6, Viaggio in Libia

 

 

 

Il termine del viaggio

 

E' stato quando quel giovane uomo algerino è sceso alla stazione di Parma, che il mio viaggio in Libia ha trovato una fine.

Lo Credevo che fosse un italiano, quando dopo che siamo scesi dalla motonave Prince, l' ho visto incamminato, zaino in spalle, precedermi verso la stazione Porta Principe ed alla biglietteria ferroviaria, sul treno per Milano e lungo il marciapiede, quando siamo scesi a Voghera per prendere la coincidenza per Bologna.

Mi aveva comunque sorpreso, nelle poche parole che mi aveva detto, che fosse reduce dall' Algeria, quando lo stato interno di guerra civile preclude quel paese ai turisti.

Era stata poi la signora anziana con la quale amabilmente conversavo sul treno, che avendo inteso meglio di me le sue parole in risposta, ne aveva concluso e mi aveva chiesto se non fosse algerino.

Che è quanto lui mi ha confermato, quando l' ho contattato, sotto la pensilina, ho ripreso con lui il discorso in attesa a Voghera del treno per Bologna.

Allorchè ho preso posto a lui di fronte, nello scompartimento del treno, e insieme si è cominciato a parlare immancabilmente della situazione algerina, mi sono chiesto perchè mai, per quale compulsione cui permanevo rimanevo coatto anche in Italia, seguitavo tuttora a interrogare e a farmi interrogare , a proposito, dall' interlocutore di turno, maghrebino, che seguitava a rivelarsi ad essere un altro algerino, quando anche a Tunisi, solo la mattina precedente, nel breve tempo che avevo indugiato nell' ostello della medina, in quel patio ove recuperavo le forze, sostavo al fresco, innanzi di avviarmi una prima volta al porto, mi ero lasciato attorniare e coinvolgere da quegli altri studenti algerini e dalla loro puntuale crisi politica di identità, che fra di loro induceva il berbero ad assicurare il suo compagno, arabofono, che la loro comunanza identità di vedute politiche democratiche non era messa in discussione dalla loro differenza etnico-linguistica . differente lingua madre naturale...

Che potevo ora riprometterni ancora di sentire  dal mio nuovo interlocutore algerino, che non avessi già udito, ripetute volte, o che non potesse rientrare nel repertorio interpretativo dei fatti di cui sono attrezzato?

Nell' ennesima versione di quella tragedia civile, secondo questo o quel canone recriminante e incriminatorio?

Ma lui aveva fatti da raccontarmi, la sua vicenda da dirmi, certo che occorreranno ancora dei decenni, prima che la verità emerga su ciò che è in corso nel suo Paese.

Ciò che intanto ne era il dolore più vivo, che mi veniva ripetendo perchè era la sua ferita appena infertagli, che lo tormentava, era che in Algeria qualche giorno prima, quando era riuscito ad incontrare sua madre, aveva potuto intrattenersi con lei soltanto due ore, di notte, per timore che gli uomini del Fis potessero venirlo a sapere.

" Due ore, sai, solo due ore sono potuto rimanere com mia madre in Algeria", dove, per rientrare, gli era occorso un invito dei suoi famigliari, da attestare alle autorità diplomatiche, senza del quale, benchè algerino, per le autorità non avrebbe potuto raggiungere suo fratello nel Sud del Paese dove si è trasferito, per il timore degli attentati che si concentrano nelle città del nord di provenienza.

Mi ha detto che ora in Algeria fuori dei grandi centri, dove la polizia protegge la popolazione per difendere se stessa e i gangli centri del potere militare, oramai imperversano ci sono il sospetto e l' agguato generale, la paura di ogni avvistamento e contatto.

" Vuoi sapere come quelli del Fis fanno a metterti dentro il loro gioco? Poni che questi sia Alì che ti chiede di portare ad Omar quello che oggi è un pacchetto di sigarette- mi ha allora  spiegato parlandomi in italiano, esemplificando con le mani, il tragitto che l' incauto compie dalla sinistra di Alì alla destra di Omar.

  Bene, domani ti chiederanno di portare ad Omar invece un pacco, che può contenere una pistola o dell' esplosivo.

