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3a bibo

 

After

 

Ieri l' altro di notte, quando ho interrotto la lettura di Età di ferro, per scrivere al computer, provocato anche da quanto vi avevo letto, di come venivo vivendo l'orrore composito della pulizia etnica di Sebrenica e del dominio animale dell' uomo, la quiete in cui ho sorpreso immerso l'appartamento nel plenilunio, o nella luce lunare l' uccellino addormentato sul posatoio più alto dentro la sua gabbia ed ogni utensile domestico in cucina, era un incanto cui mi sono ripromesso invano di sostare in estasi, poichè nel suo silenzio estatico mi ha vinto lo sfinimento, ed ho dovuto desistere per il letto nel mio cubicolo afoso.

Eppoi l'indomani dovevo partire la mattina presto per Padova, a vedervi il Giotto degli Scrovegni e l' altare del Santo.

 Ma che meraviglia, eppure in un flash mi è parsa la vita, la mia vita, ( pur in quei pochi minuti), sospeso intorno ogni gridore, madidi del plenilunio i condomini e i balconi circostanti, il vario fogliame sul terrazzo della lavanda, del papiro, della melissa e della menta e della salvia, l' ultimo utensile dismesso e il calice e la tazza in cucina, le bottiglie nelle scie di luce delle vetrate riflesse sulla pavimentazione ,

i tanti videotapes e i libri e le trame delle gabbie al di qua della porta finestra del soggiorno, ogni mio estenuante lavoro realizzato, l'ordine domestico interno ricomposto, e incantevole, sul posatoio più alto, l'uccellino assorto nel nuvolio del suo estatico sonno, come affiorantevi  (sospesovi) nel chiarore alla fonda di una sua navigazione celeste (, piccolo e immenso nella quieta sua grazia).

E la vita che tutto quel giorno mi ero disperato di seguitare a gettare via, perchè ella era angosciata , nell' ingiuria dei tempi, di ritrovarsi in ogni sua espressione (in tutto e per tutto) sessualmente e mentalmente e socialmente afflitta da impotenza, io disperando di essere nello spirito e nella carne un fallimento senza più vie d'uscita, impossibilitato che alla sola miseria e all'andare perduto, in quale insaputa grazia e dignità nobile l'ho scoperta sospesa, già quanto adempiuta e ancora da adempiere... .

Cosicché l'impasse, nel chiarore che mi estraniava allo sconforto antecedente, non era che il silenzio quieto del divino.

L' indomani mattina, al cospetto di Giotto nella cappella degli Scrovegni, che m'importava più di ogni mia miseria estivante, di come tutto sia diventato oggetto di rinuncia, e non veda più possibilità di viaggiare altrove nel mondo e pubblicare alcun scritto, di avere una vita di affetti o di ulteriori rapporti.

Ma già oggi, quando la spesa per l'acquisto dei generi alimentari di prima necessità mi ha di nuovo svuotato il portafoglio, e mi sono ritrovato sconfortato di fronte al computer e ai miei progetti di invio di questo o quel testo  a questo o quel critico, a dover desistere anche dall' immedesimarmi nel desiderio fisico, è divenuta la mia ricorrenza mentale come farla finita , la sola via di sbocco che mi sembri credibile, che mi dia un poco di sollievo nella tortura del mio stato di fatto .                   

 

 

Se

 

Una delle mie mani immersa nell' acqua corrente dal rubinetto, l' altra, umida anch' essa, tesa a rimettere sulla piastra del fornello la caffettiera con il caffè rimastomi non sorbito, quando una  dispersione di corrente mi ha scosso, intanto che l' uccellino cantava a voce spiegata sulla musica di fondo di Mendelshonn Bartoldy...

Il manuale del forno lavastoviglie riconduce l' accadimento a un inconveniente dovuto alla presenza del filtro antidisturbo radio, se la messa a terra dell' impianto elettrico non è efficiente, ma...

