3, Viaggio in Libia |
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Rievocando
Leptis Magna da Misrata a Bengasi Sono
in viaggio in taxi da Misrata a Bengasi, nelle mani di un soggetto che un
altro dei passeggeri, un egiziano, ha definito "a very animal":
ha preteso 30 invece dei 20 pounds della tariffa, per i bagagli che ha
caricato; e come tutti i ladri ha preteso di essere pagato in anticipo. Ho
dovuto subirne l'imposizione, a Misrata sono arrivato dopo mezzogiorno,
per Bengasi vi sono ancora 804 chilometri,
troppo tardi oramai, se
mi fossi affidato ai tassisti che vi sono regolamentati, sarei altrimenti
partito l'indomani. E
nelle sue mani sono i miei bagagli e il mio pasaporto. Lungo
la strada,intorno, costellato di pali e di tralicci, è il Sahara che qui
giunge sino al mare, nell' infittirsi litoraneo della sola sodaglia
sterposa, in luogo dei palmizi lussureggianti che correvano tra Koms e
Misrata. Costipati
tra quelli degli altri passefferi,dei lavoratori egiziani, ho i piedi
ancora sfiniti dalla visita di Leptis Magna; fossi rimasto a Koms, mi
sarei ridotto a ostello e mare, senza potere eguitare a vedervi rovine. La
Cirenaica e Cirene tutt'ora sono talmente distanti, nel tempo che incalza,
che dall' Italia sono ancora sì e no a metà del tragitto, ho ritenuto
pertanto di stringere i tempi e di raggiungere al più breve Sotto
il sole a picco, l'asfalto continuo appare una pista d'acqua ove le
vetture slittano, si susseguono le postazioni di blocchi, un villaggio
accasermato si fa visibile infine a un incrocio. Si
scende, ad orinare e bere e prendere dell' acqua, tra distese di lattine
peste ridotte a bruniti cartocci,- almeno la latrina non ha lordure, con
accanto alle turche i rubinetti bassi, e dei fondi recisi delle bottiglie
di plastica, per lavare le mani usate a pulirsi dopo la defecazione, in
fondo al casamento vedo che corre un posatoio dove sedersi di fronte a dei
rubinetti, serve a ripulirsi i piedi, oltrechè le mani e il viso, E
il viaggio riprende, riprende lo stesso paesaggio, ai lati della strada
copertoni e copertoni, senza fine, in sfacimento continuo sotto la luce
del sole. Stiamo
già risalendola la Sirte? Dei
villaggi, riaffiorano le palme, e tra le palme ricompaiono cammelli che
brucano, si susseguono e finiscono piante di acacie e riprende il deserto. Alcune
dune, più chiare, e oltre appare il mare. Per
quanto mi gravino gli oltre 600 chilometri che ancora restano da fare,
sino a Bengasi, ero più esaurito ieri mattina a Koms, quando l'imminenza
di Leptis Magna non riusciva a farsi aspettativa esaltante, a sovrastare
l' afflizione deprimente che come finora è sempre stato nel corso del
viaggio, avessi dovuto conoscervi cosi tanto stento ed obbrobrio, per
essermi risultato difficile ciò che presumevo facile, quasi che scontassi
così la pena del contrappaso, perchè mi era invece stato talmente facile
quel che mi aspettavo si prospettassedifficile. A
Koms, sotto il sole con lo zaino in spalla, mi sono disfatto
Nelle
tante cuccettature a quattro letti, dei suoi corridoi da caserma, è stato
arduo sostituire in primo loculo con un altro ove la porta, pur senza
poter essere regolarmente chiusa a chiave, almeno non restasse aperta a
qualsiasi intrusione, e negasse la vista interna dei tuoi bagagli tra
