2, Viaggio in Libia

 

 

10 agosto

 

Quando lascio le gradinate del teatro 3libia.jpg (44143 byte) sono già le passate le cinque, e non può meravigliarmi quando rientro alla biglietteria, che vi apprenda che è già chiuso il Museo archeologico, decido per questo, reagendo alla contrarietà, di pernottare un' altra notte all' ostello, pur di vederne i reperti che la guida consiglia senz' altro di visitare.

Nell' ostello non ritrovo gli italiani, ma due tedeschi che familiarizzano con chi è della cucina per assicurarsi da bere, il preannuncio di un' intera comitiva che si propaga di lì a poco nella hall, e nella sala da pranzo dell' ostello, esaltandone tutto l'aspetto e la capienza di caserma civile.

Di loro me ne aveva già parlato ,il libico miope e cordiale con cui mi ero intrattenuto prima di accedere alle rovine , dicendomi/mene che si sarebbe diretta l' indomani verso Gadames, quindi verso il sud della Libia.

Ed egli quell' uomo di me più anziano riappare di lì a poco, come loro ospite e guida in Sabratha, e al ritrovarmi, chiedendomene la ragione, si profonde di nuovo in tutta la sua gentilezza, addirittura mi invita alla loro cena, presentandomi ed elogiandomi a loro quando mi siedo a tavola.

Chi è mai, che sa anche il tedesco?

Ostento un dimesso sorriso di gratitudine e un timido "danke", vergognoso che mi sia riservata una così generosa accoglienza, quando io non vi sono interessato che a mangiarvi a sazietà ad abbuffarmi e risparmiarmi dinari libici, per eludere ogni ulteriore necessità di un cambio.

" Voi siete italiano, no? io lo parlo, l' italiano, sedete qui vicino, - mi esorta stranendomi ancora di più, un' anziana signora da cui ero distante di un posto rimasto vacante, il viso arguto ed acuto, gli occhi verdi di una glacialità mite e gentile.

Era di Norimberga, ed aveva appreso l'italiano lavorando presso l' ufficio di collocamento dei lavoratori immigrati, ancora quando in Germania veniva ampiamente assunta manodopera italiana.

In Italia ella era stata a Venezia, a Roma ed in Toscana, a godervi viaggiando la sua anzianità di pensionata.

MI ha chiesto come viaggiassi in Libia, e quando l' ho informata che mi sarei avvalso dei taxi collettivi, come in tutti i miei viaggi precedenti nei paesi arabi del sud del Mediterraneo e del Vicino Oriente, e le ho spiegato come siano organizzati, ha trovato quanto le avevo detto davvero interessante.

Le pietanze che intanto ci venivano imbandite erano quantomai insipide, e l'anziana signora, vedendo che cionostante non lasciavo indietro niente, mi chiedeva se trovassi buono anche quel pollo disseccato, che ci stava davanti, ed io le alludevo a un mio lungo digiuno, sa le traversie del viaggio..., non sentendomela francamente di dirle mancandomi la faccia di dirle, com' era vero, ch' era piuttosto per la mia troppa fame di rispiarmare dinari libici.

Preferivo diffondermi invece sulle mie mete libiche, sorprendendola, non poco,  che non le indicassi che rovine archeologiche.

" Non vi interessa visitare le oasi?-.

Vi era sottaciuta, evidentemente, una delusione per delle destinazioni volte solo al passato(?)

Rispondevo, a quanto supponevo che fosse implicito nel suo interrogativo, che certo, mi interessano anche il presente e l'attualità, ma che, quale viaggiatore, non ho la presunzione di poterli intendere nel corso di un tour.

Ero stato per più giorni ad esempio nell'oasi di Djanet, ove l' Algeria è prossima alla Libia, e che cosa avevo potuto anche solo presentire di ciò che mi ha rivelato alla partenza una persona che vi viveva da anni, ossia di quanto ai rapporti quotidiani siano sovraordinati quelli tribali?

Ma viaggiare da soli, - rieccolo il leitmotiv del mio viaggio, mia croce e delizia, il torto vivo che riemergeva senza darsi pace senza trovare requie, in tutte le salse -  richiede l' esercizio dell' arte difficile di farsi aiutare, dell' intuizione che ti consente di capire chi possa darti generosamente una mano, o non ti venga incontro che per rovinarti, quando si debba usare gentilezza od invece durezza risoluta, ti obbliga in ogni modo ad aprirti e ad interessarti, ti induce a chiedere  e a porti in ascolto degli indigeni, a capire com' è la realtà in cui sei ospite, e sia pure in un solo giorno ch' ero in Libia, alcunchè avevo rilevato della sua realtà sociale, e lei cortesemente, interessata e attenta,  così prestandosi mi dava il modo di discorrerne sistematizzandolo.