Tu pensi di poter rifiutare? Ti diranno " Ma ieri sei stato visto portare ad Omar un altro pacchetto.."

Ti rifiuti lo stesso? Saranno loro stessi che ti denunceranno alla polizia, la quale non perderà tempo per farti prigioniero, ( eliminarti)..."

E abbassando il tono della voce, come se anzichè trovarsi tra Voghera e Piacenza, fosse ancora irretito in Algeria, " Mi è stato detto, mi ha riferito, che in alcuni villaggi la polizia ha chiamato gli uomini sui quali aveva solo dei sospetti  anche solo sospetti fuori delle case, e li ha messi al muro per fucilarli subito sul posto subito dopo..."

Era il suo odio equanime per gli integralisti e per i militari al potere, eredi dell' Fln, a garantirmi la veridicità di quanto mi riferiva; gli uni egli odiandoli per gli atti di violenza del loro estremismo, che intesi a colpire il regime che li aveva defraudati della vittoria elettorale e chiunque collaborasse con esso, avevano già distrutto l'economia e la società algerina, rovesciandone il relativo benessere come lui faceva del palmo  della mano che mi mostrava, per farmi intendere come solo dopo pochi anni avesse ritrovato rovesciato nella miseria il suo paese; gli altri, le gerarchie militari, per come avevano profittato del loro status di reduci reali o presunti della guerra di liberazione nazionale, per accaparrarsi e fare accapparrare ai loro favoriti, tramite l' Fln, interi appartamenti a persona, quando lui e la sua intera famiglia, di nove fratelli, erano stati costretti a vivere in tre stanze in tutto, senza che le loro ripetute richieste di alloggio avessero mai potuto trovare soddisfazione.

" Sono rimasto senza fiato, - ha continuato- , quando in macchina, io e mio fratello,  con mio fratello, siamo giunti a un posto di blocco della polizia, e lui ha spento i fanali davanti..." E' così che bisogna fare, se non vuoi che quelli della polizia ti sparino" mi ha detto mio fratello, mentre accendeva le luci all' interno. " Così vedono che stai facendo, se stai guidando..." E mi ha detto che qualora tu sbagli strada ti sparano ugualmente, se torni indietro senza avere prima raggiunto l' altro posto di blocco ed esserti spiegato con la polizia.

Sempre che sia veramente la polizia, perchè ci sono i posti di blocco veri e quelli finti, quelli degli altri travestiti da forze dell' ordine.

E' già successo più volte, che fanno che facciano fermare il pullman, urlano e gridano urlando e gridando parole d' odio contro i terroristi, trattano trattando male i civili, e allineano allineando da parte i passeggeri che sono dei militari, per fare ripartire subito dopo i primi, e che come questi si sono messi moto fucilare gli altri hanno fucilato i poliziotti... Ora i militari ai posti di blocco hanno paura a mostrare chi sono, cercano di usare solo il documento civile...

Non potevo certo illuderlo consolandolo che finirà presto, quando mi ha salutato scendendo alla stazione di Parma.

" Ma il Corano, se tu lo leggi, - si era appena accorato, - non dice che si può agire così.

Se uno è indifeso, non ha armi, ti dice che tu non devi attaccarlo... E invece..."        

        

 

 

 

 

 

Ora

 

Stamane, nella cassetta delle lettere, mi ha strabiliato che Kaled avesse potuto scrivermi, quando vi ho intravisto una lettera che proveniva dalla Tunisia.

Credevo ancora che si trattasse di lui, quando l'ho aperta, il foglio identico a quelli che era solito usare per scrivermi, le parole talmente anonime, che potevano essere attribuite alla sua insulsaggine di pretendere che l' umanità sentimentale mi avesse cecitato la memoria e il cervello...

Forse non aveva ancora ricevuto, mi sono detto, con le sue fotografie le mie parole che pretendono di essere definitive in risposta al suo gesto:

" Et maintenant, così gli ho scritto, est- ce que vous etes plus riche ou plus miserable?

A jamais plus," e il mio nome e cognome.

E una replica più ancora di fatto, a definitivo distacco, è stato l' atto che ho compiuto sabato alla stazione ferroviaria della mia città, quando ho consegnato ai bigliettai, alla polizia ferroviaria ,con l' indicazione dei miei dati,  la macchina fotografica costosissima che avevo appena rinvenuto su una panchina al primo binario, come sono disceso dal treno che proveniva dalla città dei miei familiari.

