Cirene
14
giugno 1996
Il
fascino dei resti di Cirene, pur in un nel loro grigiore
pietroso, è nella loro consustanziazione superstite con i rilievi
montuosi, da cui anticamente si sono escavate le necropoli
e
tratte le scaturigini di fonti, deducendole a che ove si avvalla il
dirupo dell' Acropoli, irrorassero abluzioni di rituali e bagni termali;
nel sito stesso ove non potè resistere che l'erta scoscesa si
appianasse, senza che ivi si insediasse il tempio di Apollo, il dio
archegetes, e vi sorgesse intorno una piccola valle intorno
di templi e donari e fonti lustrali, l' ombroso recesso di mitrei, di
cui frondeggiano ancora i resti rosei oleandri e copiosità di piante;
nell' afflusso ancora di acque e di verde, celebrandovi la natura ciò
che gli uomini indigeni e i visitatori infestano a discarica: lungo
l'ascesa della strada colonnata, a ridosso delle case circostanti della
vecchia Sahat, putrefacendosi la testa annerita di un grosso pesce che
vi era stata buttata, prima che nelle terme vedessi ciò che non avrei
voluto intravedere; dei jeans gettati in un canto luridi di merda.
Oltre
l' uadi Lebda
Oltre
l'uadi Lebda, per la la stradicciola che svolta a sinistra, nel
terminare la visita di Leptis Magna ho voluto sospingermi sino alle
rovine dei moli orientali del porto antico. Già nel percorrere all'
andata quel tratto di strada, avevo avvistato dei bambini e dei ragazzi
che custodivano pecore, al cui ripresentarsi ho cominciato ad che
hanno iniziato ad inquietarmi, quando mi sono accorsi incontro con i
loro bastoni, benchè al mio gesto di non avvicinarsi, di restare
distanti che non si avvicinassero, che restassero distanti, essi
seguitassero a professarsi miei amici, di me " saddik, saddik!".
Ma
uno di loro mi ha raggiunto sulla sommità di fronte al mare, quando di
ritorno dai resti dei moli, nel vento rabido di sabbia, avrei voluto
restarvi solo a scrutarvi il mare e la costa e le rovine intorno, e di lì
raggiungere i resti del circo ancora distanti.
Di
orrida bruttezza, si è messo ad interessarsi a che contenesse il mio
zainetto, ponendomi ancor più in apprensione.
Ma
quando degli uomini che custodivano l'accesso sottostante ai resti del
porto, m' hanno chiesto se ne ero importunato, " no problem, no
problem" li ho rassicurati.
In
realtà ero invece in stato di massima allerta, riaffrontando
atterrito quella strada di ritorno, la curva remota, dove li ho visti vedevo
da ogni parte venirmi incontro coi loro randelli...
incapace
di difendermi, gravato dallo zaino, nei loro passi sentendomi
raggiungere dall' aggressione e la fine.
E
loro, quello orrido, che mi afferravano la mano
perché
non gridassi,
non inscenassi reazioni inconsulte...
Me
ne divincolavo, retrocedevo sui miei passi,
voltandomi indietro solo quando ho avvertito che non mi seguivano
più, iniziando solo allora a supporre che non avessero voluto che
ricontattarmi, mentre con i
loro stessi atti, che intendevano rassicurarmi, mi avevano incusso più
ancora terrore.
Ho
chiesto comunque un passaggio lungo quel viottolo, ripassando in
furgoncino per quel punto.
Non
ho visto più nessuno di loro, ritrovando aperto il cancelletto lungo il
filo spinato che recinge le rovine,
da
cui avevo visto accorrere i ragazzetti che mi erano sottostanti.
Chissà,
che invece, non avessero voluto che consentirmi e insegnarmi quel varco
d'accesso.
Ripensando
la dinamica dei fatti, che
reazione che poteva essermi fatale, sono stati il terrore che ho
manifestato, la mia paura della fine e il cedimento angosciato all'
orrore, quand' anche quei piccoli pastori fossero stati benintenzionati,
potevo così appunto scatenare in essi la criminalità, con l' occasione
che inerme presentavo a loro, in una situazione che per loro comunque
diventava un guaio...
14
agosto
Per
come in Libia vi viaggio e mi rapporto al costo di ogni cosa, per me è
indissociabile lo schifume dal mirabile.
In
Koms per pervenire a Leptis Magna, come sostando a Bengasi per essere a
Cirene.
E
il timore dell' agguato presso l'uadi Lebda, l' orrore del degrado a
discarica della via colonnata di Cirene.