Avevo trovato il modo di ovviare allLa difficoltà e allo spaesamento che le scritte e le indicazioni in Libia vi fossero esclusivamente in arabo, mi avevano fatto scoprire, inducendomi a ricorrere ad essi per ovviarvi, quanti siano i lavoratori marocchini e tunisini o algerini che vi sono emigrati, e a rilevare concretamente quanto la Libia dia lavoro ai popoli del Nord Africa confinanti, nonostante la crisi economica che l'attanaglia, aggravata dall' embargo, pur se- come quel marocchino anziano che mi aveva dato una mano all' ufficio immigrazioni,- vi trafficano in nero ciò che vi viene importato clandestinamente, per ovviare alle restriziooni dell' embargo, determinando per compensazione il paradosso, -di cui mi aveva detto l'italiano, che lavora in Libia. che si era dato da fare per aiutare quei giovani motoclisti connazionali che avevo ritrovato con lui lì al maktaba javazzat- , che ora a Tripoli vi è più afflusso di merci che in precedenza, e vi si può trovare l' impensabile, finanche della polenta italiana in confezione.

Ma la Libia per quei lavoranti stranieri, potevo già dirle, -secondo quanto mi aveva confidato il giovane uomo marocchino che gestiva la rosticceria in cui ero tornato in giornata più volte mi ero fermato a mangiare lì a Sabratha,- non è affatto una Terra promessa, temo, per i più è soltanto un ripiego magari lungo tutta quanta la vita, in attesa o nell' aspettativa di trovare, o di tornare a trovare più fortuna in Europa.

Ici, je meure-le ho citato di quanto quel giovane di Casablanca lui mi aveva detto, ripromettendomi l' indomani di chiedergliene le ragioni.

Ah, che facile sforzo, e che fortunata inventiva,  fare al mondo i giornalisti!

Si era alla frutta, a un dolce di gelatina verde con dell' uvetta passa, ed una tritura bianca di sopra che si rivelava noce di cocco, che la mia cara interlocutrice tedesca lasciava a me di sperimentare, per limitarsi ancora solo a dell' acqua, lasciarmi appetita la sua mela, e salutarmi per risalire in stanza a riposarsi.

L' indomani sarebbero partiti alquanto presto per un lungo viaggio, e data l' età, lei doveva anticipare il sonno.

Disertava e si perdeva così lo spettacolo di danze, e musiche folcloriche, che veniva poi inscenato allestito per la comitiva, germanica nel cortile retrostante, da tre suonatori danzanti di tamburi e di strumenti a fiato, una successione di canti e motivi ossessivamente ripetuti, sino al parossismo, di cui sono stato in interessato ascolto, assistendo al puntuale convenire coerografico in cerchio di quei musicanti in costume , finchè non ho visto che nel loro zuccotto uno dei libici astanti infilava dieci dinari, tempestivo a levarmi dalla questua che sarebbe seguita tra gli spettatori.

L' indomani, quando scendo di buon'ora, non v'è trovo più alcuna traccia dei tedeschi nell' ostello, mentre nel soggiorno, che vi si intrattiene con gli addetti, ritrovo rinvengo già solerte il signore libico cordiale e miope, che radioso mi saluta e fa che mi si porti del caffè al cardamomo cinnamomo, quale l'ho bevuto già nello Yemen ed in Giordania, e come l' ho sorbito, s' interessa e si presta a parlare con me della Libia.

Certo, per un turista è impossibile vivere in Libia al tenore del cambio ufficiale, che gli quantifico in al costo di tre dollari per di una bottiglia d'acqua, il Ministero del turismo ha dato per questo disposizioni che su di noi non si facciano controlli valutari per quanto ci attiene, e lui ben lo sa, e può dirmelo perchè è un agente turistico,- eccola conosciuta disvelata la sua identità professionale-  ah, ma qui tutto rincara, è tutto traffico in nero, qui anche il giorno è nero alla luce del sole è nero...

La miseria è crescente, e perchè Gheddafi stesso, non sembra capire l' urgenza far niente per di alleviarla? quando lui si avvale del suo lavoro e della agiatezza che gli consente, per dare da mangiare a dieci famiglie.

