Il Viaggio d'arrivo |
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Pescara,
26 luglio 1992 Ed
eccomi così sul treno per Brindisi, verso
una meta presso ché impossibile, cui mi sono forzato secondo
un'ostinazione che era già irreversibile
una volta che ho richiesto e ritirati i visti, benché la diaria che ho
riscosso come Commissario d'esami, debba temere che solo via mare e di
motonave in motonave mi consenta di giungervi. Intanto
il più recente atto di guerra della mafia contro lo Stato italiano, che
ha incenerito il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta,
fra i conati convulsi del regime di Stato al suo decomporsi, nel
disvelarsi di una corruzione, fattasi sistemica, che eccede quanto potesse
supporre anche la più estremistica immaginazione critica, sono venuti
debilitando il mio intento di allontanarmi dall'Italia, configurandomi ben
altro itinerario, e proprio quand'ero già inoltrato nella ( e proprio al
compiersi della) partenza, sulle antiche rotte dei Fenici, lungo il quale
non avrei a distogliermi dai lidi italici che per (visitare) le più
grandi isole del Mediterraneo; dalla Corsica, sino a Cipro, con
l'epicentro giusto in quei suoli insulari nazionali, che assai più che i
territori di uomini d'altre costumanze religiose, mi sgomentano come la
terra di un nemico straniero, incarnatosi nelle persone latitanti o
inafferabili sotto gli occhi di tutti, di chi vi prospera cruentemente
attentando al potere pubblico (politico) secondo antichi codici di morte.
Ma
oramai l'estro, ed il dispendio, sono volti a quest'altra avventuristica
rotta, per Brindisi e Patrasso verso il Pireo ed Iraklion sino ad
Alessandria, e poi, se occorre, dirottando (sino) a Kartoum e Porto Sudan,
pur che il disegno si compia che ho prefigurato,
la sua insensatezza irrealistica tentandomi quanto più mi appare
tale, succube dell'esumazione del mito sabateo, o degli archetipi
edificati di immemoriali dimore, al tempo stesso che mi storce la smorfia
di una noia inesausta, chilometro dopo chilometro di strada ferrata, verso
ciò che non è ancora che l'inizio del disgusto. Posso
pur sempre ripiegare in sforzo e denaro su un'isoletta greca, intanto mi
rincuoro, Folegandros o Anafi: iniziando già in treno la partita doppia
di una doppia narrazione, il racconto sia di ciò che mi accada realmente
in viaggio, che di quanto potrebbe accadermi se rinunciassi invece
all'imperativo, insopportabilmente categorico, cui si è ridotta la mia
convenzione estivante di un viaggio orientale. E
ieri sera, sostando presso i miei cari prima di partire per Brindisi, come
avrei voluto che avessero potuto trattenermi e dissuadermi, distogliermi ma
l'imperdonabile, per loro, sarebbe stato all'alba non svegliarmi in tempo,
mentre era invece legge,
inderogabile, l'acconsentire a ogni mio atto come all'improcrastinabile. Se
solo mia madre avesse più dubitativamente accentuato quel suo "
Allora, parti?"... E avesse appena di più incrinato ciò che
presumeva l'inscalfibile... Forse
mi avrebbe sentito infine dirle che è per loro, non per il mio io, che può
dispiacermi ancora di morire, e che se anche la cosa succedesse in
viaggio, i miei quarant'anni di solitudine esausta equivalgono in onere (
in stanchezza) a centoventi almeno dei loro.
E
ieri sera, prima di addormentarmi, nel tranquillizzarli sui venti di
guerra che si sono risollevati tra Irak ed Usa, indicando che lo Yemen è
situato nel lato opposto della penisola arabica, mentre ciononostante
concepivo le immagini del mio rapimento, sotto il colpo in canna di una
pistola puntata, " Not for me, for my mother", supplicavo l'uomo
di altra fede e credenze di salvarmi la vita. Poveretta
mia madre, intimarsi di svegliarmi presto, mentre mi faceva presente che
loro non avrebbero potuto in alcun modo riscattarmi come ostaggio, Intanto
ch'io, nell'angoscia incombente, eppure la riconfortavo che un conto è il
Golfo Persico e un conto il Mar Rosso che bagna lo Yemen... Sarebbe
bastato, forse, che mi attestassero che per loro è senza valore che io
parta, che non mi tradissero quanto stimano il cimento cui mi
sottopongo,... se non altro, a differenza di quanto amaramente si
confidano Bourroughs e Ginsberg nell'odierna intervista su
"Repubblica", perchè se mi muovo, pur se mi è
difficoltosissimo ed ho poco denaro, è perchè non sono ancora un
vecchio. Ma
avanti, se il dispendio, e l'angoscia del viaggio, sono la sola
scaturigine ( motion) del mio scrivere ancora.
