Algeciras-Tangeri Tra
liquame e sterco E
tra liquame e sterco congiungono le mani e invocano Allah. In
attesa di salpare per Tangeri, in Algeciras già ero nella necessità di
rappresentare in parole l'orrore di ogni viaggiare comune, tra gli esodi e
le transumanze sudanti di estivanti e immigrati, su che treni lerci di
carnai seminudi, nel colaticcio per ore e ore in una sonnolenza insonne,
soggiacendovi al lezzo di cessi e di corridoi tracimanti di feci e di
orine. Così
traversando la vuota vastità in ogni dove di guadagnare e divertirsi, la
identica nullaggine ovunque in altre culture ed altre lingue, come alla
lettura in treno di un settimanale spagnolo di pettegolezzi e scandali,
nell'amarezza dell'infinita miseria di ogni mondanità e successo e moda
in voga, che si tratti del " corazon conquerido" o della"
ultima hija ( muy hermosa)" di questo o quel cantartista
intervistato, che sia il caso della nuova "costumancia" dei
capelli umidi, o della vecchiezza imbalsamata in un lifting di una diva
decrepita. Eppure
l'oroscopo che vi ho letto su invito di un apparente apolide plurilingue,
rivelatosi poi un marocchino, sfavorevole a ogni intrapresa e progetto,
come già in Italia una lettura degli astri della settimana scorsa, non ha
ancora finito di inquietarmi: ora che desisto dallo scrivere per fissare
tra le brume la impervia mole dello sperone roccioso di Gibilterra. Rammentando,
più che Ercole ed Ulisse, la Penelope Molly Bloom dei primi invasamenti. Poi
nel fetore dei vicoli di Tangeri, finchè a una fragranza di oleandri
nella sera. Rabat Lixus-
Larache Ieri
l'altro nella sera a Tangeri, nella sua biancheggiante casbah andalusa, e
ieri già a Lixus, spinandomi i rovi e i pruni per i crinali mitologici
degli aurei pomi delle Esperidi. Ma
la troppa esposizione al Sole, ritrovatomi privo di acqua e di viveri, mi
ha debilitato sino allo stremo delle mie forze, così ho rivolto alle mie
energie l'ultimo appello perchè mi sospingessero sino a Larache,
candeggiante sul colle luminosa nel
sole come un sofferto miraggio, ove le bevande gassificate, nel primo
luogo di ristoro reperito, anzichè agevolarla hanno causato un'ostruzione
ulteriore all'ingestione di cibo. Così
sono rimasto bisognoso di alimentazione senza riuscire ad ingerire cibi,
trascinandomi a fatica per l'animazione e i fetori della kaysaria, sino ad
un bar dove ho tentato invano di tramutare la Coca Cola in un digestivo. Vi
ho carburato invece un ulteriore onere per lo stomaco, con l'acqua
sorseggiata cercando poi a lungo di diluirlo, sinchè mi sono disgorgato
in qualche modo, ed anche un gelato mi è stato possibile sorbirvi con
acqua tonica in una cremeria. Al
ritorno, un giovane studente marocchino con la sua bassa voce mi ha
espresso tutto il suo tormento di recarsi a Tangeri a cercarvi un lavoro
estivo, per integrare la sua miserabile borsa di studio trimestrale di 500
dihram, dovendo così interrompere il suo corso di studi su Henry James
per una tribolazione oscura e
sordida. Al che gli ho illustrato la situazione italiana, ove invece i
ricchi e gli uomini di successo sfoggiano il più popolare disprezzo per
il sapere, poichè un secchevole intralcio per fare fortuna, ed i giovani
generalmente sperperano la possibilità di godere di un'istruzione
pubblica. Nella
attuale situazione sociale del Marocco, è ben comprensibile che l'odio
per i ricchi ed il loro sistema teologico-politico possa indurre i
miserabili all'utilizzo delle letture clandestine anche dei saggi in
francese di Leonida Breznev, come l'opuscolo che ho avuto in visione in
casa del fratello del giovane che sulla spiaggia di Tangeri, domenica
pomeriggio, mi ha custodito gli effetti personali mentre facevo il bagno,
o che l'operaio che mi è stato di compagnia e guida in autobus da Tangeri
a Lixus, lunedì mattina, mi abbia detto di fottersene della religione e
della preghiera, così come i due fratelli si sono dichiarati
perfettamente d'accordo (con i miei convincimenti) che non esista niente
dopo la morte. In
Rabat Da
ieri sono qui in Rabat, dove lo spossamento del viaggio mi ha consentito
di riacquisire il piacere estremo del riposo fisico, dopo la visita nella
stremo mentale della medina principale e della kasba degli Oudaja, giù
per via Bazou sino al giardino incantevole degli Andalusi, sorbendovi uno
squisito tè alla menta nel café Maure, al rientro in albergo per
rimanervi nel fondo del deliquo del sonno (sin) dal primo pomeriggio fino
al giorno seguente. Ed
oggi nella piena freschezza fisica ho potuto così visitare attentamente
il Museo archeologico, ove alla giovane addetta, che me ne ha richiesto un
