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Rimorso

 

Agli inizi della settimana seguente,  lunedì scorso, mi ha riavvicinato durante l' intervallo l'allievo che aveva ucciso il passerottino, per dirmi come con suo nonno avesse raccolto un uccellino che era appena caduto dal nido rimettendolo in volo.

- E' vero quello che lei mi diceva, su come siano abili nel volo.

Mio nonno mi ha mostrato come siano lesti a infilarsi da un buco della rete del pollaio e a uscirne da un altro, dopo avere becchettato ciò che serve a loro.

A differenza delle rondini ho visto che discendono e indugiano a a terra, a cogliere il vermicello che si mangiano o la pagliuzza o il filino per fare il nido."

io ho solo aggiunto come li si veda anche ostinarsi per strada fino al sopraggiungere della ennesima auto, perché servono ad essi anche i granellini minerali che vi raccattano, a sostanziare e triturare il cibo in assenza di un apparato masticatorio.

Suppongo ora che fin dal primo giorno che mi ha raccontato la storia di quell' uccellino messo a morte, a farlo parlare fosse l'impulso del rimorso, il bisogno di confessare la cosa per ravvedersene.

E dunque se mi ha provocato con l'immediatezza con cui mi ha riferito la brutalità del fatto, era appunto per provocare la catalisi di una conversione per effetto delle mie parole.

La cosa mi ha confortato fintantoché ieri rientrando a casa da scuola, dopo giorni e giorni che mi sono lusingato di poter rinvenire qualche uccellino invalido da riadattare al volo, all' altezza dell' obitorio, lungo il margine della strada, non ho visto quell' uccellino morto anziché il solito sfacelo di visceri e penne, le zampette al cielo inerti e già in decomposizione, il capino addossato al cordolo con le cavità socchiuse, il piumaggio scomposto della sua livrea dimessa che più non gli sarebbe servita al volo, povere piume che non sarebbero più  stata l'attrattiva d'alcuna passerottina, che non gli avrebbero più valso (dismesse) foga e riparo nel volo...

E sono riandato a quell' uccellino schiantato dall' allievo, al mio canarino in soggiorno, solitario e celibe,  a cui svento e tramo al contempo ogni immaginabile rischio,  alla mortalità che anche su di lui sta in agguato, per mia mano, all' irredimibilità della fine anche di uno solo degli infiniti uccellini,  per i campi ed il cielo, per chi sappia amarli con l'intenerimento e l'apprensione per la loro delicata grazia atterrita nel volo volatile, di cui disdegna la propensione verso qualsiasi individuo del suo stesso genere.

Ed era quell' uccellino che non ho più ritrovato cadavere , che mi riveniva alla mente ai versi di Auden da Il mare e lo specchio che ho appena letto:

su sentieri attraverso i boschi d'inverno, una carcassa

disseccata d'uccello

agita la retina per nuove immagini",

pur se il mio canarino non è mai stato come per Prospero il mio alato Ariel, sotto il cui influsso " la morte è inconcepibile".

   

 

 

Quale rimorso

 

Ma quando abbiamo avuto modo di parlarne ancora, di uccellini, io e quel mio allievo, altro che rimorso nelle sue parole...

Mi ha chiesto dei piccioni di cui avevo appena parlato, che dalla torre campanaria del paesino antico lungo il Pò, vanno e vengono dal fiume.

Che beatitudine avevo vagheggiato nel loro vivere, evocandone tale viavai fluviale d' in su la vetta...

E mi ha detto, con competenza, del diverso volo di rondini e piccioni, di come questi planino a lungo sfruttando le correnti, e l'atterraggio frenato richieda il dispiegamento con le ali remiganti di quelle timoniere.

Credevo in lui stesse germinando, così cogliendo i miei frutti, la più autentica passione animalista, tanto più che sapeva dirmi, come nelle pozze, gli uccellini guazzassero in bagnetti.

" Che bello, mi confidavo, andare ad osservarli nei loro modi di vita... c' è anche un termine inglese per questa osservazione attenta che li salvaguarda, birdwatching..."

" Preferisco andare a caccia..."

Irredimibile il bruto...

" Ma non ti dispiace spezzarne la vita, negare loro il piacere di seguitare nel volo e nel canto?..."

" Li mangio, io " ne è stata la risposta esaustiva e risolutrice di ogni dubbio od ubbia " Fagiani, quaglie..."

Al che, mi sono arreso non già come a un controanimalista, ma come al coacervo a me di fronte di ogni incoerenza e incongruenza mentale.  intanto che la campana suonava la fine dell' intervallo e di ogni dialogo a proposito.