Comunque respiro ora di essere vivo con il mio uccellino, che se fossi rimasto fulminato, avrebbe certamente seguitato a cantare e mangiare come nulla fosse, ma avrebbe forse finito ogni risorsa di alimenti e di acqua cessando di vivere anch'egli, prima che nell' estate senza più contatti con i miei, ci si fosse resi conti dell' incidente letale...

O forse dalle porte-finestre si sarebbe visto il mio cadavere, qualcuno avrebbe dato l' allarme, e l' odore della mia decomposizione avrebbe recato i suoi miasmi a finestre aperte, e lui avrebbe seguitato voli e canto sul mio niente.

In ogni modo ho appena cessato di leggere le mirabili pagine di R .Longhi sugli Squarcioneschi, prima di recarmi in settimana a Padova a vedervi  l' altare di Donatello, dopo che avevo seguitato la lettura di L'enigma dell' arrivo, ove le osservazioni di Naipaul sul servilismo di cui accusava il giardiniere *, il fatto che all' eleganza dell' abbigliamento corrispondesse tanta sua sciatteria domestica, per la sua ostinazione ad addebitare ogni miglioria o riparazione al padrone, mi avevano agitato ed attivato a porre riparo all' incuria, per le medesime ragioni, in cui tengo le prese elettriche che svasano o ricadano fuori del loro forame nel muro.

Così ne ho parlato senza addebitargliene l' onere alla mia anziana proprietaria, ieri sera quando mi sono  recato da lei per l' affitto.

E lei ha fatto tutto semplicemente risolvibile, bastava con il cacciavite ridare possibilità d'aggancio alle graffe laterali.

Ma io che per la bisogna avevo già previsto di fare altrimenti, dopo avere invano tentato di reinserire le prese secondo i suoi accenni, le sue indicazioni, ho preso il tubetto di silicone, e staccata la corrente, l' ho usato come collante della presa di plastica contro il muro calcinato, incapace di credere in qualsiasi efficacia del mio tentativo di presa, mentre il collante colava lungo il muro, rigava la presa sino a lambirne i fori.

 (Ed io) tutto agitato, ero già in balia di un disorientamento svasante come in gabbia succede all' uccellino , quando l' impavidisco e perde ogni misura di reale difesa, diventando capace di ogni rovina nel suo volo atterrito...

Ma il silicone faceva intanto effettivamente presa, la rigatura con un pezzo di carta era distolta dai fori, e riattivata la corrente tutto appariva sistemato e a posto.

Come appare tutto ora sistemato e a posto, la TV che trasmette in diretta la tappa pirenaica, l' uccellino beato che si è quietato nel volo, e saltella verso la mela fresca, io che m' affretto ad uscire per acquistare i giornali e la phone card prima della chiusura pomeridiana. 

 

 

Al rientro, già nel supermarket di cui ero il penultimo cliente, ho iniziato a sfogliare la prima pagina dell' Unità in prossimità della cassa, in un conato d' orrore, soffocato, al resoconto che vi si anticipava di un misfatto tremendo:

" Ho visto le milizie serbe sgozzare un bambino davanti alla madre, e poi chiederle di berne il sangue per salvare il resto della famiglia. La donna che ha obbedito, poi si è avventata su un altro figlio e l' ha strangolato. Ha preferito ucciderlo lei... E i cetnici guardavano divertiti...la donna è quindi scappata mentre sul posto è rimasto un terzo figlio, che si è fatto prendere per mano da una vicina e l' ha seguita fino al campo profughi. Da quel giorno non parla più"....

Mi sono guardato intorno, tra i banchi e le commesse, le tante merci refrigerate o esposte nell' interno climatizzato, e mi sono sentito mancare il fiato e il grido, quasi che qualsiasi reazione vi fosse una profanazione.