giudizio, ho avuto modo di esternare la mia
ammirazione per la visualizzazione stratigrafica e la disposizione
per tipologie dei reperti
delle culture materiali e delle civiltà del Marocco, nel loro succedersi
per come ne sono così evidenziate le influenze l'una sull'altra,
trovandovi interesse in particolare all'archeologia islamica. Di
straordinaria bellezza i bronzi antichi; oltrechè l'Efebo coronato
d'edera, soprattutto il cane di Volubilis e il busto di Giuba. Per
i viali di Rabat amministrativa sono poi disceso sino alla necropoli in
appartata rovina di Chellah, in essa aggirandomi tra dirute moschee e le
pietre tombali di chi fu la potenza del Sultano Nero, accanto ai resti
dello splendore del "Sole del Mattino", sua sposa, sino
all'estremo sospingersi intorno del delizioso giardino, nell'odorosa
fragranza di oleandri tra un esubero di splendidi fiori; al limitare
crepitanti nel sole le nude pietre dell'antica Sala. Oltre
il Palazzo Reale sono rientrato infine in albergo nella calura meridiana,
sotto la chioma radente del lungo viale adiacente risalendo sino a Bab er
Rouah, della quale, come già della porta dell'Oudaja, mi ha suggestionato
il risolversi di festoni ed intreccio nella morsura (dell'apprensione)
flammea del fuoco, ove l'intreccio ne addenta l'approssimarvi della volta
dell'arco. Infine,
tra sole e mare, sconfinando sino alla torre superstite dell'immane
spianata della moschea di Yacoub el-Mansour. Nel
souk nessuna merce preziosa è esposta con la pretenziosità delle
boutiques occidentali di esibire un esemplare esclusivo - per lo più nello smercio ridicolizzante di un"
esclusivo di massa"-: nei souk anche i prodotti più pregiati
succedendosi a cumuli in negozi adiacenti. Nella
penombra delle volte, agli squarci dei vicoli, la vitalità vi ha bagliori
di luce e colori tra bianco e neri o delicati fetori di morte: quando alla
fine arena dei cumuli nei barili di aromi e di spezie, ai vividi agrumi
tra il verde di baschi di menta e di odori, si alternano le annerite teste
e le bianche viscere o le scarnificate unghiature di zampetti di montone,
o le carni macinate costituiscono compatte calotte in rosea vista. Nel
percorso del lungo viale del Palazzo Reale,
prevedendo che la intellettualità miserabile e la progressione
demografica ( il 47% della popolazione marocchina non è nemmeno
quindicenne) siano i fattori interni che potranno consentire, un domani già
prossimo, di visitare anche il Palazzo Reale come una testimonianza
monumentale del passato. Salè 3
agosto 1989 La
medina di Salé mi si è rivelata nei suoi variegati commerci disgiunti:
di sgabuzzini-negozio di soli tamburi e setacci e soffietti, altri di sole
cucume e carabattole e pentole, anditi- antri unicamenente verdeggianti di
erbaggi e di odori, altri luminosi di unici agrumi, in empori più ampi il
traboccare dai sacchi delle varie chiarità
di grani e farine e paste, in altri lo splendore (le accensioni in
altri) dei verdi, dei gialli, dei rossi e dei marrone di fulvide droghe,
nei negozi di carni illividendovi lingue morte e mucose di stomaci di
ruminanti, in che esaltazione circostante di voci e di profumi incessanti! Nel
giardino degli Andalusi Anche
il giovane arabo rimpianto che mi ha discorso ieri l'altro nel giardino
degli Andalusi, mi ha confermato in una sua reazione istintiva come la
solitudine improcreante sia per un arabo comune l'orrore della sorte. Più
intollerabile del destino stesso di nascere donna. Non
esiste qui ancora una cultura del singolo, così come una donna - mi
dicevano i due fratelli incontrati in Tangeri- nell'assenza di una tutela
sociale cerca ossessivamente un matrimonio qualsiasi. Ma
io stesso, più che nella modernità occidentale, come l'ultimo Foucault
ho attinto nel paganesimo il pensiero per sostenere il mio destino di
singolo, e non patire una sorte che al cospetto
del mio stesso conformismo (interiorizzato) sarebbe l'orrore
altrimenti di non essere un uomo. E'
mediante la cultura stoico-epicurea che ho così raggiunto il timbro
sprezzante che amareggia il mio narcisismo, nel gusto virile di esaltarmi
del mio annientamento. E'
la stessa voce dell'anima che ha ricusato ieri l'offerta di lasciarmi
fotografare da un gruppo di giovani cui avevo scattato una istantanea,
"Perchè niente deve restare della mia fisicità materiale",
dicendomi intanto, volto alle rovine nel sole dei caseggiati della Sala
romana. Nella
notte di Essaouira E
una diversa voce dell'anima, nella notte di Essaouira mi suggerì invece
di accogliere il suo corpo nel giaciglio del tanfo, non altrimenti