 

Macchie oculari

 

Ora che non ho più che macchie oculari,

che sensori del tratto ancora di mortificazione del vilipendio da cui difendermi,

nel ripercorrere lo stesso tratto di mortificazione

fra i vigilantes, insonni,

anche sull' accorrere di sparuti uccellini

al mio balcone deserto,

al balcone deserto,

desolata di ospiti anche la quella piccola ciotola,

eppure affranto dall'incombenza negli umani riguardi,

di schianto in schianto di esagitati affanni,

nell'eccesso ferito sui doveri degli atti,

senza più rotte a uno squarcio di miraggi di varchi nei cieli,

senza più il lascito, ancora,

per ancora altri popoli e vestigia e miseria,

ricurvo, ogni giorno di nuovo,

su altri rifiuti e polvere di pochi metri quadri,

vita e morte, ogni splendore glorioso,

eppure risorgono in limpidità d'incanto,

sono la luce che sfolgora ancora nella magnificenza dell'alba, nell'alba che infresca,

madida di essa i suoi quegli atti dimessi,

non sono più per la mia vita che un canto volatile,

vita e morte riattinte riattinte, oltre l'oltraggio e la vanità del tempo,

nel becchettio riattinte che ne sostenti il suo canto volatile,

nel nutrirlo ancora di miscelati grani

nell'esserino che è il tutto nella sua gabbia del futuro che resta,

(nel)l'esserino inesausto di inebriarsi 

che nella sua gabbia è quanto futuro ancora mi resta,

per pietà chiedendo ancora all' Angelo soccorso di vita

finchè concorso di vita vi sia nel suo anelare alla luce nel canto,

nel suo trascorrere quieto di semente in semente indorato di luce,

soccorso io di vita fino a quando, soltanto,

la mia sospensione del canto possa ancora confortarsi ancora

di suoi suoni d'acqua,

per pietà ma chiedendo allora soccorso di identici battiti, di morte,

non un solo istante attimo, di più,

come quando il capo sotto l'ali in lui reclini nel niente sonno per sempre,

dispento l'esserino per sempre alla quietudine ed al moto.

Fino ad allora Esaudendo(mi) il sostento (possibile)  della sua grazia soltanto, di quietudine e moto,

il mio cammino ancora di polvere e rovi fra gli uomini.

Che resta, esaudendo il sostento della sua grazia soltanto,

in di quietudine e moto,

del cammino di polvere e rovi fra gli uomini. 

Esaudendo il sostento della sua grazia soltanto

in di quietudine e moto,

che resta del cammino di polvere e rovi fra gli uomini.  

 

 

For Assisi


 

 

Discorso bis

 

Signore e Signori,

come i Signore e Signori di " Signore e Signori" di K. Brandys, onde a evitarvi trattane la debita lezione la loro fine annoiata, vi prego di esonerarmi con i più vivi accenti da ogni discorso che sia intreccio di idee( e) in nome di alcunchè o di alcuncosa, per la mia idiosincrasia che non è solo fiction, rispetto ad ogni formulazione di idee più o meno vagamente o presuntuosamente generali, per ogni esercizio argomentativo o benchè minimamente persuasivo della parola che qui assumo.

Mi è capitato tra l'altro lo shock, mentre per televisione ascoltavo il servizio sulle esequie di una cantante italiana morta di recente, di sentire che le ultime parole che intendevo sciabolarvi in faccia del discorso di rito, da me già compilato, erano pressappoco le stesse che il prete enfatizzava ai convenuti al rito impenitenti." E tu perdonaci di essere uomini..."

Sicchè con un vago disagio sono rinsavito dal farmi impropriamente prete al vostro cospetto, e in virtù del mio senso ch' è pur sempre tragicomico dell' infinita vanità del tutto, vorrei invece narrarvi e basta una mia storia scolastica, d'ispirazione sinceramente animalista, a omaggio di Frate Francesco di questa Città che mi ospita e saluto. Sentite or dunque Signori e Signori,

la sola storiella che segue a mio omaggio e congedo.

" L'uccellino assassinato"

 

 

Estate


 

 

Il tulle

 

Non sono passati che un giorno e due da che gli ho spalancato il balcone, ossia da che non è più il vento insidioso, cui debbo sottrarlo, ad assicurare la serenità e il bel tempo, (e) che su Bibò, all' aria aperta, già grava la cappa del velo di tulle, a preservarlo da zanzare ed altri insetti volatili, che già si sono schiusi nel volo e mi sono venuti pungendo urticando.

Ma nella luminosità celeste quiete aerea irradiata da un sole caldo, per lui ugualmente  è un mondo che gli ho aperto davanti, e poi velato intorno, come schiusegli le ante, anche solo l' ho posto sul limitare del davanzale: chè ma egli era così nell' aria liberamente circolante tenue, nella luce del sole solo un pò offuscatagli attenuatagli, tra genie intorno di rondini e colombi intorno in voli e gridii.

................................................. 