Ma il giorno dopo, quell' involto nella cassetta delle lettere, mi recava il compenso e il ringraziamento dei proprietari dell' apparecchio, una famiglia olandese, cui avevo così consentito di rientrarne in possesso.

E tornando a stamane, ho dovuto finanche guardare che immagine  recasse la cartolina allegata alla lettera, e sorprendermi che Kaled avesse potuto inviarmi un referto del Museo archeologico di Chemtou, prima di rendermi conto che non poteva trattarsi di lui e della sua improntitudine, ma che a scrivermi era stato il giovane studente con il quale mi sono amabilmente intrattenuto nel paese della " piccola sorgente", Ain Ksir, pochi chilometri prima delle rovine di Chemtou, dove l'estate prossima egli auspica di potermi rivedere e di passare del tempo insieme.

Frattanto l'assillo di reintegrare il mio corredo di viaggio dei furti inflittimigli da Kaled e dei danni arrecatimi dalle perquisizioni della polizia libica, di ritrovare la capacità di spendere per acquistarmi la stampante ad aghi e la city bike che mi occorrono, di riordinare la casa e di rifornirmi di tutto quanto mi serve per le mie necessità quotidiane, il rientro a scuola e la banalizzazione caricaturale che di me ha fatto il Preside quando ho dovuto reincontrarlo per l'assegnazione delle classi, riducendomi a una macchietta irresistibilmente risibile per le scolaresche dell' Istituto, hanno distrutto ogni effetto benefico del viaggio sul mio stato interiore, tant' è che sono esploso in una crisi di disperazione impotente e suicidiaria già martedì scorso e il mercoledì seguente 3 settembre, quando il lavello otturato della cucina mi ha reso ineludibile l' inettitudine rovinosa della mia diversità impotente, che fa di me un uomo incapace in ogni senso pratico, così disastroso e buono a niente, da devastare con le tenaglie il sifone che sarebbe bastato che svitassi e svuotasssi dell' intasamento, per evitare di ritrovarmi la cucina ammollo, con la lavatrice che mi elettrizzava ogni volto che mi accostavo a toccarla. E non mi rasssegnavo, nella mia avarizia, che il compenso per la riconsegna dell' apparecchio Minolta, dovessi così sperperarlo per riparare i danni che avevo arrecato con la mia inettudine, ora che tutti i risparmi accululati con le mie economie durante il viaggio, potevano consentirmi l'acquisto dei beni durevoli che per anni la mia depressione mi aveva precluso di acquistare, pur anche il televisorino a cristalli liquidi con il quale seguire a Po i campionati di calcio e led notizie sportive, anche se che provvedessi io a sostenere le spese dei danni inferti all' impianto idraulico, così voleva il dovere, che mi ingiungeva di acquistare anche il sifone sostitutivo, l' indomani, e di mettervi inutilmente mano , col solo risultato, stremato e allagato,  di scoprire che era di una misura diversa da quella che occorreva, e di non poterlo più restituire così manomesso, finchè il sedativo mi ha assonnato, e dal sonno dopo avere lungamente suonato invano più volte alla mia porta, accompagnato dalla proprietaria del mio appartamento è emerso l' idraulico che i proprietari del mio appartamento avevano aveva chiamato, il quale e che, provvidenziale,.  con le guarnizioni di cui disponeva è stato anche in grado di utilizzare quel sifone fuorimisura che gli avevo predisposto. 

Talmente tutto quanto ho subito e mi ha rovinato, la vita scolastica e domestica e la complessità di impianti e di manutenzione e costi in economia, che mi assicura il mio quantomai relativo benessere di occidentale, la mia troppa delicatezza a tutto restia, mi hanno reso incapace di sostenere il minimo disagio o difficoltà ulteriore, di tollerare l' imperfezione o la rottura o il contrasto, di consentirmi di sbagliare o di subire ancora il rovescio e l' affronto, di credermi dignitoso o valevole quanto mi occorre al punto da per evitare che ancora mi umilino e offendano e tormentino, pronto come Amleto, o Doc John Holliday, al minimo incidente o torto già ad inclinare a non essere, morire, dormire, nulla più...