largendomi il caso il suo amore fisico. "e
l'anima si eleva a splendore di ardore, nel
fetore dei vicoli a un incanto di carni, godendone
riversi nell'immondo, poichè
non si dà altrimenti l'incanto di rose, e
non si riconcede alle labbra
il fervore,
.............. Poi
nel diverso sospingerci dell'urgere, l'inesorabilità di distanziarci, al
martelletto artigliato della sua porta rispondendomi il solo silenzio;
quindi cercando invano il confort di un hotel quanto più di lusso, nel
giorno invaso di folla dell'elemosina ai poveri, per una sublimazione
dall'immondo addosso, di quell'andito di consumazione della rarità di un
piacere irregolare. Ed
Essaouira, la ben disegnata, è oramai anch'essa un folgorante ricordo nel
suo impervio biancore, oltre i bastioni l'Atlantico infinito tra sartie e
gabbiani,- a un fresco di voci e di cielo, nell'animarsi incessante del
porto e dei souk. Ove
tra radici per dimagrire o ingrassare, o fasci di cortecce contro i mal di
denti, figuravano barattolini di mosche cantaridi quali sicuri
afrodisiaci. E
una di esse, per un dihram, con un flaconcino di essenza di gelsomino,
nell'angolo di un sacchetto ora giace per
sul ripiano della mia camera di albergo in Marrakesch. al
lontanarsi di rifiuto ed espurghi il
fluttuare di gabbiani tra cielo e mare, svoltando
nei deserti di palme nei silenzi di uadi, nel
riaffollarsi tra
gli afrori di aromi fragranti ciotole
e mani insudiciando dihram
........................ Come
esaltavo ieri al giovane militare seduto a me accanto sul pullmann da
Essaouira a Marrakesch, il fascino del Marocco
per un europeo è di ritrovarvi ancora scene di vita in Occidente
perdutesi: alla fermata del treno, nella vastita sperduta tra Ben Guerir e
Safi, i congiunti in attesa delle donne con calessi e trabiccoli di ogni
sorta, o l'assistere nelle aree di battuta alla trebbiatura della paglia
compiuta da un somarello che vi ruota sopra. E
riferendomi all'ora legale, che ritarda di due ore l'orario in Europa, al
giovane militare che non aveva per
la miseria del suo popolo che parole d'ordine, dicevo che è lo stesso
dell'ora anche più in generale, " che nell'Occidente, il Levante
dell'Africa, ogni cosa prima vi nasce e vi termina prima". Re
Hassan Re
Hassan Le Rèunificateur,le Salveur, le Rassembleur, il suo ritratto
dappertutto, incombente onniveggente tra le fronde e i pilastri nei punti
più impensati. Dall'alto
sorridente, charmant, nella tutela islamica dell'infinita miseria dei suoi
sudditi privi di tutto. "
Qui non si può lavorare, qui non si può studiare, qui non si può
neanche mangiare nè fare all'amore" già mi diceva il giovane
berbero dal bellissimo volto, turista straccione, in compagnia del quale
ho viaggiato da Safi ad Essaouira. Seguitandomi
a sorridere nel suo spirito eppure aperto alla vita. Azzurro
cielo Azzurro
cielo invoca azzurro mare, candida
nube il candido di vele, sono
gabbiani i gridii del cielo, a
palpiti in ali a inebriarsi, resiste
la fibra nella tesa, la
luce s'abbaglia in muri e marmi, il
nudo ch'è schianto il vivo aperto.
Essaouira
1989 Marrakesch La
berbera, la rossa. Marrakesch
la berbera, la rossa, dopo il Marocco biancheggiante ispano-moresco. Più
che i souks, la cui visita com'era preventivabile mi è stata disturbata
dall'invadenza irriguardosa di molti espositori, e di poveri in cerca di
denaro con l'offerta di un aiuto qualsiasi, il che mi ha forzato a una
chiusura mentale difensiva e irritata, è stata la Jemaa el- Fna la
rivelazione emozionante di Marrakesch, nella sua trasmutazione incessante
di personaggi e di attività (funzioni):
mentre vi perduravano al riparo di ombrelli mendicanti e ambulanti e
fattucchiere, succedendosi ( al succedersi di) novellatori straordinari
nel gesto e nel tono, con i loro uditori piccoli e grandi attentissimi
intorno, dopo che alle ciarlatane di medicamenti ed agli incantatori di
serpenti del mattino erano venuti subentrando
impiantandosi, nel pomeriggio, innumerevoli piccole bettole del
tutto attrezzate in minuscoli spazi, e suonatori e cantanti dei vari
generi di musica popolare del Marocco, nel continuo risuonare di
tamburelli e di flauti nell'aria pregna di voci e di odori... Nella
contaminazione generale il folclore eppure vita vivente; come nel caso del
novellatore a ciò aduso, che
per averne un obolo, sospende e riprende nei toni e nei gesti la
narrazione ad ogni mio tentativo di riprenderlo in una fotografia, senza
che mai il filo si interrompa della sua narrazione o della attenzione del
pubblico. Memorie
ed emblemi Ouazarzate Nel