 

 

Dalla torre campanaria

 

Per Bibò ter

da rielaborare in La perdita

( Cronache di una perdita)

Solo verso le sette di sera, ieri di domenica, sono riuscito a liberarmi degli affanni domestici e a riprendere con la bici la via della fuoriuscita dalla città, lasciato Bibò, nella sua tulle, alfine quieto e al riparo da insetti e dal vento, io che intanto procedevo mentr'io mi defilavo dalla conurbazione già lungo la statale e la strada secondaria insinuantesi, fra i campi, in una fragranza estiva di  sfoggio estivo (di erba medica) (spagna) di trifoglio e di borraginacee, che infoltavano i bordi rivi lungo il folto dei rivi costieri del folto al margine di fossati continui; frammezzo, oltrepassando veloce oltrepassata già la borgata di case, in prossimità della meta, che la solarità estiva antiquava nelle sue rustiche pietre canonicali canonicheggianti a ridosso della Chiesa; nella pienezza della luminosità intorno, che rendeva mitiche ogni siepe e calcinazione muraria, ogni solco di volto e ogni rugginio d'arnese della mia Padanìa estivantesi, a ogni corte un ardore luminescente, fuori del tempo, (in) ogni giardino un fulgore di rose e gerani; finchè l'argine esterno fluviale si approssimava, profilato di pioppi, e la risalita mi immetteva in una sequela di parchi e di aziende agricole lungo i declivi, di ingressi alberati e radure d' erba circostanti; nello splendore solare, dell' erba rada, surreali (del)le balle cilindriche di fieno, ferma lì accanto per il giorno seguente la rotopressa, prima delle case basse del paese e delle sue locande, della pieve a ridosso dell' argine e infine del fiume ...

Lì, a una panchina di cemento volta al suo corso, nel far del tramonto mi sono ho arrestato la mia corsa, ove il procedere  del Po (dismette) scostandosene, rilascia sull' altra riva litorali di sabbia, per frangere ed erodere in turbini d'acqua la sponda erbosa sottostante, oltre i pioppeti riparata da massicciate arginanti. da arginature di massi.

Intanto radenti le acque , e in su sfreccianti, osservavo era un viavai di rondini nel cielo, a pelo dell' acqua come si risollevavano e riabbassavano ad ogni increspatura e flutto, per divagare tra i pioppi e traversare la strada d'argine fino ai campi e le case retrostanti, le più giovani le più inesperte e remiganti.

Poi è stata la volta di uno aereo stormo di colombi, a dibattersi e planare lento e risollevarsi in alto, prima di riavviarsi di ritorno alla torre campanaria in cui  s' annidano, agli antichi coppi e colmigni e alla grondature della pieve che ne è l'ospizio, e ove altri colombi e tortore si crogiolavano nella smorzatura della calura e della luce diurna, già quietandosi all' imminenza nell' imminenza del riposo notturno.

Come indi era per gli storni (i merli) volti al fiume o alla vastità pianeggiante, controsera, lungo i cavi telefonici sospesi in alto, per i passerottini che al mio sopraggiungere s'infoltavano in un cespo arbustivo o in un intrico già ombroso di rami, o per i confratelli piccioni e le consorelle tortore, conurbate, ritti ed erte sui fari luminosi dei viali di città.

Da tanta beatitudine di vita volatile, finchè al rientro in appartamento, acceso il video, ne era una eco l'ultimo canto di Bibò  al limitare del balcone dischiuso, me ne distorceva l' orrore bosniaco riportato nei notiziari, che riferivano le ultime degli scudi umani e degli ospiti di pace dell' Onu assunti in ostaggio dai serbi, dei giovani morti di Tuzla dilaniati in una sera come questa al caffè all' aperto,e  che quella notte sarebbero stati sepolti al riparo dell' oscurità delle tenebre nel cimitero islamico.

prima metà del mese di giugno del 1995.

 Una revisione è stata condotta su un foglio che mi sono recato appresso in Assisi.          

 

 

 

 

Temi

 

Come oggi, schiudendo a Bibò l'accesso al balcone, prima che il maltempo in arrivo dalla Francia mi costringa a rinchiuderlo di nuovo in soggiorno, gli abbia aperto un nuovo mondo, il mondo della reimmersione nell' aria e nella luce solare, tra gli insetti volatili e i plumini sospesi intorno, il canto degli uccelli e le ombre gettate dai voli in alto di piccioni e tortore, il clangore urbano e il canto di altri uccelli tra i rami degli alberi nel cortile e nel giardino poco distante, la fragranza e il verde delle piantine che si ritrovava accanto, sospese al balcone, di menta e salvia e rosmarino e lavanda,ove già dei passerottini li ho sorpresi a sfrucugliare fronde e germogli...

Era l'una passata, ed ho dovuto proteggerlo dal sole con un telo sulla sommità della gabbia, che creando un gioco di luci ed ombre all' interno, lo approfondiva contro il profilarsi esterno della selva di pianticine aromatiche...

Ed egli superato il primo smarrimento, come ergeva ed erge il capino, tuttora, a scrutarsi intorno oltre lo specchietto che lo impedisce, come già ambientatosi, vi si è prolungato ed estenuato nel canto...

E' così bastato il valico del balcone, perchè Biba iniziasse ed io iniziassi con lui la mia villeggiatura, e con la villeggiatura mille nuove ansie e timori...

E la corrente e le essudazioni, e se inciampo o la tapparella ricade sulla gabbia? o la anta della porta- finestra si ribatte e la rovescia? E non può darsi che nelle pianticine più belle, (si) appunto le rosseline, si annidi l'insidia di parassiti che si posssono trasmettere letali al mio uccelino, mentr'io congiuro a complicare e rendergli periglioso ogni spostamento più arioso e solare .      