Nell' appartamento l' uccellino mi ha riaccolto più che mai sano e felice nel canto, ed io più che mai l' ho vezzeggiato nella sua luminosità naturale, tanto pura nel suo fulgore arancione, quanto adombrata di inestinguibile orrore era la mia intimità sociale, cui nel fronteggiarlo, era intollerabile ogni impotenza o inerzia a contrastare le atrocità serbe. ogni connubio o coesistenza o arrendevolezza con l' impotenza a fronteggiare il male.  Dunque, non sta accadendo, che il mio vagheggiamento del mondo animale e del mio uccellino, in particolare, mi abbia reso indifferente a ogni umano inferno, che mi abbia calafatato impermeabilizzato a ogni sensibilità per il male di cui sia vittima il mio simile, tant' è che non solo intendo, ma sento come sia insostenibile mangiare e dormire, non lungi da coloro che così ammazzano gli altri.

Come ho smesso di consumare l' insalata estiva, nel meraviglioso pomeriggio di luce e canto in armonia del mio canarino, mi sono messo al computer ed ho parafrasato in versi il resoconto di quel misfatto, quale l' aveva raccolto da una profuga l' inviato dell' Unità.

Cercando di usare il minor numero di parole le più comuni che fosse possibile, perché nessun ornato o escogitazione retorica falsasse l'orrore del fatto, ne indebolisse la denuncia implicita.

E solo quando di tale poesia "in diretta" ( o in tempo reale") ho ultimato la prima stesura, ho riacceso il televisore per sentire in stridente contrasto, quali mai imprese vi stesse compiendo nel tour pirenaico il ciclista italiano Pantani.

Ma la voce al fondo di se stessa dei cronisti, il fatto che il campione non figurasse tra i primi, mi lasciava intendere che anche nello sport era tragedia: e consultavo il televideo e ne avevo conferma: " 14, 53 Tour: è morto il ciclista Casartelli", che quando avevo spento il televisore alle 14,30 risultava la  vittima non grave di una caduta in discesa"  

E intanto l' uccellino canta inesausto e s' imbeve della luce del cielo che volge  al tramonto, nella quiete pomeridiana di voli e gridii, di rumori e traffico sospesi d' intorno, come il velo di tulle e la gabbia indorati di luce nella sera che arrosa.

Ed io del critico letterario di cui mi erano insostenibili stamane, a commento di Yeats, le parole di quiescenza al male, ove lo dice necessario e sacro quanto il bene..., - e che come tuttora mi risuonano vacue di vero sentire,- ripenso ora altresì quanto per lui restava di ogni speranza, al  termine, se fallisce ogni ritorno fra gli umani degli dei: ché essi ritornano altrimenti nella vita animale e vegetale, " nella musica degli uccelli, nel finale canto del tordo, nel battito del cuore sempre rinnovato della primavera".

Ma come non credere, allora, che quegli dei non vi siano delle esiliate potenze, soggiogate, finchè le demonie hanno in scacco le potenze umane, al punto che i confini tra quegli alberi e giunchi vi siano confini che si devono tracciare col sangue sangue?

E dimenticarmi che l' apparenza che contemplo incantarmi nel mio uccellino or vivo e in armonia di canto con la luce, eppur è gravida della sua morte e del suo sfacelo, è il volto radioso in cui perpetuamente si ricompone l' orrore in cui si decompone?

Che...                   

 

 

Per Alì che non ne parla

 

Per Alì che ha perso la parola,

Alì che ne ha l' orrore negli occhi e nella mente,

è Azra Salkic che ne fa il racconto.

Li ha visti lei stessi, a Potocari,

quando di fronte alla madre di Alì

perchè desse a loro tutto l' oro, e i marchi,

che inutilmente implorava in lacrime di non avere, (a un cenno)  si sono intesi

di procedere come al solito  

hanno annuito e il coltellaccio che vi era puntato ( contro)

nella gola del bambino più grande ha aperto lo squarcio.