Nel timore e l' apprensione delle mille ingiurie naturali, che possono cagionare la morte dei miei uccellini cui non sono pronto, cui sento di non avere la forza di sopravvivere, nè l' energia di schianto per soccomberne.

Ma almeno da ieri sera, finalmente, ho ritrovato al computer le mie risorse forza e capacità di scrivere, mi sono ritrovato in ciò che venivo e vengo scrivendo, prima di riunirmi domani ai miei familiari e ai miei canarini adorati, e di potermi saziare, alla festa nazionale dell' Unità, di quelle pietanze arabe che non sono stato in grado di consumare ordinare in Libia o in Tunisia.      

 

 

Ogni tanto

 

" ogni tanto vedo volare delle piumine..." mi ha detto mia madre al telefono l'altro Venerdì, nel dirmi la sua nostalgia degli uccellini che ho ricondotto a casa.

Il Venerdì prima che di domenica con mio padre sopraggiungesse a trovarmi, per andare insieme a visitare Sabbioneta.

Dove mio padre avrebbe dovuto rinunciare ad entrare in con la comitiva guidata a vederne i monumenti, perchè i miei vecchi si sono portati appresso il cane di mia sorella, con il quale a guinzaglio mio padre ci ha seguiti a distanza ( del che io ho pensato a risarcirlo impetrandone ed ottenendone risarcendolo dell' l' ingresso furtivo nel Teatro Olimpico, da una guida ulteriore successiva che non poteva attenderci che una decina di secondi, il tempo per lui di darsi un' occhiata intorno strabiliato, mentre il cane restava di fuori in consegna a mia madre).

Ed io oggi che è domenica, ( addì  29/ 9/ 96), pur di pulire in giornata la gabbia dei miei canarini, che da oltre una settimana giace sporca, e (pur) di non lasciarli incautamente soli in appartamento con una mia partenza affrettata,  ho rinunciato in autocorsa ad andare a Brescia, per vedervi la mostra che vi chiude in giornata sulle sue vestigie romane della città, e invece sono rimasto in casa in ascolto delle partite di calcio mentre scrivo di ciò questo al computer, le tende che filtrano il chiarore diffuso di questo pomeriggio inerte, la luce settembrina che soffonde di fuori i condomini intorno e le pianticelle sul balcone, i gerani e il basilico e la menta che se ne ristorano nella lievità delle brezze.

Io, oramai, che ho difficoltà trovo difficoltoso anche a trovare il modo di uscire da casa, di rompere in qualche punto la trame del daffare per la scuola e la casa.

Ove presso la finestra i miei canarini, quieti ed intenti nel volo e nel canto, sono la disattesa mia beatitudine che non posso più trascurare oltre.

Come gli studi e la lettura e lo scrivere, come se per l'ansia di possesso e di potermi ritrovare ritrovarmi in un ordine domestico, di rassicurarmi con un altro po' di confort, per cui tradisco non tradissi ciò che era e che potrebbe essere ancora la vita.     

Ad ogni altro giorno ed ogni altra ora che passa.

 

 

Il piccione

 

 Ed è bastato or ora di sera inoltrata che ne avvertissi l' urto, indovinando che fosse, e lo vedessi per la prima volta cercare il riparo e il sonno sul mio davanzale, perch'io mi sentissi intenerire per il suo gonfiore palpitante di piume grigie nere, brinate di bianco, oltre i vetri per la sua pupilla vigile che mi scrutava e non era capace di atterrirsi stremata dal sonno.

Sono tornato poi più volte a riguardarlo, nel suo arruffio, dicendomi che quali che fossero i rischi che apportasse salmonellosi infettiva, e benchè il vicino che ha sottostante il garage, solo ieri mattina mi abbia parlato con tono d'intesa della lotta che conduce contro i piccioni che dal davanzale di sopra gli escrementano la soglia del garage, -per averlo in passato messo sulle tracce dell' inquilino presso il quale sostavano albergatore dell'ultimo piano, -mai e poi mai, di quel piccione  assopitosi, avrei potuto tradire l' il suo essere vivente che da me cercava protezione.