Fra
Brindisi e Patrasso- 27 luglio Alla
stazione marittima di Brindisi, nel viavai, andare e tornare mi erano lo
stesso. Mi
ha distratto a partire, dall'indifferenza, il basso importo di cui
profittavo, mentre poi sulla motonave ho seguitato a guardare con
disdegno, come a una cuccia, al mio sacco a pelo steso sullo sdraio,
sprezzando di infimilarmici come in un sordido covile. Poi
la stanchezza ha propiziato che mi ci calassi in un sopore ininterrotto
fino alle otto del mattino, (in una compromissione ininterrotta fino alle
otto del mattino), nel fluire, al suo interno tepore, di un piacevolissimo
sonno fra lo spirare della frescura leggera di brezze leticanti. E
stamane, dopo una discreta toilette e il più consuetudinario dei
capuccini, ero pur fresco di mente per perseverare nella lettura dei versi
di Wallace Stevens. Il
cui senso filosofico del medesimo che è al centro di questo nostro
meraviglioso momdo ( The ultimate poem is abstract ), (This solitude of
cataracts), è lo stesso che attribuisco al mio alter ego, che nella sua
opzione alternativa è rimasto a casa. 26/7
"Quando mio padre alla stazione di partenza l'ho salutato, egli
stanco di attendere il treno con cui iniziavo il mio tour, ho
solo finto di avviarmi al binario da cui dovevo partire. Nel
sottopassaggio ho infilato invece la risalita verso il treno locale che
stava più oltre, che mi ha ricondotto in capo a un'ora nella mia città. E
quando sono così riapprodato nel silenzio del mio appartamento, ripulito
il giorno prima in ogni più recondito recesso e di ogni elemento
superfluo, di ogni residuo di sporco e incartamento, "il gran rifiuto
è fatto", mi sono detto, con un sobbalzo interiore he ignoravo s'era
di gioia o di sgomento. 27/7
" Ho riallacciato ogni contatto, prima di tutto la presa dei cavi
televisivi che mi consentirà di assistere nelle settimane a venire alle
Olimpiadi, poi la spina del radioregistratore che mi insonorizzerà della
musica degli ultimi compact della serie, di Schumann e De Falla; ruotando
le manopole di luce e gas, riaccendo il frigorifero già vuoto. Dallo
zaino, che non ho disfatto, prelevo solo i libri che dovevano
accompagnarmi lungo il viaggio:" Aurora d'Autunno" di Wallace
Stevens, l'Odissea di Omero e le poesie di Kavafis, La Lettera sulla
Felicità di Epicuro e *, insieme
con la busta che contiene l'occorrente per l'igiene intima, per il resto
lascio tutto assolutamente intatto, poiché tutto quanto vi ho stipato con
scrupolosa minuzia, l'assolutamente necessario con il gratuito purchè di
minimo peso, dalle gocce contro l'affanno cardiaco, nel reparto
farmaceutico, alla microdama con le pedine magnetiche per ingannare il
tempo, tutto quanto non mi serve adesso più assolutamente a niente. Non
sollevo nemmeno le tapparelle, mi limito piuttosto a riaprire ogni
finestra, perchè circoli l'aria intorno mentre riposo sul letto dove mi
sono disteso nudo, fra le lenzuola fresche del bucato che ho fatto appena
prima di partire, guardandomi stranito nel silenzio intorno. "
E' fatta, è proprio fatta", mi dico, "come quando ho disertato
gli esami di maturità già pregiudicati". Eppure
quell'anno ho potuto ugualmente compiere il mio tour, in Algeria, mentre
così non mi è servita a nulla la diaria intera, che nonostante le
aspettative contrarie mi hanno ugualmente concesso come Commissario
d'esami. Bah,
l'usura è inevitabile, oramai, più di tanto non si può rialimentare
l'illusionismo turistico, aah, quando la tua verità mentale, oramai, al
postutto di ogni sensazione e senso del mondo, è che si è dovunque nel
medesimo luogo." (
Scritto tra Brindisi e Patrasso il 27/7, H10, 27M). (Variante
di scarto "
Bah, l'usura era inevitabile, oramai,...
Da
terra anzichè in volo E
così scrivi ancora da terra, anzichè in volo per Alessandria. Aveva
ragione la moneta, che seguitava ribattendo testa ad indicarmi di
pernottare in hotel, anzichè deambulare, com' è stato invano, da un
aeroporto all'altro di Atene tutta la notte, per attendervi invano di
prendere un volo per l'Egitto. Era
quello il tramite da seguire della ragione, anzichè l'indicazione pur
esatta, nonostante le ulteriori disinformate smentite, di quel volo in
partenza stamane alle sette per Alessandria, fornitami all'Agenzia di
viaggi di Patrasso. Così,
poiché ieri era giorno di sciopero dei conduttori degli autobus, e ho
dovuto prendere due volte il taxi, una prima volta per sbaglio verso
l'Aeroporto internazionale delle linee straniere, poi verso quello dei
soli voli di bandiera dell'Olimpic Airways, ho spendicchiato ugualmente i
soldi che mi sarebbero occorsi per l'hotel, senza essere partito
anticipatamente, e dopo avere pernottato in attesa nell'aeroporto, e
questo poiché solo quindici minuti prima che partisse l'aereo, ha aperto
l'ufficio bancario che doveva cambiarmi di necessità i travellers cheques
per acquistare il biglietto, cosicchè ora mi trovo ancora in attesa e già
distrutto (disfatto), dopo una nottata di inutili ansie e aspettative. E
dire che fra le sei e le sette eppure avevi(o) toccato la felicità, per
come la tensione della volontà pareva essere giunta, nella convulsione,
all'accettazione di ogni evento ulteriore, allorché squassato
dall'angoscia dell'equivalenza di ogni possibilità di scelta, hai (ho)
inteso come la meta del viaggio non consista che nella determinazione
dell'assunzione fino in fondo del fine originario, in una resistenza
sempre più disumanamente strenua ad ogni contrarietà che insorga e
sopravvenga, nel mentre sempre più invitante si fa (al farsi sempre più
invitante della) la sensatezza di ogni lusinga cedevole, come quando
" Sono pazzo, sono davvero pazzo...", ti ripetevi sul taxi volto
ai due giovani olandesi con i quali l'avevi noleggiato, riferendoti
all'assurdo di tentare l'assurdo di ogni stento per arrivare nello Yemen,
quando hai i soldi per vivere in Grecia le più felici vacanze". Ed
ora, come potrei accettare, mai, che il decorso del mio viaggio sia deciso
dall'inconveniente dei travelleres cheques? O
il contrattempo non è forse l'ulteriore segnale che invia il destino? Nel
farmi fallire un viaggio che a mente più riposata, se mi quieto, mi
appare solo l'ulteriore procedere di un atroce determinazione sacrificale
( atroce intento sacrificale) (un'atrocità sacrificale) del piacere alla
mia volitività. ....