Con i lavoratori stranieri che sopraggiungono in Libia, tra i quali gli ho detto che ho trovato chi mi ha aiutato, chi mi ha dato una mano, s' infiltrano terroristi dall' Algeria, si tenta di diffondere l' integralismo, gruppi armati ancora più pericolosi risalgono dal Sudan, addestratisi anch' essi in Afghanistan, tra i reduci della resistenza all' occcupazione sovietica.

E i lavoratori egiziani, che sono più numerosi in Cirenaica, hanno diffuso le droghe tra i giovani.

Questi li vedi che sono dei vinti, che a neanche vent'anni hanno già contro la vita.

Non vogliono più lavorare e studiare, ancora bambini fumano droghe nei gabinetti delle scuole.

E così dicendo accosta a se il bambino, appena giunto, ch'è figlio della donna delle pulizie nell' ostello.

"Ecco, questo tu lo vedi fresco come un fiore, ma loro, quelli, sembrano già dei vecchi di sessanta , settant'anni, che si trascinano di qua e di là per la strada.

Anche l' altro giorno, uno di loro mi si accosta, e mi ha chiesto dieci dinari.

Per fare che cosa? gli ho chiesto, se non fumare e più nient'altro.

E ch' io sia di faccia ritorno a Sabratha sulla via del rientro, si raccomanda.

Me lo riprometto sinceramente nel salutarlo.

Una vlta che ho visitato il museo, quando lascio l' ostello per il taxi per Tripoli, non manco di fermarmi di passaggio da quel giovane marocchino del ristorante lungo la strada, perchè mi dica perchè mai in Libia si sente morto.

" Parce que le travail est tout, le travail est rien".

E così dicendomi, lui che al rivedermi ancora a Sabratha mi ha sorriso, accenna a un giovane seduto immediatamente vicino al bancone da cui mi parla, perch'io intenda perchè mai non può dirmi di più.

Quando ci salutiamo, registra il mio nome sull' agenda e mi lascia il suo.

 

Da Sabratha a Tripoli non intercorrono che poche decine di chilometri, ma il giorno, e l' ora, in cui capito alla postazione dei taxi,  sono quelli in cui i giovani militari lasciano le caserme che sono in Sabratha e fanno rientro, ed io debbo lasciare che mi precedano a frotte sui taxi che via via sopraggiungono, lì  allo stazionamento dove su qualche trabiccolo o pilastro mi dispongo ad attendere a lungo, tra chi vende the e chi bruscolini, chi vi indugia e chi sopraggiunge, un cieco ed il suo accompagnatore che trovano un taxi ma per Zuara, in direzione opposta, il conducente di una vettura con le tendine che sosta senza partire, che mi dicono sia riservata soltanto a delle donne.

La mia attesa snervata, più che snervante, si fa la remissività ad attendere finanche a sera, purchè sia io solo a farcela a forza di chiedere, e non si inframmetta di nuovo il vecchio marocchino, che non avendo che fare., non può che sopraggiungere per darmi di nuovo una mano, è inutile che io insista che preferisco ritardare ma fare da me, mi immette sulla via principale, dove ricuso di fermare i taxi che provengono dalla frontiera con la Tunisia, lo ringrazio che lo faccia per me, ma inutilmente anche gli ripeto che mi toglie cosìil piacere di sbrigarmela da solo, finchè non mi sistema o mi sistemo su un minibus che si arresta, ma per ricondurmi alla postazione di partenza, sono stato forse solo rinviato al punto di partenza? mi lamento seccato, faccio per scendere, s' insiste dai giovani che lo guidano che vi resti a bordo, e riparte, che è già quasi pomeriggio, e mi reca finalmente nella capitale.

Non ho modo, nella calura e nel clamore, che di supporre che le mura di cinta di un lato della piazza gremita di taxi siano quelle della medina a ridosso, urge trovare l' ostello, nel borgo portuale di Gargaresh fuori città. Non mancano minibus, ma come faccio a dire dove posso scendere, a dei libici che parlano solo arabo?

Ho solo a disposizione il vago riferimento, sulla guida, a un grabde Ufficio Postale che precederebbe l' ostello.

Nessuno sembra poter capire dove vado, che cerco, tranne un giovane che ha inteso a quanto pare." Hoteli, funduk!...