Di
Bengasi non ho voluto vedere alcunchè, -nemmeno potevo più muovermi
per salvaguardare i miei piedi, spellati dal camminamento inesausto in
Leptis Magna, ancora l'
indomani
una
successione di trafitture dolenti, ogni passo successivo fra le rovine
cirenaiche,- indisposto da ciò che vedevo ala stazione degli autobus e
dei taxi.
Vi
ero in una piazzuola sterrata tra l'asfalto che vi confluiva,
un
nerume di terreno smosso ridotto a rigagnolo e pattume, tra i
bugigattoli circostanti, fumolenti, ove s' arrostivano polli allo spiedo
nello sporco più indicibile, non un cantone, una sedia, ove per
stremato e dolente che fossi, per quanto non avessi voglia d'altro,
trovassi la forza di sedermi, scostante ad ogni invito insistito.
In
quel lerciume onnipresente, anche
perché
quella notte insonne per me
finisse più in fretta, in attesa del primo taxi la mattina a venire per
Sahat-Cirene, sono stato ai discorsi, ed alle chiacchiere di coloro, dei
camerieri tunisini, che mi hanno fatto sedere ad uno chiosco meno
indecente di quei localini, dove sono stato ospite acquiescente del loro
padrone libico, se non ubriaco, certo sguaiato e insolente solo quanto
può esserlo chi è avvinazzato, nell' osannare a spregio della mia
italianità confessa, Gheddafi e il suo libro verde e Omar Muktar
sepolto poco distante.
Per
mia fortuna è rimasto per poco a sedermi accanto da ospite, trascinato
chissà
dove dai suoi furori esagitati,
né io mi sono ritrovato in
solitudine, mentre i tunisini, chiudendo l' esercizio del chiosco,
facevano scorrere l' acqua con lo sporco e accatastavano le sedie.
Un
giovanottello libico, e dei giovani lavoranti egiziani, suoi
coetanei, mi concedevano di lasciarmi prelevare da loro, per seguitare a
discorrere in loro compagnia nella piazzola iniziale fattasi deserta.
Non
si sono risparmiati colpi bassi, tra loro, quando gli ho chiesto di
parlarmi dei rapporti tra immigrati egiziani e datori di lavori libici.
Che
mi era venuto sorprendendo Sorprendendomi, era che nel loro
little english, gli degli
egiziani, che per esprimere che ( cosa) ne pensassero dei libici,
ricorressero agli identici termini in cui mi avevano detto che cosa espresso
che ne pensavano i loro connazionali con i quali avevo terminato
di viaggiare in Taxi da non molto . " They are animals. Very
animals"
"Uomini
liberi", invece, erano i libici per il ragazzo di Bengasi,
"liberi", " free men", per la stessa ragione per la
quale erano uomini bestiali per quegli egiziani:
perché
il loro
socialismo è fondato sul lavoro altrui, appena possono fanno
lavorare gli immigrati in loro vece per non fare niente.
E
per quel giovane libico, come ogni male della Libia anche tutta quella
sporcizia circostante era da addossare agli immigrati, egiziani o
filippini che fossero.
Non
c' è niente da fare con me stesso, fino ad Al-Beyda ed a Sahat, ho
seguitato a consumare biscotti ad ogni restaurant o locanda ove il taxi
sostasse, ostinandomi a non prendere nemmeno una coca cola, tanto
meno la
birra (analcolica) , pur di rifarmi di quei 10 dinari che mi ha estorto
il tassista da Misrata a Bengasi, un viaggio, che a seconda del cambio,
mi è valso 24.000 o 120.00 lire.
E'
così per ogni spesa che faccio, di cui il costo reale è bassissimo e
quello virtuale altissimo, dall' alloggio, -preferendo gli ostelli anche
dove ci siano degli hotels,- all' acqua minerale e alle banane, che mi
costano un' inezia ma (che) al cambio legale mi varrebbero pagherei
due dollari l'una, un' enormità anche a Tokio.
Che
è lo sproposito che diventerebbe la minima spesa, se la fine anticipata
dei dinari che ho ottenuto in nero, mi costringesse fino a che non sono
uscito di Libia a cambiare in banca. se costringendomi a cambiare di
nuovo, finissi in libia i dinari che ho ottenuto in nero..
(E
mentre nelle economie sviluppate sono i servizi e le consumazioni che più
costano, in Libia si verifica l' inverso: si può mangiare riso e carne
o pesce e contorno e bibita per 5 dinari, che è il costo di due
bottiglie d'acqua minerale, di tre pacchetti piccoli di
biscotti..................