La madre allora precipitandosi

gli ha messo sulla gola e intorno le mani intorno

quasi potesse fermare tutto quel sangue (potesse fermarlo).

Tra i commilitoni intorno che ne ridevano,

uno le ha allora urlato come a una bestia:

" bevine il sangue (sulle tue mani )che hai sulle mani,

e salvi la tua vita e degli altri tuoi figli".

se vuoi ancora salvare la vita a te

e agli altri tuoi figli."

E lei ha cominciato ad obbedirgli.

(gli ha subito obbedito)

Nel leccarsele

non piangeva e non gridava neanche più.

(E lei fattasi calma all' improvviso

ha cominciato ad obbedirgli.

Nel leccarsele

non piangeva e non gridava neanche più).

 

Quando di scatto si è rivolta sull' altro figlio

(Quando all' improvviso si è rivolta sull' altro figlio)

e con le sue stesse mani lo ha strangolato.

Piuttosto che fossero loro ad ucciderlo...

Seguitavano a deriderla quei cetnici,

quando ha ripreso a urlare fuggendone  via.

Alì invece no,

ha visto tutto e non ha pianto una lacrima.

Si è fatto prendere per mano da una vicina,

e l'ha seguita fino a qui.

Da allora non parla e non mangia più.

Non una parola, non una lacrima".

    

                             Coautori

                                   Azra Salkic

                                   Nuccio Ciconte

                                   Odorico Bergamaschi

 

 

Con preghiera

 

 Alla redazione della Gazzetta di Mantova

 

Vi invio con preghiera di pubblicazione il seguente testo, che non è che la versione poetica del racconto d' orrore di una profuga da Sebrenica nella tendopoli di Tuzla, Azra Salkic, quale l' trascritto l' inviato dell' Unità Nuccio Conte, in data 18 luglio 1995, raccogliendolo tramite una propria interprete croata.

Dell' orrore bosniaco, che ha carnefici e vittime e complici ben precisabili, ho voluto così formulare in diretta la sola parafrasi, poichè è solo la più nuda vulgata, appunto, la rilevazione attraverso la forma più semplice e priva d'ornato, che s'addice all' orrore e può denunciarne l' insostenibilità.

Ossia che non possiamo mangiare e dormire come se non stesse intanto accadendo. Ora a Zepa come ancora a Sebrenica.

 

                                Odorico Bergamaschi

                                        insegnante

 

 

Per Alì che non ne parla

 

Per Alì che ha perso la parola,

Alì che ne ha l' orrore negli occhi e nella mente,

è Azra Salkic che ne fa il racconto.

Li ha visti lei stessi, a Potocari,

quando di fronte alla madre di Alì

perchè desse a loro tutto l' oro, e i marchi,

che implorava in lacrime di non avere,

hanno annuito e il coltellaccio che vi era puntato

nella gola del bambino più grande ha aperto lo squarcio.

La madre precipitandosi

gli ha messo sulla gola e intorno le mani

quasi potesse fermare tutto quel sangue.

Tra i commilitoni che ne ridevano,

uno le ha allora urlato come a una bestia:

" bevine il sangue che hai sulle mani,

e salvi la tua vita e degli altri tuoi figli".

Lei si è fatta calma all' improvviso

e ha cominciato ad obbedirgli.

Nel leccarsele

non piangeva e non gridava neanche più.

Quando si è avventata di scatto sull' altro figlio

e con le sue stesse mani lo ha strangolato.

Piuttosto che fossero loro ad ucciderlo...

Seguitavano a deriderla quei cetnici,

quando ha ripreso a urlare fuggendone  via.

Alì che non ha ancora quattro anni

ha visto tutto e non ha pianto una lacrima.

Si è lasciato prendere per mano da una vicina,

e l'ha seguita fino a qui.

Da allora non parla e non mangia più.

Non una parola, non una lacrima".