pomeriggio quell'intagliatore, in Marrakesch, che osservavo mentre faceva
prillare con l'archetto il cilindro di legno, al contempo scolpendolo con
lo scalpello appoggiato al pollice del piede: nella sua gentilezza
cordiale facendomi il dono di un ninnolo intagliato all'istante, poi
prontamente accompagnandomi, come gliene ho parlato, dal miniatore lì
accanto delle tavolette in legno del Corano per i giovani allievi che si
diplomano; peregrinando
nella medina fino a rue Zul(t)ukoia, per indugiarvi stanco presso le
botteghe degli artigiani che riutilizzano pneumatici per realizzarne(
rappezzarne) anfore e giare e gerle, il caucciù brunito, in un riuso
ammirevole, nelle abrasioni ed incisioni di superficie nobilitandolo ad
esprimere le apparenze (i valori) del bronzo; per
ritornare di sera, nella stessa via, per entrare nelle meraviglie del
palazzo del Dar es Salam, ove tra gli stucchi e i marmi e le maioliche
profuse, mi sono esaltato a una cena superba tra musiche e danze, ( in un
) nell' addio a splendori e miserie della città "a Occidente
dell'Occidente". E
un attestato ulteriore, in Jemaa el-fna, dell'ostentazione del macabro del
mondo arabo: il dentista che vi ostentava su un tavolo dentiere e cumuli
di denti estratti nelle loro radici tenaci, tra orride immagini di gengive
infette; assorto, fra il
viavai, (In una ) nella calma consapevolezza del suo esperto mestiere al
servizio di Allah. Quindi
più di mille chilometri in autobus, nei due giorni seguenti, per
discendere il Marocco fino all'oasi di Tafraoute, e (per) risalirlo poi
lungo la via delle Kasbe da Ouazarzate ad Erfoud; in Tafraoute all'alba,
prima di ripartire, vanamente cercando di sublimarvi l'onere del viaggio,
nella contemplazione del frastagliarsi ovunque dintorno del granito di
rocce; dicendomi che solo a chi vive in quei siti, ed ogni giorno vi
assiste nel lavoro al compiersi di albe e meriggi e tramonti, ne era
riservato tutto l'incanto, per ritrovarlo eppure io, invece, nell'attimo
fuggente in cui il pullman è trascorso nell'oasi, allorchè tra il
pietrame dei fondali, l'erompere delle fronde di palme ha divampato lo
svolgersi allo sguardo del sedimentarsi del tumulto roccioso. Ma
tra Taroudant ed Ouazarzate, alla vastità nuda e infinita di valli ed
altopiani, (nel lontanarsi) nella profonda quiete della loro immensità
verdeggiante di oasi e pascoli, tra le fughe lontane di dirupi e di cime,
al (nel) ritorno ad ogni sosta di uomini e donne alla loro vita di sempre
in quella eterna (quietata) natura, mentre la luna ne argentava le
convalli e i rilievi, questo
viaggiatore errante per l'Africa berbera, il sublime naturale lo faceva
sospirare il perdersi eterno della sua noia in quei deserti silenzi. a
un ritorno alle valli esodi e traffici, di
chi rimane la fame incantando fortune,
................... Il
souk sbrecciato della cittadina ( Anezal) ove il pullman ha sostato prima
del sito incantevole delle vallate di Talouine, nella sua mescolanza di
berberi e di negri e di occidentali, in djellaba e short e zendadi e veli,
tra un incrociarsi di motorini e asinelli e autovetture, nel vario genere
umano di storpi mendicanti e lavoratori pezzenti, dei turisti in attesa di
ripartire e di giovani disoccupati senza visti d'espatrio, delle donne
berbere reinoltrate nel
viaggio pur occultandosi il viso ad ogni straniero, le negre invece
fiammanti superbe di bellezza e di ostentati drappeggi, i giovani
marocchini occidentaleggianti in esasperati
jeans od in vistose camicie, oppure altrimenti incappucciati in
tradizionali djellaba, nel suo continuo
vicendarsi era un microcosmo rivelatore di che cosa sia la società del
Marocco: la convivenza senza esclusioni di ogni genere di vita e di gente,
della telematica con la battitura del fieno tramite l'asino; il tangerino
che ti urla alle spalle "fouk you"perchè non ti presti, come (
ed )il cerbero di guardia alla via interdetta ai non mussulmani nella
medina di Marrakesch. Ieri
mattina una seconda volta, incredulo,al giovane in viaggio al mio fianco
da Tafraout a Tiznit, ho chiesto di farmi vedere il suo certificato di
lavoro: eppure era vero, come apprendista il suo ricchissimo zio
commerciante era tenuto a largirgli 4 dirham all'ora per una giornata di
12 ore lavorative. Esattamente 4 dirham all'ora: poco più del valore di
una bibita. E
nella realtà di fatto, egli che era ancora di nuovo disoccupato, aveva
ricevuto ancora di meno. Ed
ora, in Ouazarzate, un bambino alle mie spalle mi ha chiesto la marmellata
che aveva seguitato con lo sguardo e che non avevo consumato del mio petit
dejeuner. Or
