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Il testo è commentato visivamente da opere di Paul Klee e di Egon Schiele |
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Silhouette IE' il
delirio di un'estate interminabile. Egli ne arde, ancora a sera, fra i
portici della città della sua vita ulteriore. Mentre
guarda le stelle appena sorte e intimamente pensa: " Il
Vero, il Bello e il Buono per me coincidono;
ma io non vivo che nella menzogna. Io non sono più che il mio compiuto
tradimento. Ho la maschera e le parole, il volto e i pensieri dei miei
stessi nemici. E non coglierò mai il bocciolo di quella bocca,
nell'orrore del loro sguardo con cui vedo nell'atto me medesimo ( per me
medesimo). Domani, come di nuovo ogni giorno, sarò fra loro di nuovo
gradevole e persuasivo. Ad insegnare anche al Suo impossibile corpo la
loro civilizzazione. Quanto intimidito soffocando, nella gentilezza, il
mio disgusto del loro cospetto. Quando a
loro è così gradevole, e cordiale, la dolcezza in cui si liquefa
l'orrore che a me (mi) suscitano. Delicato e
inesorabile nel sottrarmi ed ( e nell')eluderli... Ora è
lo
spirito del mondo la conciliazione generale, eppure la spietatezza è
in ogni rapporto. Ed io non so
se la mia presunta saggezza sia solo paura, o se la paura sia la mia sola
saggezza". Ed egli
riguarda quelle stelle incantevoli, nelle quali soltanto, a una infinita
distanza, il Vero ed il Bello ed il Buono per lui coincidono. Silhouette
II
L'assimilato Per le vie
della città invernale, tra le vetrine illuminate di soli vestiari. Se egli
pensa a chi può incontrarvi, la risposta è nessuno che non sia, in un
dipinto o una musica, di un'artista l'anima morta. Egli vi è
implacato il suo orrore degli altri, il suo odio è il suo stesso respiro
ed il suo stesso sguardo. Loro, i nemici invincibili. Dei quali nel suo
lavoro
con rigore custodisce l'ordine, egli che anche nei suoi sogni ne è un
assimilato integrale, quanto
mai
sollecito in ogni sua parola al suo
annientamento costante. In lui è
inoculata la loro mente, ed anche se la contaminazione è universale, egli
si astiene da ogni possibilità reale, nella repulsione di se medesimo che
ha sublimato in eleganza. Altrimenti
la fine, che di ogni atto paventa, è il ritorcersi del disinganno nel
vuoto. L'incubo la sua sola immaginazione possibile. La voracità
della sua voragine, incessante, tra le vetrine viene così
ricercando l'abito
che sia il sogno estivo, di trame e colori, di un'accordata immagine di
solitudine ardente nella solarità celeste. Ah, nella smania pur sempre
del loro sguardo!... Seguitando
a
desistere,
nell'antica piazza, egli ora vi
trascorre tra le arcate e gli avelli. Una gelida
luna irrora di luce le oscure torri merlate, tra nubi argentee che
immacolata la disvelano a tratti. Una fontana scroscia nell'ombra. Ove si
sfebbra sfinita (infinita) la sua solitudine. E gli uomini
alfine a lui più non sono che passanti. L'assimilato-
suite Poi che gli
uomini a lui più non sono solo (che) passanti, ritrascorre nella sua
mente quel sogno-incubo notturno. Nella festa
quel ragazzo, a lui bellissimo, suonava magnificamente il suo lucido
violino. Come
incantava gli spettatori attoniti! E quelle giovani, poi, che ridevano di
nuovo di lui. La solita sua perfezione mancata.. Ma oltre la
vita... Ma nell'
anticocentro
ora egli vermina nudi incubi nel vuoto (più solitario), mentre gli altri
vanno e vengono, accoppiati, e lui riavverte l'orrore inconsumabile del
loro amore... che sudicio
quel
loro attaccamento... quel prendersi cura che
si fa odio implacabile se non si sfama... " Ed io
non voglio più essere ciò che è umano ( un essere umano)", nella
notte, senza fondo, è
il grido a perdersi è del suo silenzio. Celibataria
l'anima tesa di nuovo, a respirare, all'algebra di (in) un cielo
traslucido di stelle. Silhouette
III L'abbandono Le ore
mattutine di una domenica di primavera. Dalle
finestre traluce fra le persiane l'ariosa solarità celeste, ma il suo
sguardo vaga ancora perduto tra le travi polverose del soffitto. Quando il
torpore letargico pare desistere dalle sue membra, una qual vaga energia
rianimarlo, il brio canoro richiamarlo degli uccellini fra i rami. Che sia lo
slancio dell'energia formativa decisiva?