 

 

20 giugno 95

 

Oggi per il terzo pomeriggio consecutivo, profittavo dellla bella bella giornata di sole per esporre il canarino all' aria aperta sul balcone: nella persuasione che fosse oggetto universale d'ammirazione, a ogni veranda o persiana da cui potesse essere rimirato nel canto.

Quando un rumore secco , d' improvviso, come di una raffica,ha ridestato ogni mia apprensione pessimistica,

" E se fosse stato uno sparo? Quanto più l'adori e ne fai mostra, quanto più è bello e gratuitamente incantevole nella sua natura innocente, tanto più non può che provocare irresistibilmente l'odio e la crudeltà feroce. Come ti riveli di nuovo ingenuamente sentimentale, di un narcisismo amoroso scioccamente empatico presuntuoso, nel supporre la condivisione unanime dei tuoi trasporti per il bell 'uccellino . Quando invece stai attirando odio e crudeltà bestiale...."

E così, tra un verso e l'altro dell' Auden de" Il mare e lo specchio", l' estasi radiosa di questo pomeriggio, e di ogni altro futuro, si è incrinata irreperabilmente, finchè non ho trovato requie alle mie apprensioni, stendendo uno stuoino tra l' uno e l'altro posatoio, ove Bibò potrebbe offrirsi come bersaglio.

So bene che forse, anzi senz'altro è stato il rumore secco della ricaduta delle tapperelle di una finestra.

Ma per tutta sicurezza, prima di recarmi a vedere " Creature del cielol", ho abbassato le tapparelle sin di sotto la figura o sagoma del mio canarino adorato.

E il nervosismo inquieto e di se angosciato che avvertivo in sala, era il trasporto agitato di chi non sa più stare senza il suo amato accanto.

Felici vacanze? Insieme tutta l' estate, senza ch'io vada via? E per davvero non andare io via ?

 

 

Umano/ disumano

 

Nell' apprendere degli orrori di Bosnia e di Cecenia, di fronte alle lacrime di quell' anziano uomo russo che piangeva i cari sterminati nell' assalto di terroristi ceceni all' ospedale di Budionnovsk, o alle immagini dei corpi dilaniati da una granata della gente in fila coi bidoni per l'acqua a Serajevo, in quello che prima della guerra era il quartiere verde di Dobrinja, avessi provato l' apprensione delicata e pietosa, con la quale nella calura meridiana- era già l'una- ho soccorso ad una ad una le pianticine di basilico che trapiantavo ad una ad una nel terriccio dei vasi, districandone l' intrigo  delle radici confitte aggrovigliate in un unico recipiente, così come mi sono state trasmesse come le avevo appena acquistate nel vivaio, anche alle più esili salvaguardando un filo di abbbarbicamento possibile, interrandone con cura la base dello stelo pur se già vizzo e reclino, indi liberandone le foglioline da ogni sommersione di terriccio smosso, affidandole tutte quante al sostegno di cannucce e stecchi di bambù; o avessi avvertito per i miei simili dilaniati dalla guerra, il sensibile richiamo che mi ha inibito di abbandonare a morte sicura il bruco dannoso, che avevo appena scovato tra le foglie che aveva appena eroso da lui  appena erose della mia pianticina di menta, che afflitta per altro dagli afidi avevo da poco appena riposto, per la disinfestazione, sugli scomparti dell' infermeria botanica del mio balcone. L'ho invece raccolto in capo a uno stecco, e l' ho così condotto sino al piano terra e al giardino antistante il mio condominio, ove con sua soddisfazione immediata l' ho rilasciato su una foglia di qualche senecio.

Per non dire di come si sommuova di dentro a ogni refolo di vento, se in balcone vi è esposto tra il tulle Bibò.       

 

 

Per il pensionato Giovanni

 

 

Astio

 

Le vacanze richiedono che l'anziano pensionato affidi per qualche settimana l' uccellino alla sorella.

Ma egli non riesce a fidarsene, l'ostilità per la sorella acuisce ed esaspera ogni sorta di diffidenza.

E se le sfugge mentre lo accudisce aprendo la gabbia quando sono aperte al contempo porte e finestre? E se nel ripulire la gabbia la rovescia, e fa perire o fa si che si fratturi senza scampo l 'animaletto? E se e se e se....

A esasperarlo è che in sua assenza, quando come in una prova d'anticipo le ha affidato l' uccellino insieme con l'appartamento da ripulire, allorchè si è recato in visita per due giorni di quel vecchio suo conoscente, a sua insaputa e contro ogni intesa stabilita lei ha condotto con sè nel appartamento il suo came, ignara ancora di quali potessero esserne le reazioni in compresenza con un uccellino.

E dire che così tanto si era raccomandato che non facesse alcunchè di testa sua, e che per prevenirne ogni invadenza,

aveva pulito e riordinato ogni cosa possibile.

E la sua esasperazione era giunta al punto di meditare quanto pur aveva meditato , follemente, l'assassinio stesso del canarino a freddo per toglierne il fastidio, dopo che per ore e ore aveva dovuto anticipare ogni ingerenza del riordino del suo appartamento da parte della sorella, prevendone ogni possibile intromissione e svolgendola invece di lei, insieme con ogni mancanza di riguardo, nel provvedervi,  per le infinite cure cui si sottopone per tutelare l' uccellino.