    

                             Coautori

                                   Azra Salkic

                                   Nuccio Ciconte

                                   Odorico Bergamaschi

 

 

Liquidità omicida

 

Quando dall' estratto bancario di emolumenti e prelievi, ho accertato che il pagamento dei corsi di recupero che ho sostenuto mesi or sono aveva dimezzato il mio passivo, che sollievo ieri ne ho tratto, ed è tornata a rifiorire la speranza di viaggiare in vacanza, in Portogallo e Estremadura, o a Cipro o sulle coste dalmate, o alla peggiore nell' Italia etrusca di Cerveteri e Tarquinia.

Ma con la speranza al sollievo di poter viaggiare e andare via, è insorta l' angoscia per questo di lasciare Bibò, di esporlo a rischi letali, di pagare e scontare con la sua morte il ritorno a viaggiare- ah, quante avvertenze occorre con lui avere -, e l' incubo si è affacciato desolante, se non cominciassi a desiderarne sottilmente la morte, magari nella sprezzatura stessa del trattamento che gli riservi.

E per questo il mio uccellino mi è parso più ancora indifeso e in mia mano, più ancora amorosamente caro nel suo timore invincibile atterrito.  

 

 

 

 

 

Io che non potrei andare in India

 

Io che quand'anche ne avessi le facolta economiche, non potrei più andare in India, tanto perchè a se mi lega l' uccellino, che di me non può fare a meno nella sua cattività in gabbia, l' uccellino, a sua volta, che non può andarserne libero fra i casamenti ed allontanarsi fra i campi, come l' ispira il canto, perchè io non posso fare a meno a mia volta di averlo in gabbia che mi fa compagnia.

 

 

E' bellissimo, qui

 

" E' bellissimo qui.Ti aspettiamo. Saluti mamma e papà."

Così mi hanno scritto sul retro della cartolina con l' immagine di Sauze d' Oulx, " il balcone delle Alpi".

Ma come posso recarmici, se non ho nessuno cui affidare in mia assenza l' uccelino.

Se posso contare solo su loro, che me lo custodiscano, per potere andare via al loro rientro?

E se la condizione per avere i soldi per andare comunque via, in Portogallo, o a Cipro, è che nel frattemnmpo non mi rechi altrove, che preservi tutto il denaro possibile.

Per risparmiare sto bevendo acqua e limone anzichè le bibite, e cenando con pizzette guarnite e fettine di melanzana con sottilette e pomodoro e origano, in alternativa, sto rinunciando a riparare insieme alla bicicletta anche il motorino che si è disaggiustato ....

Mentre ho intensificato le cure e le premure che riservo a bibò, -cui devo cercare, nella gran afa, di assicurare tutta l'aerazione possibile senza esporlo a correnti,- nel timore che il mio subconscio trami la sua fine o eliminazione.

Anche poc'anzi lo ho accudito risvegliandolop nel sonno, al rumore che ha fatto la porta- finestra a lui accanto,quando l'ho socchiusa per conserntirgli un pò di frescura nitturna.

E mi ritrovato più che mai folle del mio canarino, che mi è irrinunciabile più che la vita.

Come è vero altresì che se non dovessi accudirlo, la cartolina sarebbe giunta ch'io sarei già in viaggio per il campo  di Tuzla, a prestare qualsiasi forma di soccorso di cui sia capace ai profughi bosniaci.

 

 

 

Uccellino, uccellino delle mie brame

 

Uccellino, uccellino delle mie brame

chi è il più prigioniero del reame?

 

 

Due riflesse solitudini

 

Ci rispecchiamo l'uno nell' altro, nelle nostre due solitudini di singoli, io e il mio canarino costretti in gabbia e a casa per le vacanze .