Come
mi ha confermato il giovane svizzero
che ho incontrato fra le rovine di Cirene, il volo da Tripoli a
Bengasi gli è costato 30 dinari, il prezzo di una dozzina di bottiglie
di acqua minerale, riassumendo l'acqua naturale quale equivalente
generale...
Aveva
dovuto forse cambiare in banca al tasso di cambio legale?
" Nient'affatto. Un
beau sourire et c'est tout".
E
domani prenderà il volo per Sebha a simili importi.)
Vesuvio
"Qui
è tutto Cirene" mi ha detto in italiano il vecchio sulla soglia di
una di casa di Sahat, cui ho chiesto come potessi giungere al tempio di
Zeus tra il verde del parco sulla collina, quand' era troppo tardi,
oramai, per non intravederne che il periptero a tarda sera.
Come
un altro libico con il quale avevo avuto sulla piazza Verde di Tripoli
uno scambio di battute, mi ha ricordato come (se fosse stato) l'evento
della sua vita, quando nel'36, o nel 37, andò o fu condotto ad
assistere ad una sfilata in Via dell' Impero.
Ho
corretto in via dei Fori Imperiali, ed egli " Allora gli hanno
cambiato nome", si è detto, quasi che ne fosse rammaricato.
"
E siamo andati in San Pietro. C'era Benito Mussolini. Siamo sbarcati a
Napoli dove c'era un fiume, quel vulcano....".
"
Il Vesuvio" , ho completato, credendo che avesse scambiato per un
fiume la realtà del golfo, non sapendo come interpretare se non con la
realtà del golfo, il fiume di Napoli di cui mi parlava.
"Then
pounds Omar Muktar, the camel, five pounds, one pound, Gheddafi..."
E
l'aiutante ride all' ostello di Sahat.
Ilriso
è davvero importante in questo paese. Soprattutto se non è di regime.
E posso dire che non ho visto bei volti di libici che non fossero
ridenti.
15
agosto
Rientrava
in scena Era come
ubriaco, l' anziano di Cirene che all' ostello mi si era rivolto già in
italiano, quand' è sopraggiunto nello stanzone dell' ostello
dove l' ingegnere irakeno con il quale ero entrato in conversazione nel
soggiorno, mi aveva invitato a cenare con lui.
Più
lo fissavo, e più mi inpressionava lo scarnimento dei suoi tratti,
ossuti e smagriti sotto una pelle (così) talmente lustra da sembrare
una mummificazione incerata-
Con
me, e l'ingenere irakeno, erano un curdo ed un altro irakeno, il curdo
un insegnante di ristorazione alberghiera, mentre l'altro lo era di
Fisica. Come mi ha visto, e
riconosciuto, in atto di saluto, l'anziano libico mi ,
cogliendomi di sorpresa, si è sguaiato messo a cantare "
Faccetta nera".
"
Ho combattuto con gli italiani nell' Africa orientale. Nell' Africa
orientale, capisci che cos' è?"
Vi
aveva combattuto come ascaro libico, o in qualche modo parificato
agli italiani?
"
Mia madre era siciliana e mio padre arabo. Lui è stato su piroscafi
italiani".
Poteva
farmi da interprete con gli irakeni, che si ostinavano a voler sapere
che cosa pensassi della guerra del Golfo?
"
Io so italiano, inglese, un po di francese, ma questa sera ho troppo
bevuto, mi è difficile".
Che
cosa poteva aver bevuto, in contravvenzione al proibizionismo del regime
libico?
Anice,
aveva bevuto.Il vino era proibito, sì, ma ognuno si arrangiava da se in
casa.
Per
farmi capire che pensava di Saddam Hussein, si è messo a rigirare un
dito all' altezza del cervello, e a ripetermi " Saddam Hussein
crazy do you understand?
Certo
che capivo.
E
in arabo si è rivolto anche agli irakeni, per dire anche a loro,
senza ritegno, che cosa ne pensasse del loro rais.
Incentrandone
su di sè gli sguardi, (E) quell' uomo secco e piccolo, (di settantotto
anni, -mi aveva già detto di sè,)- la camicia aperta su una carne che
sembrava essersi preservata innaturalmente, è venuto allora
mimando un cane bastonato che deve fare adesso quello che gli
dicono (di fare) gli americani, e
gli irakeni, che prima che entrasse il libico, non c'era stato per me
verso di dissuadere che Saddam non fosse uno " strong man",
l'uomo forte che ne avese fatto un solo popolo, come mi ripetevano,
sciti o sunniti o curdi che fossero i suoi sudditi , ora davano ascolto
senza avere e non avevano nulla da dire, a quell' uomo che glielo
rappresentava come un cane che, messo in un angolo, aveva osato
stoltamente alzare la testa contro gli yankees.