ora mi sono prestato a una bambina, e sono entrato in misera dimora della
kasbah: il piano terra, un primo piano ed il terrazzo: i vani angolari e
laterali disposti intorno ad una sala centrale su quattro pilastri, che (
i pilastri) racchiudono al piano terra e al piano superiore una apertura
da cui gli interni ricevono una luce dimessa; lungo le attigue pareti
della muratura della kasbah, una stalla delle capre a un piano superiore. Splendide
all'interno le sole donne con i loro bambini, come gentili e discrete nel
tatto accorto della loro ospitalità, come nella richiesta sussurratami di
una sola offerta alla loro bambina; una di loro dicendomi " ici c'est
beaucoup" di un solo dirham. La
via delle kasbe Boumanle Come
descrivere l'incanto che vedo? L'uadi
sottostante il ciglio, nel tramonto s'increspa in spume terse tra il rosa
di(degli) oleandri e il grigiore argenteo di(dei) salici. Nel
folto più oltre delle coltivazioni nel greto, svariano le più tenere e
vivide tonalità del verde, intanto che tra i fusti, ove i sentieri si
incrociano, s'accampano (ancora) le macchie cinabro e azzurre delle vesti
di donne con i loro bambini, sul fondo la bianca figura reclina di un
coltivatore intento in un campo. E
più oltre, nel contrasto di un'ulteriore campitura di toni, dagli
sproni rocciosi s'adergono le cubature
delle case silenti, le
case del più bel paese che io abbia mai visto: in una distesa ed un
intersecarsi continuo (di volumetrie), raccordato(e)(l'una all'altra) dai
muri e dai ripiani dei tetti, (e) ravvivato(e) dalle sole arcate dei
portici tra i riquadri delle morte finestre, di volumi e volumi di dimore
irreali, ove sembra abitare immoto il solo silenzio, degli stessi toni
ocra e bruno violacei della pietra e della terra circostante di cui sono
l'impasto. Un paese tonale che sembra nell'Atlante la concrezione
fantastica degli abitati (dei dipinti) della pittura metafisica e dei
valori plastici del Novecento Italiano: ove le rare figure di persone
nella natura, appaiono le creature irreali di tanta pittura di città
morte di De Chirico, o le note di un vivido tocco, nel fondo, di una
pittura esotica di un Giovanni Bellini. L'inoltrarmi
nella valle del Dades Er
Rachidia 12 agosto 1989 L'inoltrarmi
ieri nella valle del Gades, fin dentro il canyon delle gole, è stato
l'addentrarmi in un dipinto fantastico, l'avventura oltre lo specchio
dentro il paese delle meraviglie di paesaggi d'incanto, nel rosseggiare
dovunque dintorno di rocce e dirupi, a ogni volgere di sguardo
ritrovandomi tra vette e creste e pinnacoli sorgenti fiabeschi, nel più
vivo contrasto con il verde brillante del fondo valle dell'uadi; le acque,
schiumanti, sottostanti in scrosci vertiginosi strapiombanti, fruscianti
nell'ardore dei toni come il serto di un fresco nastro, snodantesi (in un)
nel bouquet delicato dei cespi di oleandri rosei, tra il grigio argenteo
diffuso delle fronde dei salici. I paesi e le kasbe, di malta e pietrisco,
limitandovi negli stessi toni torridi delle rocce e delle crete di cui
sono l'impasto; come se un immaginario ancestrale vi avesse plasmato le
stesse immagini di paesi remoti e silenti, della volontà di ritorno alla
semplicità di forme dei primordi di quanto realismo magico della nostra
pittura, nonchè della
poetica di Strapaese, quei villaggi sospesi tra le uadi negli stessi toni
selvaggi e irreali della pittura del rientro all'antico (del ritorno
all'antico paese) di Carrà e di Sironi, nelle pareti e finestre e cortili
arrotondandosi nella morbidità di impasti e di forme e di luce dei
casolari di Rosai; trascorrendomi il tutto allo sguardo, come se nel
mixage di un cartoon le immagini reali si fossero trasfigurate nel disegno
animato di visioni di sogno eppure reali. Il
prodigio dell'incantesimo effettuale, verificandosi nella cordialissima
compagnia della coppia marito e moglie di insegnanti di Tours, che insieme
con l'autostop mi hanno offerto un concorso di entusiasmi e di
consensualità di spirito. Nel
Tafilalet nel
calcinarsi in tumuli e sabbie dello
sgretolarsi il deserto invocando l'eterno L'altro
ieri in autobus nel Tafilalet, procedendovi sempre più a rilento l'autocorsa,
nel biancheggiare ed il calcinarsi della terra e degli abitati che
ne sono l'impasto, fra i turbini, soffocanti, lussureggianti
i palmeti (lussureggianti) in una luce di morte. Dopo
che l'inerte distesa oltre Errachidia
di soli ciotoli e sabbia, d'un tratto sfagliandosi si è squarciata nel
fondo valle d'incanto dell'oasi rigogliosissima nel canyon dello Ziz. Inoltrandomi
sino a Rissani, più che per potervi vedere le vestigia aluite e degli