Eppure se la tua sensibilità non aspirasse che alla quiete cicladica,
all'ombra del biancheggiare di muri tra cielo e mare, non
invidieresti quant'è la gente intorno nella hall che arriva e che
parte, oh, tu che al solo leggere le destinazioni dei voli di
Bangkok, Sidney, Melbourne, o
Boston, già favoleggi di viaggi di sogno... E
il desistere, anzichè qui attendere per altre 10 ore il prossimo volo per
Il Cairo, purtroppo senti vivisimamente tu stesso, che sarebbe più ancora
atrocemente tormentoso. L'identico
luogo Ma
se lo stesso luogo ch' è dovunque sono i miei (suoi) interni domestici,
si fa già indifferibile di nuovo l'urgenza delle cibarie, di ripopolarne
ancora il frigo, la necessità pertanto ora già di rivestirmi(si) e di
riordinarmi(si), per ridiscendere già di nuovo nel supermarket
all'angolo. L'agonia
di ogni mia viaggio- Lo skipper E'
l'agonia (terminale) di ogni mio intento di viaggio questa atroce tortura.
Il biglietto aereo che ho preso per Il Cairo, infatti, anzichè quietarmi
ha più ancora inasprito il mio tormento ( ha suscitato più ancora
insinuante ed incessante l'asperità del tormento). Poiché ora che mi
sono più ancora inoltrato verso uno scacco esiziale, sento di rimpiangere
più ancora cocentemente il riflusso di un ritorno immediato. Ed
il mio senso di insicurezza, tra queste moltitudini cui la agiatezza
consente di andare e ritornare da ogni dove in aereo senza tali patemi, si
fa una morsa che sempre più astringente mi serra la gola. E
non v'è scelta ch'io ora possa intraprendere, od escludere, che comunque
non mi si ammanchi di arrendevolezza, anzichè significare una mia
realizzazione interiore. Così
anche l'andare al Cairo assurge a resa penosa ad un mio esasperato (
quanto banale ) volitivismo velleitario, che dovrà scontarvi la penuria
di non potervi comunque seguitare che a stento fino allo Yemen; già
nell'ansia di doverne partire al più presto o con mezzi di fortuna, solo
per levarsi la misera soddisfazione di toglierne l'esclusiva a qualche mio
interlocutore , o di poter essere per altri al
ritorno motivo di ammirazione invidiosa, quando non subentri la
persuasione, che mi fa scuotere il capo, ostaggio della più invincibile (
irriducibile) e gratuita coazione impositiva, ch'io non obbedisca che
all'ostinazione di essere coerente, comunque, con un assunto che non ha
altra forza vincolante che di essere durato talmente a lungo nel tempo, o non mi
soccorre la motivazione dirimente In
una spossatezza che mi fa sempre più stremato e intorpidito, di dentro mi
ritornano, intanto, l'eco e l'impressione delle parole e immagini del
giovane skipper, con il quale mi sono felicemente intrattenuto fino a
poc'anzi, e che ha appena preso il volo delle 13 per Roma.
Mi
si è presentato nelle sembianze iniziali dell'uomo di successo facoltoso
e scontento, "come prigioniero delle sue libertà", secondo
quanto gli ho espresso (soggiunto) a commento delle sue parole, con lui
imponendomi rigorosamente il lei, nonostante l'erompere empatico del tu,
di tanto in tanto, talmente mi era simpatico nella ferma dolcezza dei suoi
intrepidi sguardi, balenanti di mestizia e rabida malinconia. Rientrava
in volo a Roma per ricondurre la sua imbarcazione da Olbia a Corfù, donde
(da dove) sopraggiungeva (proveniva), ed iniziare così infine dall'isola
ionica le sue autentiche vacanze (di mare). "
I soldi per me non costituiscono un problema," mi ha detto, tant'è
vero che con solo centocinquanta milioni di lire si era già acquistata
una magnifica tenuta in Kenia, dove la sua inquietudine avventurosa
auspicava un giorno di potersi sedare, ritirandovisi
definitivamente (insieme) con la sua compagna tailandese che così
vivamente amava, e verso la quale si arrovellava nelle sue parole di
sentirsi irrediabilmente in torto, per la vita in una continua attesa del
suo ritorno, cui la costringeva errando per mare. "E
le chiamano vacanze", ho commiserato entrambi generalizzando. "
Crediamo di ricercare il piacere e lo svago, l'allentamento di ogni
tensione e responsabilità, ed invece ci scopriamo intenti in
un'esperienza vertiginosa, angosciante, in cui la libertà ci obbliga
continuamente a risolvere e decidere arrischiandoci. Già
rimpiangendo i vincoli necessitanti, e confortanti, dei percorsi obbligati
delle nostre mansioni. La
libertà, ho insistito amaramente, è un abisso dal quale soprattutto i
giovani rifuggono, quando nel tempo disponibile piuttosto che il loro
desiderio, o la vocazione interiore, soddisfano il bisogno rassicurante di
rientrare nel branco. Poi
ho lasciato che prevalessero le sue parole, le trame delle sue
vicissitudini per mare. Sul
mare lui si sospinge con l'imbarcazione che gli ha lasciato suo padre, allorché
vi ha perduto la vita quand'egli era appena sedicenne; da allora
nelle sue gesta ne ha proseguito lo spirito, senza che dal tragico evento
sia in lui insorto, verso il mare, alcun senso d'odio o di rivalsa. Del
mare si è sempre comunque in balia, mi ha detto, riferendomi di due
persone che sono morte mentre lui fungeva da skipper; uno dei due era un
ragazzo che è morto dissanguato in un fortunale, per la caduta di un'
attrezzatura (albero) che gli aveva stroncato un braccio, seguitando ad
invocarlo senza ch'egli potesse in alcun modo prestargli soccorso. Benchè