L'impulso ad
esprimere infine il niente che ha da dire? Ne è
latente l'anelito ogni giorno nella sua spossatezza incessante, in ogni
sussulto vagheggia l'addensarsi in un'espressione di forme, ma quando
l'impulso appare prossimo ad essere già un'idea o un
imago, egli cede
ogniqualvolta supino e inerte. Egli si
sente davvero l'opposto esatto del barone di Munchausen. Quando
appare lì lì per riacciuffarsi ed emergere, proprio allora con una
spinta
( possente
)si risommerge al fondo... Ed anche
ora, a che vaga mai la sua mente? Ai cento miliardi di sistemi planetari
che esistono solo nella nostra galassia. " E
pare, egli considera, che se ci si attiene a tutte le galassie insieme, si
arriva al numero di dieci elevato alla venti". Che è mai
ogni significato umano rispetto a ciò? Sterminio di vana polvere... Ma il
silenzio di quei miliardi di miliardi di galassie, egli si chiede, non sarà
forse infinitamente più infinito, quando non vi risuonino più in un
atomo planetario le Variazioni Goldberg? E le stelle saranno ancora
stelle, se la linea di Klee non ne sarà più ancora il fatato tracciato? Oltre il
dolore non v'è forse un uomo ancora da attendere, se esiste colui
che sa
farsi l'anima di fiori e di stelle? Ma la
sublimazione è per lui la fallacia di ogni pensiero, l'attesa il delirio
di ogni speranza. E così
ricade tra le coltri in un languore soffice e morbido, considerando il
ridicolo di ogni sforzarsi. Cedevole alla
dolcezza dell'ulteriore abbandono. Silhouette IV In lui più
non sente vive forze residue. L'energia rimastagli non essendo che una
contrazione della sofferenza. Solo le obbligazioni
civili lo addensano nel lavoro
in una ritorsione succube. Poi, quando ne è libero, avviene il suo disfarsi
nello sfibramento. Cosicché ora egli
sfoglia invano quelle pagine di filosofia, " l'inattingibilità
delle origini... Il modo infondato ed infondabile che...", quandoalla
pagina ottantunesima è la volta di una testimonianza impressionante della
radicale impotenza del Nomos... Con
insofferenza rabbiosa lascia cadere il libro. Hanno così di nuovo il
sopravvento le ritualità domestiche, dopo lo spuntino pomeridiano si
concede
un
altro caffè, il riascolto del giornale radio e della televisione. L'insipienza
di notiziari e spettacoli è generale: eppure li riascolta e vi riassiste.
La sua vita ora ha fame di questo schifume, è infetta
di quegli
ectoplasmi ridenti, privi di ogni senso di grandezza e miseria, e dunque
talmente capaci di ottenere successo. Il suo
orrore (come
si è commutato in fascinazione succube, ed egli, già così
vuoto e freddo e vertiginoso, come
ora fruga, e rivista, nella loro spazzatura
rigettata in pasto... e
sommerso segue quei volti adattati e ridenti
(suadenti), sfoglia i giornali dei loro scandali, ne fruga la vita avida e
cieca, rovistando nelle felicità patinate degli accoppiamenti, svuotato
della vigoria del suo odio di un tempo. Perduta è
ogni ragione di opporsi. Ed egli rotola sempre di più, ove bastano un
sorriso, od un tasto, per ristabilire i contatti e la vita.