Con lui arrivo al solo albergo che lui sappia esserci a Gargaresh, ma non è l' ostello, vi entro cionostante sotto il peso dello zaino, che sudo di afa e d'angoscia, sono così in apprensione che non vedo che cosa affronto ed inciampo, oltre la soglia, nel tappeto che ostruisce l' ingresso, decolo nell' afrore, talmente sono in difficoltà palese che si fa accomodare e mi si offre gentilmente dell' acqua, sarà solo un' indicazione utile ma pare già il superamento del caso, per me, che l'anziano che è alla réception mi dica in inglese che devo andare oltre, quando gli parlo in inglese del termine di riferimento dell' Ufficio Postale.

Come ne ho la forza mi riavvio, e chiedo ancora dell' Ufficio in un vicolo seguente ed è un  colpo di fortuna, chi ho interpellato è un geometra libico che ha lavorato in Italia, che parla e capisce l' italiano, e mi usa addirittura la cortesia di portarmi in auto fino all' ingresso dell' ostello, fissandomi anche un appuntamento, se mi interessa, per un cambio a un tassoche mi è vantaggiosissimo.

Mi sistemo in camerata, da solo, le porte finestre che danno sulla brezza e l'azzurro del mare....

Ma dopo che ho fatto la doccia e mi sono lavati i panni, che ho riordinato e sistemato ogni mia cosa, mi è caduta ogni forza, e oramai è troppo tardi per raggiungere Tripoli, sono passate già le venti, e fuoriesco dall' ostello solo per mangiare qualcosa a Gargaresh.

Al di là del cancello lo slargo e il percorso sono sabbiosi, vi avanzo tra le case tutte bianche sino a un palmizio, un deposito contiguo di rifiuti, non intravedo sbocchi, il mio disorientamento si fa assillo, ed è così visibile, tangibile, palpabile, nella fatica stessa con cui procedo nei passi, che due uomini, di me più anziani, i quali su di un cumulo di sabbia prendono il the con dei biscotti, mi invitano a bere e a mangiare con loro.

E' avanti, oltre la moschea verde, mi dicono, che il percorso dà sulla grande via che reca " tout direct" a Tripoli.

E la raggiungo, e cessa l'affanno, la percorro tra le luminarie ed il traffico, finchè sullo stesso lato intravedo un ristorantino- rosticceria.

Ma quando vi entro, e mi faccio avanti, vi ha la meglio il pezzente di spirito ch' è in me, è tale e tanto il timore di spendere troppo, al cambio ufficiale, per quanto io abbia invece cambiato in nero, che rifiuto uno dei tanti quarti di pollo che vi si rosolano allo spiedo, polemizzando con il gestore, per sovramercato,  sui più vari prezzi che mi sono sentito richiedere in Libia per una stessa bottiglia di acqua minerale...

La cena che mi si confà, in tale restrizione mentale, sono le banane e lo yogurth che compero in un empoprio alimentare contiguo, e che, a ulteriore auto-accanimento,  consumo ai margini della grande arteria stradale su un bancale.

Uno straniero a Gargaresh è come la luce per delle falene, e un gruppo di giovani di lì a poco mi è intorno.

Tra loro sono fratelli e tutti quanti studenti.

Ma il poco inglese che so parlare, mi consente di dire a loro solo che mi rifiuto di parlare di politica nella grande Giamahiria, dove come accentuo con i gesti, non ho occhi per vedere, non ho orecchie per sentire, parole per parlare.

Così devo fare, consentono, essere solo il turista.

E' chi è oppositore al regime che si atteggia così, Dovrebbero dunque essere oppositori al regime penso.

Tanto più che a gesti mi evocano la prigione, con una mano che serra la gola l'impiccagione.

Che capiscano  che alludo alle stragi recenti perpetrate dai pretoriani del figlio di Gheddafi, facendo scatenando il fuoco tra i tifosi-oppositori della squadra avversaria in campo a quella del loro signore,  quando dico che in Libia è meglio anche che eviti anche gli stadi?.

Eppure quando di loro quello che è assai bello, che mi piace e sente di piacermi, nella fine durezza dei lineamenti e dei suoi verdi occhi freddi, mi chiede l' indirizzo per vedere con me Roma quando potrà mai venire in Italia, ciononostante mi rifiuto.