letticcioli sfasciati e rottami di materassi. La
compensazione, per sovrappiù, era che invece era irremovibilmente
sigillata la porta finestra, e non sussisteva
che uno passaggio d'aria superiore. Per quanto la cosa ha potuto
confortarmi, le docce e la toilette, quando vi sono sceso, erano più
inagibili che sporche, e non vi erano in mostra gli orrori dell' ostello
di Gargaresh, ove rinsecchivano stronzi nei lavabi, e la merda incrostava
inamovibile anche l'esterno delle tazze dei water-closet, che era quanto
ti si offriva, all' accesso nelle docce, oltre i corridoi ove ti ammorbava
lo scialo di varechina. E
a Koms, a che distanza era tale ostello dal centro, che
ho dovuto ripercorrere una seconda volta anche nell' andarmene via,
per tornarvi a riprendervi il passaporto che mi era stato ritirato. Come
se non fossi già in ritardo per recarmi a Leptis Magna, ch'è ancora più
oltre, e bastantemente desolato di propensione e slancio. Entro
agli scavi, e oltre gli ulivi e le fronde mediterranee, già eccolo l'
arco trionfale di Settimio Severo, eccola la via trionfale che si
profila, con il cielo che si sgombra Oltre
l'arco, ai bordi del lastricato antico, si sovrergevano i tumuli verdi
degli spazi inescavati, ove tra gli arbusti il frondeggiare delle palme
nella celestialità del mare, mi preannuncia (Una
bianca distesa salina ora si infrappone,luinescente, tra il fulgore ultimo
del deserto e le chiare dune che preannunciano il mare.) Ma
un cantiere di restauri in corso impedisce l'accesso all' arco, sento
parlare degli italiani tra chi vi lavora,
non
non erano già ultimati? stando ad un articolo recente di una rivista
archeologica, ne chiedo ad uno degli italiani, no, è una prosecuzione, mi
risponde ridendo, e con affabilità, mostrandomi che per me non
significano più niente i divieti di accesso o le avvertenze di pericolo,
addirittura mi invita a salire tra i ponteggidi legno, fin sù nella
calotta interna all' attico, dove mi mostra, oltre le aquile romane, i
rinforzi in cemento armato dell' arco, con i margini di slittamento e di
gioco dell' uno rispetto all' altro, per consentire alla sua anastilosi di
non soccombere ad un terremoto, come accadde, nel 365, alla struttura
eretta dai romani solo sul peso. Ha
la mole di un palazzo di sette piani, è il più grande degli archi
trionfali che sia mai stato eretto. Mi
informa che seguitava ad ergersi ancora più in sù di quanto non appaia,
sono stati trovati zoccoli in marmo di cavalli che si levavano dall'
attico. Ora
i lavori li finanzia l' Università di Urbino, procedono solo due mesi
all' anno: come andare avanti così? Non è certo ciò che vi guadagna,
che dal '72 gli fa seguitare i lavori...Tutto è invece sempre stato
normale, normalissimo con i libici. Eppure può confermarmelo lui stesso,
che alla Questura di Roma seguitano a diffidare gli italiani dall' andare
in Libia. Quanto
a lui, dei libici non può parlarmi invece che bene. E
ridiscesi,- come il cielo terso di nubi, anche il mio animo
che si è fatto sgombro d'ansie-, mi parla del fratello che ha
realizzato il restauro in Siria del teatro di Bosra, del suo intento di
tornare in Italia, a Roma, ad assicurarvi che non crolli il tempio di
Vesta. Gli elementi portanti poggiano sulle tegole e le tegole su di essi.