""
Saddam, è un ...cazzo", il libico Mi si rivolge così di
nuovo a parte, e di nuovo mi introna le orecchie col canto sguaiato di
"Faccetta nera".
"
Noi ti daremo un altro rege, un altro re..."
"
Un altro duce..." l' ho corretto.
Ma
perché
mai, invece di esecrarlo, mi cantava una canzone coloniale del
fascismo? Pensava bene del fascismo e degli italiani? Mettendosi contro
suo padre e gli umori dei libici ?
"
Gli italiani sono buona gente, non come gli inglesi. Hanno portato qui
strade, luce, tanto, i libici non erano niente prima, ffttt...
Ma
le stragi, le deportazioni di decina di migliaia di uomini della
Cirenaica...
"
Gli arabi, prima, non avevano neanche scarpe per camminare, capito?
"
Capito"-
Che
lui pensasse va allora bene di Mussolini e male di Omar Muktar?
Era
stupido Omar Muktar era stupido, stupido , me lo liquidava
come se la sua stupidità lo indispettisse ancora, non capiva che
non poteva fare niente contro gli italiani, con navi, aerei, e lui... niente.
Mentre Mussolini grandi
cose aveva fatto in Libia.
"
Mussolini è stato come un padre per me.
Lui
povero. Lui poverino ha fatto poi la fine che ha fatto. Gli italiani
lo hanno tradito. Tutti. Per primi.
Prima di tutti. " Guerra, guerra", poi... A
tradirlo per primo è stato quell'uomo..
"
Badoglio..."
"
Bravo. Sua moglie era un' inglese. Mussolini voleva fare grandi cose. Ma
gli italiani lo hanno tradito."
Lui
invece, lì in Cirenaica, come tanti quanti altri vecchi libici,
rimaneva irriducibile tra i fedeli del duce. E non temeva anch' egli
di confidarlo, con la fierezza di quanti non rinnegano chi ritengono che
ha fatto solo del tanto bene per loro. Una terza volta, a
ribadirlo, mi ha cantato un' altra volta fin dentro le orecchie
" faccetta nera".
L'
ho guardato meglio nel viso che si era ravvicinato. Gli occhi sembravano
l' unica realtà mobile che in
lui si sottraeva
all'
incartapecorimento cereo di ogni lineamento, rattratto dall' usura del
volto.
"
Arrivederci, se parte domani. Altrimenti può venirmi a trovare nella
mia casa qui vicino, dove ho da lasciarle cento e più cose che non le
dico".
Non
mi ci recherò, anche se oggi rimango resto a Sahat per visitare
Apollonia, così come ieri sera ho rifiutato l'invito dell' ingegnere
iraheno, maritato, con due figlie femmine e un figlio maschio, a che
restassi a dormire nel letto accanto al suo.
Lungo
la via del ritorno da Bengasi a Koms
16
agosto
Ho
appena dovuto interrompere di scrivere, per estrarre il passaporto per
l'ennesimo controllo di polizia.
Alla
postazione precedente un poliziotto nero mi ha messo con gli occhi come
le mani addosso, non appena lo ha fulminato, incenerendomi con lo
sguardo, come ha visto che tenessi la canotta senza maniche. Per
mia buona sorte avevo accanto la t-shirt che ho indossato all' istante.
Pari
e patta, per come ho profittato della solitudine totale lungo la
spiaggia di Apollonia, per prendervi il sole integralmente nudo,-
(Lungo
il tratto che all' andata ho percorso di notte, tra la strada e il mare
mi godo brani di purissimo erg, prima che l'auto accusi un colpo, ci si
arresti e poi si riparta)-
finchè
rigiratomi ho visto in lontananza un giovinetto, ho rimesso gli slip e
mi sono rivestito degli slip e
mi sono diretto verso di lui e due altri suoi amici che in acqua
erano entrati vestiti, per unirmi nel nuoto e sincerarmi di non avere
dato scandalo per ciò che potevano avere visto.
Uscito
dall' acqua, mi sono rivestito secondo ogni crisma islamico e sono
risalito oltre le pietraie dell' Acropoli, per ridiscendere giungere
sino alle vestigia distanti del teatro, lo sciabordio del mare che ne
lambiva il proscenio.