E mi avvierò, di li a poco,(( -loro che intanto che mi allontano credono di farmi un omaggio ammirevole, nel ripetermi mi ripetono in coro il ritornello, di cui non sanno il senso, " Lasciatemi cantare / con la chitarra in mano/ Io sono un  italiano ...- al che nello storcere la faccia, ne rido contrariato e grato)) nel salutarlo accalorandomi al tatto della sua piccola mano, che racchiudo rinserro e carezzo come un bene struggente, -lungo la strada, dall'altro lato, riducendo almeno la mia fame fisica, quando mi consento almeno di entrare nel bar, che ho intravisto,  dove dei giovani occidentalizzanti  servono quiches e * all' occidentale e me ne cibo,- e sempre nel suo rimpianto fisico, tornerò da solo fra i palmizi, da solo dormirò nella grande camerata in riva al mare.

Talmente (ancora) mi segna Kaled.                  

     

   

       

     

         

 

 

9 agosto

 

9 agosto, Maydan al jazaiir

 vedi Oscar da scrivere

 

Scrivo, di mezzogiorno, cercando invano di arrestare il deflusso in calore del solo Kafè creme che ho sorbito, nel locale in angolo che dà sull' alto porticato  della gallera Sud di Maydan al-Jazair e su Sharia al Magarief.

Vi sono nel ganglio dei manufatti urbanistici della dominazione italiana, che si ergono intorno nel biancore sporco della loro greve monumentalità littoria, ritmata in arcate e torri a scalare;, ma tale imponenza qui almeno figura ridotta a (al grado di) spoglie volumetrie mediterranee, senza su di sè l'imprimatur, inteso ad attestare che attestava formalmente la dominazione italica, delle orpellature inutili di mensole e capitelli, e trabeazioni romano-rinascimentali, che gravano gli edifici seguenti di Sharia Magarief, via via che risale verso la Piazza Verde, profluvi inani profluvi a rinascimentalizzarne la frigidità delle masse murarie, che solo sbiancano sui portici densi d'ombre o freschi di luce, la cui profondità ripresa, ed interrotta, è quanto vi ha per me di più suggestivo, ed animantesi, dell' urbanistica coloniale di Tripoli, nella cui afa sono ora un lago di sudore.

Tra queste murature monumentali architettoniche della quarta sponda, la folla gente che vi passa o vi sosta, come nell' irrealtà senza tempo dell' arte metafisica coeva, sembra più starvi o trascorrervi sovrastata dalle masse, di quanto le masse non riesca ad animarle, vi sono parvenze dissociate, senza gradi medianici, uomini e architetture fra gli stenti alberelli, le luci od ombre recate di un' atmosfera persa, come a differenza, a un istantaneo raffronto, della vitalità che passava nella chiarità leggera, e infrescata di azzurro, delle avenues coloniali di Tunisi intorno alla medina. 

E le scrostature screpolantesi, e l'ingrire muffito, sembrano esservi la sola presa del tempo. 

  

In quel caffè ho conversato per ore con lo studente di Orano che mi si è seduto al tavolino, che per avere studiato in Francia, a Montpellier, è di cultura e di madrelingua francese più che un maghrebino assimilato.

L'arabo sapeva solo leggerlo, e non scriverlo, e di Orano ha seguitato ad illustrarmi la contaminazione iberica.

Egli era un algerino, indubbiamente, ma che cosa costituisse l' identità algerina, era il suo dramma che ha seguitato ad agitarmi davanti, come lo dilacera nel conflitto che insanguina il suo paese.

L' Algeria, paese di arabi e di berberi, dove il francese è lingua ancora più ufficiale di quanto non lo sia l'arabo, ovviandone a un'imposizione che riuscirebbe di parte per i berberi, che preferiscono trascrivere le espressioni della propria lingua in caratteri occidentali.

Per il tramite del capitalismo, che ha il merito di porre l' uomo di fronte alla sua realtà sociale, era l' avvento del socialismo il terminale del suo pensiero, che defluiva ininterrotto, bisognoso di comunicarsi, dalla sua inesausta sistematicità mentale.

 una domanda mi assillava, che non ho ritenuto tuttavia di dovergli porre: che politicizzasse il problema della propria identità, non era forse lo scacco mentale per cui soggiaceva al conflitto tragico del suo paese secondo copione, e ne attuava anche lui una parte giocata? 

Dello stato presente dell'Algeria presente, che più lo oltraggiava era lo scandalo dei privilegi dei militari al potere, la miseria e la persecuzione degli intellettuali.

" Più si hanno gradi e stellette, e più si mangia carne in Algeria".

Dove i professori universitario ricevono uno stipendio di 300 dolari al mese; quando, solo in Tunisia, mi diceva l' insegnante di Matematica con il quale ho viaggiato da Jendouba a Tunisi, la retribuzione mensile di un  professore è di 460 dinari, essendo un dinaro equivalente a un dollaro.