Ksar, per inorridirvi di come i bonbon e i dirham prodigati dai turisti,
ne abbiano mutato i nugoli di bambini in scimmie dedite all'assalto e al
lancio di pietre ad ogni visitatore. Meknes-Fes Baraka Meknes Ieri,
poi, risalendo da Errrachidia fino a Meknes, valicate le gole dello Ziz,
strapiombanti immani in canyon di una vertiginosa nudità primigenia, al
finestrino dell'autobus sono stato lungamente ad assistere al tramutarsi
dell'ambiente presahariano in quello mediterraneo delle città imperiali,
seguendone il progressivo cessare delle palme, nella pertinacia dell'alfa,
per i pioppi e i salici e i
cedri e le querce dell'Alto Atlante irrorato di pioggia, mentre con le
seguitanti greggi di pecore iniziavano a stendersi
(si stendevano) pascoli di buoi e cavalli,
cessavano gli ksar e gli abitati di malta e pietrisco, ed il bianco
ed il blu tornavano a tinteggiare pareti e finestre, in Azou facendosi
nordicamente spioventi i tetti maiolicati del verde dell'Islam. In
Meknes, avendo trovato il verso dell'orientamento e dell'albergo
nonostante le indicazioni giuste e insieme sbagliate cortesemente
fornitemi, è parsa volgersi di nuovo in mio favore la baraka, dopo che
avendone salutato imprudentemente i favori nel congedarmi dai coniugi
francesi alla partenza, coincidente giusto con il nostro arrivo,
dell'autobus di Tineghir per Errachidia, ho temuto mi si volgesse contro
nel Tefilalet, quando, per visitare gli Ksar e le koubbia nei dintorni di
Rissani, ho dovuto affidare il mio sac à dos e l'indicazione dei percorsi
a chi era del luogo, mentre il comportamento diffuso mi si rivelava nelle
circostanze stesse sospetto e
intento al raggiro: ora dovendoproprio a coloro se nulla è andato
perduto, compreso l'orologio che mi si era sfilato e mi era caduto senza
che io me ne accorgessi, e che un giovane esercente che mi vendeva una
bibita mi ha immediatamente indicato e raccolto. E
ieri in Rich, di passaggio all'arresto dell'autobus, nel mentre il giovane
inserviente negro mi serviva con tatto discreto un caffè e la spremuta
d'arance ugualmente squisita, è bastata a commuovermi la lista dei prezzi
diligentemente rifissata col gesso alle sue spalle, in arabo e in francese
sovraordinante la sua onestà compita, in una serie di cifre per uno
straniero del tutto irrisorie, sino ad un massimo di 13 dihram per un répas
complet: l'equivalente al cambio di una brioche con cappuccino. Ed
anche oggi, qui in Meknes, quanta cortesia onesta, ed inviti solleciti a
fare attenzione ai diffusi voleurs: un passante, ad esempio, indicandomi
di chiudere la tasca anteriore dovevo tenevo il portafogli, nel mentre
contrattavo un acquisto di cinture. Flash
di Meknes La
successione di una quindicina di negozi di barbiere, l'uno accanto
all'altro, in bella concorrenza nella place Lahdim; nella
Medina le botteghe- in particolare il negozio al numero 3 di Suk
es-Sebbat- ove sono in vendita le spole dei filati o le babbucce, i fusi
disposti in raggiera con le babbucce sovrapposte appuntite nei loro
ricami, in una varietà di colori gialli,viola, indaco e turchese dai
timbri sensuosamente liturgici; le
vie animate nella sera di bambini che giocano nella mellah, solo presso la
bella porta adiacente di Bab el Khemis riposandomi della loro invadenza; l'ascesa
conclusiva a Volubilis, per rinvenirvi come non solo il substrato berbero
dell'insediamento, ma lo stesso spirito ellenistico della sua urbanistica,
la subordinazione del pubblico al privato, ne determini l'assetto che
deroga dalla regolarità ortogonale, nel decentramento innanzitutto della
basilica e del Foro, e nell'interno delle ville l'ampliarsi del peristilio
e dell'impluvium; nel
congedarmi dal giovane gentile che accompagnandomi aveva affrettatamente
tentato i suoi approcci sessuali, dicendogli scherzando quanto sarebbero
più belle e pulite le città del Marocco e la stessa Meknès, se ad ogni
50 metri invece di una immagine del re offrissero( poubelles) un cestino
pubblico. Il
fascino di Fes Il
fascino primo di Fes, è la molteplicità vigilata di porte delle tre città che la costituiscono, e di esse, il
particolare fascino della Medina consiste nella fatiscenza delle murature,
erose ed annerite, delle sue case bianche nell'azzurro dei cieli,
travature mensole e sporti di legno sfacendosi sfibrati, lungo le salite trafficate da
asini e sgorganti delle fonti delle tante sorgenti del sito, un fascino,
di decaduto splendore, rievocantemi quello degli antichi quartieri arabi
del Cairo. Sulle
pareti rafferme la distesa di stuoie al sole, nei punti nevralgici i