Un
gregge di capre e caprettini ne erano i soli spettatori, a spasso per le
frane della cavea superiore senza guardiani, come incustodita era la
vacca che mi ha adocchiato e intimorito, stamane, mentre dalle necropoli
lungo i fianchi montani risalivo alle rovine di Cirene, e sono
incustoditi i cammelli per i quali si è fermata la nostra vettura, come
si è arrestata anche quella che proveniva in senso opposto, dopo che
per chilometri e chilometri ci ha afflitto una tempesta di sabbia,- e il
cielo pomeridiano si è fatto una caligine ardente, una affocante nebbia
pulviscolare che ci ha cecitato a ogni cosa, prima che minareti, e cubi
di case, riemegessero candescenti in un albore latteo.
Tra
le basiliche di Apollonia, nel pomeriggio antecedente, i pochi virgulti
degli alberelli di che meravigliosi uccelli erano gremiti, nero
bianchi,
variopinti di giallo ( intanto rivedo più al largo i bastimenti che
all' andata mi apparvero miraggi), distaccandosene in voli a frotte come
mi approssimavo.
Lungo
la spiaggia ne avrei intravisto una coppia azzurro-cobalto, prima che
laddove ai massi subentrava una bianca sabbia fine, mi contristasse la
vista di una testuggine morta che vi si era arenata, il solo carapace, e
il collo, emergenti da una sabbia da cui non era riuscita a liberarsi.
Mentr'io
vado in frantumi impazziti se soffoco nella morsa degli uomini,
e guaisco e urlo se ho alla
gola l'angoscia, che fine per me esemplare, senza lamenti, immaginavo,
era quella resa animale senza lamenti all' assenza di qualsiasi
soccorso, (mentr' io perdo tutto me stesso, e non ho più dignità o
decoro, se perviene ad assalirmi alla gola l' angoscia, mi si fa
inevitabile e senza fine la persecuzione degli uomini.)
come
nel mio sogno, stamane, quando la musica liturgicheggiante che avevo
udito prima di riprendere sonno, è divenuta la melodia, celestiale, che
proveniva dall'edificio mirabile che avevo di fronte a una mia camera d'
albergo, (ma) io non l' avevo visitato, e come mi ci accostavo, ne
osservavo i rilievi aggettanti, mi si rivelava un monastero buddista, ma
vanamente volevo entrarvi, che come ne intravedevo gli interni, e ne ero
intravisto, si richiudevano i portali e le finestre, ad una ad una, era
più oltre che potevo addentrarmi, intanto che sempre più sublimi si
elevavano la musica e il canto, ed era ( ov' era l' ingresso di
un moderno ospedale.
E
intanto che gli altri possono mangiare e spendere dinari nel ristorante
dove ci fermiamo di nuovo, io orino piscio e nel riquadro quadrello
della latrina, oltre le capre radunate , i cani che abbiano, intravedo
il mare della Sirte e ne sono felice.
Miscellanea
della Cirenaica
All'
altezza di Sirte.
E'
da quando ho lasciato la Tripolitania per la Cirenaica che in effetti
sono in sofferenza per le vicissitudini dei miei piedi, soprattutto del
mignolo del piede sinistro in particolare, che sento talmente in
sfacelo, ed infettabile, da temerne l'amputazione chirurgica più di
quella islamica della mano ladresca, che sia furtiva nel cambio, tant'
è che Cirene ed Apollonia mi restano impresse come un godimento
spirituale ( simultaneo al) ed un patimento fisico.
E
ne ho trovato avuto tregua, liberando i piedi dal tormento del
gravame sulle loro spellature per sospingermi avanti, un passo doloroso
dopo l'altro, inesorabilmente, senz' altro mezzo di locomozione
che loro dolenti, da dove mi depositassero i taxi, solo quando li
ho disciolti nel mare a nuoto, nelle acque ove si schiariva il blù
oscuro del tumultuare al largo.
Placandone
il biancheggiare dei marosi, gli scogli al largo ch''erano l' entratura
un tempo del porto di Apollonia franatavi al largo.
L'
ansia, in Cirenaica, di essere così vicino per mare e tanto lontano per
terra dall' Italia.
Mostrandomi
il suo bicchiere di the alla menta, l' anziano, fattosi affabile, che in
quanto si ricordava ancora un po d' italiano(,) era stato fatto venire
perché
mi intrattenesse nella festa di nozze, " è il nostro
vino", mi diceva, con una rassegnazione al proibizionismo del
regime libico al proibizionismo impostogli che era divenuta in lui
esistenza.