 Il discorso aveva preso l'avvio da Nerone, prer cui aveva espresso solo esecrazione

" Attento,- gli ho sorriso - che occorre fare attenzione, qui in Libia, a parlar male di simili soggetti"

Ma lui ha scrollato le spalle, incurante di chi ci potesse acoltare nei tavolini contigui.

Seguitando a parlarmi, e parlarmi, Mentre mi parlava, e parlava, nel salone che si addensava delle prime ombre pomeridiane,

 

 

9 agosto seguito

 

E' l' algerino più sconfortante, ..............................vedi in  Oscar da scrivere

da un raffronto dei dati, ibidem

 

Sulle sorti del Nord-Africa di queste nazioni d' Africa è l'algerino più sconfortato che abbia mai conosciuto, l' uomo che dentro la medina mi ha parlato nel bugigattolo del restaurant che è all' incrocio di al Arba-Ashat.

Non vi era rilevo che io formulassi sul Maghreb, che lui non polarizzasse al negativo.

Ci vorrà almeno un secolo, mi ha detto, perchè per i paesi del Nord-Africa sia la fine del sottosviluppo[. 1]

"Certo, qui trovate persone disposte a parlarvi, ma è perchè a

differenza di voi, non hanno nient'altro fa fare.

Invece da voi, e lo so bene per avere lavorato nella Suisse Romande, a Losanna, ognuno ha urgenza di fare qualcosa".

L' unica realtà salvabile, dell' intero Nord-Africa, sembrava per lui essere l' estrema miseria dell' esistenza tuareg.

"Essi ignorano del tutto ciò che per uno come voi, od uno di Francia, è "un souci", la cura della casa, di vestirsi bene, di avere delle donne e di viaggiare.

Essi sono contenti quando nonm hanno fame.

E come crescono robusti".

 

(Come altri algerini che ho incontrato qui in Libia, l' insegnante di inglese di Sabratha, ad esempio,) Il suo pessimismo ,ho osservato mentre mi parlava, era fisicizzato dal fissarsi dello stesso corpo in una rigida inerzia appuntata al muro, sul panchetto sul quale era seduto nel ristorantino, dall' ostinazione degli occhi, e del volto cadente, nel ribadirmi la stessa amarezza ch'era nelle pieghe del riso.

" E così, abbiate a credermi, comprendere che i miei occhi non vedranno altro che questo", è stato il ritornello della sua sconsolazione che non chiedeva conforto.

 

Nello stesso restaurant, anche al negro del Tchad che vi era addetto e riempiva i panini di carne di montone ed altro, quando mi ha chiesto in francese una mia impressione su Tripoli, mi sono limitato a ripetergli che è meno bella di Tunisi.

" Si,- lui ha annuito,- a Tunisi c'è la libertà, qui no".

E quando ha accennato alle quattro colonne che contrassegnano il quadrivio, gli ho fatto presente come avessi rilevato ch'era uno dei pochi siti, in Tripoli, ove in una dicitura, non in arabo, fosse presente una testimonianza della dominazione italiana.

" Voi potete vedee sottostante a Sharia, su ua targa in marmo la scritta Sciara, che ne è la traduzione in Italiano".

L' avevo rinvenuta anche altrove, sotto una traccia di intonaco dilavata. Ma l' aspetto stesso che sorprende della Medina, in sfacimento, nell' essere tutta quanto era Tripoli prima della dominazione italiana, è che nella sua alveolarità ininterrotta, appare come sono le case arcipelagiche ed i borghi litoranei della Sicilia, eccettuate le moschee con la mezzaluna sui minareti, in luogo delle chiese con il campanile e la croce.

  

  

 

 

Inutilizzi

 

mordaci e lubrici ad avvinghiarci passionali con veemenza entrambi.

 

Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano.

 

 

Da un raffronto 

A un lavoratore libico non basta un giorno di lavoro per acquistare un chilo di carne,mente un lavoratore italiano ne compera un chilo e mezzo o due con la paga di un giorno.

 

Ma il criterio stesso della carne non è il criterio famelico della miseria? Quanto si è più benestanti la carne si viene rarefacendo nelle diete alimentari, e la sopravvivenza stessa del genere umano, nel suo incremento, richiede che consumiamo sempre più produttori vegetali, che non i loro consumatori animali delle sostanze organiche che le piante forniscono.