tralicci di bambù addensandovi l'ombra con il fumo dei rosticcieri, gli
squarci di luce variegando, di continui riflessi cangianti, le persone
incessantemente che vi trascorrono, affollate lungo l'inerpicarsi e il
discendere delle viuzze, nell'allinearsi fragrante continuo di officine e
botteghe, com'è il minimo slargo ma il dedalo
frangentesi in antiche piazze di splendido incanto, quali il Souk
dell'henné, e più oltre la mirabile piazza Hejarine, alla svolta
rivelandovisi la grazia di un'apparizione estasiante, appena (come) allo
sguardo (si è data) è apparsa la finezza di stucchi e di fiori stellari
delle maioliche della fontana e del fondouk, nel traforato elevarsi
frontale della sua raffinata facciata; al riavviarmi, per essere poi
travolto nel tumulto di devozione dolciario liturgica, oltre l'horm, del
supplice flusso ruotante intorno alla zajouda ed alla grande moschea di Qa,
nel mescersi di zelo, e rigore di studi, di medrase e biblioteche e di
vani ardenti di ceri e di voti, il turbine di folla, prima dell'uadi e
degli scoli dei souk contigui dei tintori, infine placandosi
nell'ulteriore quiete rumorosa di piazza Seffarine, ove sotto i colpi
ribattuti degli artigiani, fuligginose luccicavano al sole le rotondità
in ottone di paioli e caldere. Verso
Nord, oltre le strettoie delle pareti precipiti della via dei sette
tornanti, inoltrandomi poi nel quartiere e tra le vasche di sterco e calce
e colori dei conciatori di Chouaria, nei cui pressi mi ha confortato la
solidale cortesia di quell'anziano negoziante, la bianca figura smagrita,
annuente nel suo ceruleo sguardo mentre il turista rampognava, esasperato,
all'indegnità protratta della condotta di disturbo di un giovane nei suoi
riguardi, denunciandone il bavare di una miseria senza vie d'uscita
dall'alveare della sua segregazione nella medina di Fes. La cui vista
dall'alto gli era propiziata,
il giorno seguente, dal luogo di sepoltura dei sovrani Merinidi, solo
pagando a un giovane studente che seguitava a ronzargli intorno come
guida, qualche dihram per un pò di tranquillità. Nel
lasciare ora Fes per i carnami estivanti di ElHoceima, nel rimpianto
superstite che l'inaccessibilità dell'Islam non consenta agli stranieri
che si aggirano per i peripli circostanti la moschea universitaria El
Qaraouiyyin, di riviverne su manoscritti e codici e astrolabi la grandezza
intellettuale nel tempo. Tetouan-Chafchaouen-Ceuta Dilungamenti Ora
è il dilungamento delle vacanze tra Chafchaouen e Tetouan, dopo l'inane
tentativo di acclimatarmi al ridotto di Alhoceima ed alla sua rianimazione
turistica, trovandovi piacevole solo il porticciolo e la trasgressività
del dilagarvi della birra, tra i chiassosi marinai e le allegre coppie
diliscanti sogliole sui tavolini all'aperto. Davvero
un incanto invece Chafchaouen, riposandovi in quella sua ombrosa frescura,
tinteggiata d'azzurro, delle case bianche inerpicate e spioventi della
medina sul colle. E'
stato poi l'arresto totale, alias il blackout, in Oued Laoui, l'esistente
lerciume degli hotels, invasati di liquame, e il puzzo onnipervasivo di
escrementi e di pesce marcio, più di quanto vi sia la mancanza generale,
all'arrivo irrigidendomi di acchito. Mi
sono poi riavuto a poco a poco, mentre come nel film Bagdad Café la
protagonista bavarese, nella povera città di mare discoprivo il luogo
possibile di una perdizione totale dal mondo d'origine, immersovi nello
spaccio ovunque di kif, sulle lunghezze d'onda interminabili di reggae e
di rock, i volti dei fumatori, decrepiti e giovani, tutti quanti
amichevoli e contenti di tutto e di tutti, "nel più bel luogo calmo
e tranquillo del Marocco", come mi diceva nel patio il mio ospite,
intentovi a fumare salutando cordiale la polizia del luogo,
anch'essa amichevole e contenta di tutti e di tutto, tra effluvi di hasish
sempre più intensi. E
come il giorno dopo, a Martil, passeggiando lungo il litorale sono stato
attratto dall'animazione di una lotteria di stoviglie, il cui richiamo era
un travestito intentovi nell'esibizione di danze del ventre, fra
l'attenzione insistita di donne tradizionaliste nel loro abbigliamento ,
ed un pubblico intorno al palco di bimbi assuefatti allo spettacolo;
particolarmente il bellissimo travestito di Martil, apparendo compiaciuto
di provocare il perturbamento più che il ridicolo tra gli spettatori. Un
seccatore E
Tetouan è davvero la patria felice dei seccatori più seccanti della
terra di Marocco. Particolarmente esemplare il tipo finale, giovane
studente povero di Informatica, nel quale ho avuto la disfortuna di
impattare; religiosissimo islamico, nella sua professione insistita di