E
di buon grado che mi sono ritrovato Mi sono ritrovato di buon grado
in quella festa, spintovi dalla curiosità di sapere a che preludessero che
fossero in Sahat, le luminarie che vi apparivano vedevo anche
altrove, e che avrei detto segnalassero l'ingresso a piccoli luna park o
a tende di circhi.
Dove
mi sono inoltrato, fra la confusione ed il viavai generale,
ho intravisto che vi erano invece acquartierati a crocchi degli
uomini sotto una gran tenda allestita in un cortile, in attesa di una
" mangeria", per una festa di nozze, da cui già stavo per
sottrarmi, uscendone, quando sono stato avvistato e invitato ad esserne
parte.
Un
cuscus sgradevole ne era la sola pietanza, con un'aranciata quale
bevanda, prima del the offerto ad oltranza.
Ma
innanzi che il cuscus venisse imbandito, ho pur trovato il modo di
provocare l'ilarità dei presenti, quando anzichè lavarmi le mani nell'
acqua che mi era versata da una brocca, la sola acqua che per per gli
arabo- islamici pulisce, e che è sempre acqua corrente, le mani le ho
immerse nel catino sottostante, dov'era invece defluita l'acqua di
sozzura di quanti le mani se le erano già lavate.
Meglio
averlo appreso nei preliminari, che al termine del pasto, quando sono
state fatte circolare altre catinelle con acqua e sapone, soprattutto ad
uso di quanti le mani le avevano immesse nel cuscus per prelevarne i
pezzi di carne.
Nella
lordura di quella saponata, infatti, non solo le mani venivano nettate,
poichè il mio commensale, giunta la sua volta, come la
generalità degli astanti, debbo supporre, il mio commensale, giunta la
sua volta, vi ha spurgato dal naso e dalla gola ogni muco residuo.
Quando
si è congedato dal suo compito e mi ha lasciato, sono stato invitato ad
unirmi ad un altro raduno, dove c'era un altro anziano che parlava un pò
d'italiano, ma che quand' anche lo avessi interessato, non aveva gran
che d'attenzione da che potesse concedermi, intento ad evitare
d'un altro vecchio arguto e vivace nei tratti infantili, le astuzie e
trappole, e trabocchetti, del gioco a scopa con le carte da
poker.
Non
mi fossi attardato nella cena di quelle feste di nozze, quella sera all'
ostello dove per questo mi aveva cercato invano, avrei saputo, e
ricevuto da lui, ciò che Ciò che
l' anziano nostalgico del fascismo avrebbe voluto darmi, ma che non
ha potuto consegnarmi, che erano delle cartoline di Cirene, di come
si presentavano e tuttora se ne presentano le rovine e gli scavi, da lui
l' ho saputo solo l'indomani, ieri l'altro mattina,- ne scrivo ora all'
ingresso dell'hotel Kabir di Koms dove mi ha lasciato il taxi e sono di
ritorno, alle quattro passate di notte del 17 agosto), quando l' ho
rivisto all' ostello, che stavo per partire e non potevo farlo,
spazientito, che neanche chiamandoli a gran voce o battendo forte contro
la porta della loro guardiola, uscissero dal sonno i due (lurchi) uomini
della reception, ai quali dovevo ancora pagare i tre dinari per quella
notte.
Ed
io ugualmente, dopo che quelli finalmente si sono risvegliati ed ho
pagato e potuto lasciare l' ostello, invano vi ho fatto di li a poco
ritorno, per potervi ritrovarvi il bambino, o chi potesse rintracciarlo,
che il giorno del mio arrivo era entrato in camerata ed aveva assistito
al mio riordino dei bagagli, attento poi alla mia lavatura
indifferibile dei panni sporchi e nauseabondi.
Per
questo ho fatto ricorso alla uso della pallina da tennis che
tenevo nello zaino, perché
mi servisse ad otturare il lavandino(,) e trattenervi l'acqua, senza
averla ancora tagliata in due allo scopo.
Quando
ho smesso di averne bisogno, e ho preso a stendere i panni, il
bambino si è messo a giocarvi nel corridoio e me l'ha chiesta.
Ed
io stavo facendo ritorno all' ostello appunto per stare a quanto allora
gli ho promesso, che la palla gliela avrei lasciata solo quando fossi (
sarei) partito, temendo altrimenti, se gliene avesi fatto subito dono,
tali sono i termini con i quali mi sono giustificato con me stesso, che
diventasse un visitatore abituale delle mie stanze e del mio zaino.
Come
già altri (un altro), che l' ha di fresca impresa funestato..