1986 Giovin
signore Come un
giovin signore si riaggiusta il nodo della cravatta davanti allo specchio.
Vuole essere impeccabile nel completo che sfoggia. Non deve apparire nulla
del suo intimo senso di trasandatezza. Ed ora è davvero perfetta
l'intonazione dei colori e delle trame. La cravatta grigio verde di cotone
e di lino, in una lavorazione a imitazione delle venature del legno, è in
levigato e lucido contrasto sia con la ruvida trama stuoiata della giacca
marrone, che con i motivi corrosi della camicia marrone virata di
cangescenze, mentre i pantaloni beige vi si intonano, in uno tweid beige,
che evoca la granulosità pergamenacea. Si pettina e
brizzola i capelli, controlla la rasatura e il taglio delle unghie, poi il
giro della cravatta dietro il collo, l'aplomb della giacca e dei
pantaloni. Domani egli
ritornerà di nuovo al lavoro in città, rialzandosi di nuovo assonnato
alle sei del mattino. Ma almeno per una domenica pomeriggio, egli a
passeggio figurerà magnificamente quel signorino di provincia che non è
affatto. La cui
eleganza,
ed il cui gusto, devono riacquisirgli i titoli di una dignità
perduta. In un passato ancor prossimo che la sua memoria rinnega. E' l'essere
ammirato invano, come gli
accade
ora di passaggio in bicicletta,
la sola seduzione che oramai si concede Le donne
come le immagina voraci e sciroppose, una densità melensa, che dolciastro
e viscido bulicame di ansie e di voglie.
" E
dire, si schernisce, che per l'anagrafe io sono un uomo adulto di sesso
maschile..." Egli
piuttosto così agghindato, cosi "ripicchiato" Perché,
poi, ricercare di nuovo? Che cosa mai? Ciò che
dice e ciò che compie, oramai irreprensibile, rientra senza particolari
problemi negli schemi più abitudinari. Non ritiene
più possibile che un arricchimento materiale continuo, e la sola mancanza
che gli è ora insostenibile è di solo denaro. La felicità
e la contentezza sono il facile soddisfacimento della sua banalità
comune, e
non
si agita più che di apparire. Che importa, se è la
contaminazione dell'esteriorità reciproca? Del guatarsi come i cani nell'annusarsi
l'ano? Ora, che
conta, è che nessun autentico dolore, e nessuna autentica gioia possono più
dipendere dagli altri, da che per lui non esistono che i rapporti civili e
di lavoro, e l'altro non è che un collega o una commessa o un
bigliettaio. No problem,
nessun problema, adesso, di essere sempre di meno qualcuno. E ' tardi per
lui, è troppo tardi, oramai, per essere altrimenti che cio che è: nella
sua impeccabile eleganza, un uomo incapace di essere un uomo.
Nella sua
ridicola diversità impotente, un uomo che non è un maschio a nessun
effetto. Senza nemmeno
un proprio nucleo o domicilio, di nulla titolare,
senza nemmeno mezzi propri. Adesso in
un
bar egli siede in disparte. L'ordinazione di un caffè sono le sole parole
che vi ha da dire. Lo sguardo oltre ogni sguardo a lui rivolto. Distolto,
nel vuoto di un altro cielo di primavera.
Variatio Un uomo che
non è un maschio a nessun effetto... Si ricorda
allora del suo ultimo incontro con un amico di un tempo, e
che nella vita
è socialmente
riuscito. Diceva di avere da sottoporgli un problema morale... Mediante
quale suo repertorio di situazioni da aut aut...e che elaborato distinguo
fra rapporti etici ed erotici ed amicali... con il ricorso finale a
sospensioni di giudizio assolutorio... Per lecitare Avverte a
tal
punto, con fierezza, come un pregio la sua diversità ridicola.
Il
fatto
dii essere un uomo che non è un maschio. Nient'altro che un c*** per
loro tutti, nonostante tutto. Come la
castrazione e lo stigma siano la sua tempra residua. L'arte la sua sola
salvezza ed il suo solo scampo.
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