Così è stato per i sottobottiglie, per gli involucri appositi in cui ha riposto nei vani superiori i panni costipati nei cassetti, per i mille e uno angoli e cantoni che ha spolverato, per ogni ninnolo o bibelot che lei potesse ritenere superflui o accumulati in eccesso.

Finchè non ha avuto un eccesso, quando la invadenza che presupponeva nella sorella nei suoi riguardi, ha assunto per lui già i contorni certi di una intromissione senza rispetto, più ancora odiosa ugualmente, per le infinite misure di salvaguardia che pone nei riguardi dell' uccellino.

E ha pur iniziato anche a scriverle una serie di raccomandazioni, ( vedi allegato originario a penna da trascrivere); ma avrebbe fatto ciononostante attenzione a non riportare all' interno lo sporco del balcone; a non usare per l'uccellino che la sua catinella e l'apposita carta igienica? A dargli la mela inguantandosi le mani o tenendone il pezzetto fra la carta domestica? Non no no, tanto valeva si,  ucciderlo e telefonarglielo, che lo si era soppresso per evitare che fosse lei ad ucciderlo inevitabilmente con la sua noncuranza!....        

 

 

Lo schiocco

 

Non era stato che lo schiocco di una tapparella riabbassata fragorosamente.

Ma il suo rumore, per il fatto stesso e per le ragioni stesse che gli avevano fatto supporre che si trattasse piuttosto di un colpo di fucile diretto al suo uccellino,  che teneva esposto in bella evidenza sul balcone, aveva in lui ridestato l'astio e il risentito rancore verso la generalità degli uomini, ....  

 ( continua)

 

 

Al limitare

 

Quando ieri pomeriggio, sul tardi, sono giunto in bike al limitare dell' asfalto lungo l' argine di Pò, e lungo il tratto seguente, infrequentato dalle (d') auto, ho visto gli uccellini ripetere il loro saltabecchio sull'asfalto fra la ghiaia successiva del seguito, trasvolare il tratto  fra il fiume e i campi a perdita d'occhio, in un seguito più in alto di rondini e rondoni e altri uccelli maestri di fiume, infoltarsi nel folto ombroso di una pioppeta nella radura lacustre, o in un saliceto in riva al fiume, sorvolarne le acque o discendervi a volo radente, è lì, mi sono detto, che io o il pensionato Giovanni lasceremmo libero l'uccellino, infelicitati della tanta libertà che gli nega il nostro amore tutelare. Ma è lì, immaginavo commosso, che sul margine si arresterebbe il canarino fuor di gabbia libero, senza capire stupito e sorpreso il perchè, sconcertato che non lo si voglia più tra le sbarre in gabbia e al sicuro.

Ed è lì, che il nostro animo piangente lo trarrebbe a sè in lacrime e lo ricondurrebbe nella detenzione comune in gabbia.     

 

 

 

 

 

lalie

 

Sulle zanzare

 L'altro giorno con il mio bell' uccellino, come il pensionato Giovanni, mi sono messo a discorre come lui mi intendesse, ciacolandogli in veneto sulle zanzare da cui il velo di tulle dovrebbe proteggerlo.

E così gli venivo ciacolando, il suo amabile capino che mi fissava quietamente come stranito e intento:

"Ti te me poo domandar, bel uselin, che la se mai chela nivoleta, che la va e la vien che te meto intorno, e che te infastidise la visual.

Vedi, uselin , mio bel uselin , ghe s'é gh'é de le bestioline che le vola come ti, più picolete, che le se asetate de sangue, le nimalete, ih, e quando le vede il bel uselin , no le dise come il sotoscrito che tanto te fa paura: " Caro che bel uselin, che il cielo lo benedisa. Xse tanto belo che lo poso neanche sfiorar quel angioleto beo, no, le ghe guarda le sampine pervase de sangue e le dise invece avide: Mo guarda guarda che bele sampine da ciuciarghe il sangue, ciucia ciucia più che te poi, che l' è tuta grasia saporita...."

E cussì le nimalete le ciucia le ciucia al me bel uselin, che lu neanche intanto se ne acorse , gnanca le vede le diavolese, ma dopo, ih, l' bel uselin come el se grata e grata con il suo becheto...

E grata grata, l me amorin eco che cussì l' s'infeta, e po quel che po suceder dopo, gnanca l' ghe vo dir, non solo pensar".

E intanto come al pensionato Giovanni le lacrime cominciavano a scendermi, al cospetto del mio bel uccellino che seguitava a fissarmi inalterato e quieto.  

 

 

Piccolino

 

E ieri sera ( 1/7/95) sono finito in lacrime di fronte al mio bell' uccellino, sfinito dal travaglio dopo una domenica di vicissitudini casalinghe, della cura con cui ho ripulito e insabbiato di nuovo il fondo della sua gabbia, quando la sua stessa piccolezza che lo fa tanto vezzoso ( grazioso e bello), il mio canarino, mi è balenata come la stessa ragion d'essere della sua mortalità precoce:

" Caro il mio piccolino, dicendogli, che proprio perchè non è grande e grosso (e stupidone) e rozzo come un pachiderma, per quanto sia resistente e sano, tra dieci anni al più ..."