Ma
nemmeno usando la parola "baby", o con la mia mimica gestuale,
il torpido receptionist, per bello che fosse, riusciva ad intendere
alcunchè che non fosse l'arabo.
Quella
palla l'ho dunque lasciata appesa in un sacchettino
alla
maniglia della porta della mia ex-camerata.
Chissà
che poi fosse venuto, con la madre che fa le pulizia, e che l'abbia
trovato...
Mi
attardavo forse inutilmente, così agendo, ma mi era stato impossibile
non ritornare sui miei passi, per quanto mi ripetessi, a distogliermene,
che a Bengasi, come all' andata a Misrata, c' era il serio rischio che
oltre l'ora meridiana non vi fossero più taxi per Tripoli e la
Tripolitania.
Ma
potevo non tener conto della mia superstizione morale? che m' infonde
sicurezza e intraprendenza, e mi fa confidare che le cose abbiano un
loro felice corso, so se ho agito rettamente, senza perpretrare disonestà
od inganno?
Mi
conosco, mi sarei altrimenti inibito nel cogliere le opportunità, avrei
congiurato io stesso nel ritardare gli accadimenti, rimorso dalla
presunta colpevolezza, nei riguardi di quel bambino, di avere agito con
la stessa umana avarizia che avverto di avere riservato a Kaled, pur di
difendere il mio egoismo, il mio status occidentale, dalla pressione
insidiosa della vanità sconfortante della sua (infinita)
miseria...
Quel
che è certo è che poi, in nemmeno 17 ore, oggi che è sabato 17
agosto, dalla remota Cirenaica sono rientrato fino a Koms,a Leptis
Magna, ... senza ancora affatto, purtuttavia, che l'esito sinora felice
del mio tour in Libia, o che il recupero fisico che avverto in atto
nelle gambe nei miei arti inferiori, possano sanare il rancore o
l' odio del risentimento che mi riassale contro Kaled, più ancora che
per il suo misfatto, per il modo in cui l' ha perpetrato a mio danno.
Per
me di ogni letto ha fatto un letamaio, sfruttando l'unico rapporto
sessuale, che abbia avuto da anni, per essermi ladro con la sua
circonvenzione ad arte, e non solo di quanto avessi con me...
Che
vane esagitazioni, di fronte a quel che mi ha tolto, i poveri intenti di
inviargli dall' Italia le foto che ha voluto gli scattassi, con
stampigliata la dicitura " Ladro/voleur...".
Pretendere
così di darmi pace...
E'
l'
insanabilità della sua miseria che provvederà a tutto, debbo ripetermi.
Senza
ch'io possa dimenticarlo, non
già
perché
sia rimasto in me dolente alcun residuo d'affetto, -quasi
che potesse esservi residuo di ciò che non è mai stato-, ma per
quanto, piuttosto, gli ho consentito e si è consentito con me!
In
Koms
17
agosto, Koms-Leptis Magna
Solo
l'altra mattina, ero a Cirene al tempio di Zeus-
qui
sta infine sbiancando l'alba su Leptis Magna-, e varcato il cancello d'
ingresso ch' era chiuso senza chiavi, ne riguardavo e riesumavo le
proporzioni rialzate, perplesso che come la generalità dei templi
dorici, anch'esso mi sembrasse che dovesse sacrificarsi in altezza, per
attuare entro un' imponenza ralizzabile lo sviluppo in lunghezza.
Ed
alla vista di così tante protesi, del cemento infertogli per
consentirne l'anastilosi, il mio romanticismo si chiedeva se non fosse
preferibile lasciarlo allo stesso destino del tempio a Zeus
di
Selinunte, a un identico rovinio di rocchi ridivenuto natura.
Eppure
seguitavo ad aggirarmi intorno alla cella, a riguadarlo dal sotto in su,
nei vari profili, seguitando a differire senza nza riuscire ad di
accomiatarmi/ prendere congedo dalla sua grandiosità risorta.
Tripoli,
18 agosto
Pensavo
al mondo come volontà e come rappresentazione, mentre lungo Sharà-ar-Sharid,
poi oltre le vetrate del restaurant dove sono tornato a mangiare senza
soddisfazione chorba pesce e cuscus, vedevo sfilare le immagini fisiche
di persone o taxi, che tra qualche giorno saranno al più flebili tracce
della memoria, quando /mentre seguita a disfarmi l' efferatezza di Kaled,
a fronte della quale la mia mente si è mostrata così cieca cosa, irretito
e esasperatone nel continuo esercizio di diffidenza econfidenza, di
larghezza e di miseria, che è quanto mi costa questo viaggio.