fede, tranne che in ogni circostanza che gli prestasse l'occasione di
trasgredirne i divieti a spese del suo ospite, innanzitutto quello di bere
del vino, avendo il debito riguardo di intimare di versarglielo, piuttosto
di chiederlo, allo straniero cui ha attaccato quel giorno le sue ventose
aspiranti, intercettandone la sera come per caso il cammino sul quale si
è appostato, all'uscita dell'albergo in cui è venuto a conoscenza che
alloggia nel colloquio intercorso, nel pomeriggio, quando nella medina gli
è venuto in soccorso da un altro seccatore per assediarlo più
pressantemente a sua volta; nella sera quindi appiccicandoglisi, più
ancora indigesto, nel restaurant per lui proibitivo in cui lo straniero lo
ha invano rispettosamente invitato a lasciarlo solo, e dove invece quello,
senza scollarsi,tra un discorso risaputo e l'altro, tenta via via di
vendergli tutti gli articoli di artigianato locale di un presunto
fratello, o di affittargli la villa al mare di una altrettanto improbabile
zia, seguitando poi la successione di offerte di stuoie e cosmetici e
afrodisiaci vari già intentata nella medina, senza smettere quindi di
asfissiarlo anche all'uscita, per tentare di estorcergli una sua tangente,
d'intesa con i commessi, su questo o quell'articolo di vini e liquori del
minimarket nel centro, finchè a far erompere il vaso e a far tracimare i
coglioni del forestiero ha pietito la richiesta, forse quella più
urgentemente necessitata, dei dirham per se stesso quale studente povero
senza i soldi per raggiungere la dimora distante dal centro. Eh,
si, occorrerebbe redigere un vero decalogo, sia pure ambivalente, delle
leggi che valgono verso gli stranieri secondo questa genia diffusa: 1)
Per ogni servizio minimo è obbligatorio per qualsiasi turista straniero
un compenso imposto a muso duro, che è del tutto facoltativo per i
locali. 2)Sii
tu straniero a fare l'elemosina ai piccoli e ai poveri dispensandone i
loro connazionali; è a te che il piccolo e la vecchia e lo storpio si
avvicinano per primo. 3)
Lo straniero è invece obbligato a subire l'imposizione gratuita nei modi
più rozzi o arroganti di qualsiasi tipo di conversazione e transizione,
magari di scrivere loro lettere in italiano per lontani amici italiani, -
si è tutti amici in questo paese magnifico- o di ristare a sentire le
risaputezze più risapute su babbucce e poligamia, se non di dichiarare le
sue realtà personali più intime; 4)
le tariffe indicheranno un prezzo massimo valido solo per gli arabi, che
deve risultare comunque al di sotto del minimo imposto allo straniero; 5)
Lo straniero se è possibile, specialmente quando va di fretta, deve
essere ingannato almeno due volte: nella tariffa e nella resa del resto. 6)
Lo straniero non è affatto libero di volere la tranquillita o di ammirare
in pace ambienti e siti dei paesi arabi ospitanti: è invece diritto di
ogni indigeno disturbarlo senza tregua sin quando lui non lo paghi per
togliere il disturbo; 7)
Se è un altro arabo a importunare uno straniero, sii tu a distrigare
quest'ultimo dal seccatore di turno, se vuoi così illuderlo meglio di non
averlo già catturato a tua volta, 8)
Se sei tu studente e povero e il tuo governo ti largisce un sussidio che
è una miseria, lucra sul senso di colpa del professore o
dell'intellettuale occidentale: il tuo re e il suo regime ne andranno
assolti un'altra volta. 9)
Se è un passegero marocchino a non avere i soldi per pagare la corsa, è
lo straniero che deve largirglieli, non già il tassista suo
connazionale che può ribassare la tariffa collettiva in suo favore. 10)
Lo straniero che non sottostà a questi obblighi è lui sempre e comunque
un razzista: se non si presta, lo si mandi a fottere in mancanza di
pietre. E
ricordati che l'ospite per ogni arabo è comunque sacro. Epilogo "
E non lo sai che hanno un loro afrore africano..." oltre Cerbère il
giovane milanese così irrideva le attrazioni sessuali di una sua compagna
di viaggio occasionale, da lei ostentati in sfida allo squallore razziale
di quel gruppo di vacanzieri fascisteggianti, come si atteggiavano e
prepotentemente si professavano, prendendo possesso di un wagon lit dopo
averne stracciate le indicazioni dei posti prenotati. In
ascolto in un altro scompartimento, intanto io riavvertivo in loro il
puzzo dei fetenti italici, e in me riaffermarsi il senso della mia
indefettibilità di parte. Che
più importavano le quotidiane rivalse e le molestie insistite appena
patite? Di fronte di nuovo alle riaperte fauci del mostro.
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