Laddove se a cercare protezione e scampo fosse un mio simile...

che varrebbe appello, o la consapevolezza, il saperlo, a spezzare il mio intristire ferito che sa solo ritrarsi; a scuola, fra gli allievi, stremandomi nel dispendio di in una una difesa serrata della mia ingenuità dall' oltraggio incombente, sconfortandomi nella rinuncia preventiva, o dopo solo poche battute, a cercare fra i docenti coetanei o di me più anziani comprensione ed ascolto; o entro la moltitudine  come ne sia attratto, od in cerca,  seguitando a intendere e disattendere il richiamo di sguardi, nel timore di agguati ed insidie subdole,  esasperato che se solo mi abbandono o manifesto , se ho improvvida generosità di spirito, nel mio allentarmi anzichè scattare scoccare c'è chi è istantaneamente pronto a insinuarsi...

E che dire della mia emicrania o cronicità di otite che mi insordisce o frastorna la mente e la divaga ottusa e stranita, per la quale con il senso dell' equilibrio rischio di perdere ilo controllo delle situazioni delle classi, di dare adito con il mio cedimento prima di tutto fisico al loro degenerare inevitabile sino a che non è il tracollo.-        

 

 

E poi

 

Al rientro, verso le due pomeridiane, non ho avuto neanche il tempo di illudermi che il piccione fosse volato via, che l' ho trovato in sfacelo morto al suolo sotto le mie finestre condominiali, le pupille già preda di mosche ed insetti nel loro nero dispento.

Vi era forse precipitato quando aveva perso le ultime forze, un ala schiantatasi nella caduta.

Era ( E) stato solo stamane, allorchè ho visto che non si muoveva nemmeno quando abbassando le persiane cercavo di farlo volar via, che ho capito che ieri sera era ricaduto aveva riparato in uno schianto sul mio davanzale perchè era già gravemente ammalato, solo che non lo credevo oramai prossimo alla fine, e ancora mentre ritornavo a casa, prima di vedervelo morto, incerto se fosse infettato od avesse subito un trauma, mi rimordeva che pur di evitare di trasmettere alcun contagio ai miei canarini contattandolo, non gli avvessi dato nessuna semente per sostentarlo, di averlo potuto lasciare così morire di inedia, quando forse non pativa che una rottura d'arti debilitante, nel qual caso avrei potuto ed avrei omesso di soccorrrerlo, per un eccesso di salvaguardia dei miei canarini.

Che ora cantano e vivono e si rispecchiano, nella vita disgustevole che mi richiama a scuola, ora a un pallido sole che prosciuga l'umidore di fuori di quel piumaggio arruffato sulla decomposizione in atto.

E se ripenso ieri sera a quella sua pupilla che mi fissava sgranata, alla dignità con cui stamane si socchiudeva e pativa con il corpo il raccoglimento finale...       

 

 

C'est la vie

 

Nauseante non è che questo la vita, la realtà che ieri a quest'ora, oltre i vetri, ancora contemplava il pulsare del suo corpo arruffato nel sonno sul mio davanzale, ed ove che ora ne è solo il lascito sul marmo degli escrementi infetti, un colaticcio bianco che vi si è essicato, con degli stercolini frustolini verdi disseminati.

Eccettuata una sola piuma, verso sera quando sono ritornato da scuola, verso sera, ne era scomparso ne erano scomparsio anche i ogni resto resti schiantatiosi anche il carcame schiantatosi al suolo, che forse era finito e ancora è in sfacelo è ancora nel cumulo delle immondizie di un cassonetto.

Ne ho tratto risentito avvertito un tale così disgusto della vita che sopravvive, un consentire compiacimento così riconciliato con il disfacimento lo sfacelo in cui tutto finisce, che ho poi lungamente disertato i miei stessi canarini immuni, la loro integrità indenne sotto il vuoto spinto del mio riparo domestico riparo di interni, prima di riaverli cari nell' ammantarne  l' inquietudine insonne quand' era a sera inoltrata.  