sia ateo, sedicente, il mare è per lui divenuto pertanto il potere arcano
che è espressione (metafora) del potere di Dio. Lo
stesso, gli ho detto, si può sostenere del mare interno dei deserti, che
gli ho rivelato come su di me hanno la medesima fascinazione del mare. Lui
ha annuito dicendomi di averne avuto esperienza tra i beduini del Sinai,
"di un' estrema pulizia", ha soggiunto, " tant'è vero che
dormendo fra loro non ho ritrovato nei loro giacigli pidocchi, "
mentre il letto in cui li ha rinvenuti sono state le prigioni libiche di
Gheddafi, nei cui giacigli ha dovuto dormire per cinque notti, essendogli
stata rinvenuta a bordo, in un suo suo
porto, della valuta non dichiarata di un ammontare elevato. La
pulizia è un valore al quale tiene particolarmente, mi ha detto, tant'è
vero che un giovane di Torino ha dovuto tagliersi a modino i lunghi
capelli, untuosamente sporchi, se voleva che in Atene l'anno scorso lo
imbarcasse fino alle coste italiche. Così
come la fermezza univoca nel comando. "
Non sono uno schiavista, mi ha detto," ma a bordo richiedo l'unità
del comando nelle decisioni." E appena intende che ha a che fare con
un "barcaro" riottoso, con un proprietario dell' imbarcazione
affidatagli che è inetto e che cionostante vuole presiedere, al primo
porto imminente si accomoda (sbarca) inesorabilmente a terra. "
Non è che non abbia e non provi paura, in certi momenti ( frangenti), -
mi ha confessato- anzi certe volte ho più ancora paura di quelli che
imbarco(,) se sono (degli) imprudenti (sventati), quando ad esempio
lasciano scorrere nelle mani cavi lunghi fino a seicento metri come
fossero le funi di trenta metri delle loro barche, ma nel pericolo debbo
lo stesso dimostrare ( ostentare) sicurezza per infonderla agli
altri". Gli
ho soggiunto che forse occorre distinguere le circostanze in cui la
funzione del comando importa che siamo responsabili della sorte degli
altri, dalle occasioni in cui ci ritroviamo soli con noi stessi, e
dobbiamo (abbiamo a ) decidere soltanto la sorte dei nostri passi, quando
(in cui) ogni incertudine ed angoscia è invece legittima. Ma
così gli sollevavo la botola di sottosuoli dell'anima in cui disdegnava
di seguitare oltre, preferendo narrarmi della sua solitudine per acqua. Era
la sua solitudine sul mare una fortuna che gli invidiavo apertamente, io
che vincolato dal daffare urbano, vivo
come se non avessi tra le tante cose mai tempo per me stesso, se la
solitudine oceanica gli ha consentito nella lettura dei grandi autori
della vita sul mare, innanzitutto del grandissimo Melville, di recuperare
gli studi perduti o interrotti, nelle loro ragioni, e di acquisire
l'ispirazione di un più autentico e schietto rapporto con gli altri. Poi
abbiamo divagato a lungo sulla vita del mare, sulle balene pacifiche e
sulle orche che invece si avventano contro gli scafi, sui pescicani che
permangono piuttosto fortunatamente sott'acqua,- attenti, tuttavia, a non
scaricare rifiuti carnei, in quelle acque che ne siano popolate quali il
Mar Rosso,- sui delfini che filano al seguito nei più incantevoli giochi
acrobatici, svariando nelle mie domande su quali siano le acque più
belle, a suo dire quelle caraibiche e del mar Rosso, mentre cupamente
monotona è la profondità del Pacifico, e sporcamente lutulente delle
affluenze del Mekong, sono le acque tra Singapore e Macao. E
l'eco ultima di lui che più intimamente mi ha toccato, è la risonanza
delle parole con le quali mi ha parlato
della sua compagna tailandese; " è così bello stare per ore
semplicemente insieme", mi ha sospirato evocandola, dicendomi della
sua semplicità ch' eppure coglie tante cose che noi nemmeno avvertiamo, e
che nel suo candore neppure suppone certi nostri sensi del pudore, come
quando lei gli è costata 100 dollari di multa per essersi spogliata nella
hall di un aeroporto- era quello di Parigi-, denudandosi la parte
superiore del corpo, come mi ha precisato con un giro di parole che voleva
preservarla fisicamente, nel tono smorzando la voce. E
nel darmi la mano, quando l'ho salutato, al mio commiserarmi del mare
d'angosce in cui mi inoltravo nella prosecuzione del viaggio, mi ha
confortato a non desolarmi oltre.
28
luglio, a casa Chissà
a quali ottusità e necessità stremanti,
che mi sarei imposta, sarei ora costretto per le vie d' Atene, magari nel
traffico trainandovi lo zaino, tra agenzie aeree e marittime ancora
irresoluto. Qui
invece, divagando nell'ombrosa calura per i negozi circostanti, ho già
riunito nell'appartamento i più allettanti esotismi di consumo, (ve) li
ho commisti con le più seducenti apparenze ristoratrici, e farò (così)
congiurare le sensuosità che ho così allestite con il più disincantato
spirito, smagato, per ricreare un estate che si compia, più ancora
perfetta, tra le intime mura domestiche invece che in un tratturo assolato
di deserto. Riassaporando
i gusti di mango e di papaja, di passiflora e maracuja. E
prima ancora di uscire nel sole che traluce nel fervore del verde, con un
trepido filtraggio ho schermato l'interno da ogni troppa vivida luce,
cosicchè il chiarore perlaceo delle bande listate evochi remote frescure
di marine, ed il vividio inconfigurantesi, di fuori, possa ricondursi al
riverbero di qualsiasi bagliore orientale, di una muratura d'oasi
scialbata o di una torrida kasba.