E scrutavo il suo capetto ignaro, i puntolini vivaci e lucenti dei suoi occhi indaganti, mentre sentivo di non avere alcuna forza per saper affrontare e sopravvivere alla sua morte, e asciugandomi il pianto e ridiscendendo a depositare il pattume, nell' aprire la porta mi facevo animo ripetendomi che farlo vivere al meglio e più a lungo, con ogni agio e piacere, è tutto quanto mi era dato di fare di possibile per lui.

Intanto che lo strazio di dovermi separare da lui, se vado via, di doverlo affidare alle mani pur dedite e attente di mia madre, che non possono avere purtuttavia, per esso, le innumerevoli attenzioni che mi detta ed ispira l' amore per l'uccellino bello, dava il colpo di grazia definitivo ai miei vaghi intenti di recarmi in Libia, dopo che a estraniarmi e distanziarmi da tale intento, incrementando le mie apprensioni sul trattamento che a me singolo, e turista, ed italiano, possono riservare le autorità libiche, già era intercorso il diffuso rifiuto oppostomi nel pomeriggio, dai vari vu cumprà marocchini a trascrivere in arabo le mie generalità entro il timbro bilingue, indispensabile, che ho ritirato per l' espatrio in Libia presso la Questura di Milano.  

Benchè ripetessi loro che non si trattava che della trascrizione in arabo dei dati in Italiano della prima pagina del mio passaporto, che se fosse vietata la compilazione del timbro non si capiva perchè la Questura me l'avesse rilasciato in bianco,

non potevo che prendere atto del loro rifiuto, motivato da quanto di sacrale e intoccabile può essere per un extracomunitario un passaporto in regola, anche per la diffidenza e l' apprensione che risorgeva in me come già si manifestava radicata in loro, su come la bastianità contraria delle autorità libiche avrebbe potuto avvalersi di ogni minima irregolarità di cui fosse traccia magari in quel timbro, per trattenermi o respingermi come a loro più interessasse o fosse l' (d)'umore di agire.

Scaricato indi il pattume, ma prima di uscire poi a a spasso per il centro, quand' era già sera, sono ritornato in cortile nei pressi del cadaverino di quell' uccellino che avevo scoperto ieri mattina, la sua esile carcassa già pullulata d'insetti e ridotta all' ossame, le povere piume scarruffate in ali informi, il capino senza più sembiante.

Chissà mi sono detto, che non sia uno di quegli stessi passerottini che dalle fronde dell' albero, nel cortile adiacente, veniva a posarsi sul mio balcone a beccare il seme sparsovi, forse quello stesso che indugiava a intentare di cinguettare con il mio canarino, o che mi svolava tra la menta e la salvia..."

E' il gatto condominiale, il probabile uccisore, unanimemente vezzeggiato e accudito, si aggirava intorno per ripulirlo ancor più.

Oggi vedrò, come scenderò per le spese,  se mi è dato modo di recuperarne i resti e seppellirlo in un angolo di terra.    Intanto stamane, con  indugi forzosi, non mi sono recato a Milano per consegnare i moduli e farmi compilare il timbro bilingue presso il Consolato Libico.

Mi sono concesso ancora una pausa di riflessione, per non dire piuttosto di affossamento di ogni intento di viaggio.

Certo, se faccio conto sulla retribuzione dei corsi di recupero che non mi è stata ancora messa in pagamento, sui miseri indennizzi previsti dal nuovo contratto per la scuola,  per recuperare quanto stia arrettrando nelsuo potere d'acquisto disavanzava il mio stipendio rispetto all' inflazione, ma anche così, non faccio che sanare e turare le falle pregresse, e poi?

Se intendo visitare vestigia tardo-romane, posso pur sempre orientarmi all' ultimo, se ne ritrovo i soldi, per l' Estremadura ed Evora e Lisbona,di Pessoa ed ora Wim Wenders,  e ritornare per la via lattea di Santiago de Compostela, Burgos e Leon...Intanto, vaneggiando, me ne sto quì a scrivere in pace e delizia in compagnia del mio bell' uccellino, presso il quale ritorno e mio Dio svento l'insidia, che soffocandolo, poteva per lui costituire un brano di carta igienica che lui è venuto or ora compattando, di quella che ho usato ieri sera proprio per pulirgli e igienizzare la gabbia.

Che se fossi partito, chissà che poteva cagionargli, ora mi vengo inquietando,  quell' incauto lascito ieri sera della mia dedizione stremata.     

 

 

fatalità inesorabili

 

3 luglio 1995

 

La fatalità tragica che poteva costituire la consistere in quella pallottolina di carta che mi è sfuggita a un mio (al mio ) accertamento , ieri sera, benchè già l' uccellino l' avessi visto e distolto da un' altra sua pallottolina, mi richiama la logica terribile che è incombente su ogni mio atto per salvaguardarlo, e assicurarlo, in cui può insidiarsi ogni giorno la sua fine.