Ma si seguita a far finta che niente possa succedere. -Risalendo
la Sirte, ci siamo fermati Nell'
edificio c' era una moschea di una sola stanza, con un annesso per le
abluzioni. Ho profittato della sosta per acquistarvi dei biscotti al
cardamomo, e alla polpa di datteri, e bervi una tazza di the, il taxi che
già sta partendo. Il
deserto che seguita si è fatto di sola sterpaglia, la sua sabbia
rossiccia si infolta di piante ai lata della strada, inaridisce presto di
nuovo, all' interno si profilano dei tenui rilievi pomellati, un
accampamento di cammelli, delle ordinate baracche a schiera: che sia una
caserma di truppe cammellate?- Sceso
dalle impalcature, riguardo l'arco, i suoi rilievi, le
magnifiche girali delle lesene;"Era tutto ricoperto di marmo, mi dice
l'italiano che sovrintende il ripristino- Accanto alla lesena di girali,
ne andrà riposta un'altra che rappresenta dei prigionieri vinti, quindi
un'altra ch'è una specchiatura vuota, e un'altra di girali verso l' altro
fornice. -
Adesso mi avvierò verso il foro vecchio, gli dico, per mostrargli nel
prendere congedo che visito Leptis Magna con cognizione di causa. -
Dei miei compagni di viaggio, egiziani, ho appreso che lavorano in Libia e
sono di ritorno a casa, chi a El Mynuia, chi a Luxor. Li
diverte vedere com'io venga annotando ogni cosa, trascrivendo puntualmente
tutto ciò che vedo e di minimo succede:il villaggio che superiamo in
prossimità del mare, prima di una pista di lato, camionabile, con dei
copertoni eretti al margine quali cippi, il cartello che ci indica che ci
restano 409 chilometri da percorrere prima di essere a Bengasi. L'
aria affocata ed affocante che si viene smorzando, nella calura sempre più
acre in vettura di sudore ed afrore di corpi, della lubrificazione
pulverulenta del mezzo. E
scendo al Foro vecchio, in prossimità del mare,
a
che
restad
ei suoi podi,
agli archi che ne ricongiungono i templi del Liber Pater e degli dei
capitolini, e ne risalgo verso l'entroterra, nel tempo, sotto gli archi di
Tiberio e di Marco Aurelio, sino al mercato di cui finanziò
l'edificazione il privato cittadino Tapapio Rufus, bello dei suoi
padiglioni ottaedri e poi circolari nell' anulare esterno,per inoltrarmi
tra gli sterpi al vicino teatro che il medesimo fece erigere
in
prossimità
del
mare -,ora il tassista deve rallentare, suonare il clacson, perchè un
cammello, staccatosi dal suo branco, finisca imperturbabile di traversare
la strada. E dei bastimenti sembrano al largo dei miraggi nel mare. Prima
della moschea e degli acquedotti di un villaggio- caserma). Il
teatro come mi addentro, e risalgo la cavea, appare un incanto di fondali:
tra il colonnato delle quinte, in un contrappunto, spuntano quelli della
piazza retrostante, ove nel quadriportico -Ora
si profila un impianto petrolifero, una raffineria, il primo insediamento
che finora sia apparso, lungo la strada, dai connotati più industriali
che militari. Di nuovo dei cammelli al pascolo ai lati. -
Si fa già pomeriggio, io nel Chalchidicum, adiacente al teatro, cerco gli
indizi restanti che sia stato un mercato, forse un emporio di animali
selvatici per i ludi dell' Anfiteatro, date le statue di elefanti che vi
sono state rinvenute, ne risalgo di nuovo all' Arco dei Severi, per
immettermi negli ampliamenti successivi di Leptis Magna, dell'età
adrianea e dei Severi che vi ebbero origine. C'
è un crepitio, di luce abbagliante, ove intorno e in alto si addensano
piante, cardi e decumani sono degli invasi stremanti di solarità
lastricata,- nelle massicciate Tra
le vestigia ingenti delle terme Adrianee, è ammirevole che nel succedersi
delle vasche della natatio, del frigidarium e del tepidarium e di quella
del calidarium, ciascuna con dei propri bagni Come
già la via trionfale, all' altezza dell'accesso al mercato, franato
nell' uadi, vedo l'immissione della via colonnata dei Severi imperniarla La
percorro nella sua continua frana, finchè sono prossimo a delle grandiose
muraglie che il sole avvampa, e i portali svasati che vi si aprono, -
Sono le 19,43, siamo prossimi al tramonto: e la vettura si ferma per la
preghiera, il tassista si toglie i calzari e si prosterna anche lui nel
(nella sabbia del) deserto, ove il cielo d' Oriente si fa immacolato d'
indaco. Ed
entro in quella muraglia neotemplare, e vi discopro l' immensa vastità di
un foro, l' immensa frana dal podio del suo tempio interno, giacenti,
allineati, i volti di immutato orrore estatico di Meduse e Nereidi, le
esedre e i portali, sul fondo, di stipiti di identica ornamentata eleganza
delle botteghe. Li
valico ed accedo alla basilica, alle sue lesene E'
sera, si rabbuia il deserto, intorno non si vedono più che le luminarie
di botteghini e di enormi raffinerie a mare, gli abitati che nel loro
infittirsi precedono, quando è oramai mezzanotte, l'arrivo nella stazione
dei Taxi di Bengasi.
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