di Amenoteph IV. Nella
reiterazione tombale (iconica) degli stessi motivi rituali, conseguita
tramite l'estenuazione espressionista dei corpi e dei gesti,- penso in
particolare al mirabile dettaglio dei suonatori genuflessi sotto il disco
solare-, il tentativo di Amenofi IV a me è apparso come animato dalla
volontà di imporre una illuminazione, onnipervasiva, che troppo confidava
nella potenza di irradiazione di un centro di puri fedeli. Ma
essendo già tardi quando vi sono pervenuto, illudendomi di una velocità
dell'animale maggiore che la mia andatura, per visitare Tell el-Amarna
sono ricorso ad un asinello e al ragazzo che lo conduceva, e oltre
l'ingresso, nella sua disponibiltà motivata
dalla simpatia reciproca quanto inestricabilmente volta alla baksish, mi
sono giovato del giovane zio del ragazzo addetto alla custodia delle tombe
Nord, che ha fatto (espertamente) ricorso ai riflessi di specchi per
illuminare ogni dettaglio che scrutavo, e nel congedarsi mi ha poi
riparato l'inanellatura rotta della( mia) borraccia. Andando
così oltre ogni loro aspettativa, e benchè lo zio custode già mi avesse
ingannato nel pagamento del biglietto d'ingresso, ch'io ho pagato quattro
volte più caro, quattro volte più di quanto non si attendessero entrambi
ho voluto ricompensarli, rinunciando per giunta a fare ritorno in sella
all'asinello penoso, sul
quale trionfante e sorpreso fra i divertiti commenti, se non i lazzi, di
alcuni suoi coetanei accorsi al caso strano, il giovane ragazzo mi ha
fatto da scorta fino al Nilo, al mio imbarco egli cercando di ottenere
ancora baksish, nel timore evidente che lo zio non gli riservasse della
mancia che poche piastre di spiccioli. Poi
l'avventuroso ritorno a El-Minya da Midawi in taxi multiplo, il cui
conducente, per un tragitto di oltre 50 km non mi ha richiesto che un
pound, quando il tassista che al Cairo, da Shari Talaat Harb mi ha
condotto alla stazione distante non più di due chilometri, mi ha estorto
5 pounds. Tanto
relativi sono in Egitto i prezzi e i compensi e il valore degli altri, così
come il sentimento che Allah o Dio o chi altro ci legga nel cuore. Ed
io stesso in El Minya, nello scendere dal minibus o nel salire l'ascensore,
di nuovo ho negato al più meritevole garzone od inserviente, quanto di
baksish il più volgare opportunista o truffatore mi ha strappato di mano. In
Assiut vero Luxor Due
sono le domande ineludibili che ogni arabo pone: "Tu
credi in Allah, Gesù Cristo o il Dio dei Giudei?" "
Sei maritato?" Due
domande delle quali congiungo sempre la stessa risposta: "
Io non sono maritato in quanto non credo" Una
menzogna che nella sua ragion d'essere ha la sua verità. Nel
Cairo, o da Abu Qasr verso Beni Hasan: uomini
e donne, nei suburbi e nelle campagne, che lavorano analogamente la farina
e lo sterco, nel compattare pani o muri di riparo. E
il loro stesso formaggio è intriso di terriccio, così come lo vidi al
Cairo ammassare al suolo. Dal
quale eppure in sguardi è ancora una sublimazione celeste. Luci
di stelle sul deserto di Akenaton Akenathon Luci
di stelle sul deserto di Akenaton, nella
sabbia inneggiano salme ancestrali, lo
stesso, nel chiarirsi del varco, l'Orizzonte
dolente a luminarvi d'eterno, "
Ed io respiro il dolce alito che si esala dalla tua bocca, dammi
le tue mani, ove tutto il tuo spirito fluisce, invoca
il mio nome nell'eternità ed
io in te non abbia a morire mai", le
labbra e pupille affinatesi in estasi, "
io vedo ogni giorno la tua bellezza, il
mio desiderio è la mia giovinezza e
la mia vita di nuovo per amore di te", l'ombra
e la sete di nuovo dei vivi, un
raglio nell'afa alla soma che pesa, il
rombo del sangue, l'angoscia che ansima, cecità
e passi fra slogan e folle.
1987-88
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