A
eviscerarmi Ed
a eviscerarmi è l'idea che mi rigira di dentro, come un coltello, che con
l'equivalente del solo biglietto del volo per Il Cairo, potevo acquistarmi
l'agognata bicicletta da corsa che da un anno devo precludermi, o
comperarmi gli occhiali da vista di gradazione inferiore per la lettura
ravvicinata, e dei quali, da mesi e mesi, ho la ricetta invano nel
cassetto... Relativismo Già
nei pressi dell'aereoporto internazionale del Cairo, nel fervore animato
dei traffici cosmopoliti, quando ai primi rapporti di scambio con la
valuta e i beni e la gente locale, al costo irrisorio (minimale) di ogni
cosa e servizio, e a quant'era il senso di inferiorità che intimidiva la
correttezza degli atti degli Egiziani, mi sono accorto di essere divenuto
un privilegiato facoltoso, e di non essere più il pezzente che nelle
precarietà stentate delle sue possibilità di viaggio vagolava nella hall
dell'aereoporto di Atene, avvilito dal bell'agio di chi vi andava e
veniva, ho accertato ( reinteso) quanto
la mia angoscia itinerante, per quanto si presuma cosmica ed esistenziale,
fluttui con la relativa fortuna del mio status economico- sociale alle
variazioni del cambio. Ed
or è un'ora nella mia stanzuccia d'albergo, mentre la bessara consumata
nel Felfelà di fronte, otturandomi ancora lo stomaco a distanza di ore,
seguitava a travagliarmi in una pesantezza sonnolenta che mi attardava a
letto, i rumori del traffico,
assordanti, pur tra quelle mura dello stesso hotel cinque anni dopo, mi
risuonavano come la voce ovunque della stessa vita di sempre, e ogni
traslazione mi si vanificava come puramente immaginaria. Tuttora
nel caffè Groppi dove sono ritornato, la Seven up e la limonata non sono
ancora riusciti a farmi smaltire quella pastura, e così come già mi è
accaduto al Felfelà, il ritrovarmi di nuovo negli stessi luoghi (di
allora), più che una fascinazione ha suscitato la esatta riproduzione
degli stati stomachevoli che già vi ho vissuto la volta precedente (l Ogni
itinerario per il Cairo per me seguita a permanere intanto proibitivo,
mentre qui persisto a ruminare le peristalsi ancora vane del mio
provatissimo stomaco. Intanto
vengo ripensando scrivendone, su sudatissime carte, in senso sia fisico
che letterale, a quanto mi contrariava allo skitter con il quale ho
dialogato per ore nell'aereoporto di Atene: Lui, ricco di mezzi e di
referenze, era in viaggio con un minuscolo zainetto Invicta, laddove il
mio è invero un'enormità ambulante, il bagaglio appresso dei lasciti di
un'infinità di scelte irrisolte, di
quante insicurezze e stati di precarietà, non potendo che fare
riferimento a me stesso nel mare magnum sociale, con appresso la scorta
prelevata da casa di tutto quanto mi può occorrere, nel caso di sinistri
o inconvenienti, e che per la penuria delle mie risorse non potrei
acquisire ulteriormente. .
Ad
ogni costo Dopo
due giorni sono qui al Cairo ed il viaggio non è ancora decollato. E'
evidente pertanto che devo recarmi ad ogni costo nello Yemen. Intanto
qui scrivendo dello Skipper pagine retrodatate, la digestione ha smaltito
il foul della bessara definitivamente. E
nel colaticcio del sudore, mentre le luci già si accendono oltre le
vetrate, la stomacazione si allenta (lenisce) nel piacere di ritrovare al
Cairo ciò che è la identica vita dovunque, già nel ricercare le
salviettine profumate che mi sono portato appresso, per procrastinare qui
al caffè Groppi, seguitando a scrivere a tavolino fra le bibite e le
paste, il medesimo senso confortevokle della vita mentale fra le pareti
domestiche, allorché vi rifluisce sul quaderno di viaggio nella
scrittura. Scopro
allora e disvelo a me stesso, nel narrarne, quante cose mi sarebbe
piaciuto rivelare allo skipper, che invece gli ho sottaciuto per
immodestia gelosa, scoprendogli le mie carte e confessandogli infine che
sono scrittore, non già solo un insegnante, e come lui con il mare, ch'io
mi sono venuto misurando (come artista) con la sfida della banalità della
vita, con la destinazione di una sorte che non presumo affatto di essermi
scelta, ma che nella casalinghitudine sulla terraferma, nell'affrontare le
ritualità stremanti delle obbligazioni sociali che in me ho
interiorizzate, anche tra i fornelli e il lavello può divenire
un'avventura contro le mostruosità di ossessioni igieniche e dietetiche,
i tentacoli di mode e nuovi prototipi,
le cui patologie animano e possono eroicizzare l'esistenza più occlusa e
degradata, che pur assoggettatasi (sedotta) intenda resistervi e
testimoniarne. Ed
è in quanto scrittore, che in ogni cantuccio e fondaco della mia vita
interiore io devo seguitare discendere, anche in quei recessi intimi ed
infimi cui gli ho alluso, le viltà e le meschinità sordide che popolano
anche l'animo di chi pur appare fiero e integerrimo, al cospetto di chi di
lui non è altrimenti che più soccombente e complice della corruzione
intrigante (colluso). Etcetera,
etcetera. (
Chissà se saprà mai, che riconfigurarlo con le mie parole, è stato qui
al Cairo ora l'uscir di pena ( di tempesta), il conforto di un approdo
nell'animazione intorno nel caffè e per Il Cairo. (
Nell'aria la musica intanto di Aranjuez). Nel
corso di una sola sera 29
Luglio, sera. Ed
ecco quanto mi è successo nel corso di una sola sera: dapprima, vagando
all'altezza di Talahat Harb Shari, di essere intercettato da un agiato
commerciante di essenze di profumi, il quale(nel suo atèlier) nella sua
bottega mi ha poi esibito (ha esercitato nei miei riguardi) con formalità
impeccabile l'arte del mercanteggiamento: quando offertomi il the alla
menta, tra una familiarità e l'altra ha cominciato con l'irrorarmi di
profumi, disponendomene dinnanzi in bella evidenza i grossi flaconi, che
da un commesso faceva prelevare dai vari scaffali ( ripiani). Poi,
preso atto delle mie preferenze per il sandalo ed una miscela di essenze
(dal nome) di suggestione nilotica, mi lasciava davanti solo i loro
flaconi, allontanando discretamente gli altri fra il succedersi di una
chiacchiera e l'altra. Quindi,
dopo avere fatto entrare in scena un vecchio con una tabella, le cui
diciture recitavano quante lire egiziane costassero i vari profumi nei
vari quantitativi, dal primo commesso faceva successivamente allineare, in
ordine decrescente, bocce e boccette e boccettine (vuote), delle quali