Egli ch' eppure vi vive contento del suo stato, solo che non lo impavidisca o infastidisca- sono comunque certo che in me non vede un Landrù o un Barbablù-, io che della mia vita e di me stesso vi sono talmente tormentosamente insoddisfatto, tanto per come mi costringo pur sempre alla vanificazione di ogni piacere, per il folle mio scrupolo  che mi comanda ed impone di attenermi solo a me stesso e alla mia vocazione artistica, di cui gli esiti quello stesso mio scrupolo, mostrandomi intollerabilmente imperfetto e ancora da riscrivere ogni mio scritto, consegna all' angoscia di viversi come un fallimento senza scampo, cui ho sacrificato ogni  successo e fortuna e godimento.

Per cui non c' è giorno di questa mia povera estate costernante, che non trascorra suicidario e in miseria accanto al mio uccellino, tanto vi sono ridotto a odiare tutto e tutti, nella mia condizione affamata e rigettata di insegnante, cui mi destina la stessa mia incapacità di riuscire a valere e ad affermarmi come scrittore, per tacere della mia impotenza a impersonarmi ancora in una vita sessuale.

Sicchè la cura del mio uccellino è la mia sola vita in cui mi riconosca, benchè sappia che il legame che ci unisce è reso possibile dall mio fallimento a vivere la vita che vorrei vivere, ora in ogni altra parte del mondo che non qui, quale giornalista e scrittore di viaggi fortunato e di valore, cui è possibile a Rio o a Bangkok, o a Djerba, la vita sessuale che qui è solo ridicolo o ignominia, e abbia sempre presente che tale legame, fin che ci unisce, mi rende impossibile profittare di attuare ogni possibilità che mi si offra di tale vita.

 

 

Pecore vs uomini

 

Stupisce la opinione pubblica che il giovine ligure che ha fatto a pezzi i genitori, eviscerandoli e dandone in pasto il cuore ai gatti, in prigione seguiti a chiedere preoccupato delle sue pecore, che se ne abbia cura e le facciano star bene.

Mentre ripensa a ciò che ha fatto dei suoi genitori come a un atto liberatorio.

Di questo si può in ogni caso essere certi:

che mai avrebbe fatto quello che ha fatto ai suoi genitori, se stare con loro lo avesse soddisfatto come lo stare con le sue pecore;

che solo un timore poteva sventarne l' efferatezza, appunto il timore di perdere, con l' incarceramentoi, la possibilità di stare con le sue pecore amate.

E lo so per esperienza.

 

 

 

 

 

 

latore angelico

 

Se il mio uccellino non è un angelo, di certo mi è il latore di un messaggio angelico, nella sua stessa immediata natura animale.

Lui che in tutto il suo corpo si fa intento nel canto, come avvio sul lettore un compact di musica classica, sia la Vedova allegra che il Sogno di una notte di mezza estate che l' Elisir d'amore, o appena, sulla porta finestra sia sulla porta finestra, si senta nel fluido dell' aria aperta e della luce immediata. 

 

 

Un uccellino solo

 

Sviluppo di "due riflesse solitudini"

 

Che pena , da ieri, quando su quel libro, sugli uccelli, ho letto che un uccellino solo non è un vero uccellino.

Dunque, anche in questo, il mio caro uccellino sarebbe un mio infelice riflesso?

E dunque come io sono un uomo mancato, senza famiglia e moglie e successo, lui ugualmente sarebbe natura imperfetta, non sarebbe un vero uccellino come io non sono un vero uomo?

E i suoi voletti non sarebbe autentici voli, e il suo canto tanto più artificioso quanto più è meraviglioso?

E in lui non vi troverei espressa che una felicità innaturale,  perché il canto alla vita di chi è privato della felicità più autentica e più libera?

Mio dio, caro uccellino, che se così fosse, tu che pur ami tanto una vita che io mi affretto invece a volgere al termine, quanto mi saresti eppur infelicemente simile.

E che pena mi fai, mi fa penare rincresce se solo ripenso ai passerottini che ora che i condomini di sotto sono in vacanza, posso più liberamente fare accorrere a becchettare il mangime, senza che a loro nulla importi, indifferenti, del tuo canto e degli svolii con cui in gabbia li richiami.