Cui è appesa anche la mia, poichè solo l'idea dello sconvolgimento tremendo in cui getterei allora mia madre, il cui dono dell' uccellino si sarebbe rivelato l' insidia fatale alla mia vita, può trattenermi nel vivere oltre, non già la consapevolezza, di certo, di quale possa essere il talento di cui tronchere gli esiti, o l' aspirazione a seguitare a leggere e viaggiare e ascoltare musica (e vedere quadri o monumenti) formandomi e ancora crescendo, tanto mi è in odio ogni proficuità e lascito civile, e tanto me ne infischio di tutto ciò che posso lasciare agli altri miei simili in eredità di forme e di affetti, che non sia la testimonianza della mia predilezione su ogni altro, e su tutto, del mio bell'uccellino e della sua genia volatile, con il corredo delle mie pianticine figliolette.

E come la carta od ogni altra sostanza che uso nella igiene della sua gabbia, è la stessa instabilità di questa, sul suo piede d'appoggio, negli spazi irrimediabilmente angusti della mia costipazione domestica, l'insidia che avvertivo con sconforto presente in ogni movimento con cui l' accudisco, come ieri sera, stremato di stanchezza, ho constatato quando perchè perdessi il controllo dei miei gesti, è bastato l' involarsi tra la gabbia e la porta-finestra di quel coleottero, per risospingere il quale, oltre i vetri, ho lasciato incustodito lo sportellino aperto e ho volto incautamente le spalle alla gabbia e al suo piano instabile d' appoggio.

Come può essere la stessa mia ritrosia a partire e ad affidarlo a mia madre, la causa invece della sventura che mi accomuni al mio uccellino.

Tutto ciò ha implicazioni sull' andamento della trama della stessa fiction del pensionato Giovanni, poichè solo se la fine morte del suo ( oh, non mio e invece del mio) uccellino è cagionata da una fatalità così dialettica, è forse preferibile  l'ordine narrativo reale a rigor di logica.

 

" Mio dio è stato un pezzo di carta che lo ha soffocato, un resto della carta igienica che ho usato ieri sera per pulirgli la gabbia.

Se solo non solo partito... Ma che farci.

L'ho già seppellito in un vasetto di terra".

La mia immaginazione è così immaginativa, che come mi basta evocare il solo sospetto che uno mi agisca contro per odiarlo accanitamente, così mi è bastato evocare questo scambio al telefono di battute in cui ne comunicavo la fine a mia madre, forse così pacatamente rassegnato per celarle ogni intento di un successibvo suiciduio, perchè per me fosse tragicamente già morto l' uccellino mio caro, che invece sta bellamente mangiucchiando il suo pastoncino, canticchia e indenne svolicchia, il suo trillino che si ingrossa e fa le prove del canto.           

 

 

Incanto

 

Che incanto, sento la vita; eppure quella pallottolina di carta, un niente, togliendo la vita al mio caro uccellino,  può tramutarlo istantaneamente in orrore sinistro.

Ed io sono incantato e pur pronto all'atto estremo, come e appena l' estasi si rovesci (si muti) a un mio rientro e al rinvenimento, nella discoperta dell' atrocità che mi schianti.

Posso essere più apparentemente forte e più realmente debole di così?

 

 

 

L'uccellino in cortile

 

E quando di rientro dalla Questura e dal Palazzo di giustizia, in cerca di chi mi traducesse in arabo i miei dati per il timbro bilingue, ho rivisto insepolto in cortile quell' uccellino, nel garage ho preso un paletto scalfito, in mancanza di altro, e oltre la siepe ho scavato nel vano erboso una piccolo buca dove interrarlo.

Con un foglio di giornale ho quindi sollevato il suo corpicino sfatto, divorato degli organi interni e di cui erano visibili le più riposte interiora, così distogliendolo da un viavai continuo di formiche, mentre di lui il capino con gli occhi in sfacelo, e le povere alucce, sotto la mia lieve stretta erano pendenti in ogni verso.

Poi su quel misero esserino ho iniziato a stendere terra pietosa, e al suo canto e alla sua vita celeste, per mia mano è subentrata la confusione definitiva di carne e piume e terriccio, la mescolanza delle loro vicissitudini organiche sotto il riparo della coltre di piccole zolle, che pur seguitandone lo scempio, poneva un riparo per quei resti dall' inclemenza degli esterni elementi.

E subito dopo, nel pomeriggio che si faceva già temporalesco, sono risalito in appartamento dal mio quieto Bibò, e una volta in bagno, per ripulirmi, mi sono ritrovato sono scoppiato in un pianto dirotto per su quell' uccellino straziato, commosso dalla per la fine così anonima e orrenda, e tanto precoce, che per quel poverino aveva significato di ogni gioia di vita e di volo nel canto per quel poverino.

Piangendolo di quelle lacrime, affrante, che tuttora mi sgorgano ma che non so piangere trovare per alcun umano individuo cosciente.

Che non so come potrò comporre in un dolore cui sappia resistere, quando alla terra debba rendere, ugualmente, il mio canarino pencolantemi allora senza più vita.  