iniziava quindi ad accantonare e a far riporre quelle che dicevo
eccessive, finchè non mi sono rimasti davanti che i due flaconi di
fragranze e i due boccettini di più piccol formato: i quali alla mia
indeterminazione che permaneva assente, faceva quindi ulteriormente
riporre congedandomi repentinamente, con ripetuta insistenza, volgendosi
già ad adulare dei turisti adocchiati che occhieggiavano di fuori. Poi
ho divagato, nelle vicinanze, fino a un bar dove trasmettevano un incontro
olimpico di calcio tra Egitto e Colombia;
al mio aggirarmici l'addetto alla pulizia dei tavoli ha cercato di
attaccar discorso, ma il padrone, sovrastante, a malo modo l'ha richiamato
all'uso del suo cencio. Non lo pagava di certo, perchè si perdesse a
parlare con i turisti... Poi,
ripassandovi nel vago intento di un bel gesto liberatorio, o dei più
appassionati spettatori dell'incontro rocambolesco, terminato con l'
Egitto che rimonta e supera la Colomba per 3 a 2 nei minuti finali, mi ha
invitato a sedermi offrendomi una sedia, nel cantuccio ove ho seguito il
secondo tempo mentre le parole accese della cronaca della partita , nel
cafè in angolo, si mescolavano con il rumore del traffico e la preghiera
del muezzin. Quando
ritornando sui miei passi sono ritornato in Tahalat Harb Street, un
egiziano dall' abbigliamento tipico dell'ordinario burocrate
amministrativo, con modi di fare ed espressivi esageratamente vistosi, mi
ha insistentemente interpellato per parlarmi ed offrirmi qualcosa da bere. Ho
ceduto alle sue insistenze solo perchè erano emotivamente reiterate ed
esibite in luogo pubblico, supponendo, dai suoi modi affettati, che i suoi
intenti fossero di natura sessuale, e che il mio disinteresse alla cosa
potesse essere più che eloquente segnale che non era il caso di dare un
seguito alle parole. Quando
invece ci siamo seduti a quel tavolino, al primo piano di un hotel del
centro, allorché ha richiamato nervosamente il cameriere ed ha lasciato
presso di me incustodita la sua cartella, era in un tale stato di
agitazione confusionale, che E
ordinate due birre e un'abbondante insalata, la storia di sè e della sua
famiglia che mi ha iniziato a narrare, tolti i preamboli, era delle più
drammatiche e penose. Sposato
con due mogli, aveva una figlia che da mesi inutilmente teneva in cura,
per una malattia del sangue diagnosticata agli inizi come una febbre
maltese, ma che era risultata refrattararia ad ogni profilassi (cura
medica). Dando
fondo ad ogni sostanza, una volto rivoltosi anche ai Presidi sanitari
militari, dopo che si era rivelata inutile la degenza negli Ospedali
civili, l'aveva quindi fatta ricoverare in costose cliniche private, finchè
come l'aveva consigliato un amico copto, qualche giorno fa si è recato,
lui islamico, presso la setta fino allora sconosciuta dei Testimoni di
Geova. Di cui un esponente, parlandogli in nome di Dio, gli aveva
inumanamente schiantato
il cuore di padre, dicendogli che, se come gli avevano indicato i medici
che avevano effettuato gli ultimi consulti, lui avesse praticato alla
figlia trasfusioni di sangue, si sarebbe posto ( sarebbe andato ) contro
la Parola di Dio, che impedisce di contrastare la morte. Il
mio animo, che ben conosco, che alle sue prime parole già sospettava la
richiesta di un sussidio economico, ( Così,
in un mixage d'inglese e di francese, gli ero prodigo di ogni persuasività
retorica ed argomentativa, pur di convincerlo che doveva assistere la
figlia, ribadendogli e convalidandogli che quella che aveva sentito non
era che la voce di un uomo, della durezza di cuore di un prete che voleva
dominare su di un altro cuore disperandolo, che Dio parlava invece
attraverso il suo sentimento di padre, si, che tale precetto si rinviene
nelle Scritture, ma che risale non a Gesù, ma alla lettura alla lettera
del libri di Mosè, non sapevo più bene se die Numeri o del Deuteronomio,
si, così seguitando su storicità e universalità della morale. Dalla
persuasività accorata delle mie parole, come dall'insalata che ha riservato
esclusivamente a se stesso, accordandomi solamente la copiosità del bere,
è parso allora già alquanto rinfrancato, al punto che mi sono quasi
edificato che la commozione persuasa l'avesse vinto irrefrenabilmente,
quando si è accomiatato per recarsi alla toilette; giusto in concomitanza
con il rientro in scena del cameriere, che a me, sommesso, ha presentato
il conto che ( quegli) lui si era assunto di pagare. IL
che ho assolto con modi britannici, ma non più brillando di commozione
nello sguardo, al suo ritorno al tavolo di lì a poco, riesumando, in una
revisione degli atti, quanto voracemente
avesse riservato a se stesso tutta l'insalata, in un frangente che
avrebbe dovuto invece inibirgli ogni appetenza. E
poi, prima di entrare nella toilette, l'avevo ben visto accordarsi con il
cameriere nella saletta accanto. Ma
lo stesso ulteriore tornante del suo atteggiarsi, di ritorno, diveniva il
precipizio della sua dignità di padre, che prima tanto mi aveva
tranquillizzato e infervorato moralmente, mentre ora ero esplicitamente
messo alle strette dalla sua richiesta sempre più pressante e insistita
di un poco di denaro. Ma
la più avara determinazione, a un diniego inflessibile, gli rendeva ora
inumano al cospetto chi poc'anzi si era così profuso nell'umanità delle
leggi del cuore. Si
fosse trattato del mio sangue, senz'altro, (figuriamoci), ma anche solo un
po di denaro, nient'affatto, assolutamente. "
Un peu d'aide" "Non" "
Un peu d'aide..." "
No, vi ripeto" "
Solo un po..." "
Un po d'aiuto non vi serve a niente" "
Soltanto cinque, venti, dieci pounds..." "
Se così seguitate devo dubitare del vostro caso pietoso" "
Ma come potete voi dubitare di me e del mio caso... Comunque
se ho esagerato mi scusi, Monsieur, è perchè sono un padre che è
disperato..." "
Scrivetemi piuttosto il vostro indirizzo, e dall'Italia dove mi servono di
meno, potrò inviarvi delle lire che valgono più dei pounds che ora
potrei darvi (di cui posso disporre)". E
con una grafia frettolosa, dai caratteri stravolti, mi ha trascritto al
tavolo l'indirizzo e una richiesta d'aiuto in inglese. Poi
discesi nel traffico, il suo caso e quei caratteri sconvolti sulla pagina,
hanno seguitato, colpevolizzandomi, ad apparirmi inestricabilmente veri e
finti".