Mentre quando sei solo tu cerchi e vagheggi, a me similmente, un tuo altro nella tua immagine negli specchietti riflessa. 

 

 

Due solitudini

 

E' la stessa mia incapacità od impossibilità ad accudire altrimenti che come faccio l'uccellino, che fa sì che lui sia in appartamento il mio doppio in gabbia.

Non fossi solo, potessi condividerne con altri la cura, non fossi così timoroso di perderlo ad ogni suo contatto con altri  volatili, potrei farlo accoppiare con una canarina, tenerli in coppia e farne crescere e cedere la discendenza.

Così, lo stesso mio uccellino mi vincola talmente in ogni mia libertà di andare altrove e di assentarmi, ho talmente timore di perderlo se lo affido alle cure di altri, che non amandolo quanto io l'amo mi dico che non può avere tutte le attenzioni che occorrono, che non posso che tenere lui solo in mia compagnia, io solo in casa, lui solo in gabbia, io scrivendone su un tasto e l' altro della tastiera, intanto che lui si riposa o si anima in un voletto da un posatoio all' altro, scapolo solo soletto tra le barre ottonate.   

 

 

Ricordando

 

Quando ieri pomeriggio, presso i miei cari, il servizio televisivo ha commemorato la ricorrenza della morte del cantautore Domenico Modugno un anno or sono, che fitta mi ha stretto in una morsa, al ricordo che l'annunzio mi fu dato ch'ero il primo giorno a Malta, l'anno scorso, mentre come una cicala mi stordivo nella luce del mare assolato nella baia, dal gestore di quel locale sulla punta estrema di La Valletta.

E mentre il treno de rientro era in partenza, quando mia madre mi ha interpellato alla stazione per dirmi che se volevo partire potevo ancora fare affidamento in lei, che mi avrebbe custodito l' uccellino , se ci fossero state novità, " che novità vuoi che si presentino?- le ho detto,- questa per me non è più che un aborto di estate, senza possibilità di viaggi...", e afflitto l' ho lasciata in silenzio per abbandonarmi sul primo sedile interno del vagone del treno, certo di averla intristita nella mia perversione, cui non so resistere, di tormentarla e torturarla quanto più la sento sensibile e sollecita.

Durante tutto il viaggio di ritorno, sonnolento, che insistere della mente costernante sulla mia miseria sociale, poi, senza che fossi capace di distogliermi dal mio risentimento per l' egoismo degli abbienti incolti che la determina, prima che lungo il viale verso casa -ove da un' auto dei giovani si sarebbero sporti per recarmi offesa sessuale- , non riemergesse l' altro impedimento a partire non meno decisivo, quando con la reattività in me insita verso i miei familiari, tutto ciò cui avevo assistito presso di loro nelle ore precedenti, è riaffiorato a dissuadermi che potessi mai e poi mai affidare a loro il mio uccellino.

Nessuna cura di evitare trasmissioni di morbi tra loro e il cane di mia sorella che custodiscono, del quale ogni vicenda di irrequietudine e danni che mi raccontavano, era una ragione per temerne la fatalità per il mio uccellino, qualora dovesse convivere con il cane sotto lo stesso tetto...

E rimettendo piede nell' appartamento e salutando quieto il mio bel canarino , mi dicevo che mai e poi mai, avrei anteposto la passione dei viaggi all' assicurazione dell' incolumità del mio uccellino,  per quanto viaggiare sia la mia più reale passione vitale e salute mentale, e che poi non avrei saputo perdonarmelo, se l' incidente paventato fosse accaduto...

Ma anche stamane quando non l' ho avvertito al risveglio, o poc'anzi quando si è appisolato, ne ho paventato e atteso la morte come una liberazione, e lo rivedo ora sul trespolo come il più amoroso gravame.

Che nulla avverte,  nella sua apprensività,  di ciò che in me incombe ad angosciarmi nel silenzio intorno.

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