 

 

Un altro posatoio

 

Se oggi ( 4/7/93) ho dovuto rinunciare

Quando dalla traduttrice in arabo, del tribunale di giustizia, mi sono sentito richiedere il mio stipendio di un giorno per trascrivere otto dati anagrafici, come esigeva richiedeva la redazione del timbro bilingue imposto richiesto dalle autorità libiche, è con un senso di liberazione,insieme con la ripulsa, che in me ho salutato la rinuncia interiore al viaggio nella grande Jamayria, al rischio di ogni sorta di disavventura e di traversia con ogni sorta di forza di sorveglianza e di polizia di quello Stato, che più non mi avrebbe diviso da Bibò.

E mentre io così rinunciavo alla possibilità, per quanto solo ipotetica, di vedere Sabratha e Leptis Magna, al mio uccellino sono venuto assicurando la possibilità di spaziare ancora più in alto nella sua gabbia, sistemandogli un posatoio ulteriore in prossimità della copertura, come mi ero riproposto già ieri sera, quando ponendo termine alla mia afflizione in lacrime per la sua mortalità, ho avuto alfine occhi per vedere la sua vitalità presente, come mirasse a volare più in alto, senza altri appoggi precari che la sommità cui aggrapparrsi delle sbarre verticali più in sù alto di lato.

Ed eppur con tanta prudenza ed esitazione, l' uccellino è infine riuscito a guadagnare la nuova posizione, poi recuperandola ed installandosi con acresciuta sicurezza sul più alto posatoio, la cui istallazione aveva accolto inizialmente con vivo terrore.

Il terrore animale generico e generale, di cui parla Brandys, in Rondò, quando di un  cane pointer scrive che " Non aveva paura di me  e neanche del dolore, penso che temesse qualcosa che potesse capitargli, qualcosa di inimmaginabile, spaventoso, la peggior cosa che potesse capitargli."

Ma intanto la rinuncia a quel viaggio, come la improbabilità pur anche che possa  recarmi in Estremadura ed a Lisbona, la impossibilità per la mia misera retribuzione di insegnante di tutto quello che non siano i generi alimentari o i prodotti della casa, il dovermi ridurre all' acquisto dei soli libri e compact disc in economica, il leggere sul giornale quella lettera che trovava giusto che noi insegnanti fossimo retribuiti come i raccoglitori di pomodori, o l' aver appreso che Agnelli, ossia la Confindustria, invita a non aumentare ancora gli stipendi, quando per noi insegnanti ciò non avviene di fatto da cinque anni, e tutto ha seguitato ad aumentare nel suo costo oltre ogni limite o soglia prefissati, o di come mentre si accusa di immoralità chi di noi insegnanti si sottrae a venire mortificato in Commissione d'esami, in televisione questa o quella presentatrice può tranquillamente arricchirsi invitando i giovani a copiare nelle prove d'esame come lei ha sempre fatto, il tutto che mi ha così colpito sui giornali e in televisione, mi ha incupito di una tristezza amarissima, e mi sono sempre più deprimentemente immedesimato nelle parole di quell' insegnante che venivano citate, in risposta,  dalla curatrice di una rubrica giornalistica nel replicarle, alla protervia di quella lettrice che ci vorrebbe veder sottostare, più ancora immiseriti, a ogni precettazione ed obbligo di servizio, :

"Questa condizione ci sta spingendo verso un odio generalizzato verso tutto e tutto oppure verso una disperata rassegnazione".

Mentre venivo meditando, se il signor Giovanni, non fosse il caso di trasformarlo da impiegato di concetto in un miserevole insegnante   

  

 

 

Le malattie delle piante.

 

Come le malattie insorte alle piante, e che ne hanno condotte o ne stanno conducendo alcune a morte, senza che io sappia come intervenire, se trapiantandole o arricchendo il terreno di ferro o nitrati, se l' insecchimento succeda per troppa o troppa poca acqua,  mi abbiano suscitato una disperazione che mi deprimeparticolarmente, perchè me ne rincresce e più ancora perchè mi immagino un giorno afflitto da uguale tanta imperizia od impotenza, di fronte al mio canarino che manifesti disturbi cui non sappia come far fronte, e che rapidamente lo debilitino sino a farne temere od approssimarne a me insostenibile la morte.

 

 

 

 

 

13 luglio 95

 

E tutt' oggi mi sono intrattenuto a leggere Età di ferro e a vezzeggiare il mio canarino, nella vana attesa di qualche reazione dell' Europa e del mondo alla pulizia etnica che è in atto a Sebrenica.

E invece, il lupo Mladic può impunemente intercettare le genti che ha volto in fuga, mostrare di blandirne i piccoli sgomenti, e con bandi altrimenti di morte separare gli uomini bosniaci dalle donne e i bambini, confinarli e concentrarli dietro il filo spinato.

Eppure è possibile che tutto questo stia adesso accadendo e che noi si possa tranquillamente mangiare e dormire, con la stessa naturalità assuefatta con cui ci cibiamo di questo o quel trancio di carne di animale catturato, appeso per un gancio , sgozzato o decapitato.  

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