30
luglio 92 Stamane
già di primo mattino ero al Tourisit Office, per rintracciare o
contattare le sedi al Cairo delle Ambasciate dei paesi di transito per
giungere nelo Yemen via mare e via terra, quindi
poiché nessuno vi rispondeva al telefono, con un minibus da Mydan
el-Tahir, per il tramite di una sequela di interlocutori cordialissimi
sono giunto alla sede dell'Ambasciata dell'Arabia Saudita, dove mi è
occorsa l'ulteriore intermediazione di un anziano che conosceva con l'inlese
il francese, per apprendere che
se volevo transitare per l'Arabia Saudita, dovevo giungervi a Gedda, da
Porto Said, con il visto di transito valevole tre giorni, per ottenere il
quale devo ripresentarmi Sabato mattina, al Consolato Saudita, con una
foto, il biglietto di viaggio e una sua fotocopia, e farvi ritorno il
giorno dopo per ritirare il visto. E
per ottenere il biglietto, l'unico modo certo era recarsi appositamente a
Porto Said. E'
in forza delle tante difficoltà che ho già patito, che ho incassato
(nell'eventualità) questo colpo ulteriore, ed è per smaltirlo meglio,
che tra i rischi interminabili dell'attraversamento di un traffico
infernale, anzichè rientrare in centro ho seguitato a piedi, per
chilometri e chilometri, fino al Museo dell'Agricoltura oltre l'isola di
Gezira; lo stato dei cui reperti negli armadi e nelle vetrine stantie di
decenni di sordida noncuranza, mi ha svelenito l'allontanamento a male
parole, appena entratovi, da parte del custode che stava chiudendo
anzitempo. Spossato
dal caldo, mentre ingurgitavo l'ulteriore bottiglietta di
una soda, alla vicina fermata ho
chiesto casualmente se vi si arrestava un autobus per le Piramidi; ve
n'era uno, soltanto, ma che è passato di lì a poco e che ho preso al
volo, perchè comunque almeno così iniziassero, il quinto giorno, le
ritualità turistiche del viaggio. Sono
arrivato alle Piramidi dopo una mezzora di calca asfissiante sull'atobus
nel traffico caotico, così scuorato e discorde con il fatto di esistere,
che all'interno dell'area archeologica mi sono finora rifiutato (di fatto)
di vedere alcunchè, e solo dopo avere inizialmente respinto il balzello,
di ritorno dopo una inutile
peripezia stremante fra le Piramidi, mi sono forzato all'obolo di 5 pounds
per una bottiglia di minerale, pur di limitarmi a sostare(vi) all'ombra
delle piante nel ristorante all'ingresso.
Speriamo
che così ritemprato, le piramidi non seguitino a sussistermi davanti come
delle pietraie erose dal sole. Bensì
l'evocazione possa tramutarle in montagne cosmiche, per le cui immani moli
potesse il faraone ascendere al cielo oltre ogni morte. *
E nelle sembianze di Sfinge, la mole della Piramide retrostante di luce
abbagliante, Cheope mi è apparso sovrintendere l'accesso della sua
montagna celeste. 31
luglio 92 Di
ieri sera e di oggi è più che attestante la mera cronaca. Rientrato
dalle Piramidi, dopo essermi illuso che i 32 dollari di costo della
sistemazione in un hotel ulteriore fossero 32 pounds egiziani, ho
rifiutato più di una sistemazione, nel traffico più che in stanza, dei
vari hotels lungo la Tallat Harb, riducendomi così per scegliere la
pensione più economica e più disastrosa, a immersione totale nei
clackson, in una stanzetta che chiedeva solo che spegnessi la luce, su un
letto graticolato che invano ho tentato di allentare gonfiandovi sopra il
materassino, il cui tessuto spesso ho trasudato oltre il lenzuolo, dentro
un' insonorizzazione assordante che i tappi hanno solo graduato, ma al
punto da trovare cionostante il sonno. E
la mattina, appena sveglio, il rovello, già quello... A
Sana'a... a Sana'a... Con
l' aereo del'Egyptair, lunedì, con quello di oggi della Yemen air, o
invece ad Alesandria? E se a Sana'a, davvero via aereo o non piuttosto
tentando le ultime possibilità via mare? E la rotta via Kartoum? Così
ho iniziato il viavai già alla loro prima apertura fra l'una e l'altra
agenzia, l'una secondo il cui addetto ogni volo per Sana'a in giornata era
già "departed", l'altra che invece mi confortava dell'esistenza
di un volo in serata, finchè a rovellare più ancora l'intrico, ( a
intormentire più ancora la mia indeterminazione), un agente più
informato degli altri, cui mi aveva rivolto un suo collega, mi ha
confermato nell'ipotesi che era possibile, si, possibilissimo pervenire
nello Yemen economicamente ( un decimo il costo!), con il battello in
partenza da Suez per Gedda posdomani di domenica! Ma
ahimè, si sovrapponeva l'ostacolo del visto di transito, poiché anche se
mi fossi recato con il biglietto già fatto, e fotocopiato, l'indomani
all'Ambasciata dell'Arabia Saudita, solo la domenica, appunto, mi sarebbe
stato rilasciato al Cairo. E
avrei fatto ancora in tempo, a rientrare in pensione, recarmi ala stazione
degli autobus e dei taxi e in tempo giungere a Suez? Sin
ché
alla fine: a)
visto
e considerato che con il battello e con il pullman non sarei arrivato
prima di Mercoledì prossimo nello Yemen; e che per trarne un vantaggio
economico avrei dovuto rifare il medesimo tragitto e la medesima trafila
al ritorno, riducendo al minimo i tempi del mio soggiorno yemenita, b)
che se avessi preso l'aereo anche solo al rientro, avrei aggravato anziché
alleviato l'onere finanziario, poiché l'andata e ritorno con la medesima
linea è di costo inferiore a un solo volo; c)considerato