Ho
vagato nauseabondo tra la folla costipata di Tripoli, stranito e apolide
a tutto, alla nausea cercando rimedio nella sazietà del cibo, quasi che
alcunchè di materiale potesse saziare il mio disgusto, tra delle
patatine rammollite e una fettuccina di limone, questo povero esemplare
di pesce che mi è stato imbandito,
come che poveri esemplari, di ciò che è comunque la vita, erano
gli uccellini stipati nelle gabbie del negozio accanto, soggiacenti a
qualche più eletto esemplare, dal piumaggio più ricco, ingabbiato solo
e più in alto, di ciò che è comunque la vita, come come
stamane nell' ostello di Koms, se non avessi voluto rilavarmi le mani
con il sapone sanitario, una volta sistemato lo zaino dopo
avere raccolto yutte le mie cartacce, avrebbe finito per non essere più
(, ora,) che un esemplare dello stesso disfacimento della similare
alla ciò di cui era un esemplare la testuggine insabbiatasi nella
spiaggia di Apollonia, il coleottero che solo così ho visto ch'era
rimasto invischiato nell'
impasto del sapone, dopo che lo avevo usato e abbandonato nel fare la
doccia, (e) dal cui da quel suo impaniamento nella zolla,
con un poco d'acqua per discioglierla, e una qualche destrezza per
districargliene le zampine, è bastato liberarne dall' impasto quanto vi
era coinvolto del profilo anteriore, per felicitarmi di rivederlo
avventurarsi per il bordo della finestra del bagno, verso la grata e una
vita ulteriore (seguente).
Ero
ancora poc'anzi così sconfortato dell' inganno altrui di cui
sono stato una preda, che non credevo nemmeno, quando sarei tornato dal
ristorante, di ritrovare nella stssa via, allo stesso punto, il fondaco
ove ho lasciato i bagagli che fa da biglietteria del microbus con il
quale partirò per Gadames,
-
dentro
il cui androne antro, con la sua carta geografica dell' Africa
che ne lasciava in bianco i paesi non islamici, affondandovi nel sonno
su di un sofà di cui trasudavo lo sporco umano sedimentatovi, all'
aliare delle pale del ventilatore sui neri ch'erano addetti a
trascrivere e smistare, senza che avessero a smuovere i festoni delle
ragnatele pendule in velari, cumulatesi intoccate da immemorabile tempo,
m' era di gran lunga più confortevole restare in attesa di partire,
solo a sera, che nel sito all' aperto dove mi hanno tradotto, in una
piazzola dei taxi per le destinazioni più lontane, verso occidente,
Tunisi, Gabes, a ridosso della medina, dove i venditori di ogni
trovarobame siedono tra i rifiuti in cui sconfina la poveraglia che
vendono, resa occorrente dall' embargo, frammista con i cascami del
consumismo occidentale, di cui si veste nei modi più strampalati un
ragazzo che passa, con un giubbone di pelle in pieno agosto.
Pur
di vedere tutto, di non sublimare e rimuovere, nell' aggirarmi tra quei
circondari di venditori ed i capannelli di possibili acquirenti, non
avrei tuttavia dovuto, fedele all' assunto, non avere occhi che per
miseria ed immondizia, non facendo attenzione che a maniglie e manopole
e libercoli in vendita e giornali scaduti da settimane in lingua
italiana, intanto che qualcuno della folla ha trovato il modo di
scucirmi dalle tasche anche il piccolo portafoglio dove tenevo la moneta
d'uso corrente, dieci dinari per gli esborsi maggiori.
Addio
Fezzan, è la pena, nuove restrizioni sono in vista, - In che poveri
esemplari, ora imminenti, di ciò che sono atti di autopunizione,/ autopunizioni
ora esemplari, implacato l' intento di rifarmi di Kaled.
Ghadames
alla
gallery di Gadames
19
Agosto-A Gadames
L'
altro ieri, a Leptis Magna, era
l'estasi, nel patimento fisico, di appercepire di nuovo il fulgore del
Foro e della Basilica dei Severi, degli
ornati di portali e paraste immortali
di inesausti di luce, vivi crepitanti di luce superstiti
al tempo, l' estasi che ora è la pace nel silenzio assoluto della
bianca penombra di Gadames, a un incrocio di vie coperte, da intrecci
di fusti e fibre di palme con graticci, riparate dal sole del
deserto.
Slargantesi
In arcatelle, e volte, sui bancali del sonno, graffiti floreali ed
astrali che ingestiliscono il transito.
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