 

 

Lo sfacelo

 

lo sfacelo sul selciato di carne carnagioni e piume,

la pupilla che ti fissava febbrile poi cavitata da insetti mosche,

l' intorniarsi di mosche, il disfarsene tra i torsoli crostoli,

non è questo l' orrore che più è atroce ti spaventa,

quanto il sole che dissecca e il superstite canto,

nel non contaminarsi con lo schianto dei resti

la mano che s'illude di non allentare la presa.

l' illudersi delle mani di non allentare

la presa e le redini.

l' illudersi della carne di restare fragrante,

delle mani di non allentare la presa e le redini.

Meglio nel non riconnettere, ti dici,

sentire il cancro (che avanza) invasare la mente,

sfibrarti nelle membra sfibrarti l' irrimediabile.

Finchè la perdita degli anni, che ti obnubila ti inflaccidisce e ti snerva,

si fa torpore languore di disfarsi nel guasto

la spossatezza che muore già nel sonno.

Nel laminatoio del compito che di nuovo l' attende,

perchè l'indomani si levi le bende e rifaccia nel trucco

la memoria che dimentica e rampolla germogli inganna,

 

   

 

 

La locusta

 

Nel tardo pomeriggio l' ho ritrovata rafferma Era rafferma sull' involucro di plastica che intornia la ringhiera, in prossimità della menta, la cavalletta che nel tiepido autunno si è data ha trovato una sua sistemazionme ultima sul mio balcone, allettatavi dal rigoglio verde della stessa menta e del mio copioso basilico, le cui foglioline, stamane, prima di recarmi a scuola, avevo viste costipate dei lasciti escrementizi della loro erosione da parte del magnifico animaletto, le sue ali similari in tutto a delle foglie nervate.

Supponendola colà in difficoltà, con un foglio di carta di cucina che la pungolava ho allora cercato di avviarla  verso la menta vicina, al che, con mia sorpresa, mi è scattata contro il dito ed è arretrata in volo per riposizionarsi al sole sui pannelli di vetro sottostanti del balcone, ove si è immobilizzata per parecchio.

Ma quando prima di uscire nel sabato pomeriggio sono ritornato a visionare il balcone, eccola di nuovo all' altezza della menta, dove non ho mancato di riprenderla con la videocamera.

E finchè non morirà con i primi freddi veri, può essere un ospite ulteriore della mia casa, con i miei angeli uccellini che mi auspicano e temono e ancora non si capacitano del tanto bene che gli voglio.

Quando lunedì scorso sono rientrato sul tardi, felicemnente contento che avessero ritardato ed accordassero al mio rientro,

la loro professione di canto che solo per una loro consuetudine biologica ho ritenuto finora concomitasse con il mio pranzo delle due.

 

 

Dopo il dolore di una intera giornata

 

Dopo il dolore di un' intera giornata, protrattomi in corpo dal giorno addietro, che vivezza di gioia fino alle lacrime, la mia vita ritrovatarla bella e superstite allo stravolgimento, alla lettura del passo dei Salmi che nella breve pagina di De Benedetti, è espressione della verità ebraica del senso dell' arte, ove si esaltà che " Ogni vita canta la gloria dell' Altissimo. Amen".

Anche la mia dunque, nella sua dedizione folle a due uccellini, nella sua angoscia esasperata che turbe di studenti possano oltraggiarla, profittando della sua inermità gentile e dei suoi svasamenti mentali.

Per lenire la cui insorgenza emicranica, debilitato dall' acutizzarsi delle mie otiti croniche, un intero pomeriggio ieri ho trascorso in ambulatorio, senza che poi il medico nulla mi dicesse, di sua spontanea volontà, di diagnosi e prognosi e possibilità di guarirne.

E quando dopo essermi spossato anche per le spese di fine settimana nel supermarket, credevo che un risotto ai funghi potesse ritemprarmi, l' energia elettrica e la luce sono venute a mancare saltuariamente e poi definitivamente in tutto il condominio e infine soltanto nel mio appartamento, ove non sapevo come prendere sonno e che farvi nel buio, senza illuminazione per leggere e scrivere o ascoltare o vedere.

E stamane per l' affannarmi nell'attesa e all' arrivo degli elettricisti, dopo che solo l' intervento dell' amministratore mi ha cacciato fuori del tunnel della mia agitatazione senza speranza, sono arrivato attardato e impreparato a scuola, ove ho finito per infierire sugli allievi pur di imporre la mia noia.     .........................