che il vantaggio del volo aereo sarebbe stato pienamente conseguito ,
temporalmente, solo se avessi profittato del volo in giornata della yemen
air, d)
ripromettendomi comunque,il prossimo anno, - se ci sarà per me un
prossimo anno-, di viaggiare ben entro i limiti delle mie disponibilità,
e nel pieno rispetto "onerario" delle mie spalle, conformandomi
al principio del piacere più "rilassante", sull'isoletta
mediterranea più intorpidente, anzichè al dispotismo assolutistico di
tale mio infelicissimo Io fichtianamente antitetico a ogni condiscendenza
renitentemente (pigramente) voluttuaria,
è
già nella hall dell' aeroporto di Sana'a che hanno termine queste note
che ho iniziato in quello del Cairo. Sono
le tre di notte e non ho alcun soldo yemenita per pigliare il taxi per la
città,- sono chiusi gli sportelli bancari-, mentre intorno è l'aggirarsi
ammoniacale degli uomini di pulizia,
e brulica la medesima vita aereoportuale che in Atene e Il Cairo, fra
l'aggirarsi crescente, che mi sconcerta, di uomini in giacca con la
djellaba, che ostentano in vita un vistoso pugnale fallico con
snudatura apicale. Ed
io, che ancora al Cairo, credevo di titaneggiare vittimisticamente contro
difficoltà di un grado trascendentale, prendendo
il volo aereo ho invece operato (realizzato )la deflazione vertiginosa
della mia emotività interiore, che ancora si smarriva, all'aeroporto del
Cairo, in ciò che non costituisce che le proceduralità d'imbarco.[1] Le
doglie travagliosissime del mio parto decisionale non hanno sgravato, ora
lo sento, che l'uscita dal grembo con il volo d'aereo del modo di arrivare
altrove più vantaggioso e dispendioso ed insignificante, la più
ragionevole e banale delle soluzioni del viaggio. E
tanto angosciarmene non era che lo sforzo di arrischiarmi ed arrendermi,
nella precarietà, alle spese che occorrono (necessarie) per la
facilitazione del volo, per acquisire così l'agevolazione universale che
nullifica ogni presunta avventura per cui la si utilizza.
Fantomaticità
impellente Il
mio lettore virtuale, la fantomaticità inesistente che mi impelle nel mio
viaggio scritturale, già si
predisponga, ahimè, e
nonostante il mio arrivo sano e salvo nella mirabile Sana'a, pur se con in
tasca già i voli di ritorno fino ad Atene, ad avere ancora materia e
motivo di annoiarsi (al mio seguito,) dei miei più fantasmatici palpiti e
tormenti. Se nemmeno l'incanto più fascinoso della antica Sana'a, che ho (
appena)intravisto, può quietarne le insorgenze incessanti. Come
quando, dopo avere rovistato lo zaino per ritrovarvi solo in extremis in
una tasca (avventurata( osa)) il passaporto, poi per strada la memoria, al
replay, non si è ricordata di avervi rinvenuto il biglietto per il Cairo
di andata e ritorno... E
ho dovuto così interrompere l'itinerario per rientrare in hotel e
riaccertarmi di averlo...
E
se poi, chiedendosi ancora, per qualche contrattempo non potrò confermare
la prenotazione al rientro? E
se ritarderò i termini del rientro oltre la scadenza? E
se mi stessi sbagliando sulla sua decorrenza? Se
fosse valida/o un mese a partire dalla data del rilascio anzichè
dell'ingresso? E
se... e se... e se... E
se solo perdessi questo quaderno di viaggio? (
Si taccia almeno dell'orrore della quest dell'hotel. Un
interminabile giro dell'oca allo sbando nella nuova Sana'a, prima di
accertarmi che i nominativi degli hotels non corrispondevano ai
contrassegni numerici sulla mappa, che
nell'hotel prescelto alfine intendevano taglieggiarmi, chiedendomi un
importo esorbitante di cui acquisissi i ryals al cambio privato, finchè
non ho ripiegato su questo mio hotel quantomasi dimesso in attesa del
meglio). At
home Il
mio alter ego chissà mai ove ora sarebbe. Forse
in un'isola dell'Egeo, ove ha ripiegato già stremato, oppure si sta
ancora intestardendo in un atroce sforzo a vuoto dopo l'altro per giungere
a Sana'a, di hotel in hotel in qualche località intermedia, la fatica
nauseosa vanificandogli ogni mirabilia finale. E
il karma di una tribolazione orrida, ove la cessazione di una pena ne
anticipa una ulteriore più ributtante, sarà una memoria angosciante che
perturberà in Alessandria il lampeggiare splendido del mare, o il planare
dell'aeroplano sulle meraviglie Diradatasi
la vista, che cosa potrà mai costituire per lui, l'incanto di Sana'a, se
non la conferma diretta della suggestione di immagini già viste e
riviste, quando in questi giorni in una riposata frescura mi è bastato
sfogliare l'Atlante, o le riviste di Archeologia,
svariando di continente in continente senza disagi e incomodi, per
evocare delle vestigia di civiltà precolombiane, o della valle dell'Indo,
ciò che la spossatezza o l'ansia (distrae di cogliere od) ottunde/ono
nell'ansietà del viaggio: l'intercapedine
esatta tra pietra e pietra della piramide atzeca, il
sentore della foresta nel temporale istantaneo, l'ulteriore rilievo
od intreccio della stupa. Senza
debilitanti spese e l' ulteriore ceck-in, o ripieghi di sordidi alloggi e
di mezzi di fortuna, i ritardati arrivi e le
mancate coincidenze, qui dove sei
già dappertutto presso il tuo guanciale, (poi)chè dovunque si è sempre
nell'identico luogo. E
ti basta se hai sete, accedere ai succhi di mango od ananas nel
frigorifero. O
senza avventurarti in polveroni di sabbia, consunto di sete dalle polveri
chimiche delle sode di cui ti abbeveri, senza angosce
|